ProVita Gennaio 2017

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“POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1 NE/TN” | Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003 | Contributo suggerito € 3,00

Trento CDM Restituzione

Notizie

MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES

“Nel nome di chi non può parlare” Anno V | Rivista Mensile N. 48 - Gennaio 2017

«Battere al muro dell’impossibile« Tre buone notizie

Buon N ale Vatita


MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES

SOMMARIO

Notizie

EDITORIALE

RIVISTA MENSILE N. 48 - Gennaio 2017

Editore ProVita Onlus Sede legale: via della Cisterna, 29 38068 Rovereto (TN) Codice ROC 24182 Redazione Toni Brandi, Federico Catani, Alessandro Fiore, Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel Piazza Municipio 3 - 39040 Salorno (BZ) www.notizieprovita.it/contatti Cell. 329-0349089

È unica, è preziosa, è la tua vita

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LO SAPEVI CHE... ARTICOLI

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“Gaystapo” in azione

Federico Catani

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L’utero in affitto e l’obbligo di esecuzione del contratto

Aldo Rocco Vitale

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PRIMO PIANO

Direttore responsabile Toni Brandi Direttore editoriale Francesca Romana Poleggi Progetto e impaginazione grafica

francesca Gottardi

L’origine della vita

Enzo Pennetta

Diritto alla Vita

Francesca Romana Poleggi

Nemici della vita

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Tre buone notizie

Giuliano Guzzo

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La vita senza senso genera nevrosi

Tipografia

Distribuzione

Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Francesco Agnoli, Marco Bertogna, Federico Catani, Giuliano Guzzo, Roberto Marchesini, Enzo Pennetta, Francesca Romana Poleggi, Renzo Puccetti, Giulia Tanel, Aldo Rocco Vitale La rivista Notizie ProVita non ti arriva con regolarità? Contatta la nostra Redazione per segnalare quali numeri non Ti sono stati recapitati e invia un reclamo online a www.posteitaliane.it. Grazie per la collaborazione!

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Renzo Puccetti

Roberto Marchesini

« Battere al muro dell’impossibile « Francesco Agnoli

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Il senso della vita

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Perfetti sconosciuti

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Giulia Tanel

Marco Bertogna

L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto.

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EDITORIALE

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iascuno di noi è un individuo unico e irripetibile: c’è una possibilità su 46 miliardi che nascano casualmente due bambini con lo stesso DNA. Praticamente zero. Anche questo ci fa capire che ogni vita è preziosa. Per ricordare a tutti quanto sia importante la difesa della vita, senza se e senza ma, vi proponiamo una serie di riflessioni sul tema: un biologo ci parla delle origini della vita, una giurista del diritto alla vita, un bioeticista delle minacce alla vita e un sociologo ci dà delle buone notizie rispetto all’aumento della qualità di vita. Infine potremo riflettere sul senso della vita, grazie al contributo di un medico, di uno psicologo e di un professore di lettere e filosofia, che ci propone un confronto tra la crisi esistenziale di Svevo e quella di Montale. Parleremo anche della “psicopolizia” che oggi imperversa in Paesi che ancora vorrebbero definirsi democratici, la “Gaystapo”, e ancora di utero in affitto. Avrete senz’altro seguito le attività concrete che ProVita ha intrapreso con successo alla fine dell’anno appena trascorso: se ancora non l’avete fatto ricordatevi di firmare e far firmare la nostra petizione sul sito www.notizieprovita.it. Vogliamo che quest’anno veda la fine della tolleranza del vergognoso mercimonio di donne e bambini da parte delle Autorità italiane. Ma, a parte questi ultimi due argomenti, questo numero – come dicevo all’inizio – è incentrato sulla vita. Vi auguro perciò un buon inizio d’anno, con queste parole attribuite a Madre Teresa di Calcutta: La vita è un’opportunità, coglila. La vita è bellezza, ammirala. La vita è beatitudine, assaporala. La vita è un sogno, fanne realtà. La vita è una sfida, affrontala. La vita è un dovere, compilo. La vita è un gioco, giocalo. La vita è preziosa, abbine cura. La vita è ricchezza, valorizzala. La vita è amore, vivilo. La vita è un mistero, scoprilo. La vita è promessa, adempila. La vita è tristezza, superala. La via è un inno, cantalo. La vita è una lotta, accettala. La vita è un’avventura, rischiala. La vita è vita, difendila!

Toni Brandi

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LO SAPEVI CHE... “MATRIMONIO” GAY

ECOSESSUALI

In Messico, a fronte di una élite politica massonica e anti-cristiana, c’è un popolo profondamente radicato nel cattolicesimo e nel buon senso, degno erede dei Cristeros degli anni Venti e Trenta. La gente si è ribellata alla proposta di “matrimonio” e adozioni gay e, raccolta sotto le bandiere del Frente Nacional por la Familia, è scesa massivamente in piazza a difendere la famiglia naturale. Ciò nonostante, il presidente Peña Nieto ha scelto di andare avanti per la sua strada, ignorando la volontà popolare. Il suo disegno di legge è stato però clamorosamente bloccato dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati con 19 voti contrari, 8 a favore e 1 astenuto.

Per chi volesse sperimentare nuove emozioni, annunciamo che ormai da anni è spuntato un nuovo orientamento sessuale, l’ecosessualità. Nata nel 2008 come corrente artistica con lo scopo di venerare il pianeta Terra, l’hanno chiamata così due artiste eco-femministe, Annie Sprinkle ed Elizabeth Stephens, che hanno perfino redatto un Manifesto dell’ecosessualità nel quale vengono enunciati i principi di questa sorta di movimento: «Facciamo l’amore con la Terra. Abbracciamo senza pudore gli alberi, massaggiamo la terra con i nostri piedi, parliamo eroticamente con le piante». Per creare una relazione più sostenibile con l’ambiente gli ecosessuali s’impegnano ad «amare, onorare e accudire la Terra, fino alla morte». Il nudismo, ovviamente, è parte integrante e fondamentale di questo bizzarro modo di vivere e fare l’amore. Come anche l’abbattimento di ogni barriera tra le specie viventi. Tutto ciò si dovrebbe chiamare dendrofilia, che è una parafilia, ovvero un comportamento sessuale deviato. Ma nel nuovo mondo che avanza pare che non vi sia più nulla di anormale e innaturale e ciascuno può dare libero sfogo alle sue perversioni e agli istinti più strani. Addirittura vantandosene.

UTERO IN AFFITTO L’Associazione Spagnola di Bioetica e di Etica della Medicina ha recentemente chiesto senza alcuna 4

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tergiversazione il divieto legale di utero in affitto, in nome della dignità umana. Per i medici che appartengono all’associazione è una vera e propria forma di sfruttamento della donna, che riduce i bambini a prodotti da comprare e vendere a piacimento, privandoli del sacrosanto diritto di conoscere la loro origine e identità. Per non parlare poi dei grandi e gravi problemi di salute (fino ad arrivare alla morte) per chi vende i gameti, chi riceve l’embrione impiantato nel grembo e per lo stesso bambino “artificiale”.

parlando, nessuno ha diritto di pensarla diversamente da loro, nessuno ha diritto di esprimere le proprie idee – se diverse dalle loro – e soprattutto l’ente pubblico non può preoccuparsi degli abusi e della violenza sui ragazzini: se la violenza è ideologica e serve a imporre idee deviate dalla natura e dalla ragionevolezza del comune buon senso, anche la violenza sui minori va bene?

FECONDAZIONE ARTIFICIALE

GENDER Su modello della Lombardia, anche la Regione Liguria ha deliberato l’apertura di uno sportello per i genitori che denuncino episodi di bullismo, discriminazione, spaccio di droga e indottrinamento gender nelle scuole dei figli. Ovviamente il centrosinistra, il Movimento Cinque Stelle e l’Arcigay sono insorti. Uno sportello per le famiglie che possano denunciare bullismo, razzismo, vandalismo e violenza andrebbe anche bene, ma che denuncino indottrinamento gender no. Nel leggere le proteste indignate, veementi – e anche abbastanza offensive – di tutti questi nobili paladini dei diritti umani c’è da preoccuparsi davvero. Insistono ancora che il gender non esiste, che i gusti sessuali sono tutti “naturali” (anche gli ecosessuali, ovviamente); e soprattutto, candidamente, danno per scontato che i genitori debbano accettare che qualcuno vada in classe a insegnarlo ai loro figli… E, “democraticamente”

Giungono dall’Inghilterra dati preoccupanti circa l’aumento del numero di donne che sono state ricoverate in ospedale per le complicazioni connesse alla fecondazione artificiale. Sono state sessanta le donne ricoverate per sindrome da iperstimolazione ovarica nel 2015: un aumento del 40% rispetto all’anno precedente. Alcuni esperti dicono che ciò potrebbe essere dovuto al fatto che le cliniche per la fertilità danno farmaci più forti per raccogliere più ovociti. Intanto, in Australia, le cliniche per la fertilità sono ancora nel mirino delle associazioni dei consumatori perché promuovono l’industria dei bambini in modo fuorviante, fornendo ai clienti falsi tassi di successo della fecondazione in vitro. Ricordiamo che alla fine avere un bambino in braccio – e avere un bambino sano – corrisponde a una probabilità che, in media, si aggira attorno al 10%. Come al solito, tutti i grandi paladini della salute delle donne, del consenso informato, etc., in queste circostanze hanno l’attenzione rivolta altrove e tacciono.

«Godi delle piccole cose della vita perchè un giorno guarderai indietro e ti renderai conto di quanto erano grandi»

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Federico Catani

“GAYSTAPO” IN AZIONE

In Spagna è caccia all’omofobo: l’ideologia omosessualista si sta imponendo con sistemi dittatoriali

P

er avere un’idea di come l’ideologia omosessualista sia divenuta totalitaria, basterebbe guardare a quanto sta accadendo in Spagna, dove la “Gaystapo” lavora senza sosta. Gli spagnoli, si sa, a differenza degli italiani non sono avvezzi alle mezze misure: dal bianco passano subito al nero, mentre per noi esistono svariate sfumature di grigio… Pertanto, in Spagna anche i gruppi LGBT sono molto più radicali che da noi. A dimostrazione di ciò si potrebbero elencare numerosi episodi degni di nota. Qui faremo riferimento solo a quelli che riteniamo più eclatanti e assurdi.

