POSTE ITALIANE S.p.A. Spedizione in AP - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003
Rivista Mensile N. 31 - Giugno 2015
“nel nome di chi non può parlare”
Padova CMP Restituzione
Contributo € 2,80
Notizie
LA LEGGE INGIUSTA, NON È UNA LEGGE La legge sul “matrimonio” omosessuale in Italia.
Nel dolore, un seme di Vita
Quando la legge positiva viola la legge naturale, va in crisi anche la democrazia
- Sommar Sommario S o m m a rio rio -
Notizie
Editoriale Editoriale
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Lo sapevi che... Lo sapevi che...
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Primo Piano Primo Piano
Dalle unioni di fatto etero ai matrimoni gay
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Federico F e ederico Catani
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Unioni (in)civili IAlessandro conviventi hanno tanti diritti. Solo diritti Fiore Gianfranco Amato
Le leggi ingiuste sono inutili e dannose La Babele moderna Federico Catani
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Emmanuele uele W Wundt undt
Hanno approvato, zitti zitti, vuol il divorzio breve 17 Sovvertire la realtà naturale dire distruggere l uomo 1 7 La Rosa Bianca Giovanni Reginato
Quando la leggeimposte positivadai viola la legge naturale, Unioni (in)civili, giudici Francesca F rrancesca rances Romana P Poleggi oleggi va in crisi anche la democrazia
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Lorenza Perfori
Antigone: l’obiezione di coscienza alla legge ingiusta
Giulia Tanel Attualità
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Adrea Mazzi
Attualità Fecondazione eterologa
8 e anonimato dei venditori di gameti Neocolonialismo culturale in Nigeria 6 Virginia Lalli Laura Bencetti 9 Drogati di sesso Rodolfo de Mattei Bambole col sesso “attacca e stacca” 7 Claudia Cirami Come smascherare certe bugie 10 Giuliano Guzzo
Fatti aiutare, non uccidere tuo figlio
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Elena Cappini
Nel dolore, un seme di Vita
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Sabrina Pietrangeli Paluzzi
Scienza e Morale La fine della maternità
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Alba Mustela
La questione della fecondazione artificiale
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Mons. Ignacio Barreiro Caràmbula
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Non credenti pro life
Claudia Ciramie Morale Scienza
25 La buona notizia: Ginevra Paola P aola Bonzi Salvatore Crisafulli: la sua voglia di vivere diverrà un film 22 IlFrancesca genocidio deiPoleggi bambini Down 26 Romana Newlife
Vaccini sì, vaccini no 26 Brian Clowes
L’amore è tutto. Ma non tutto è amore Alessandro Benigni
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N. 23 OTTOBRE TOBRE2015 2014 31 - OT GIUGNO
RIVISTA MENSILE RIVIST TA MENSILE N. 31 - GIUGNO 2015 N. 23 - OTTOBRE 2014 Editore Editore ProVita Onlus ProVita Onlusvia della Cisterna, 29 Sede legale: Sede via (TN) della Cisterna, 29 38068legale: Rovereto 38068 Rovereto (TN) Codice ROC 24182 Codice ROC 24182 Redazione Redazione Antonio Brandi, Alessandro Fiore, Andrea Giovanazzi Antonio Brandi, Alessandro Fiore, Andrea Giovanazzi. Piazza Municipio Municipio 3 3 -- 39040 39040 Salorno Piazza Salorno (BZ) (BZ) redazione@notizieprovita.it -- Tel. redazione@notizieprovita.it Tel. T el. l 329 3290349089 0349089 Direttore responsabile Direttore responsabile Antonio Brandi Antonio Brandi Direttore editoriale Direttore editoriale Francesca F rancesca Romana Romana Poleggi Poleggi
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Famiglia ed Economia
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nel “nel nome di chi non può parlare parlare”
Direttore ProVita ProVita Onlus Onlus Andrea Giovanazzi Giovanazzi
Una preghiera inerme, eppure insopportabile
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Editoriale
Editoriale
La legge ingiusta, non è una legge Si insegna che una delle caratteristiche essenziali della norma giuridica è la “positività” (dal latino positum): cioè è “posta” da chi ha il potere, quindi dallo Stato. Il diritto positivo si distingue (ma dovrebbe adeguarvisi) dal diritto naturale, cioè l’insieme delle regole eterne, fisse e immutabili, scritte nella natura umana. Sono quelle regole che scaturiscono dalla consapevolezza interiore delle persone - in quanto soggetti di relazione con gli altri - iscritte nella coscienza, espressione della stessa millenaria esperienza umana. Sono regole che esistevano nella preistoria e che sussistono fino ad oggi, come “non uccidere” o “non rubare”, cui corrispondono i diritti naturali, alla vita e alla proprietà. La nostra Costituzione, ad esempio, “riconosce” i diritti inviolabili dell’uomo, all’art. 2, cioè si inchina, lei, la Costituzione, la “legge delle leggi”, a ciò che è scritto nel diritto naturale. La progressiva secolarizzazione della civiltà, nell’Ottocento, ha portato alla prevalenza della concezione “positivista” del diritto: la legge è solo quella statuale. Quindi la legge è totalmente relativa al tempo, ai luoghi e alle persone che la promulgano. Il diritto naturale è relegato nel campo della morale, non conta. E così, a poco a poco, l’uomo ha pensato di potersi appropriare di ciò che è giusto e di ciò che è bene, a sua totale discrezione. Il dittatore si manifesta apertamente in tal senso. Invece lo Stato democratico tende a celarsi dietro l’alibi del principio maggioritario e vuole far passare per giusto e bene tutto quello che la “democrazia” vuole. In tutti e
due i casi si assiste alla costruzione di un sistema totalitario, dove lo “Stato etico” pretende di decidere per legge ciò che è bene e ciò che è male: la legge positiva prescinde dalla legge naturale. Questo accade nella cultura relativista dell’Occidente: divorzio, aborto, droga, eutanasia, “matrimonio” gay, sono legalizzati da norme positive che pretendono di creare nuovi “diritti”. Il diritto al figlio o al non-figlio, per esempio. E tentano di inserire tra quei diritti inviolabili dell’art. 2 ogni desiderio che sia concepito da mente umana: non vogliono rendersi conto che - comunque - questi “nuovi diritti” non sono tra quelli “riconosciuti”, ma sono creati dalla legge! Infatti, per quanto gli uomini si diano da fare, i diritti naturali non sono modificabili: sono sempre lì, scritti nel cuore dell’uomo. Non c’è “Dichiarazione Universale” che tenga. E il diritto naturale insegna che la legge ingiusta non deve essere rispettata: la disobbedienza civile e l’obiezione di coscienza esistono da sempre, ai tempi di Antigone come ai giorni nostri, in cui la gente perde il lavoro o la libertà pur di non adeguarsi a leggi assassine e contro natura. Bisogna riflettere con buon senso e razionalità. Non lasciarsi influenzare dalle mode e dalla propaganda. Le leggi contro natura non sono leggi. E con la forza della Verità e del Bene ciascuno di noi può continuare a combattere la buona battaglia per la Vita e per la Famiglia, con la certezza che il male, alla fine, divorerà se stesso. Antonio Brandi
Vi è una legge vera, ragione retta conforme alla natura, presente in tutti, invariabile, eterna... da questa legge non possiamo essere sciolti ad opera del senato o del popolo
(Cicerone)
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Lo sapevi che...
COMBATTI PER LA VITA E PER LA FAMIGLIA CON NOI! La Famiglia è il fulcro e il fondamento della società umana fin dalle origini della civiltà. È “famiglia”, atta a generare, educare e custodire la Vita, dall’inizio alla sua fine naturale, solo se c’è la complementarietà tra due coniugi, che promettono stabilmente di sostenersi a vicenda. Oggi la Famiglia e la Vita subiscono attacchi continui, di cui le prime vittime sono i bambini, volti a distruggere l’umanità. ProVita si batte nei Tribunali con i Giuristi per la Vita (17 denunce nel 2014 contro la pornografia e il gender nelle scuole), collabora in maniera trasversale con tutti i politici che difendono la Vita e la Famiglia. Per sensibilizzare la popolazione pubblica annunci sui giornali, organizza convegni, cineforum, conferenze stampa e dà sostegno a madri in difficoltà con figli disabili, nonché ad organizzazioni che aiutano mamme con gravidanze difficili.
Dai il tuo contributo alla buona battaglia in difesa della Famiglia e della Vita Per agire a difesa della vita, della famiglia, dei bambini, aiutaci a diffondere Notizie ProVita: regala abbonamenti ai tuoi amici, sostienici mediante una donazione intestata a “ProVita Onlus”: c/c postale n. 1018409464 oppure bonifico bancario presso la Cassa Rurale Alta Vallagarina, IBAN IT89X0830535820000000058640 (indica sempre nome cognome indirizzo e CAP). Avanti per la Vita!
C’è chi si batte strenuamente contro gli OGM. Ci chiediamo se si siano accorti di ciò che è accaduto in Cina: Per la prima volta nella storia dell’umanità, ricercatori della Sun Yat-sen University hanno geneticamente modificato 86 embrioni umani con l’obiettivo di correggere la mutazione che causa la beta-talassemia. Lo studio, rifiutato per ragioni di ordine etico da riviste scientifiche di primo piano quali Nature e Science, è stato pubblicato da una rivista minore, Protein&Cell. La “chirurgia genetica” avrebbe dovuto sostituire il gene portatore della malattia con uno sano. Alla bassissima efficacia dell’esperimento si è aggiunto un numero molto elevato di mutazioni genetiche che riguardano altre parti del Dna degli embrioni: si tratta di mutazioni dagli effetti sconosciuti. Tutte le peggiori previsioni si sono insomma avverate. Queste procedure, oltre ad essere eticamente inaccettabili, possono produrre effetti imprevisti e imprevedibili. Gli effetti di tale modifica, per di più, può darsi che non si manifestino subito, ma dopo la nascita o dopo anni. Massimo Gandolfini, illustre neuroscienziato e professore, è stato duramente attaccato dall’Espresso per aver detto la verità: l’istinto suicidario tra le persone LGBT è altissimo, anche in Paesi non omofobi (come quelli del nord Europa). Noi invece, accusiamo apertamente di “omofobia” e “transfobia” coloro che lo hanno criticato: le persone che vivono un disagio esistenziale (fino al suicidio) vanno aiutate – se lo vogliono – a superare tale disagio che potrebbe essere connesso con la tendenza omosessuale o transessuale perché non soddisfa nel profondo l’aspettativa di amore e di completamento nell’altro che in ultima analisi è nel cuore di ognuno. Le persone che ci sono passate testimoniano che si può recuperare “l’eterosessualità latente” che la natura ha messo in ciascuna persona; si può uscire persino dalla disforia di genere. Del resto l’OMS riconosce il disturbo F66, il “disordine della maturazione sessuale”, cioè un’insufficiente maturazione nella scoperta di sé. Quindi i veri omofobi sono i vari Obama, i vari Soloni, citati dall’Espresso, che pontificano vietando perfino di parlare di terapie riparative. Sono loro che mentono
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sapendo di mentire, assicurando alle persone che vivono un disagio che il disagio non c’è. Il risultato – nel migliore dei casi – è quello di seppellire il male di vivere e il dolore nel profondo, sotto un monte di bugie e di illusioni. E il male di vivere può in qualsiasi momento riemergere con prepotenza, in modo anche violento, inducendo il soggetto interessato a eccessi, abusi di sostanze e gesti a volte estremi e irreparabili. Per essere davvero liberi si deve poter andare contro natura: ciascuno decide il proprio genere e lo cambia quando vuole. L’anagrafe ha il dovere di adeguarsi. Questo, in sintesi, il contenuto della risoluzione dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa sulle “Discriminazioni contro le persone transgender”. Il documento invita gli stati membri a creare delle leggi che rispettino il “diritto” all’identità di genere sulla base della sola autodeterminazione, a prescindere anche da eventuali operazioni di chirurgia plastica. Anche i minorenni devono avere la possibilità di modificare il nome e il sesso registrato in tutti i tipi di documenti di identità: la qualcosa getterebbe nel caos le anagrafi e gli uffici delle pubbliche amministrazioni, per non parlare del fatto che avrebbe costi proibitivi. Intanto qui in Italia molte Università hanno già adottato il doppio libretto per studenti transgender. Se chi sta leggendo ritenesse tutto ciò una follia, sappia che egli è un omo-transfobico degno di stigma sociale, se non anche di galera. Inoltre, il fatto che il Consiglio d’Europa abbia tra i suoi scopi quello di tutelare il rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo, gli consente di inventare “nuovi diritti umani”. Anzi: oggi li aggiunge, domani magari li toglie... che ne so, a quelli di una certa etnia... perché no? Una madre di famiglia aveva raccontato ai propri figli di aver abortito in giovane età due volte. La donna era sicura che i figli avessero accettato la sua decisione. Ma si sbagliava. “Quel giorno sembrava normale, uno come tanti altri. Ho preso i miei figli a scuola, come al solito. Il primo di essi, Gabriel, che ha dieci anni, ha cominciato a raccontarmi che aveva dovuto scrivere come tema una storia che fosse legata all’utilizzo di
