ProVita Luglio/Agosto 2017

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Anno VI | Luglio/Agosto 2017 Rivista Mensile N. 54

MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES

“Nel nome di chi non può parlare” Organo informativo ufficiale dell’associazione ProVita Onlus - Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale -

“POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1 NE/TN” | Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003

Trento CDM Restituzione

Notizie

Buone vacanze!

La disforia di genere nei bambini

L’aborto è un “diritto” che serve alla “salute” delle donne?

Roberto Marchesini, p.12

Renzo Puccetti, p.16

La legge e la natura umana

Darwin ha sbagliato tutto

Tommaso ScandrogliO, p.24

Enzo Pennetta, p. 27


MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES

SOMMARIO

Notizie

EDITORIALE

Anno VI | Luglio/Agosto 2017 Rivista Mensile N. 54

Editore ProVita Onlus Sede legale: via della Cisterna, 29 38068 Rovereto (TN) Codice ROC 24182

Buone vacanze!

RICORDANDO LA MARCIA PER LA VITA

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ARTICOLI

Redazione Toni Brandi, Federico Catani, Alessandro Fiore, Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel Piazza (BZ) G rMunicipio, a f i c a i l 3l u- s39040 t r a t rSalorno ice www.notizieprovita.it/contatti Cell. 329-0349089

La Finestra di Overton

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La disforia di genere nei bambini

Roberto Marchesini

12

L’aborto è un “diritto” che serve alla “salute” delle donne?

Renzo Puccetti

Direttore responsabile FRANCESCA GOTTARDI Antonio g r a Brandi fica illustratrice Direttore editoriale Francesca Romana Poleggi

Giuseppe Fortuna

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Gloria Pirro

RU486: fa strage di bambini e anche di madri

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La spietata misericordia predicata a Lovanio

Benedetto Rocchi

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La legge e la natura umana

Tommaso Scandroglio

Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Marco Bertogna, Giuseppe Fortuna, Roberto Marchesini, Alba Mustela, Enzo Pennetta, Gloria Pirro, Renzo Puccetti, Benedetto Rocchi, Tommaso Scandroglio

FILM: La battaglia di Hacksaw Ridge

Marco Bertogna

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Darwin ha sbagliato tutto

La rivista Notizie ProVita non ti arriva con regolarità? Contatta la nostra Redazione per segnalare quali numeri non Ti sono stati recapitati e invia un reclamo online a www.posteitaliane.it. Grazie per la collaborazione!

Enzo Pennetta

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Cinema e bioetica a confronto

Alba Mustela

Progetto e impaginazione grafica

Tipografia

Distribuzione

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L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto.

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EDITORIALE

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arrivata l’estate, il tempo delle ferie. Anche questa nostra Rivista nel mese di agosto “riposa”. Il nostro portale, invece, sarà sempre attivo: ci daremo il turno per vigilare affinché non passino sotto silenzio eventi rilevanti in relazione ai temi bioetici dei quali ci occupiamo. I nostri parlamentari, soprattutto, vanno tenuti d’occhio negli ultimi giorni prima delle loro vacanze: per esempio, ricorderete che nel 2013 hanno tentato di far passare la legge Scalfarotto, in sordina, i primi di agosto... Nell’augurarvi buone ferie e darvi appuntamento a settembre, questo numero di Notizie ProVita ha il piacere di offrirvi spunti per l’approfondimento e la formazione davvero eccellenti. Come quello di Tommaso Scandroglio sulla legge naturale, quello di Roberto Marchesini sulla disforia di genere nei bambini, quello di Renzo Puccetti su aborto e salute femminile, quello di Enzo Pennetta sul Darwinismo. È poi tornato a scrivere per noi, dopo tanto tempo, un caro amico di vecchia data, Benedetto Rocchi, che ci offre la sua riflessione sulla misericordia e la pietà di certi sedicenti cattolici. Inoltre, siamo lieti di presentarvi due nuovi collaboratori: Gloria Pirro, la quale ci parla dei pericoli della RU486 (che molti vorrebbero fosse diffusa come l’aspirina) e Giuseppe Fortuna, il quale ci illustra il funzionamento della Finestra di Overton, un meccanismo di ingegneria sociale che può avere effetti temibili quanto a manipolazione delle menti e dell’opinione pubblica. In apertura, invece, abbiamo voluto pubblicare foto e testimonianze raccolte durante la Marcia per la Vita e i convegni che quest’anno l’hanno preceduta. È bello per chi li ha vissuti, a distanza di un paio di mesi, ricordare quei piacevoli momenti. Speriamo così inoltre di invogliare i nostri Lettori che ancora non l’avessero fatto a partecipare ai prossimi eventi che ProVita Onlus propone e proporrà: tenete sempre d’occhio il nostro sito, perché al gender, all’aborto, all’eutanasia e all’ipersessualizzazione dei nostri bambini bisogna opporsi anche durante le vacanze: siamo innamorati di questa povera umanità e soprattutto di coloro che sono più vulnerabili, in primis i bambini. E il nostro amore per loro non va in ferie. Buone vacanze a tutti! Toni Brandi


È

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tempo di vacanza: è tempo, per chi può, di mettere da parte le ansie, gli impegni, le preoccupazioni e godersi un po’ di riposo sia nel corpo, sia nello spirito. Ma sarà piacevole ricordare un evento gioioso cui molti dei nostri Lettori hanno partecipato. Perciò, ripensando alla festa

di cuori e di colori che si è svolta il 20 maggio scorso per le vie della Capitale, pubblichiamo in queste pagine le foto e le parole che abbiamo raccolto durante la settima edizione della Marcia per la Vita. Abbiamo chiesto: «Perché sei venuto fin qui a Roma a marciare per la vita? Ha senso

partecipare, oggi, alla Marcia per la Vita?». Molti sono stati un po’ schivi e timidi di fronte al microfono e hanno risposto solo: «Perché la vita è sacra», oppure: «Perché l’aborto è un omicidio», o solamente: «Perché… evviva la vita!». E – a pensarci bene – in fondo è proprio questo l’essenziale!

«Ha senso essere qui a testimoniare l’incommensurabile valore – come ha detto il Santo Padre – della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale. E purtroppo assistiamo ogni giorno alla

distruzione della vita nel seno materno. Ora anche al tentativo di distruggere la vita dei malati terminali o dei disabili, perché è considerata una vita indegna di essere vissuta. Abbiamo oggi la possibilità

di dimostrare a tutti che siamo un grande popolo che difende il primo di tutti i valori e che non è disposto a fare neanche un passo indietro nella difesa della vita» Massimo Gandolfini

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«Anche se non fossi credente, sarei qui per testimoniare davanti a tutti la sacralità della vita. Oggigiorno ha ancora più senso scendere in piazza, in marcia, per la vita: la gente vive chiusa in se stessa, attaccata agli smartphone e alla realtà virtuale, riceve solo un certo tipo di messaggi. La gente deve vedere che c’è chi scende in piazza per la vita, perché la vita è un valore fondamentale. Non possono ignorarci: è una testimonianza importante» Christopher (Australia)

«La Marcia per la Vita come prima cosa serve ad affermare forte e chiaro che un bambino è un bambino e che l’aborto uccide un bambino. Oggi non è scontato: al contrario c’è la tendenza a nascondere il bambino, si fa di tutto per non farci pensare a lui. La tendenza a nascondere il bambino fa parte della tendenza sempre più diffusa a nascondere la realtà: non riusciamo più a capire la realtà perché non ci fanno capire quello che sta succedendo. Non ci fanno capire che con la legge sulle DAT ci saranno anziani e disabili che verranno uccisi. Anzi, non si potrà proprio nemmeno dirlo, come non si può più dire che Eluana Englaro è stata uccisa! Il potere vuole imporci la negazione della realtà, vuole condizionare il nostro pensiero. E questo vale anche per il potere giudiziario: come magistrato ci vengo ancor più volentieri a Roma, a marciare per la vita» Giacomo Rocchi 2017 Luglio/Agosto - n. 54

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«Bisogna marciare per la vita, non solo a Roma, dappertutto! Guardatevi intorno: alla gente importa, la gente sa che è importante, perché la vita è la cosa più importante!» April (Oklahoma)

«Ha senso marciare per la vita per difendere i valori. Per molti ha senso: si guardi intorno!» Benedetta (Toscana) 6

«Sono qui perché ogni essere umano conta, anche il “grumo di cellule” nel seno materno. Ho 18 anni e alcuni mi dicono che ragiono come una persona anziana: non è vero. Questa è la verità. Quelli che la negano saranno più “moderni” di me ma sono ciechi, oppure stupidi» Mauro (Trieste)

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«Per noi della Comunità Papa Giovanni XXIII il senso di questa manifestazione è meraviglioso: è darsi forza reciprocamente per combattere perché ci sono delle ingiustizie contro la vita che dobbiamo assolutamente combattere» Andrea Mazzi (Modena)


«Noi dell’associazione Marco Sedici sappiamo che l’aborto è un omicidio. Anche nei primissimi giorni, sin dal concepimento. La vita va rispettata sempre perché è sempre un frutto dell’Amore, anche quando la coppia si unisce solo per divertimento» Antonio (Cosenza)

«Non possiamo mica stare a casa: dobbiamo dare un esempio, dobbiamo far capire che la vita soffre attacchi mostruosi» Damiano, Michele, Piergiorgio (Verona)

«La vita dei più deboli è in pericolo: dobbiamo svegliare le coscienze. La gente si deve chiedere perché veniamo – e vengono anche da lontano – a fare questa manifestazione» Giuseppina (Provincia di Roma)

«Bisogna fare qualcosa: bisogna farsi vedere. La Marcia per la Vita è un segnale. Ci potrebbe essere chiesto il conto, un giorno, su ciò che abbiamo fatto e su ciò che non abbiamo fatto per la vita, per la famiglia, per chi soffre» Paolo (Jesi)

«Noi andremmo anche in Brasile, anche in Cina, per la vita. Noi salviamo i bambini nel nostro CAV. Oggi chiediamo al Presidente della Repubblica di non firmare la legge sull’eutanasia: è una vergogna per l’Italia!» Robi (Treviso)

«Fare è diverso che pensare: non basta pensare bene, bisogna fare qualcosa. Anche venire a Roma: non vogliamo essere considerati come Ponzio Pilato… anche i nostri coetanei [16 anni, ndR] devono capire, vedere che siamo qui» Maria Luce, Aurora e Sharon (Verona)

«Dobbiamo marciare perché non abbiamo ormai più il diritto di parlare e di dire chiaro a tutti cosa è bene e cosa è male. L’aborto è una piaga sociale. Serve una testimonianza pubblica, visibile» Roberto e Claudio