Il comune di Getafe ha elaborato una “piramide sociale della discriminazione omofobica”, al cui vertice sta il maschio bianco, eterosessuale, di classe medio-alta, giovane, magro e, soprattutto, cattolico

Incominciamo da Getafe, vicino Madrid. La scorsa estate, il consiglio comunale della città ha approvato un Manifesto per celebrare il giorno internazionale dell’orgoglio LGBTI+ (il “+” lo hanno inserito gli stessi 6

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redattori). Nel documento, tra l’altro, si denuncia quello che il totalitarismo arcobaleno considera il reato più grave e la più grande piaga sociale: l’omofobia. Vera o presunta che sia. Ebbene, secondo i collettivi LGBT e i politici loro zerbini, esiste una “piramide sociale della discriminazione omofobica”, al cui vertice si colloca il maschio bianco, eterosessuale, di classe medio-alta, giovane, magro (!) e, soprattutto, cattolico. Sembra una barzelletta, eppure è la realtà di un Paese dell’Unione europea, nel XXI secolo. Il semplice aspetto fisico è sufficiente per essere gettati nelle mani della “Gaystapo”: i processi, poi, come nella migliore tradizione sovietica, anzi, maoista, hanno un esito già scritto prima ancora che incomincino. Chi appartiene alla comunità LGBT, per questo solo fatto, ha ragione a prescindere, un po’ come accade nei casi di “femminicidio”: l’uomo, in quanto uomo, è sempre aggressore e colpevole. Sempre nei mesi scorsi, l’Assemblea regionale della Comunità di Madrid ha approvato all’unanimità una devastante “Legge di protezione integrale contro la LGTBfobia e la discriminazione per ragioni di orientamento e identità sessuale”. Di fatto si tratta di una norma che viola diritti e libertà fondamentali riconosciute dalla Costituzione spagnola e che penalizza tutti coloro che non appartengono al mondo LGBT, ovvero la stragrande maggioranza dei cittadini. La Costituzione già protegge chiunque


venga discriminato a motivo del sesso, della razza, dell’appartenenza religiosa, dell’opinione espressa o per qualunque altra condizione e circostanza personale o sociale. Perché allora legiferare ulteriormente? Nella Comunità di Madrid c’è forse un’emergenza omofobia? Le persone omosessuali sono discriminate? Assolutamente no. La legge dunque si fonda solo sull’ideologia. La realtà infatti dimostra che non vi sono problemi di intolleranza. A meno che per intolleranza non si consideri il semplice pensare che il “matrimonio gay” sia un assurdo logico o che l’atto omosessuale sia peccato. Quella della Comunità di Madrid è la classica affirmative action. La comunità LGBT si proclama discriminata e diventa una comunità privilegiata: si viola così il principio di uguaglianza tra i cittadini («Alcuni sono più uguali degli altri», dice Orwell ne La fattoria degli animali). La legge cancella poi la presunzione d’innocenza, costituzionalmente riconosciuta. In pratica è chi risulta accusato di “omofobia” ad avere l’onere della prova a sua discolpa. È il presunto omofobo che deve dimostrare di non esserlo. La legge inoltre toglie ai genitori il diritto di educare i loro figli in base ai principi in cui credono. Infatti viene imposto l’indottrinamento gender e omosessualista in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Non solo. Viene anche proibito di ricorrere a terapie per aiutare gli adolescenti con problemi d’identità sessuale, o comunque per chiunque si senta a disagio con la sua omosessualità. Sicché, chi è etero può diventare gay, ma è assolutamente vietato il contrario. Le Università devono poi vigilare affinché non si verifichino episodi di intolleranza (ma il vero problema, lo ripetiamo, è: cosa si intende per intolleranza?). Infine, viene imposta la dittatura arcobaleno a tutti i mezzi di comunicazione, che in perfetto stile da Grande Fratello orwelliano, dovranno attenersi ad un “codice deontologico” che rispetti le esigenze dei gruppi LGBT. In caso di attacchi o discriminazioni si può ricorrere subito ai tribunali senza passare per previe “ammonizioni”. Una follia che si riscontra anche in Catalogna. La Generalitat, ovvero il Governo catalano, ha recentemente lanciato una campagna alla televisione pubblica per invitare i cittadini a denunciare i casi di omofobia attraverso una telefonata, anche anonima. Come a Madrid, la legge catalana cancella la presunzione di innocenza. Pertanto, chiunque, anche anonimamente, venga denunciato per omofobia (ormai divenuta una sorta di psicoreato, come definito da Orwell nel suo romanzo 1984), deve portare davanti al giudice una giustificazione oggettiva e ragionevole, sufficientemente provata, del suo comportamento finito nel mirino. Continuando di questo passo, ovvero favorendo la delazione, sarà possibile mandare

la polizia a casa di chiunque sia antipatico a un omosessuale, fosse solo perché è il vicino di casa che tiene alto il volume dello stereo. Basterà telefonare e dire che lo fa perché odia i gay… E sappiamo che ormai basta davvero poco per essere anche solo sospettato di questo reato: è sufficiente dire che la famiglia è solo quella naturale, fondata sul matrimonio tra uomo e donna; che i maschi sono maschi e le femmine sono femmine non per costrizione sociale, ma innanzitutto per fattori bio-psicologici; che i bambini hanno il diritto ad avere un papà e a una mamma; e così via. Alcuni vescovi spagnoli, per aver ricordato dal pulpito tali elementari verità, sono stati denunciati, compreso l’arcivescovo di Valencia, il cardinale Cañizares. Insomma, in Spagna stiamo assistendo ad un vero e proprio maccartismo arcobaleno, degno di un sistema poliziesco e totalitario. La “Gaystapo”, che vigila sul rispetto dei dogmi dell’ideologia LGBT, è molto più severa (e folle) della mite Inquisizione, che invece ebbe il merito di salvare la Spagna dalle guerre di religione e le donne dalle infondate accuse di stregoneria.

Il Cardinale Antonio Cañizares Llovera, reo d’aver preso posizione contro la diffusione dell’ideologia gender «[…] con leggi inique alle quali non dobbiamo obbedire»

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Aldo Rocco Vitale

L’UTERO IN AFFITTO

E L’OBBLIGO DI ESECUZIONE DEL CONTRATTO I contratti sono legge tra le parti: possono essere eseguiti coattivamente. E i contratti di maternità surrogata, allora?

U

no dei problemi giuridici che maggiormente dovrebbe lasciare riflettere allorquando si discute intorno all’ammissibilità dei contratti di maternità surrogata, è quello che riguarda la cosiddetta eseguibilità di tali contratti. La difficoltà principale riguarda la circostanza per cui si tenta di applicare la logica e la dinamica dei rapporti contrattuali in un delicatissimo ambito,

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quale è appunto la maternità che, per sua stessa natura, riguarda il più fondamentale dei rapporti esistenziali, cioè la genitorialità. Non possono che sorgere i seguenti quesiti: come possono essere sovrapponibili rapporti naturali ed esistenziali, come quelli intercorrenti tra genitori e figli, con i rapporti contrattuali? Come si può applicare


Si tenta di applicare la logica e la dinamica dei rapporti contrattuali in un delicatissimo ambito, quale è la maternità

la logica dei contratti, che presuppone quella della valutazione economica sottostante, alla logica della parentela? Entro quali limiti, se ve ne sono, la logica contrattuale può essere estesa oltre la sua portata tipica relativa a ciò che è suscettibile di valutazione economico-finanziaria come gli oggetti? Oltre a tali e altri simili dubbi, ciò che rileva in questa sede è un unico, più rilevante, interrogativo: cosa fare nel caso in cui una tra le parti, o perfino tutte, tra quelle coinvolte nei contratti di maternità surrogata decidesse di non adempiere gli obblighi assunti tramite il contratto di surrogazione di maternità? Ordinariamente la stipula di un contratto fa sorgere, in capo alle parti che ne sono protagoniste, obblighi e diritti, in genere di natura reciproca, per la soddisfazione di un personale interesse, così che, nel caso in cui una parte adempia al proprio obbligo contrattuale senza ricevere ciò che le spetta dall’altra parte, quest’ultima risulta essere inadempiente e l’ordinamento prevede e contempla tutta una ricca serie di strumenti utilizzabili per riparare a tale squilibrio. L’esempio tipico è la cosiddetta esecuzione in forma specifica contemplata dal Codice Civile all’articolo 2932 nel caso in cui, successivamente all’accordo con cui una parte si era precedentemente impegnata a stipulare un ulteriore contratto e poi non ha adempiuto alla suddetta obbligazione, l’altra parte può ottenere una sentenza che produca i medesimi effetti del secondo contratto non concluso. I contratti, dunque, in genere si possono “coattivamente” eseguire qualora una delle parti obbligate decida illegittimamente di non adempiere agli obblighi assunti: ma è possibile adattare una simile disciplina anche ai contratti di maternità surrogata che, per loro stessa intrinseca natura, riguardano situazioni personalissime come la salute, la gravidanza e lo status genitoriale? Cosa accade se una delle parti protagoniste del contratto di maternità surrogata decidesse di non adempiere agli obblighi assunti? Cosa accade se la donna che conduce la gravidanza desiderasse tenere per sé il nascituro? Cosa accade se la coppia

committente, per esempio in caso di divorzio, non volesse più il nascituro, a gravidanza iniziata? Non sembrano esistere ancora certezze in merito, data la novità di simili situazioni e ancora i pochi casi giudiziari registrati. In Italia, dove l’utero in affitto costituisce reato, una sorta di “diritto di ripensamento” della donna surrogante è stato proprio recentemente configurato dalla Corte d’Appello di Milano che ha riconosciuto, con l’ordinanza dello scorso 25 luglio 2016, «[...] la possibilità della gestante di tenere per sé il nascituro, non potendo imporsi alla donna per contratto (né per legge) di usare il proprio corpo a fini riproduttivi e di essere, o non essere, madre». Negli Stati Uniti già da tempo, invece, si discute del problema, in quanto già da alcuni decenni la pratica della maternità surrogata è ampiamente diffusa. Non a caso, sul punto il noto giurista statunitense Richard Epstein ritiene che il contratto di maternità surrogata sia “enforceable”, cioè eseguibile anche coattivamente, in quanto la donna surrogante avrebbe soltanto un interesse di breve termine per il nascituro, mentre i genitori biologici (supponendo che la coppia committente abbia fornito i gameti) hanno un interesse duraturo.

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Negli Stati Uniti un tribunale ha sancito che chi compra un bambino poi non può più ripensarci: deve mantenerlo economicamente

Sebbene come problema teorico sia stato affrontato già da diversi anni, il primo vero e proprio caso giudiziario, compiuto su un tale argomento, si è avuto nel luglio del 2015 vedendo come protagonista la nota celebrità hollywoodiana Sherri Shepherd. L’attrice, dopo aver contattato la giovane della Pennsylvania di ventitré anni J.B., madre single di altri due figli propri, per stipulare con quest’ultima un contratto di maternità surrogata e dopo aver fatto intraprendere alla ragazza la gravidanza, si separa dal marito pretendendo di non essere più riconosciuta come madre legale del soggetto che nel frattempo era venuto alla luce.

aver avviato l’intera procedura, di sottrarsi alla responsabilità finanziaria ed economica che tale iniziativa comporta, dovendo quindi mantenere il figlio fino alla sua maggiore età. Il contratto di maternità surrogata, nello scenario di vacatio legis che contraddistingue l’ordinamento della Pennsylvania in cui manca una disciplina che vieti o regolamenti una simile pratica, è stato, dunque, riconosciuto come in grado di produrre obblighi parimenti a qualsiasi altro contratto e, quindi, vincolante e coattivamente eseguibile come tutti gli altri contratti comuni.

