Provita novembre 2012

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Notizie

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N. 9 - Novembre 2012

Infosportpagine

“nel nome di chi non può parlare”

L’Ungheria ha scelto la Vita Manipolare i termini per giustificare il crimine. Se l’infanticidio è “aborto post nascita”, allora l’aborto è “infanticidio pre nascita”!

La scienza e la ragione per la vita. Il numero dei medici obiettori di coscienza è in costante aumento.

Bandiera della Repubblica Popolare Ungherese di inzio secolo

La nuova Costituzione ungherese tutela la Vita sin dal concepimento Intervista all’On. Miklós Soltèsz, Sottosegretario di Stato incaricato degli affari sociali, della famiglia e della gioventù, del Governo ungherese


- Sommario -

Notizie

Editoriale 3 Notizie dall’Italia

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RIVISTA MENSILE N. 9 - NOVEMBRE 2012

Notizie dal mondo

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Primo Piano L’Ungheria per la vita

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Antonio Brandi

Attualità Il Veneto apre i consultori ai volontari ProLife

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Testata Infosportpagine-ProVita Editore MP cooperativa giornalistica Sede legale Via Marlengo 49/b, 39012 Merano (BZ) Autorizzazione Tribunale BZ N6/03 dell’11/04/2003 Redazione Francesca Romana Poleggi, Antonio Brandi, Mario Palmaro, Andrea Giovanazzi Via Ridolfino Venuti 34/A, 00162 Roma Tel. 06 45444909

Alberto Zelger

Le donne che hanno detto “no” all’aborto, a costo della vita

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Lorenza Perfori

Al cimitero di Desio la cattiva coscienza degli abortisti cerca di nascondersi nei contenitori per “rifiuti speciali” 8 Paolo Deotto

La scienza e la ragione per la vita 9 Francesca Romana Poleggi

Come è regolato l’aborto nel mondo 10 Marzio Bianchi

Le prospettive del secondo mandato di Obama

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Marco Respinti

Scienza e Morale La RU486, porta dell’inferno

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Direttore Responsabile Francesca Lazzeri Progetto grafico Massimo Festini Tipografia Eticart srl, via Garibaldi 5, 73011 Alezio Distribuzione Rapida Vis, Via Cadlolo 90, 00136 Roma Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero Francesco Agnoli, Andrea Bernardini, Lorenzo Bertocchi, Marzio Bianchi, Antonio Brandi, Cesare Cavoni, Paolo Deotto, Giuseppe Noia, Lorenza Perfori, Danilo Quinto, Marco Respinti Benedetto Rocchi, Francesca Romana Poleggi, Alberto Zelger

Cesare Cavoni

I primi otto giorni dell’embrione

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Giuseppe Noia

La contraccezione non riduce gli aborti

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Andrea Bernardini

Aborto post nascita: manipolare i termini per giustificare il crimine

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Benedetto Rocchi

Alcuni rischi della fecondazione artificiale (o Pma) 19 Francesco Agnoli

Economia e Vita Le famiglie numerose difendono la vita

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Danilo Quinto

Bisogna ricostruire la famiglia Lorenzo Bertocchi

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L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali, involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto.


Editoriale

Notizie

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Editoriale

L’Ungheria in prima linea sul fronte Pro Life

“La dignità umana è inviolabile. Ogni essere umano ha il diritto alla vita e alla dignità umana; la vita dell’embrione e del feto sono da proteggere dal momento del concepimento”: è l’art. 2 della nuova Costituzione ungherese. Questa legge fondamentale, di uno Stato democratico e sovrano, ha fatto imbestialire “l’intelligentsia” europea, anche perché nega il riconoscimento alle famiglie monoparentali, alle coppie di fatto e alle coppie omosessuali. Ancor più ha imbestialito i vertici UE e le lobby abortiste europee la campagna di manifesti prolife del premier Orban su cui è scritto “Mamma capisco che tu non sia pronta per me, ma ti prego dammi in adozione, lasciami vivere”. La protezione della vita fin dal concepimento equivale a sancire l’illegalità dell’aborto: per questo la European Women’s Lobby (EWL) e la International Planned Parenthood Federation European Network (IPPF

EN) hanno dichiarato che questa normativa lede i diritti sessuali e riproduttivi delle donne. L’Ungheria ha rigettato in modo chiaro e limpido le accuse, sottolineando che la nuova Costituzione è fondata sui valori europei. Anche Viviane Reding, vice presidente della Commissione Giustizia UE, ha dovuto ammettere che la Costituzione ungherese non viola nessuna norma o trattato comunitario. D’altronde, se si vanno a leggere gli atti del Parlamento Europeo, troviamo che le Risoluzioni n. 372/88, n. 327/88 e la Raccomandazione n. 1046/86 come anche le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa n. 1100/89 e n. 874/79 - tutte fanno espressamente riferimento o al “diritto alla vita del concepito” oppure parlano di vera e propria dignità dell’embrione. Se passiamo poi dal piano europeo a quello mondiale, è sufficiente leggere la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia del 1989 e la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo del 1959 approvate dall’ONU: in entrambi i casi si indica come doverosa la tutela dei bambini anche prima della nascita. Questi documenti dimostrano che non solo l’Ungheria non viola nessuna norma di carattere sovranazionale, ma anzi, con la sua nuova Costituzione, si allinea alle disposizioni appena menzionate e fa proprio il sostanziale riconoscimento del diritto alla Vita che, sebbene spesso dimenticato, è alla base del patrimonio comune dei valori dell’umanità. Antonio Brandi

Siamo lieti e onorati di pubblicare la lettera che ci ha inviato S.E.R. Mons. Luigi Negri, Vescovo di San Marino e Montefeltro, che ha apprezzato Notizie Pro Vita e ci incoraggia nel proseguire la buona battaglia. Pennabilli, 6 novembre 2012

Carissimi amici, incoraggio con il mio affetto e la mia benedizione la Vostra importante iniziativa, di cui cercherò di aiutare la diffusione. La testimonianza che i cristiani danno di una difesa incondizionata della vita, dal suo concepimento fino alla sua fine naturale, è un grande fattore di amore al destino dell’uomo in questa società e quindi un’azione positiva perché la società stessa abbandoni atteggiamenti violenti e disumani. Sappiate che Vi sono accanto. Luigi Negri Vescovo di San Marino-Montefeltro


Notizie dall’Italia

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Notizie dall’Italia

4 Il Movimento per la Vita ha lanciato una campagna per raccogliere le firme necessarie a una petizione popolare che chiede il riconoscimento dei diritti dell’embrione fin dal concepimento. Per aderire all’iniziativa “Uno di Noi” bisogna visitare il sito http://www.mpv.org/mpv/download/UnodiNoi/homepage.htm A Roma il Movimento per la vita ha organizzato un convegno su “Le conseguenze psichiche dell’interruzione volontaria di gravidanza”, a pochi giorni dall’avvio di uno spazio di ascolto e consulenza psicologica, del tutto gratuito, denominato “Da donna a donna”, per aiutare e sostenere il trauma post aborto. Antonio Brandi è intervenuto al Convegno ed ha relazionato sulla storia dell’eroe Chen Guangcheng che si è battuto contro le sterilizzazioni e gli aborti forzati nella provincia dello Shandong in Cina. Per questo è stato detenuto in un Laogai per quasi 4 anni e mezzo ed ha subito abusi e percosse agli arresti domicialiari dal Settembre del 2010 fino alla sua rocambolesca fuga del 26 Aprile 2012.

A Padova, Torino, Fiumicino, Rimini e Copparo (FE), si è svolta con successo la manifestazionne“PedaliAMO per LA VITA”, organizzata dalla Parrocchia Sant’Ignazio di Loyola di Padova e dall’Associazione “Salviamo i Cristiani”, con la partecipazione di diversi movimenti prolife. A Caserta ogni mese muoiono migliaia di bambini a causa dell’aborto: questa la denuncia dell’Associazione No194, in un recente convegno a Calvi Risorta.

In migliaia hanno aderito all’iniziativa di “Voglio Vivere” contro la Giornata mondiale per l’aborto “accessibile, legale e sicuro” indetta, venerdì 28 settembre, dai movimenti abortisti di tutto il mondo. In 2300 hanno compilato l’appello dal sito internet www.associazione-vogliovivere.it, visualizzato da circa 6000 persone e apprezzato da 1300 con altrettanti “Mi piace”. Decine di siti internet hanno pubblicato l’appello spedito, secondo le intenzioni di Voglio Vivere, anche ad alcuni direttori di quotidiani. «La Giornata – spiega il responsabile di Voglio Vivere, Samuele Maniscalco – è stata un’offensiva contro chi si batte a favore del diritto alla vita, per tacitare ogni voce di dissenso». Benedetto XVI ha esercitato il suo diritto e dovere di ammonire e di guidare i fedeli, ricordando ai politici cattolici che davanti a leggi in favore di aborto, eutanasia e coppie di fatto, devono dire di no, con buona pace di chi, come l’On. Vendola, ha gridato allo scandalo e all’indebita ingerenza.

Anche a Roma, davanti all’ospedale S. Camillo e in alcune chiese, si svolge la 5° edizione di “40 Days for Life” (http://40daysforlife. com), 40 giorni per la vita, una campagna pro-vita che si svolge in 316 città di USA, Canada, Sud America, Australia, Europa e Uganda, fino al 4 novembre 2012. Alla campagna hanno sempre partecipato alcune centinaia di migliaia di persone che hanno pregato e digiunato insieme per far cessare gli aborti. Gli organizzatori stimano che quasi 6000 bambini sono stati salvati dall’aborto grazie ai “Quaranta giorni per la Vita”.

Il “cimitero dei bambini mai nati” è scomparso misteriosamente dall’ordine del giorno del Consiglio comunale di Firenze dopo le polemiche sollevate dal consigliere Ornella De Zordo. Doveva essere modificato il regolamento di polizia mortuaria introducendo una zona del cimitero destinata ai “bambini mai nati”: non se ne è fatto più niente perché non se ne è detto più niente.

La Asl, l’Ufficio scolastico territoriale e il Lions club di Vercelli hanno organizzato un convegno dal quale è emerso un allarme per la cittadinanza, visto l‘alto numero di aborti e di contagi di malattie sessuali nel copoluogo piemontese. Colpiti soprattutto i giovani tra i 20 e i 24 anni.

