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Rivista Mensile N. 13 - Marzo 2013
Infosportpagine
“nel nome di chi non può parlare”
Dalla parte delle donne
I Buddisti tibetani e l’aborto Chi salva i bambini salva le donne: associazioni e testimonianze “Difendo la vita come scelta e come destino” Intervista a Marcello Veneziani
- Sommario -
Notizie
Editoriale 3 Notizie dall’Italia
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RIVISTA MENSILE N. 13 - MARZO 2013
Notizie dal mondo
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Primo Piano I Centri di Aiuto alla Vita: dalla parte delle donne
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Francesca Romana Poleggi
Chi salva i bambini, salva le donne
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Anna Maria Pacchiotti
Il Dono
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Laura
S.O.S. vita
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Lucia Galvani
Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
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Andrea Mazzi
Testata Infosportpagine-ProVita Editore MP cooperativa giornalistica Sede legale Via Marlengo 49/b, 39012 Merano (BZ) Autorizzazione Tribunale BZ N6/03 dell’11/04/2003 Codice ROC MP 12603 Redazione Francesca Romana Poleggi, Antonio Brandi, Mario Palmaro, Andrea Giovanazzi Largo della Caffarelletta 7, 00179 Roma. Tel/fax: 06-3233035 Direttore Responsabile Francesca Lazzeri Progetto grafico Massimo Festini
Attualità Tornare alla realtà
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Antonio Brandi
La legge 194/78: una legge contro le donne
7
Virginia Lalli
ONU di morte
8
Marisa Orecchia
I Buddisti tibetani e l’aborto
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Tenzin Dadon
Scienza e Morale “Non c’è più religione”
16
Francesco Agnoli
Magistero e “gender”
17
Marco Invernizzi
Aborto e gravidanze non desiderate
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P. Fernando Pascual
“Il permesso di sopprimere vite senza valore”
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Famiglia ed Economia 20
Giampiero Greco
Mamme digitali: quando la rete si rende utile alla famglia 21 Giogia Petrini
Interventi statali a favore della famiglia Mauro Zuccari
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Distribuzione MOPAK SRL, Via Prima Strada 66 - 35129 Padova Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero Francesco Agnoli, Antonio Brandi, Tenzin Dadon, Laura, Lucia Galvani, Giampiero Greco, Marco Invernizzi, Virginia Lalli, Andrea Mazzi, Marisa Orecchia, Anna Maria Pacchiotti, Padre Ferdinando Pascual, Giorgia Petrini, Ilaria Pisa, F.Romana Poleggi, Mauro Zuccari.
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Ilaria Pisa
Progetto Nasko
Tipografia Aesse Stampa, Via Pirandello, 12, 82100 Benevento
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Editoriale
Notizie
3
Editoriale
Chi salva i bambini salva le donne
Nel mese di Marzo, molti festeggiano le donne. Ed è in questo contesto che dedichiamo loro questo numero. Soprattutto a quelle donne che di fronte ad una gravidanza inattesa o indesiderata si trovano spesso sole e in situazioni di estrema difficoltà. Donne a cui lo Stato, normalmente, offre solo una possibilità: l’aborto. Perché la 194 è una legge ingiusta e anacronistica, datata dal contesto sociale e dalle competenze scientifiche degli anni ’70, e ormai ampiamente superate. Perché la mentalità radical-mortifera in cui viviamo fa di tutto per proporre l’aborto come un diritto, un vantaggio, un atto di autodeterminazione e di libertà. Questa cultura della morte imperante ha avvelenato i cuori, rendendoli spesso incapaci di guardare la gravidanza come quello che veramente è: un dono, un mistero, una speranza, una gioia. Anche quando presenta oggettive difficoltà. Tutte le testimonianze che abbiamo raccolto dimostrano che l’aborto è fatto di solitudine, di paura e di abbandono. Con l’ascolto, la presenza e l’aiuto personale, più che con quello economico, si salva il bambino.
Questo a riprova e a conferma che la tutela della vita e della dignità umana sono prioritarie rispetto all’economia. Anzi la promozione della Vita aiuta l’economia. Lo hanno ribadito i Vescovi italiani nel messaggio per la scorsa giornata della Vita, del 3 febbraio: generare la vita vince la crisi; lo ha detto esplicitamente il Cardinale Bagnasco nella prolusione al Consiglio permanente della CEI. Ma c’è di più: salvando i bambini si salvano le donne. Perché all’aborto consumato presto o tardi la natura si ribella, e la vita della madre mancata è distrutta. E infatti le associazioni di volontariato sono impegnate tanto sul fronte della prevenzione, quanto su quello della cura della sindrome post abortiva, femminile e anche maschile. Di contro, possiamo essere certi nell’affermare che non esiste donna che si sia mai pentita di NON aver abortito. Per fortuna la società civile è migliore dello Stato e della cultura mortifera di cui sopra. Esistono moltissime associazioni, laiche e religiose, che offrono aiuto alle donne in difficoltà, prima e dopo l’aborto. Di alcune di queste abbiamo parlato nei numeri precedenti (Progetto Gemma, la Quercia Millenaria), di altre parliamo in questo numero, di altre ancora (Culle per la vita) parleremo nei prossimi. E se alcune ci sfuggissero, perdonateci: scriveteci e volentieri daremo voce anche a loro. Avanti, per le donne ed i bambini. Avanti per la Vita! Antonio Brandi
Notizie dall’Italia
Notizie
Notizie dall’Italia
4 Camilla Feroci, 18 anni, parla tre lingue, frequenta un istituto turistico, pratica il nuoto sincronizzato, e gestisce con i genitori un bed& breakfast alle porte di Roma. Qual è la notizia? Camilla è nata con la sindrome di Down. A Olbia il Comune e il CAV “Madre Teresa di Calcutta” hanno avviato un programma di sostegno alle madri in difficoltà che prevede un contributo mensile di 250€, per 20 mesi, alle donne in stato di gravidanza che certifichino determinati problemi economici.
Nella cattedrale di S. Francesco a Civitavecchia, la Diocesi e il MPV hanno organizzato una tavola rotonda dal titolo “L’embrione, il disabile, Eluana”, in cui si è ribadita la perfetta uguaglianza nella dignità di ogni essere umano, a prescindere dalle sue condizioni biologiche.
L’Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici (AIGOC), presieduta dal prof. Noia, riprende il programma di formazione che da due anni si è svolto in diverse città italiane, per parlare con credenti e non e confrontarsi su temi etici e scientifici quali la vita dell’embrione nei primi giorni dopo il concepimento e la sua relazione con la madre. L’AIGOC si è dichiarata rattristata dalla risposta evasiva ricevuta dalla segreteria del Presidente della Repubblica, in relazione alla protesta inviata circa la nota sentenza della Cassazione che riconosce il “diritto a non nascere” delle persone disabili. Anche la segreteria del Quirinale ha ribadito che “vivere una vita malformata è di per sé una condizione esistenziale negativa”.
La ditta incaricata dei servizi cimiteriali del comune di Desio non avvisa più i volontari che si preoccupano di seppellire i bimbi abortiti in modo dignitoso. Le motivazioni addotte, come documenta Giorgio Celsi, presidente dell’associazione Ora et labora in difesa della vita, sono “ineccepibili”, perché rispettose del nuovo mito, la “legalità”. Purtroppo ci si dimentica che non sempre “legalità” e “giustizia” coincidono. Nel caso specifico, la procedura burocratica è salva, ma non la pietà per i morti e il rispetto della dignità umana.
Questa Rivista, a ottobre e a gennaio, ha già parlato dei “Giuristi per la Vita”, un gruppo di avvocati che offrono assistenza legale in difesa della Vita. Ora sono anche sul web con un loro sito (al momento ancora in fase di costruzione), all’indirizzo: www.giuristiperlavita. org . Possono essere contattati, tramite posta elettronica, All’indirizzo info@giuristiperlavita.org. Il Centro di Aiuto alla Vita di Firenze insieme al Movimento per la Vita Fiorentino e con la collaborazione del Forum delle Associazioni Familiari e della Rete Regionale dei Consultori Familiari, hanno organizzato anche per quest’anno un corso di formazione per “Volontari per la Vita “, per informare chi si trovi di fronte alla domanda di aiuto e consiglio da parte di una mamma in dubbio se interrompere la gravidanza . E’ accertato infatti che in una materia così delicata la capacità di dare un aiuto ad accogliere una nuova vita, si gioca tutta al primo contatto. L’Agrigentino sul fronte per la Vita. Centinaia di persone si sono radunate al cimitero di Ravanusa davanti al monumento ‘’dei bambini non nati’’. Dopo un momento di preghiera sono andate in processione con il Sindaco ed il Vicario Episcopale nella Parrocchia di San Michele per partecipare alle Sante 40 ore a sostegno della vita innocente. Alla successiva marcia hanno partecipato quasi 500 cittadini. A Licata si sono svolti degli incontri di preghiera e convegni sulla tematica della sacralità della vita.
Notizie dal mondo
Notizie
5 Una clinica privata per la fecondazione artificiale, in Spagna, si è fatta promotrice di un referendum per abolire il divieto di selezione del sesso del figlio “commissionato”, sostenendo che, se gli Spagnoli potessero compiere tale scelta, aumenterebbero le nascite e diminuirebbero gli aborti.
Il Parlamento tedesco ha definitivamente approvato la legge sulla diagnosi preimpianto dei bambini concepiti in provetta. Il Ministro della salute ha dichiarato che con regole certe si tuteleranno gli interessi e dei genitori e del personale sanitario coinvolto. E quelli dei bambini? ll Vescovo di Santa Rosa in California, S.E. Roberto Vasa, ha chiesto a tutti i 200 insegnanti cattolici della sua Diocesi di firmare un documento che condanna gli “errori moderni” come la contraccezione, l’aborto, il matrimonio gay e l’eutanasia poiché offendono gravemente la dignità umana. Il Vescovo spera di incoraggiare il corpo insegnante a crescere nella Fede e divenire un “modello di vita cattolica” per gli studenti di cui sono responsabili. Con detta firma essi si impegnano a credere nel valore dei Dieci Comandamenti, a partecipare alla Messa ogni Domenica e seguire l’insegnamento della Chiesa.
