Notizie Pro Vita ottobre 2012

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Notizie

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Infosportpagine

N. 8 - Ottobre 2012

nel nome di chi non può parlare Fantascienza o realtà? Un racconto di fantascienza pubblicato 40 anni fa descrive una società disumana non troppo diversa da quella in cui viviamo oggi.

L’uomo e l’aborto Solo gli specialisti conoscono le conseguenze devastanti che ha l’aborto per il padre.

In memoria di Chiara Una ragazza di 28 anni è stata chiamata da Dio a mostrare che è buono, che in Lui non ci sono tenebre e che la morte è vinta copertina.indd 1

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- Sommario -

Notizie

Editoriale 1 Notizie dall’Italia

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RIVISTA MENSILE N. 8 - OTTOBRE 2012

Notizie dal mondo

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Primo Piano In ricordo di Chiara Corbella Petrillo

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Angela Pellicciari

Siamo nati e non moriremo mai più

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Antonio Brandi

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Francesco Agnoli

Cheng Guancheng e Lou Xiaoying: due eroi per la vita 5 Sveva Colonna

Armati di diritto per la vita

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Distribuzione Rapida Vis, Via Cadlolo 90, 00136 Roma

Youth Defence: la battaglia per la vita in Irlanda 9 Marzio Bianchi

In memoria di Nellie Gray 12 Marco Respinti

Scienza e Morale 13

Carlo Manetti

Fantascienza o realtà?

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Francesca Romana Poleggi

Cartesio, ancora lui

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Mauro Faverzani

Anche l’uomo è tra le vittime dell’aborto

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Antonello Vanni

Sesso (in)sicuro

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Renzo Puccetti

Ciò che resta dopo un aborto volontario 18 Cinzia Baccaglini

Economia e Vita Nel diritto italiano il concepito è considerato una persona 19 Antonio Baldassarre

Crescita della popolazione: danno o beneficio? Benedetto Rocchi

Progetto grafico Massimo Festini Tipografia Eticart srl, via Garibaldi 5, 73011 Alezio

Pino Morandini

L’inizio della vita umana

Redazione Via Ridolfino Venuti 34/A, 00162 Roma. Tel. 06 45444909

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Danilo Quinto

Obiezione di coscienza: diritto intoccabile

Editore MP cooperativa giornalistica Sede legale Via Marlengo 49/b, 39012 Merano (BZ) Autorizzazione Tribunale BZ N6/03 dell’11/04/2003

Direttore Responsabile Francesca Lazzeri

Attualità Marciare per la vita

Testata Infosportpagine-ProVita

20

Redazione Francesca Romana Poleggi, Antonio Brandi, Mario Palmaro, Andrea Giovanazzi Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero Francesco Agnoli, Cinzia Baccaglini, Antonio Baldassarre, Marzio Bianchi, Antonio Brandi, Sveva Colonna, Mauro Faverzani, Carlo Manetti, Pino Morandini, Angela Pellicciari, Renzo Puccetti, Danilo Quinto, Marco Respinti, Benedetto Rocchi, Francesca Romana Poleggi, Antonello Vanni

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Editoriale

Notizie

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Editoriale

Nel nome di chi non può parlare

Questa iniziativa, dedicata a Chiara CorbellaPetrillo, vuole coinvolgere tutti coloro che - cristiani, credenti di altre religioni e non credenti - concordano sul fatto che l’aborto è il più ignobile degli omicidi, perché perpetrato contro una persona inerme, incapace di difendersi. È soprattutto un servizio: vogliamo dare risonanza alle voci pro life in Italia e nel mondo; vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica e risvegliare le coscienze: la gente, spesso, non comprende che l’aborto è un omicidio, perché

è disinformata; vogliamo mostrare come qualsiasi legge che renda legale l’aborto sia ingiusta, nociva alla dignità umana ed incompatibile con la legge naturale. Vogliamo che se ne parli nelle scuole, nelle parrocchie, nei circoli culturali, tra la gente, per far capire a tutti l’orrore dell’aborto. Una volta che si sia creata una sensibilità sociale idonea, non sarà più un’utopia premere per una riforma legislativa adeguata, che porti alla abrogazione della legge 194. È un progetto certamente ambizioso, ma doveroso. Vogliamo e dobbiamo batterci e parlare nel nome di tutte quelle mamme, come Santa Gianna Beretta-Molla e Chiara Corbella-Petrillo, che non possono più parlare perché hanno dato la vita per i loro figli, e nel nome dei milioni di bambini che ogni anno vengono uccisi nel grembo delle loro madri. Antonio Brandi