Del caso viene investita la Superior Court of Pennsylvania che, richiamando il precedente del caso Ferguson v. McKiernan (in cui una donna, che aveva contrattualmente esentato il venditore di sperma dal mantenimento del figlio, aveva poi cambiato idea chiedendo il co-mantenimento al suddetto venditore, venendo poi condannata dalla Corte Suprema della Pennsylvania), ha respinto tutte le osservazioni della ricorrente e ha specificato che – essendo mancante in Pennsylvania una normativa sulla maternità surrogata che sancisca la nullità dei contratti per contrarietà all’ordine pubblico – il vuoto può essere colmato dalla contrattazione privatistica, che come tale è sempre vincolante ed eseguibile per cui una parte non può sottrarsi arbitrariamente alle obbligazioni derivanti dal contratto di maternità surrogata, avendo sottoscritto tale impegno contrattuale liberamente e volontariamente. La donna committente, cioè l’attrice Sherri Shepherd, può, secondo la Corte, decidere di non avere nessun ruolo di madre e di non partecipare per nulla alla vita del figlio che ha deciso di far nascere con il contratto di maternità surrogata, ma non può decidere, dopo

Una simile soluzione desta, tuttavia, non poche perplessità, trattandosi di rapporti personali, in particolare quelli riguardanti genitori e figli (specialmente se la coppia committente ha utilizzato il proprio materiale biologico per la creazione dell’embrione, poi condotto in gravidanza dalla donna surrogante appositamente commissionata) che, come tali, sono sempre indisponibili, tanto per le parti coinvolte quanto per tutte le eventuali corti adite. Tuttavia, e in conclusione, è inoltre pur vero che rendere coattivamente eseguibile un contratto di maternità surrogata significa porre nel nulla gli interrogativi sempre presenti intorno alla libertà di ciascuno dei soggetti coinvolti.

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Tema, quest’ultimo, che diventa ancora più evidente nel caso in cui si vengano a intrecciare le problematiche tipiche dell’aberrante pratica della maternità surrogata con quelle classiche dell’aborto. Ma questo è un punto gravissimo, che merita una trattazione a sé: ne parleremo in un prossimo numero di Notizie ProVita.


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Enzo Pennetta

L’ORIGINE DELLA VITA Un affascinante mistero per la scienza, uno scandalo per lo scientismo

S

econdo le ricostruzioni più accreditate il pianeta terra si sarebbe formato circa 4,5 miliardi di anni fa, mentre la superficie si sarebbe raffreddata e solidificata solo 500 milioni di anni dopo, e cioè 4 miliardi di anni fa. Le prime forme di vita, testimoniate dai fossili, sarebbero apparse in tempi molto rapidi per un fenomeno del genere e quantificati in circa 200 milioni di anni. Da sempre la questione dell’origine della vita è stato uno degli interrogativi più importanti della

La teoria fino a quel momento più accreditata era quella del cosiddetto “brodo primordiale”, formulata nel 1924 dal biochimico russo Aleksandr Oparin, secondo il quale la prima forma di vita si sarebbe sviluppata in una miscela di sostanze inorganiche presenti sulla Terra nel momento in cui iniziò il raffreddamento della sua superficie, circa 4 miliardi di anni fa. Grandi entusiasmi seguirono l’esperimento condotto nel 1953 da Stanley Miller e dal suo docente, il premio Nobel Harold Hurey, i quali riprodussero le condizioni ipotizzate da Oparin riuscendo a ottenere

In un universo nato “solo” da 13,7 miliardi di anni, un’intelligenza superiore in “soli” 200 milioni di anni ha portato la vita sulla terra: extraterrestri? ricerca scientifica, ma le cose si sono ulteriormente complicate da quando il matematico e astronomo dello Sri Lanka – poi naturalizzato britannico – Chandra Wickramasinghe, collaboratore del grande astronomo inglese Fred Hoyle, elaborò negli anni Sessanta del secolo scorso il calcolo sulle probabilità della nascita per puro caso della vita sulla Terra: praticamente impossibilità totale. Da allora il mistero non ha minimamente accennato a dissolversi. La probabilità calcolata da Wickramasinghe fu infatti di una su 10 elevato alla 40.000: un numero “mostruoso”, del quale possiamo appena intuire il significato affiancandolo alle probabilità di fare un difficilissimo sei al Superenalotto, e cioè una su 10 elevato alla 9 (arrotondando per eccesso). PRIMO PIANO

degli aminoacidi, i mattoni delle proteine, e quindi dei componenti fondamentali della vita. Ma si trattò di entusiasmi prematuri ed eccessivi, gli aminoacidi ottenuti furono infatti il primo e purtroppo unico passo che la sperimentazione sull’ipotesi di Oparin poté compiere. Da allora sostanzialmente nulla è cambiato e l’esperimento di Miller, che doveva essere prova a favore della nascita della vita per puro caso, è una prova contro l’ipotesi della nascita della vita secondo la teoria del brodo primordiale di Oparin. Di questo furono ben presto consapevoli proprio Fred Hoyle e il suo collaboratore Chandra Wickramasinghe che, una volta elaborato il calcolo sulle probabilità della nascita per puro caso della vita sulla Terra, compirono 2017 Gennaio - n. 48

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la scelta drastica di abbandonare del tutto tale idea ritenendola impossibile e proposero a metà degli anni Settanta l’ipotesi della “panspermia”, secondo la quale la vita sarebbe giunta sulla Terra dallo spazio già sotto forma compiuta, grazie a delle prime cellule vaganti negli spazi interstellari.

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Tali forme di vita, per svilupparsi con meccanismi casuali, avrebbero dovuto avere a disposizione tempi lunghissimi, quasi infiniti, per tale motivo Hoyle era un sostenitore dell’idea che l’universo esistesse da un tempo infinito e che fosse stata solo la Terra a essersi formata negli ultimi 4 miliardi di anni. La teoria di Fred Hoyle si scontrava però con quella dell’astronomo George Lemaitre, un prete belga che prevedeva un momento d’inizio per l’universo che si sarebbe originato dall’esplosione di un punto immensamente denso, denominato “atomo primordiale”. Ma la teoria dell’atomo primordiale veniva accusata di voler essere usata dal sacerdote astronomo Lemaitre come una giustificazione della creazione descritta nella Genesi e per questo fu derisa da Hoyle in una serie di trasmissioni alla BBC, dove la definì come la teoria del ‘grande botto’ che in lingua originale è appunto teoria del “Big bang”.

teoria denominata appunto del “Big bang”, un botto che togliendo il tempo infinito necessario per la nascita della vita mandò in pezzi la teoria di Hoyle sulla panspermia. Ma nel frattempo verso l’ipotesi della panspermia si era mosso anche Francis Crick, che aveva individuato nel 1953 insieme a James Watson la struttura del DNA, scoperta che gli valse il premio Nobel. Mosso da considerazioni analoghe a quelle di Hoyle, Francis Crick propose agli inizi degli anni Settanta l’ipotesi della panspermia controllata, una teoria molto più ardita secondo la quale la nascita della vita sarebbe stata un evento talmente raro che la diffusione della vita stessa nello spazio non sarebbe stata un fenomeno spontaneo, ma addirittura una scelta guidata volontariamente da una civiltà primordiale particolarmente evoluta tecnologicamente. Ma Crick finì per tornare possibilista sull’origine terrestre della vita nel 1993, forse rendendosi conto del fatto che, in un universo nato da solamente 13,7 miliardi di anni (come affermato dalla teoria del “Big bang”), il tempo a disposizione per una civiltà extraterrestre non sarebbe stato poi così superiore a quello disponibile per la nascita della vita sulla terra.

Ma poiché andò a finire che la teoria di Lemaitre venne infine dimostrata scientificamente da Wilson e Penzias proprio in quegli anni, nel 1964, ecco che il termine derisorio usato da Hoyle divenne per ironia della sorte il nome scientifico della nota

Ma di fronte alla difficoltà di dare una spiegazione della nascita della vita in quello stretto lasso di tempo costituito dai 200 milioni di anni, ancora una volta una delle massime autorità nel campo, stavolta un esponente di

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alto livello dell’evoluzionismo darwiniano, ha ripescato l’ipotesi della panspermia guidata da una civiltà extraterrestre: il riferimento è al noto esponente del neodarwinismo Richard Dawkins, che nel corso di un’intervista rilasciata nel 2008 affermò che, se si osservano i dettagli della biologia molecolare, si può trovare una “firma” di una qualche “sorta di disegnatore”, una intelligenza superiore che però dovrebbe essere sorta per via di un processo spiegabile scientificamente. Ancora una volta quindi la difficoltà di spiegare la nascita della vita ha condotto a speculazioni su un’ipotetica origine extraterrestre. Al momento attuale l’origine della vita – dal punto di vista della scienza sperimentale – resta dunque un mistero lungi dall’essere spiegato, una sfida per la scienza ma un ostacolo inaccettabile per lo scientismo, quell’ideologia derivata dalla scienza che si basa sul fatto di avere una spiegazione per tutto. Per lo scientismo l’origine della vita è ancora in un mix di brodo primordiale ed eventi del tutto fortuiti, così come viene insegnato nelle scuole. In realtà questa spiegazione non convince e spinge a fantasiose teorie che da oltre mezzo secolo tirano in ballo gli extraterrestri mentre la vera risposta scientifica sarebbe un semplice e onesto: «Ancora non lo so». Ma «Non lo so» è l’unica affermazione che lo scientismo non può (e non vuole) fare.

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Secondo i calcoli delle probabilità, che la vita sia nata per caso è praticamente impossibile: una possibilità su 10 elevato alla 40.000

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Francesca Romana Poleggi

IL DIRITTO ALLA VITA È facile sentire chi pontifica di diritti umani. Ma quale diritto umano può esserci senza il diritto alla vita?

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l primo e fondamentale di tutti i diritti, che nessuno dovrebbe poter mettere in discussione, è il diritto alla vita. È premessa necessaria delle libertà, della proprietà e di qualsiasi altro interesse umano (i diritti sono interessi protetti dalla legge). E, formalmente, non c’è nessuna persona “civile” che osi mettere in discussione il diritto alla vita: «Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno», recita l’art. 575 del nostro codice penale.