Il Consiglio Nazionale dell’ordine dei medici francesi ha consentito, per la prima volta, la cosiddetta “sedazione terminale” per quei pazienti in fin di vita che abbiano fatto “richieste persistenti, lucide e ripetute”, solamente in “casi eccezionali”, come per esempio “agonie prolungate e dolori incontrollabili”, accertati come tali non da un solo medico ma in modo collegiale. Il termine eutanasia non viene mai menzionato esplicitamente, ma di questo si tratta.
Un seme di speranza dagli USA: dal 2010 a oggi, 32 stati hanno varato leggi pro life, nonostante che a livello federale l’aborto sia ampiamente permesso. Gli ultimi sondaggi di opinione mostrano che l’attuale generazione di giovani adulti americani è più a favore della vita, rispetto a quella passata. Imre Teglasy, in Ungheria, ha scoperto, all’età di undici anni, di essere sopravvissuto ad un aborto. La madre era stata costretta dal regime comunista in condizioni misere: in quel contesto aveva provato ad abortire, fallendo: e per l’inefficienza delle strutture sanitarie dei tempi, e per l’intervento di suo marito (cattolico convinto). Teglasy oggi ha creato una linea telefonica per accogliere ed aiutare le donne in difficoltà e salvare la vita dei loro bambini. «Surrender the secret» («Arrendersi al segreto») è un reality on line visibile sul sito www.knocktv.com. Le protagoniste sono donne che – per ragioni diverse – hanno abortito volontariamente e testimoniano quali sono le conseguenze dell’aborto, fisiche e soprattutto psichiche, perché uccidere non è mai la risposta giusta. Il programma è trasmesso dal 22 gennaio, ogni martedì fino al 26 marzo. Il 16 febbraio scorso, alla veneranda età di 95 anni, è morta Evelyn Billings. La dottoressa Lyn e il marito John Billings avevano ideato e divulgato il “Metodo naturale dell’ovulazione”. Hanno pubblicato libri e viaggiato in tutto il mondo per insegnare il loro metodo, e hanno ricevuto premi e prestigiosi riconoscimenti internazionali, per aver aiutato le donne a capire e governare la propria fertilità in modo naturale, contribuendo a una vita familiare stabile e felice, basata sull’amore e sul rispetto tra i coniugi, nel rispetto di ogni vita umana, fin dal concepimento.
Nell’Unione Europea avvengono, in media, un aborto ogni 25 secondi e un divorzio ogni 30. Dei 6.461.939 bambini concepiti, 1.223.015 terminano con un aborto (uno su cinque). Si tratta di 3.381 aborti al giorno, 141 ogni ora. E’ come se ogni anno la popolazione di Malta e Lussemburgo, messe assieme, scomparisse. E’ paradossale ma l’aborto è la prima causa di morte nei Paesi dell’UE. L’Italia è al quarto posto, dopo il Regno Unito, la Francia e la Romania.
Et verbum caro factum est et habitabit in nobis (Gv 1,14): per i credenti, la festa dell’Annunciazione, il 25 marzo, è l’occasione migliore per ricordare tutti i bambini concepiti, e in particolare quelli abortiti.
Notizie dal mondo
La salute di quasi 2 milioni di donne francesi è a rischio: le pillole anticoncezionali ormonali di “terza e quarta generazione” (Mediator, Dian 35), si sono rivelate estremamente pericolose per gli effetti collaterali che hanno provocato. Le moltissime azioni legali intraprese dalle danneggiate hanno indotto le autorità a ritirarle dal commercio. Anche in Italia è partita una “class action” di più di cento donne che lamentano di non essere state edotte in modo sufficientemente chiaro sui rischi relativi all’assunzione del farmaco.
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Attualità
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Tornare alla realtà Intervista allo scrittore e giornalista Marcello Veneziani, intellettuale di spicco nel panorama culturale italiano. Ha lavorato per i maggiori quotidiani italiani e per la RAI. Tra le ultime opere pubblicate, “Vivere non basta. Lettere a Seneca sulla felicità” (Mondadori, 2011), e “La rivoluzione conservatrice in Italia. Dalla nascita dell’ideologia italiana alla fine del berlusconismo” (SugarCo, 2012).
D
ott. Veneziani, riguardo alla questione dell’aborto, l’opinione pubblica è divisa fra “pro life” e “pro choice”. Dove si colloca lei? Difendo la vita, come scelta e come destino. E difendo anche la lingua patria, per cui preferisco tradurre in “vita e scelta” life e choice.
vi rientra non solo la decisione di rifiutare un figlio non voluto, non deciso, non concordato; ma investe proprio il rapporto con la vita di noi europei e in particolare di noi italiani. L’egoismo e l’egocentrismo, la convinzione che “dopo di noi il diluvio”. La matrice di fondo è la stessa, ma la gamma delle opzioni contro la natalità è più vasta.
Oltre ai diritti delle donne, esiste anche il diritto alla vita del bambino? E’ amaro e sconfortante porre la questione, come lei giustamente fa, in forma di domanda. Dovrebbe essere un sentire comune universale, che precede la sfera delle opinioni e delle questioni giuridiche. Un fatto naturale, semplicemente legato alla realtà delle cose e alla condizione umana. Certo che esiste.
L’aborto ha un effetto sulla salute e sulla psiche della madre e spesso anche del marito. La RU 486 ha causato decine di morti in Italia. Tuttavia, sembra che la grande stampa non ne parli. Perché? Beh, si sa, l’aborto è uno dei grandi tabù della nostra epoca, come le unioni gay o la shoah. C’è un pre-giudizio che impedisce di vedere anche l’altra faccia del problema, rimozione e omertà...
Cosa pensa lei della legge 194? Pensa che vada abrogata o corretta? In linea di principio direi che andrebbe abrogata. Realisticamente penso che vada corretta, cercando di contemperare il diritto alla vita del bambino col diritto alla scelta dei suoi genitori. L’aborto oggi è molto diffuso. L’Italia è al 219° posto, fra 221 nazioni, per quanto concerne la natalità. Crede che la diffusione dell’aborto e la bassa natalità possano anche danneggiare lo sviluppo economico? La denatalità è un capitolo più vasto dell’aborto, perché
Nonostante che i Successori di Pietro siano stati chiari riguardo alla condanna dell’aborto, molti cattolici preferiscono “il male minore” e sostengono la legge 194. Cosa ne pensa? Capisco il realismo fino a che non
diventa cedimento su principi di vita non negoziabili. Il Parlamento Francese ha introdotto una legge che permette l’assoluta uguaglianza fra famiglia naturale e famiglia composta di persone dello stesso sesso, inclusa l’adozione di bambini da parte delle ultime, tanto che le parole “mamma” e “papà” scompariranno dal “carnet de la famille”. La mia opinione è di netto dissenso. La famiglia è l’unica struttura naturale e culturale su cui si fonda e si rigenera ogni comunità. Le altre sono unioni che riguardano solo la sfera della libertà dei singoli. Una società dovrebbe tutelare e promuovere la famiglia, e lasciare libertà alle altre unioni che possono essere regolate con contratti e scritture private. Cosa pensa riguardo all’obiezione di coscienza dei medici che si rifiutano di operare aborti e di chi crede, invece, che questa limiti i diritti delle donne? Non si può stabilire la priorità di un diritto sugli altri. Hanno diritto alla vita i nascituri, hanno diritto alla scelta i medici al pari delle donne. Cos’altro vuol dire ai nostri lettori? Semplicemente l’invito a tornare alla realtà, non dico ai principi fondamentali su cui ha retto ogni civiltà, ma almeno alla realtà. Antonio Brandi
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La legge 194/78: una legge contro le donne
I
Il progresso scientifico di questi ultimi 30 anni ha dimostrato ampiamente che la l. 194 è totalmente anacronistica
l legislatore della Legge 194 del 1978 intendeva, legalizzando l’aborto, ovviare agli aborti clandestini illegali, a pagamento e non sicuri, consentendo alla donna la libertà di scelta. I dati sugli aborti clandestini che erano sbandierati allora sono stati ampiamente sbugiardati. Ma effettivamente allo stato della tecnica dell’epoca non si sapeva come fosse fatto un concepito, si presumeva fosse un “grumo di sangue” o di “tessuti”: ecco quindi che nella L. 194 viene definito “prodotto del concepimento”, genericamente. Inoltre il limite dei tre mesi per abortire stabilito negli anni ‘70 e riportato nella L.194 è del tutto convenzionale e non ha basi scientifiche. Gli strumenti ecografici sono degli anni ’80. Grazie ad essi si è scoperto che ben prima dei 3 mesi il concepito ha già braccia e gambe e gli organi formati. Inoltre è relativamente recente la scoperta che già al momento del concepimento ha un DNA unico e irripetibile. Pertanto scegliendo l’aborto si dispone della vita di un altro essere umano. La gratuità dell’aborto legale ha aumentato il numero degli aborti anche per cause futili, essendo facilmente accessibili. Sono aumentate le pressioni sulle donne per farle abortire anche da parte dei familiari. L’art. 4 della L. 194 afferma che “il parto o la maternità possono costituire un pericolo per
la salute fisica o psichica” tale da dover intervenire con l’aborto. Anche questa concezione è stata sbugiardata dalla scienza. Secondo l’Archives of Women’s Mental Health, nel 2001, le donne che hanno abortito risultano aver sviluppato in maggior misura psicosi depressive e disturbi neurologici e bipolari anche diversi anni dopo aver abortito; il tasso di ricorso alla psichiatria rimane del 67% più alto rispetto a quello delle donne che non hanno abortito.