! a t i V a l r e p i t n a v A

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Notizie dall’Italia

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Notizie dall’Italia

2 Medici specialisti del Gemelli e del Bambin Gesù hanno creato a Roma il centro “Exit”. Si chiama exit una delle tecniche operatorie che si usano sul bambino quando è ancora nel grembo materno: il bimbo non ancora nato, infatti, in questo centro è considerato un paziente come tutti gli altri. Per questo - oltre ad avere un alto valore medico e scientifico - “Exit” è un segnale culturale molto rilevante per chi ancora si ostina a non voler riconoscere la dignità umana al concepito.

Si è svolto a Roma, sotto il patrocinio della seconda sezione della Segretaria di Stato della Santa Sede e del Pontificio Consiglio per la Famiglia, un vertice mondiale dei cattolici impegnati negli organismi internazionali con l’obiettivo di imparare ad affrontare le “industrie” dell’aborto. Vittoria della vita: nell’ospedale di Jesi sono stati sospesi gli aborti, poiché tutti i medici hanno esercitato il diritto di obiezione di coscienza. Il diritto alla vita , per un giudice di Spoleto, non è adeguatamente tutelato dalla legge 194 del 1978, che gli antepone il diritto alla salute. Purtroppo la Corte Costituzionale ha respinto il ricorso. Il Consiglio Direttivo dell’AIGOC, Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici ha manifestato pubblicamente i sentimenti, che la decisione della Corte Costituzionale ha suscitato: delusione, timore, dolore. Il consiglio regionale del Veneto, ha approvato una legge di iniziativa popolare presentata nel 2004 che prevede l’informazione delle donne sulle possibili alternative all’aborto. Così sarà possibile l’accesso dei volontari pro-life ai consultori e alle strutture socio-sanitarie. Al cimitero di Desio è stata rimossa la Croce dal luogo dove vengono sepolti i bimbi non nati. La vicenda ha interessato Repubblica.it e ha suscitato la reazione di molti blogger. Ne parleremo nel prossimo numero. Marco Griffini, presidente della Ai.Bi. propone l’adozione di bambini non nati: l’Associazione Amici dei Bambini, durante il convegno “Oltre l’aborto la speranza nell’abbandono” che si è tenuto a Milano, ha annunciato che sarà fatta una proposta di legge in tal senso. Si è svolta con successo “Cento Passeggini per la Vita”, una manifestazione promossa dal Centro di Aiuto alla Vita di Agrigento, opera don Guanella. A Livorno, don Maurizio De Sanctis ha invitato i suoi parrocchiani ad un concreto gesto di solidarietà per una mamma in difficoltà. E così, grazie a Dio, è nata una bella bambina che i parrocchiani di Santa Rosa sono orgogliosi di aver sottratto all’aborto. È durato una settimana il “Life Happening Vittoria Quarenghi” del Movimento per la Vita. La manifestazione si è tenuta al villaggio “Porto Rhoca” di Squillace, dove il Centro Servizi Volontariato di Catanzaro ha organizzato una serie di incontri, scambi, dibattiti e corsi di formazione per i volontari della vita.

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Notizie dal mondo

Notizie

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Il 16 settembre si è svolta a Zurigo la terza “Marcia per la vita”, organizzata da 13 associazioni pro life. Il corteo è stato disturbato da schiamazzi, fischi e urla, mentre i partecipanti sfilavano con croci bianche e piccole bare per protestare contro il business mortale dell’aborto.

Secondo uno studio danese l’aborto indotto aumenta il tasso di mortalità tra le madri.

In India, a causa dell’ aborto selettivo, vengono uccise 500.000 bambine ogni anno.

“Ancorata nel cuore di Cristo, sorgente inesauribile di amore, Barbara ha optato prima per la vita di sua figlia”: così Ignacio Cabezas parla di sua moglie, Barbara Castro Garcia, che - come la nostra Chiara Corbella -. ha rinunciato a curare il cancro per dare alla luce la sua piccola Barbarita. La Federazione Portoghese per la Vita ha proposto al governo di eliminare tutte le spese e i costi connessi all’aborto: per esempio il trasporto e l’alloggio pagati alle madri e ai loro accompagnatori, oppure le licenze e i sussidi. È stato calcolato che lo Stato potrebbe risparmiare molti milioni di euro.