Il libro di Danilo Quinto “Da servo di Pannella a figlio libero di Dio” (edizioni Fede & Cultura) racconta come i radicali di Emma Bonino e Marco Pannella siano riusciti a rappresentare negli ultimi decenni la quintessenza di quell’ideologia anti-umana che disprezza l’identità, la vita e la dignità della persona, dal suo concepimento alla morte naturale. Un libro da leggere e da regalare, per far comprendere, anche a molti cattolici che vengono sedotti dal male, chi sono i nemici della vita.

La Verità e la Vita sono trasversali a ogni schieramento politico: anche Laura Puppato, candidata alle primarie del centrosinistra, è tra le firmatarie della legge regionale in Veneto che apre i consultori anche alle associazioni “pro life”. Anche Antonio Socci e Benedetta Foà hanno scritto, su Libero e su Tempi, della testimonianza per la vita di Chiara Corbella Petrillo, dalla cui storia è nata la nostra iniziativa Per la Vita. Padre Livio ne ha parlato lungamente a Radio Maria.


Notizie dal mondo

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto che l’Irlanda, Stato senza aborto legale, rimane uno dei Paesi più sicuri in cui aspettare un bambino e partorire. Ma la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo nel 2010 ha intimato all’Irlanda di introdurre una legge sull’aborto più permissiva. È in corso allora uno speciale mese di preghiera per la vita, in vista della risposta ufficiale che Dublino deve alla Corte. I vescovi irlandesi, in una lettera pastorale intitolata “Scegli la vita!” ricordano che non si può separare il diritto alla vita della madre dal diritto alla vita del figlio, ma vanno tutelati entrambi.

“Da qualcosa di così terribile come uno stupro può nascere qualcosa di buono. E io ne sono la prova”, ha dichiarato Ken: Statunitense, 30 anni, sposato, con tre figli, ha scoperto che la madre biologica a 15 anni venne violentata: grazie all’aiuto di un’ istituzione cattolica, la mamma portò a termine la gravidanza e lo fece adottare. “I bambini concepiti durante uno stupro sono “veri”quanto tutti gli altri”. Perché rispondere con altra violenza ad un atto di violenza?

I primi di ottobre, a Madrid si è svolta una manifestazione prolife: circa 2.000 persone hanno sfilato per le vie della città sventolando bandiere rosse con su scritto “aborto zero”. Il governo conservatore prepara, infatti, una legge che pone dei limiti all’interruzione di gravidanza rispetto a quella varata dai socialisti nel 2010 che consente di abortire fino alla 22ma settimana di gravidanza.

Da tre diversi paesi del nord Europa giungono i risultati di convegni e studi scientifici che confermano i rischi connessi all’aborto chirurgico e chimico. I dati che provengono da una ricerca che si è svolta in Finlandia sono stati pubblicati sulla rivista Human Reproduction; Il Medical Daily Website di Aberdeen riporta i risultati degli studiosi scozzesi; lo studio scientifico danese è pubblicato sul Medical Science Monitor. Apprendiamo così che l’aborto indotto aumenta il tasso di mortalità femminile, l’infertilità, e le probabilità di successivi parti prematuri.

Nella piazza centrale di Riga, capitale della Lettonia, l’artista Eva Riekstina ha esposto 27 sculture di bambini in fase di formazione intrauterina. Ogni scultura è accompagnata da una targa in cui si esprime, in tre lingue, la ragione data per ucciderlo con l’aborto. Ad esempio:“La mia mamma in realtà mi voleva davvero, ma le pressioni dei suoi amici l’hanno convinta ad ammazzarmi.” La mostra rientra nella campagna di sensibilizzazione “For Life” organizzata dai gruppi pro vita della Lettonia. Per vedere le immagini della mostra, visitare il sito:http://www.pardzivibu.lv/index. php/par-kampanu/musu-bildes/ category/2-atklasana

I mass media “pro morte” hanno inventato un caso: la notizia di una sedicenne dominicana malata di leucemia e morta per non aver potuto abortire (perché la Costituzione della Repubblica Dominicana stabilisce che “il diritto alla vita è inviolabile dal momento del concepimento fino alla morte naturale”). La verità è che nessuno aveva mai vietato ai medici di agire con la chemioterapia, né la norma costituzionale imponeva di lasciar morire la ragazza senza cure solo perché era incinta. Infatti le cure e la chemioterapia ci sono state, tempestive, ma purtroppo inutili. Durante il suo attuale tour negli Stati Uniti, Justin Bieber si è attirato le critiche dei media liberal quando ha espresso la sua personale contrarietà alla legalizzazione dell’aborto. Il cantante, oggi diciottenne, ha poi deprecato la circostanza per cui i giovani americani, fin dalla più tenera età, sono sottoposti ad una sorta di “indottrinamento” per convincerli che l’aborto è un «diritto». La madre del cantante ha pubblicamente dichiarato che Justin è stato salvato dai servizi sociali, perché lei era decisa ad abortirlo. Il divieto di aborto non influisce in alcun modo sulla possibilità di fornire cure ottimali alle donne in stato di gravidanza, in quanto l’aborto diretto non è medicalmente necessario per salvare la vita di una donna. Questa la conclusione del simposio di professionisti esperti e ricercatori in ostetricia e ginecologia, che si è tenuto a Dublino.

San Josè, California. L’11 ottobre è la prima Giornata Internazionale del Bambino, riconosciuta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. In concomitanza con questo evento, “Women Rights without Frontier” lancia la sua campagna “Salva una bambina” per porre fine alla discriminazione sessuale in Cina. Gli esperti stimano che tra 160 e 200 milioni di donne muoiono nel mondo, a causa degli aborti selettivi.

Notizie dal mondo

Lo scienziato giapponese Shinya Yamanaka è stato insignito del Nobel per la scoperta delle cellule staminali pluripotenti indotte, che si ottengono senza distruggere embrioni . Una sua dichiarazione ai giornali: “Quando ho visto l’embrione, mi sono reso conto all’improvviso che c’era solo una piccola differenza fra lui e mia figlia. Ho pensato che non possiamo continuare a distruggere embrioni per la nostra ricerca».


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Attualità

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Il Veneto apre i consultori ai volontari ProLife? Mentre andiamo in stampa, o al più nelle prossime settimane, la giunta regionale del Veneto dovrebbe approvare un regolamento attuativo di una legge approvata a Luglio dal Consiglio

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periamo tutti che venga approvato il regolamento di attuazione della legge n. 27 del 27 luglio 2012, con la quale il consiglio regionale ha voluto “disciplinare le iniziative di promozione dei diritti etici e della vita nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie”. Dietro il linguaggio burocratico si cela una grande novità: per la prima volta ai volontari pro-life non potrà essere impedito di entrare nei consultori e negli ospedali per informare le donne sulle possibili alternative all’aborto. In realtà, per un’assurda forma di par-condicio,

La proposta di legge originaria è stata stravolta, per un’assurda forma di par condicio che mette sullo stesso piano chi crede nella vita e chi favorisce la morte, la legge sopra citata consente un’azione propagandistica anche alle associazioni abortiste, eugenetiche o neomalthusiane. Non è proprio quello che chiedevano gli oltre 20.000 firmatari della proposta di legge di iniziativa popolare, presentata nel 2004 e votata (o per meglio dire: stravolta) dal consiglio regionale nello scorso mese di luglio. I promotori della legge chiedevano semplicemen-

te di poter informare le donne, che chiedono di abortire, sulle possibili alternative offerte dai movimenti pro-life (sostegno economico attraverso il progetto Gemma, adozione in anonimato, distribuzione gratuita di prodotti per l’infanzia, aiuto psicologico e materiale dei volontari, eccetera), in linea con gli artt. 2 e 5 della stessa legge 194, che prescrive agli operatori sanitari di aiutare la donna a rimuovere le cause che la inducono ad abortire. La proposta fu dibattuta negli anni 2005-2006 sia dalla commissione Sanità che dal consiglio regionale, ma non giunse mai a votazione per mancanza di volontà politica e per il polverone sollevato da femministe e radicali, che non volevano la sua approvazione; sembra che lo stesso presidente Galan fosse contrario, ma non deve stupire, viste le sue recenti dichiarazioni sugli embrioni distrutti con la fecondazione artificiale, sull’eutanasia e sul “matrimonio” omosessuale. La proposta riemerse dopo le elezioni regionali del 2010 e arrivò in consiglio il 18 luglio 2012. Le femministe erano già sul piede di guerra e giunsero a Venezia da ogni parte del Veneto, per sfilare in corteo fino alla sede del consiglio regionale. Un piccolo gruppo di promotori della legge era già entrato a palazzo Ferro Fini per assistere al dibattito, che apparve subito sconcertante: di fronte ai pochi intervenuti per appoggia-

I 20000 firmatari del progetto hanno atteso 12 anni per l’approvazione della legge

re la proposta, la maggioranza dei favorevoli non sapeva spiccicare parola, mentre la sinistra e metà del PdL sparavano contro: “non possiamo tollerare che questi talebani disturbino le donne quando hanno deciso di abortire” oppure “io sono cattolico, ma non possiamo favorire soltanto le associazioni pro-life”; senza alcuna considerazione per il nascituro e per le stesse donne che chiedono di abortire, non avendo nessuno che le consigli e che le aiuti. I promotori della legge ora sperano che la giunta voglia rimediare. Alberto Zelger

Il comportamento di molti consiglieri, durante il dibattito, è stato sconcertante


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Le donne che hanno detto “no” all’aborto, a costo della vita Le testimonianze serene e limpide di Gianna, Chiara e altre donne fanno luce su cosa voglia dire essere madre, su cosa voglia dire essere donna Molti le chiamano “eroine”, ma loro non si sentono tali

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arla Levati Ardenghi, Felicita Merati Barzaghi, Roberta Magnani Arlenghi, Claudia Cardinali, Luisella Longoni Crosina, Anna Maria Negri, Rita Fedrizzi, Tonia Accardo, Paola Breda, Stefania Dal Cer, Rachel Crossland, Barbara Castro Garcia, Chiara Corbella Petrillo. Tredici donne, le cui vicende personali sono unite dal medesimo incondizionato “sì” alla vita. Come capitò a Gianna Beretta Molla, tutte loro sono state sorprese dalla malattia durante i giorni della gravidanza. Come Gianna hanno dovuto decidere se scegliere la propria vita o quella del bimbo in grembo, se iniziare subito le terapie che le avrebbero curate, nuocendo però al figlio, o tutelare la vita del piccolo, posticipando le cure salvavita a dopo la nascita. Tutte quante hanno detto “no” all’aborto “terapeutico” e hanno rifiutato i trattamenti ma, mentre la vita dentro cresceva, anche il male, lasciato libero, implacabile avanzava, fino a non lasciare più scampo: dopo aver partorito la maggior parte di loro ha dovuto arrendersi alla malattia. Molti le chiamano “eroine”, ma loro non si sentono tali.