Il docente di biologia ed endocrinologia del Baruch College di New York, Joel Brind ha affermato in un articolo del 1996 nel Journal of Epidemiol Community Health che le donne che hanno avuto un aborto procurato hanno un aumento della possibilità di sviluppare il cancro al seno del 30%. Il dott. Byron Calhoun, professore del dipartimento di ostetricia e ginecologia della West Virginia University evidenzia il collegamento tra aborto e parti prematuri. Verso fine dicembre 2011 è stato dimostrato sulla rivista “Acta et
Obstetricia Gynecologica Scandinavica” un legame tra l’aborto indotto e l’aumento del rischio di isterectomia post-partum. Nel 1981 sull’American Journal of Obstetrics & Gynecology è uscito uno studio che dimostra come l’aborto indotto nel primo trimestre di gravidanza sia un fattore significativo che predispone alla placenta previa. Il proseguimento della gravidanza ha effetti benefici sulla salute delle donne. In un articolo nella rivista medica Linacre Quarterly della Catholic Medical Association, la dottoressa Lanfranchi ha affermato che al termine della gravidanza, l’85% del tessuto mammario è resistente al cancro. Il Prof. Salvatore Mancuso, già direttore del Dipartimento della salute della donna dell’Università Cattolica di Milano nel suo libro “La prima casa” afferma: “il flusso di cellule staminali che, per tutta la durata della gravidanza, entrano nel corpo materno attraverso il cordone ombelicale aumenta a dismisura non solo nel caso di lesioni placentari ma anche e soprattutto nel caso di lesione di organi materni, e le ripara. Sia durante la gravidanza sia a distanza di tanti anni, le cellule staminali mantengono le caratteristiche di plasticità riparativa”. Cosa rimane dunque a giustificazione e fondamento della L.194? Virginia Lalli
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ONU di morte Molte agenzie dell’ONU, come l’UNICEF, perseguono politiche “pro morte”, con buona pace della mentalità corrente che considera buono e giusto tutto ciò che promana dal Palazzo di Vetro. Nell’ONU confluiscono e fioriscono vecchie ideologie contrarie all’uomo e alla Vita: il neo malthusianesimo, l’eugenismo, l’ecologismo e il femminismo.
T
i guardano stupiti, non appena li inviti a non acquistare i deliziosi cartoncini che da sempre l’UNICEF mette in vendita dappertutto. “Ma il ricavato va per l’aiuto ai bambini!”. E allora spieghi che per l’UNICEF, una delle tante agenzie ONU, i bambini che contano sono quelli già nati. Per quelli che ancora devono nascere l’Unicef, come l’UNPFA, L’OMS, L’UNAIDS, assieme ad una pletora di ONG, è perfettamente allineata alle politiche ONU che perseguono l’obiettivo del contenimento della popolazione mondiale con immense profusioni di capitali e di forze, a ogni livello, politico, culturale, economico. Nata alla fine della seconda guerra mondiale, per la promozione della pace, della cooperazione fra i popoli e dei diritti umani, nell’ONU, ben presto, si sono infiltrati potenti organismi quali l’International Planned Parenthood Federation, il Population Council, le fondazioni Ford e Rockfeller, la National Organization for Women, e diviene il crogiolo in cui si fondono il neo malthusianesimo, con il suo eterno allarme per la crescita della po-
polazione, l’eugenismo, già diffuso e praticato nei Paesi anglosassoni e nel nord Europa ben prima di Hitler, l’ecologismo e infine anche il femminismo: filoni culturali di matrice illuministica. Tolto Dio dall’orizzonte, l’uomo, da signore del Creato, diventa o il cancro del Pianeta, o il severo custode dell’Ambiente, nuovo dio cui bisogna sacrificare anche l’umanità. Specialmente quella porzione più povera e più numerosa che, se raggiungesse i livelli di qualità della vita dei Paesi ricchi, inquinerebbe a dismisura e depaupererebbe la terra. Perciò ai Paesi meno sviluppati gli aiuti sono concessi in proporzione alle politiche di contenimento della popolazione da essi messe in atto, con aborto, contraccezione e sterilizzazione. Se gli anni ’60 sono stati lo scenario che ha dato il via alla messa a punto e alla sperimentazione su scala mondiale della contraccezione chimica e della legalizzazione dell’aborto, sono le grandi Conferenze Internazionali sul clima, sullo sviluppo e la popolazione, sulla donna, le occasioni in cui le strategie pro morte sono discusse, approvate e capillarmente diffuse su tutta la terra. Veicolo imprescindibile per tale diffusione è un linguaggio manipolatorio. Emblematica la locuzione “salute riproduttiva”, consacrata dalla Conferenza internazionale del Cairo del 1994, che può sì richiamare alla mente tutto quell’insieme di profilassi e terapie che riguardano la donna nell’ambito della maternità, ma che significa innanzi tutto diritto a contraccezione e ad aborto si-
curo. Allo stesso modo fa riflettere la definizione data dall’OMS di “salute”, intesa non più come assenza di malattie, ma come stato completo di benessere fisico psicologico e sociale, legittimando così quella “medicina dei desideri” che genera il diritto all’aborto, quando non si vuole il figlio, il diritto al figlio e alla fivet, quando il figlio non arriva, il diritto al sesso che deve adeguarsi al genere che culturalmente e socialmente si decide di scegliere. Ai diritti naturali, sanciti dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del ‘48, oggi l’ONU affianca questi nuovi “desideridiritti” i quali, però, in modo surrettizio li sostituiscono fino a cancellarli. Marisa Orecchia
L’ONU sta contribuendo alla trasformazione di desideri (egoisti) in diritti (falsi) che si affiancano ai diritti naturali e pian piano li sopprimono.
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I Buddisti tibetani e l’aborto Ci scrive Tenzin Dadon, segretaria della comunità tibetana in Italia, sulla brutale applicazione della politica del figlio unico in Tibet, dove i neonati già si considerano di un anno di vita.
A
ncora oggi, nel 2012, fra le tante violazioni dei diritti umani nella Repubblica popolare cinese, non è consentito ai genitori di avere il numero desiderato di figli. A parte alcune eccezioni, la regola è che ogni coppia deve procreare un solo bambino. Anche per sposarsi e per mettere al mondo un figlio è obbligatorio ricevere un permesso dal governo. La legge repressiva sulla pianificazione familiare causa decine di migliaia di sterilizzazioni e aborti forzati all’anno. Il Governo Cinese si vanta, infatti, di aver “evitato”, dall’introduzione della politica del figlio unico nel 1979, ben 400 milioni di nascite. In teoria questa politica avrebbe dovuto riguar-
barbare e disumane come le sterilizzazioni forzate e gli aborti forzati anche a gravidanza quasi a termine. Le donne tibetane sono state così brutalizzate, soprattutto nelle zone rurali, dagli operatori “sanitari” statali e dai funzionari della Pianificazione familiare. Oltre alle operazioni, imposte, spesso con violenza, sono state comminate pesanti sanzioni economiche, sono state distrutte case, arrestati mariti e altro, e tutto ciò solo per aver voluto dei figli. Così che le nostre giovani donne non solo perdono il figlio, ma sono costrette ad andare contro la loro fede religiosa. Il Buddismo tibetano è basato sulla pace e la compassione per ogni essere vivente e quindi
dare solamente le etnie con almeno dieci milioni di persone. Perciò, il Tibet, con la sua popolazione di solo sei milioni, avrebbe dovuto esser escluso. In realtà questa pratica di controllo delle nascite è stata imposta anche nel nostro paese dall’inizio degli ’80 ed ufficialmente dal 1982. La Cina ha applicato questa legge mediante pratiche
la vita umana va protetta sin dal concepimento. Un aborto forzato è quindi considerato il peggiore degli omicidi perchè non solo si uccide una persona ma si costringe la madre ad abortirla, mediante iniezione, raschiamento od altre crudeli pratiche. Noi tibetani riteniamo che la vita di un bambino inizi prima del parto. Perciò quando nasce un bimbo ha già un’anno di età. A Dharamsala, l’Associazione delle donne tibetane organizza una veglia il 25 novembre, la giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, per protestare contro le torture, gli abusi e gli aborti forzati inflitti sulle loro sorelle in Tibet. Non sussiste alcuna giustificazione per la Cina che im-
I Tibetani sono solo sei milioni. Avrebbero dovuto perciò essere esclusi dalla pianificazione familiare cinese.
Il Buddismo tibetano è basato sulla pace e la compassione per ogni essere vivente e quindi la vita umana va protetta sin dal concepimento.
pone questa politica disumana di pianificazione familiare nel nostro paese. Il solo scopo è eliminare il nostro popolo. Non a caso la Cina continua ad importare centinaia di migliaia di Cinesi di etnia Han in Tibet. Inoltre, questa crudele pratica è contraria alla “Dichiarazione del Quarto Congresso Mondiale delle Donne di Pechino” del 1995, alla “Convenzione Internazionale sulla Eliminazione della Discriminazione Contro le Donne” ed alla “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” e causa numerosi problemi di salute delle donne, e altri problemi sociali come le rivolte popolari e l’invecchiamento della popolazione. Nonostante ciò, le autorità politiche ed economiche nazionali ed internazionali continuano imperterrite a collaborare con Pechino. I mass media presentano, prevalentemente, l’immagine di una Cina in prodigiosa crescita economica e con un promettente progresso sociale. Sia le une che gli altri, quindi, alimentano il consenso e l’ammirazione per questo paese dove una dittatura commette crimini mostruosi sia sul suo popolo sia sulle minoranze come i Tibetani, i Mongoli e gli Uighuri, a vantaggio dei ricchi funzionari del partito. Tenzin Dadon
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Primo Piano
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I Centri Di Aiuto alla Vita: dalla parte delle donne Nell’ambito della federazione delle associazioni di volontariato pro-life che è stata creata dal Movimento per la Vita, hanno certamente un ruolo preminente i Centri di Aiuto alla Vita, dai quali provengono la gran parte delle testimonianze raccolte nelle pagine di questa rivista.