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Lo sapevi che... una macchina del tempo. Gli ho subito chiesto sorridendo: «Oh, davvero? Se tu potessi tornare indietro nel tempo, in quale periodo vorresti viaggiare?». Pensavo all’era dei dinosauri o delle battaglie dei cavalieri medioevali… Invece Gabriel mi ha guardato dritto negli occhi e, dopo una lunga pausa, ha risposto con molta serietà: «Vorrei tornare indietro e chiederti di non abortire Jacob e Hope». Le sue parole mi hanno colto alla sprovvista, trafiggendo profondamente il mio cuore. Ho visto l’animo di un ragazzo in lutto per i suoi fratelli, ho sentito il dolore di un bambino di dieci anni, che esprime la ferita che il racconto dell’aborto aveva lasciato sul suo cuore”. Il signor ChenYen e la sua figliola, ammanettati all’aeroporto internazionale di Pechino, sono stati fotografati e la foto è divenuta virale in internet. Infatti, in aeroporto e negli altri luoghi affollati, accanto al solito cartello tipo “Attenti al portafoglio”, per mettere in guardia dai borseggiatori, appare la scritta “Attenti alle bambine”: le bande di criminali le rapiscono anche strappandole di mano ai parenti. Perché? In Cina anche per fare il primo figlio è necessario ottenere un permesso governativo: chi concepisce senza permesso incorre in sanzioni abnormi (aborto forzato, sterilizzazione coatta, distruzione della casa, multe esorbitanti). Uno degli effetti nefasti di questo controllo delle nascite è stato la scomparsa di milioni e milioni di bambine, data la preferenza – per antica tradizione millenaria – di un figlio maschio. Ciò comporta una penuria di donne, oggi, in Cina, che noi in Occidente stentiamo a immaginare. I cinesi non trovano moglie: la tratta di donne e bambine ha assunto proporzioni molto preoccupanti. Le donne vengono “comprate” dal Vietnam o dalla Cambogia, spesso le bambine vengono “date in sposa” (= vendute) in tenera età a chi vuole assicurarsi una moglie e una famiglia. Ecco perché, quindi, il signor ChenYen si è ammanettato a sua figlia. Una maestra canadese, lesbica, ha spiegato come convince i bambini da 4 anni in poi ad accettare il “matrimonio” gay come cosa normale. Pam Strong ha illustrato il suo metodo didattico a un workshop
per attivisti omosessuali, ospitato dall’organizzazione omosessualista Jer’s Vision, ora chiamata Canadian Centre for Gender and Sexual Diversity. La maestra Strong ha spiegato il “potere della conversazione” per promuovere le istanze LGBTQ nelle classi elementari, cominciando, anzi, dall’asilo. Strumento privilegiato è la lettura di fiabe per bambini, come “King and King”. Quando i due principi si sposano, un bambino ha esclamato: “No, non possono farlo, sono due uomini!” e la maestra ha risposto: “Oh sì che possono, è proprio qui, a pagina 12”. La Strong poi racconta spesso ai bambini delle sue relazioni omosessuali che sui bambini hanno molto effetto. Spiega anche come ha fatto sentire in imbarazzo un bambino che una volta aveva detto che l’idea del matrimonio gay lo disgustava. Ci sono diversi modi per veicolare messaggi LGBTQ ai bambini, prendendo spunto da articoli, pubblicità, eventi gender ecc., ma i suoi preferiti rimangono le fiabe pro-gay. La lezione della Stong è perfettamente in linea con l’ideologia omosessualista: fin dal 1987 l’attivista omosessuale Michael Swift scriveva nel Gay Community News che i bambini in età scolare dovrebbero diventare un target esplicito per l’indottrinamento gay. “Dobbiamo sedurli nelle scuole… loro si riconosceranno nelle nostre immagini. Loro ci adoreranno”. Novità dall’America. Una famiglia veramente moderna, attenta all’ambiente e contraria agli sprechi può usare la nonna come compostaggio. Katrina Spade è una giovane architetto di 37 anni e vive a Seattle. La giovane è assurta agli onori della cronaca per aver inventato la soluzione del problema di dove mettere i resti della nonna defunta. Sembra che l’idea di incenerirla e gettarla nelle acque del mare sia troppo costosa e, per giunta, l’incenerimento ha l’imperdonabile difetto di aumentare i gas serra. Allora ha ideato per ogni cimitero una rampa circolare che sarà percorsa dai familiari, i quali stenderanno la vecchina avvolta in un lenzuolo su un letto di trucioli dove andrà a unirsi con altri corpi ricoperti di trucioli e segatura. Gli scienziati hanno detto che è tecnicamente possibile. In un secondo tempo ci sarebbe uno screening genetico in modo che ogni famiglia possa ricevere il giusto compostaggio che poi sarà utilizzato per far crescere una piantina. Il tutto per un costo di 2.500$, un vero affare.
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Attualità
Laura Bencetti
26 anni, praticante avvocato con il pallino per le cause pro life: ama battersi per la Vita e la Famiglia. Oltre che con ProVita, collabora con il Centro per la Vita di San Giuseppe al Trionfale a Roma.
Michelle Obama chiede: “Ridateci le nostre ragazze” ai rapitori di Boko Haram. Però suo marito condiziona gli aiuti per combattere l’organizzazione criminale alla legalizzazione delle nozze gay.
Neocolonialismo culturale in Nigeria La Nigeria sta subendo l’ennesimo ricatto occidentale: gli aiuti vengono concessi solo se il Paese attua politiche di controllo della popolazione e gay-friendly. di Laura Bencetti
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bbiamo più volte parlato della politica del ricatto portata avanti dagli Usa e dall’Occidente nel continente africano, per esempio sul numero di aprile di questa rivista. Questa volta, diamo voce l’Arcivescovo di Ibadanm, in Nigeria, Mons. Gabriel Abegunrin: “L’Occidente dovrebbe fermare la sua politica imperialista che promuove l’aborto, l’omosessualità, e la confusione di genere in Nigeria”. La propaganda incessante di falsi valori “occidentali”, da parte delle organizzazioni internazionali, sulla sessualità e sui “diritti riproduttivi” un eufemismo per non dire “aborto” - sulla pianificazione familiare artificiale, e la cultura della contraccezione, secondo l’Arcivescovo, sono ingannevoli e inaccettabili. La propaganda anti-vita degli Stati Uniti e dell’UE - ammonisce Mons. Abegunrin - si sta facendo strada nel sistema dell’istruzione grazie alle lobby ben pagate che promuovono la contraccezione, l’aborto e l’omosessualità tra i giovani, nelle scuole. Egli ha ricordato l’insegnamento cristiano, che ogni essere umano appartiene a Dio e che né lui, né alcuna parte del suo corpo dovrebbero essere trattati come oggetto in vendita. La sua forte condanna pone sullo stesso piano, infatti, il traffico di esseri umani, la prostituzione, la
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procreazione artificiale, e il commercio di embrioni umani e di organi. L’arcivescovo ha detto ai media che i nigeriani devono continuare a sostenere la dignità di ogni vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, e ha chiesto che tutta la legislazione che permette l’aborto, come ad esempio la legge passata surrettiziamente come legge sui “diritti riproduttivi” nello stato nigeriano di Imo nel 2013, venga denunciata e abrogata. Egli ha sottolineato che la Chiesa cattolica resta fermamente contraria a ogni forma di terrorismo: in esso comprende l’aborto, così come gli omicidi rituali e politici in Nigeria. I vescovi cattolici della Nigeria hanno sempre difeso la cultura della vita del loro popolo ed hanno ripetutamente denunciato l’aggressiva “cultura della morte” portata avanti dai paesi occidentali. L’estate scorsa, la Conferenza Episcopale della Nigeria ha emesso un comunicato chiedendo “una più coraggiosa e coerente attività in favore della vita uma-
Né gli esseri umani, né alcuna parte del loro corpo dovrebbero essere trattati come oggetto in vendita.
na, del matrimonio e della famiglia come antidoti contro-culturali a ideologie e pratiche che sono contro la vita”. Il contenuto del comunicato ha avuto una forte eco nella conferenza tenutesi ad Abuja, che ha visto la partecipazione di circa 1.500 delegati e relatori provenienti da tutta l’Africa, l’Europa e l’America settentrionale. In un discorso molto accorato, l’Arcivescovo di Owerri Anthony Obinna ha detto alla conferenza: “Ci siamo resi conto che stiamo subendo assalti aggressivi, ideologici e pratici sulla vita umana, la sessualità, il matrimonio e la famiglia”. In un’intervista esclusiva a LifeSiteNews.com, un ex membro del Congresso degli Stati Uniti, Steve Stockman, ha rivelato la portata di questa “rabbia di alcuni governi europei e americani nei confronti della vita”: nel giugno 2014, i vertici americani gli dissero che gli USA avevano la possibilità di aiutare l’esercito nigeriano contro il gruppo terroristico Boko Haram, ma sono stati bloccati dall’amministrazione Obama a causa della presa di posizione della Nigeria contro il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Questa politica non è solo inaccettabile, ma è soprattutto meschina e ripugnante, perché si fa beffe di queste popolazioni in difficoltà. ■
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Attualità
Claudia Cirami
Siciliana, ha una laurea in filosofia e il magistero in Scienze Religiose. È insegnante di religione cattolica. * sorrialba@gmail.com
Il campo “You Are You” [sei come sei] è per genitori che hanno un bambino di tre anni che non rispecchia il suo genere, che vuole indossare i tacchi alti… Dura quattro giorni, in cui i bambini e i loro genitori sono “finalmente liberi di essere”.
Bambole col sesso “attacca e stacca” Tanti bambini, improvvisamente, desiderosi di cambiare il proprio sesso? di Claudia Cirami
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isturbo di presupposizione”. Il dottor McHugh è chiaro. E per lui, medico che ha alle spalle 6 libri e tanti articoli scientifici, il cambiamento di sesso non è la soluzione per questo disturbo che affligge i transgender o aspiranti tali. Non vivere bene la propria femminilità o mascolinità è spesso, infatti, l’inizio di un percorso che approda al cambiamento di sesso (anche se non sempre è così e sul significato del termine transgender si dibatte ancora). Ci si illude di dare risposte ad insicurezze e malesseri, ma i problemi aumentano. Perché ci si ritrova come uomini femminilizzati e donne mascolinizzate e, quindi, ancora lontani dall’ideale coltivato in anni di sofferenza. Del resto, basta guardarsi intorno per rendersi conto che il dottor McHugh ha ragione. «Lei ha ancora una voce profonda da uomo», ha dichiarato un ragazzo pochi giorni fa al Mirror. Fidanzato con una donna che ha cambiato sesso, ha giustificato in questo modo la sua difficoltà a presentarla in famiglia. L’incoraggiamento a cambiare sesso o a vivere, senza affrontarlo, il proprio disagio diventa ancora più grave quando riguarda i bambini. Un centro del Regno Unito specializzato in questioni di genere, il Tavistock e Portman Nhs Foundation Trust, ha dichiarato che in questi cinque anni il numero di bambini che manifestano inclinazioni transgender è
quadruplicato. Da 19 nel 2009/10 a 77 nel 2014/15. È probabile che, continuando questo trend, nei prossimi anni saranno di più. Tutti improvvisamente desiderosi di cambiare il proprio sesso? No, certo. La realtà è un’altra. L’ideologia gender sta pigiando sempre di più l’acceleratore, strumentalizzando le difficoltà interiori di alcuni bambini per sostenere le proprie posizioni. Come dimenticare, qualche anno fa, la produzione di una coppia di bambole, Hermes e Afrodite, ad opera di una ditta svedese, a cui era possibile attaccare e staccare, scambiandoli, seno e genitali? Chiaro il messaggio: ciò che specifica il maschile e il femminile è accessorio, importa solo come ci si sente interiormente. I bimbi confusi sono avvisati.
Con l’operazione chirurgica di riassegnazione del sesso ci si illude di dare risposte a insicurezze e malesseri. Invece i problemi aumentano. Perché si diventa uomini femminilizzati e donne mascolinizzate e, quindi, ancora lontani dall’ideale coltivato in anni di sofferenza.