Notizie dal mondo

Negli Usa c’è un animato dibattito sull’aborto, ma si pratica l’eugenetica nella quasi indifferenza più totale: la “gender selection” è praticata estesamente nelle cliniche degli Stati Uniti.

Si sono svolte le paralimpiadi, un vero inno alla vita, un segno di civiltà e di speranza. Il coordinatore, J. Parker, alla chiusura dei giochi è intervenuto con forza contro la normativa sull’aborto in Inghilterra. Una nuova legge del governo conservatore dello stato americano dell’Arizona cerca di limitare le possibilità di aborto disponendo che il calcolo delle settimane di gravidanza cominci due settimane prima del concepimento. La Corte Costituzionale della Corea del Sud ha stabilito che il diritto alla vita è il più fondamentale dei diritti umani e che il diritto della donna di disporre del proprio corpo non può essere considerato superiore al diritto alla vita del bambino nel grembo. In Spagna il ministro della giustizia, Alberto Ruiz Gallardòn, un esponente di sinistra del Governo Rajoy, ha annunciato la prossima presentazione di una riforma della legge sull’aborto. Il progetto mira a ridimensionare la legge vigente introdotta dal governo di Zapatero, che ha trasformato l’aborto in un diritto della donna. È stata accettata da una Corte scozzese la richiesta di appello di due infermiere cristiane di Glasgow che si sono rifiutate di assistere i medici che praticano l’aborto nell’ospedale dove lavorano da vent’anni.

Il deputato di Pietroburgo Vitaly Milonov ha proposto di conferire lo status di cittadini ai bimbi in grembo dal momento del concepimento o per lo meno da quando il cuore inizia a battere. Secondo il politico, l’aborto va combattuto ufficialmente come omicidio. In Russia l’aborto è consentito entro le 12 settimane di gravidanza, fatta eccezione per i casi in cui la donna sia vittima di stupro o la sua salute in pericolo.

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Disponibile in Germania, Austria, Svizzera e Liechtenstein il primo esame del sangue “fai da te” che consente di diagnosticare la sindrome di Down già dalla dodicesima settimana di gravidanza. La cosa ha diffuso preoccupazione e sconcerto per la chiara deriva eugenetica che ne consegue.

Nata nel Nord Carolina (USA) a gennaio dopo sole 25 settimane di gestazione, pesava 270 grammi: poteva essere contenuta tra i palmi di due mani. La piccola Kenna Claire Moore ha lottato sei mesi per la vita e ora finalmente è a casa con i suoi genitori.

Schiacciante vittoria nelle votazioni a sostegno del Principe Alois del Liechtenstein, il cui potere di veto era stato messo in discussione perché lo scorso anno lo aveva usato contro la legalizzazione dell’aborto. Il patriarcato ortodosso russo è sceso apertamente in campo contro l’aborto: “è il peggiore olocausto nella storia dell’umanità”, ha detto il portavoce della chiesa ortodossa moscovita, partecipando a una marcia contro l’aborto che ha sfilato per le vie del centro della capitale russa.

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Attualità

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Marciare per la vita Anche in Italia la manifestazione unitaria della base ProLife, punto di partenza di una battaglia in difesa dei più deboli.

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gni anno, centinaia e centinaia di migliaia di persone sfilano in tutto il mondo nelle Marce per la Vita, da Washington a Parigi, da Bruxelles a Varsavia. Anche in Italia vi sono state numerose iniziative Pro-Life, da nord a sud, come la Marcia per la Vita siciliana, il Life Day e la Marcia per la Vita di Desenzano, il 28 Maggio 2011 che, pur essendo stata organizzata in pochissimo tempo, ed in un paese piuttosto decentrato del nord Italia, ha avuto un notevole successo. Straordinario, addirittura, l’esito della II Marcia Nazionale per la Vita organizzata a Roma il 13 maggio di quest’anno, la prima di questo tipo organizzata nella capitale: circa 15.000 persone hanno sfilato dal Colosseo a Castel sant’Angelo per dire il loro sì alla vita e il loro no, chiaro e forte, all’aborto. Hanno partecipato numerose realtà del mondo Pro Life Italiano, religiosi, laici, atei, tibetani, buddisti e varie organizPer informazioni: www.marciaperlavita.it tel. 06-32110310