D
al 1975, anno di fondazione a Firenze del primo Centro di Aiuto alla Vita, a oggi i bambini nati grazie all’aiuto dei CAV sono più di 140.000; le donne assistite sono state più di 450.000, delle quali circa la metà non in gravidanza. I Centri di Aiuto alla Vita sono stati organizzati dal Movimento Per la Vita, soprattutto dopo l’infelice esito dei referendum abrogativi della legge 194, in modo da concentrare la battaglia per la vita sul fronte della prevenzione. Oggi i CAV sono 329 associazioni di volontariato, sparse su tutto il territorio nazionale, collegati con altre organizzazioni, per esempio con il Progetto Gemma, con il telefono S.O.S. Vita e con le Culle per la Vita. Con la Comunità Giovanni XXIII e con l’Ai.Bi, l’associazione Amici dei Bambini, hanno creato il consorzio Preferire la Vita. I CAV offrono aiuto e sostegno di carattere economico, psicologico, medico e umano alle donne in gravidanza, a quelle che devono fronteggiare il trauma post abortivo e a quelle che desiderano conoscere metodi di regolazione naturale della fertilità, sicuri e sani. I dati raccolti anno per anno, regione per regione, e in base a diversi altri criteri validi per realizzare elaborazioni statistiche, sono pubblicati sul sito del Movimento Per la Vita. In questo contesto i numeri riportati in principio di articolo sono più che sufficienti. Vorremmo in più sottolineare come
l’attività di aiuto alle donne sia andata intensificandosi di anno in anno. Per esempio secondo gli ultimi dati raccolti nel 2012, il numero degli interventi realizzati nel 2011 è più che quadruplicato rispetto all’anno precedente. Non è un fatto che depone a favore delle nostre strutture pubbliche, l’aver constatato che solo una minima percentuale delle assistite sono state inviate ai CAV dai consultori (nel 2011 solo il 7%), ma è consolante rilevare che, sempre in quell’anno, l’81% delle mamme presentatesi col certificato di aborto già pronto, hanno poi deciso di lasciar nascere il proprio bambino. E di tutte le donne che hanno scelto di non abortire, nessuna sino ad ora si è mai pentita. Anzi gran parte del personale che svolge volontariato nei CAV è costituito da quelle che a suo tempo hanno ricevuto aiuto e sostegno: donne che testimonia-
no quotidianamente che è stata loro salvata la vita. I CAV, inoltre, gestiscono direttamente il 70% delle 60 Case di accoglienza sparse su tutto il territorio nazionale. Le altre sono tenute da associazioni, cooperative sociali e fondazioni nate con lo scopo specifico della gestione, ma sempre in collegamento con i CAV. Queste case accolgono le donne in attesa di un figlio che per disagi sociali, solitudine o abbandono hanno necessità di poter vivere il periodo della gravidanza, e quello successivo al parto, in un clima di serenità ed anche di protezione. Nelle Case di Accoglienza le madri imparano ad affrontare la gravidanza e il parto dal punto di vista medico-sanitario, imparano ad allevare il bambino, a creare relazioni con le altre mamme. E possono farlo in un clima familiare, sereno e affettuoso, in cui imparano soprattutto a diventare autonome, cercandosi un lavoro e poi anche una casa, per potersi ricostruire una famiglia e reinserirsi nella società. Francesca Romana Poleggi
Valore medio delle donne complessivamente assistite dai CAV dal ’90 a oggi
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Chi salva i bambini, salva le donne
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Salvare la vita di un bambino è anche salvare una donna da un trauma che si porterebbe dentro per sempre.
na volontaria dell’associazione Onora la vita (www.onoralavita.it/) e dell’Associazione mai nati (www.associazionemainati. it), che lavora con i CAV in diverse città del nord Italia, ci parla di alcune delle sue esperienze. “E’ una fredda mattina di marzo a Torino e, con Anna Maria Meroni e alcuni colleghi, sto distribuendo volantini anti-aborto di fronte all’Ospedale Sant’Anna, che porta il nome della mamma di Maria, patrona delle partorienti.
Anna Maria Meroni, salita al Padre nello scorso mese di ottobre, è stata una donna esemplare che ha dedicato la sua vita ai bimbi disabili, agli orfani, e all'aiuto concreto delle maternità difficili. Come da triste e conclamata usanza, da 34 anni, sulla parte destra del padiglione si può accedere all’eccellenza delle cure; 20 metri a sinistra, nella sala antistante l’ingresso, siedono in attesa le donne che hanno deciso di “interrompere” la gravidanza: come se la vita di un bimbo si potesse interrompere e poi riprendere, come quando arriva un black out. Un raccapricciante “distributore di numeri”,
identico a quelli delle macellerie e dei supermercati, è parte del triste e nudo arredamento del “salotto della morte”. I volontari per la vita non hanno libero accesso in questi luoghi. Riusciamo a passare solo perché troviamo una persona amica di servizio in portineria. Dalla scalinata scendono famiglie felici con i neonati teneramente stretti al cuore, neo-padri imbarazzati che li tengono in braccio con la delicatezza dovuta ad un prezioso e fragile gioiello: un figlio. D’un tratto, vedo entrare una donna di colore: gli occhi esprimono l’immanenza di un dramma che si sta per compiere. Mi avvicino, siedo accanto a lei, le sorrido accarezzandole una mano: “What’s your name, my dear? Where are you from?”“I’m from Cameroun” è la risposta. “What’s your problem?” ... Mi racconta le sue pene: vuole abortire perché ha già dei figli e l’economia familiare non ne consente un altro. “And your husband? “ domando. Mi risponde che il marito non è d’accordo e che sono cattolici. Le offro l’aiuto economico del Centro di Aiuto alla Vita più vicino a casa sua, ma non basta a convincerla. Devo riuscire a fare breccia nel suo cuore di mamma cattolica. La intrattengo mostrandole le immagini del bimbo che si sviluppa nel ventre materno e d’un tratto, ecco lo Spirito Santo viene e mi suggerisce le parole giuste: penso all’Eccomi di Maria nel momento in cui l’Arcangelo Gabriele le comunica che diverrà la Madre di Gesù, traduco brevemente le frasi del Vangelo lucano concludendo: “Che
Ai volontari per la vita, in molti ospedali, non è consentito l’accesso alla sala d’aspetto delle donne che hanno scelto l’aborto.
sarebbe stato di noi se Maria avesse risposto di no?” Un raggio di luce traspare dagli occhi della donna che finalmente mi sorride, telefona all’angosciato marito la sua decisione. Poi mi abbraccia e, letteralmente, scappiamo giù dalla scalinata, fuori dal “salotto della morte.” Il bimbo è nato felicemente. In altre circostanze non è stato così semplice: la vita riserva spesso una tragedia in più, dietro la scelta tragica di uccidere un figlio. Per esempio per salvare il terzo figlio di una giovane il cui compagno si trovava nei guai con la giustizia, ho dovuto passare una intera estate tra ospedale e carcere. Perché era necessario farle sentire la nostra totale condivisione, vicinanza: in molti casi non è sufficiente l’aiuto economico. E poi le donne inviate ai CAV non vengono abbandonate dopo la nascita dei bimbi salvati: la mia relazione con le mamme affidatemi prosegue tuttora, anche a distanza. Nella vita, come nel volontariato, la riuscita delle nostre azioni dipende soprattutto dall’amore, dalla passione, dalla fede che ci mettiamo. E, ovviamente, dall’aiuto della Divina Provvidenza.” Anna Maria Pacchiotti
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Il Dono (www.il-dono.org) Edoardo Panunzio e Serena Taccari, oggi genitori di 5 bambini, hanno sofferto in prima persona i problemi di una gravidanza inattesa e il trauma di una diagnosi prenatale avversa. Avendo sperimentato sulla propria pelle cosa significa essere lasciati completamente soli, in tali circostanze, hanno deciso di dedicare la loro vita alle donne e alle coppie cui l’aborto è stato offerto come l’unica scelta ragionevole, e a tutti coloro che soffrono per il tremendo trauma psico-fisico che ne deriva. Nel 2005 hanno fondato a Roma IL DONO: in poco più di 5 anni questa associazione ha aiutato oltre tremila donne e sono nati oltre trecento bambini. Più di mille persone che hanno scelto di partecipare al percorso di guarigione postaborto ora vivono nella tranquillità e nella gioia. Ci è parso opportuno presentare ai nostri lettori questa realtà attraverso la vita vissuta di una donna, che ci ha gentilmente mandato la sua testimonianza.
P
asso ore a capire come è potuto capitare. Mi fido tanto di lui. Dice di essere così esperto… E invece mi ritrovo ad avere 9 giorni di ritardo, il seno gonfio come una mongolfiera, dolori al basso ventre da rimaner piegata per minuti e una sfrenata voglia di piangere. Le beta confermano: SONO INCINTA!! Ora che faccio? Come faccio? Chi lo dice a mia madre? A mio padre non se ne parla proprio. Mia sorella... una grande!! Sembra un’ape regina! Traffica avanti e indietro per affrontare al meglio tutto ed ha solo
20 anni! Invece io non ci capisco nulla. Mia madre piange, e come al solito non sa prendere in mano la situazione: deve per forza dirlo a mio padre. Oddio, quello mi ammazza e poi ammazza lui! Invece, arriva, mi abbraccia senza dir nulla e poi: “Non devi aver paura. Sai bene qual è l’unica cosa da fare per l’onore della famiglia!!” e io, spaventata, annuisco. Non capisco. Non riesco a comprendere cosa significhi avere un figlio a questa età, cosa significhi essere incinta. Due giorni prima dell’interruzione, il mio ragazzo mi chiama e mi chiede di non farlo. La madre come soluzione dice: “Ve lo tengo io quando andate a scuola.” Dio mio, tutto questo non ha senso. Mio padre mi guarda come fossi una puttanella thailandese che si è fatta ingravidare dal primo arrivato, un poco di buono con una famiglia che non può assolutamente essere all’altezza della nostra. È il 27 Novembre 1996. E’ una clinica convenzionata, non so neanche come si chiama. Entro in una stanza, una camerata di donne che giacciono nei letti e aspettano il loro turno. Una esclama: “Questa per me è la quarta volta”. Continua: “Si possono riprendere i rapporti dopo 40 giorni”…ed io penso che sia una prostituta, altrimenti non si spiega!
Arriva un’infermiera che mi fa spogliare ed intimidita da mia madre infilo di corsa il camice bianco che mi è stato chiesto di indossare. Arriva un’altra infermiera. Mi tira su il camice e con un rasoio bic mi inizia a rasare. Tocca a me. Lasciano che mia madre aspetti in corridoio. In sala operatoria mi fanno stendere sul lettino, una tipa con fare deciso mi apre le gambe. Un’altra inserisce nella mia vena un ago e mi dice di contare fino a tre. Non ricordo di essere arrivata nemmeno a 2. Non ricordo più nulla. Al risveglio c’è mia madre vicino al letto. Chiedo di andare in bagno ma sono legata all’asta della flebo che a gocce lente arriva in vena. Mi portano una padella, ma non se ne parla. Mi stacco tutto e mi alzo per andare in bagno. Mamma mi accompagna e chiede di avvicinarmi alla finestra. Lui è lì sotto e mi guarda con aria tristissima, insieme a sua madre. Mi sento rintronata. Dopo qualche ora decidono di mandarmi via. Ricordo una vaga sensazione di vuoto. A casa non si parla di nulla, non si affronta nessun argomento. Ed io torno alla vita normale come se non fosse accaduto nulla, un sogno “pesante” da cui ormai sono sveglia. Pochi giorni ancora e riprendo il motorino e volo a scuola. Sono trascorsi 16 anni da
ildono onlus
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quell’aborto e in questi 16 lunghi anni non ho fatto altro che chiudermi in casa o in chiesa, quando penso al giorno in cui ho ucciso mio figlio. Dopo l’ennesimo fallimento ed errore di vita, con un figlio nato da un matrimonio fallito già al secondo mese, ho deciso di andare a fondo per capire se il nostro Dio esiste e così, un po’ per caso e un po’ con l’aiuto dell’uomo che amo, ho iniziato a seguire le catechesi sui 10 comandamenti (scettica e alquanto incredula). Dopo il terzo incontro il parroco parlando di aborto menziona IL DONO. E’ impressionante come quella parola sia entrata nel mio cuore: un pugnale mirato ad una ferita che pensavo chiusa da tempo. Torno a casa, incuriosita più che mai, leggo in internet di cosa tratta IL DONO: “Associazione onlus no-profit per il sostegno alle gravidanze indesiderate e alle conseguenze psicologiche dell’aborto volontario”.