Secondo McHugh basterebbe, invece, attendere: i disagi nei confronti del proprio corpo nel 70/80% dei casi regrediscono spontaneamente nel giro di pochi anni. Se incoraggiati, condizionati o blanditi, però, i bambini rischiano di non uscire mai dal loro disturbo. Shiloh, la figlia della coppia Pitt-Jolie, ha mostrato segni di malessere nei confronti della propria identità sessuale: «Si sente un ragazzo e si fa chiamare John», ha detto l’attrice. Ecco, però, il passaggio fondamentale dalla confusione della bambina alla cristallizzazione del disagio, favorita dai genitori: «Abbiamo deciso di assecondarla tagliandole i capelli e vestendola da ragazzo», ha aggiunto la Jolie. Ci chiediamo: vestirla da maschio non è dare per scontato il disagio ed indirizzarla verso un predeterminato percorso? C’è però qualcosa di più grave: l’uso dei farmaci ipotalamici, utilizzati dal Centro inglese già citato (e in altri simili che proliferano nei Paesi dell’Europa Settentrionale) per ritardare la pubertà nei bambini e fermare lo sviluppo dei loro organi sessuali. Il motivo? Facilitare in futuro il cambiamento di sesso. Perché, invece, non intercettare le cause del loro disagio e provare ad aiutarli psicologicamente? Del resto, solo 8 bambini su 32, inseriti dal centro in un esperimento durato tre anni, hanno poi scelto di iniziare il percorso per cambiare sesso. Perché la realtà non è una bambola “attacca e stacca” e molti di loro devono averlo capito. ■
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Fatti aiutare, non uccidere tuo figlio La presidentessa dell’associazione Onora la Vita, Anna Maria Pacchiotti, ha raccolto per noi questa testimonianza. di Elena Cappini
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o abortito. Sono passati 35 anni ma il dolore per averlo fatto è ancora forte e reale. Ogni volta che ci penso, sento riaffiorare il rimorso e tanta amarezza. Quando realizzi veramente ciò che hai fatto, niente è più come prima. Io vivevo una vita “normale” con mio marito e il nostro bimbo di due anni, non avevamo particolari preoccupazioni finanziarie quando si annunciò una nuova vita. Mio marito mi propose di abortire. Accettai. In fondo era solo qualcosa di indefinito da eliminare, pensavo fosse solo un grumo di sangue e di cellule. Ma la superficialità e la disinformazione non erano e non sono un’attenuante. Allora l’aborto non era legalizzato, però purtroppo trovai chi lo faceva di nascosto. Mi ricordo che entrai in quella specie di studio. Tutto era nella penombra. Quando mi fece sdraiare su una specie di lettino ero sconvolta e sola. Mio marito naturalmente non era venuto. Ricordo il dolore fisico che provai. Il “praticone” non usò nessun tipo di anestetico. Mi sembrava non finisse mai. Alla fine ero debole e tremavo tutta e la mia coscienza era morta. Non mi soffermai più di tanto su ciò che avevo fatto. Era morta an-
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che la mia moralità. Cominciai a tradire mio marito. Ben presto rimasi di nuovo incinta. Essendo il frutto di un tradimento, di nuovo cercai dove andare. C’era un’ostetrica che possedeva una bella villa, bei mobili. Lei era gentile, ma il trattamento fu lo stesso. Tanto male, quel male che ormai conoscevo. Tornai da lei, dopo circa due anni, in quella villa che poi chiamai “della morte”, e tutto si ripeté come prima. L’ultima fu in ospedale: ormai era diventato “lecito”. Ero anestetizzata, tranquilla, non sentii niente. E’ proprio il caso di dirlo: non sentivo niente. Assuefatta a dare la morte ai miei figli! Il mio matrimonio è finito. Successivamente ho iniziato un cammino di Fede. Sono rimasta inorridita quando ho capito l’orrore e la crudeltà dell’aborto, e mai mi sarei perdonata se Dio non mi avesse teso la mano per primo, perdonandomi per sempre. Solo Lui poteva farlo.
La voce di quel bambino non voluto, non amato, non accettato, UCCISO, ti risuonerà nelle orecchie e vedrai sempre una culla vuota: perché non si può tornare indietro.
Solo Lui poteva darmi tutto il Suo amore, cancellando il mio peccato. Ma una cosa è il perdono e altra cosa è il ricordo. Questa è la ragione della mia testimonianza, per tutte le donne di ogni età, condizione sociale e familiare. Non esiste una e dico UNA ragione al mondo valida a giustificare l’uccisione di una persona innocente e indifesa, come il tuo bambino. Fatti aiutare, non uccidere tuo figlio: te ne pentirai per sempre, anche se avrai altri figli. La voce di quel bambino non voluto, non amato, non accettato, ucciso, ti risuonerà nelle orecchie e vedrai sempre una culla vuota, perché non si può tornare indietro. Qualche anno fa sono andata a cercare quell’ostetrica, volevo parlarle di come Dio mi avesse aperto gli occhi e le Sue braccia nel perdono. Avrei voluto che anche lei potesse riconoscere il peccato e ricevere il divino perdono: purtroppo era morta, spero che sia riuscita a farlo prima. Oggi perdono quelle persone che mi hanno indotto ad abortire, quelle che lo hanno fatto praticamente, io perdono me stessa perché sono stata perdonata da Colui che solo poteva farlo, Colui che è morto anche per il mio peccato, Gesù Cristo. Ti prego, informati. Sono disponibile per parlare con Te, basta che contatti la Redazione”. ■
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Sabrina Pietrangeli Paluzzi Il suo terzo figlio Giona era stato dichiarato un “feto terminale”, cioè un bambino incompatibile con la vita. Col marito Carlo ha scelto di accompagnarlo fino all’esito naturale, rifiutando categoricamente l’idea dell’aborto. Invece Giona ha risolto spontaneamente la sua ostruzione urinaria, in un modo “scientificamente inspiegabile”. Sabrina e Carlo hanno, allora, fondato la Quercia Millenaria...
Nel dolore, un seme di Vita “Momenti di vita brevi, minuti, piccoli respiri”, raccontati dalla fondatrice della Quercia Millenaria: dove c’è l’amore, la vita si compie anche se dura un minuto. di Sabrina Pietrangeli Paluzzi
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a morte di un figlio: non esiste incubo peggiore nell’immaginario genitoriale. L’evento più contro natura che possa esistere... non si può umanamente concepire il sopravvivere a un figlio. Ma la vita non regala certezze a nessuno e malattie, incidenti o altro, possono metterci di fronte a questa straziante realtà. Il modo di vivere questa esperienza cambia moltissimo a seconda del caso specifico. Morti inaspettate, improvvise, possono causare degli stati di choc gravissimi, mentre l’approccio di un genitore alla morte sopravvenuta dopo lunga malattia è vissuto indubbiamente in modo diverso. E’ quel che accade alle coppie che si rivolgono a La Quercia Millenaria. E’ come se il dolore venisse centellinato giorno per giorno, dal momento della diagnosi fino all’epilogo. E giorno per giorno si entra già nella realtà futura della tomba… e ci si entra talmente tanto che al momento vero in cui lo si vive, non esiste choc né trauma, e a volte neppure il dolore lacerante che si era paventato per tutto quel tempo di attesa. Possibile? Sì, lo abbiamo ogni volta sotto ai nostri occhi. Dovrei spiegarvi a parole cosa si vive concretamente in una sala parto, quel fatale giorno in
La Quercia Millenaria nasce nel gennaio 2005 come servizio di una coppia rivolto ad altre coppie, per sostenerle e orientarle a seguito di una diagnosi di malformazione fetale. E’ iscritta nella lista internazionale degli Hospice Perinatali come unica struttura in Italia a occuparsi di Comfort Care. L’innovazione portata da La Quercia Millenaria è questo straordinario potenziale espresso dalle famiglie che aiutano altre famiglie, con l’assistenza di medici preparati e amanti della vita, in grado di fornire terapie prenatali, anche invasive, per curare, o ridurre gli effetti nocivi della patologia rilevata. Si è così coniato un metodo educazionale chiamato Perinatal Caring come protocollo operativo all’interno di ospedali che desiderino avvalersi della formazione e professionalità della nostra Associazione. Questa metodica è già inserita ufficialmente all’interno del Policlinico A. Gemelli di Roma cui “tutto si compie”: la creatura amatissima, malata, malformata, destinata a breve vita, arriva al giorno della nascita. I parenti fuori dalla sala parto sono spesso un esercito di familiari in ansia, antitesi della calma e padronanza della situazione dei più coinvolti in assoluto: i genitori del piccolo nascituro.
e dell’Ospedale Santa Chiara di Pisa. Nel corso di questi anni, La Quercia Millenaria ha seguìto le gravidanze di oltre 1000 famiglie, e ridato salute a 200 bambini con diagnosi infausta, per cui era stato suggerito l’aborto. Ha organizzato decine di convegni, corsi di formazione a diversi livelli, e curato diverse pubblicazioni. Noi crediamo che vostro figlio non sia un incidente. Crediamo, perché l’abbiamo vissuto sulla nostra pelle, che voi siate stati scelti quali genitori di una creatura molto speciale. Il vostro bambino è venuto per portarvi un dono... fermatevi e riflettete sul senso della sua visita nella vostra vita, il suo passaggio porterà molto frutto. Ci impegniamo a non lasciarvi soli e a ridurre per quanto ci sarà possibile il grado della vostra sofferenza: non possiamo promettervi miracoli, ma vi offriamo il nostro sostegno, il nostro affetto, il tempo che abbiamo a disposizione, gratuitamente.
La creatura che nasce è sempre bella, perfetta, pur nella sua imperfezione.
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Attualità
Loro, consapevoli, preparati, assistiti, amati, sanno che tutto sta andando come deve andare. Lo hanno imparato in mesi di attesa... dal giorno della diagnosi infausta, vero trauma nel corollario dei ricordi - soprattutto se la diagnosi è stata consegnata senza umanità, magari da un medico ansioso di togliere di mezzo “il problema” con l’aborto - tutto viene vissuto pienamente, ogni gesto, la preparazione, il colloquio con l’anestesista, il mettere una flebo, il rispondere a una domanda, il vestitino pronto, l’acqua benedetta per il battesimo, il Sacerdote in attesa nei corridoi, un abbraccio, una parola spezzata, il dire “ci siamo. Sappiamo. Crediamo”. Crediamo come voi che questa creatura sia parte di un progetto. Crediamo porterà frutti copiosi nella vostra famiglia. E così, la creatura arriva: bella, perfetta nella sua imperfezione. Ma come si fa ad aver paura di un batuffolo di carne tenera e profumata? Qual è il problema, un cuore diverso, un dito in più, una calotta cranica non chiusa? Che cosa è che terrifica così tanto? Profuma di neonato, è morbido come un neonato, È UN NEONATO, ed è
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così che i suoi genitori lo accolgono. Spesso ci sono i fratellini che pian piano facciamo entrare, quasi di nascosto, perché è ancora lontano il tempo in cui la realtà dell’accoglienza sarà fatta a porte spalancate e questi genitori saranno considerati genitori e non dei pazzi fuoriclasse, magari malati di protagonismo religioso; e noi associazioni saremo viste come realtà socio-sanitarie in supporto al lavoro ospedaliero e non come qualcosa di accessorio e un po’ bislacco. “Mamma, è bellissimo”, dicono i fratellini. Eppure ha gli occhi a ranocchietto, eppure ha 6 dita, eppure ha i piedi torti, eppure ha il labbro leporino, eppure... è bellissimo. Momenti di vita brevi, minuti, piccoli respiri. Neonatologhe piene di amore, sembrano creature fuori dal tempo, che proprio in quei frangenti liberano finalmente il loro carisma: spiare il respiro, spiare la vita, incoraggiarla o sentenziarne la fine, ma con amore, infinito amore ... “è tornato al cielo”, lo dicono sussurrando, con tenerezza, temendo reazioni scomposte, e non sapendo invece di essere in perfetta sintonia con i genitori che sanno e che quasi vogliono scusarsi o rassicurare il medico e con amore dicono “sì, lo sapevamo, non si preoccupi, va bene così”. E così arriva il funerale, spesso una festa, in cui parenti e conoscenti alla fine ringraziano i genitori: perché sono loro, che trasmettono la serenità di una vita comunque compiuta, perché dove c’è l’amore, la vita si compie anche se dura un minuto. E arriva la sepoltura, importantissima, fondamentale. La sepoltura rappresenta per questi genitori
una via più rapida all’elaborazione sana di un lutto, non solo per loro ma per tutto il nucleo familiare, soprattutto se ci sono altri figli presenti. La possibilità di recarsi al cimitero, di mettere fiori sulla tomba, si accompagna a momenti di pianto, di ricordo, di riflessioni sul senso del passaggio di quella creatura, di consapevolezza che non si è trattato di un “figlio fantasma”, del frutto di un pensiero, ma di una persona concreta in carne e ossa che li ha preceduti in cielo. La tomba rappresenta tantissimo per la famiglia: il riunirsi attorno ad essa, il pregare, sovente il cantare lodi domenicali, persino lo scambiare parole con persone che hanno figli sepolti lì vicino, genitori spesso nello strazio, diviene occasione di vera e propria evangelizzazione. Le nostre mamme ci raccontano la bellezza dello stare sulla tomba del proprio figlio, in un contatto continuo con Dio e con le sue istruzioni... dobbiamo continuare a vivere? Possiamo continuare a vivere? Cosa dobbiamo fare di quanto abbiamo vissuto? Qual era il messaggio che questo figlio voleva portare a questa generazione? Possiamo ancora fidarci di Dio? Possiamo accogliere con fiducia una nuova vita? E’ stata buona questa storia, per la nostra famiglia? C’è dolore, indubbiamente. Ma è quel dolore che educa, che ci fa crescere, che porta Vita. Che ci rende migliori. ■
Il dolore viene centellinato giorno per giorno dai genitori che si rivolgono alla Quercia Millenaria, dal momento della diagnosi fino all’epilogo.
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Ti ringrazio per il sostegno.