“Ho seguito il mio cuore – dirà mamma Tonia dopo la nascita di Sofia - la chemioterapia avrebbe ucciso mia figlia”. Un figlio è un dono, sosteneva Rita Fedrizzi, e “i doni vanno riconosciuti e poi custoditi”, e chiariva: “è come se mi chiedessero di uccidere uno degli altri miei due figli per salvare la mia pelle”. “Un giorno potrò spiegargli quanto è stato amato dalla sua mamma” dirà il marito di Roberta Magnani, morta 14 giorni dopo la nascita del loro piccolo Marco. Anche Claudia Cardinali non considera la sua decisione un atto di coraggio e

Bisogna guardare con onestà la verità, scrostandola dagli strati di antilingua che l’hanno ricoperta

preferisce chiamarlo, semplicemente, “gesto d’amore”. Tutto qui. I fautori del “diritto” all’aborto, che si esprimono correntemente in ottima antilingua, parlano invece di atto sconsiderato. Proprio non capiscono come mai, davanti ad una legge che ti dà la possibilità di abortire adducendo “un serio pericolo per la salute fisica e psichica”, per una volta che il “serio pericolo” si pone per davvero, ci sia chi non ne voglia approfittare ostinandosi a

rimanere mentalmente lucida. E poi c’è chi dice: io non l’avrei mai permesso a mia moglie, non sono eroine né donne coraggiose, ma delle formidabili egoiste che con la loro scelta hanno reso vedovo il marito e orfani di madre i figli. Ma mentre pontifica dal suo pulpito piccino non si accorge che l’accusa che muove lo rispecchia appieno. Tuttavia, come disse Chiara Corbella “il Signore mette la verità in ognuno di noi, non c’è possibilità di fraintendere”. Basta solo guardare con onestà la verità, scrostandola dagli strati di antilingua che l’hanno ricoperta, e raddrizzandola dai rovesciamenti filosofici che l’hanno capovolta. La verità ci dice che le donne sanno accogliere, ne sono sempre state capaci, perché fa parte del loro essere. E ne sono così capaci che riescono a contenere e proteggere la vita anche in un corpo malato che forse presto soccomberà, così capaci fino al sacrificio di sé. La verità ci dice che le donne non sono affatto fragili, anche se dopo che una legge mortifera l’ha espressamente decretato e dopo più di tre decenni che continuano a ripeterlo - molte hanno finito per crederlo. La testimonianza serena e limpida di Gianna, Chiara e le altre è lì anche per questo, per fare luce su cosa voglia dire essere Madre, su cosa voglia dire essere Donna. Lorenza Perfori


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Al cimitero di Desio la cattiva coscienza degli abortisti cerca di nascondersi nei contenitori per “rifiuti speciali” La normativa della Regione Lombardia prevede che i bambini uccisi con l’aborto vengano seppelliti

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iamo a Desio; la storia che vi racconteremo è una storia tristemente vera. Quando si parla di aborto purtroppo si parla di cose vere, che accadono tutti i giorni, si parla di una serie agghiacciante di perversi delitti legittimamente impuniti, che hanno finora tolto la vita a oltre 5milioni di italiani. La normativa della Regione Lombardia prevede, unica in Italia, che i bambini uccisi con l’aborto vengano seppelliti, anziché mandati all’inceneritore, insieme agli altri rifiuti. Trattandosi di esseri umani, non dovrebbe esserci nulla di strano, ma a chi è ossessionato dall’amore per la morte anche questo ultimo atto di pietà dà comunque fastidio. Di questa storia sciagurata ci ha raccontato Giorgio Celsi, un infermiere che ha fondato l’associazione “Ora et Labora in Difesa della Vita”. Nelle ore libere dal servizio Celsi, coadiuvato da volontari, svolge un’intensa opera di denuncia del crimine dell’aborto, distribuisce volantini fuori dagli ospedali, diffonde iniziative a tutela della vita. Per questa sua instancabile attività, lo scorso anno la Presidenza del suo Ordine Professionale minacciò anche “sanzio-

ni disciplinari” perché, svolgendo la sua attività pro-life con l’uniforme da infermiere, avrebbe “compromesso la dignità professionale”. Non ci risulta che poi l’incauta mossa abbia avuto seguito, ma è significativo, per capire il degrado in cui viviamo, che un operatore sanitario venga accusato di attentare alla dignità della professione … difendendo la vita! Giorgio Celsi a settembre mi scrisse in una lettera che, recatosi al cimitero di Desio per la sepoltura di bimbi uccisi con l’aborto, aveva constatato che era stata rimossa la Croce, da qualche tempo posta su quella fossa comune. L’iniziativa era partita da un “solerte” assessore comunale. Non solo: il personale del cimitero aveva detto di non lasciare fiori, che “tanto poi venivano buttati”. Ogni pietà è morta, anche il rispetto per i resti di esseri umani innocenti, uccisi grazie a una legge disumana. La lettera era corredata da una foto che ho pubblicato sul sito “Riscossa Cristiana”, www.riscossacristiana.it : si vede un sacerdote che benedice quei poveri morticini chiusi in contenitori di cartone per “rifiuti sanitari speciali”, o sacchetti di plastica. La pubblicazione di un primo articolo su Riscossa Cristiana è servita a smuovere un po’ le acque. Su Repubblica on-line viene pubblicato un articolo, pieno di imprecisioni, in cui tra l’altro si diceva che il Comune di Desio “non era al corrente di nulla” e che “si sarebbe aperta un’inchiesta” (che ovviamente non

venne mai aperta, perché le sepolture, come dicevamo, sono previste dalla normativa regionale). Il sito “Made in Desio”, poi, dava spazio alle lettere del pubblico. Un tale signor “Giovanni” arrivava a dire che la benedizione dei bimbi uccisi era una violenza, perpetrata ovviamente dai cattolici, e che si sarebbe dovuto chiedere il consenso alle madri … Secondo lui tutto era una manovra per “criminalizzare” le madri, che avevano esercitato il “diritto” di abortire. Il fatto di averne parlato e scritto è comunque servito, perché la Croce è stata rimessa e finalmente anche il Decanato di Desio si è mosso e, è sempre Giorgio Celsi a scrivercelo, si è impegnato a prendere i dovuti contatti con l’amministrazione comunale, affinché la sepoltura dei bambini uccisi con l’aborto avvenga con il dovuto rispetto, e non come “rifiuti”, ai quali si nega anche una cassettina di legno e una Croce. Tutta la storia è folle. Ma non può essere diversamente, perché è stata una follia dichiarare “legittimo” l’omicidio; il resto è solo una conseguenza. L’uomo che perde i contatti con Dio e con la legge naturale voluta da Dio può solo impazzire. E chiudendo, da questa storia folle e triste possiamo ricavare due insegnamenti: non bisogna mai tacere di fronte agli scandali, perché chi commette gli abusi desidera proprio di poterlo fare in silenzio, e bisogna continuare a battersi con tutte le forze contro la disumana legge che consente di uccidere gli innocenti: la legge “194”. Paolo Deotto


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La scienza e la ragione per la vita Il numero degli obiettori di coscienza in ambito medico e paramedico è in costante aumento: in diverse strutture ospedaliere non si pratica l’aborto

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a avuto una certa risonanza mediatica il fatto che nel settembre scorso all’ospedale di Jesi, nelle Marche, tutti i ginecologi si sono dichiarati obiettori di coscienza, e quindi gli aborti sono stati sospesi. Una cosa analoga era accaduta mesi fa al Policlinico di Napoli. Le statistiche - che poco vengono divulgate - riportano un generale incremento del numero degli obiettori. All’estero e in Italia: anche in regioni tradizionalmente pro choice, la percentuale dei medici e paramedici obiettori è in crescita costante: sono più del 50% un po’ dappertutto, con picchi del 90% da più parti. Queste vicende hanno sollevato l’indignazione sinistra dell’AIED,

In Italia la media dei medici obiettori di coscienza è più del 60%

della CGIL e annessi e connessi: hanno gridato allo scandalo perché non viene tutelato il “diritto all’aborto”. Qualcuno ha anche chiesto a gran voce l’eliminazione del diritto all’obiezione. E sono gli stessi che si sono battuti per l’obiezione al servizio militare, e per quella dei ricercatori nella sperimentazione animale (!). Molti accusano gli obiettori di ipocrisia, di viltà, di scarsa professionalità. Costoro non si chiedono se, in mezzo a tanti obiettori corrotti e incoscienti, ce ne sia qualcuno che semplicemente si rifiuta di ammazzare i bambini? Si tratta di professionisti che operano sul campo, che hanno studiato e hanno visto, e che perciò non possono far finta di ignorare che quel “grumo di cellule” è una persona. Con il giuramento di Ippocrate, fin dal IV secolo a.C., ogni medico proclama solennemente “Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò

In Lombardia sono almeno 15 le strutture dove non si pratica l’aborto un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo.” Dal 2007 la versione più moderna recita: “Giuro di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza;… di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona.” Basta questo per capire le ragioni degli obiettori. Ma c’è anche l’aspetto giuridico: il diritto all’obiezione è codificato nella stessa legge 194. Il laico Comitato Nazionale di Bioetica ha riconosciuto l’inviolabilità dell’obiezione di coscienza; ed essa rientra tra i diritti fondamentali della persona, tutelati dalla vigente Costituzione (artt. 2, 3, 10, 19 e 21), cosa ribadita in numerosi testi di convenzioni europei e internazionali. E se anche questo non dovesse bastare resterebbe comunque sacrosanto il diritto alla disobbedienza civile, quando una norma positiva contrasta con la legge naturale. Dal canto nostro, vediamo in fatti come quelli di Jesi e in dati come quelli sul numero degli obiettori una vittoria della civiltà e del buon senso, della ragione e della scienza ... e forse anche dell’Arcangelo Michele. Francesca Romana Poleggi