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zazioni per i diritti umani. Perché di questo si tratta, del diritto alla dignità umana che ogni persona possiede dal momento del concepimento. Perché una marcia? Perché certe verità, comprensibili al cuore di ogni uomo, non possono restare confinate ai muri di una chiesa, o alle sale dei convegni. Il nostro Paese sta morendo di vecchiaia, perché dal 1978 l’eliminazione di almeno 5 milioni di bambini a causa della legge 194, ci ha portato in un inverno familiare e demografico che ha conseguenze in ogni aspetto della vita sociale ed individuale. L’aborto infatti, oltre che eliminazione di un bambino, è una ferita immensa al cuore e al corpo della madre e del padre, anche quando costoro pensano il contrario; è, inoltre, un atto che mina la famiglia, cellula base della società; infine colpisce la società intera, che viene privata dei suoi giovani, cioè della sua più grande ricchezza. L’aborto è anche, per i credenti, un crimine contro Dio, creatore e datore della vita. Manifestare pubblicamente queste verità è dunque un atto dovuto, di vera e propria carità: è il

ricordare a tutti qualcosa che si vuole nascondere o dimenticare o magari confinare nell’ambito delle opinioni soggettive. La caratteristica fondamentale della marcia - che è preceduta da un convegno e che ha come corollari pubblicazioni, incontri, conferenze ecc. - è che essa si propone come evento unitario del mondo prolife italiano, per troppi anni sminuito da strategie minimaliste, oltre che dall’ostilità di gran parte del mondo politico. Un evento che auspica il superamento di timori, divisioni e personalismi e il rilancio a tutto campo della battaglia per la Vita. La marcia è quindi aperta a tutti, credenti e non credenti, a qualsiasi associazione o meno appartengano, ed è, come ha scritto qualcuno, “l’unica manifestazione in cui non si rivendicano i propri diritti, ma quelli degli altri. Non si cerca di prevaricare un avversario, ma di difendere il più debole dei deboli. Non si urla il proprio ego, ma si dà voce a chi non ne ha”. Ci vediamo alla prossima marcia il 12 Maggio 2013! Francesco Agnoli

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Chen Guangcheng e Lou Xiaoying: due eroi per la Vita Da trent’anni le donne e i bambini cinesi subiscono morte e violenza per la barbara politica di pianificazione familiare, posta in essere con la complicità della comunità internazionale.

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ll Governo Cinese si vanta infatti di aver evitato 400 milioni di nascite dal 1979

Chen Guangcheng

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hen Guangcheng, 41 anni, non vedente, si è battuto contro la campagna di sterilizzazioni ed aborti forzati imposta dal regime comunista cinese nella provincia dello Shandong, nel 2004. Per questo è stato detenuto in un Laogai e costretto al lavoro forzato per più di quattro anni ed è stato obbligato agli arresti domiciliari per quasi due anni, durante i quali ha subito torture ed abusi insieme alla sua famiglia: amici e parenti sono stati arrestati. Grazie alla pressione internazionale è ora negli USA ma presto tornerà in Cina per continuare la sua battaglia. Lou Xiaoying, ormai condannata a morte da una gravissima insufficienza renale, si è battuta per la vita di tanti bambini per quasi tutta la sua esistenza, vissuta in povertà. Secondo il quotidiano cinese Yanzhao Metro Daily, Lou ha infatti salvato ben trenta neonati abbandonati sul ciglio della strada o nei bidoni della spazzatura nella città di Jinhua, nello Zhejiang, tragica testimonianza della politica del figlio unico cinese. Ancora oggi nel 2012, fra le tante libertà represse nella Cina post-olimpica, non è consentito ai genitori di avere il numero desiderato di figli. A parte alcune eccezioni, la regola è che ogni coppia deve procreare un solo bambino. Anche per sposarsi e per mettere al mondo un figlio è obbligatorio ricevere una licenza speciale emessa dal governo. Di conseguenza, la legge repressiva sulla pianificazione familiare causa decine di migliaia di sterilizza-

zioni e aborti forzati all’anno. Il Governo Cinese si vanta infatti di aver “evitato”, dalla prima introduzione della politica del figlio unico del 1979, ben 400 milioni di nascite. Che cosa accomuna Xiaoying e Guangcheng? Semplicemente il coraggio di battersi per i più deboli e per gli indifesi. Ambedue sono mossi dallo stesso spirito che spinge tanti altri dissidenti cinesi, come Mao Hengfeng e Huang Qi, a battersi contro gli aborti forzati e la“cultura della morte” che impera in Cina e che, purtroppo, è diffusa anche in occidente: basti pensare alla politica demografica attuata dalle agenzie dell’ONU, come l’UNFPA, a cui anche l’UE e l’Italia concedono ampi finanziamenti, che tra l’altro sostiene concretamente con mezzi e know-how la barbara politica di controllo delle nascite di Pechino. Con la scoperta del DNA, la scienza conferma che la vita di ogni essere umano inizia dal concepimento. Gesù Cristo ci insegna “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”. Ebbene, come possiamo noi oggi meravigliarci dell’aumento delle guerre, delle violenze, dei soprusi, del fatto che neonati sono gettati nei bidoni di spazzatura o abbandonati per strada, dell’egoismo e del male imperante, se, con la scusa di un cosiddetto “diritto alla scelta” per la donna, dimentichiamo il diritto alla vita del bambino e quindi ne sentenziamo la condanna a morte, mediante l’aborto? Sveva Colonna