Antonio Brandi
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Attualità
La fine della maternità È in libreria un saggio sulla fecondazione artificiale. L’autrice, Eugenia Roccella, deputato dal 2008 è stata una dei 28 che hanno votato contro il divorzio breve. di Alba Mustela
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a fine della maternità” (edito da Cantagalli) parla della nuova filiazione, quella dei bambini sintetici prodotti in laboratorio. Di questa nuova filiazione, dice la Roccella, il fatto forse più disturbante e nuovo, è proprio la distruzione della figura materna. “Non c’è più la relazione, non c’è più il calore affettivo, non ci sono più i corpi”: l’incontro di uno spermatozoo e di un ovocita avviene nella fredda provetta, e poi, spesso, la conservazione nel gelo dell’azoto liquido. Il bambino è una “cosa” e quindi la sua esistenza diventa “disponibile” e oggetto di un contratto. Non è un caso che la fecondazione artificiale provochi la morte della quasi totalità degli embrioni concepiti nel procedimento. A questi mali, l’eterologa ne aggiunge altri. Il caso degli embrioni scambiati, avvenuto all’ospedale Pertini di Roma, è emblematico: di chi sono quei gemelli? Qual è la “vera” mamma, il
Ogni tecnica di fecondazione artificiale rende l’essere umano, non un frutto dell’amore, ma un prodotto di laboratorio: non c’è più la relazione, non c’è più il calore affettivo, non ci sono più i corpi.
“vero” papà? La legge tenta di offrire qualche risposta, tutti si affrettano a denunciare vuoti legislativi, ma in realtà spesso i problemi nati dalle nuove tecnologie sono insolubili. La legge può cercare di aggiustare la situazione, di ridurre il danno, ma finisce persino per aggravare le cose. Da sempre ognuno di noi nasce nel corpo di una donna, e la mamma è – oltre ogni retorica – la certezza necessaria ad ogni bambino, la continuità con la sua vita prenatale, un prolungamento di sé da cui man mano impara a staccarsi, prendendo coscienza della propria identità. Oggi, invece, nel mondo nuovo, di mamma non ce n’è più una sola, ce ne possono essere anche quattro: due venditrici di ovuli, nel caso una conferisca il nucleo e l’altra il mitocondrio, una che affitta l’utero e porta avanti la gravidanza, una, la committente, la madre legale, che paga tutte le altre. Oppure potrebbe non essere considerata neanche una mamma, quando il bambino, immediatamente dopo il parto, venga consegnato a una coppia di ricchi omosessuali (tipo il senatore Lo Giudice e il rispettivo “marito”); e “questo rapporto che la natura ha voluto così forte, viscerale, indissolubile, fondante per ogni creatura umana, è sfilacciato e frantumato fino a diventare irrilevante, fino a dissolversi”. Una recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è venuta a dare un ennesimo colpo al cuore della maternità: in Italia l’utero in affitto è (ancora) un reato. Una
coppia che ha acquistato in questo modo un bambino all’estero, quindi, non ha titolo nel nostro Paese ad aver riconosciuta la genitorialità. Hanno fatto ricorso alla CEDU. La Corte ha stabilito che per il principio del maggior interesse del bambino, questi deve rimanere con chi ha instaurato con lui un rapporto di cura, a prescindere dal legame biologico, dalle modalità della nascita e dell’affidamento. Quindi, chi rapisse un bambino e riuscisse a tenerlo il tempo sufficiente a far nascere una relazione affettiva, poi lo potrà tenere: una sorta di usucapione, che apre più problemi di quanti non ne risolva. Nel mondo nuovo, insomma, a cui la fecondazione artificiale e specialmente quella eterologa - introduce, nessuna certezza è possibile, e la mamma è una figura labile, che può moltiplicarsi o anche scomparire. Come è scomparsa in una immagine che qualche tempo fa ha fatto il giro del mondo, dalla foto di un uomo a petto nudo che stringeva a sé, pelle contro pelle, un bimbo appena nato. L’uomo, emozionato, felice, aveva accanto a sé il compagno, ma nessuna donna. La donna che aveva appena partorito quel bimbo, ingaggiata probabilmente con regolare contratto, nella sequenza fotografica era già messa ai margini, espulsa. Chissà se un giorno quel bambino la cercherà, la vorrà conoscere - si chiede la Roccella - chissà come saranno i bambini nati nel mondo nuovo. ■
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Alessandro Fiore
Primo di undici figli, è laureando in giurisprudenza e ha svolto studi anche in storia, filosofia e teologia. È Direttore delle Comunicazioni di ProVita Onlus e Caporedattore della nostra Notizie ProVita.
Unioni (in)civili Riconoscere le unioni tra omosessuali. Sembrerebbe un imperativo categorico in un Occidente che propaganda il “matrimonio per tutti” come diritto umano. di Alessandro Fiore
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’Europa ce lo chiede! L’evoluzione della società lo esige!” si sente gridare un po’ dappertutto. “Va bene, il matrimonio no, ma è giusto ammettere qualche forma di riconoscimento”: questa è la tentazione al compromesso che assale anche certo mondo “prolife” o “cattolico”. Il 26 marzo scorso è stata approvata, alla Commissione Giustizia del Senato, la proposta della relatrice Cirinnà come testo base per il disegno di legge sulla “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”. Sarebbe così comodo poter dire di sì oppure accontentarsi del “matrimonio” (una parola?) e rinunciare a difendere e a esporre le ragioni più profonde del “no” alle cosiddette unioni civili, specie se omosessuali. Ragioni del “no”, fondate su un grande “sì” al valore della sessualità umana e alle funzioni supreme del diritto. Cominciamo quindi con le ragioni più digeribili e più popolari: le unioni omosessuali non sono “equiparabili” al matrimonio. Il matrimonio è quella unione naturale e stabile tra un uomo e una donna che è potenzialmente idonea alla procreazione. Costituisce la base della famiglia e quindi della società perché garantisce sia l’esistenza che la crescita equilibrata dei figli,
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dei futuri cittadini. Per questa sua funzione, l’istituto è di preminente interesse pubblico e perciò merita una promozione speciale e un riconoscimento che lo differenzia da qualsiasi altro negozio giuridico. Altre “unioni” che non hanno questa finalità e struttura non costituiscono dunque “matrimonio” e non sono meritevoli di simile riconoscimento. Anche la nostra Corte Costituzionale, con la sentenza 138 del 2010, ribadiva come il “nucleo duro” dell’articolo 29 Cost. esige che il matrimonio sia esclusivamente l’unione di due persone di sesso opposto, e precisa che è proprio la “(potenziale) finalità procreativa del matrimonio che vale a differenziarlo dall’unione omosessuale”. Ora è di tutta evidenza che le esigenze di giustizia e del bene comune, così come la sentenza della Corte, non si limitano a escludere che la parola “matrimonio” sia utilizzata per identificare unioni diver-
“E’ giusto ammettere qualche forma di riconoscimento”: questa è la tentazione al compromesso che assale anche certo mondo “prolife” o “cattolico”…
se. Sarebbe un non senso. La parola non si esaurisce in una macchia d’inchiostro, in un “flatus vocis” privo di significato, ma rimanda a una realtà, a un istituto, cioè a un insieme di diritti e di doveri. Il diritto naturale e, subordinatamente, la Costituzione impongono anzitutto che nessun altro insieme di diritti e di doveri sia equiparabile a quell’insieme identificato con il termine “matrimonio”, proprio perché nessun altro rapporto ha una simile rilevanza sociale, una finalità paragonabile. Perciò, una legge che riconoscesse un istituto caratterizzato da un insieme di diritti e di doveri sostanzialmente uguali (nonostante limitate “eccezioni”) a quelli del matrimonio, sarebbe contraria al diritto naturale e incostituzionale. E’ questo il caso del disegno di legge “Cirinnà”. Per convincersene basta leggere l’art. 3: scopriamo al primo comma che alle unioni civili si applicano tutti gli articoli che nel codice civile stanno sotto il capo “Dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio” (quindi stessi diritti-doveri di fedeltà, di assistenza morale e materiale, di collaborazione nell’interesse della famiglia, di coabitazione, stessi doveri verso i figli, ecc.). Non solo ma, tranne delimitate eccezioni, “le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi», «marito» e «moglie», ovunque ricorrano nelle
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Primo piano
Nessun altro insieme di diritti e di doveri è equiparabile a quell’insieme identificato con il termine “matrimonio”, proprio perché nessun altro rapporto ha una simile rilevanza sociale, una finalità paragonabile.
leggi, nei decreti e nei regolamenti, si applicano anche alla parte della unione civile tra persone dello stesso sesso” (comma 3). Una delle eccezioni è costituita dalla disciplina dell’adozione, che però è ammessa nella forma della cosiddetta “stepchild adoption”: soluzione che potrebbe portare a riconoscere la filiazione anche al partner che non è genitore biologico, rispetto a un bambino nato all’estero mediante la pratica dell’utero in affitto. Tuttavia l’opposizione alle unioni civili non vale solo per quelle che prevedono, come il disegno di legge in esame, un regime giuridico equiparabile a quello del matrimonio. E’ inammissibile (contrariamente, questa volta, a quanto affermato dalla Corte costituzionale) ogni riconoscimento giuridico di unioni fondate su un rapporto omosessuale. Il riconoscimento delle unioni omosessuali presuppone una scelta da parte dello Stato che contrasta con la tanto decantata “laicità” e “neutralità” in campo morale. Quel riconoscimento presuppone e promuove una posizione specificamente “omosessualista”. Infatti sarebbe illogico riconoscere le unioni omosessuali se non si ammettessero pubblicamente sia la rilevanza sociale che la positività dei rapporti omosessuali. In mancanza di uno dei due presupposti non avrebbe senso la predisposizione di un re-
gime pubblico, sottratto in larga parte all’autonomia privata, contenente vantaggi sociali (cioè appunto “diritti”) in favore di chi instaura un certo tipo di rapporto affettivo. Il riconoscimento di unioni civili (qualsiasi) tra persone dello stesso sesso, magari con il pretesto che il rapporto rientrerebbe tra le “formazioni sociali ove si svolge la sua [dell’uomo] personalità” di cui all’art.2 cost., significa precisamente promozione pubblica dell’omosessualità. Questo è degno di uno “Stato etico omosessualista” e, soprattutto, contraddice il diritto naturale: non si può tutelare e promuovere un rapporto che è, come abbiamo già spiegato su questa rivista (si veda l’articolo “I rischi connessi alle pratiche omosessuali” su Notizie ProVita n.27, febbraio 2015), oltre che moralmente disordinato, anche psicologicamente e fisicamente negativo. Una cosa è tutelare (giustamente) l’integrità e dignità di una persona che ha tendenze omosessuali, altra cosa è tutelare il rapporto omosessuale in se stesso. Qui sono in gioco i più rilevanti valori morali e la concezione stessa della sessualità umana. Non è un caso che la Chiesa, in un documento del 3 giugno del 2003 della Congregazione per la Dottrina della Fede (“Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone
omosessuali”) ricordi “a coloro che … vogliono procedere alla legittimazione di specifici diritti per le persone omosessuali conviventi … che la tolleranza del male è qualcosa di molto diverso dall’approvazione o dalla legalizzazione del male. In presenza del riconoscimento legale delle unioni omosessuali, oppure dell’equiparazione legale delle medesime al matrimonio con accesso ai diritti che sono propri di quest’ultimo, è doveroso opporsi in forma chiara e incisiva. Ci si deve astenere da qualsiasi tipo di cooperazione formale alla promulgazione o all’applicazione di leggi così gravemente ingiuste nonché, per quanto è possibile, dalla cooperazione materiale sul piano applicativo. (…) Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale”. Bisogna quindi opporsi decisamente a progetti che, anche quando non svuotano di significato il concetto stesso di matrimonio, si basano su presupposti ideologici, legittimano l’immoralità, promuovono comportamenti nocivi e rischiosi, e, per una strana (ma tipica) eterogenesi dei fini, creano “discriminazioni” simili alle presunte discriminazioni che intendono annullare: perché proibire a tre o più persone che si “amano” di costituire un’unione civile? ■
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Federico Catani
Laureato in scienze politiche ed insegnante di religione, si è appena laureato anche in scienze religiose. È giornalista pubblicista.