Insomma, la vita è un interesse di tutti. Ma è protetta per tutti e dappertutto? Sulla carta sì, grazie anche alla più grande rivoluzione culturale della storia, quella operata da Gesù di Nazareth. La civiltà, nei secoli, si è evoluta. Oggi l’art. 3 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo riconosce a ogni individuo il diritto alla vita; l’Assemblea generale dell’ONU con 104 voti a favore, 54 contrari e 29 astenuti, il 18 dicembre 2007 ha ratificato la moratoria universale della pena di morte: alta si leva (quasi sempre) la condanna di quegli Stati che ancora puniscono i rei togliendo loro la vita. Siamo andati anche “oltre” il diritto alla vita delle persone: c’è chi vede nella vita in sé, anche in forma animale e vegetale, un interesse collettivo, di tutti, che la 16

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legge deve proteggere. Ne consegue la preoccupazione per la salvaguardia dell’ambiente (che io sinceramente preferirei chiamare “creato”). Addirittura, il movimento animalista vuol riconoscere il diritto alla vita anche agli animali. Non tutti sanno che solo gli esseri umani possono essere soggetti di diritto: gli animali, per quanto amabili e intelligenti, sono giuridicamente degli oggetti (infatti si comprano, si vendono e si regalano). Nonostante ciò, comunemente molti parlano di “diritti degli animali” e comunque l’art. 544 bis c.p. recita: «Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da 4 mesi a 2 anni». Allora dovremmo concludere che la vita è davvero sacra, inviolabile, indisponibile, in tutte le sue forme. Invece, i Lettori di questa rivista sanno bene che spesso sono proprio gli stessi che si ergono a paladini della vita dei condannati a morte o degli animali ad essere i più strenui difensori della legalizzazione dell’aborto e dell’eutanasia. Sono gli stessi che accettano e caldeggiano la fecondazione artificiale e la manipolazione genetica degli embrioni o l’utero in affitto. Sono quelli che vogliono la riduzione – eugenetica – della popolazione. La cosa più sconcertante, riguardo tutti costoro, è che sono davvero pochi quelli che hanno la coerenza e il coraggio di dire apertamente che – secondo loro – non tutte le vite sono ugualmente degne di essere PRIMO PIANO


protette. La maggior parte dei “cultori della morte” pretende che non sia considerata vita quella dell’essere umano unico e irripetibile che si cela nel “grumo di cellule”: che si chiami morula, blastocisti, zigote, embrione, feto, neonato, bambino, adolescente, adulto, anziano, si tratta sempre e comunque della stessa persona. Cambia nella forma, nelle dimensioni, nel grado di sviluppo, ma è sempre la stessa persona, dotata dello stesso – unico – codice genetico dal primo istante dopo la fecondazione dell’ovulo, all’ultimo respiro esalato sul letto di morte. Negare questo è contro l’evidenza scientifica.

Morula, blastocisti, zigote, embrione, feto, neonato, bambino, adolescente, adulto, anziano: cambia di nome, di dimensione, di forma, ma si tratta sempre e comunque della stessa persona

Eppure ancora in tanti pervicacemente si indignano se gli si dice che l’aborto è l’assassinio di un innocente: si diventa “persone” solo a un certo punto… quale? Bisogna ammirare la cinica coerenza di quelli che promuovono l’aborto post nascita: finché il bambino non è autonomo, o non ha coscienza di sé, non è persona, è “cosa” disponibile nelle mani dei genitori, che possono liberamente deciderne la sopravvivenza o meno, sia prima sia dopo la nascita. Sono esecrabili, ma coerenti, quelli che dicono apertamente che gli anziani, i malati, gli imperfetti, gli stupidi non meritano di vivere. I malati e gli anziani sono un peso per chi li deve assistere e un costo per la società. La loro morte si traduce in un bel risparmio e in un sacco di tempo libero per fare shopping o frequentare un centro benessere termale. La maggior parte dei promotori dell’eutanasia, invece, PRIMO PIANO

sono prevalentemente ammantati di (falso) amore e pietà per i sofferenti: toglierli di mezzo, magari incentivandoli al “suicidio assistito”, lo spacciano ipocritamente per un gesto d’amore. «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo»: così esordisce l’art. 2 della nostra Costituzione. Questi diritti inviolabili, i diritti umani, sono quindi preesistenti allo Stato che si limita a riconoscerne l’esistenza, assicurandone la protezione. I diritti soggettivi, infatti, normalmente sono quelli – tra gli interessi umani – che la legge sceglie di proteggere: sono “creati” dalla norma giuridica posta dallo Stato. I diritti inviolabili invece no: sono creati da quella norma superiore che è la legge naturale, la legge scritta nella natura umana. In qualsiasi luogo e in ogni tempo, fin dall’epoca delle caverne, l’uomo ha sentito di dover fare il bene e di non dover fare il male: non uccidere, non rubare, non tradire, non mentire, sono quei comandamenti che preesistono perfino al Vecchio Testamento. Anche se, in ogni latitudine e in ogni tempo, l’uomo ha cercato e trovato mille scuse per derogare a queste leggi e le ha spesso violate, la legge naturale resta e restano i diritti naturali che essa crea.

Prioritario rispetto a tutti i diritti e a tutti gli interessi è per forza di cose il diritto alla vita. Diritto che va riconosciuto e garantito a tutti gli esseri umani (che, infatti, secondo la nostra costituzione, nell’art.3, hanno tutti «pari dignità sociale»). Altrimenti chi decide quali persone sono degne di vivere e quali no? Se gli ordinamenti giuridici che si definiscono civili e democratici non recuperano il pieno rispetto e la massima intangibilità del diritto di vivere di tutti gli esseri umani – solo perché umani, appunto, in qualsiasi stadio di sviluppo, in qualsiasi condizione contingente – verrà il giorno in cui chiunque e per qualsiasi motivo può essere annoverato tra quelle vite-non vite che non hanno diritto d’essere, e sarà fatto fuori. Oggi tocca ai bambini imperfetti e ai bambini indesiderati, ieri toccava alle “razze inferiori”... domani? 2017 Gennaio - n. 48

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NEMICI DELLA VITA

Renzo Puccetti

I nemici della vita si ribellano a una condizione antropologica che noi invece consideriamo appartenerci per natura: l’essere creature

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ascere, vivere, morire. Questo è il ciclo della vita. Tranne che per la minoranza che muore in maniera improvvisa e inattesa, la morte giunge al termine di un percorso di vulnerabilità, debolezza e dipendenza. La stessa condizione dell’essere vivente prima o appena dopo il parto.

Nel 2011 lo storico Francesco Agnoli, appena eletto presidente del movimento pro life MEVD, ebbe la brillante idea di organizzare la prima Marcia per la Vita in Italia, a Desenzano: vi parteciparono 700 persone, un piccolo miracolo stante i mezzi esigui e il poco tempo a disposizione per l’organizzazione. L’anno successivo a Roma convennero 15.000 persone e nel 2013 furono 40.000 a marciare, con oltre 1.200 partecipanti al convegno organizzato all’ateneo Regina Apostolorum il giorno precedente. Di quei fatti sono un testimone diretto, avendo avuto un qualche ruolo nel rendere possibile che un popolo già esistente di pro life si potesse socialmente materializzare. Da quell’esperienza sono nate tante altre realtà: ProVita e questa rivista, i Giuristi per la Vita, le Sentinelle in Piedi, l’associazione Vita è... Una parte importante di coloro che hanno contribuito ai due giganteschi Family Day del 2015 e 2016 contro la propaganda dell’ideologia gender e il “matrimonio gay”. Ma chi c’è “dall’altra parte”? Chi è che muove guerra alla vita con mezzi imparagonabilmente superiori?

s’intreccia», scriveva Anatole France nel 1897 e qui è totalmente evidente. Se posso uccidere un essere umano altro da me con l’aborto, perché non uccidere me con l’eutanasia? Se posso separare sessualità e procreazione con la contraccezione, perché non fare l’opposto con la fecondazione artificiale e non fare a meno della complementarietà sessuale? E se posso usare gli esseri umani come una merce di proprietà stoccabile come surplus produttivo con il congelamento embrionale, perché non usare un essere umano come una macchina incubatrice? Il 3 novembre 1969 il vice-presidente di Planned Parenthood, organizzazione per la pianificazione delle nascite fondata dall’eugenista Margareth Sanger, scriveva al presidente del Population Council Bernard Berelson un memorandum sulle «attività rilevanti allo studio delle politiche USA per la popolazione». Era un elenco delle possibili misure per ridurre la popolazione. Si articolavano in costrizioni sociali (ristrutturazione della famiglia, ritardando o evitando il matrimonio, educazione obbligatoria dei bambini, incoraggiamento dell’incremento dell’omosessualità, educazione alla limitazione della famiglia, agenti contraccettivi nelle acque, favorire il lavoro femminile), deterrenti economici alla procreazione e controllo sociale della fertilità mediante diffusione di aborto, contraccezione

Sempre i soliti. Erano per l’aborto e sono per l’eutanasia, erano per il divorzio e sono per il matrimonio gay, erano per la contraccezione e sono per l’utero in affitto, erano per la “liberazione” sessuale e sono per il gender. Sono sempre gli stessi e non è un caso, perché il filo rosso che unisce tutte queste espressioni è la ribellione a una condizione antropologica che noi invece consideriamo appartenerci per natura: l’essere creature. Non vogliono esserlo, o almeno non vogliono rimanere tali. È l’antico mito di Prometeo, è il desiderio dei giganti di occupare l’Olimpo degli Dei, è il volere essere creatore. Dare vita e morte, popolare e spopolare, farsi maschio o femmina a piacimento. «Tutto si tiene, si sostiene e 18

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ore e Il Sign onista n g ta o r l p a Sam, ifende d elli, si d o alta d n a degli An v e ro soll u c s O e e parte Poter contien e h c la a una fi endil e di Eär della luc

Per disporre di un consumatore affidabile è necessario da un lato trasformare l’homo sapiens sapiens in homo sensitivus libidinosus, dall’altro privarlo dei corpi intermedi sociali posti a protezione dalle proprie passioni e dal potere dello Stato. Attraverso la massiccia, pervasiva ed invasiva stimolazione esercitata dai mezzi di comunicazione, mediante la sessualizzazione precoce dei bambini e attraverso la diffusione del consumo di droghe e sostanze psicoattive PRIMO PIANO

Lambert Sigisbert Adam, Promethee, 1737

si agisce sul versante della mutazione antropologica. Mediante la protestantizzazione del pensiero cattolico e la distruzione della famiglia l’uomo verrà schiacciato ogniqualvolta tenti di opporsi a quella che Jean-Jacques Rousseau chiamava «la volontà generale». Senza la famiglia, ridotta alla parodia di se stessa, senza la moneta avente corso legale solo nella famiglia, l’amore, ogni servizio sarà a pagamento e sottoposto a tassazione. Ed è tragico dovere constatare che queste semplici considerazioni sono additate di fondamentalismo persino all’interno di quello che un tempo fu il pensiero cattolico. Dai campanili diventa sempre più arduo udire il rintocco della voce della madre che ci ha generato nella ragione e nella fede.