Sotto la voce “chi siamo” c’è scritto qualcosa che mi ha colpito profondamente: “Siamo quelle che si sono trovati al bivio della scelta, quelle che hanno dovuto prendere coscienza che non è questione di coraggio o bravura portare avanti una gravidanza o meno, ma è questione di possibilità offerte e colte, di appoggi dati e ricevuti, di porte in faccia, di solitudine e attesa. Siamo le mamme sole, donne che per un motivo o per un altro si sono ritrovate senza un principe azzurro vicino al momento in cui sono rimaste incinte, o poco dopo, con un bambino o più bambini da gestire da sole. Siamo quelle che prendono il bus con un bambino addormentato in spalla ed uno zaino capiente come borsa, scarpe basse per comodità e mani grandi per accarezzare meglio e il doppio…” Ho paura ma mi faccio coraggio: chiamo il numero di Serena (fondatrice dell’associazione) e
prendo un appuntamento. Oggi sono 5 mesi che frequento la casa famiglia. Devo espressamente RINGRAZIARE i volontari che mi hanno aiutato, mi hanno fatto capire che un bambino non deve esser visto come un ostacolo ma come un dono. Non mi hanno fatto sentire sola e si sono presi cura di me. Percorso dolorosissimo, lacerante, faticoso. Mi ha spaccato l’anima dover accettare di aver ucciso mio figlio. Beh sì… come vogliamo chiamarlo se non omicidio? Per abortire vengono somministrati farmaci che favoriscono contrazioni e il distacco della placenta. Dopo di che si va in sala operatoria e si pratica il raschiamento dell’utero, ovvero si pulisce l’utero nel suo interno con una spatola e l’utilizzo di un aspiratore. Il feto e la sua placenta vengono così tritati e finiscono nel sacco. Ma la cosa più sconcertante è che quel minuscolo puntino ha un cuore che inizia a pulsare già alla terza settimana: ciò significa che chi decide di abortire decide di sopprimere una vita. Dunque, come si può? Con Serena, Maria Rachele, Edoardo e Don Fabio sono riuscita a capire tutto questo e a lottare per aiutare tante altre donne che hanno abortito o che hanno intenzione di farlo. Mi hanno sostenuto nei miei momenti di dolore e mi hanno sorretto mentre stavo cadendo. IL DONO mi ha salvato la vita. Grazie. Laura
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S.O.S. vita La Presidente del Movimento per la Vita di Bologna ci spiega come funziona il numero verde a disposizione di chi cerca aiuto per una gravidanza indesiderata.
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l telefono SOS VITA 800-813000 risponde prontamente a tutte quelle persone che, davanti a una gravidanza inaspettata e indesiderata, in prima persona o per conto di altre, cercano aiuto per evitare un aborto, oppure per chi cerca aiuto nella sofferenza dopo un aborto avvenuto. E’ gratuito, attivo 24 ore su 24 in tutta Italia. Risponde un volontario pronto ad ascoltare e, dopo questo primo contatto, si attiva il centro di aiuto alla vita più vicino alla zona del chiamante per organizzare l’incontro personale, l’accoglienza, e quindi, conoscendo i reali bisogni, gli aiuti mirati. La prima telefonata a SOS VITA, inventato dall’indimenticabile Giuseppe Garrone che rispondeva direttamente, arrivò il 28 dicembre 1992. Giuseppe dovette superare molte difficoltà tecniche. All’epoca, infatti, non era ancora pensabile poter attivare un numero verde su un cellulare, ma lui era certo del fatto che se una cosa si deve fare deve essere possibile (risposta data anche al direttore della Sip che poneva molti problemi: persino per un numero facilmente memorizzabile!). Molti ci chiedono cosa diciamo alle persone che entrano in contatto con noi. Innanzi tutto le ascoltiamo. Non sono solo mamme che vogliono tenere il bambino già concepito in loro
“Se una cosa si DEVE fare, DEVE essere possibile”.
e che hanno problemi economici o sono impaurite e spinte ad abortire contro la loro volontà. Ci sono anche mamme, prese da un momento di lucidità, ma con aborto già prenotato, che danno sfogo all’ambiguità dei loro sentimenti verso il figlio. Ci sono padri con figli in procinto di essere abortiti che non sanno più come poter salvare. Ci sono nonni che vogliono evitare l’aborto dei loro nipoti, contro la chiusura di cuore dei loro stessi figli. Ci sono semplici amici e conoscenti, che sapendo dell’aborto imminente di quel bimbo, cercano aiuto per salvare tutte le persone coinvolte.
Molti hanno soltanto bisogno di orecchie attente alle loro storie di sofferenze, disagi e problemi. Si consiglia ai papà, ai nonni, agli amici quali sono le cose da dire, da fare, da evitare…Spesso si chiede di parlare con la mamma interessata, non per volerli escludere, ma per dire più chiaramente che il bimbo è già con lei, che è già madre e che ha intorno a sé persone che la amano e che si preoccupano per lei. Poi, con colei che sembra all’inizio molto decisa per
Per prima cosa bisogna saper ascoltare. Poi bisogna “esserci”, perché le donne di fronte all’aborto sono terribilmente sole.
l’aborto, garantiamo il nostro esserci affrontando insieme le difficoltà, aiutandola nel tenere il suo bimbo: non sarà facile, ma non impossibile! Certamente non ci sarà il dolore e il rimpianto di averlo abortito, che ferirà per prima lei e tutte le altre persone coinvolte. E a una mamma che ha appena abortito, che si dice? Se si è resa conto di quello che ha fatto, è disperata e ti chiede aiuto, non si fa altro che ascoltarla, stare con lei, senza giudizi e sentenze. Poi la inviamo a persone più competenti – psicologi - poiché lei sa perfettamente quello che ha fatto. Non si minimizza o si “accantona” il dolore, si deve “passarci attraverso” insieme con lei. Se chiamano, è spesso in coincidenza con alcune date particolari: il giorno in cui il loro bambino sarebbe nato, l’anniversario dell’aborto, etc. Per tutto questo serve formazione, disponibilità, amore alla vita ma soprattutto un cuore cha batta all’unisono con quello del concepito e della madre per far sentire questo battito anche a lei. Lucia Galvani
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Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
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razie per quello che avete fatto per me!”. Quante volte ci siamo sentiti ripetere questa frase da mamme che avevamo incontrato! E questo “grazie” non nasce principalmente dagli aiuti ricevuti, ma perché c’è stato un incontro, e ora le donne sanno di avere una presenza amica su cui poter contare. Infatti, lo stile d’intervento della Comunità Papa Giovanni XXIII è basato sulla condivisione diretta. La nostra vocazione ci chiama a conformare la vita a Gesù attraverso la condivisione della vita degli ultimi, come carcerati, tossicodipendenti, disabili, zingari… e tutte le vittime di questa società che ha eretto il profitto a idolo e per cui le persone sono solo strumenti di cui servirsi o ingombri da far fuori. Tra questi “ultimi”, l’associazione con il suo “Servizio Maternità Difficile e Vita” s’interessa del bambino non nato, cui la nostra società non garantisce alcun diritto, neppure di continuare a vivere, e della sua mamma, che normalmente vorrebbe lasciar vivere il suo piccolo, ma che è spinta ad abortire dalle persone intorno a lei e dalle circostanze in cui si trova. Tante ci dicono: “Vorrei tene-
“
Come operiamo per le maternità difficili re il bambino, ma non posso”. Spesso subiscono pressioni e ricatti dal marito, dal fidanzato, dai genitori, da medici e operatori sociali. L’incontro iniziale è caratterizzato da un profondo ascolto e dall’accoglienza della donna / coppia. Non abbiamo un progetto precostituito ma insieme definiamo un percorso per affrontare i problemi che maggiormente li affliggono. Proponiamo innanzitutto noi stessi, la nostra vicinanza; poi definiamo insieme alcune azioni concrete di sostegno, quali: - accoglienza nelle nostre famiglie aperte, case-famiglia o comunità terapeutiche fino alla ritrovata autonomia; - coinvolgimento dei Servizi Sociali; - mediazione con il partner, i familiari, il datore di lavoro o il padrone di casa; - azioni contro le discriminazioni sul posto di lavoro dovute alla gravidanza; - sostegni di tipo materiale ed economico; - aiuto nella ricerca della casa o del lavoro; - eventuale consulenza legale; - costruzione di una rete relazionale che supporti l’intera famiglia. La maggior parte delle gestanti che abbiamo incontrato
Per contattare l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII Servizio “Maternità difficile e Vita” c’è il numero verde 800.035.036 e il sito www.apg23.org/ambiti-dintervento/maternita-difficile.
e che erano nel dubbio, dopo esser state così rassicurate, hanno scelto, allora sì liberamente, di far nascere il bambino. Numerose famiglie che hanno generato nell’amore dei figli “speciali” danno disponibilità a incontrare quei genitori al cui figlio, durante la gravidanza, sia stata diagnosticata una grave malattia o disabilità, per far conoscere direttamente dei bambini affetti dalla stessa patologia. Sosteniamo anche le donne che hanno vissuto l’esperienza dell’aborto, attraverso il seppellimento e la rielaborazione del lutto per riappacificarsi con il figlio non nato, al quale hanno comunque donato la vita e che ora vive nell’Amore del Padre celeste. Come ci ricordava il nostro fondatore don Oreste Benzi, non basta stare con i poveri, occorre anche rimuovere le cause della povertà. A questo fine organizziamo iniziative, come la preghiera pubblica davanti agli ospedali nell’ora in cui si praticano gli aborti, la promozione di una controcultura di vita attraverso incontri, pubblicazioni, spazi web, mailing list, l’obiezione fiscale al contributo alle spese dell’aborto e altre azioni di pressione non violenta. Questo perché la società prenda coscienza della grave ingiustizia dell’aborto e della necessità di accogliere ogni gestante e ogni bambino nel grembo, affinché l’aborto diventi un giorno solo un brutto ricordo. Andrea Mazzi
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“Non c’è più religione…” E dove prevale l’ateismo, l’uomo si sente padrone della vita e della morte e si autodistrugge: l’esempio della Russia comunista.