Le leggi ingiuste sono inutili e dannose Di fronte alle numerose proposte legislative volte a sovvertire l’ordine naturale, in campo bioetico, per alcuni, la soluzione sarebbe prevenire danni maggiori intervenendo direttamente per approvare leggi che ammettano il male minore. di Federico Catani
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eppur spesso mossa da buona fede, la strategia del “male minore” risulta però dannosa e perdente. La storia degli ultimi decenni dimostra che non sempre è bene ricorrere alla norma positiva per regolamentare le varie questioni poste sul tappeto. Gli esempi sono molteplici. Quando si introdusse il divorzio in Italia, si previde una procedura piuttosto gravosa, volta comunque a rendere consapevoli della gravità di quella scelta. Col divorzio breve, abbiamo visto come è andata a finire. L’approvazione della legge 194 ha portato a consentire di fatto l’aborto in ogni caso, senza limitarlo ad alcune particolari eccezioni. E, dato in un certo senso ancora più grave, ha creato una mentalità abortista, perché ciò che lo Stato consente e depenalizza tende ad essere assimilato e metabolizzato dalla gente, anche se si tratta di un omicidio. Stesso discorso vale per la fecondazione artificiale, come si può leggere a pag.18. Oggi bisogna vigilare sull’eutanasia. Molti chiedono di legalizzarla assicurando che verrebbe permessa solo in determinati casi ben individuati, per impedire qualunque genere di abuso. Peccato però che ovunque ciò sia avvenuto si è poi verificato l’esatto contrario. Peraltro, a parte la difficoltà di definire le fattispecie giuridiche in questo settore, occorre
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rilevare che sempre in questi casi è certo l’effetto slippery slope, ovvero del piano inclinato. Basta aprire una piccola falla nella diga e tutto crolla. D’altra parte, perché intervenire quando la legislazione vigente è chiara e inequivocabile? Il nostro Codice Penale, all’art. 580, proibisce l’istigazione al suicidio. Sono inoltre previsti aumenti di pena se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate all’art. 579, ovvero: «minore degli anni diciotto»; «inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti»; «persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, oppure carpito con inganno». «Nondimeno – continua l’art. 580 - se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità di intendere e di volere, si applicano le disposizioni relative all’omicidio». Il principio è quello dell’art. 579: «Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito». Allo stesso tempo, l’art. 5 del Codice Civile afferma: «Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume». Pur collocato in un contesto normativo privatistico, que-
sto dispositivo esprime un principio generale dell’ordinamento italiano, avente quindi valore di norma imperativa e inderogabile. Ovviamente, da sempre il nostro sistema giuridico prevede attenuanti in determinate situazioni. Questo deve bastare. Ecco allora che qualsiasi testamento biologico aprirebbe una breccia, proprio come hanno fatto le leggi 194 e 40. Nate con il pretesto di evitare danni maggiori e per regolamentare situazioni caotiche, queste norme hanno trascinato il nostro Paese nella deriva antropologica cui stiamo assistendo. In questi casi, meglio chiudere porte e finestre e non lasciare alcuna fessura aperta. Quando i buoi sono usciti dal recinto, è poi arduo riportarli dentro. Altro che dialogo: non si dialoga col diavolo. ■
Molti chiedono di legalizzare l’eutanasia, assicurando che verrebbe permessa solo in determinati casi ben individuati, per impedire qualunque genere di abuso. Peccato però che ovunque ciò sia avvenuto si è poi verificato l’esatto contrario.
Notizie
Primo piano Thomas Hobbes (1588 – 1679) è stato un filosofo e matematico britannico, autore nel 1651 dell'opera di filosofia politica Leviatano. Famoso per la sua teorizzazione dell’assolutismo e per il detto Homo homini lupus ("ogni uomo è lupo per l'altro uomo"), sosteneva che l’uomo è naturalmente egoista e che quindi il bene è il conseguimento dei propri desideri, mentre il male è tutto ciò che vi si oppone.
Hanno approvato, zitti zitti, il divorzio breve… A proposito di legge ingiusta, a proposito di diritto positivo in contrasto con la legge naturale, non possiamo non ricordare le leggi sul divorzio. di La Rosa Bianca
È
passato il divorzio breve quasi in sordina, mentre nel mar mediterraneo affondano i barconi di migranti, e così è saltato un altro paletto della palizzata eretta con l’intento di tenere insieme una società, seguendo un ordine logico che dovrebbe produrre il bene comune. Gradualmente stiamo inseguendo quello che accadde nella Russia post-rivoluzionaria negli anni 20 del secolo scorso. La differenza con quanto accaduto in Russia è che allora il processo si affermò in maniera chiara e brusca, mentre attualmente il processo avviene per gradi attraverso una rivoluzione culturale “social-democratica”.
Quando la coabitazione è considerata “matrimonio”, quando le coppie omosessuali reclamano il diritto al “matrimonio”, significa una cosa sola: il matrimonio, come istituto che regola la convivenza sociale, non esiste più.
Quando la coabitazione è considerata “matrimonio”, quando le coppie omosessuali reclamano il diritto al “matrimonio”, significa una cosa sola: il matrimonio, come istituto che regola la convivenza sociale, non esiste più. Trovandoci a metà del tragitto rivoluzionario, attualmente esistono ancora giudici e avvocati che entrano nella vita delle persone, fintanto che anche giudici e avvocati saranno estromessi dal processo e gli uomini e le donne torneranno allo stato primitivo in cui i rapporti sessuali saranno liberi e i figli saranno allevati indifferentemente dalla comunità. Abolita la famiglia, il passo successivo è l’abolizione dello Stato, così come preconizzato da Lev Trotsky, insieme all’abolizione degli obsoleti due sessi e all’introduzione della libertà di scelta del genere di appartenenza. C’è chi ritiene che dal caos si crei, miracolosamente, l’ordine. Prima bisogna distruggere una società imperfetta, con l’operazione caos, poi si vedrà sorgere un mondo nuovo dove tutto sarà miracolosamente uguale e giusto. Qualcuno aveva detto che il Comunismo era morto e se lo ritrova invece imperante, sia pure sotto un’altra veste: potere del trasformismo che fa rinascere un’ideologia che sembrava
Il Comunismo, un’ideologia che sembrava morta e sepolta, è invece viva e vegeta e sta distruggendo le fondamenta della società a livello globale: non più attraverso la classe dei proletari, ma attraverso i gruppi LGBT. morta e sepolta ed è invece viva e vegeta e sta distruggendo le fondamenta della società a livello globale. No, il comunismo non è morto, solo che non si occupa più di classe operaia, le nuove classi da proteggere sono le comunità LGBTQ che rappresentano i nuovi agenti di cambiamento capaci di produrre quel caos che serve ai pochi per schiavizzare i più, perché nel caos primordiale la regola che vige è quella della giungla in cui il leone sbrana la gazzella, il potente di turno schiaccia il debole. E’ anche trionfo di Thomas Hobbes con la sua definizione di bene e male: il bene è il conseguimento dei propri desideri e il male è tutto quello che vi si oppone. ■
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Lorenza Perfori
Scrive e dipinge per passione. Collabora con libertaepersona.org. Ha pubblicato, con la casa editrice Fede & Cultura, “Scegliere la vita” e “La 194 ha fallito”.
La fecondazione artificiale ha una percentuale di successo bassissima, circa del 10%, assolutamente sproporzionata al costo.
Quando la legge positiva viola la legge naturale, va in crisi anche la democrazia La “fine” che sta facendo la legge 40 impone alcune serie e importanti considerazioni. di Lorenza Perfori
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a legge 40, che ha tentato di regolamentare la fecondazione artificiale nel nostro Paese, è stata smantellata pezzo per pezzo da una giurisprudenza irrispettosa del mandato a legiferare che in democrazia il popolo concede al Parlamento e del referendum che la conferma. A volere lo smantellamento della legge 40 non sono solo i Radicali, ma anche i numerosissimi centri privati che si occupano di Pma. Il motivo è semplice: la fecondazione artificiale è in grado di generare profitti enormi, come sanno bene i lettori degli scorsi numeri di questa Rivista. La strategia usata da costoro è sempre la stessa. Come apripista per la demolizione della legge sono usati “casi drammatici” o “pietosi”, reperiti grazie alle associazioni e ai centri (miliardari) che si occupano di Pma; gli avvocati dell’Associazione Coscioni offrono loro il patrocinio, la vicenda privata viene elevata a livello di dibattito pubblico e politico, la legge che il Parlamento non vuole cambiare viene pian piano smantellata per via giudiziale (Tribunali, Corte Costituzionale, Corte Europea).
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I Radicali non fanno altro che replicare il vincente “modello Englaro”. Furono, infatti, loro a convincere il padre di Eluana a trasformare una battaglia personale in un duello giuridico. Una battaglia che, se fosse stato per lui, Beppino Englaro non avrebbe mai intrapreso, come ebbe modo di dichiarare. V’è poi da rilevare che i Tribunali a cui vengono presentati i ricorsi sono sempre gli stessi. Tutti i pronunciamenti (più di 30) contro la legge 40 provengono, infatti, da soli sei Tribunali: Catania, Cagliari, Firenze, Salerno, Milano, Roma.
Le leggi che si sono via via allontanate dal diritto naturale per andare sempre più incontro ai desideri individuali, sono norme nate dal compromesso, dalla logica del “male minore”, contraddittorie e senza una logica coerente: la legge 40, la legge 194 e, prima ancora, la legge 898 sul divorzio.
Evidentemente, chi presenta i ricorsi sa che con questi giudici qui il colpo non finirà a vuoto. Con l’utero in affitto la strategia cambia leggermente visto che qui ci troviamo di fronte al fatto compiuto: le coppie non chiedono al giudice di fare una cosa vietata per legge, ma dal giudice ci arrivano perché la legge l’hanno già violata. In questi casi, nonostante alcune sporadiche condanne, prevale perlopiù una giurisprudenza “emotiva” orientata all’assoluzione dai reati commessi. In Italia, quindi, comanda un’oligarchia di potere: i giudici. I giudici fanno cadere i governi democraticamente eletti, si sostituiscono ai medici ordinando la prosecuzione di trattamenti (“metodo Stamina”) considerati dannosi dalla comunità scientifica, ordinano la trascrizione delle nozze gay celebrate all’estero, legittimano lo sfruttamento dell’utero in affitto, se ne infischiano del 75% degli italiani che ha fatto fallire il referendum popolare promosso dai Radicali sulla legge 40… Ha scritto Marcello Veneziani in un articolo dell’aprile 2014: “A me non piace vivere in un Paese in cui tutto è relativo meno il potere dei giudici, tutto è opinabile salvo le scelte ideologiche della Corte, c’è
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Primo piano
Si sarebbe dovuto vietare qualsiasi tipo di fecondazione artificiale, omologa compresa, visto che anche quest’ultima non tutela la vita del nascituro ma solo i desideri della coppia. Anche l’omologa toglie al figlio il carattere di “dono” e lo trasforma in oggetto da ottenere.
la divisione dei poteri tra legislativo, esecutivo e giudiziario ma il potere giudiziario sovrasta gli altri due. Non contano le leggi del Parlamento né i costumi e le tradizioni dei popoli. Il giudice è l’unico Assoluto in una società relativista. Gli altri, parlamentari, medici, preti ed esperti al più sono i suoi periti, in tutti i sensi”. Ma se i giudici sono riusciti a smantellare con tanta facilità la legge 40 – v’è però da dire – è stato anche perché il Legislatore ha fatto la sua parte, partorendo leggi che si sono via via allontanate dal diritto naturale per andare sempre più incontro ai desiderata individuali. Norme nate dal compromesso, dalla logica del “male minore”, contraddittorie e senza una logica coerente, come lo sono appunto la legge 40, la sua precorritrice: la legge 194 sull’aborto e, prima ancora, la legge 898 sul divorzio. I giudici, aprendo alla fecondazione eterologa, hanno detto che il diritto al figlio è incoercibile, ma il diritto al figlio è già insito nella legge 40 che ha reso lecita la procreazione al di fuori del corpo della donna. Se la procreazione fuori del corpo della donna è lecita e il bambino diviene oggetto, non fa molta differenza se uno dei gameti o entrambi non appartengono alla coppia, o se il figlio assemblato viene incubato nell’utero di un’altra. Come sarebbe andata a finire era già scritto nella legge, altrimenti si sarebbe dovuto vietare qualsiasi tipo di fecondazione artificiale, omologa compresa,
visto che anche quest’ultima non tutela la vita del nascituro ma solo i desideri della coppia. Visto che anche l’omologa toglie al figlio il carattere di “dono” e lo trasforma in oggetto, in proprietà da pretendere e ottenere. La liceità della fecondazione eterologa è anche consequenziale alla legge sul divorzio: con quest’ultima si è separata la famiglia giuridica, con l’altra la separazione della famiglia è avvenuta anche dal punto di vista biologico. L’eterologa non è altro che una forma di quella famiglia “allargata” che l’introduzione del divorzio ha sdoganato già da molto tempo. Ma la legge 40 è anche figlia della legge sull’aborto. Se il nascituro fosse considerato persona non potrebbe essere ucciso. Il diritto incoercibile ad avere un figlio, che i giudici hanno logicamente tratto dalla legge 40, è lo specchio fedele del diritto, anch’esso incoercibile, a non avere un figlio, come previsto dalla 194. La legge 40 non fa altro che mimare la 194: il figlio non gode di alcun diritto, al primo posto vi è sempre l’arbitrio degli adulti. Il figlio è l’oggetto da rimuovere se in quel momento contrasta con l’autodeterminazione della madre, ed è l’oggetto da ottenere, anche con patrimonio genetico di altri, se l’au-
todeterminazione degli aspiranti genitori si orienta al suo raggiungimento. Nell’aprire all’eterologa, la Corte ha fatto riferimento al “diritto alla salute” psichica delle coppie. Si tratta della medesima salute fisica e psichica evocata dalla 194 che ha, di fatto, reso possibile ricorrere all’aborto in modo illimitato. In questo caso il nascituro è eliminato perché compromette la salute psichica della donna, nell’altro caso il nascituro è assemblato e fabbricato perché fa bene alla salute psichica della coppia. In conclusione: i giudici si sono sì comportati in modo arrogante, scavalcando sia il Par-
Cominciamo a portare all’attenzione dei Tribunali, i numerosissimi casi di donne che sono state ingannate dall’aborto di Stato “sicuro e indolore”, senza consenso informato, e che ne soffrono le dolorose conseguenze psichiche e fisiche.