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Come è regolato l’aborto nel mondo Una panoramica globale per capire la situazione italiana I popoli che hanno una legislazione perfettamente a favore della vita sono tutti cattolici

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ome è regolato l’aborto nel mondo sul piano legislativo? L’avvocato Pietro Guerini, Presidente del Comitato e dell’Associazione NO194, che puntano all’abrogazione per via referendaria della legge 194 (www.no194.org) in un suo recente articolo ha sinteticamente individuato 8 “livelli” principali: 1) aborto sempre illegittimo (Cile, El Salvador, Nicaragua, Malta e Vaticano); 2) aborto ammesso solo in caso di pericolo di vita della donna (Irlanda, San Marino, Principato di Monaco, Andorra, Paraguay, Guatemala, Honduras, Venezuela, Filippine, Iran, Indonesia e altri); 3) aborto ammesso in caso di pericolo di vita e di stupro della donna (Brasile); 4) aborto ammesso in caso di pericolo di vita, stupro e di pregiudizio per la salute fisica della donna (Argentina, Ecuador , Costarica e altri); 5) aborto ammesso in caso di pericolo di vita e di pregiudizio per la salute fisica della donna, solo nei primi 90 giorni per stupro, pericolo per la salute mentale e anomalie del feto (Polonia e altri); 6) aborto pressoché libero nei primi 90 giorni anche per ragioni socio-economiche, limitato successivamente (Italia, Francia, Germania, Uruguay e altri);

7) aborto ammesso per ragioni socio-economiche anche nel secondo trimestre (Inghilterra, Russia, Giappone, India, Sudafrica e altri); 8) aborto pressoché sempre ammesso (buona parte dei paesi dell’Est Europa, del Nord America e del Nord Europa, Cina, Corea del Nord e altri). In Africa si passa da legislazioni più limitative nei paesi del nord a quelle più permissive dell’Africa nera mentre in Israele, Arabia Saudita, Corea del Sud e in Oceania troviamo legislazioni sostanzialmente abortiste seppure con diverse limitazioni e di tempo e tipologia. Negli Stati Uniti la legislazione è abortista seppure con differenze tra singoli stati e con una forte opposizione prolife sostenuta sia dai cattolici che dagli evangelici.

Come tasso di natalità l’Italia, grazie alla 194, è al 219° posto su 221 paesi!

Emerge chiaramente da questa analisi che anche se non tutti i popoli cattolici sono coerentemente antiabortisti come la loro religione tradizionale vorrebbe, è altrettanto vero che i popoli che hanno una legislazione perfettamente a favore della vita senza se e senza ma, sono tutti cattolici senza eccezione – così come la maggioranza di quelli del secondo livello. Questo non sorprende se solo

pensiamo alla inflessibilità della dottrina della Chiesa cattolica in tale materia, dottrina ripetutamente ribadita anche dai Papi più recenti. Venendo all’Italia, è chiaro che per una nazione dalle radici cattoliche come la nostra l’avere una legislazione abortista è dolorosamente incoerente e contraddittorio. Non si tratta di una semplice contraddizione teorica e culturale, ma anche tragicamente pratica: l’Irlanda cattolica che ha una legislazione antiabortista e un forte movimento prolife è il primo paese europeo come tasso di natalità mentre l’Italia (storicamente altrettanto cattolica) grazie a una legge ingiusta e ipocrita come la 194 è di fatto abortista e non a caso è al 219° posto (su 221 paesi) a livello mondiale! Evidentemente il rifiuto di uniformarsi alla legge naturale e alle proprie radici religiose non lo paghiamo solo a livello spirituale o culturale, ma anche per così dire, “carnale” cioè di sopravvivenza fisica. I popoli che onorano la legge naturale sono vivi, giovani e vitali, quelli che la rifiutano accettando legislazioni che permettono lo sterminio degli innocenti, invecchiano e si avviano sulla strada del suicidio. Va detto, tuttavia, che il problema non sta solo nella forza del partito “pro morte” ma anche nella ignavia di troppi italiani che pur non essendo abortisti, si mantengono passivi senza prendere mai posizione apertamente. Se solo l’abolizione della 194 può dare al nostro popolo la possibilità di sopravvivere, solo un movimento prolife forte, compatto e attivo può preparare il terreno perché questa triste legge sia abrogata. Marzio Bianchi


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La rielezione di Barack Obama alla Casa Bianca, il 6 novembre, è una sconfitta grave per la difesa dei “princìpi non negoziabili”

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Per i prossimi quattro anni la Casa Bianca continuerà le sue politiche contrarie alla tutela dei valori non negoziabili, la cui difesa è ora totalmente e solamente nelle mani dei deputati prolife che siedono al Congresso

a rielezione di Barack Obama alla Casa Bianca, il 6 novembre, è una sconfitta grave per la difesa dei “princìpi non negoziabili”: vita, famiglia naturale fondata sul matrimonio monogamico eterosessuale, libertà di educazione e quella libertà religiosa che costituisce il primo dei diritti umani, sancito proprio dalla Costituzione federale degli Stati Uniti d’America come pietra angolare dell’intero edificio politico-istituzionale del Paese. Nei quattro anni del primo mandato, Obama ha già infatti dato grande prova di ostilità ma soprattutto di capacità offensiva, come dimostra il lungo e aspro scontro che lo ha opposto alle Chiese e alle istituzioni religiose del suo Paese, anzitutto e soprattutto la Conferenza episcopale cattolica, e lo ha schierato apertamente dalla parte delle potenti e ricche lobby abortiste e omosessualiste. Dai quattro anni del secondo

Barack Obama

Le prospettive del secondo mandato di Obama

mandato è dunque ovvio attendersi un inasprimento dei toni e un aumento dei danni. Obama non teme più infatti il giudizio di altre urne, non ha più la necessità di dissimulare gli aspetti più smaccatamente ideologici del proprio operato; e un presidente al secondo mandato che, come tutti i suoi predecessori, mira adesso solo al giudizio della storia, giocherà certamente il tutto per tutto allo scopo di lasciare in eredità al popolo americano l’intronizzazione più netta possibile dentro l’architettura giuridica del Paese di quelli che considera grandi progressi di civiltà. Certo, Obama dovrà combattere pressoché quotidianamente con l’ostruzionismo che gli opporrà un Congresso dove forti sono la rappresentanza e persino il controllo esercitati da un personale politico mediamente assai più disponibile e anzi in diversi casi graniticamente favorevole alla tutela dei “princìpi non negoziabili”. Il Congresso federale è infatti l’organo legislativo, e per quanto vasti siano i poteri della Casa Bianca, che incarna l’esecutivo, non vi è nulla che, nei due anni che separano il Paese dalle elezioni del prossimo Congresso, nel 2014, l’Amministrazione Obama possa dare

per scontato. La buona battaglia per la vita e per la piena dignità umana è, dunque, negli Stati Uniti, asserragliata nel “ridotto” congressuale. Il voto americano del 6 novembre è ovviamente stato condizionato da pesanti preoccupazioni di natura economica. Obama ha vinto, con consensi assai ridotti rispetto al 2008, puntando sulla ristrutturazione economica del Paese e i suoi oppositori lo hanno sfidato apertamente proprio su quel piano. Ma la soluzione obamiana alla crisi generale ha dello spaventoso quando si pensa che la sua riforma dei costi e del modo di erogazione dell’assicurazione sanitaria ai cittadini americani (il cosiddetto “Obamacare”) si è ridotta, dopo essere stata pesantemente modificata dai suoi oppositori dentro il Congresso, all’imposizione da parte dello Stato di polizze assicurative a carico dei datori di lavoro (tutti, comprese le Chiese e le istituzioni religiose, anzitutto la Chiesa Cattolica) in cui ogni tipo di controllo delle nascite (contraccezione, aborto, sterilizzazione) è garantito ai dipendenti come essenziale “cura medica” di base. L’economia è e resta una cosa serissima, e i pro-life americani, che si preparano ad altri quattro anni di offese e di lesioni almeno in stile “Obamacare”, lo sanno sin troppo bene. Marco Respinti


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L’Ungheria per la vita Intervista all’On. Miklós Soltèsz, Sottosegretario di Stato incaricato degli affari sociali, della famiglia e della gioventù, del Governo ungherese

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razie al prof. Gyorgy Domokos, direttore del Dipartimento di Italianistica presso l’Università Cattolica “Pázmány Péter” di Budapest e alla dott. Karolina Libárdi che ha gentilmente effettuato la traduzione, abbiamo potuto realizzare questa intervista per sapere cosa risponde l’Ungheria alle accuse di antidemocraticità mosse dai nostri “democratici” media, che non hanno dato spazio alle repliche. Durante il comunismo l’aborto era permesso senza restrizioni? Si hanno delle cifre sugli aborti in Ungheria durante il regime comunista? Nella prima parte degli anni ‘50 l’aborto era proibito, salvo casi eccezionali, perché il governo comunista promuoveva l’incremento demografico: però gli aborti che erano solo 2 o 3mila all’anno tra il 1949 e il 1953, sono rapidamente saliti fino a 36mila tra il 1954 e il 1955. Nel frattempo - comunque - sono state registrate quasi 40mila nascite in più, fino ad arrivare a oltre 220mila l’anno. Prima della rivoluzione del ‘56, l’aborto è stato liberalizzato. Gli interventi abortivi sono più che raddoppiati (82.000) e sono aumentati costantemente fino agli anni ‘70: nel ‘69 abbiamo avuto 207mila aborti, le nascite sono state 150mila. Vista la crisi demografica, negli anni ‘70 sono state introdotte norme a tutela della maternità che hanno momentaneamente ribaltato la situazione: nel 1975 le nascite sono state 194mila superando gli aborti che sono

scesi a meno della metà, sotto gli 80mila. Ma negli anni ‘80 è ripresa la tendenza degli aborti ad aumentare e delle nascite a diminuire. Alla caduta del regime, nel 1989, si registravano 123mila nascite e 91mila aborti. In sintesi, tra il 1949 e il 1989, abbiamo avuto 6,5 milioni di nascite contro circa 4,5 milioni di aborti: l’aborto è stato il metodo principale usato per il controllo delle nascite.