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Armati di diritto per la vita Intervista a Gianfranco Amato presidente di Giuristi per la Vita

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l successo della seconda marcia nazionale per la vita, organizzata da Famiglia Domani, Movimento Europeo Difesa Vita (Mevd) e da tante altre sigle pro life, ha portato alla nascita dei “Giuristi per la vita”, presieduti dall’avvocato Gianfranco Amato, al quale chiediamo: come possono aiutare i “Giuristi per la Vita”, il consolidamento di un sentire cattolico diffuso e militante sui temi della vita?

“Operando sul campo. L’esperienza ha dimostrato quanto sia importante proclamare e difendere il diritto alla vita anche nelle sedi in cui esso viene interpretato e applicato. Da qui è nata l’idea di costituire una task force operativa di giuristi. I radicali hanno dimostrato, purtroppo, come una pattuglia di agguerriti e convinti avvocati riesca ad ottenere molto più di tanti autorevoli saggi, erudite conferenze e illustri simposi. ‘Giuristi per la Vita’ vuole essere una task force operativa, costituita da un gruppo affiatato e risoluto di avvocati, filosofi del diritto, docenti, studenti, capace di diventare un utile strumento nella lotta in difesa della vita. Con questa iniziativa potremmo dimostrare che la Marcia per la Vita non è stata

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un’esperienza estemporanea o un evento limitato alla pura testimonianza. In molti, abbiamo ritenuto che occorreva evitare il rischio di un autocompiacimento per l’esaltante risultato ottenuto e di non fare, quindi, la fine del Family Day, quella meravigliosa esperienza che tante speranze aveva destato e che si è tristemente conclusa in un nulla di fatto. La Marcia per la Vita sarà giudicata dalla capacità di dar voce ad un popolo, di generare una presenza culturale, di creare sinergie e di aggregare intelligenze in difesa del diritto sacrosanto e sempre inalienabile della vita. Igitur ex fructibus eius cognoscemus eam. Sono convinto che ‘Giuristi per la Vita’ sia uno di quei frutti”. Molti cattolici, sui temi della bioetica, sembrano operare accettando il “male minore” e cercando il compromesso con chi si batte contro

Non c’è nulla da fare: in tema di vita e di morte non sono possibili compromessi al ribasso la vita. I “Giuristi per la vita” come considerano questa posizione? “Non c’è nulla da fare: in tema di vita e di morte non sono possibili compromessi al ribasso, né giova scendere a patti col Male. ‘Nolite locum dare Diabolo’, ammoniva San Paolo. Chi si illudeva che la Legge 194 avrebbe limitato il ricorso all’aborto – accettando tale normativa come male minore – è stato smentito dall’utilizzo strumentale del concetto di ‘tutela della salute psichica della donna’, che ha concesso a quest’ultima un pieno e assoluto diritto di vita e di morte nei confronti del nascituro. Chi si illudeva che la Legge 40 avrebbe limitato gli abusi della fe-

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Attualità

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È immorale per i giuristi tacere e non reagire condazione assistita – accettando tale normativa come male minore – è stato smentito dagli interventi giurisprudenziali di magistrati eugenisti, che stanno smantellando ciò che di positivo contempla quella legge. Chi si illudeva che la somministrazione della pillola abortiva RU486 sarebbe avvenuta con ricovero in una struttura sanitaria pubblica – accettando l’applicazione della Legge 194 come male minore – è stato smentito dal riconoscimento alla donna del diritto al rifiuto delle cure ospedaliere, che ha portato, di fatto, all’aborto a domicilio. Potremmo continuare. Si esaltano sempre più spesso scelte suicidarie ed eutanasiche. Lei crede che questo possa essere un “fronte giuridico” che si può aprire? Ritengo proprio di sì. Ciò che sta oggi accadendo in Gran Bretagna sul tema dell’assisted suicide ci rende evidente come quella battaglia sia destinata a combattersi, anche da noi, proprio sul fronte giuridico. Non dimentichiamo, poi, che il decreto 9 luglio 2008 emesso dalla Corte di Appello di Milano, con cui è stato disposto l’‘ac-