Il Palazzo di Giustizia, a Roma, sede della Cassazione, è chiamato per antica tradizione popolare il “Palazzaccio”.
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Se il nascituro fosse considerato persona non potrebbe essere ucciso. Il diritto ad avere un figlio è lo specchio fedele del diritto a non avere un figlio, come previsto dalla 194. lamento che la volontà popolare, ma lo hanno potuto fare proprio grazie alle pessime leggi che i parlamenti hanno partorito a partire da quarant’anni fa. E adesso che i giudici hanno ufficialmente sancito ciò che tacitamente la legge stabiliva, prepariamoci a un’infinità di nuovi ricorsi e demolizione di altri divieti. Se il diritto al figlio è incoercibile e la salute psichica va tutelata a discapito del nascituro, perché la fecondazione artificiale dovrebbe essere preclusa alle coppie fertili con patologie genetiche? Perché vietare, quindi, l’eugenetica? Perché vietarla a single e coppie gay? Perché non dovrebbe essere legale anche l’utero in affitto? Perché non dovrebbe essere possibile revocare il consenso anche dopo la formazione degli embrioni se la salute psichica di chi li ha prodotti è in “pericolo”? Perché dovrebbe essere preclusa la fecondazione artificiale alle coppie anziane o la Pma post mortem…? E allora, cosa si può fare? Occorre intervenire con una legislazione puntuale, coerente col principio che il diritto esiste per difendere i più deboli, in questo caso i bambini.
Ma occorre anche un lavoro culturale, della società civile, di formazione, che provi a costruire orientamenti alternativi, fondati sulla natura dell’uomo. Un lavoro lungo, che, però, se non avviato, non ci farà mai incontrare qualche giudice costituzionale che non riduca il bambino a un oggetto. Tommaso Scandroglio propone “battaglie come quelle che stanno conducendo i radicali, ma ovviamente alla rovescia”. Anche i giuristi cattolici dovrebbero, da una parte, essere fastidiosi come zanzare e puntuali come le cartelle esattoriali nel difendere quelle persone che sono state vittime, ad esempio, della 194. Patrocinando, per esemplificare, cause di donne che dopo un aborto hanno sofferto la sindrome post-abortiva, dato che non sono state informate prima dell’intervento di questo rischio. Cominciamo a portare all’attenzione dei Tribunali, i numerosissimi casi di donne che sono state ingannate dall’aborto di Stato “sicuro e indolore”, senza consenso informato, le madri che i danni al fisico e alla psiche li hanno subìti dopo il ricorso all’aborto volontario, e facciamo in modo – come fanno i Radicali – che nei ricorsi siano sostenute dalle tante associazioni che si occupano di “sindrome post aborto”. E portiamoci, dai giudici, anche le donne che hanno rischiato la vita a causa dei trattamenti di stimolazione ovarica. Portiamoci anche le tantissime coppie che, dopo anni di tentativi e cicli falliti di Pma, si sono ritrovate senza il figlio
Ciascuno di noi è responsabile di una azione culturale, che - per quanto lenta e difficile - è assolutamente necessaria affinché un giorno ci sia alla Corte Costituzionale un giudice che non consideri un bambino come un oggetto. agognato e con il fisico e la psiche a pezzi. Facciamo in modo che tutta questa immane sofferenza venga allo scoperto, che diventi argomento di dibattito pubblico, che la verità venga a galla e faccia pressione sul Parlamento. E, soprattutto, per fermare questa deriva giudiziaria bisogna ritornare a fare leggi fondate sul diritto naturale invece che sui desideri individuali. Se il diritto esiste per difendere i più deboli, bisogna che le leggi affermino il diritto alla vita e alla salute del grande dimenticato, del più debole fra i deboli: il concepito, il bambino non nato. Quest’operazione non può che passare per l’abrogazione delle leggi inique: la 194 in primis e a seguire la 40. Denunciare i colpi di mano giudiziari non basta più, il lavoro da fare è molto ed è lungo, occorrono persone di buona volontà disposte a iniziarlo. ■
Per fermare questa deriva giudiziaria bisogna ritornare a fare leggi fondate sul diritto naturale invece che sui desideri individuali.
Il bambino è ormai considerato un oggetto, un bambolotto
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Giulia Tanel
Laureata in Filologia e Critica Letteraria, scrive per passione. Collabora con libertaepersona.org e con altri siti internet e riviste; è inoltre autrice, con Francesco Agnoli, di Miracoli - L’irruzione del soprannaturale nella storia (Ed. Lindau).
Sébastien Norblin, Antigone dà sepoltura a Polinice, 1825.
Antigone: l’obiezione di coscienza alla legge ingiusta La tragedia di Sofocle (rappresentata per la prima volta ad Atene nel 442 a.C.) mostra un’eroina simbolo di coerenza nel rispetto di leggi “non scritte e incrollabili”, che trascendono la temporalità e le contingenze: le leggi naturali. di Giulia Tanel
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ntigone è figlia di Edipo e Giocasta. In seguito all’esilio da Tebe di Edipo, Eteocle e Polinice, fratelli di Antigone, decidono di spartirsi il potere sulla città. Eteocle, tuttavia, non rispetta i patti e scaccia Polinice, il quale chiede aiuto al suocero Adrasto, re di Argo, e muove guerra contro suo fratello e la sua città natale: è questa la vicenda narrata da Eschilo nella tragedia I Sette contro Tebe. Nello scontro muoiono sia Eteocle sia Polinice e il potere viene assunto da Creonte, fratello di Giocasta. Ed è a questo punto della vicenda che ha inizio la tragedia di Sofocle: Creonte, infatti, considerando Polinice un traditore, ordina con un editto che il suo cadavere rimanga insepolto. Antigone illustra i fatti alla sorella Ismene con le seguenti parole: “Non sai tu che Creonte, onor di tomba concesse all’uno dei fratelli nostri, l’altro mandò privo d’onore? Etèocle, come la legge e la giustizia vogliono, sotto la terra lo celò, ché onore fra i morti avesse di laggiù; ma il corpo di Poliníce, che perì di misera morte, ha bandito ai cittadini, dicono, che niun gli dia sepolcro, e niun lo gema, ma, senza sepoltura e senza lagrime, dolce tesoro alle pupille, resti degli uccelli che a gaudio se ne cibino. Questo col bando impose il buon Creonte […]; e chi trasgredirà, lapidato morir dovrà dal popolo della città”. Antigone, mossa dall’affetto per il fratello Polinice e dalla certezza di pia-
cer “a quelli cui piacere io debbo”, disobbedisce al decreto del nuovo re di Tebe e, uscita di notte fuori dalle mura, dà una simbolica sepoltura al corpo del fratello. Nel fare questo viene però scoperta dalle guardie, che la portano da Creonte. Interrogata, Antigone non rinuncia alle proprie convinzioni morali pur di aver salva la vita, bensì afferma con coraggio: “L’ho compiuta: confesso, e non lo nego”. E aggiunge parole cariche di valore, che possono fungere da insegnamento ancora oggi: “Non Giove a me lanciò simile bando, né la Giustizia, che dimora insieme coi Dèmoni d’Averno, onde altre leggi furono imposte agli uomini; e i tuoi bandi io non credei che tanta
La legge naturale è eterna e immutabile. La legge positiva, fatta da chi ha il potere, è relativa al tempo e ai luoghi. Questa è giusta e moralmente obbligatoria solo se ricalca quella. Altrimenti è un diritto e un dovere di ciascuno esercitare l’obiezione di coscienza.
forza avessero da far sì che le leggi dei Celesti, non scritte, e incrollabili, potesse soverchiare un mortal: ché non adesso furon sancite, o ieri: eterne vivono esse; e niuno conosce il dì che nacquero. E violarle e renderne ragione ai Numi, non potevo io, per timore d’alcun superbo”. A questo punto Creonte, non volendo macchiarsi con il sangue di una propria consanguinea, ordina di rinchiudere Antigone in una grotta fuori dalla città e rimane impassibile anche di fronte alle suppliche di suo figlio Emone, fidanzato di Antigone. Questo fino a quando l’indovino Tiresia si rivolge a Creonte affermando che la città è impura a causa della mancata sepoltura di Polinice e lo avverte che le Erinni stanno per muoversi contro di lui. Il re, turbato, decide infine di dare sepoltura a Polinice e liberare Antigone. Per quest’ultima, tuttavia, è troppo tardi: la fanciulla si è impiccata. Lo stesso Emone, saputo della morte di Antigone, si suicida e così fa anche Eurdice, moglie di Creonte. Al re, oramai solo, non resta che vivere nel dolore: “Rovina è tutto a me dintorno, e sopra il capo mio un destino implacabile piombò”. La lapidaria chiusura della tragedia di Sofocle, per voce del coro, costituisce anch’essa uno spunto di riflessione, nel passato come oggi: “Base prima del viver felice è saggezza; né mai sacrilegio contro i Numi ti macchi. I gran vanti dei superbi, da duri castighi colpiti, ammaestrano troppo tardi, a far senno, i vegliardi”. ■
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Francesca Romana Poleggi adre di tre figli, moglie, insegnante, fa parte M del movimento ecclesiale “Fede e Luce”. Dal 2008 è impegnata sul fronte dei diritti umani con la Laogai Research Foundation. Co-fondatrice di ProVita Onlus, è direttore editoriale di questa Rivista. Finché la Provvidenza le darà forza, “griderà dai tetti” la verità, perché solo la Verità rende liberi.
Salvatore Crisafulli: la sua voglia di vivere diverrà un film In un mondo nichilista, relativista e consumista, le persone disabili avranno la vita sempre più dura: si va diffondendo la cultura eutanasica. Questa intervista serva a confermarci nella convinzione che è assolutamente sbagliata. di Francesca Romana Poleggi
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ominceranno in estate tra Catania, l’Italia settentrionale e l’Austria le riprese del film “Ho voglia di Vivere”, la pellicola sulla vita di Salvatore Crisafulli, il 47enne catanese affetto per nove anni dalla sindrome del locked-in, morto nel febbraio del 2013 dopo una lunghissima e dignitosa battaglia. Definito l’anti-Welby per eccellenza, si risvegliò - contro ogni previsione - da quello che viene definito stato vegetativo permanente. Coraggioso paladino e difensore della vita di cui era follemente innamorato, la sua storia ha fatto il giro del mondo, toccato le coscienze, ha scosso la comunità scientifica imponendo l’urgenza di un’attenta riflessione sui parametri medici ed etici che segnano il confine tra vita e morte. “Un grande uomo - ci spiega oggi il fratello Pietro - Nel film racconteremo la storia incredi-
Crisafulli si risvegliò dopo 2 anni, contro ogni previsione, da quello che viene definito stato vegetativo permanente.
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bile di un uomo che non voleva morire. Un inguaribile innamorato della vita, un esempio per tanti!”. Nato il 31 agosto del 1965 Salvatore Crisafulli lavorava presso l’ASL di Catania. L’11 settembre del 2003 mentre accompagnava con lo scooter il figlio di 13 anni a scuola, il mezzo su cui viaggiavano padre e figlio fu travolto da un furgone. In seguito all’incidente Salvatore rimase in coma vegetativo per due lunghissimi anni, mentre il figlio si risvegliò dopo una settimana. Un coma decretato dalla scienza medica, ma in realtà Salvatore si era risvegliato già circa 8 mesi dopo, e sentiva e capiva tutto quello che gli accadeva intorno. Purtroppo nessuno se ne accorse finché l’uomo non riuscì a dare segni visibili ai medici e ai parenti che gli erano sempre accanto. Nessuno avrebbe mai immaginato che dopo due anni sarebbe potuto uscire dallo stato di coma vegetativo, ma il culmine dello stupore lo si ebbe nel momento in cui, tramite un trasmettitore collegato allo schermo di un pc, Salvatore iniziò a raccontare quello che aveva vissuto, imprigionato nel suo stesso corpo. Al risveglio dal coma gli fu diagnosticata la sindrome del lockedin, ma la voglia immensa di vivere
di Salvatore ha fatto sì che fino alla sua morte, avvenuta il 21 febbraio del 2013 per arresto respiratorio, quest’uomo abbia cercato in tutti i modi possibili di comunicare a tutti la sua voglia di vivere. Grazie anche all’aiuto di Tamara Ferrari e del fratello, Pietro, dal suo letto ha scritto un libro, “Con gli occhi sbarrati“, pubblicato nel 2006. La lotta di Salvatore è sempre stata altruistica: non voleva dare voce solo al suo caso, ma aiutare chiunque vivesse in condizioni simili alla sua. Perciò oggi, a due anni dalla scomparsa di Salvatore, esiste un’associazione fondata per sua volontà: Sicilia Risvegli Onlus (www.siciliarisvegli.org). Il Presidente è Pietro Crisafulli, che non ha mai abbandonato suo fratello, neanche quando tutti avevano abbandonato ogni speranza. Ha perfino perso il lavoro pur di seguirlo in tutti gli spostamenti tra ospedali e consulti medici, in Italia come all’estero. Un amore incondizionato, che ancora oggi si avverte attraverso le sue parole. Signor Pietro ci può parlare di Salvatore e di cosa ha vissuto dopo l’incidente? “Salvatore lavorava allo sportello che si occupava degli ausili ai disabili. Un’assurda coincidenza,
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Scienza e morale
L’unico modo che aveva per ‘comunicare’ erano le lacrime.