«Noi del Comitato Verità e Vita siamo qui alla Marcia, perché la gente deve vedere che c’è ancora qualcuno che crede fermamente nel valore della vita e della sua intangibilità, perché oggi la vita è tradita anche da chi dovrebbe difenderla» Angelo Filardo 2017 Luglio/Agosto - n. 54

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«Siamo qui per innalzare un vero inno alla Vita, per affermare ancora una volta la sacralità della Vita umana e perciò la sua assoluta intangibilità dal concepimento alla morte naturale, senza alcuna eccezione, alcuna condizione, alcun compromesso. Ancora una volta siamo qui per difendere il diritto alla vita come primo dei principi non negoziabili, iscritto nel cuore e nella ragione di ogni essere umano. Perché dobbiamo reagire, sul piano politico e culturale, contro ogni normativa contraria alla legge naturale e contro ogni manipolazione mediatica e culturale che la sostenga. È un’occasione per dire il nostro fermo NO, senza se e senza ma, senza compromessi né tatticismi, alla legge 194. Essa viola i diritti fondamentali della persona: i diritti del figlio, il diritto del padre, i diritti dei genitori della minorenne che può abortire a loro insaputa; viola anche e soprattutto i diritti delle donne all’assistenza e alla solidarietà sociale di fronte a una gravidanza problematica. È un’occasione per dire il nostro fermo NO a ogni forma di eutanasia… Pensando a tutte le persone che sono qui mi vengono in mente le parole del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: “Ci sono cose che non si fanno per coraggio. Si fanno per continuare a guardare serenamente negli occhi i propri figli”. Ecco perché noi dell’Associazione “Ora et Labora in Difesa della Vita” siamo venuti alla Marcia per la Vita» Giorgio Celsi

«Può sembrare strano, ma dobbiamo riaffermare l’ovvio: bisogna tutelare la vita nascente, la vita dal concepimento alla fine naturale. Senza la tutela della vita, senza la difesa della natalità, non ci sarà un futuro per noi, per la nostra cultura e per la nostra civiltà. E quindi essere qui è riaffermare qualcosa di ovvio, ma che oggi non va più di moda. Siamo qui per dire ancora una volta Sì alla vita» Federico Iadicicco

«Siamo venute perché ha senso, ancora oggi, marciare per la vita: è importante, la vita; oggi ha senso più che mai, più che negli anni passati. La vita è in pericolo, minacciata dalla politica scriteriata di quelli che stanno in Parlamento…» Paola, Marisa, Chiara e Simona (Milano)

«La vita non è mai stata tanto attaccata e minacciata dalla politica come oggi. Abbiamo il dovere di scendere in piazza a dire che la vita va difesa, che è un dono di Dio e che non ci appartiene» Suor Eleusa

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ProVita Onlus A ROMA E BUDAPEST

PER LA VITA E PER LA FAMIGLIA In concomitanza con la Marcia per la Vita, ProVita Onlus ha contribuito a organizzare a Roma due convegni. Uno presso la Casa Bonus Pastor, il 19 maggio, dedicato al tema della libertà di educazione e alla scuola parentale, insieme ad amici statunitensi e russi. Un altro il 20 maggio, presso la Pontificia Università S. Tommaso d’Aquino (Angelicum), sull’eutanasia e in generale sugli attacchi alla vita umana. In entrambe le occasioni ha preso la parola il nostro presidente Toni Brandi ed è intervenuta Gianna Jessen, alle soglie del suo nuovo tour in giro per l’Italia insieme a ProVita Onlus (... e un altro tour è già organizzato per l’autunno!). Brandi ha partecipato anche al Congresso Mondiale delle Famiglie, tenutosi quest’anno a Budapest dal 25 al 28 maggio, dove ha avuto modo di interloquire con diversi esponenti di associazioni pro-life e pro-family di tutto il mondo. Di particolare importanza è stato l’incontro con il Ministro della famiglia ungherese (nella foto a fianco), che ha ricordato quanto l’esecutivo di Budapest si sta adoperando per sostenere le famiglie e la natalità attraverso misure che dovrebbero essere di ispirazione per tutta Europa.

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Giuseppe Fortuna

LA FINESTRA DI OVERTON L’ingegneria sociale, attraverso i media, i giudici e la politica, riesce a manipolare l’opinione pubblica e a far accettare alle masse idee e situazioni, naturalmente e da sempre, inaccettabili

C

he le variazioni culturali e sociali odierne siano guidate da un manipolo di persone nelle “stanze dei bottoni” è un’idea che non scandalizza più nessuno. L’evoluzione di una società può essere veicolata attraverso messaggi e processi studiati a tavolino. Tuttavia conoscere almeno in parte alcuni di questi meccanismi aiuta a comprenderne la portata e a difenderci, conservando un minimo di spirito critico. Uno dei meccanismi più noti e insidiosi attraverso cui la coscienza collettiva viene manipolata è quello della cosiddetta “Finestra di Overton”. Negli anni Novanta il politologo Joseph P. Overton teorizzò che, per ogni argomento di rilevanza sociopolitica, esisteva una “finestra di accettabilità”, un intervallo di posizioni ritenute ragionevoli dalla maggior parte della popolazione. Opinioni al di fuori di tale finestra sono considerate radicali o del tutto inaccettabili. Ad esempio, oggi l’omosessualità è considerata dall’OMS una «naturale variante della sessualità umana», le unioni civili fra omosessuali sono quindi considerate accettabili (e dunque all’interno della finestra); un po’ meno lo sono i matrimoni e le adozioni e ancora meno l’utero in affitto. Dall’altro lato della finestra ancora si tollera (poco) chi dissente dalla liceità di tali unioni, si critica duramente chi ritiene che l’omosessualità sia una patologia e sicuramente è ritenuto inaccettabile vietarne la pratica. 10

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Ma il punto saliente, che rende così interessante il modello di Overton, è il fatto che la finestra può slittare ed è possibile che poche persone, con opportune manovre propagandistiche, la “trascinino” da un lato o dall’altro. L’importante, secondo Overton, è che la finestra venga “tirata” dall’esterno: servono persone disposte a esporsi, collocandosi (di poco) fuori. E il gioco è fatto. Così un’idea oggi impensabile (primo livello), e quindi vietata, comincia a vedere un certo numero di sostenitori che, premendo su opportune leve, riescono a declassare l’impensabile al rango di radicale (secondo livello). Un comportamento radicale è di norma vietato, tuttavia è “guardato senza pregiudizi”, e in alcuni “rari casi” è consentito. È ciò che è accaduto negli anni Sessanta e Settanta con divorzio e aborto: prima ritenuti tabù, in seguito tollerati in casi eccezionali e poi consentiti ma “con cautela”, imponendo una serie di vincoli per attutire l’impatto sociale del cambiamento. Man mano tuttavia che si presentano nuove casistiche, la popolazione “comprende” che i confini della tollerabilità sono sfumati e che un numero sempre più ampio di “rari casi” va ammesso a costituire “eccezioni”. Così si crea una giurisprudenza delle eccezioni e, di fatto, anche ciò che non è legale viene in molti casi ammesso. Persino l’opinione pubblica comincia a cambiare: l’idea diventa così accettabile. Per rendere


la transizione più graduale, si tende a usare termini edulcorati, utilizzando la neolingua (che i nostri lettori conoscono bene). E così l’aborto diventa “interruzione volontaria di gravidanza”, le tecniche abortive e contraccettive si chiamano “strumenti di pianificazione familiare”, l’embrione o il feto sono “prodotti del concepimento”. Tutto ciò è assolutamente necessario perché le stesse coscienze che prima consideravano inconcepibile l’aborto ora si auto-convincano che, dopotutto, per quanto ancora l’idea sia ripugnante, probabilmente questa naturale avversione sia in realtà il frutto di una cultura retrograda e conservatrice. Ci si convince che, pur non condividendo, si debba accettare il cambiamento per garantire la libertà di chi la pensa diversamente. L’argomento comincia dunque a riscuotere consensi, a diventare un tema sensibile, se ne comincia a parlare ampiamente sui mass-media; personaggi pubblici si schierano a favore dell’introduzione della “novità” e i conservatori sono in generale visti con disinteresse e considerati di scarsa apertura mentale. Di lì a far diventare l’oggetto del contendere popolare e quindi legale il passo è breve. La legalizzazione di un comportamento ritenuto prima inconcepibile determina l’impennarsi della sua popolarità: la finestra di Overton ha completato il suo spostamento e ora al centro c’è la stessa posizione che prima era ritenuta impensabile. I vincoli legislativi vengono rimossi e ciò che prima era appena tollerato ora diviene un diritto.

Impensabile Radicale Accettabile Sensibile Popolare

Legale

Popolare Sensibile Accettabile Radicale Impensabile

Finestra di Overton

E il meccanismo è pronto per ripartire. A seconda dello specifico contesto sociale, le leve utilizzate per promuovere un’idea al livello successivo sono le più variegate, perché legate a ciò che si percepisce come determinante nel contesto storico specifico. Ad esempio nel Novecento le due leve principali sono la scienza (o meglio la pseudoscienza), che ha ormai annientato il buon senso a colpi di statistica e di presunte “lotte ai pregiudizi”, e la rivendicazione dei “diritti civili”, cui una popolazione reduce da totalitarismi e guerre mondiali ovviamente anela continuamente. Spesso è sufficiente issare uno di questi due stendardi per veder cadere anche le più strenue opposizioni.

Conoscete Hannibal Lecter, il folle genio criminale interpretato da Antony Hopkins?