Alla fine del 2011 è entrata in vigore la legge 2011/CCXI sulla tutela delle famiglie, una legge modificabile solo con due terzi dei votanti. Questa legge dichiara che “alla vita del feto spetta tutela e rispetto, nonché il sostegno che sarà regolato da una legge a parte”. Inoltre “lo Stato

Quali sono le cifre degli aborti in Ungheria adesso? Dal 1990 il numero degli aborti è diminuito. Nel 2011 abbiamo registrato 38mila aborti e nei primi due mesi del 2012 i dati si sono abbassati di un 4,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. A causa della crisi economica, però, anche le nascite sono diminuite. Nel settembre del 2011 il vostro paese ha avuto il grande coraggio di approvare una costituzione che protegge il feto sin dal concepimento, vi è stato un seguito legislativo? La nuova Costituzione dichiara infatti che “ogni uomo ha diritto alla vita e alla dignità della persona umana, la vita del feto deve essere tutelata sin dal concepimento”, inoltre che “l’Ungheria tutela l’istituzione del matrimonio come comunità di vita costituita in base alla decisione volontaria tra un uomo ed una donna”, e anche che “sono vietate le pratiche eugenetiche relative all’uomo, l’utilizzo del corpo o delle parti del corpo umano con scopo di lucro e la clonazione dell’uomo”.

Mamma, capisco che tu non sia pronta per me,


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13 tutela le istituzioni della famiglia e del matrimonio, per la loro dignità intrinseca e per il loro valore”. Tuttavia la legge che dichiara esplicitamente il diritto alla vita da parte del feto nel grembo della madre non è stata ancora emanata. Perciò la legge 1992/ LXXIX che regola l’aborto, non è stata ancora modificata: attualmente vi è ampia possibilità di abortire fino alla 12ma settimana. In alcuni casi il termine può arrivare alla 24ma. Se si diagnostica una malformazione del

feto che compromette la sua vita dopo il parto, l’aborto può essere realizzato sempre. Comunque il servizio di sostegno alle famiglie fornisce informazioni sui pericoli, sulle conseguenze negative dell’aborto e offre alternative come l’ adozione. La società ungherese non è abbastanza matura per una limitazione dell’aborto. Abbiamo quindi iniziato una forte campagna culturale, mediante i media e diverse pubblicazioni, di sostegno alla vita, introducendo anche nelle scuole “l’educazione alla vita familiare”, alla vita sana, di cui fa parte “l’educazione alla vita sessuale responsabile”. Sono stati organizzati convegni riguardo l’aiuto alle donne in gravidanza, la possibile adozione e presto lanceremo una campagna di manifesti, simile a quella del 2011, col titolo “La vita è un dono – trasmettila!”. L’Unione Europea vi ha attaccato perche’ il cambiamento della vostra Costituzione non prevede protezione per le famiglie monoparentali, coppie di fatto, coppie omosessuali, che ne pensa?

ma ti prego dammi in adozione, lasciami vivere

La nostra Costituzione interpreta il matrimonio esclusivamente come comunità di vita tra persone di sesso diverso. Ciò non esclude altre forme di convivenza, ma l’istituzione della famiglia è tra i valori fondamentali da difendere, perché “fondamento della sopravvivenza della nazione”, in quanto atta alla generazione e all’educazione di figli. Infatti la legge n. 2011/CCXI sulla tutela delle famiglie, al suo § 7 dichiara: “la famiglia è una rete di rapporti naturali tra persone che realizza la comunanza sentimentale ed economica delle stesse, basata sul matrimonio di un uomo ed una donna, e

con figli naturali o adottati”. Da questo segue che un genitore solo che educa uno o più figli è una famiglia, e così pure le forme di convivenza di fatto, se almeno uno dei due conviventi ha figli. La legge, invece, non considera famiglie quei luoghi dove non si educano figli. Quindi le coppie omosessuali, a cui non è possibile l’adozione. Ciò perchè le forme di convivenza che non servono allo scopo di educare figli non contribuiscono alla sussistenza della nazione. La UE vi ha anche accusato di usare fondi UE destinati ad altri scopi per la vostra campagna contro l’aborto? È vero? La campagna in questione non era contro l’aborto ma per l’adozione: un problema importantissimo dal punto di vista morale e sociopolitico che invece non è stato accettato dall’Unione Europea. Anche se, moralmente e giuridicamente, avevamo ragione al 100%, abbiamo rimborsato all’UE tutte le spese. Tuttavia grazie a questa reazione dell’UE la nostra modesta campagna di manifesti ha avuto eco nel mondo intero e ringraziamo per gli incoraggiamenti ricevuti da molti paesi, molte organizzazioni civili, le chiese e i privati. L’UE continua nei suoi attacchi e critiche? Forse si tratta della quiete prima della tempesta o forse l’attacco è finito. Comunque posso felicemente affermare che grazie alle critiche dell’UE ci sono arrivati aiuti da parte di tanti paesi come la Polonia, la Lituania e la Lettonia. Con altri paesi aderenti all’ONU siamo riusciti ad ostacolare le offensive contro la famiglia, i giovani e la morale. Non riesco a capire perché l’Unione Europea invece voglia risolvere i problemi principali della società


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Il Governo Ungherese ha iniziato una vasta opera culturale a sostegno della Vita e della famiglia, necessaria a creare le condizioni per limitare le possibilità di aborto con degli attacchi contro la vita, la morale e la famiglia: in sede UE la famiglia è stata gravemente attaccata anche con lo sbiadimento delle differenze fra i sessi e con la sessualizzazione anticipata dei bambini. Gli attachi contro il vostro paese sono anche venuti da Istituzioni Finanziarie internazionali come la Banca Centrale Europea e il FMI? Come avete reagito? I nostri governi di sinistra tra il 2002 ed il 2010 hanno aumentato il debito estero Ungherese del 30%. Dal 2010 noi abbiamo dovuto affrontare non solo la crisi economico-finanziaria, ma anche questo enorme debito estero, e sappiamo che è necessario creare delle condizioni più favorevoli per il finanziamento dello Stato. Quindi abbiamo bisogno dell’IMF, per aiutare la crescita

tramite il calo dei prezzi e lo sviluppo dell’economia. Il Governo Orbán ha già presentato un progetto sulle misure che prenderà affinchè il deficit dello Stato rimanga sotto il 3%. La Commissione Europea deve ora decidere se sospendere le sovvenzioni o no. Il piano del Governo include la cessazione dei prepensionamenti, il regolamento delle sovvenzioni sociali e l’aumento dell’occupazione, ma non ha toccato le pensioni, gli stipendi e le sovvenzioni sociali e familiari. Nonostante ciò il FMI e la Banca Centrale Europea continuano a procrastinare la decisione. Questo ritardo non può che essere dovuto ai cambiamenti costituzionali che abbiamo fatto come Stato indipendente e in totale rispetto della sovranità popolare.

Vi sono nuovi atteggiamenti positivi verso la Vita in Spagna, Russia, in Polonia, in Irlanda, nel Liechtenstein, e a Malta. Erdogan, il PM turco, dichiara “l’aborto è omicidio”. Cosa ne pensa? È desiderabile che l’aborto cessi di essere un metodo di controllo delle nascite. Ovviamente, i Governi dei paesi dove il numero degli aborti è alto, non possono applicare una limitazione instantanea e senza fasi di transizione, perché ciò susciterebbe una re-

On. Miklós Soltèsz

azione negativa di una notevole parte della società che riterrebbe un passo del genere una limitazione inammissibile dei diritti della donna. Perciò è necessaria prima un’educazione dell’opinione pubblica sulla famiglia, sulla vita e che insegni a considerare i figli un valore; serve inoltre una legislazione che sostenga la famiglia in termini economici. Solo così gli aborti diminuiranno e diverranno un mezzo da usare solamente in casi gravissimi e limitatissimi. L’educazione dell’opinione pubblica verso la vita è fondamentale ed è esattamente quello che sta facendo il nostro Governo in Ungheria. Antonio Brandi


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La RU486, porta dell’inferno Si tratta di un farmaco il cui obiettivo non è quello di curare una malattia, quanto quello di uccidere una vita umana. La gravidanza è considerata come una patologia. La donna incinta è sempre più sola.

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erché parlare della pillola abortiva Ru486? Un lettore perso nel mare delle notizie potrebbe, legittimamente, porsi questa domanda. E subito dopo, di sicuro, ne spunterebbe un’altra: ma che cosa è la pillola Ru486? L’abc del farmaco è semplice quanto perverso: si tratta di una pillola che viene somministrata entro il 49° giorno di gestazione. L’aborto avviene per mezzo di due farmaci: il Mifegyne il cui principio attivo è il mifepristone (conosciuto anche con il nome di RU 486) e una prostaglandina. Tre pasticche di Mifegyne bloccano gli effetti dell’ormone progesterone interrompendo lo sviluppo della gravidanza mentre la prostaglandina induce le contrazioni uterine provocando l’espulsione dell’embrione, del figlio. Poi, dopo due giorni la donna

L’aborto quasi sempre avviene dopo che la donna è ritornata a casa.

deve assumere due compresse di prostaglandina e resta in osservazione alcune ore ma non è detto che l’aborto si consumi in quel lasso di tempo. Quasi sempre avviene una volta che la donna è rientrata a casa. Fatto, questo, che può risultare letale nel caso di pesanti eventi avversi come forti emorragie, frequentissime. Proprio per questo in Italia, dopo l’approvazione del farmaco, il Ministero della Salute ha fornito delle direttive secondo le quali è necessario il ricovero fino a che l’aborto non si compia. Questo è ciò che sta davanti ai nostri occhi. Dietro c’è un panorama che dà direttamente sull’inferno. In Italia sono 32 ad oggi le donne morte a causa dell’Ru486. Fa tristemente sorridere poi l’aria scandalizzata con cui di recente si è letto su un quotidiano dell’uso scriteriato di un farmaco antiulcera, il Cytotec, che viene utilizzato per aborti ‘fai da te’ da adolescenti ed immigrate. Tutto questo fa amaramente sorridere, perché il farmaco, una prostaglandina, viene appunto utilizzato normalmente per indurre le contrazioni uterine e favorire l’espulsione dell’embrione-feto-figlio. Ricordo solo che negli Stati Uniti nel 1994 emerse che a metà degli anni ’80 un’azienda farmaceutica aveva testato prostaglandine in una clinica tedesca su alcune donne che avevano scelto di abortire. L’11 per cento di esse abortì durante le prime 12 settimane di gravidanza.