perché poi quegli ausili sono serviti a lui. Era una persona speciale, cercava sempre di aiutare tutti. Lo ha fatto anche dopo l’incidente. La pubblicazione del libro l’ha voluta fortemente, affinché i proventi aiutassero Sicilia Risvegli Onlus. Gli è costato molto raccontare quello che aveva vissuto. Ad Arezzo, durante un ricovero, gli fu prescritto il comunicatore visivo. Non fu una cosa semplice, anzi. Con grandissima difficoltà, giorno dopo giorno, lettera dopo lettera, Salvatore imparò a scrivere. Allucinante quello che scriveva con enorme difficoltà. Salvatore era imprigionato nel suo stesso corpo e più ci comunicava quello che in quei lunghi mesi aveva sentito, nonostante tutti i medici avessero continuato a specificare che non era cosciente, più diventava straziante quello che scriveva. Si ricordava che con un camper l’avevamo portato in Austria da un grande luminare che si occupava di coma. Lì arrivò la sentenza definitiva: secondo la scienza medica Salvatore era in stato vegetativo permanente, non poteva assolutamente comprendere nulla di quanto gli accadeva intorno. E invece mio fratello capiva e piangeva, perché l’unico modo che aveva per ‘comunicare’ erano le lacrime. Ovviamente questo ce lo disse dopo due anni, anche attraverso il libro. Una storia molto forte. “Con gli occhi sbarrati” fu citato anche da Berlusconi in una conferenza stampa, per evitare la morte di Eluana Englaro, cercando di motivare Napolitano a firmare il decreto legge per salvarla, attraverso l’esempio di Salvatore“.
acquisita durante tutti questi anni, non è sempre facile per i parenti prossimi riuscire ad accettare le condizioni in cui versa la persona a te cara. Visto che la moglie non riuscì a reagire a questa sofferenza, trovai normalissimo occuparmene io. Del resto con Salvatore ho sempre avuto un rapporto molto particolare: siamo cresciuti insieme in collegio e siamo sempre stati legatissimi. Inoltre la moglie aveva anche i figli da accudire. Non bisogna mai giudicare le cose dal di fuori. Ci sono eventi personali che devono rimanere tali, a mio parere. Io non ho mai abbandonato Salvatore, era la mia vita. Facevo l’autista prima del suo incidente, consegnavo farmaci alle farmacie e ospedali. Per aiutarlo misi da parte tutto, perdendo anche il lavoro, ma non me ne sono mai pentito”. Parliamo del film. “Ho voglia di vivere” è il titolo. Come è nata questa idea e perché? “Innanzitutto ci terrei a specificare che l’intento primario, nel momento in cui riusciremo a realizzare il film, è quello di creare in Sicilia un centro di assistenza e
Più ci comunicava quello che in quei lunghi mesi aveva sentito, nonostante tutti i medici avessero continuato a specificare che non era cosciente, più diventava straziante quello che scriveva.
recupero per le persone in coma vegetativo. Attualmente i costi che devono sostenere le famiglie per assistere un paziente in condizioni simili a quelle vissute da mio fratello sono esorbitanti. Il centro più vicino è a Bologna, ma non è accettabile che nel 2015 nell’Italia meridionale non possa esserci un posto adeguato, con attrezzature e personale abilitato, in cui si possa accogliere degnamente chi ha subìto determinati traumi. Alcuni mesi prima che mio fratello morisse, Riccardo e Marco Di Gerlando – due giovani sanremesi che hanno letto il libro di mio fratello – donarono a Salvatore la sceneggiatura per il film. Purtroppo Salvatore non è riuscito a vedere
Lei gli è stato sempre vicino. Ha sacrificato tutto per lui. Ma la famiglia di Salvatore? “La sua famiglia fu scioccata da questa enorme tragedia. Non voglio parlare in nome di altri, ma vi assicuro che, con l’esperienza
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Scienza e morale realizzato questo progetto a cui teneva molto, ma io ho voluto (insieme alla onlus) che si andasse avanti. L’intento è anche quello di riuscire ad attirare l’attenzione sui casi dove le istituzioni non sembrano voler arrivare”. Come farete a realizzare questo progetto? “Sicilia Risvegli Onlus si è impegnata in prima persona. E’ tutto auto finanziato. I soldi arrivano da donatori, spesso proprio dalle stesse famiglie di chi vive queste problematiche. Non è stato e non sarà un cammino facile, ma noi non ci siamo mai arresi, proprio come Salvatore. Sappiamo benissimo che è un progetto ambizioso ma vogliamo farlo. Abbiamo chiesto aiuto in varie occasioni, di cui l’ultima è stata la serata dedicata ai due anni dalla morte di mio fratello. Il 21 febbraio scorso c’è stato il Memorial Salvatore Crisafulli, durante il quale si sono esibiti alcuni artisti, si è cercato di raccogliere ulteriori fondi per il film e ci sono stati anche i provini per gli attori che interpreteranno la storia”. Parliamo del cast. Può già anticiparci qualche nome? “Per adesso c’è Costantino Comito che interpreterà Salvatore,
Alfredo Li Bassi che sarà Marcello (un altro mio fratello), Francesco Murabito è un socio fondatore di Sicilia Risvegli nonché vice presidente e interpreterà uno dei tanti medici che vennero a contatto con Salvatore. Nei panni di mia madre Angela, la quale non ha mollato mai come noi, ci sarà Guia Jelo. Io interpreterò me stesso”. Non sarà facile rivivere di nuovo tutto il calvario, sebbene sia un film. Come si sente a riguardo? “Non credo che sarà una passeggiata, ma del resto siamo stati tutti d’accordo: nessuno potrebbe interpretare me, che ho dentro un insieme di emozioni difficili da trasmettere. Vorrà dire che imparerò come si deve stare davanti a una macchina da presa. Non rinuncio, voglio farlo”. La regia e le location? “Il nome del regista (in realtà forse saranno in due) è ancora top secret per adesso. Dobbiamo valutare molte cose e prestare molta attenzione, perché molto probabilmente il film sarà distribuito nelle scuole. Pertanto non vogliamo sbagliare. I luoghi in cui si girerà sono per la maggior parte in Sicilia (soprattutto a Catania), poi a Roma, in Toscana,
Tramite un trasmettitore collegato allo schermo di un pc, Salvatore iniziò a raccontare quello che aveva vissuto, imprigionato nel suo stesso corpo. a Milano e in Austria. Cercheremo di ricostruire con dei flashback sia la gioventù di Salvatore che il periodo durante il quale ha vissuto prigioniero del suo corpo. Sarà tutto il più realistico possibile. Tra i protagonisti ci sarà mio figlio Marcello, che è disabile. Alla luce del fatto che vi auto finanziate, vorrebbe aggiungere qualcosa? “Noi non abbiamo coinvolto le istituzioni proprio per il timore di essere fraintesi. Ho già descritto lo scopo per cui si girerà questo film, pertanto non chiedo nulla che non abbia già fatto fino a oggi: collaborazione. Un film che costerà intorno ai 50.000 euro non è facile da realizzare. Chiunque vorrà darci un aiuto sarà ben accetto. Nel caso ci sia qualcuno interessato, l’iban per le donazioni è Banca Intesa San Paolo IBAN: IT 97 U 03069 13800 100000004802 – intestato a Sicilia Risvegli Onlus. Causale: Film Salvatore Crisafulli”. Abbiamo già detto nel numero di marzo che intendiamo continuare a parlare nel nome di chi non può farlo, perché inchiodato a un letto dal coma o da qualche altra disabilità. Come Salvatore Crisafulli, tante altre persone, in diversi paesi del mondo, hanno dato testimonianze analoghe. Alcuni si sono risvegliati appena in tempo per evitare l’espianto degli organi. Altri come Terri Schiavo ed Eluana Englaro, considerati ingiustamente “vegetali”, non possono più farlo, perché sono state ammazzate con il benestare della legge e della “civiltà”. Oggi (mentre andiamo in stampa) Vincent Lambert, in Francia, rischia la stessa fine. ■
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Scienza e morale
Vaccini sì, vaccini no Human Life International ci propone questo articolo apparso sulla rivista The Wanderer che getta luce su una questione inquietante: se i resti dei bambini abortiti sono usati nella preparazione dei vaccini, è moralmente lecito usarli? di Brian Clowes
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’è una certa confusione tra i pro life, soprattutto tra i genitori, per quanto riguarda la moralità dell’utilizzo di vaccini che possono essere stati prodotti con il tessuto di bambini abortiti. Destano particolare preoccupazione i vaccini che sono stati realizzati utilizzando in parte il tessuto fetale derivato da aborti avvenuti decenni fa, e portano i nomi MRC-5 e WI-38. Tra questi il Varivax per la varicella, il Meruvax II per la rosolia, e l’Havrix e il Vaqta per l’epatite A. I ceppi di cellule utilizzati per il MRC-5 e il WI-38 provengono da bambini abortiti nel 1961. Le loro cellule sono state rigenerate dalla Merck e da altre aziende, in laboratorio. Questi ceppi di cellule sono tecnicamente “immortali”, perché i tecnici possono conservarli indefinitamente nelle condizioni appropriate. Questo significa che i ricercatori che hanno sviluppato questi vaccini relativamente nuovi non hanno alcuna responsabilità per gli aborti fatti mezzo secolo fa dall’altra parte del mondo. E’ certamente molto diverso da ciò che fanno oggi alcuni ricercatori contemporanei. Essi cooperano così strettamente con le fabbriche dell’aborto, che per ottenere il tessuto di cui hanno bisogno,
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frequentano assiduamente i luoghi dove si praticano le interruzioni di gravidanza, così da poter immediatamente impacchettare e conservare i tessuti nel momento in cui gli aborti sono fatti. Il 5 giugno 2005, la Pontificia Accademia per la Vita ha pubblicato una dichiarazione intitolata Riflessioni morali circa i vaccini preparati a partire da cellule provenienti da feti umani abortiti, che risponde a molte domande che i Cattolici potrebbero avere sulla questione. Il documento riconosce grande valore allo sradicare le malattie che hanno afflitto l’umanità per millenni, definendo ciò una “pietra miliare” della moderna tecnica medica. La Chiesa cattolica ha sempre sostenuto i progressi in tutti i settori della tecnica medica, purché aderiscano ai prin-
Oggi alcuni ricercatori frequentano assiduamente i luoghi dove si praticano gli aborti così da poter immediatamente impacchettare e conservare i tessuti al momento.