Visitate il portale notizieprovita.it, inserite nel motore di ricerca Matrimonio gay, dopo divorzio, aborto… e poi il cannibalismo?, troverete la spiegazione di come l’ingegneria sociale potrebbe rendere accettabile persino l’idea del cannibalismo, fino alla sua legalizzazione…

Lo spostamento della finestra di Overton rappresenta un sofisticato e pericoloso meccanismo, in grado di stravolgere una società in cui tutto ciò che è tecnicamente fattibile diviene anche accettabile. E a essa si associano due principi complementari che ben esprimono le conseguenze di questo spostamento: il “principio della rana bollita” (la temperatura dell’acqua viene alzata lentamente finché, quando la malcapitata rana comprende di essere in pericolo, non c’è ormai più nulla da fare) e il “principio del piano inclinato” (per quanto la pendenza del piano sia minima, una volta che una sferetta è partita non c’è modo di fermarla). Ma allora non possiamo far altro che rassegnarci a una società che scivola via come fa la sfera sul piano inclinato? No, in verità basterebbe ricordarsi che la finestra può muoversi in entrambi i versi. Sta a noi, questa volta, uscire fuori (di poco) e “tirare” per riportarla al posto giusto. 2017 Luglio/Agosto - n. 54

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Roberto Marchesini

LA DISFORIA DI GENERE

NEI BAMBINI

Condizionare i bambini a credere che una vita di imitazione chimica e chirurgica del sesso opposto sia normale e sana è un abuso infantile

È

uno dei temi più dibattuti a diversi livelli, dalla chiacchiera da bar al discorso intellettualoide: la possibilità di “bloccare” la pubertà di bambini con disforia di genere, in modo che siano loro a scegliere con calma se essere maschi o femmine. Gli entusiasti sono convinti che questa sia una nuova frontiera scientifica; gli scettici, che vada discussa approfonditamente dal punto di vista scientifico. Sbagliano entrambi. Innanzitutto perché quelli attualmente in corso sono esperimenti. Proprio così: stiamo parlando di sperimentazioni sui bambini, con il consenso dei genitori, alla stregua di quelle condotte da Kinsey negli anni Cinquanta del secolo scorso. Secondariamente perché, dal punto di vista scientifico, la questione è chiara.

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Si prenda, ad esempio, il documento dell’American College of Pediatricians pubblicato nel gennaio di quest’anno e intitolato L’ideologia di genere danneggia i bambini (si trova sul sito acpeds.org). La posizione di questi medici circa l’ideologia di genere è la seguente: •• Nessuno nasce con un genere. […] Nessuno nasce con una consapevolezza di sé come maschio o come femmina; questa consapevolezza si sviluppa nel tempo e, come tutti i processi evolutivi, potrebbe essere sviata dalle percezioni soggettive di un bambino, dalle sue relazioni e dalle sue esperienze avverse dall’infanzia in poi. Le persone che si identificano «sentendosi come del sesso opposto» o «da qualche parte tra i due» non costituiscono un terzo sesso. Rimangono biologicamente uomini o biologicamente donne.


La convinzione di una persona di essere ciò che non è rappresenta, nel migliore dei casi, un segnale di pensieri confusi. Quando un ragazzo biologicamente maschio e per il resto sano crede di essere una ragazza, o una ragazza biologicamente femmina e per il resto sana crede di essere un ragazzo, c’è un problema psicologico oggettivo, che ha sede nella mente, non nel corpo, e come tale dovrebbe essere trattato. Questi bambini sono affetti da disforia di genere. La Disforia di Genere (GD), classificata in precedenza come Disturbo dell’Identità di Genere (GID), è riconosciuta come disturbo mentale nella più recente edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dell’American Psychiatric Association (DSM 5). Le teorie psicodinamiche e dell’apprendimento sociale della GD/GID non sono mai state confutate.

La pubertà non è una malattia e gli ormoni che bloccano la pubertà possono essere pericolosi. Che gli effetti siano reversibili o meno, gli ormoni che bloccano la pubertà inducono uno stato patologico – l’assenza di pubertà – e inibiscono la crescita e la fertilità in un bambino che era prima biologicamente sano.

Secondo il DSM 5, il 98% dei bambini con confusione di genere e l’88% delle bambine con confusione di genere accettano il proprio sesso biologico dopo che attraversano naturalmente la pubertà.

Condizionare i bambini a credere che una vita di imitazione chimica e chirurgica del sesso opposto sia normale e sana è un abuso infantile. Avallare la discordanza di genere come normale, attraverso l’istruzione pubblica e le politiche legislative, confonderà i bambini e i genitori, portando un numero maggiore di bambini a presentarsi alle “cliniche gender”, dove verranno somministrati loro dei farmaci che bloccano la pubertà.

Nessuno nasce con un genere: la consapevolezza di sé come maschio o femmina si sviluppa nel tempo e, come tutti i processi evolutivi, potrebbe essere sviata da messaggi sbagliati, che generano confusione. Questa confusione è ingenerata in primis da quelli che dicono di voler abbattere gli “stereotipi”

Notiamo che la principale fonte di questo documento è il DSM 5, che per altri temi (ad esempio l’omosessualità) è considerato La Bibbia («Lo dice il DSM!»). L’affermazione «gli ormoni che bloccano la pubertà possono essere pericolosi» non è tratta da qualche testo “fondamentalista cattolico”, ma si basa sulle Linee Guida per il Trattamento Endocrino delle Persone Transessuali della statunitense Endocrine Society. In questo documento leggiamo: «Data l’elevata remissione del GID dopo l’inizio della pubertà, si sconsiglia un completo cambiamento sociale del ruolo e un trattamento ormonale in bambini prepuberi con GID» (p. 11).

Alfred Kinsey, entomologo Autore de Il comportamento sessuale dell’uomo (1948), de Il comportamento sessuale della donna (1953) e della “scala Kinsey”, una scala in sette punti di valutazione dell’orientamento sessuale di un soggetto. È uno dei padri della rivoluzione sessuale e dell’ideologia gender: le sue ricerche sono state completamente smontate dal punto di vista scientifico e Kinsey – con altri Autori – è stato implicato in oscure vicende di pedofilia e di abusi sui minori e sulle persone usate per stilare detti rapporti (lo stesso Kinsey da bambino era stato abusato: in genere i pedofili hanno subito a loro volta ciò che infliggono alle loro piccole vittime). Nonostante ciò, la propaganda tutt’oggi fa riferimento ai rapporti Kinsey per dare fondamento scientifico alle teorie gender: esiste ancora – ed è accreditato all’ONU – l’Istituto Kinsey per le ricerche su sesso, genere e riproduzione (The Kinsey Institute for Research in Sex, Gender and Reproduction), il quale promuove la ricerca interdisciplinare nel campo della sessualità umana, del genere e della riproduzione. 2017 Luglio/Agosto - n. 54

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Un altro noto documento che affronta l’argomento dal punto di vista scientifico è l’articolo intitolato Sessualità e genere. Risultati di carattere biologico, psicologico e sociale, firmato da Lawrence S. Mayer e Paul R. McHugh e pubblicato dalla rivista The New Atlantis nell’autunno del 2016. Gli autori hanno passato in rassegna circa 200 ricerche e sono arrivati, tra le altre, a queste conclusioni: • Gli studi scientifici non supportano l’ipotesi che l’identità di genere sia una proprietà innata e umana fissa e indipendente dal sesso biologico, cioè che una persona è «un uomo intrappolato nel corpo di una donna» o «una donna intrappolata nel corpo di un uomo», come se ci fosse un errore nel suo corpo e nei suoi genitali. •

[…] non ha alcun supporto scientifico l’idea che un bambino di due anni, che ha espresso pensieri o comportamenti che sono identificati con il sesso opposto, possa essere bollato per la vita come transgender.

La sensazione di essere maschio o femmina a prescindere dal sesso biologico che – nella stragrande maggioranza dei casi – è transitoria, basta per intervenire con degli ormoni che impediscono lo sviluppo dei bambini. Il tutto in una società che vuole carne «bio», ricavata da animali cresciuti senza stimolazioni ormonali...

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È perverso credere che tutti i bambini con pensieri o comportamenti di genere atipici a un certo punto del loro sviluppo, in particolare prima della pubertà, dovrebbero essere incoraggiati a diventare transgender. • Ci sono poche prove scientifiche sul valore terapeutico degli interventi per ritardare la pubertà o per modificare i caratteri sessuali secondari degli adolescenti. […] Non vi è alcuna prova che si dovrebbero incoraggiare a diventare transgender tutti i bambini che esprimono idee o comportamenti atipici sul genere. Ovviamente questi documenti, noti da mesi, non hanno influenzato in alcun modo il dibattito. Sono derisi, snobbati, derubricati come junk-science, integralismo omofobo e religioso. Ma approfondiremo questo punto in seguito. È interessante dare uno sguardo alle ragioni dello schieramento opposto, di coloro che sostengono la disforia di genere dei bambini e chiedono che il loro sesso venga adeguato alla loro identità di genere; o, perlomeno, che si blocchi lo sviluppo sessuale in modo che siano i bambini a scegliere se essere maschi o femmine. Bene, l’unico argomento è questo: se un bambino si sente femmina significa che quella è la sua identità; quindi è femmina (anche se il corpo dice tutt’altro). Ovviamente vale il reciproco per le bambine. Questa affermazione è declinata in vari modi; ad esempio mi è capitato di sentire il conduttore di una trasmissione radiofonica parlare del pallavolista che gioca nel campionato femminile usando queste parole: «Non “si crede” donna. È stata operata, ha cambiato i documenti, quindi è donna a tutti gli effetti». Non importa la genetica, non importa null’altro se non la “sensazione” di essere donna; a questa sensazione si piegano la biologia e la burocrazia. Agli argomenti scientifici si risponde (con successo) con una “sensazione”: è questo l’elemento determinante, tutto il resto non conta. Davvero, non c’è altro. Persino il miglior libro a sostegno


dell’ideologia di genere (Cordelia Fine, Maschi = femmine. Contro i pregiudizi sulla differenza tra i sessi, Ponte alle Grazie 2011) non porta prove a sostegno della propria tesi: si limita a criticare gli argomenti degli avversari. Una sensazione. Che può essere causata da un desiderio di compiacere uno dei due genitori con atteggiamenti tipici dell’altro sesso; oppure da un senso di inadeguatezza; o ancora, dall’introiezione di modelli maschili o femminili particolarmente accattivanti o disturbanti. Le motivazioni di questa sensazione possono essere le più varie e, come abbiamo visto, è una sensazione che – nella stragrande maggioranza dei casi – è transitoria. Ma, in base a questa sensazione, si interviene con degli ormoni per impedire lo sviluppo dei bambini: il tutto in una società che vuole carne «bio» ricavata da animali cresciuti senza stimolazioni ormonali... Per non parlare dei genitori di questi bambini, considerati “coraggiosi” e “illuminati” se si accodano alla sensazione del proprio figlio; “retrivi” e “crudeli” se la considerano un problema. Spesso si ritrovano soli ad affrontare questa situazione, accerchiati da persone entusiaste per aver finalmente conosciuto un bambino “alla moda”. Che considerazioni possiamo trarre da queste osservazioni? I difensori della legge naturale hanno abbandonato la metafisica per inseguire il mondo. Il concetto di “natura” (progetto, in termini correnti) è infatti metafisico: la natura non si

vede, né si tocca, eppure c’è. L’idea che un bambino maschio abbia un progetto da uomo e una bambina femmina uno da donna, è di tipo metafisico. I nemici della legge naturale, per negare la metafisica, hanno dichiarato reale solo ciò che può essere percepito con i sensi; e hanno ribattezzato «natura» la materia. È degno di attenzione solo ciò che può essere misurato, ciò che può essere analizzato con il metodo scientifico. E i difensori della legge naturale, per dialogare con i loro avversari, tentare di convincerli, o forse perché la pensano come loro, hanno cominciato a difendere le loro ragioni utilizzando il metodo scientifico. «Vedete? – dicono – I numeri ci danno ragione, lo dice la scienza. Parliamo il vostro linguaggio e dovete riconoscere il vostro torto». Ed ecco l’amara sorpresa: invece di ottenere la vittoria sperata, i sostenitori della legge naturale ottengono pernacchie e sberleffi. A nessuno interessano i dati scientifici che sostengono la legge naturale. La legge naturale è sbagliata “a prescindere”: è intrinsecamente sbagliata, ontologicamente sbagliata. Metafisicamente sbagliata. Non importa cosa dicono i numeri. Gli avversari della legge naturale, coloro che non credono nella metafisica, non credono nemmeno nella scienza. Semplicemente non credono in nulla. Sono solo animati da odio, dal desiderio di distruzione, da un cupio dissolvi antichissimo e feroce. Un odio satanico per l’essere umano e per tutto il creato. I difensori della legge naturale, ingannati da buoni propositi e da un linguaggio autorevole, hanno consegnato il mondo a quest’odio.