Si è voluto ridurre l’aborto a una questione privata, di fronte alla quale la donna è spesso completamente sola Il 41 per cento ebbe emorragie dell’utero. Insomma, per la prima volta ci troviamo di fronte alla messa a punto di un farmaco il cui obiettivo non è quello di curare una malattia, quanto quello di uccidere una vita umana registrando di conseguenza la gravidanza come una patologia. L’obiettivo è duplice: da una parte demedicalizzare l’aborto e toglierlo così, il più possibile, dalla competenza ed influenza del medico, per farne un’esperienza del tutto privata e personale, dall’altra separare ancora di più la sessualità dalla procreazione, togliendo l’accesso all’aborto dall’ambito di controllo statale, medico scientifico, per consegnarlo alla sfera privata. Ma le morti restano, inquietanti, sullo sfondo. Ricordo solo che l’antidolorifico Aulin tra il 2002 e il 2007 è stato tolto dal commercio in Spagna, Finlandia ed Irlanda perché considerato tossico senza aver però causato la morte di alcuno. Perché allora non bastano 32 donne la cui morte è collegata all’Ru486 per spazzare via questo farmaco dal mercato? Cesare Cavoni

Frequentissime le forti emorragie provocate dalla RU486, talvolta mortali.


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I primi otto giorni dell’embrione La scienza ha dimostrato che la vita e l’attività umana cominciano dal momento del concepimento

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elen Pearson ha scritto su NATURE nel 2002: “Your destiny from day one“ “Il tuo destino dal giorno uno”. Il giorno uno è il giorno dell’embrione unicellulare (lo zigote) che attraverso un protagonismo biologico realmente e scientificamente evidente si presenta con le sue cinque caratteristiche: 1- L’identità umana (46 cromosomi). 2- La sua individualità e unicità (modelli matematici ne hanno dichiarato la fondatezza). 3- La sua autonomia biologica (noi tutti siamo vissuti per circa 8 giorni, dal concepimento fino all’impianto, senza fonti ossigenative dirette ma utilizzando l’energia trasformata dal materiale tubarico che circondava le nostre cellule iniziali) 4- L’assunzione del piano-programma genomico con una “capacità manageriale” eccezionale tra gli esseri viventi con gradualità, continuità e coordinazione. 5- Il cross-talk (colloquio incrociato con la madre) ai fini dell’impianto e della tolleranza immunologica. Giustamente il British Medical Journal, nell’editoriale del novembre 2000, affermava: “l’embrione non è passivo: è un attivo direttore d’orchestra del suo impianto e del suo destino futuro”. Questa affermazione, al di là delle sue implicazioni poetiche che vedono l’embrione, e quindi ciascuno di noi, dirigere la sinfonia della vita fatta di luce, di sole, di sentimenti, di gioia, di dolore come le varie parti di uno spartito assolutamente unico nel teatro della storia dell’umanità, ha profonde impli-

cazioni scientifico-biologiche che spiegano le osservazioni scientifiche cui sono pervenuti molti studiosi negli ultimi 20 anni. Il protagonismo biologico dell’embrione e la sua relazionalità con la madre fatta di messaggi ormonali, immunologici, biochimici sono le condizioni indispensabili perchè si abbia un “buon impianto” e dal “buon impianto” si avrà una normale “trofoblastizzazione”, vale a dire la formazione di una placenta che permetterà lo scambio ottimale

di ossigeno e nutrizionali importanti per la crescita dell’embrione e del feto. Un peso normale alla nascita (3200-3500 gr), quindi dipende dalla placenta e a sua volta la buona placentazione dipende dall’impianto. I dati relativi ad alcune patologie dell’infanzia ci dicono che esiste un fenomeno di catch up growth per cui bambini nati sottopeso alla nascita diventano obesi nella prima infanzia (obesity rebound - Jaquet et Al. 2005). In questi bambini è spesso presente una insulino-resistenza e in un gruppo di adolescenti studiati (nati sottopeso) il rischio di sindrome metabolica (condizione

patologica gravata da problemi vascolari di diversa entità) fino a una età di 22 anni è circa 9 volte superiore rispetto ad altri adolescenti di peso normale. La sindrome metabolica, a sua volta, è presente nel 37% di ragazze adolescenti che hanno un disturbo endocrino che viene definito sindrome dell’ovaio policistico. Secondo altri autori (Hergaz et Al. 2005) nelle bambine sottopeso si ha un 10% di sindrome dell’ovaio policistico all’adolescenza e una precoce androgenizzazione nel 5% dei casi. Nella vita più adulta anche i disturbi del comportamento alimentare vengono correlati con bassi pesi alla nascita. Infine una reale prevalenza maggiore di patologie circolatorie, dislipidemie, diabete e diverse alterazioni vascolari è stata riscontrata in adulti che avevano avuto un basso peso alla nascita. La conclusione è facilmente intuibile: il protagonismo biologico dell’embrione non è solo un’evidenza della relazione che si instaura subito dopo il concepimento ma è espressione di un momento importantissimo che validerà la salute e la vita futura dell’essere umano: “your destiny from day one” una frase apparentemente sibillina se letta in maniera puntiforme ma se la collochiamo nella visione della continuità biologica dell’embrione la comprendiamo nella sua reale scientificità e la possiamo unire all’affermazione fatta nell’editoriale del British Medical Journal: “l’embrione non è passivo: è un attivo direttore d’orchestra del suo impianto e del suo destino futuro”. Giuseppe Noia


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La contraccezione non riduce gli aborti

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È stata data ampia risonanza ad uno studio americano che vorrebbe dimostrare che la contraccezione gratuita riduce il numero di aborti. I dati scientifici del prof. Puccetti smentiscono tali risultanze

a destato scalpore uno studio appena pubblicato sulla rivista Obstetrics & Gynecology secondo cui l’offerta di contraccezione gratuita è in grado di ridurre del 70% gli aborti. Per saperne di più abbiamo intervistato il dr. Renzo Puccetti, specialista in Medicina Interna, docente di bioetica ed esperto della Società Medico-Scientifica Promed Galileo. Dr. Puccetti, davvero la contraccezione riduce gli aborti? Lo studio da lei citato è stato condotto su donne a cui è stata offerta la possibilità di scegliere il contraccettivo che volevano senza doversi preoccupare dei costi; il 75% di queste donne ha scelto la spirale o un impianto ormonale sottocutaneo a lunga durata. Successivamente gli autori hanno dimostrato che in questa popolazione il tasso di abortività era 2-4 volte inferiore rispetto alla popolazione generale del Missouri. Allora è così, la contraccezione riduce gli aborti? Questa è purtroppo la lettura superficiale dello studio data dagli organi d’informazione, ma non è

In Francia, Svezia e Spagna la promozione della contraccezione ha condotto ad un incremento del ricorso all’aborto

assolutamente così. Lo studio non è stato condotto su un campione rappresentativo della popolazione generale, ma su donne che frequentavano gli ambulatori per abortire, o erano clienti dei medici abortisti, o erano state arruolate tramite annunci e il passaparola. Non è un caso che questo campione con età media di 25 anni avesse un’anamnesi di abortività del 42%, tre volte maggiore rispetto alla popolazione generale di pari età; erano inoltre tutte già sessualmente attive o comunque prevedevano di diventarlo entro 6 mesi. Siamo cioè in presenza di condizioni totalmente differenti rispetto alla realtà generale dove è noto che l’accesso alla contraccezione innesca dinamiche di attivazione sessuale che compensano o ipercompensano l’azione contraccettiva, un fenomeno conosciuto come “compensazione del rischio”. Nel campione investigato non c’era niente che avrebbe potuto compensare il rischio poiché queste donne erano già completamente disinibite per quanto riguarda l’accesso alla sessualità. Generalizzare questi risultati costituisce quella che gli statistici chiamano “fallacia di composizione”. Vi sono poi altre considerazioni da fare. Certo. Il 58% delle donne ha scelto la spirale, un mezzo che sappiamo agire anche con meccanismo micro-abortivo ostacolando l’annidamento uterino dell’embrione, nessun dato è stato riferito riguardo all’abor-

tività delle 1686 donne che nel campione hanno invece scelto la contraccezione ormonale. Come mai? Infine nessun accenno è stato fatto al possibile rischio di incremento di malattie sessualmente trasmesse connesso all’uso di contraccettivi a lunga durata d’azione già segnalato nella letteratura medica.

Gli studi statistici sono stati condotti in modo approssimativo, peccano di “fallacia di composizione”

Quindi le cose come stanno? Nella popolazione generale le politiche di promozione della contraccezione hanno condotto in occidente a nessun risultato o addirittura ad un incremento del ricorso all’aborto. È stato dimostrato in Francia, Svezia, in Spagna e io stesso anche al congresso mondiale di Ginecologia ho portato dati che mostrano come anche negli Stati Uniti le aree con maggiore finanziamento e impiego della contraccezione sono le stesse dove più alto è il ricorso all’aborto, che è invece più raro laddove più diffuso è il sentimento pro-life. Andrea Bernardini


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Aborto post nascita: manipolare i termini per giustificare il crimine La neolingua delle lobbies abortiste cerca di far passare per moralmente lecito l’infanticidio.