I nemici della vita vogliono trasformare la “persona” in “consumatore”, schiavo del sesso e delle droghe, senza famiglia, sterile…

e sterilizzazione. Probabilmente Berelson era a conoscenza di una bozza precedente scritta da Jaffe, perché un mese prima egli provvede a sistematizzare le proposte di Jaffe in un articolo intitolato Oltre la pianificazione familiare (Beyond Family Planning), apparso sul numero di febbraio della rivista Studies in Family Planning, organo ufficiale del Population Council. In una tabella Berelson ordina le misure di Jaffe secondo sei criteri: fattibilità scientifica, disponibilità politica, praticabilità amministrativa, sostenibilità economica, accettabilità etica ed efficacia presunta. I burattinai del sistema economico mondiale devono programmare la produzione in base ai consumi. La cosa migliore è dunque quella di avere un alto tasso di consumi che non oscilli in modo imprevedibile, ma sia modulabile secondo le contingenti necessità. Dunque è necessario sostituire la persona con una figura a essa affine, ma profondamente modificata: il consumatore. Planned Parenthood si pone così al servizio di Planned Consumerhood; l’essere umano nasce programmato per essere bisognoso di consumare, vivere da consumatore e, una volta giunto al punto di costituire un peso significativo, togliere il disturbo grazie a una pietosa iniezione letale, cui oggi stanno lavorando per renderla accettabile alla popolazione.

Tuttavia la vermilingua di oggi non stupisce, come ha scritto il filosofo Peter Kreef: «In un tempo in cui la ribellione è la nuova ortodossia, l’antica ortodossia è l’unica ribellione che resta». Che fare? Mi soccorre la risposta di Tolkien: conservare la luce di Eärendil, la nostra stella più amata, luce per noi in luoghi oscuri, quando ogni altra luce si spegne. 2017 Gennaio - n. 48

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TRE BUONE NOTIZIE Calano la violenza, la povertà e la disuguaglianza globali e migliorano le condizioni dei piccoli (anche se resta l’aborto)

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’epoca contemporanea, in particolare gli anni attuali, sono contrassegnati – agli occhi dei più – da una parola per nulla entusiasmante e assai ricorrente: crisi. Crisi economica, crisi produttiva, crisi politica; ma anche crisi valoriale, crisi familiare, crisi spirituale, crisi vocazionale. Pare insomma non esservi quasi più ambito sociale non interessato da criticità che, in alcuni casi, divengono addirittura allarmanti. Ed è tutto vero. Sarebbe cioè sbagliato fingere che tutte queste crisi siano immaginarie, o solamente percepite: la grandissima parte delle problematiche per le quali ci si preoccupa, infatti, è reale.

Esiste tuttavia anche la possibilità – senza negare, sia chiaro, quanto sin qui detto – di considerare le cose da un altro punto di vista. Un punto di vista dal quale possono emergere, inattese, anche buone notizie che i media faticano enormemente a riportare. E sì che si tratta di buone notizie di peso notevole. Per dimostrare che non sto scherzando, scelgo di “rivelare” e condividere tre di queste buone notizie, decisamente poco considerate oggi.

Giuliano Giuliano Guzzo Guzzo

laureato in Sociologia e Ricerca Sociale, collabora con diverse riviste e portali web fra i quali Tempi.it, Libertaepersona.org, Campariedemaistre.com, Cogitoetvolo.it, Uccronline.it e Corrispondenzaromana.it. È membro dell’Equipe Nazionale Giovani del risultano, ancheper se lapuò sembrare Movimento Vita italiano

quarant’anni. In calo strano visto l’allarme mediatico sul fenomeno, anche i * giulianoguzzo@email.com @GiulianoGuzzo cosiddetti “femminicidi”, cosa riscontrabile osservando : www.giulianoguzzo.com il numero di donne uccise: 192 nel 2003, 181 nel 2006, 156 nel 2010, 124 nel 2012. Intendiamoci: anche una sola vittima, costituisce motivo di dolore e qualcosa di totalmente inaccettabile, ma sapere che la tendenza della violenza omicida è calante almeno un minimo dovrebbe Anna Maria confortare. Pacchiotti Anche perché il calo della violenza pare tale anche su scala globale e ponendosi in una prospettiva storica. Questo, almeno, è quanto sostiene lo studioso Steven Anna Maria Pacchiotti, presidente Pinker, il quale – in uno studio di quasi 900 pagine dell’associazione “Onora la Vita onlus”. (cfr. Il declino della violenza, Mondadori 2013) – svela : www.onoralavita.it come le guerre tribali abbiano causato, in rapporto alla popolazione mondiale del tempo, quasi il decuplo dei morti delle guerre e dei genocidi del Novecento e come il tasso di omicidi nell’Europa medievale fosse oltre trenta volte quello attuale. Questo autorizza a sottovalutare il comunismo, il Giulia nazismo e gli orrori dei totalitarismi? Certo cheTanel no. Ma rendersi conto che potrebbe esserci, a livello

Laureata in Filologia e Critica Letteraria. Scrive per passione. Collabora con libertaepersona.org e con altri siti internet e riviste; è inoltre autrice, con Francesco Agnoli, di Miracoli - L’irruzione del soprannaturale nella storia (Ed. Lindau).

In mezzo a tante nubi cupe impariamo a vedere i raggi del sole della speranza

La prima è il calo della violenza. Proprio così: la violenza – anche se non in tutte le sue forme, purtroppo – risulta calante. Questo vale, pensando all’Italia, anzitutto per gli omicidi: nel 1990 le uccisioni erano state 1.633, nel 2012 “solo” 526, il che equivale a un meno 67,8% e al minimo storico degli ultimi 20

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planetario, un effettivo progresso delle condizioni umane, pur con tutte le perplessità e gli orrori che rimangono (basti pensare all’aborto), certamente può aiutare a considerare non solo negativamente gli anni indiscutibilmente critici che stiamo vivendo. Anche perché le buone notizie non si limitano al calo PRIMO PIANO


della violenza. A un quarto di secolo dall’approvazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia, infatti, si vede come per esempio tra il 1990 e il 2012, a livello internazionale, il numero di bambini privi di accesso alla scuola primaria sia diminuito di oltre il 40%, passando da oltre 100 milioni a 57 milioni nel 2011. E mentre la qualità dell’istruzione resta un problema con ancora 250milioni minori non in grado di leggere, scrivere e fare di conto pur essendo scolarizzati, aumenta l’iscrizione alla scuola materna, salita dal 27% al 57% nello stesso ventennio. Tra gli altri progressi in fatto di salute materna e infantile, a livello globale i decessi connessi alla gravidanza e al parto pare siano diminuiti del 45% rispetto al 1990. Cala anche il numero di bambini tra i 5 e i 17 anni coinvolti nel lavoro minorile, diminuito di un terzo dal 2000 a oggi, nonostante complessivamente siano ancora 168milioni i bambini costretti a lavorare. Insomma, per quanto aborto, provetta, adozioni gay e utero in affitto minaccino i diritti dei bambini, esistono anche elementi positivi, in questi anni, sull’infanzia.

I dati statistici mostrano un calo della violenza, sia a livello nazionale, sia a livello storico e planetario

Così come positivo, tornando a ragionare su scala globale, è il calo della povertà e della diseguaglianza. Proprio così: lo dimostra un recente rapporto dell’Oxfam (ONG inglese per la lotta alla povertà) nel quale, se da un lato evidenzia come la ricchezza dei sessantadue maggiori Paperoni e quella PRIMO PIANO

della metà meno abbiente della popolazione mondiale per la prima volta coincidano, dall’altro illustra come la metà meno abbiente del pianeta da oltre due anni – dopo un impoverimento subito fra la metà del 2009 e del 2013 – veda la propria ricchezza stabilizzata a un valore maggiore rispetto a quello rilevato dieci anni fa e abbondantemente superiore, per la verità più che doppio, rispetto a quello fatto registrare nell’anno 2000. Nel rapporto Oxfam, inoltre, si legge come, fra il 1990 e il 2011, la crescita economica mondiale abbia strappato alla povertà quasi un miliardo di persone. Cosa che ha fatto sì, considerando la popolazione globale, che la quota di coloro in condizioni di estrema povertà si sia percentualmente ridotta – anzi, più che dimezzata – passando dal 36% del 1990 al 16% nel 2010. Quanto alla diseguaglianza, secondo il dossier Diseguaglianza economica in Italia e nel mondo (2015), realizzato dalla “Fondazione Hume” per il Sole24Ore a cura di Luca Ricolfi, Rossana Cima e altri collaboratori autorevoli, risulta come la «disuguaglianza mondiale, ossia la disuguaglianza tra tutti i cittadini del mondo, considerato come un unico stato» sia «lentamente ma progressivamente aumentata dal 1820 al 1950, con un periodo di stazionarietà durato dal 1910 al 1929; ha continuato ad aumentare sino agli anni ‘60, è rimasta pressoché stabile dal 1970 al 1992 per poi diminuire sino al 2008» quindi «il mondo sembra essere diventato sempre meno disuguale, anche se c’è il dubbio che si tratti di una dinamica favorevole quasi esaurita, durata al più un decennio» (pp. 5-6-9). Tutto positivo, dunque? No, nient’affatto. Ma dei dati positivi li offre anche questa nostra tormentata epoca. Dimenticarli sarebbe disonesto e ci toglierebbe parte di quella speranza concreta della quale abbiamo tutti grande bisogno. 2017 Gennaio - n. 48

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LA VITA SENZA SENSO GENERA NEVROSI

Roberto Marchesini

Nevrosi e malattie psichiche rovinano la vita a molti, oggi. Ma non sono sempre esistite...