Il diffondersi della cultura abortista, si voglia o meno, è profondamente legato alla perdita del senso religioso.
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l diffondersi della cultura abortista, si voglia o meno, è profondamente legato alla perdita del senso religioso. L’uomo religioso è essenzialmente colui che coglie il fatto che la realtà non è nostra, ma donata. Si tratta di un atteggiamento non fideistico, ma realistico. Lo stesso da cui è nata ogni tradizione artistica, letteraria, persino scientifica. In epoca di ateismo assoluto, invece, l’uomo si ritiene padrone della realtà, senza vincolo alcuno verso Dio, e quindi neppure verso una legge morale che lo preceda e lo superi. “Senza Dio, scriveva Dostojevskij, tutto è permesso”. Lo vediamo molto bene oggi: tutto è permesso, e, nello stesso tempo, ogni cosa perde valore, importanza, consistenza. La vita, la famiglia, l’onore, l’onestà… Esempio evidente di quanto detto, è la storia dell’aborto nell’Unione sovietica atea e comunista. Agli inizi della rivoluzione, il 18 novembre 1920, l’Urss dei gulag è il primo paese a legalizzare l’aborto e Lenin presenta tale iniziativa con la solita, utopica, dogmaticità. L’aborto legale, sostiene, sarà una misura transitoria, in quanto sparirà con l’incentivo all’uso di anticoncezionali, con la diffusione capillare di asili, scuole, mense di stato, sostitutivi della
famiglia tradizionale, troppo me- minazione dei bambini nell’uteschina e circoscritta, e con l’ac- ro materno. Si riscopre all’imcesso delle masse ad un livello provviso che quello nell’utero superiore di moralità comunista. materno è una persona umana Ma le cose non vanno propria- vera e propria. Stalin arriva a mente così. Il ricorso all’abor- dichiarare nell’aprile del 1936: to, infatti, diviene massiccio: “L’aborto che distrugge la vita è la povertà, la disgregazione fa- inammissibile nel nostro paese. miliare permessa dalla banaliz- La donna sovietica ha gli stessi zazione del divorzio, che spesso diritti dell’uomo, ciò però non la porta le donne ad affrontare da esime dal grande e nobile dovesole il peso dei figli, le idee sul li- re datole dalla natura: la donna bero amore, la deresponsabiliz- è madre, dà la vita”. La donna, zazione dei genitori, a cui veniva anzitutto lavoratrice, diventa, ripetuto che ogni nuova creatura anzitutto, quando serve, madre. è, anzitutto, della collettività e Il codice del 1944 è ancora più non loro, determinano una vera chiaro nel condannare l’aborto, e propria ecatombe e un dram- che verrà però reintrodotto nel matico vuoto demografico. Nel 1955, nuovamente con esiti di1928, vi erano 1,5 volte più abor- sastrosi. Tra il 1966 e il 1970 a ti che nascite, mentre a Mosca fronte di nascite che oscillano nel 1934 si contano 3 aborti ogni tra i 4 e i 4,2 milioni all’anno, gli nascita, con un calo costan- aborti legali sono in Urss, semte del tasso pre all’anno, di natalità in dai sette agli 8 tutto il paese. milioni, senza Dove tutto è L’aborto diviecontare quelli permesso, nello ne un metodo clandestini. E’ stesso tempo, ogni anticoncezioun dato inequicosa perde valore: nale cui ricorvocabile: ancola vita, la famiglia, rere con asra oggi l’aborto l’onore, l’onestà… soluta facilità, raggiunge lidovunque. Navelli inimmagiscono persino nabili proprio ricerche russe nei paesi cosui feti, non solo su quelli abor- munisti, come Cuba, dove vi titi spontaneamente, ma anche sono più bambini abortiti che inducendo gravidanze al solo nati, e in Vietnam, senza conscopo di interromperle in una siderare le stragi della Cina. certa fase per ottenere il tessu- Quanto alla Russia degli ultimi to embrionale. Fatto sta che di- anni, però, molte cose stanno nanzi a tutto questo, per evitare cambiando: la rinascita religioil collasso demografico del pae- sa si accompagna ad una semse, Stalin impone la retromar- pre maggior consapevolezza sul cia col codice del 1936, in cui valore della vita. Chissà che non l’aborto viene fortissimamente venga dall’est, che ha sperimenlimitato, mentre il partito spiega tato la follia disumana del mateche il “benessere” permesso rialismo anti-umano, la rinascita. dall’attuale società comunista Francesco Agnoli rende criminale il ricorso alla eli-
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Magistero e “gender”
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E’ nell’essenza della persona di essere stata creata da Dio come maschio e come femmina: questa dualità è essenziale per l’essere umano, così come Dio l’ha dato.
ochi, anche fra i cattolici, prendono sul serio l’insegnamento del Pontefice. Non sto parlando dei contestatori, come quelli che nel 1968 rifiutarono l’enciclica Humanae vitae del ven. Paolo VI sulla sessualità e così cominciarono l’opposizione organizzata al Magistero, ma dei molti che in buona fede considerano gli interventi del Papa come una delle tante voci presenti nel mondo dei media. Spesso il Magistero viene letto attraverso i commenti (a volte solo attraverso i titoli) dei principali quotidiani laicisti, come la Repubblica e il Corriere della Sera, oppure ci si accontenta dei titoli che appaiono sul video durante i telegiornali.
I Cattolici non possono considerare gli interventi del Papa come una delle tante voci presenti nel mondo dei media, né leggere il Magistero attraverso il commento dei giornali laicisti.
Invece sarebbe utile che i tanti cattolici che operano nelle diverse strutture organizzate, dalla parrocchia ai movimenti pro-life e pro-family, prestassero attenzione ai recenti interventi di Benedetto XVI sull’ideologia del gender, cioè su quella nuova filosofia della sessualità che circola molto negli ambienti giovanili, e non soltanto.
Prendendo spunto da un recente intervento del Gran Rabbino di Francia, Gilles Bernheim, in difesa dell’unica autentica forma di famiglia, quella basata sul matrimonio fra un uomo e una donna, Papa Ratzinger ha messo in risalto come nel nostro tempo, attraverso l’ideologia del gender, sia in atto un tentativo di negare l’evidenza che l’uomo nasce maschio o femmina. Benedetto XVI ha riservato a questo tema una parte consistente del discorso rivolto alla curia romana il 21 dicembre 2012, tradizionalmente uno dei più importanti interventi del pontificato. Nata all’interno del femminismo radicale, questa ideologia sta cercando di fare in modo che i movimenti femministi sostituiscano la logica della differenza dei sessi e della lotta tra il femminile e il maschile (ripresa dalla lotta di classe di origine marxista) con la negazione della natura sessuata della persona. In sintesi, l’uomo non nascerebbe maschio o femmina, ma dovrebbe essere lasciato libero di scegliere il proprio orientamento sessuale senza i condizionamenti culturali imposti dalle convenzioni della società. «Secondo il racconto biblico della creazione, appartiene all’essenza della creatura umana di essere stata creata da Dio come maschio e come femmina. Questa dualità è essenziale per l’essere umano, così come Dio l’ha dato. Proprio questa dualità come dato di partenza viene contestata. Non è più valido ciò che si legge nel racconto della creazione: “Maschio e femmina Egli li creò” (Gen. 1,27)», così
La filosofia del gender, non solo è contro la Vita, ma scardina la base del rapporto tra la creatura e il Creatore.
scrive il Papa. È facile osservare la pericolosità di questa ideologia. Essa rappresenta un nuovo passo in avanti nella logica del rifiuto della realtà e dell’idea di creazione: non si tratta più soltanto del rifiuto della vita, dell’esistenza di un legame indissolubile a fondamento del matrimonio, ma si nega il significato della sessualità presente nella persona che nasce. E’ come insinuare che Dio Creatore si sbagli nell’attribuire certe caratteristiche sessuali al maschio e alla femmina, e che la persona possa e debba poi correggere l’errore. Una nuova forma di gnosticismo, con cui si nega la bontà e la provvidenzialità del progetto di Dio. Siamo di fronte all’uomo che contesta e rifiuta la natura che ha ricevuto. Nasce così una lotta nella società, un profondo conflitto fra chi afferma l’esistenza di una verità oggettiva e riscontrabile nella sua evidenza a proposito della vita e del modello di famiglia e chi invece si erge a padrone della vita e insinua che esistano o possano esistere diversi modelli di famiglia. È la battaglia della nostra epoca. Marco Invernizzi
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Aborto e gravidanze non desiderate Considerazioni di ordine morale e socio-economico e condanna senza mezzi termini dell’uccisione dei bimbi nel grembo materno L’aborto non è mai “gratuito”: lo paga la donna in termini psico-affettivi ed esistenziali, lo paga la società sia in termini economici, sia per la situazione critica in cui versano presto o tardi le persone coinvolte
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a gravidanza non desiderata è, nella maggior parte dei casi, la conseguenza di una relazione sessuale nella quale mancava un atteggiamento di apertura verso il possibile arrivo di un figlio. Quando la sessualità è vissuta al di fuori della fecondità o contro la stessa, come se essere fecondi fosse una “malattia”, l’arrivo di una gravidanza è visto da molti come un problema, un fallimento, addirittura un dramma.
L’aborto non è mai una soluzione, ma un problema
La realtà, nondimeno, è molto più forte delle parole, della ideologie e dei pregiudizi. In ogni gravidanza non desiderata ci troviamo di fronte all’arrivo di una vita umana: un figlio ha cominciato a esistere, e merita rispetto per il semplice fatto di esistere in quanto essere umano. Sarà pur vero che magari i suoi due genitori non lo aspettavano.