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a battaglia dei promotori dell’aborto si è sempre basata su un uso ambiguo e distorto delle parole allo scopo di modificare la mentalità corrente sui temi della vita. L’ultimo eclatante esempio di questo modo strumentale di usare la “neolingua” lo hanno dato due bioeticisti italiani, Giubilini e Minerva, che hanno pubblicato sul Journal of Medical Ethics un articolo su quello che hanno definito “aborto post-nascita”. I due autori affermano che il fatto di essere “umani” non attribuisce di per sé il diritto alla vita. Sarebbe piuttosto l’essere “persona” che conferirebbe questo diritto. Sarebbe persona solo l’individuo capace di attribuire un qualche valore alla sua esistenza. Quindi l’essere persona dipende dal possesso di autocoscienza. Un essere umano all’inizio della sua esistenza è persona solo “potenzialmente” ma non ancora a tutti gli effetti. Di conseguenza non può essere danneggiata se le viene negato il diritto alla vita. Gli autori affermano che le legislazioni abortiste sono lecite perché la “scelta” delle donne non lede il diritto di

Se chiamano l’infanticidio “aborto post nascita”, perché non chiamare l’aborto “infanticidio pre nascita”?

nessuno, non “danneggia” nessuna “persona”. E aggiungono, con la loro logica: perchè mai dovremmo limitare questo esercizio di un diritto ad un determinato periodo della gravidanza? L’“autocoscienza” si forma più avanti nella vita delle persone, per cui non ci sarebbe nulla di strano nel consentire “l’aborto post-nascita”, fino al momento in cui gli specialisti come i neurologi dicono che è possibile, perché i neonati non sono ancora in grado di autocoscienza. E poichè si tratta di non-persone non ci dovrebbero essere limitazioni alla possibilità di ucciderli: la decisione dipenderebbe solo da genitori e parenti che, essendo “persone in atto”, potrebbero subire un qualche danno dall’esistenza del “bambino-non-ancora-persona”. Non possiamo stupirci di queste dotte argomentazioni quando tutti i giorni l’aborto viene usato per applicare l’eugenetica su larga scala o come contraccezione “di ultima istanza”! Né c’è bisogno di sottolineare l’immoralità di questa posizione. Può essere però utile far vedere come l’applicazione logica di questa “teoria” potrebbe ritorcersi contro quella stessa mentalità radicale e progressista che la promuove. Ad esempio l’articolo Giubilini e Minerva può servire ad accettare l’eliminazione delle bambine prima e dopo la nascita che avviene in paesi come l’India e la Cina, oppure di neonati appartenenti a gruppi et-

Alcuni ritengono che gli esseri umani che non hanno coscienza di sé non sono persone e perciò non hanno diritto alla vita nici “indesiderati”. Questa teoria, inoltre, giustifica l’egoismo intergenerazionale: perchè quelli che sono persone ora dovrebbero preoccuparsi del bene dei loro discendenti che ancora non sono persone? Perchè dovremmo preoccuparci di non consumare le risorse non rinnovabili o di evitare catastrofi climatiche? Ma è così che le lobbies anti vita avviano le loro battaglie. Si parte con discussioni accademiche e con posizioni estreme per spostare il confine tra il giusto e l’ingiusto più in là; e nello stesso tempo si introducono nuove parole per nascondere vecchie ingiustizie. E così l’infanticidio diventa “aborto post-nascita” e il giudizio del neurologo serve ad addormentare le coscienze. Tuttavia, l’articolo, nella sua immoralità, offre un argomento molto interessante per il movimento pro-life. Trasformando l’infanticidio in un aborto postnascita svela definitivamente la menzogna stessa dell’aborto: che non è altro che un “infanticidio pre-nascita”. Potranno essere approvate mille leggi per legalizzarlo, magari molto “restrittive”, o che dichiarano l’aborto un male che però è purtroppo inevitabile e quindi va “regolamentato”. L’aborto volontario continuerà ad essere quello che è sempre stato: l’uccisione del più piccolo tra i piccoli, l’uccisione di un bambino non ancora nato. Benedetto Rocchi


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Alcuni rischi della fecondazione artificiale (o Pma) La fecondazione artificiale nuoce gravemente alla salute delle donne. Ad essa è spesso connessa una nuova schiavitù: l’utero in affitto

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e l’aborto è una tematica poco conosciuta, benché in fondo assai semplice (basterebbe guardare un’ecografia) ancora più ignorato è il grande problema della fecondazione artificiale o procreazione medicalmente assistita (Pma). Proverò ad affrontare uno dei tanti problemi insiti in queste pratiche manipolatorie della vita umana: quello che riguarda più direttamente la salute fisico-psichica delle donne. Ogni ciclo di Pma richiede una procedura preliminare assai invasiva che si chiama iperstimolazione ovarica (praticata direttamente sulla paziente oppure su donne che vendono i loro ovuli ad altre). Ebbene l’iperstimolazione ovarica porta con sé rischi pesantissimi: cancri al seno, all’ovaio e all’endometrio, infertilità futura, emorragie, ictus, infarti, paralisi e morte (“Assessing the medical risks of human oocytedonation. From stem cell research”, L.Giudice, E. Santa and R. Pool eds, Washington, D.C., National Academy of science, 2007; Tempi, 8/9/2011). Negli Usa per denunciare questo fatto, solitamente occultato, è stato girato un documentario, intitolato “Eggsploitation”, visibile anche in rete, in cui alcune donne raccon-

tano il calvario subito. Anche il più famoso esperto italiano di Pma, Carlo Flamigni, ammette che l’iperstimolazione può essere “pericolosa persino per la vita”: infatti “l’ovaio cresce in modo anomalo fino a raggiungere un volume pari a quello di un grosso melone. Successivamente, e soprattutto se l’iperstimolazione è grave, si forma un’ascite e compaiono raccolte di liquido nelle cavità pleuriche e nel pericardio. Il sangue si ispessisce e perde proteine e la funzionalità renale diminuisce pericolosamente. A causa di grossolane anomalie della coagulazione si possono determinare trombosi e tromboflebiti, talché esiste addirittura un rischio di vita nei casi più sfortunati” (“La procreazione assistita”, il Mulino, Bologna, 2002). Accanto ai rischi connessi dell’iperstimolazione, possiamo citare quelli legati alla pratica mercantile, sempre più diffusa, dell’utero in affitto: si tratta di una nuova forma di schiavitù, dal momento che spesso sono donne povere, di colore o di paesi poveri e del Terzo Mondo che portano in grembo “i figli prevalentemente bianchi della procreazione assistita”. Già nel 1995 “i quotidiani polacchi, tacitamente, sollecitavano le donne a fare da surrogate per coppie olandesi, belghe e tedesche. Il compenso era più o meno l’equivalente di due anni di salario in Polonia”. Quanti casi? Si parla di 1210 tentativi di locazione di utero negli Usa soltanto Nella foto: Premila Vaghela, madre surrogata indiana, nel 2000, il doppio morta all’ottavo mese di gestazione, nel 2012

L’iperstimolazione ovarica può causare cancro, infertilità, emorragie, ictus, infarti, paralisi e morte rispetto a tre anni prima. Poiché la fecondazione artificiale ha reso possibili i cosiddetti “matrimoni gay”, accade anche che in molti paesi dell’Occidente due uomini comperino degli ovuli presso le banche degli ovuli e affittino un utero, per produrre un bambino (che non vedrà mai la mamma biologica, verrà separato dalla madre gestazionale né avrà mai una mamma affettiva!). Con l’aumento delle nozze gay, dunque, crescono i bambini nati nell’utero, per lo più, di povere donne, sfruttate cinicamente da cliniche perverse. In paesi come l’India queste donne, talora vedove, disperate, affittano il proprio utero (a gay, singles, ecc ….) anche più volte nella vita; godono di pochissimi diritti (firmano una liberatoria che solleva la clinica da qualsiasi responsabilità in caso di problemi) mettono talora a repentaglio la propria vita; non di rado compromettono anche quella del nascituro, verso il quale, non essendo loro figlio, non hanno sempre le precauzioni necessarie … Nella sola India l’industria degli uteri affittati fattura 2 milioni di euro l’anno. (Il Foglio, 3/7/2012; portale www. BioEdge.org, 26/5/2012). Francesco Agnoli


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Le famiglie numerose difendono la vita Intervista a Mario Sberna, presidente dell’Associazione Famiglie Numerose

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el 2004, incontrai casualmente, davanti ad un banco del pesce di un supermercato, una persona che come me era padre di numerosi figli. Insieme, ne contavamo 14 e il pesce era troppo caro, per noi. Ci dicemmo: se ci unissimo, se trovassimo il modo di organizzarci e condividere le nostre realtà, i nostri problemi, le nostre speranze ma anche le nostre forze, forse … Sembrava impossibile, però ha funzionato: tanto che adesso contiamo quasi 15.000 famiglie in tutta Italia”.

Così, Mario Sberna ricorda la nascita dell’Associazione Famiglie Numerose, di cui è Presidente. Esistono dati sulle famiglie numerose presenti in Italia? Solo quelli dei censimenti ufficiali. Nel 1961, in Italia c’erano oltre 3 milioni di famiglie con 4 figli o più. Secondo le proiezioni ISTAT, sono diventate poco più di 900.000 le coppie con 3 o più figli e di queste solo 185.000 quelle con 4 o più. Probabilmente i dati definitivi del Censimento 2011 ci riserveranno un ulteriore calo vertiginoso. Quali sono le vostre attività? Incontri e feste, perché per noi è importante prima di tutto il piacere di conoscerci, di condividere, di stare insieme, in sobrietà e allegria. Dall’incontro nasce la solidarietà e quindi i gruppi di acquisto, le vacanze solidali, il mutuo-aiuto o il supporto in casi di emergenza, anche attraverso la collaborazione con realtà quali il Banco Alimentare e le Caritas. Le nostre famiglie coordinatrici fanno rete sul territorio, e, attraverso il nostro sito www.

famiglienumerose.org, in tutta Italia: questo consente, per esempio, che il figlio di una famiglia siciliana sia ospitato a Rimini o che la famiglia milanese vada in vacanza presso quella di Termoli. Ai nostri associati offriamo la possibilità di far parte di una famiglia di famiglie, ma anche consulenza in campo fiscale o legale, convenzioni in tutti i settori merceologici, in particolare per l’acquisto di auto – una voce piuttosto onerosa per noi – per le vacanze, per i generi alimentari, per i corredi scolastici e così via. Come associazione vogliamo anche dare un contributo forte alla vita sociale, convinti che i nostri figli costituiscano il futuro del nostro Paese. Il futuro migliore, perché sono ragazzi che hanno imparato in casa il significato della condivisione, della sobrietà e della solidarietà. Siamo tutti volontari, ma ci impegniamo per cambiare la cultura di morte che fa del nostro paese il più vecchio del mondo, con indici di natalità ben sotto la media europea. Bussiamo alla porta di politici e amministratori, manifestiamo contro le ingiustizie che colpiscono le famiglie con più figli; abbiamo fatto proposte importanti per una fiscalità più equa e per una politica più attenta ai bisogni delle famiglie con figli. Siamo inoltre membri del Forum delle Associazioni Familiari e della European large families confederation (ELFAC), la Confederazione europea che riunisce la associazioni di famiglie numerose di 13 Paesi in Europa. Uno dei vostri slogan è: “Un paese che non riconosce

il valore della famiglia, è un paese che uccide il suo futuro”. Può spiegare cosa intendete dire? È nella famiglia che nascono e crescono le future generazioni, i futuri cittadini di un Paese: il valore di un rapporto sereno, improntato sui valori della gratuità e dell’altruismo è un capitale sociale e umano prezioso, riconosciuto dagli economisti ma non, se non a parole, dai nostri politici che non fanno nulla per facilitarlo e supportarlo. Da noi mettere al mondo un figlio costituisce un regalo all’erario. Le famiglie sono spremute, vessate e più figli hanno, più devono pagare. E allora, chi glielo fa fare a una giovane coppia che pure desidererebbe avere almeno tre figli, di metterne al mondo più di uno? Per finire in quella incredibile percentuale del 29,9% di famiglie numerose che vivono al di sotto della soglia di povertà proprio perché hanno figli? E se non genera figli chi li vorrebbe, non ci si deve stupire delle culle