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utti, probabilmente, ricordiamo il tristemente noto cardinale Godfried Danneels. Nonostante tutto, io gli sono professionalmente grato per un discorso che tenne il 23 gennaio 1983. Un intervento illuminante, al quale poi diede il titolo Verità e nevrosi. Fede cristiana e ferite dell’uomo contemporaneo. Eccone uno stralcio:

Lo psichiatra olandese J. Van den Berg scrive: “È quasi certo che le turbe nevrotiche non si incontravano in Europa prima del XVIII secolo. Prima del 1733, non c’è libro di medicina che parli di nevrosi. Ora, se fossero esistite, sarebbero state facilmente individuate anche da un medico generico. Anche una persona non qualificata avrebbe potuto rimarcarle senza difficoltà. Ma non se ne trova traccia. Certo, non mancano persone complicate o bizzarre. I personaggi dell’Amleto di Shakespeare e certi personaggi di Molière presentano una grande complessità. Ma un uomo il cui carattere e la cui psicologia sono relativamente complicati non è un nevrotico”. A partire da questo periodo, la situazione cambia completamente. Nevrosi e malattie psichiche invadono la nostra società come un’epidemia; tutto il mondo ne parla; la loro assistenza medica è diventata un gravame pesante per la società occidentale. Qualcosa è dunque cambiato. Ma che cosa? Ecco un’ipotesi. La prendo a prestito dallo stesso Van den Berg: prima del XVIII secolo, l’uomo europeo viveva in un universo armonioso, posto all’interno di una rete di relazioni ben integrate. La relazione con Dio, con l’universo, col cosmo, i suoi rapporti con gli uomini e la società, con se stesso, erano ben definite. Ogni cosa aveva il suo posto e c’era un posto per ogni cosa. Si era stabilito un solido quadro di riferimento e la religione ne era il cemento. Le regole del gioco - se possiamo così esprimerci - in religione, in morale e in politica, erano fissate ed accettate. A partire dal XVIII secolo le cose sono cambiate. Molti autori parlano di un “riflusso di sessualità e di aggressività” nell’uomo dei tempi moderni. Di qui, il sorgere di un numero considerevole di nevrosi, identificate più tardi dalla psicoanalisi. Di qui ha origine, dicono essi, la tristezza in Occidente. È innegabile che questo riflusso sia stato la causa di un certo numero di nevrosi nell’uomo occidentale.

Al di là del contenuto, fondamentale, il cardinale Danneels ci dice una cosa: l’assetto della società influenza la salute spirituale (per questo la Chiesa ha una Dottrina Sociale) e psichica delle persone. 22

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Lasciamo gli anni Ottanta del secolo scorso (un paradiso, in confronto all’attualità) e diamo uno sguardo alla società dei giorni nostri. Quali ne sono i tratti? Il tratto fondamentale, mi pare, il divertimento. Tutti vogliono divertirsi, e impiegano una gran quantità di tempo, energie e denaro per questo scopo. Basti pensare ai social network e ai loro supporti hardware (gli smartphone): cosa sono, se non costosi e sofisticati giocattoli per adulti? Pensiamo alla sessualità ludica che, volenti o nolenti, invade ogni piega della nostra vita: ha altri significati che non siano il divertimento? E il consumismo, demonizzato nei decenni scorsi e ormai diventato il marchio fondamentale dell’Occidente? Ricordiamo con sgomento il ruggito di battaglia del presidente francese contro l’ISIS: «Vogliono farci cambiare il nostro stile di vita, non ci riusciranno!» (purtroppo). Basta uno sguardo alla nostrana «generazione Erasmus» o agli statunitensi snowflakes (“fiocchi di neve”: giovani perfetti e delicati come un cristallo d’acqua) per capire che l’unica cosa che conta è il divertimento, il piacere. È questo il sintomo del malessere della nostra società? Credo di sì... ma solo il sintomo. Come ha scritto san Tommaso: «[...] qualsiasi piacere porta un sollievo capace di mitigare qualsiasi tristezza, qualunque ne sia l’origine» (II-II, q. 38, a. 1). Qual è dunque la tristezza che affligge l’uomo contemporaneo? Partiamo dal fenomeno degli snowflakes. Per quanto mi riguarda sono il prodotto in provetta di una società senza padri. Proviamo a pensare a dei ragazzi allevati dal femminile materno, amplificato migliaia di volte PRIMO PIANO

dai messaggi mediatici e senza alcuna intromissione paterna: ecco gli snowflakes, “bravi bambini” all’ennesima potenza. Che poi sono i “bambini viziati” descritti (profetizzati?) da Ortega Y Gasset... Davvero questi “bravi bambini” pensano di potersi proteggere da tutte le cose brutte e cattive che ci sono nel mondo? Che la società abbia sempre voglia di fornire loro un “safe place” come fanno le loro costosissime ed elitarie università? Prima o poi, è inevitabile, la realtà presenterà loro il conto. L’ha già fatto, con la vittoria di Trump alle ultime elezioni, e il risultato l’abbiamo visto: corsi di “autoconsolazione” e lutto universitario. Dolore, ansia, angoscia. L’aveva scritto il grande Rudolf Allers: la nevrosi è l’esito del conflitto tra l’uomo e la realtà. Scriveva lo psicologo austriaco: «Non mi sono fino ad ora mai imbattuto in un caso di nevrosi, che non rivelasse in fondo, un problema metafisico non risolto, come conflitto e problema finale». La metafisica, eccola la seconda grande assente dopo il padre. Il momento attuale verrà ricordato come il trionfo completo dell’anti-metafisica sulla metafisica, dopo una terribile battaglia durata oltre cinquecento anni. Anche il mondo cattolico, strenuo difensore della metafisica, sembra aver alzato bandiera bianca. Finalmente l’uomo “è ciò che è”, non più oppresso dal “dover essere”. L’uomo non ha più un destino, uno scopo, un fine, un compimento. Una liberazione? Non sembra. Anche in questo caso, la buona psicologia (ne esiste) l’aveva insegnato. Come sosteneva Viktor Frankl, l’uomo ha bisogno di un senso, di uno scopo nella vita. Privato della metafisica, l’uomo è privato del senso della vita. Altro non gli resta se non la morte o la disperazione (da alleviare con il piacere coatto). 2017 Gennaio - n. 48

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Francesco Agnoli

«BATTERE AL MURO DELL’IMPOSSIBILE»

Evidente nell’arte e nella letteratura del Novecento, il “male di vivere” è conseguenza del rifiuto della speranza cristiana: uno sguardo su Svevo e Montale

Italo Svevo è il celebre cantore dell’inutilità della vita, dell’incapacità dell’uomo di goderne la bellezza e il senso. Svevo non crede al superuomo dannunziano, ma all’inetto: non c’è in lui quasi neppure il tentativo di trovare una via, per quanto fasulla, di affermazione dell’umano. In una sua lettera scrive: «Noi, apostoli del nulla», intendendo appunto che lui è annunciatore di questa mancanza di significato di ogni cosa. Scrive ancora: «La mia indifferenza per la vita sussiste 24

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sempre… qualcosa che non gode con me e che mi avverte: tutto resta commedia, perché calerà poi il sipario». E alla moglie: «Il giorno in cui a te riuscisse di farmi credere nella vita (è cosa impossibile), io mi ritroverò grandemente sminuito». Alla fine de La Coscienza di Zeno il suo nichilismo raggiunge il vertice: in una pagina densissima, ricca di riferimenti impliciti a Schopenauer, Darwin e Freud – i tre nichilisti cui si è abbeverato – Svevo si augura che la «terra ritornata alla forma di nebulosa (in seguito a un’esplosione, ndr) errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie», e cioè priva di uomini. Perché per lui l’uomo non è che un «triste e attivo animale» e la vita è una malattia, sempre mortale.

L’uomo non è che un «triste e attivo animale» e la vita è una malattia, sempre mortale

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l Natale, che abbiamo appena festeggiato, mette al centro l’evento della nascita di Gesù, è una celebrazione della potenza della vita. Tuttavia per i cristiani vi è un’altra festa che mette al centro in maniera ancora più evidente la potenza della vita, tanto da vincere sulla morte: la Pasqua. «Mors et vita duello conflixére mirando: dux vitae mortuus, regnat vivus» («La morte e la vita combatterono, in un mirabile duello: il duce della vita, morto, regna vivo»). Così recita lo splendido inno Victimae paschali laudes, per ricordarci che la morte è stata sconfitta per sempre dalla Resurrezione di Cristo, aprendo agli uomini le porte dei cieli. Queste brevi considerazioni mi fanno venire alla mente due scrittori del Novecento, di questo secolo intriso di pessimismo gnostico, di una tristezza mortifera che non ha pari nella storia: Italo Svevo ed Eugenio Montale, così simili per tanti aspetti, ma anche così diversi.

La vita e la poesia di Montale sono invece caratterizzati da una cifra diversa. Da varie testimonianze sembra che anche l’approdo sia stato differente, e che Montale abbia trovato, alla fine, l’amore per la vita e la Fede. PRIMO PIANO


«Io sono un poeta che ha scritto un’autobiografia poetica senza cessare di battere alle porte dell’impossibile. Non oserei parlare di mito nella mia vita. Agli inizi ero scettico, influenzato da Schopenhauer. Ma nei miei versi della maturità ho tentato di sperare, di battere al muro, di vedere ciò che poteva esserci dall’altra parte della parete, convinto che la vita ha un significato che ci sfugge. Ho bussato disperatamente come uno che attenda una risposta» (Eugenio Montale, Gazzetta de Lausanne, 1965)

In ogni modo anch’egli, a parole, per anni non crede in nulla: «Né in Dio, né in Marx». Afferma che la vita è «questo scialo/ di triti fatti, vano,/ più che crudele... senza compenso e senza scopo» (Flussi). Coglie una profonda “disarmonia” con la realtà che lo circonda: essa non gli sorride, non corrisponde ai suoi desideri, alla sua speranza, e sulla strada incontra solo il «male di vivere», il «rivo strozzato che gorgoglia», la «foglia riarsa» che si accartoccia su se stessa. Eppure queste stesse disarmonie, a ben vedere, invocano qualcosa: il rivo è strozzato, ma cerca di “respirare” (per questo gorgoglia), di esplodere in una nuova vitalità; così la foglia riarsa anela REBECCA Ogni giorno di più mi scopro difettivo: manca il totale. Gli addendi sono a posto, ineccepibili, ma la somma? Rebecca abbeverava i suoi cammelli e anche se stessa. Io attendo alla penna e alla gamella per me e per altri. Rebecca era assetata, io famelico, ma non saremo assolti. Non c’era molt’acqua nell’uadi, forse qualche pozzanghera, e nella mia cucina poca legna da ardere. Eppure abbiamo tentato per noi, per tutti, nel fumo, nel fango con qualche vivente bipede o anche quadrupede.

all’acqua, alla vita. Montale stesso che aspetta sempre di stupirsi, di cogliere «un quid liberatore», un «miracolo» che gli apra orizzonti nuovi: «Se nella mia vita non scocca e presto, una scintilla, io sono un uomo finito», dice di sé, dopo essersi chiesto, ma senza rassegnazione: «Se l’uomo fosse un caso o un’intenzione/ se un lapsus o un trionfo… ma di chi?». È la vita, appena respinta, che sembra talora promettergli qualcosa. E Montale lo dice ne I limoni: «Talora ci si aspetta/ di scoprire uno sbaglio di Natura,/ il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,/ il filo da disbrogliare che finalmente ci metta/ nel mezzo di una verità». Questa verità agognata, questo bene, questo quid che può improvvisamente cambiare le cose non è chiaro cosa sia, perché Montale attende la risposta, ma non la conosce, e non può darle un nome. Però, per lo più, è intuito come Dio, come un aldilà trascendente, adombrato ad esempio in Mediterraneo: «Noi non sappiamo quale sortiremo/ domani, oscuro o lieto;/ forse il nostro cammino/ a non tocche radure ci addurrà/ dove mormori eterna l’acqua di giovinezza (metafora del Paradiso, ndr);/ o sarà forse un discendere/ fino al vallo estremo,/ nel buio, perso il ricordo del mattino». Non sapendo precisamente cosa sia, il quid viene espresso, in altre poesie, con altre metafore: è «l’azzurro (che) si mostra/ soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase»; è la «maglia rotta nella rete» che permette al pesciolino di liberarsi e nuotare libero; è il «palpitare lontano di scaglie di mare», mentre si è prigionieri di «un rovente muro d’orto» (Meriggiare).