Eluana Englaro

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cudimento accompagnatorio’ di Eluana Englaro verso la morte, ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico il principio secondo cui senza una ‘pienezza di facoltà motorie e psichiche’, l’esistenza umana si riduce a ‘vita non degna di essere vissuta’, traduzione italiana del termine ‘lebensunwertes Leben’, coniato dai giuristi tedeschi anni ’30 e riecheggiato tristemente nelle aule giudiziarie del Terzo Reich. Si tratta di ‘una crepa nella nostra civiltà’, come direbbe il Cardinal Bagnasco. È un salto qualitativo in pejus, di fronte al quale è immorale per i giuristi tacere e non reagire”. Quello europeo può diventare un ambito del vostro intervento? “È già un ambito in cui dover intervenire. Basti pensare al recente pronunciamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sulla legge 40. Dovremmo creare un network europeo. Penso, ad esempio, agli amici del Christian Legal Center, di Advocates International, di Human Dignity Watch, e dell’A.D.F.”. Quale tipo di rapporto pensa si possa instaurare con il Parlamento? “La situazione politica generale non appare davvero confortante per i cattolici. Ritengo, però, che un interlocutore interessante possa senz’altro essere l’Associazione Intergruppo Parlamentare per il valore della Vita, coordinata dal senatore Stefano De Lillo”. Occuparsi della vita in termini di diritto significa seguire nel senso opposto il metodo di chi vuole perseguire la via giuridica per affermare la morte. Non crede che i decenni trascorsi nel non comprendere che

Gianfranco Amato

questa è stata la strada vincente dello schieramento anti-umano, possano incidere sui vostri obiettivi? “Sono anni che vado predicando che occorre occuparsi della vita in termini di diritto, ma nel mondo cattolico la mia è rimasta una voce alquanto isolata. Quando sulla pillola RU486 rilanciai la proposta di strutturare un team di legali – proposta ripresa da Ferrara sul Foglio il 6 agosto 2009 con l’articolo intitolato ‘Avv. & Prof. Prove tecniche di battaglia radicale contro la kill pill che viola la legge 194’ – i luminari del mondo cattolico risposero che la via del diritto in bioetica non aveva futuro e prospettive. La realtà, purtroppo, non pare aver dato loro ragione. Forse il biodiritto è considerato morto nelle aule accademiche, ma la cronaca quotidiana ci dimostra come goda di ottima salute nelle aule giudiziarie. Dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo fino all’ultimo giudice monocratico di un Tribunale di periferia. Ecco perché è arrivata l’ora di smettere di pontificare e di rimboccarsi umilmente le maniche”. Danilo Quinto

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Obiezione di coscienza, diritto intoccabile Anche il laico Comitato Nazionale di Bioetica conferma che il diritto all’obiezione di coscienza è inviolabile

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’alta percentuale di medici che, in Italia, si rifiuta di praticare l’aborto dichiarandosi obiettore di coscienza – circa l’80% - sta mandando su tutte le furie gli esponenti della cultura radicale e comunque della mentalità dominante i quali, in dissonanza con le loro storiche battaglie per i diritti, oggi si battono, ed accanitamente, contro un diritto: quello di essere obiettori, appunto. Un diritto fondato sia giuridicamente sia storicamente e moralmente. “Medico” è infatti un termine, la cui radice mad, madh – ricorda Felici - «in varie lingue assume allo stesso tempo sia il significato di medicare che quello di insegnare» (Consenso informato, Lìbrati 2008 p. 21). Dunque l’obiettore sinceramente convinto non è affatto un “cattivo medico”,

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bensì un vero medico. Quanto al lato giuridico, i riferimenti sono molteplici. A partire dall’osannata Legge 194/78, la quale riserva un intero articolo (il 9) alla disciplina dell’obiezione di coscienza, mentre invece non contempla alcuna funzione abortiva per l’attività dei Consultori familiari. Non è cioè scritto da nessuna parte che questi abbiano l’obbligo di rilasciare il certificato autorizzativo dell’aborto. Pertanto, alla luce della L. 194 - per la cui difesa ci si prodiga con energie degne di miglior causa - non solo l’obiezione di coscienza si configura quale diritto, ma risulta – con riferimento al criterio interpretativo «ubi lex voluit, dixit» - che i consultori non abbiano alcun obbligo di rilasciare certificati per l’interruzione di gravidanza. Sempre a proposito di obiezione di coscienza, c’è da dire come questa sia valida non