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NEMICI VITA L’ABORTO DELLA È UN “DIRITTO”

Renzo Renzo Puccetti Puccetti

CHE SERVE ALLA “SALUTE” DELLE DONNE?

I nemici della vita si ribellano a una condizione antropologica che noi invece consideriamo appartenerci per natura: l’essere creature

L’aborto è stato legalizzato in nome del “diritto alla salute” della donna. E se ascere, si dimostra inveceQuesto non laè tutela vivere,che morire. il ciclo affatto? della s’intreccia», scriveva Anatole France nel 1897 e qui è vita. Tranne che per la minoranza che muore totalmente evidente. Se posso uccidere un essere in maniera improvvisa e inattesa, la morte umano altro da me con l’aborto, perché non uccidere giunge al termine di un percorso di vulnerabilità, me con l’eutanasia? Se posso separare sessualità debolezza e dipendenza. La stessa condizione dell’essere e procreazione con la contraccezione, perché non vivente prima o appena dopo il parto. fare l’opposto con la fecondazione artificiale e non fare a meno della complementarietà sessuale? E se Nel 2011 lo storico Francesco Agnoli, appena eletto posso usare gli esseri umani come una merce di presidente del movimento pro life MEVD, ebbe la proprietà stoccabile come surplus produttivo con il brillante idea di organizzare la prima Marcia per la congelamento embrionale, perché non usare un essere Vita in Italia, a Desenzano: vi parteciparono 700 umano come una macchina incubatrice? persone, un piccolo miracolo stante i mezzi esigui e il poco tempo a disposizione per l’organizzazione. Il 3 novembre 1969 il vice-presidente di Planned L’anno successivo a Roma convennero 15.000 persone Parenthood, organizzazione per la pianificazione delle e nel 2013 furono 40.000 a marciare, con oltre 1.200 nascite fondata dall’eugenista Margareth Sanger, scriveva partecipanti al convegno organizzato all’ateneo Regina al presidente del Population Council Bernard Berelson Apostolorum il giorno precedente. Di quei fatti sono un un memorandum sulle «attività rilevanti allo studio testimone diretto, avendo avuto un qualche ruolo nel delle politiche USA per la popolazione». Era un elenco rendere possibile che un popolo già esistente di pro delle possibili misure per ridurre la popolazione. life si potesse socialmente materializzare. Si articolavano in costrizioni sociali (ristrutturazione Da quell’esperienza sono nate tante altre realtà: della famiglia, ritardando o evitando il matrimonio, ProVita e questa rivista, i Giuristi per la Vita, le Sentinelle educazione obbligatoria dei bambini, incoraggiamento i diritti individuali, anche il diritto di privacy, e tra ’interesse costituzionalmente protetto relativo al in Piedi, l’associazione Vita è... Una parte importante dell’incremento questi anche ildell’omosessualità, diritto di aborto. educazione concepito può venire in collisione con altri beni di coloro che hanno contribuito ai due giganteschi alla limitazione della famiglia, agenti contraccettivi che godano pur essi di tutela costituzionale e Family Day del 2015 e 2016 contro la propaganda nelle favorireseil emerge lavoro femminile), Maacque, cosa succede che l’aborto deterrenti non tutela la che, di conseguenza, la legge non può dare al primo dell’ideologia gender e il “matrimonio gay”. economici alla procreazione e controllo sociale della salute della donna? una prevalenza totale e assoluta, negando ai secondi Ma chi c’è “dall’altra parte”? Chi è che muove guerra fertilità medianteè diffusione di aborto, contraccezione A dimostrarlo una mole sempre più corposa di studi adeguata protezione. [...] Ora, non esiste equivalenza alla vita con mezzi imparagonabilmente superiori? scientifici. Un gruppo di studio ha appena pubblicato fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio

N

«L

di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia Sempre i soliti. Erano per l’aborto e sono per dell’embrione che persona deve ancora diventare». l’eutanasia, erano per il divorzio sonoCostituzionale per il Così scrivevano i giudici della eCorte matrimonio gay, erano per1975 la contraccezione nella sentenza n.27 del per giustificare elasono per l’utero in affitto, erano per la “liberazione” legalizzazione dell’aborto. Il bene che l’aborto sessuale e sono gender. Sono sempre tutela, e cheper lo ilrende un’attività legale,gli è lastessi salute e nondella è undonna. caso, perché il filo rosso che unisce tutte Si tratta di un approccio che il giurista queste espressioni è la ribellione una condizione Lombardi Vallauri identificavaa nella categoria dell’abortismo l’abortismo di coloro che antropologica che “umanitario”, noi invece consideriamo sostengono l’aborto è sì un male, ma... appartenerci perche natura: l’essere creature. Non vogliono Negli Stati Uniti Corte Suprema federale esserlo, o almeno nonlavogliono rimanere tali. aveva adottato invece la strada dell’abortismo È l’antico mito di Prometeo, è il desiderio “libertario”, dei giganti di scorgendo nella “penombra” della Costituzione, tra occupare l’Olimpo degli Dei, è il volere essere creatore. Dare vita e morte, popolare e spopolare, farsi maschio o femmina a piacimento. «Tutto si tiene, si sostiene e 16

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una ricerca sull’European Journal of Public Health, l’organo dell’Associazione di Medicina Pubblica Europea, dove è stata analizzata per un periodo di 24-26 anni la mortalità di un gruppo di donne nate tra il 1966 e il 1975, le quali avessero avuto una gravidanza in età adolescenziale, tra il 1987 e il 1989. Il confronto è stato realizzato non solo tra queste e quelle che non erano invece rimaste incinte ma, cosa più interessante al nostro scopo, confrontando la mortalità delle 6.652 ragazze che avevano abortito con quella delle 7.039 che invece avevano tenuto il bambino. Il risultato atteso, secondo la vulgata per cui l’aborto proteggerebbe le donne, sarebbe dovuto


Abbiamo creato un mostro giuridico, una malattia inesistente: “la gravidanza indesiderata”, “curata” mediante l’uccisione di un innocente finanziata dallo Stato

essere una minore mortalità nel gruppo che ha abortito. In realtà è risultato che i due gruppi, nell’arco dei circa venticinque anni di osservazione, hanno mostrato la stessa mortalità globale (lievemente più bassa nelle donne che hanno partorito rispetto a quelle che hanno abortito, ma la differenza non è risultata statisticamente significativa). Verificando le cause di morte è emerso che le donne che avevano abortito avevano commesso il doppio di suicidi e registravano un 40% in più di morti violente per ferita o avvelenamento. Questi dati sono ancora più sorprendenti se messi in correlazione con quelli pubblicati nell’anno precedente sulla rivista Human Reproduction, partendo da un’analoga casistica, i quali indicano come il fare nascere un bambino si associava a una più elevata probabilità di non completare gli studi e di dipendere dai sussidi sociali. Più cultura, meno problemi economici, le donne che da ragazze avevano abortito sarebbero dovute essere più felici, e invece si drogano e si suicidano in misura maggiore. Vengono in mente le parole del Qohelet: «Grande sapienza è grande tormento: chi più sa, più soffre» (1,18). Ancora, recentemente sono stati pubblicati su JAMA Psychiatry i dati aggiornati del Turnaway Study, una ricerca che ha

verificato la salute mentale delle donne che ricevono un rifiuto all’aborto perché ormai oltre i termini di legge, e dunque partoriscono il bambino, confrontandola con quelle che invece abortiscono. I dati mostrano che le donne che non possono abortire, dopo un picco iniziale di maggiore ansia e più bassa autostima, convergono con le altre e a cinque anni le loro condizioni di salute sono sovrapponibili. Gli autori ne concludono che abortire non fa male alla salute mentale delle donne, ma questo favorisce l’aborto nella prospettiva giuridica americana, dove l’aborto è un diritto di privacy. Nella interpretazione costituzionale italiana però questi dati evidenziano che l’aborto non tutela affatto la salute della donna. E se questa è la realtà scientifica, allora significa che la ragione usata nel 1975 dalla Corte Costituzionale per sdoganare l’aborto è crollata sotto i colpi della ricerca scientifica. Continuare su questa linea facendo finta di niente di fatto costruisce il mostro giuridico di una malattia inesistente, la “gravidanza indesiderata”, autodiagnosticata dalla donna e “curata” mediante autoprescrizione con un “trattamento” futile, ma finanziato dallo Stato.