Mario Sberna


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Economia e vita

21 vuote, della crisi demografica in cui ormai è piombato il nostro paese, lanciato verso un vero e proprio suicidio demografico. Cosa fate concretamente per la famiglia, i bambini? Anzitutto ci siamo e siamo felici di esserci. Testimoniamo con la nostra stessa esistenza che la vita è un dono e vale la pena di essere accolta, sempre. Sentiamo il dovere della testimonianza in un mondo che fa dell’individualismo, dell’egoismo e dell’edonismo i soli criteri di esistenza. Noi insegniamo che la comunione, la condivisione, la solidarietà, la fraternità, l’unione sono valori che vale la pena davvero di vivere. La diminuzione del numero dei matrimoni e il calo delle nascite sono fenomeni in continua espansione in Europa. Cosa dovrebbe fare lo Stato per arginare questa deriva? In realtà in Europa diminuiscono i matrimoni ma non in tutti i paesi diminuiscono le nascite: i nostri cugini francesi per esempio hanno un tasso di natalità di tutto rispetto, pari all’equilibrio demografico (2,1 figli per donna), che è il frutto di felici politiche fiscali a favore della famiglia: contributi per la mamma fino ai tre anni del bambino, tasse in pratica azzerate per chi ha almeno tre figli e tanto altro ancora. I matrimoni sono in calo in Italia, vero, ma ci si sposa di meno anche per ragioni economiche: sposarsi non conviene, anzi. È più facile per una mamma ufficialmente single accedere al nido e avere sconti sulla mensa scolastica che per una mamma coniugata: è uno dei paradossi italiani. Separarsi conviene e sposarsi non è certo un buon affare. Noi lo denunciamo da anni: se io e mia moglie ci separassimo guadagneremmo

circa 800€ al mese, fra maggiori detrazioni, aumento di assegni familiari, riduzione dell’ISEE, delle tariffe, delle mense scolastiche ecc. Fingere di separarsi conviene, eccome. È evidente che lo Stato ha molta responsabilità in tutto questo. Qual è il rapporto tra famiglia e crescita del bene comune? La famiglia resta l’unico spazio dove ancora si può parlare senza ipocrisia di bene comune. In una famiglia, specialmente in una famiglia con più figli, con bambini piccoli, si vive come in una squadra, dove il benessere di ognuno e il successo di tutti è il risultato di un lavoro corale. E questa educazione alla solidarietà e alla comunione diventa contagiosa, si espande e accoglie chiunque, vicini e lontani. D’altronde la famiglia è la cellula fondamentale della società. Cosa pensa di quello che la cultura dominante propone, anche attraverso i messaggi televisivi e la pubblicità: i matrimoni tra omosessuali e perfino l’adozione di bambini per le coppie dello stesso sesso? Siamo davanti a una cultura rovesciata, che non ha più punti di riferimento. La chiamano società liquida e infatti fa acqua da tutte le parti. Al dichiararsi stupiti anche

solo al pensiero di un uomo che bacia un uomo, si finisce per essere accusati di tutto: di omofobia, di intolleranza, con una violenza che sa di intimidazione. Comunque per noi il matrimonio è un vincolo importante, fondante e, per me che sono credente, sacro. E il matrimonio esiste solo fra un uomo e una donna: il resto è semplicemente un assurdo. Per quanto riguarda l’adozione penso che solo in Italia ci sono 40 .000 coppie in attesa di avere un figlio in adozione, coppie che hanno superato tutti gli esami di idoneità possibili e che solo in quanto uomo e donna sono ciò di cui un bimbo ha bisogno per crescere. Un bambino ha bisogno della mamma e del papà, che si completano nella loro diversità per sviluppare la propria identità. Le ansie genitoriali dei gay stanno solo a confermare quel che è certo e connaturale all’umanità da sempre e per sempre: per generare un figlio ci vogliono due esseri umani, l’uno maschio e l’altra femmina. In molti, anche tra i cattolici, difendono la legge 194 sull’interruzione della gravidanza e ne chiedono la totale applicazione, considerandola il male minore. Voi cosa ne pensate? Noi difendiamo la vita, dal suo concepimento al suo naturale spegnersi. L’aborto per noi è un male assoluto, per la madre e per il bambino. E per tutta la società che perde l’intelligenza, l’amore, la bontà di milioni di bambini non nati. La 194 è una legge dello Stato ma non ci rassegneremo mai a vivere in un Paese che consente di uccidere i propri figli fin dal ventre delle madri. Non c’è un male minore di fronte alla soppressione di una vita innocente. Danilo Quinto


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Bisogna ricostruire la famiglia Senza bambini non c’è presente né futuro per qualsiasi civiltà

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a famiglia è l’anima della società, senza l’anima il corpo sociale rimane letteralmente privo di vita. Per rendersene conto è sufficiente leggere i dati sulla denatalità: senza famiglia non c’è vita e senza bambini non c’è presente né futuro, per qualsiasi civiltà. Ecco perché dovrebbero allarmare, e molto, le statistiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ci ricordano come tra pochi decenni, soprattutto in Europa, saremo in una specie di grande ricovero per anziani.

Per invertire questa tendenza, ben più grave dell’andamento dello spread, ciò che manca all’appello non è un modello qualsiasi di famiglia, ma quella fondata sull’amore coniugale tra un uomo e una donna, aperta alla vita. Infatti, anche se le modalità di convivenza si sono moltiplicate, il risultato della denatalità non cambia. Senza il matrimonio fondato sull’amore unico e per sempre tra un uomo e una donna, per due innamorati e per la società rimane solo il formato da soap-opera. Il trionfo dell’amore da fotoromanzo è il frutto inevitabile di un lun-

go processo che ha scardinato la natura dell’uomo al punto che – dice Benedetto XVI – “la famiglia è minacciata in molti luoghi, come conseguenza di una concezione della natura umana che si dimostra manchevole”. Oggi, infatti, siamo già arrivati al punto che essere maschio o femmina sarebbe soltanto una scelta personale di carattere culturale: il de profundis della legge naturale. Negli anni ’60-’70, sulle ali della rivoluzione sessuale, si è arrivati a degradare l’eros a puro fitness, sacrificando, sull’altare delle passioni e del piacere, ogni questione seria intorno alla sessualità. Paradossalmente il frutto di questa “liberazione” è stato che dal 1970 in poi, nel giro di 25-30 anni, in Italia la capacità di fare bambini si è ridotta di tre volte, e questo, con diverse intensità, vale per tutti i paesi europei. Il problema della denatalità ha anche cause di tipo politico, secondo dati Ocse i paesi europei dove è più alta la spesa a favore della famiglia (ad esempio la Francia), sono anche quelli in cui il tasso di natalità è meno critico. L’Italia, che ha uno dei tassi di fecondità più bassi al mondo, risulta in coda alla classifica europea anche per quanto riguarda il budget impegnato per le politiche familiari, inoltre ha forti carenze nelle politiche strutturali di conciliazione tra lavoro e famiglia (con problemi per la cura di bambini e anziani). Senza parlare della questione fiscale.

La famiglia è minacciata in molti luoghi, come conseguenza di una concezione della natura umana che si dimostra manchevole Se vogliamo difendere i valori non negoziabili, riscoprire cosa significa bonum commune, affrontare il problema educativo, dobbiamo ripartire dalla culla di ogni virtù, dalla cellula fondamentale della società umana. Riscoprire l’amore coniugale, quello unico e per sempre, capace di donarsi andando oltre “il proprio io e le sue voglie” è la sfida che abbiamo davanti per restaurare ciò che è stato dissolto. “Difendere la vita e la famiglia nella società – ha recentemente affermato Benedetto XVI - non è assolutamente un atto retrogrado, ma piuttosto profetico, poiché significa promuovere valori che permettono il pieno sviluppo della natura umana, creata a immagine e somiglianza di Dio”. La crisi della famiglia è segno evidente della grave “eclissi di Dio” che noi stiamo vivendo, ci troviamo, infatti, in un clima culturale che ha rinunciato alla ricerca della Verità e si accontenta di surrogati che stanno auto-distruggendo l’uomo. Una persona senz’anima è come una società senza famiglia, incapace di alzare lo sguardo alle “cose di lassù”. Lorenzo Bertocchi

Il frutto della rivoluzione sessuale è stato che, dal 1970 in poi, in Italia la capacità di fare bambini si è ridotta di tre volte


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Giovanni Corbelli Mamme che piangono. Il dolore che resta dopo un aborto

Lucrezia Povia Tresoldi, Luca Bellaspiga, Pino Ciociola E adesso vado al Max! Massimiliano Tresoldi: 10 anni di coma e ritorno

Fede & Cultura

Ancora

Corbelli ha raccolto in queste pagine testimonianze tragiche di donne che hanno abortito: mamme che piangono e che rimpiangono i loro figli mai nati. Spesso spinte al gesto estremo dalle circostanze, da una profonda solitudine, dal disinteresse generale. Donne ingannate dalla cultura dominante, mal consigliate da falsi amici; donne che vorrebbero rimediare e non possono e perciò soffrono per anni di problemi fisici e psicologici. E questo loro dolore nessuno lo vuole vedere, perché nella nostra società mortifera non è “politicamente corretto” né “in” dare ascolto alle loro voci.

Nel1991, a causa di un incidente stradale, Massimiliano Tresoldi, 20 anni, entra in «stato vegetativo». I medici dicono che non si sveglierà mai più. La famiglia dopo aver girato dolorosamente da un ospedale all’altro, riporta Max a casa e continua a sperare e ad amare, tutti i giorni, per dieci lunghi anni. E dopo dieci anni il ragazzo si risveglia. E racconta come ascoltasse e vedesse tutto quello che accadeva intorno a lui. A Roma il libro che racconta questa storia meravigliosa sarà presentato il 30 Novembre a Palazzo Valentini.


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