O mansueta Rebecca che non ho mai incontrata! Appena una manciata di secoli ci dividono, un batter d’occhio per chi comprende la tua lezione. Solo il divino è totale nel sorso e nella briciola. Solo la morte lo vince se chiede l’intera porzione.

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Vita e morte si sono affrontate, duello mirando, anche in Montale: «Ma se accettiamo il gioco/ ai margini troviamo /un segno intelligibile /che può dar senso al tutto» (Diario Postumo). Questo segno, per i cristiani, è il sepolcro vuoto, che rende intellegibile tutta la nostra vita. 2017 Gennaio - n. 48

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IL SENSO DELLA VITA

Giulia Tanel

La vita ha un senso? È possibile essere felici? Esistono dei veri maestri di vita? Risponde Silvana De Mari

M

edico e scrittrice fantasy, la dottoressa De Mari è una persona che ha una visione della vita molto positiva. Ci propone alcune riflessioni interessanti e non scontate, rispondendo a qualche nostra domanda. Dottoressa De Mari, partiamo dalla domanda delle domande: la vita ha un senso? La risposta è: «Certamente sì». E ha senso così com’è, per ognuno. Tuttavia, nella società odierna, il rischio di perdere il senso del vivere è molto alto. Per evitare che questo avvenga ci sono due modi, che ci vengono insegnati da due deportati ad Auschwitz. Il primo è il richiamo alla bellezza, quella che Dostoevskij diceva essere la cosa che «salverà il mondo» e che il poeta inglese John Keats associava alla verità: «La bellezza è verità, e la verità è bellezza», scriveva infatti nell’Ode su un’urna greca. A ricordarci l’importanza della bellezza è il neurologo Viktor Frankl. Egli, rinchiuso nel campo di concentramento, si sforzava di trovare la bellezza nelle piccole cose: nella luce dell’alba o in quella delle stelle, nella testa

perfettamente simmetrica di un’aringa trovata nella minestra che gli richiama splendore del creato e del mare pulito, nel ricordo di sua moglie... e in tante altre cose ai nostri occhi insignificanti. Eppure è proprio questa sua attenzione alla bellezza gli hanno permesso di uscire vivo – nel corpo, e soprattutto nello spirito – dal campo di concentramento: respirava e non era stato spezzato dall’orrore che aveva vissuto. Il secondo modo per non perdere il senso della vita ce lo insegna il francescano Massimiliano Kolbe, per il quale un giorno era felice se riusciva ad aiutare almeno un altro deportato. Convinzione, questa, che lo porta infine a offrirsi di essere punito al posto di un padre di famiglia: fu rinchiuso con altri prigionieri a morire di fame e di sete e fu quello che resistette più di tutti. Le sue ultime parole furono: «Ave Maria». Il senso della vita è dunque quello di vivere giorno per giorno, tenendo l’attenzione concentrata sulla bellezza e dimostrandoci attenti agli altri. Il Dio delle piccole cose è quello che non molla mai: la bellezza di una tazzina di caffè, o di una foglia autunnale. Nel contempo, concediamo alle persone che incontriamo un attimo di serenità e di gioia: è sufficiente ringraziare, o fare un piccolo complimento... Così, nel donarlo all’altro, ritroviamo anche per noi stessi il senso della vita: è come una candela accesa, che non può fare altro che dare luce. Quindi, secondo lei, è possibile essere felici? Sì, è possibile. Ma attenzione perché la felicità non è un dono, bensì va costruita con un’autodisciplina eroica. Oggi ci sono molte persone che vivono una vita infelice, anche se apparentemente hanno tutto: basti sapere che il gruppo più a rischio in tal senso è quello degli attori di Hollywood. Il segreto della felicità è quello di mantenere

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Dovremmo vivere giorno per giorno, tenendo l’attenzione concentrata sulla bellezza e dimostrandoci attenti agli altri

l’attenzione concentrata su quello che funziona, anche se magari è poca cosa: le cose che non vanno sono moltissime – e non possono non esserci! –, ma non devono prevalere. In tale ottica è interessante rilevare che c’è un’emozione che determina un allineamento perfetto dei neurotrasmettitori e che è nel contempo in grado di abbassare lo stress: è la gratitudine. Ecco quindi un altro utile insegnamento, che non si discosta da quanto detto finora: dire spesso «Grazie», per tutto. Si tratta quasi di una preghiera perché nulla è scontato: il piacere di camminare, il piacere di respirare, il piacere di qualsiasi cosa che ci circonda... Naturalmente tutto questo si realizza in un percorso che si dipana nell’arco di tutta l’esistenza di una persona, con normali “alti e bassi”. In questo, tuttavia, appare evidente come i bambini e i ragazzi abbiano un estremo bisogno di maestri, di guide che li aiutino nel cammino della vita, per arrivare a essere persone felici... Certamente. I maestri sono fondamentali e devono dare l’esempio. Su questo aspetto dell’esempio, le donne devono prestare un’attenzione particolare perché è nella loro indole essere molto “lagnose”. La lamentela, sempre e comunque, è una struttura ideologica cardine del postmoderno, che poggia le basi nel freudismo («È colpa della madre»), nel marxismo («È colpa della società») e nel darwinismo («È colpa dei geni»). Oggi viviamo circondati da persone convinte di essere

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Per allineare i neurotrasmettitori e abbassare lo stress bisognerebbe coltivare un po’ di più la gratitudine

delle vittime e che pensano che la colpa sia sempre degli altri. Ebbene, smettiamo di lamentarci e teniamo l’attenzione concentrata su quello che funziona. Un altro aspetto rilevante è che i figli vanno protetti: è importante rimandare loro una visione critica delle cose che leggono, che vedono o che ascoltano... i bambini vanno corazzati. Meglio che imparino immediatamente che un sorriso e un buon pasto sono beni fondamentali, mentre di tutto il resto si può anche fare a meno. A questo punto potrebbe sorgere un’obiezione: ci sono ancora adulti nella società di oggi, o ci sono persone adulte solo dal punto di vista anagrafico? Il mancato passaggio all’età adulta è uno dei “doni” della liberazione sessuale o, meglio, promiscuità sessuale. In tutte le società, prima una persona diventa adulta e poi accedeva alla sessualità. E questo ha basi scientifiche, non ideologiche: è la biologia a dirci che la sessualità ha quale scopo primario quello di dare vita alla generazione successiva, mentre il piacere è solamente un “incentivo” ad assumersi questa responsabilità. Ecco perché è corretto accedervi solamente quando si è in grado di allevare un figlio. La mancanza di adulti si rende evidente anche nel linguaggio. Sentiamo sempre più spesso frasi tipo: «Sono un ragazzo di quarantacinque anni». No! A questa età non si è né un ragazzo, né un giovane, ma una persona di mezza età. Con il Sessantotto è quindi cambiato tutto, sulla base dell’idea «Odia papà e mamma e fai diverso». Oggi nessuno si sposa più e nessuno fa più figli. Abbiamo così una società che non è vitale e che è attanagliata dalla depressione (1.200% in più negli ultimi anni), dall’obesità e dalle fobie. La verità è che si è perso il senso della vita. E con esso

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è venuto meno anche il senso del dovere, perché portare a termine un compito dà autostima ed è gratificante. Chi fa operazioni, fa fatica: ma dove non c’è fatica non c’è neanche soddisfazione, ma solo noia e nausea. Un consiglio per i genitori: se volete figli felici, imponetegli dei facili doveri (rifare il letto, piuttosto che preparare la tavola). Non solo non moriranno, ma questo favorirà la loro capacità di muoversi nel mondo e la loro autostima. Anche una persona adulta ha bisogno di guide o può “bastare a se stessa”? Ogni persona adulta è responsabile delle proprie azioni. Tuttavia bisogna fare attenzione a non cadere nel delirio di onnipotenza e perdere il senso della filiazione, come sta avvenendo nella società occidentale a seguito della scristianizzazione: eravamo figli di Dio e ora siamo diventati tutti un bambino in più all’orfanotrofio. L’autonomia, insomma, non dev’essere un delirio che ci porta a non interessarci più di Dio e degli altri. Ora siamo una società di persone sole, indipendenti da tutti: ognuno basta a se stesso. Il problema è che quando l’uomo è solo non sa più distinguere il Bene dal Male e quindi si affida alla prima verità che gli si presenta. Per esempio, oggi vige il “mito dello scienziato”, cui si demanda la formulazione della verità assoluta. Di fatto, rinunciando alla Verità di Dio siamo finiti per andare dietro al pifferaio magico... Nel concludere, potrebbe farci un esempio di vita realizzata? Beh, la vita di tanti. Anche quella di tante persone comuni, di tutti coloro che sanno amarsi e sanno donarsi... insomma, la vita di chiunque è contento di alzarsi al mattino.