ÀÀ AA CCIIVVIILLTT N N U U I I D D MIICCHHEE EEGGGGIIAAM MEENNTTII.. IICCOOM G G A A R R N N T T AA EE MOO AALLLLA NNEEII PPRROOPPRRII VV SSIIAAM A DDIISSSSOOLLTT 2017 Luglio/Agosto - n. 54

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Gloria Pirro

RU486:

FA STRAGE DI BAMBINI... E ANCHE DI MADRI Assistiamo al tentativo di rendere sempre più facile e accessibile l’aborto con la pillola RU486, che uccide i bambini in grembo, con grave rischio per la salute delle madri

È

il 17 settembre del 2003. In un ospedale della California Holly Patterson, una ragazza di 18 anni, pallida ed esangue, si stava spegnendo tra atroci dolori. Al suo fianco il padre, impotente, la guardava morire. Qualche mese prima Holly, ancora diciassettenne, aveva scoperto di essere incinta del suo ragazzo, di sette anni più grande. Di comune accordo, i due avevano deciso che Holly interrompesse la gravidanza. Qualche giorno dopo il suo diciottesimo compleanno, Holly e il fidanzato si erano recati in una clinica della Planned Parenthood dove la ragazza, incinta ormai di circa sette settimane, aveva dato inizio al processo di aborto farmacologico. L’interruzione di gravidanza tramite aborto farmacologico avviene con l’assunzione da parte della donna di una pillola – conosciuta come RU486 (Mifepristone) e commercializzata con il nome

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Holly iniziò il trattamento il 10 settembre 2013; tre giorni dopo cominciò ad accusare nausee e forti dolori addominali. Si rivolse alla clinica della Planned Parenthood, che la rassicurò dicendole che i suoi sintomi erano normali e le prescrisse degli antidolorifici. Il 17 settembre la corsa in ospedale, il ricovero e infine la morte. Un anno dopo venne accertato che Holly era morta a causa di uno shock settico causato da un batterio letale, il Clostridium sordellii. La possibile infezione da Clostridium sordellii viene effettivamente riportata tra gli effetti collaterali nel foglio illustrativo del Myfeginem, nonché in quello del Mifeprex, anche se si aggiunge che tali infezioni letali

sono molto rare. Tra gli altri effetti collaterali riportati dal bugiardino vi sono, classificati tra i sintomi molto comuni, sanguinamento abbondante, contrazioni uterine e crampi; tra i sintomi comuni (che si verificano in una paziente su cento) infezione successiva all’aborto, nausea, vomito e diarrea. Tra i sintomi non comuni vi sono rash cutanei, mal di testa e febbri. La prostaglandina (Misoprostol), associata alla RU486 e commercializzata con il nome Cytotec, in origine non ha nulla a che vedere con l’aborto: è un medicinale che serve a prevenire e curare le ulcere gastroduodenali. Il foglietto illustrativo ne proibisce assolutamente l’uso in gravidanza, poiché il medicinale provoca l’aborto. Vengono inoltre indicati molto chiaramente i rischi associati all’assunzione del farmaco in gravidanza: rottura o perforazione, con emorragia, dell’utero. Il caso di Holly non è sfortunatamente l’unico caso di un decesso dovuto a infezione da Clostridium sordellii, o per altre

di Myfegine o Mifeprex –, la quale, in due dosi, serve prima a bloccare l’ormone progesterone (e quindi fa morire di fame il bambino) e poi, associata a prostaglandina, provoca le contrazioni dell’utero e l’espulsione del feto. La pillola può essere utilizzata per eliminare un figlio indesiderato fino al 63esimo giorno di amenorrea.

Non si contano le donne morte a causa della RU486, anche perché la propaganda abortista tende a silenziare le notizie in merito e le morti spesso vengono rubricate sotto altre diciture

complicanze legate all’aborto farmacologico. Nel 1991, in Francia, muore di infarto, in seguito all’assunzione di Myfegine, Nadine Walcowiak, una donna di 31 anni. Nel 2001, a Chattanooga, in seguito all’assunzione della pillola a base di prostaglandina, muore dopo un’agonia di cinque giorni Brenda Vise, di 38 anni, per rottura delle tube in seguito a una gravidanza extrauterina non individuata dall’ecografia di controllo. Nel 2001, in Canada, un’altra giovane donna di 26 anni muore per infezione da Clostridium sordellii, pochi giorni dopo l’inizio del trattamento per l’aborto farmacologico. In Svezia, nel giugno del 2003, qualche mese prima di Holly Patterson, la sedicenne Rebecca Tell Berg muore a causa di un’emorragia provocata dalla pillola abortiva. Nel dicembre del 2003 la californiana Hoya Thuy Tran, 22 anni, muore per arresto cardiaco dopo un inutile trasporto in ospedale, al quale arriva ormai priva di vita. La sua morte viene classificata come avvenuta per cause ignote, ma il marito fa eseguire un’autopsia privata che prova che la donna è morta in seguito a un’infezione da Clostridium sordellii. La donna, qualche giorno prima, aveva assunto la pillola per abortire in una clinica della Planned Parenthood.

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Il rischio di morte in seguito ad aborto farmacologico è 10 volte superiore rispetto a quello post aborto chirurgico

(1 su 100.000 contro 0,1 su 100.000)

Nel 2004 la ventiduenne Chanelle Bryant viene ricoverata in un ospedale della California cinque giorni dopo l’assunzione della pillola abortiva: accusa forti nausee, diarrea e dolori addominali. Nonostante il ricovero e la somministrazione di antibiotici, la ragazza muore poche ore dopo per arresto cardiaco. Nel 2005, sempre in California, muore Oriane Shevin, 34 anni, pochi giorni dopo l’assunzione della pillola abortiva, per infezione da Clostridium sordellii. In Gran Bretagna, tra il 2001 e il 2008, cinque donne sono morte in seguito ad aborto farmacologico; non si conosce né il nome né la data del decesso, ma l’informazione è trapelata in seguito a un’indagine parlamentare inglese. Nel 2006, a Taiwan, si è registrata la morte di una donna in seguito a una infezione del sangue dovuta all’azione del Mifepristone. Al 2010 risale la morte di una donna australiana: la conferma che la morte è avvenuta per una sepsi da streptococco causata dalla pillola abortiva ha dovuto tuttavia aspettare il 2012. L’ultimo caso documentato è stato registrato in Italia nel 2014: una donna è morta per arresto cardiaco all’ospedale Martini di Torino pochi giorni dopo aver assunto RU486. Nel 2005, l’autorevole New England Journal of Medecine pubblica un articolo del professor Michael Greene, della Harvard Medical School, dove vengono confrontati i rischi dell’aborto chirurgico e quelli dell’aborto farmacologico. 20

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Dallo studio emerge che il rischio di morte in seguito ad aborto farmacologico è dieci volte superiore rispetto a quello post aborto chirurgico (1 su 100.000 contro lo 0,1 su 100.000), a parità di momento di uccisione del bambino (settima settimana). L’aborto farmacologico comporta dunque rischi più alti per la salute delle donne e tempi lunghi di espulsione del feto: al quinto giorno dall’assunzione delle due pillole solo l’80% delle donne abortisce, per le altre si arriva fino a quindici giorni di attesa. Il defunto dottor Umberto Veronesi, sostenitore sin dal principio dell’introduzione in Italia della RU486, affermava che essa consentiva alla donna un aborto più sicuro e meno invasivo, soggetto soltanto al «rischio di qualche complicanza». Meno invasivo? Sanguinamenti, nausee e vomiti sono – come abbiamo visto – sintomi “normali” e tra le “qualche complicanze” rientra la morte, anche per soggetti giovani e apparentemente sani (abbiamo visto che le donne decedute avevano dai 16 ai 38 anni).

L’azione di morte provocata dalla RU486 può essere bloccata. Ne abbiamo parlato sia su questa Rivista, sia sul nostro portale notizieprovita.it. L’“antidoto” consiste nel somministrare dosi elevate di progesterone a chi avesse preso la prima pillola: questo salva la vita del bambino (e della madre).

Di fronte a questo ennesimo attacco alla vita, di fronte al racconto di queste morti e di questo dolore ritorna alla memoria quel passo dell’Innocente di D’Annunzio, nel quale il protagonista vagheggia che la moglie abortisca l’infante che porta in grembo, che egli sa essere frutto di una relazione adulterina: «Il piccolo… era un nemico, un avversario col quale stavo per impegnare la lotta. Egli era la mia vittima ed io ero la sua. Ed io non potevo sfuggirgli, egli non poteva sfuggirmi. Eravamo ambedue chiusi in un cerchio d’acciaio».


Per abortire fino a sei mesi (e oltre) bisogna trovare una “buona scusa” (per esempio? Il piede torto, o il labbro leporino, o la Trisomia 21!...). Ma fino a dodici settimane la legge italiana consente l’uccisione dei bambini a richiesta, senza troppe spiegazioni. La spilletta colore oro che vedete è la riproduzione esatta della grandezza dei piedini di un bambino alla dodicesima settimana di gestazione: per alcuni è ancora un «grumo di cellule» o il «prodotto del concepimento». Indossare questa spilletta, oppure attaccarla a uno zaino o a una borsa, può servire a sensibilizzare le coscienze anestetizzate dalla cultura della morte.

AIUTACI ANCHE TU A DIFFONDERE LA CULTURA DELLA VITA Vuoi ricevere la spilletta con i piedini per posta? Scrivi alla Redazione collegandoti a www.notizieprovita.it/contatti specificando il numero di pezzi che desideri ricevere (fino a esaurimento scorte).

Chiediamo solo il rimborso delle spese di spedizione, anche se – naturalmente – un contributo per aiutarci a sostenere i costi vivi è sempre molto gradito.


Benedetto Rocchi

LA SPIETATA MISERICORDIA

PREDICATA A LOVANIO Alcune considerazioni sulla vicenda dell’Università “Cattolica” che ha sospeso un professore per aver parlato contro l’aborto

L

a legislazione abortista da tanti anni in vigore nei Paesi occidentali ha ormai modificato il senso comune, portando la sua azione diseducativa nella profondità delle coscienze. È doloroso constatare che questo è avvenuto anche in quella Europa che una volta si identificava con la Cristianità, nonostante l’ultimo Concilio Ecumenico abbia ricordato con chiarezza che l’aborto è un «crimine orrendo». Oggi la gran parte degli europei, anche quelli che si dichiarano cattolici, spesso praticanti, talvolta anche sacerdoti, non riescono più a provare l’orrore che provavano i padri conciliari. Ai loro occhi il bambino che viene ucciso con l’aborto non esiste più. All’aborto si attribuisce tutt’al più una vaga negatività, come se fosse una sconfitta della donna che lo decide, senza tuttavia che il suo diritto “all’autodeterminazione” 22

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venga minimamente messo in discussione. L’aborto non è più una questione di vita e di morte. La vicenda di Stéphane Mercier, docente di filosofia all’Università Cattolica di Lovanio, in Belgio, è emblematica. Il professore, durante un corso, aveva sostenuto che – dal momento che l’embrione è una persona fin dal concepimento – l’aborto dovrebbe essere considerato un omicidio premeditato e vietato dalla legge. Dopo la protesta di siti femministi e dei sostenitori dell’aborto, l’Università ha avviato un procedimento interno, al termine del quale ha sospeso il professore dall’insegnamento, emanando un comunicato in cui si afferma che «il diritto all’aborto è iscritto nel diritto belga e il testo di cui siamo venuti a conoscenza è in contraddizione con i valori sostenuti dall’Università».