O che lei, la madre, lo rifiuta. O che è il padre a non voler farsi carico della responsabilità né della donna né del figlio (dell’uno e dell’altra, non bisogna dimenticarlo), come succede in moltissime occasioni. Sarà pur vero anche che quel figlio ha cominciato a vivere in una situazione difficile, perché non lo amano, o perché i suoi genitori non erano sposati, o perché sono sposati ma non vogliono un nuovo figlio in casa. Sarà pur vero che vi sono gruppi sedicenti femministi, umanisti o promotori dei diritti umani che difendono l’“aborto gratuito” (non è mai gratuito: o lo paga la donna o lo paga la società) come “soluzione” per questi casi. Ma uccidere un figlio indifeso può essere una “soluzione”? Rispettiamo i diritti umani quando calpestiamo il diritto fondamentale alla vita? Vale meno un figlio prima di nascere che uno già nato? L’aborto, bisogna ricordarlo sempre, non serve mai a “prevenire” gravidanze non desiderate, poiché la gravidanza è già “avvenuta”… Serve solo ad assassinare un innocente nel seno di sua madre. L’aborto, comunque lo si voglia chiamare (interruzione volontaria della gravidanza, interruzione libera della gravidanza, o con altre
Soluzioni sono l’aiuto alle donne in difficoltà, il sostegno alle maternità difficili, una politica familiare adeguata
Che senso ha parlare di rispetto dei diritti dell’uomo, se non si rispetta il diritto alla vita? Che senso ha parlare dei diritti dell’uomo, senza rispettare il diritto naturale? formule fuorvianti) non potrà mai essere visto come soluzione di fronte a una gravidanza non desiderata. Perché le vere soluzioni cominciano quando la società aiuta le donne incinte, pensa ad aiutarle nel sostentamento dei loro figli, tutela il valore irrinunciabile della vita umana di tutti, senza discriminazioni.
I figli meritano amore. Ma se non c’è amore, ci sia almeno rispetto.
Un mondo è buono e giusto quando difende i più deboli e bisognosi. Ognuno di noi ha trascorso nove mesi circa nel seno materno. Amati o senza amore, siamo stati rispettati e siamo nati. Vorremmo per ogni figlio tutto l’amore del mondo. Ma se non c’è amore, il minimo che possiamo offrire è un po’ di rispetto e di giustizia verso questo figlio che già esiste tra di noi. P. Fernando Pascual
Scienza e morale
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“Il permesso di sopprimere vite senza valore” Una disamina sulle origini della filosofia eugenetica, per conoscere le radici del pensiero malvagio che oggi si ripropone su larga scala.
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el 1883, Francis Galton, conia il termine eugenics. Forte è la suggestione esercitata su Galton dall’opera del suo lontano parente Charles Darwin: gli spunti forniti dalla teoria della selezione naturale sono sviluppati da Galton in una vasta indagine statistica sulla trasmissibilità ereditaria dei caratteri umani. A detta di Sir Galton, è necessario promuovere i caratteri ereditari eugenici a scapito degli indesiderati o disgenici, nell’ottica del miglioramento della specie e, pertanto, della società: “La Selezione Naturale si basa su una ‘sovrapproduzione’ d’individui e sulla loro distruzione “all’ingrosso”; l’Eugenetica, invece, si propone di mettere al mondo solo il numero d’individui che possano ricevere adeguate cure, e solo individui del tipo migliore”. Proprio l’Inghilterra vittoriana, così rispettabile e liberale, incuba dunque i germi del successo dell’eugenetica. Fino alla Seconda Guerra Mondiale, infatti, programmi eugenetici sono attuati da numerosi governi occidentali (soprattutto Stati Uniti e Scandinavia), con una vasta gamma di misure, dalla segregazione degli individui unfit alle restrizioni alla libertà di contrarre matrimonio, dalle sterilizzazioni e dagli aborti forzati fino all’estremo del vero e proprio genocidio. Così, a lungo (soprattutto negli anni ‘30) i Paesi scandinavi praticano la sterilizzazione, “giustificata” come miglioramento della “razza”, ma in realtà strumento di repressione basato su criteri di “buona cittadinanza” di matrice puritana: sono così esclusi dalla perpetuazione del popolo quanti reputati moralmente o economi-
camente incapaci di allevare figli. Nella Germania nazista sono in prima linea, in una luciferina perversione del giuramento d’Ippocrate, personalità di spicco del mondo della medicina, quali Eugen Fischer, Otmar von Verschuer e Josef Mengele. “Sorge per noi la seria e bruciante domanda su come fare per alleggerire il fardello di certi caratteri ereditari”, afferma Fischer. Dietro la scusa pietista dell’insufficienza dei mezzi per garantire una vita “dignitosa” ai pazienti, è evidente l’intenzione di sbarazzarsi dei pazienti stessi: il che avverrà con l’Aktion T4. Legano storicamente il proprio nome all’Aktion T4 il giurista tedesco Karl Binding e lo psichiatra Alfred Hoche, autori di Die Freigabe der Vernichtung lebensunwerten Lebens, “Il permesso di sopprimere le vite senza valore”. Non sono intellettuali organici al sistema: tuttavia, divengono “ispiratori” dello sterminio che negli anni seguenti elargirà “morte compassionevole” (Gnadentod). Oggi, il tabù dell’eugenetica ha investito solo le pratiche violentemente coercitive (nel nostro Paese, la sterilizzazione coatta co-
Gli autori de “Il permesso di sopprimere le vite senza valore”, che propongono la “morte compassionevole” (Gnadentod), sono intellettuali della Germania nazista. Ma l’eugenetica ha origini più antiche e diffuse in diversi paesi “liberali”.
stituisce lesione gravissima); non ha però colpito in egual misura gli assunti dell’indegnità della vita “imperfetta” e dell’infallibilità della diagnosi medica di “incurabilità”. Eppure, episodi di difficile spiegazione – risvegli dallo stato vegetativo, sopravvivenza sul lungo periodo di neonati “non vitali” – suggeriscono prudenza. Inoltre, da un lato le terapie di sostegno e di recupero per disabili e malati mentali, dall’altro le cure palliative per i pazienti terminali, inducono a rivedere il giudizio di “indegnità” sulla condizione di persone che, per la competenza e il generoso impegno di molti, sono adeguatamente accompagnate e valorizzate. Il valore intrinseco della vita umana, specie se fragile, dev’essere affermato con forza proprio laddove le teorie eugenetiche oggi riaffiorano grazie a istanze radicaleggianti (selezione di embrioni e feti malati; eutanasia di neonati terminali, pazienti in SVP, anziani e disabili gravissimi), cercando il suffragio della medicina e l’avallo della politica e del diritto. Ilaria Pisa
Famiglia ed Economia
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Progetto Nasko Quando anche la politica è pro-life.
C
osa possono fare gli Enti locali a favore della vita nascente? Sappiamo che, vigente la Legge 194/’78, in Italia la cultura abortista risulta molto forte e istituzionalizzata. Ciò nonostante Regioni, Province e Comuni, se chiaramente c’è una volontà politica in questo senso, possono fare molto per sostenere la maternità. In tal senso gli esempi – dalla Provincia di Trento, che da un paio di anni finanzia alcuni “Progetto Gemma”, alla Regione Lazio, dov’è stata presentata un’importante riforma dei consultori familiari - sono fortunatamente molteplici, anche se il primato, quanto meno in termini di investimento, spetta senza dubbio al “Progetto Nasko”, promosso dalla Regione Lombardia. L’iniziativa, istituita nell’ottobre 2010 con DGR 31-05-10 “Determinazioni in ordine alla sperimentazione di interventi a tutela della maternità e a favore della natalità”, e rifinanziata anche per l’anno 2013, consiste nell’erogazione di un sussidio individuale che in origine ammontava a ben 4.500 euro, poi purtroppo ridotti a 3.000 – destinato alle madri in gravidanza difficile o indesiderata e tentate dall’aborto per ragioni economiche. Un’idea fortemente indovinata, dunque, tanto più alla luce della crisi economica in corso e che, allo stato,
Se c’è la volontà politica, gli Enti locali possono fare molto per sostenere la maternità, nonostante la 194 e la mentalità abortista imperante.
dovrebbe costituire, il solo esempio in Italia di un intervento pubblico che si ponga come obiettivo realizzare e favorire interventi volti a prevenire e rimuovere le difficoltà economiche e sociali che possano indurre la madre all’interruzione della gravidanza, secondo quanto enunciato – e quasi sempre solamente enunciato! – dalla stessa Legge 194, che all’articolo 5 dispone per la donna un sostegno finalizzato alla “la rimozione delle cause che porterebbero all’IVG offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto”. La riuscita del “Progetto Nasko”, oltre che dal gran numero di donne aiutate, è dimostrata dall’ottima sinergia sviluppata tra realtà di volontariato prolife e istituzioni; esemplare a questo riguardo è l’esperienza del Centro di Aiuto alla Vita di Varese, che mostra come pur con limitate risorse, si sia strutturata un’efficace collaborazione e una buona prassi operativa che vede coinvolti il CAV di Varese, accreditato presso la Regione, i CAV non accreditati che collaborano attivamente offrendo risorse umane e aiuti concreti, l’U.O. di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese, presso la cui sede è attivo da 6 anni uno sportello di ascolto e accoglienza del CAV. E come quella di Varese anche altre esperienze, sempre in Lombardia, sono lì a dimostrare quale straordinaria rete di collaborazione e solidarietà sia possibile avviare una volta che le stesse Istituzioni – in questo caso la
La riuscita del progetto Nasko è dovuta anche all’ottima collaborazione che si è instaurata tra le istituzioni, le strutture sanitarie e il volontariato dei CAV. Regione Lombardia – decidono di impegnarsi attivamente per la vita, con scelte di campo e investimenti mirati a quel sostegno concreto della maternità che, unitamente alla battaglia culturale contro l’aborto, rappresenta la più evidente manifestazione di un autentico pensiero pro-life. Per questo c’è da augurarsi che altre Regioni e altre Province seguano al più presto l’esempio della Lombardia, mettendo a disposizione uno specifico capitolo di spesa per il sostegno alle gravidanze difficili; oltre che un forte segnale di civiltà sarebbe anche, in tempi di denatalità, un aiuto alla demografia e quindi al futuro di comunità altrimenti destinate a proseguire nel loro già forte invecchiamento. Giampiero Greco
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Famiglia ed Economia
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Mamme digitali: quando la rete si rende utile alla famiglia
È
Un’imprenditrice romana ci propone una riflessione su come poter conciliare il lavoro con la famiglia
una dura battaglia esistenziale quella che al giorno d’oggi vede impegnate “le nuove” mamme, da sempre polivalenti per natura. Il lavoro è spesso un dovere comune e necessario per la sopravvivenza e avere dei figli è spesso percepito come una minaccia alla propria disposizione di stabilità. La paura di non farcela, anche quando il problema non è economico, domina nettamente sullo slancio prolife e, col passare degli anni, si perde anche il gusto di voler assaporare la scelta coraggiosa di una famiglia numerosa. Non tutti i casi sono uguali, ma spesso si sottovalutano possibilità e scelte che oggi invece la rete e le nuove tecnologie permetterebbero di adottare, conciliando in parte una intensa vita domestica con un lavoro svolto interamente - o quasi - da casa. Non se ne parla mai abbastanza, ma in realtà le nuove opportunità offerte dalla rete e da internet rappresentano un valido mezzo di supporto e in molti casi un’ alternativa vera e propria. Il progresso tecnologico ha contribuito negli ultimi anni alla nascita di nuove professioni che per ovvi motivi di appartenenza storica si adattano meglio alle nuove generazioni, ma ha anche introdotto una forte semplificazione e innovazione di mestieri già esistenti, molti dei quali particolarmente congeniali alle donne, e quindi alle mamme. La scrittura online, le relazioni digitali, il marketing virale, le nuove tecni-
che di telelavoro, l’e-commerce, i siti online dedicati alla vendita delle proprie abilità (dalla pittura all’uncinetto) o gli stessi social network sono una espressione minima di come, stando a casa, molti lavori – perfino autonomi potrebbero adattarsi meglio alla vita di una donna che propenda verso una scelta di tipo familiare senza voler o poter rinunciare del tutto ad una piccola attività. Ma come fare per provare a guardarsi intorno? Come ogni cosa nella vita non c’è una soluzione uguale per tutte le donne e non tutte le donne sono uguali, però la propria iniziativa, flessibilità e attitudine fanno sicuramente la differenza. Quindi partire dalle proprie qualità più significative è di certo un buon modo per
Quando penso alle mamme di oggi sento il bisogno umano e sociale di tornare a credere in donne che sappiano riportare al centro la famiglia, i propri uomini, i propri figli.