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30 N. 42 - GIUGNO 2016

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DIFENDI LA

FAMIGLIA

E I TUOI FIGLI

SOSTIENI

Alessandro Fiore, portavoce di ProVita, e Mario Agnelli, Il bene comune può essere realizzato solo attraverso la promozione senza compromessi della Vita portavoce dei Sindaci che hanno sollevato obiezione di coscienza alle unioni civili. e della Famiglia naturale fondata sul matrimonio. Notizie ProVita ha pubblicato un “Patto per la famiglia naturale” con il quale i candidati Sindaci nei capoluoghi di Provincia e i candidati Sindaci e Consiglieri nei capoluoghi di Regione si impegnano

a difendere la Famiglia, la Vita e Saudita, i bambini e a lavorare nell’interesse e per il maggior bene di tutto offrire servizi in Mauritania, Arabia Yemen, il popolo della realtà territoriale in cui sono candidati. Somalia, in altri paesi dove l’omosessualità può essere Vai sul sito www.notizieprovita.it per leggere il “Patto per la famiglia naturale” e conoscere i nomi dei candidati “nel nomeche di lo chihanno nonsottoscritto! può parlare” punita con la pena di morte, e in Nigeria, dove il WWW.NOTIZIEPROVITA.IT comportamento omosessuale può essere punito con la fustigazione, la prigione, o la morte per lapidazione. 12. Salesforce, una società di software, ha minacciato che avrebbe ridotto gli investimenti in Georgia. Ma Salesforce opera serenamente in India dove Human Rights Watch spiega che il codice penale ha rafforzato l’idea che la discriminazione e i maltrattamenti delle persone LGBT sono accettabili. 13. Apple Inc.: protesta negli USA, ma produce in Cina e vende nei Paesi Arabi. 14. National Basketball Association (NBA): è preoccupata per l’omofobia in USA, ma organizza manifestazioni sportive in Sud Africa, dove il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha scritto in una relazione della sua preoccupazione per il razzismo e la xenofobia. 15. Netflix, leader mondiale della TV via Internet, ‘è una società inclusiva’, dice. Ma offre i suoi servizi per esempio in Libia, la patria delle violazioni del dirittoUTERO internazionale. SPECIALE IN AFFITTO di donne e bambini tollerato dalla “società civile” 16. Sony: ha un ufficio inIl mercato Kazakhstan, dove Amnesty International segnala che si pratica la tortura e dove le libertà di espressione, associazione e riunione pacifica sono limitate. POSTE ITALIANE S.p.A. | Spedizione in AP - D.L. 353/2003 | (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) | art. 1, comma 1, NE/PD | Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003 | Contributo suggerito € 3,00

Padova CMP Restituzione

Anno IV | Rivista Mensile N. 37 - Gennaio 2016

PROVITA

Chi salva i bambini,

salva le madri Una testimone davvero eccezionale: Margherita Borsalino Garrone

Proposta di legalizzare l’eutanasia alla Camera

Molte grandi imprese si indignano per ‘l’omofobia’ dei governi federati (che riconoscono il diritto all’obiezione di coscienza), ma che fanno affari d’oro fuori dagli USA, in Paesi dove l’omosessualità è addirittura reato, passibile di condanna a morte

9. General Electric Co., si dà da fare in Arabia Saudita, un Paese che criminalizza il comportamento omosessuale (nel 2014, un uomo saudita è stato condannato a tre anni di carcere e 450 frustate: aveva usato Twitter per organizzare incontri con uomini). 10. The Coca-Cola Co.: nel 2006, gli impianti di imbottigliamento della Coca-Cola sono stati accusati di interferire con i problemi di irrigazione nelle regioni dell’India e America Latina che soffrono per scarsità d’acqua. Più di recente, la Coca-Cola è stata accusata di rifornirsi di zucchero beneficiando di espropri non etici. Il sito della Coca-Cola, però, elenca la bio-diversità, la tutela dei diritti delle popolazioni locali, la sostenibilità come valori fondamentali (oltre che ‘l’inclusività’). Anche essa ha levato vibrata protesta contro le leggi omofobe della Georgia ecc. 11. PayPal addirittura è intervenuta nella polemica sulla legge per i bagni unisex. Ma PayPal continua a

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Gli attivisti LGBTQIA(...) pretendono che ognuno sia libero di andare nello spogliatoio o nel bagno ‘che si sente’: un uomo che apparentemente ha gli attributi da uomo, ma che ‘si sente donna’ dovrebbe poter andare nello spogliatoio (o nel bagno) delle donne

Insomma, sappiamo bene quanto sia faticoso, per tutte queste grandi imprese, barcamenarsi tra gli ideali e il portafoglio. Ma, alla fine, tutto sommato pare che conti di più il dio quattrino, non è vero?

www.notizieprovita.it “nel nome di chi non può parlare”

cuore

Anno V | Rivista Mensile N. 41 - Maggio 2016

Padova CMP Restituzione

POSTE ITALIANE S.p.A. | Spedizione in AP - D.L. 353/2003 | (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) | art. 1, comma 1, NE/PD | Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003 | Contributo suggerito € 3,00

Padova CMP Restituzione

Anno V | Rivista Mensile N. 39 - Marzo 2016

POSTE ITALIANE S.p.A. | Spedizione in AP - D.L. 353/2003 | (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) | art. 1, comma 1, NE/PD | Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003 | Contributo suggerito € 3,00

“nel nome di chi non può parlare”

5. La Weinstein Co., un grande studio cinematografico, ha minacciato che non avrebbe mai più girato un film in Georgia, ma gira e produce Shanghai, in Cina; No Escape in Tailandia. 6. AMC Networks Inc., produttrice della fortunata serie The Walking Dead, lavora in Russia, Paese ‘omofobo’ per eccellenza. 7. Time Warner: non avrebbe lavorato mai più in Georgia, ma a Singapore sì (un altro Paese che vieta penalmente l’attività omosessuale, secondo l’ International LGBTI). 8. La Walt Disney Co.: e la sua controllata Marvel Entertainment sono ‘aziende inclusive’, ma continuano ad espandersi in Cina, dove tra l’altro investono 5.5 miliardi di dollari per un parco a tema a Shanghai.

il

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PERFETTI SCONOSCIUTI

«Ognuno di noi ha tre vite: una pubblica, una privata e una segreta». Questo è il Marco Bertogna sottotitolo dell’ultimo film di Paolo Genovese interpretato da Marco Giallini, Kasia Smutniak, Edoardo Leo, Alba Rohrwacher, Valerio Mastandrea, Anna Foglietta e Giuseppe Battiston, campione di incassi in Italia e con un discreto successo di vendite anche all’estero. Le tre vite sono un segno dei tempi, sono la sintesi del modus vivendi della nostra epoca, in cui la vita – che non è più intesa come un dono che viene accolto e rispettato – sembra non bastare più. La trama, ben scritta e ben diretta, ha come evento fondante una cena tra amici; tre coppie e un single, amici di vecchia data, s’incontrano a casa di una delle coppie. Come spesso accade, prendendo spunto da episodi di “vita vissuta” entra nella conversazione l’argomento della “vita segreta”. A questo punto uno dei personaggi femminili (Kasia Smutniak) lancia una sfida, un gioco, una provocazione: propone di mettere i rispettivi smartphone sul tavolo e, per tutta la durata della cena, ogni telefonata va in vivavoce e ogni messaggio può essere letto dagli altri. Tra sguardi increduli o fintamente rassicuranti, inizia il gioco… Non è vero che «ognuno di noi ha tre vite», ma Genovese lancia una provocazione che hanno raccolto in molti; s’intrecciano istinti antropologici e sociologici, all’utilizzo dei social media e all’importanza che un oggetto come lo smartphone ha nel vivere moderno. Il dato di fatto è proprio questo: attraverso questi nuovi strumenti per la comunicazione molti alterano la propria realtà, o addirittura sostituiscono la propria identità proiettandola verso qualcosa di alienante e fittizio. Dunque non è un manuale d’istruzione su questi strumenti, è più un “glossario” delle fragilità umane. Nel film, attraverso questa cena, partecipiamo a uno spaccato della vita moderna in cui molti di noi si possono identificare attraverso i problemi lavorativi, i problemi nei rapporti familiari, il rapporto con i figli, le relazioni professionali e sentimentali, i sogni e le speranze condivisibili... queste persone sedute attorno a un tavolo utilizzano i loro smartphone come catalizzatori, come strumenti per miscelare tutti questi elementi proprio come in una composizione chimica dagli effetti ancora tutti da studiare. Molte persone, dopo la proiezione, si chiedono cosa accadrebbe loro in una situazione simile e questo può fornire la percezione della fragilità che molti di noi vivono cercando “altro” per compensare ciò che abbiamo (o non abbiamo) e non ci basta, o per fuggire da una realtà che a molti risulta pesante e alle volte inaffrontabile. Il film dà molti spunti di riflessione e può lasciare una malinconica amarezza nel percepire queste doppie... o triple vite.


LETTURE CONSIGLIATE «In un periodo di inganno universale, dire la verità è un atto sovversivo» (George Orwell)

Stefano Fontana

FILOSOFIA PER TUTTI. UNA BREVE STORIA DEL PENSIERO DA SOCRATE A RATZINGER

Fede&Cultura

L’uomo vuole sapere se le cose dentro il mondo in cui vive hanno un ordine e se fuori del mondo c’è qualcosa d’Altro. Per rispondere a queste domande, questa breve storia della filosofia usa un linguaggio semplice, che spiega i nodi fondamentali del pensiero umano e il perché essi debbano essere sciolti tramite il buon senso e il realismo. Una storia della filosofia semplice è possibile perché la filosofia è per i semplici e parla il linguaggio delle cose. Fare semplicemente filosofia è possibile.

Campari & de Maistre

“La controrivoluzione PENSIERI CONTRORIVOLUZIONARI non è una rivoluzione al contrario, ma il contrario della rivoluzione” FEDE, CULTURA, SOCIETÀ J. de Maistre

Historica Edizioni

Campari&deMaistre

PENSIERI CONTRORIVOLUZIONARI fede, società, cultura

pensieri controrivoluzionari

Il libro sviluppa in maniera sistematica le principali tematiche trattate dal blog Campari & de Maistre negli ultimi anni: dopo aver rinfrescato alcuni concetti di base, quali il ruolo della sana filosofia e della sacra Liturgia, il libro procede gettando il guanto di sfida generazionale alla modernità e alla solitudine disperata che ha prodotto, per poi allargare lo sguardo verso la società contemporanea attraverso un’analisi approfondita della situazione economica e geopolitica europea ed internazionale; si chiude infine con una nota di speranza nel ritorno ad un nuovo monachesimo, sempre richiedendo l’intercessione della schiera dei Santi, ed in particolare della € 18,00 loro Regina, che ci hanno dimostrato come solo nell’imitazione di Cristo si possa rinnovare l’uomo e con lui ricostruire un mondo a Sua immagine.

Campari&deMaistre

Il sito Campari & de Maistre nasce nel 2011 come blog di giovani cattolici che, avendo qualcosa da dire, hanno seguito le orme del filosofo de Maistre nella critica spietata alla modernità, ma sempre con quella leggerezza che li aiuta a non prendersi troppo sul serio: “la serietà non è una virtù” diceva Chesterton. Da quella lontana idea di Federico Catani e Riccardo Facchini la redazione è cresciuta fino a contare una ventina di collaboratori, dalla cui amicizia è sorta all'inizio del 2016 l'idea di scrivere un libro che potesse riprendere in maniera organica e sistematica i principali temi trattati nel blog.

Il libro sviluppa in maniera sistematica le principali tematiche trattate dal blog Campari & de Maistre negli ultimi anni: dopo aver rinfrescato alcuni concetti di base, quali il ruolo della sana filosofia e della sacra Liturgia, il libro procede gettando il guanto di sfida generazionale alla modernità e alla solitudine disperata che ha prodotto, per poi allargare lo sguardo verso la società contemporanea attraverso un'analisi approfondita della situazione economica e geopolitica europea ed internazionale; si chiude infine con una nota di speranza nel ritorno ad un nuovo monachesimo, sempre richiedendo l'intercessione della schiera dei Santi, ed in particolare della loro Regina, che ci hanno dimostrato come solo nell'imitazione di Cristo si possa rinnovare l'uomo e con lui ricostruire un mondo a Sua immagine.


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