Già Socrate nel IV secolo a.C. spiegava il valore pedagogico della legge: la legge fa costume, la legge plasma le menti. Perciò la legge dello Stato deve attenersi il più possibile alla legge naturale. La legge sull’aborto calpesta il più fondamentale dei diritti umani, perciò è una legge ingiusta e, secondo gli antichi, la “legge ingiusta” non è una “legge”.

Ci sarebbe da chiedersi in che senso l’Università di Lovanio possa essere considerata cattolica, visto che preferisce le leggi dello Stato belga alla Gaudium et spes per definire i suoi valori. Ma in realtà ancora più drammatico per i suoi contenuti è il commento fatto da Tommy Scholtès, il portavoce della Conferenza Episcopale Belga, nonché sacerdote di Santa Romana Chiesa. Egli ha affermato, senza che nessuno dei suoi superiori lo abbia in qualche modo ripreso o smentito: «Le parole di Stèphane Mercier mi sembrano caricaturali. La parola omicidio è troppo forte: presuppone una violenza, un atto commesso in piena coscienza, con un’intenzione, e questo non tiene conto della situazione delle persone spesso nella più grande angoscia... formule del genere non aiutano la Chiesa, specialmente nel quadro dell’appello alla vita lanciato dal Papa... il Papa chiama anche alla misericordia: dobbiamo mostrare comprensione, compassione». Queste parole mostrano con evidenza che, per il sacerdote, il bambino che vive nel ventre di sua madre ha cessato di essere visibile: Tommy Scholtès non riesce più a “vederlo” con la sua immaginazione e il suo cuore. Anni di “diritti all’autodeterminazione” hanno spento il suo sguardo verso questa persona piccola e indifesa. Altrimenti come potrebbe affermare che nel caso di aborto «non c’è violenza»? Che cos’è violenza per questo sacerdote? Essa esiste

solo nelle intenzioni degli uccisori, mentre il fatto in sé dell’uccisione è qualcosa che non conta davvero. Forse non ha mai visto le foto cruente dei bambini abortiti. Oppure non ha mai avuto il coraggio di guardare Il grido silenzioso, il filmato terribile che mostra i movimenti di un bambino di fronte alla cannula che sta per “aspirarlo via” dal ventre di sua madre. Tommy Scholtès non riesce più a “vedere” il bambino, e così non riesce più a vedere la realtà oggettiva delle cose: dimentica ad esempio che, nel terribile momento dell’aborto, oltre alla madre sono presenti anche gli operatori sanitari che effettuano l’uccisione del bambino, o con un intervento chirurgico oppure dosando e somministrando dei farmaci letali. Anche nel loro caso non c’è intenzione di uccidere? Anche nel loro caso c’è un’angoscia tale che impedisce di vedere chiaramente le cose? Ma non basta. Questo allontanare lo sguardo dal figlio, questo negare la terribile violenza perpetrata dagli adulti verso un bambino indifeso, viene presentata come atteggiamento misericordioso, di chi mostra comprensione e compassione. È davvero una spietata misericordia quella che viene predicata a Lovanio: spietata verso i bambini che vengono uccisi, spietata verso le madri che, come testimoniano tante storie che Tommy Scholtès si compiace di ignorare, dalla tragica decisione di uccidere il proprio figlio resteranno ferite tutta la vita, spezzate nella loro intimità, oltre che molto spesso nel loro corpo. Se questa è la spietata misericordia che viene predicata all’Università di Lovanio, allora l’intento corruttore della legislazione abortista ha veramente compiuto la sua missione. Per questo non possiamo stancarci di ripetere la verità: chi vuole comprendere e compatire non può fare altro che difendere la vita; madre e figlio possono essere salvati soltanto insieme. Il professor Stephane Mercier

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24 N. 33 - SETTEMBRE 2015

LA LEGGE

Tommaso Scandroglio

E LA NATURA UMANA Che cosa è la legge naturale? Esiste davvero?

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Tommaso Scandroglio

Docente di Etica e bioetica e Antropologia filosofica presso l’Università Europea di Roma, svolge seminari attinenti alla filosofia morale e alla filosofia del diritto presso il Politecnico di Milano e tiene conferenze o partecipa a convegni e dibattiti in tutta Italia. Scrive per diverse testate scientifiche e divulgative.

Passiamo a spiegare il sostantivo “legge” uando parliamo di legge naturale ci nell’espressione “legge naturale”. La ragione riferiamo a una norma che proviene dalla scopre in modo diretto e immediato l’esistenza natura umana. Cosa s’intende per natura di queste inclinazioni al bene, ed enuclea dei umana? Si può immaginare la natura dell’uomo principi conseguenti. Ad esempio se la vita è un come un fascio di inclinazioni che tendono ad alcuni nonche dovrò togliermela,senza non dovrò uccidere beni. La nostra natura,L’eutanasia la nostra essenza di uomini, va somministrata a tutti bene, coloro la vogliono, e dovrò aver cura della mia salute. Se la poco. proprietà reclama per sé il bene della vita, della salute,Che della poi la vogliano “discriminazioni”. davvero o no, questo importa è un bene, L’effetto non dovrò rubare, né danneggiare i libertà, della proprietà, della conoscenza, della disastroso del piano inclinato viene poi di Tommaso Scandroglio beni altrui e dovrò tutelare i mieifallace beni materiali. socialità, della trascendenza... e molti altri. È come amplificato dalla suddetta interpretazione del principio di non discriminazione, cui sirimanere accennava sopra. Tirare in ballo la “discriminazione” serve agli Se la conoscenza è un bene, non dovrò se, dal più profondo di noi stessi, nascesse una sete Ad esempio il bioeticista canadese Udo Schuklenk – ideologi di ogni bandiera come grimaldello contro nell’ignoranza bensì di aprirmi profonda di questi beni che ladeve esserelasoddisfatta tra sforzarmi l’altro all’infanticidio – e alla Suzanne van de la vita, famiglia, libertà religiosa, l’educazione e favorevole Vathorst, docente del corso Qualità molto altro ancora. Per esempio, in nome della lotta verità. E così via. Ecco spiegato perché si della parlafase finale con atti conseguenti. alle “discriminazioni” si vorrebbe far considerare come della vita e della morte all’Università di Amsterdam. legge Hanno naturale. La un ragione comprende scritto articoloquindi dal titolo Pazienti con grave “famiglie” le coppie omosessuali che altrimentidisono disturbo resistenti allelaterapie e morte “discriminate” (dalla natura): anche se non possono che ci sono alcunidepressivo atti che contrastano generare (non sono neanche “sterili”, non sono proprio assistita, che è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista “direzione”, l’orientamento della natura idonee alla generazione, neanche in potenza) in nome scientifica Journal of Medical Ethics. umana (atti intrinsecamente il affetti da Nell’abstract possiamodisordinati): leggere: «I pazienti della parità e dell’uguaglianza devono poter comprare depressivo resistente al trattamento e capaci di figli “sintetici” al mercato della provetta e dell’utero suicidio in disturbo contrasta l’inclinazione naturale alla intendere e volere, in merito all’accesso alla pratica della affitto: è una questione di “uguaglianza”. altri attidovrebbero che invecericevere vanno uguale nella trattamento morteEassistita, Poi, si vanno ampliando, in modo sempre più vita. agli altri pazienti affetti da patologie preoccupante, le fattispecie in cui può praticarsi rispetto stessa “direzione” della natura umana: croniche che in modo permanente rendono la loro vita non degna legalmente l’eutanasia. curarsi asseconda l’inclinazione vissuta. Gli ordinamenti giuridici che stanno Il medico olandese Theo Boer ha sottolineato di essere in considerazione, o che lodi hanno in più circostanze il pericolo della deriva del piano prendendo naturale alla conservazione sé. già fatto,

Dopo il “marriage pour tous” arriva anche la “mort pour tous”

inclinato: da strenuo sostenitore dell’eutanasia e del suicidio assistito ha ammesso di aver sbagliato. Ha dichiarato che non è possibile che le leggi di un paese civile e progredito aprano il benché minimo spiraglio alla disponibilità della vita umana: “Una volta che il genio è uscito dalla bottiglia, non è possibile rimettercelo dentro.”

I pazienti affetti da disturbo depressivo resistente al trattamento e capaci di intendere e volere, dovrebbero ricevere uguale trattamento rispetto agli altri pazienti affetti da patologie croniche.

di depenalizzare la morte assistita, discrimineranno ingiustamente i pazienti che soffrono di depressione resistente aInfine, ogni diamo trattamento, se li escluderanno prova dal novero dei cittadini che hanno diritto di ricevere dell’esistenza della l’assistenza a morire». legge sinaturale. Come dell’articolo, In buona sostanza, legge nel prosieguo che è irragionevole e dunque discriminatorio facciamo a dimostrare permettere, laddove è giuridicamente legittimo, al realmente in noi all’eutanasia malato terminaleche di cancro di accedere e invece escludere da questa pratica la persona sana esiste un’inclinazione fisiologicamente, ma depressa o afflitta da qualche alla vita, salute, altro disturbo psichico. E alla dunque Tizioalla può essere fisicamente sanissimo, ma se etc. a suo insindacabile conoscenza, e che giudizio la propria vita merita di essere buttata nel dunque cestino avrebbe tutto il dirittoquesti di farlo.sono i Coerentemente fini con ai questa qualiconclusione, tendiamo? in Belgio, una giovane di 24 anni, in perfetta salute fisica, ma Vi sono almeno due depressa, ha ottenuto il “diritto” a porre fine alla sua

prove per dimostrare questo assunto.

La Giustizia, raffigurata sulla volta della Stanza della Segnatura (Stanze di Raffaello, Musei Vaticani)

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Innanzitutto un fine è naturale se la persona possiede in sé gli strumenti per soddisfare il fine. Ad es. il fine della vita è naturale perché tutto il nostro organismo è fatto per soddisfare il fine della conservazione in vita. Il fine della conoscenza a sua volta è soddisfatto dal fatto che abbiamo l’intelletto. Il fine della procreazione può essere raggiunto tramite gli organi genitali. L’onnipotenza, all’opposto, non è un fine naturale dell’uomo perché questi non ha in sé gli strumenti necessari per fare tutto quello che desidera.