iniziare. Chiedetevi ad esempio cosa siete brave a fare e come internet potrebbe essere utile ad una qualche attività che ruoti attorno al primo pensiero che avete fatto: non fermatevi all’apparenza! Il discernimento vocazionale fa un attento uso della ragione che ispirata dallo Spirito Santo sa aprire strade davvero inaspettate. Qualche suggerimento che possa essere di vostra ispirazione potreste trovarlo anche nelle storie di altre donne o in alcuni strumenti innovativi che cercano di aiutare le mamme digitali, come Withandwithin (www.withandwithin. com), Save the Mom (www.savethemom.it), Ma che davvero? (http://machedavvero.blogspot. it/) o Mamma&Lavoro (www. mammaelavoro.it). Anche in nuovi stimoli alla piccola imprenditoria creativa domestica, come ETSY (www.etsy.com) non vanno sottovalutati. Quando penso alle mamme di oggi sento il bisogno umano e sociale di tornare a credere in donne che sappiano riportare al centro la famiglia, i propri uomini, i propri figli. La fiaba dell’emancipazione femminile volontaria - non della crisi - troppo spesso oggi distoglie le donne dalla propria natura di madri e di mogli per vederle impegnate full time altrove in nome del proprio appagamento personale sterile e per nulla solidale. Nel 2013 possiamo provare a fare di meglio per tutti e non solo per noi. Giorgia Petrini
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Famiglia ed Economia
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Interventi statali a favore della famiglia Le promesse e i progetti sono molti, anche se disomogenei. Per quanto riguarda la loro attuazione pratica… staremo a vedere.
L
o Stato italiano non sostiene abbastanza la famiglia: lo dicono studi e statistiche, come i dati Ocse OECD (2012), OECD Family Database, del 2009, che vedono l’Italia quasi sempre ai livelli medio – bassi delle classifiche internazionali. La spesa media dei Paesi Ocse per la famiglia è del 2,2%, (3,7% in Francia, 3,5% in Gran Bretagna, oltre il 3% in Svezia); il Ministero dell’economia dice che l’Italia spendeva nel 2010 l’1,2%. Le sollecitazioni a cambiare rotta non mancano; nel 2010 il Forum delle Associazioni Familiari proponeva una riforma per ridurre la pressione fiscale sulle famiglie con figli e con disabili; il Sindacato delle Famiglie Onlus, nel 2011, proponeva di estendere a tutti gli interventi di welfare aziendale la defiscalizzazione già prevista per gli asili nido aziendali. Da almeno 20 anni si parla del “Quoziente familiare” ma si registrano solo alcuni tentativi a livello locale (ad esempio, a Parma, da cui però arrivano notizie poco rassicuranti, dopo le recenti elezioni). Ancora a fine ottobre 2012 il Presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, notava
che le famiglie, in particolare quelle con figli, hanno avuto meno benefici del resto della popolazione. Ultimamente sono arrivate notizie positive da Palazzo Chigi, come l’istituzione del “Congedo parentale a ore”, che dà ai genitori non solo giornate intere ma anche mezze giornate per stare con i figli malati, oppure il sostegno a 87 progetti d’imprenditori per conciliare tempi di vita e di lavoro, con quasi 6.790.000 Euro. Nel marzo scorso il Governo ha lanciato a livello nazionale il “Family Audit”, certificazione su base volontaria, dei percorsi programmati e attuati da organizzazioni pubbliche e private per conciliare lavoro e vita familiare, promosso dalla Provincia autonoma di Trento; il 7 giugno, ha approvato il “Piano nazionale per la famiglia”, strategia di medio termine che supera la logica degli interventi disorganici e frammentari. Programmi importanti, ma a che punto è la loro realizzazione? “Il poco tempo trascorso – spiegano i responsabili del Dipartimento Politiche per la famiglia - non consente un discorso sul monitoraggio degli interventi. L’intesa con Regioni e Autonomie
locali è garanzia che, pur con la gradualità dovuta anche al difficile momento economico, le misure troveranno attuazione”. La sperimentazione nazionale del “Family Audit” è iniziata il 18 giugno scorso per circa 50 organizzazioni; entro breve tempo, assicurano al Dipartimento, il “Consiglio dell’Audit” potrebbe rilasciare i primi certificati. Partirà, forse, tra aprile e maggio la sperimentazione per un anno di una nuova “social card” per famiglie con minorenni e adulti disoccupati, in aggiunta a quella già esistente; darà somme comprese fra 281 euro al mese a famiglie di tre persone e 404 a famiglie di 5 o più membri. Le Regioni hanno politiche familiari molto disomogenee. In Lombardia si stanno creando reti territoriali di welfare aziendale, in collaborazione fra soggetti pubblici e privati. La Provincia autonoma di Trento ha lanciato fin dal 2004 il progetto “Trentino – Territorio Amico della Famiglia”, comprendente fra l’altro il Family Audit, lo Sportello Famiglia, un fondo speciale per le politiche familiari. Mauro Zuccari
Per saperne di più, si possono consultare le seguenti pagine internet: www.stpauls.it, per leggere del VII incontro mondiale delle famiglie; www.ilsussidiario.net, per un articolo di Luca Pesenti con dati interessanti sul confronto fra Italia e altri Paesi europei; www.politichefamiglia.it, del Ministero per la cooperazione internazionale e l’integrazione – Dipartimento politiche per la famiglia; www.vita.it, per un’intervista al Sottosegretario Maria Cecilia Guerra sulla nuova social card; www.forumfamiglie.org, per un’indagine del Forum delle Associazioni Familiari sulle politiche regionali per la famiglia negli anni scorsi; www.officinafamiglia.it, del Dipartimento politiche per la famiglia, illustra le migliori pratiche esistenti; www.trentinofamiglia.it, dedicato alle politiche familiari della Provincia di Trento; www. minori.it, per uno studio sul sostegno alle famiglie e i servizi in Europa.
www.prolifenews.it La nostra redazione cura un sito che viene aggiornato quotidianamente con notizie Pro Life dall’Italia e dal mondo. Il sito ospita articoli di stampa relativi al tema della Vita e diverse rubriche che trattano vari argomenti di carattere giuridico, scientifico, morale, economico e filosofico. Contributi e commenti sono benvenuti, scrivere a: redazione@prolifenews.it
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Danilo Quinto Emma Bonino dagli aborti al Quirinale?
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Dall’ex tesoriere dei radicali convertito. Questo libro che mostra come si fa carriera sul sangue degli innocenti. Dimostra che non è difficile passare dalle campagne di Bra (Cuneo) alle vette del potere mondiale. Si inizia a fare aborti “con una pompa di bicicletta, un dilatatore di plastica e un vaso dentro cui si fa il vuoto e in cui finisce il contenuto dell’utero. Io uso – spiega Emma Bonino nel 1975 - un barattolo da un chilo che aveva contenuto della marmellata. Alle donne non importa nulla che io non usi un vaso acquistato in un negozio di sanitari, anzi è un buon motivo per farsi quattro risate”. Dopo gli aborti, viene l’elezione in Parlamento, fino al 2013, con un intermezzo di 5 anni da Commissaria europea. Si gira il mondo a frequentare i potenti della terra. Si ricevono prestigiosi premi internazionali per l’affermazione dei diritti umani e si fanno campagne per l’eutanasia. Alla fine, si può anche diventare Presidente della Repubblica.
Alla donna contemporanea che sembra aver smarrito la propria identità, Maria ricorda il coraggio del dono e la bellezza dell’eroismo, al credente disorientato dal bombardamento di tante voci contrastanti in questa fine dei tempi, Maria può ridare la forza di ritornare al Figlio Dio e Salvatore. Maria è icona di perfezione per i santi che la additano quale via privilegiata per arrivare a Gesù. Ma chi è veramente la Madre di Gesù che nei Vangeli sembra recitare un ruolo piuttosto secondario? Il presente lavoro si propone di ricostruire la sua figura attraverso i tratti essenziali del suo vissuto in ciò che la Scrittura contiene solo in forma implicita. Le fonti scelte sono la Divina Commedia, nella quale al genio poetico troviamo unito il sapore dell’esperienza soprannaturale, la ragione metafisica condotta secondo l’argomentazione rigorosa e asettica di san Tommaso, e il racconto di Maria Valtorta, che si sta rivelando sempre più una fonte attendibile e uno strumento di conversione.
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