L’obiettore sinceramente convinto è un vero medico

solo, come abbiamo visto, per i medici, ma anche per i farmacisti che intendessero sottrarsi alla vendita di farmaci i quali, qualora vi sia stato concepimento, sono purtroppo abortivi. Infatti, il già ricordato art. 9 della L. 194/78, che disciplina la possibilità di sollevare obiezione di coscienza di fronte all’aborto, lo fa con riferimento al «personale sanitario ed esercente le attività sanitarie». E nessuno dubita che il farmacista faccia parte del «personale sanitario»: il R.D. 27/07/1934, n. 1265, al capo I, intitolato “Dell’esercizio delle professioni sanitarie”, all’art. 99 sottopone a vigilanza «l’esercizio della medicina e della chirurgia, della veterinaria, della farmacia». Se a ciò si aggiunge che la gravidanza perfino nei vari vocabolari della lingua italiana, oltre che nelle più accreditate risultanze scientifiche, decorre dal completamento della penetrazione spermatica nell’ovulo, ne consegue che anche per i farmacisti l’obiezione di coscienza configuri a pieno titolo un diritto. Diritto che il luglio scorso anche il laico Comitato Nazionale di Bioetica ha ricordato essere «costituzionalmente fondato (con riferimento ai diritti inviolabili dell’uomo)» e connotato importante di «un’istituzione democratica, in quanto preserva il carattere problematico delle questioni inerenti alla tutela dei diritti fondamentali senza vincolarle in modo assoluto al potere delle maggioranze». Pino Morandini vice presidente del Movimento Per la Vita

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Youth Defence: la battaglia per la vita in Irlanda

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Un movimento giovanile, osteggiato dai politici, privilegia l’attività di strada a diretto contatto con la gente

i potrebbe tradurre come “giovani in difesa” della Vita. È il 1992 quando un piccolo gruppo di giovani e giovanissimi irlandesi di fronte al tentativo dei poteri forti di legalizzare l’aborto in Irlanda decide di dare vita a un movimento prolife. Il gruppo, privo di appoggi e osteggiato dai politici, privilegia l’attività di strada a diretto contatto con la gente. Loro dicono che è veramente interessante incontrare tutti i tipi di persone per strada: buoni, cattivi, poveri, ricchi, impegnati, menefreghisti e a tutti parlare, spiegare cosa è la vita e cosa è veramente – il crimine dell’aborto. Il loro attivismo è contagioso e fa rumore: attira nuovi amici e si procura nuovi nemici. Al loro primo raduno di piazza – dicono con umorismo irlandese – si ritrovano 1197 persone, un cane, due biciclette e un uomo con la barba finta! Una prima intervista radiofonica è come un segnale a tutti gli irlandesi di buona volontà e inizia una campagna attivistica in crescendo che culmina in una sorta di miracolo: a dispetto di ministri, deputati e poteri forti il referendum sull’aborto è una clamorosa vittoria del buon senso e della parte più sana del popolo irlandese con il 63% dei voti a favore della Vita! Ma così come una sconfitta non avrebbe scoraggiato questi giovani entusiasti, la vittoria non li induce a dormire sugli allori. Negli anni seguenti il movimento è un continuo vulcano in eruzione: campagne di strada, cicli di conferenze di controinformazione nelle scuole, interviste, manifesti sui muri e sugli autobus, inter-

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venti ai discorsi dei politici che vorrebbero lavarsene le mani “dimenticando” il tema e vengono rumorosamente costretti loro malgrado, a prendere posizione. Non viene tralasciato neppure il lavoro capillare e diretto: diverse donne che volevano abortire (basta andare nella vicina Inghilterra per eliminare il bambino) vengono persuase e aiutate a prendere la giusta decisione. A un raduno del 1996 partecipa un gruppo di donne coi figli piccoli: sono i bambini salvati direttamente da Youth Defence e portati

in braccio da madri felici. Nel corso degli anni il movimento cresce e si rafforza: pubblica una rivista, diversi opuscoli informativi, apre una nuova sede centrale, partecipa a conferenze prolife nel mondo, organizza anche campagne di telefonate ai deputati che si sono dichiarati prolife quando cercavano voti: “mantieni la tua promessa” ripetuto per telefono decine di volte al giorno. Mentre i poteri forti tramano per legalizzare lo sterminio, l’Irlanda resta la punta di diamante della battaglia prolife nel mondo per 20 anni fino a oggi.