L’uomo è naturalmente incline al bene. E naturalmente distingue gli atti che assecondano o contrastano tale inclinazione

Quindi questi fini sono proporzionali alle facoltà dell’uomo. Di converso se l’uomo scopre in sé delle facoltà, vuol dire che queste facoltà sono fatte per qualcosa, sono mezzi per raggiungere un fine. E dunque, provata l’esistenza di questi mezzi, ne consegue la prova dell’esistenza dei relativi fini, perché sarebbe assurdo possedere degli strumenti non utili a nulla. Una seconda prova fa riferimento al concetto di complementarietà. Le inclinazioni tendono ad alcuni fini, cioè beni di cui l’uomo ha necessità perché ne è privo. Li desidera proprio perché ne sente la mancanza per il proprio perfezionamento. Se dunque esiste qualcosa che mi completa, vuol dire che il mio essere, la mia natura, ne ha bisogno, cioè è inclinato verso di esso. Ad esempio il fatto che il maschio è complementare fisicamente, psicologicamente, caratterialmente, spiritualmente alla femmina, prova che l’attrazione verso una persona di sesso differente è un’inclinazione naturale. 2017 Luglio/Agosto - n. 54

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La battaglia di

HACKSAW RIDGE

Guerra. La prima ambientazione che vediamo è un campo di battaglia. In men che non si dica, con la tecnica del flashback, troviamo Desmond Doss, il nostro protagonista, che da bambino Marco Bertogna vive un’esperienza diretta di violenza, in famiglia. Rimaniamo nel flashback, ma facciamo un salto in avanti: il nostro Desmond – ora giovanotto – si innamora e, come moltissimi suoi coetanei, si arruola nell’esercito nel 1945, con la mansione di medico. Parte per Hacksaw Ridge dove le truppe americane, fino a quel momento, erano state sempre respinte dai giapponesi. La battaglia è durissima e anche questa volta gli americani devono battere ritirata. Le perdite umane sul campo sono tantissime, ma ben 75 soldati feriti sono salvati e qualche giorno dopo gli americani riescono finalmente a conquistare Hacksaw Ridge. Le ambientazioni, la regia, la fotografia, il montaggio, gli effetti di scena, gli effetti visivi, i costumi e tutte le professionalità coinvolte in questo film hanno fatto un lavoro ineccepibile, ma ciò che rende speciale questa pellicola è lui... Desmond: sì, perché Desmond parte con l’esercito per la guerra ma lo fa da obiettore di coscienza, rifiutando quindi di imbracciare qualsiasi tipo di arma. A quei tempi questo tipo di atteggiamento non era ben gradito dalle gerarchie militari quindi, per farsi accettare, dovette subire, affrontare e superare molte prove psicologiche e fisiche, rischiando addirittura di finire in prigione per molti anni. Desmond è una persona speciale poiché crede in Dio e per la sua fede è fermamente convinto di servire il proprio Paese cercando di salvare le vite dei soldati. Desmond salverà quei 75 soldati da solo grazie alla sua fede e, sempre grazie ad essa, i soldati americani vorranno averlo con loro nell’assalto finale, che poi vinceranno. Il tema dell’obiezione di coscienza è il perno attorno al quale si srotola questa storia ed è un tema che ci pone di fronte a quei valori dei quali oggi si sente molto la mancanza; sembra anacronistico parlare di obiezione di coscienza in un momento in cui, in Italia, non c’è l’obbligo militare ma si vorrebbero obbligare i medici a eseguire gli aborti o l’eutanasia. Quella di Desmond è una storia vera: è stato il primo soldato obiettore di coscienza ad aver ricevuto la medaglia d’onore, la più alta onorificenza militare degli Stati Uniti d’America. Mel Gibson, regista di questo ottimo film, tocca un tasto delicatissimo perché oggi – nei Paesi che si definiscono civili e democratici – la libertà di coscienza è davvero in pericolo. Professare la propria fede (come il nostro Desmond), o essere a favore della vita sulla base della legge naturale è possibile, oggi, nelle nostre comunità o nei nostri ambienti di lavoro?

Nel panorama del cinema odierno segnaliamo alcuni film “controcorrente”, che trasmettano – almeno in parte – messaggi valoriali positivi e che stimolino il senso critico rispetto ai disvalori imperanti. Questo non implica la promozione, né l’approvazione globale
delle opere recensite da parte di ProVita Onlus.


DARWIN

Enzo Pennetta

AVEVA SBAGLIATO TUTTO Teoria delle Risonanze Evolutive: siamo all’alba di una rivoluzione scientifica e sociale

I

n questi ultimi tempi, e in modo quasi impercettibile, si sta facendo strada una novità scientifica dalle potenzialità che non è esagerato definire rivoluzionarie. Quello di cui si parla è la TRE (Teoria delle Risonanze Evolutive), una teoria sull’origine delle specie che costituisce la prima vera alternativa a quella proposta da Charles Darwin nel lontano 1859 e che è poi arrivata a noi nella forma rivisitata del neodarwinismo. Per comprendere la rilevanza di quello di cui stiamo parlando bisogna tenere presente che l’evoluzione dei viventi è un argomento dalle implicazioni filosofiche e antropologiche molto superiori a quelle di qualsiasi altra teoria scientifica.

Per rendersene conto basta ricordare il ruolo svolto dal “darwinismo sociale” nel plasmare e giustificare rapporti umani basati sulla competizione, oppure quello delle politiche anti-nataliste (malthusiane), proposte come soluzione ai problemi della povertà nel Terzo Mondo, che sono direttamente ispirate alla visione darwiniana della natura. Ma anche le posizioni pro aborto ricevono, e hanno da sempre ricevuto, un supporto dalla visione darwiniana della vita.

In questo caso il riferimento è a un’affermazione (dimostratasi falsa) fatta nell’Ottocento dal naturalista tedesco E. Haeckel, secondo il quale nello sviluppo embrionale le varie fasi ripercorrerebbero l’evoluzione della specie: in pratica, se nell’evoluzione della vita sulla terra i pesci e i rettili hanno preceduto l’essere umano, nella gravidanza c’è un momento in cui quello che si sta sviluppando nel grembo materno non sarebbe un essere umano ma qualcosa più simile a un pesce e a un rettile.

Per la TRE la condizione normale delle specie è la stabilità. Quando un’evoluzione avviene, avviene per salti, non gradualmente: è esattamente il contrario di quanto ritengono i darwinisti

Achille Damasco, dottore in Fisica della Materia, con il biologo del Dipartimento di Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma, Alessandro Giuliani, ha elaborato la Teoria delle Risonanze Evolutive che stravolge del tutto le tesi sull’evoluzione darwiniste e neodarwiniste che s’insegnano nelle scuole e università di tutto il mondo.

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Questa illustrazione satirica ritrae Charles Darwin, il padre della teoria dell’evoluzione, come una “scimmia evoluta”…

Ricordiamo inoltre che le politiche abortiste della famigerata Planned Parenthood furono iniziate dalla fondatrice, Margaret Sanger, come attuazione di un piano eugenetico di miglioramento della “razza” e a un piano malthusiano di eliminazione della popolazione povera, che hanno la loro giustificazione proprio nella teoria pubblicata nel XIX secolo da Charles Darwin. Un’autorevolissima conferma dell’importanza della visione darwinista della realtà biologica viene oggi dal pensiero del bioeticista di Princeton Peter Singer, promotore del movimento dei diritti degli animali negli anni Settanta, che in tempi recentissimi ha proposto la legittimità dell’infanticidio come proseguimento del diritto all’aborto e ha dato maggior valore alla vita di un maiale rispetto a quella di un bambino o di un malato. Cosa hanno in comune tutte queste implicazioni? Il gradualismo. Il gradualismo contempla che il passaggio di specie nell’evoluzione sia avvenuto per innumerevoli piccoli cambiamenti che non permettono di individuare un momento preciso in cui una termina e ne inizia un’altra. In questo modo, tra un essere umano e un animale esisterebbe solo una differenza di quantità di determinate caratteristiche, ma non di qualità.

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Tra un essere umano e un animale ci sarebbe quindi una maggiore o minore intelligenza e una maggiore o minore autocoscienza e capacità di linguaggio simbolico, ma tali caratteristiche sarebbero presenti nell’uno e nell’altro. Ecco perché tra un pesce e il feto umano a una determinata fase del suo sviluppo non esisterebbero differenze. Ma ancora una volta siamo di fronte a un assunto ideologico che non trova riscontri nella realtà, un’affermazione che – parafrasando Hegel – può essere classificata tra quelle di cui si può dire: «Tanto peggio per la realtà se non si accorda con la teoria». Infatti nel maggio del 2014 uno studio intitolato The mystery of language evolution, pubblicato sulla rivista Frontiers in Psychology e condotto da otto nomi di primissimo piano della ricerca, tra i quali Noam Chomsky, ha dimostrato che invece il linguaggio simbolico è una caratteristica presente solo nell’essere umano e che quindi in assenza di gradualismo la spiegazione darwiniana della sua comparsa è insoddisfacente. Da questo studio emerge pertanto che esseri umani e animali non sono la stessa cosa, che non sono differenziati solo da una variazione di quantità, ma che l’essere umano è di natura completamente diversa, pur avendo certamente una stessa base biologica in


comune con gli animali: ma del resto non abbiamo in comune gli atomi con gli oggetti inanimati, senza per questo essere uguali a bicchieri, sassi e automobili? Le conseguenze di questo studio sono così importanti che la reazione del versante riduzionista dell’animale all’uomo si sono manifestate immediatamente con un tuonante articolo del maggiore esponente del darwinismo italiano, il professor Telmo Pievani, sulle colonne di Micro Mega, la testata di punta del progressismo radical chic. Ed è proprio sulla questione del gradualismo che va a dire qualcosa di rivoluzionario la TRE. La caratteristica distintiva della nuova teoria è quella di porre come situazione di base delle specie la stabilità e di contemplare l’evoluzione solo per salti: in poche parole il gradualismo non esiste. E la TRE, a differenza del darwinismo, non è un’ipotesi ideologizzata che accorda la realtà con la teoria, bensì un’ipotesi che accorda la teoria alla realtà; al posto dell’hegeliano adattamento della realtà all’ideologia abbiamo una realizzazione della tomistica «Adaequatio rei et intellectus».

Ed ecco che con il gradualismo vengono a cadere tutte le implicazioni ideologiche che ne derivavano: le specie sono restituite alla loro insuperabile diversità, un embrione umano non può essere considerato come un pesce o un rettile perché è umano sin dalla prima cellula, un aborto quindi sopprime indiscutibilmente una vita umana e non un “pesce”. Le deliranti affermazioni del bioeticista Peter Singer si rivelano per quello che sono, frutto di un’ideologia figlia di un nazismo 2.0 che vede, come l’originale, nella concezione gradualistica darwiniana la sua giustificazione. Rompendo gli schemi di comodo imposti dall’establishment scientista, la TRE è una teoria scientifica che non nega il fenomeno dell’evoluzione ma che mette fuori causa la spiegazione che la narrazione darwinista ne dava. È la scienza, quella vera, che scalza la falsa scienza del darwinismo, e con esso tutte le sue implicazioni ideologiche spacciate per scienza... e non poteva essere diversamente. Adesso l’impegno sarà quello di diffondere la TRE contro le resistenze della reazione scientista. Sarà una battaglia dura, ma dall’esito positivo inevitabile.