cipi della morale. Tuttavia, nel corso dell’ultimo mezzo secolo si sono affermate molte pratiche moralmente discutibili o apertamente malvagie. Alcune procedure che tentano di trarre il bene dal male sono eticamente equivoche e creano dubbi, come ad esempio la produzione di vaccini salvavita ottenuti dall’aborto, che alla vita pone fine. La domanda principale è: chi usa un vaccino, quanto strettamente coopera al male dell’aborto? La Pontificia Accademia distingue tre gradi di cooperazione per quanto riguarda la produzione, la vendita e l’uso di vaccini che utilizzano i resti dei bambini abortiti. Per cominciare, quelli che procurano i tessuti dai bambini abortiti, sono colpevoli di cooperare formalmente all’aborto approvandolo e sfruttando l’atto stesso dell’aborto. Essi sono colpevoli come il fidanzato che paga per l’aborto, l’amica che incoraggia la donna e l’accompagna alla clinica, o l’abortista che esegue la procedura vera e propria. Leggermente staccati da questa cooperazione diretta all’aborto sono coloro che mettono in commercio, pubblicizzano e distribuiscono i vaccini derivati. Ma anche queste attività sono moralmente illecite, perché esse potrebbero “contribuire, di fatto,
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Scienza e morale
a incentivare l’effettuazione di altri aborti volontari, finalizzati alla produzione di tali vaccini.” Infine, ci sono i medici e i pazienti che fanno uso di questi vaccini, anche se conoscono la loro origine. Essi sono autorizzati a utilizzare i vaccini quando non c’è alternativa disponibile, al fine di evitare rischi di salute significativi ai bambini e, indirettamente, alla popolazione in generale. Tuttavia, questo provoca una costrizione morale ai genitori, che sono sottoposti all’alternativa di agire contro coscienza o mettere in pericolo la salute dei propri figli. Si tratta di un’alternativa ingiusta che deve essere eliminata quanto prima. La Pontificia Accademia conclude, quindi, ricordando il nostro dovere morale di fare di più che resistere passivamente al male; dobbiamo combatterlo attivamente. Tutti avrebbero l’obbligo di opporsi con ogni mezzo ai vaccini che creano problemi morali, facendo pressione affinché vengano preparati vaccini alternativi. Padre Tadeusz Pacholczyk, Direttore di Education for the National
Catholic Bioethics Center, ci dà alcune indicazioni su quali azioni specifiche possiamo intraprendere. Egli dice che i genitori possono chiedere a chi dà loro assistenza sanitaria informazioni accurate e dettagliate su quali vaccini sono stati sviluppati utilizzando ceppi di cellule di origine illecita. Ciò coinvolge gli operatori sanitari in una discussione alla quale c’è molto bisogno che essi prendano parte. I genitori possono far conoscere il loro disaccordo scrivendo alle case farmaceutiche che producono i vaccini. In sintesi, i pro vita coscienziosi sono costretti a prendere in considerazione da una parte la salute dei propri figli e dall’altra la partecipazione a una procedura illegale e immorale che ha già ucciso bambini non nati. Il documento della Pontificia Accademia ha messo in chiaro che la liceità dell’uso di questi vaccini non va interpretata come una dichiarazione di liceità della loro produzione e commercializzazione, ma come una cooperazione materiale passiva e, in senso più debole e remoto, anche attiva, moralmente giustificata come extrema ratio in ragione del dovere di provvedere al bene dei propri figli e delle persone che vengono in contatto con i figli. Il dott. Edward J. Furton, importante bioeticista cattolico, scrive che sembra impossibile che un individuo possa cooperare con un’azione che ora è conclusa ed esiste solo nel passato. Chiaramente, l’uso di un vaccino nel presente non costringe chi è stato vaccinato a condividere l’intenzione immorale o l’azione di chi ha fatto nel passato l’aborto. Né tale utilizzo favorisce
qualche circostanza essenziale per la commissione di tale atto passato. Pertanto, l’uso di questi vaccini sembrerebbe ammissibile. Il dott. Furton ha detto che i Cattolici, utilizzando questi vaccini, non approvano gli aborti che sono all’origine in nessun modo. Ha scritto che sarebbe impossibile esigere che tutti i benefici che riceviamo nel presente siano completamente privi di ogni legame con atti immorali del passato. Egli ha anche rilevato che questi vaccini non incoraggeranno ulteriori aborti in quanto i ceppi di cellule provenienti dagli aborti originali continuano a crescere e a duplicarsi e che quindi c’è poco incentivo a iniziare con nuovi ceppi di cellule umane. Ha anche scritto che potremmo rifiutare queste vaccinazioni noi stessi, ma abbiamo il dovere di proteggere la vita e la salute dei nostri figli e di farli vaccinare se nessun’altra alternativa è possibile. Se la Merck o altre case farmaceutiche stessero ancora acquistando ingenti quantità di feti dalle fabbriche dell’aborto per produrre questi vaccini, non ci sarebbe alcun dubbio su quale sarebbe la linea di condotta corretta. Ma è certamente lecito utilizzare tali vaccini quando l’aborto in questione è un atto che è stato compiuto molto tempo fa, quando non sono provocati altri aborti, e per salvare le vite di molti altri bambini. Se gli unici vaccini disponibili sono quelli prodotti con i resti dei bambini non nati, possiamo usarli perché non c’è cooperazione materiale con gli aborti. Se c’è una cooperazione al male dell’aborto, riguarda le multinazionali farmaceutiche, non le persone che sono vaccinate. ■ [Traduzione a cura di Marcello Riccobaldi]
Alcuni vaccini, invece, sono prodotti con cellule derivanti da feti abortiti nel 1961 e rigenerate per decenni in laboratorio.
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Famiglia ed economia
Alessandro Benigni
Docente di Filosofia e Psicologia nei Licei, ha ideato e diretto, insieme a Bernardo Cinquetti, la casa editrice “Multimedia Edizioni Universitarie” in Parma. Ha pubblicato diversi titoli per le Edizioni Boopen. Su Amazon sono disponibili alcuni suoi e - book in formato Kindle.
L’amore è tutto. Ma non tutto è amore Abbiamo perso il senso e il significato del termine “amore”, che invece ha diverse declinazioni, possibilità, giustificazioni. di Alessandro Benigni
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l pensiero unico fa sempre più ossessivamente rimbalzare - ormai ovunque - termini volutamente decontestualizzati e quindi confusi e confusionari, ingredienti perfetti per decostruire realtà basilari per la sussistenza della civiltà, sulla base di fallacie retoriche ad alto impatto emotivo. Si tratta di slogan costruiti ad arte, del tutto inconsistenti alla prima prova di un’analisi logico-linguistica, anche delle più superficiali. Ma con l’avvento dell’epoca del relativismo etico, che cosa importa più? Così, non interessa più il senso del diritto, che per uscire dallo stato originario di natura in cui il più forte prevale sul più debole (homo homini lupus, per ricordare una formula cara a Hobbes) affonda fin dall’inizio le sue radici nel rispetto del prossimo e delle esigenze dei più deboli per garantire a tutti un pieno sviluppo e un’autentica libertà,
L’amore non era un sentimento universale, che tutto giustifica e tutto con-fonde, per i Greci, che come sempre, hanno ancora molto da insegnarci.
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socialmente condivisi. Non importa di conseguenza il destino dei più piccoli, sempre più spesso ridotti a merce da compravendita, brutalmente deprivati del padre e/o della madre, resi orfani ancor prima di nascere, col solo scopo di compiacere a qualche coppia di adulti benestanti (che si possono permettere appunto un “utero in affitto”, anche se come da regola del mercato i prezzi si stanno abbassando): figuriamoci quindi se a qualcuno interessa la correttezza della comunicazione linguistica e l’onestà intellettuale, oltre che morale, che la determina. “L’amore è un sentimento universale che non ha sesso né età e va riconosciuto - anche giuridicamente - a tutti”, “i bambini hanno bisogno di qualcuno che li ami, non necessariamente di un padre e di una madre” oppure, ancora più banalmente, “Love is love!”, ci sentiamo ripetere. Certo. Io posso amare persone, animali, cose, o anche attività. Amo mia moglie: ma non è lo stesso tipo di amore che provo per i figli. Amo i miei genitori: ancora è una tipologia di amore diversa da quella per l’amico del cuore. Amo suonare la chitarra, ma non è la stessa cosa dell’amore per il mio lavoro: e così via. A parte l’ovvia (anche se oggi non più scontata) osservazione che l’amore è condizione necessaria ma non sufficiente per una
crescita armoniosa e serena di un bambino, è mai possibile che sia “tutto amore”? Quando si proclama il diritto al matrimonio (e quindi all’adozione) per persone dello stesso sesso, si intende affermare che l’amore di queste coppie (ontologicamente impossibilitate alla generazione e alla cooperazione per la sussistenza della società umana) è lo stesso amore delle coppie naturali (ontologicamente aperte alla generazione e quindi alla vita). Siamo forse arrivati così in fretta al capolinea, nell’era del pan-logismo, dove tutto va bene, tutto ha una sua ragione superficiale pronta a giustificare ogni aberrazione, e di conseguenza nell’era del panerotismo, dove ogni ente, idea, fatto, merita indistintamente di essere “amato” (nel senso di posseduto), per il solo fatto di esser-ci? Abbiamo perso il senso e il significato del termine “amore”. Sembra strano, ma le cose stanno così. Proprio oggi, nell’epoca in cui l’amore sembra regnare sovrano e coprire col suo manto dolciastro tutto e tutti, occhi e cervelli compresi, abbiamo dimenticato che anche il termine “amore” è un pollachòs legòmenon per usare un’espressione aristotelica: si dice in molti modi ed ha significati molto diversi tra loro. A volte perfino opposti.
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Famiglia ed economia L’amore non era un sentimento universale, che tutto giustifica e tutto con-fonde, per i Greci, che come sempre, hanno ancora molto da insegnarci. Per i fondatori della civiltà non c’è, infatti, un solo “amore”: bisogna distinguere, specificare. A meno che - come accade alla nostra “civiltà occidentale” non si decida consapevolmente di fare confusione logico-linguistica. Per parlare d’amore avevano, infatti, almeno i seguenti termini: 1) Agape (αγάπη) è amore di ragione, incondizionato, oblativo, anche non ricambiato, spesso con riferimenti religiosi: per esempio è il termine per indicare l’amore più usato nei Vangeli. 2) Philia (φιλία) è l’amore di affetto e piacere, di cui ci si aspetta un ritorno, ad esempio tra amici. 3) Eros (έρως) termine che definisce l’amore sessuale, ma non solo. Deriva da Ёραμαι” (eramai) che vuol dire “amare ardentemente”, “bramare”. Il termine Ёρος non si riferisce necessariamente a una persona. Per esempio, “Ёρος πόσιος καί εδήτυος” (eros pòsios kài edètuos) significa “desiderio di bere e di mangiare”, e non “amore passionale del mangiare”: il verbo Ёραμαι da cui deriva il termine Ёρος può anche riferirsi a enti astratti, come per esempio la brama di conoscere. 4) Anteros (αντέρως) quando l’amore è corrisposto, quando c’è un legame. 5) Himeros (Iμερος), “desiderio irrefrenabile”: la passione del
Se tu che dici di amarmi mi hai tolto volutamente un padre e una madre, hai scelto di strapparmi dalle mie origini, di farmi vivere una non realtà (non esistono due mamme e non esistono due papà), hai scelto di fare nei miei confronti uno dei peggiori atti di bullismo e di menzogna che potrò subire nella mia vita.
Eros con l’arco, copia romana d’epoca imperiale di Lisippo, Musei Capitolini - Roma
momento, il desiderio fisico presente e immediato che chiede di essere soddisfatto. 6) Pothos (Πόθος), termine che è il desiderio verso cui tendiamo, ciò che sogniamo, alla base della nostra intenzionalità. 7) Stοrgé (στοργή): l’amore parentale-familiare, viene dal verbo Στέργω (stergo) che significa “amare teneramente” e viene usato soprattutto in riferimento all’amore filiale, è l’amore d’appartenenza, ad esempio tra parenti e consanguinei. Designa l’affetto naturale fra parenti intimi e specialmente fra i genitori e i loro figli, ma anche tra fratelli e sorelle. 8) Thélema (θέλημα) indica l’amore per quel che si fa, è il piacere di fare, il desiderio voler fare. Altro che “love is love”. Ora, a parte il fatto che ciascun essere umano, quindi ciascun bambino, ha diritto al padre e alla madre, ad una famiglia vera, come recita anche la Dichiarazione Universale dei diritti del bambino (art. 7), a quale dei significati che abbiamo elencato potrebbe aderire il preteso sentimento di amore di due adulti che costitu-
iscono una coppia dello stesso sesso e pretendono poi inserire in questo contesto a forza, col potere del denaro, un bambino generato altrove, attraverso tecniche di laboratorio, reso volontariamente orfano di padre e/o di madre fin dal concepimento, al quale verrà poi negato per sempre il diritto stesso di avere il proprio padre e/o la propria madre e di vivere in una famiglia normale? La risposta viene come sempre dall’evidenza. Questa volta, ottimamente riassunta dall’esperienza di una madre. Da una mamma vera, da uno di quei genitori che darebbero la vita per il bene dei figli, all’istante, senza se e senza ma, e mai e poi mai si sognerebbero di chiamare amore quello che è solamente un mostruoso atto di egoismo: “Se tu che dici di amarmi mi hai tolto volutamente un padre e una madre, hai scelto di strapparmi dalle mie origini, di farmi vivere una non realtà (non esistono due mamme e non esistono due papà), hai scelto di fare nei miei confronti uno dei peggiori atti di bullismo e di menzogna che potrò subire nella mia vita” (Katia Giardiello). Ma, tanto, “love is love”, vero? ■
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Letture consigliate Massimo Gandolfini Adozioni a coppie gay? Cosa dice la scienza Fede & Cultura Negli ultimi anni, nel dibattito pubblico è stato introdotto il tema della cosiddetta “omogenitorialità”, da cui si vorrebbe derivare il diritto di adottare bambini da parte di coppie gay: il fatto che le coppie eterosessuali lo possano fare e quelle omosessuali no viene presentato come una discriminazione. A sostegno di ciò, l’argomento che viene opposto è l’affermazione che esistono evidenze scientifiche che permettono di affermare che le coppie omosessuali sono idonee come quelle eterossesuali ai fini dello sviluppo psicofisico e del benessere generale dei bambini. Questo contributo vuole dimostrare invece che queste teorie stanno destrutturando nel suo profondo il connettivo antropologico dell’uomo e che, proprio dal punto di vista scientifico, è fondamentale per un bambino crescere con un papà e con una mamma. Giorgio Maria Carbone Gender - L’anello mancante ESD Il breve saggio si propone di presentare le origini del pensiero del gender, i suoi sviluppi e le sue implicazioni nella vita concreta. In particolare analizza alcuni testi di John Money, secondo cui l’identità sessuale (cromosomica e fisiologica) è «irrilevante» per lo sviluppo del bambino. Tale tesi diventa un paradigma di pensiero in alcune Conferenze internazionali organizzate dalle Nazioni Unite. Oggi questa posizione è ben presente in Italia con molte iniziative, ministeriali e scolastiche. Senza ricorrere a odiose contrapposizioni, il testo analizza criticamente la tesi del gender, le sue declinazioni italiane, gli argomenti principalmente usati dai sostenitori – si pensi alle nozioni di uguaglianza, parità e non-discriminazione – e infine propone dei rimedi di carattere culturale ed educativo.
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