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BIOETICA E CINEMA

Alba Mustela

A CONFRONTO

In libreria un nuovo e prezioso strumento didattico, a cura della professoressa Angela Maria Cosentino

N

ell’attuale società dell’immagine la visione di un film può contribuire a stimolare la riflessione sui valori in gioco in alcune scelte di vita decisive per la persona e per la società. Poiché la bioetica è entrata ormai in Parlamento e nel dibattito pubblico, si richiede una maggiore informazione e formazione sulla condotta umana relativa alla vita e alla salute dell’uomo, anche in riferimento alla componente socio-ambientale. Il volume Bioetica e Cinema a confronto. Tracce introduttive rappresenta un progetto didattico che attraversa, con uno sguardo interdisciplinare (scientifico, antropologico ed etico-giuridico), dieci aree tematiche: la bioetica della vita nascente e terminale, la procreatica (tecniche applicate alla procreazione), la genetica, il post-umano, i trapianti, la bioetica sociale (in particolare, l’anzianità e la disabilità), la bioetica relativa alla sperimentazione dei farmaci e, infine, la bioetica ecologica. La proposta, che ha privilegiato pellicole in prospettiva di speranza, molte delle quali basate su fatti realmente accaduti, presenta nove film principali e altri film collegati per area tematica. Per ogni film sono state previste tre schede: cinematografica, bioetica e didattica. La scheda cinematografica offre informazioni sul film (categoria, area tematica, regista, principali attori, nazionalità, anno di uscita e durata), sulla trama, su eventuali note caratteristiche e su altri film collegati. La scheda bioetica segnala le parole chiave dell’area tematica e ne esplicita le più specifiche in ordine alfabetico in un lessico bioetico, evidenzia l’impatto socio-culturale

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dell’argomento, indica alcuni nodi bioetici e possibili alternative alla soluzione più immediata o economicamente più vantaggiosa e, infine, riporta uno dei passaggi eticamente più significativi del film. La scheda didattica raccoglie domande guida per lo studio, la ricerca (ed eventuale autoverifica) da parte degli studenti, suggerisce una traccia per i docenti, stimola il dibattito sul tema per una maggiore consapevolezza nelle scelte, invita a un role play di confronto tra favorevoli e contrari attorno ad alcuni nodi bioetici e, infine, sollecita un parere personale motivato. Il volume, inoltre, presenta l’indice analitico del lessico bioetico e l’indice dei nomi. In conclusione il testo, pur non essendo esaustivo, può interessare non solo docenti e studenti, ma anche genitori e cultori di un cinema propositivo, per avviare la riflessione e il confronto.


LETTURE CONSIGLIATE «La lettura è per la mente quel che l’esercizio fisico è per il corpo» (Joseph Addison)

Stelio Fergola

LA CULTURA DELLA MORTE Aborto, eutanasia e nuovo vangelo progressista La Vela

Eutanasia e aborto sono diventati due protagonisti assoluti del nostro tempo e vengono presentati come panacea contro le gravidanze indesiderate e per liberare dal dolore i malati terminali. Ma è tutto così lineare? Gli aborti illegali raggiungevano davvero i numeri spaventosi riportati dalla narrazione progressista? L’eutanasia è possibile soltanto nei casi più gravi? E chi stabilisce il limite della sofferenza umana, ammesso che sia possibile definirlo oggettivamente? Ovviamente, le questioni sono molto più complesse. Dove è stata legalizzata, l’eutanasia ha prodotto un numero di “suicidi” spesso ben lontani dalla “sofferenza terminale”, mentre l’aborto si è trasformato in un vero e proprio genocidio…

Andrea Mazzi

INDESIDERATE

Storie di ordinarie discriminazioni e percorsi di resistenza nella società abortista Sempre Comunicazione

Parlando di aborto è facile fermarsi al piano teorico: leggi, dati, politica, morale. Questo testo, invece, scritto da un volontario della Comunità Papa Giovanni XXIII, racconta le donne che stanno vivendo – o hanno vissuto – l’esperienza di una gravidanza difficile e hanno conosciuto da vicino il dramma della solitudine, le umiliazioni, i diritti violati, le discriminazioni. Quali diritti sono realmente riconosciuti alle mamme e ai bambini? Quanto contano le pressioni esterne nella scelta di continuare o meno la gravidanza? E allora, l’aborto è il frutto di una vera “scelta”? Un libro provocatorio, una sfida che si traduce in una proposta di vita.


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Avvi

DIFENDI LA

FAMIGLIA

E I TUOI FIGLI

SOSTIENI

Alessandro Fiore, portavoce di ProVita, e Mario Agnelli, Il bene comune può essere realizzato solo attraverso la promozione senza compromessi della V portavoce dei Sindaci che hanno sollevato obiezione di coscienza alle unioni civili. e della Famiglia naturale fondata sul matrimonio. Notizie

Anno V | Rivista Mensile N. 39 - Marzo 2016

Anno IV | Rivista Mensile N. 37 - Gennaio 2016

Padova CMP Restituzione

el nome di chi non può parlare”

ProVita ha pubblicato un “Patto per la famiglia naturale” con il quale i candidati Sindaci capoluoghi di Provincia e i candidati Sindaci e Consiglieri nei capoluoghi di Regione si impegna

a difendere la Famiglia, la Vita e Saudita, i bambini e a lavorare nell’interesse e per il maggior bene di tu offrire servizi in Mauritania, Arabia Yemen, il popolo della realtà territoriale in cui sono candidati. Somalia, in altri paesi dove l’omosessualità può essere Vai sul sito www.notizieprovita.it per leggere il “Patto per la famiglia naturale” e conoscere i no dei candidati “nel nomeche di lo chihanno nonsottoscritto! può parlare” punita con la pena di morte, e in Nigeria, dove il WWW.NOTIZIEPROVITA.IT comportamento omosessuale può essere punito con la fustigazione, la prigione, o la morte per lapidazione. 12. Salesforce, una società di software, ha minacciato che avrebbe ridotto gli investimenti in Georgia. Ma Salesforce opera serenamente in India dove Human Rights Watch spiega che il codice penale ha rafforzato l’idea che la discriminazione e i maltrattamenti delle persone LGBT sono accettabili. 13. Apple Inc.: protesta negli USA, ma produce in Cina e vende nei Paesi Arabi. 14. National Basketball Association (NBA): è preoccupata per l’omofobia in USA, ma organizza manifestazioni sportive in Sud Africa, dove il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha scritto in una relazione della sua preoccupazione per il razzismo e la xenofobia. 15. Netflix, leader mondiale della TV via Internet, ‘è una società inclusiva’, dice. Ma offre i suoi servizi per esempio in Libia, la patria delle violazioni del dirittoUTERO internazionale. SPECIALE IN AFFITTO di donne e bambini tollerato dalla “società civile 16. Sony: ha un ufficio inIl mercato Kazakhstan, dove Amnesty International segnala che si pratica la tortura e dove le libertà di espressione, associazione e riunione pacifica sono limitate. POSTE ITALIANE S.p.A. | Spedizione in AP - D.L. 353/2003 | (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) | art. 1, comma 1, NE/PD | Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003 | Contributo suggerito € 3,00

5. La Weinstein Co., un grande studio cinematografico, ha minacciato che non avrebbe mai più girato un film in Georgia, ma gira e produce Shanghai, in Cina; No Escape in Tailandia. 6. AMC Networks Inc., produttrice della fortunata serie The Walking Dead, lavora in Russia, Paese ‘omofobo’ per eccellenza. 7. Time Warner: non avrebbe lavorato mai più in Georgia, ma a Singapore sì (un altro Paese che vieta penalmente l’attività omosessuale, secondo l’ International LGBTI). 8. La Walt Disney Co.: e la sua controllata Marvel Entertainment sono ‘aziende inclusive’, ma continuano ad espandersi in Cina, dove tra l’altro investono 5.5 miliardi di dollari per un parco a tema a Shanghai.

PROVITA

Chi salva i bambini,

salva le madri Una testimone davvero eccezionale: Margherita Borsalino Garrone

Proposta di legalizzare l’eutanasia alla Camera

Molte grandi imprese si indignano per ‘l’omofobia’ dei governi federati (che riconoscono il diritto all’obiezione di coscienza), ma che fanno affari d’oro fuori dagli USA, in Paesi dove l’omosessualità è addirittura reato, passibile di condanna a morte

9. General Electric Co., si dà da fare in Arabia Saudita, un Paese che criminalizza il comportamento omosessuale (nel 2014, un uomo saudita è stato condannato a tre anni di carcere e 450 frustate: aveva usato Twitter per organizzare incontri con uomini). 10. The Coca-Cola Co.: nel 2006, gli impianti di imbottigliamento della Coca-Cola sono stati accusati di interferire con i problemi di irrigazione nelle regioni dell’India e America Latina che soffrono per scarsità d’acqua. Più di recente, la Coca-Cola è stata accusata di rifornirsi di zucchero beneficiando di espropri non etici. Il sito della Coca-Cola, però, elenca la bio-diversità, la tutela dei diritti delle popolazioni locali, la sostenibilità come valori fondamentali (oltre che ‘l’inclusività’). Anche essa ha levato vibrata protesta contro le leggi omofobe della Georgia ecc. 11. PayPal addirittura è intervenuta nella polemica sulla legge per i bagni unisex. Ma PayPal continua a

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Gli attivisti LGBTQIA(...) pretendono che ognuno sia libero di andare nello spogliatoio o nel bagno ‘che si sente’: un uomo che apparentemente ha gli attributi da uomo, ma che ‘si sente donna’ dovrebbe poter andare nello spogliatoio (o nel bagno) delle donne

Insomma, sappiamo bene quanto sia faticoso, per tutte queste grandi imprese, barcamenarsi tra gli ideali e il portafoglio. Ma, alla fine, tutto sommato pare che conti di più il dio quattrino, non è vero?

www.notizieprovita.it “nel nome di chi non può parlare”

cuore

POSTE ITALIANE S.p.A. | Spedizione in AP - D.L. 353/2003 | (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) | art. 1, comma 1, NE/PD | Autorizzazione Tribunale: BZ N6/03 dell’11/04/2003 | Contributo suggerito € 3,00

Padova CMP Restituzione

Anno V | Rivista Mensile N. 41 - Maggio 2016

il

IN UNA GOCCIA CURA E CONFORTO PERINATALE

Non vuoi finanziare gli aborti? OSA: OBIEZIONE ALLE SPESE ABORTIVE

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