Ma Erode non ama essere contrastato: il governo irlandese viene “invitato” a uniformarsi alle direttive degli organismi internazionali in tema di aborto, spots di Youth Defence vengono boicottati dai media, non mancano le critiche politiche e le pressioni da parte della polizia soprattutto quando vengono esposti manifesti che mostrano la vera natura dell’aborto – pur riconoscendo che l’attività di questi giovani è perfettamente legale. Nel 1995 due leaders, Niamh Nic Mhathuna e John Heaney, vengono ricevuti dal Papa che li ringrazia e li incoraggia a proseguire sulla strada intrapresa in difesa della Vita. Oggi, mentre si (ri) parla di introdurre l’aborto in Irlanda, Youth Defence ha lanciato una nuova fase di lotta con un grande congresso al quale hanno preso parte numerosi dottori e specialisti da ogni parte del mondo che hanno ricordato – ancora una volta! – che il bambino nel ventre materno è una Vita fin dall’inizio e che nessun trucco dialettico, nessun “problema” potrà mai cambiare la realtà. Questo movimento può essere preso come esempio da tutti i militanti prolife nel mondo per le sue caratteristiche: perseveranza, coerenza, volontà d’azione, fantasia e - perché no? – senso dell’umorismo di fronte alle difficoltà. Un esempio di come si trasformano le parole in azioni. Marzio Bianchi

www.youthdefence.ie

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In ricordo di Chiara Corbella Petrillo La vita di Chiara, la sua storia, sono la prova che la Risurrezione di Cristo è un fatto tanto vero quanto reale

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numeri sono numeri: cioè hanno un significato. Profondo. Il 13 maggio è il giorno in cui sono cominciate le apparizioni di Maria a Fatima. Continuate ogni 13 del mese per sei mesi. Maria è apparsa a tre giovanissimi pastori: un maschietto e due ragazzine: Lucia, Giacinta e Francesco. Francesco e Giacinta sono morti giovanissimi: hanno dedicato le loro sofferenze e la loro vita a Gesù perché attraverso di loro l’amore di Dio potesse continuare a vincere. A vincere la battaglia finale, quella che attende e spaventa ognuno. La battaglia contro la morte. La morte, ce lo dice il libro della Sapienza, non è stata creata da Dio ma è entrata nel mondo per invidia di satana. Dio stesso, autore e perfezionatore della fede, Dio in cui non ci sono tenebre perché c’è solo vita, ha combattuto e vinto la battaglia contro questo mostro diabolico che ci rende schiavi della paura e, quindi, del peccato. La chiesa orientale celebra la vittoria sulla morte di Gesù risorto con un bellissimo saluto che dura tutto il periodo di Pasqua e cioè cinquanta giorni. Quando due persone si incontrano si salutano così: Cristo è risorto! (dice il primo) È veramente risorto! (risponde il secondo). Il 13 giugno 2012 questo saluto si è fatto carne in una famiglia romana benedetta dalla fede. Una ragazza di 28 anni è stata chiamata da Dio a mostrare che è buono, che in lui non ci sono tenebre e che la morte è vinta. La vita di Chiara Corbella,

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la sua storia, sono la prova che la risurrezione di Cristo è un fatto tanto vero, tanto reale, che si ripete ogni volta che c’è un cristiano. Con queste parole Chiara racconta il miracolo del suo matrimonio, della sua maternità, della sua fede, della sua morte: “libera dalle aspettative che mi ero creata ho potuto vedere con occhi nuovi quello che Dio voleva per me. Poco dopo contro ogni nostra aspettativa superate le nostre paure abbiamo deciso di sposarci. Nel matrimonio il Signore ha voluto donarci dei figli speciali: Maria Grazia Letizia e Davide Giovanni, ma ci ha chiesto di accompagnarli soltanto fino alla nascita, ci ha permesso di abbracciarli, battezzarli e consegnarli nelle mani del Padre in una serenità e una gioia sconvolgente. Ora ci ha affidato questo terzo figlio, Francesco che sta bene e nascerà tra poco, ma ci ha chiesto anche di continuare a fidarci di Lui nonostante un tumore che ho scoperto poche settimane fa e che cerca di metterci paura del futuro, ma noi continuiamo a credere che Dio farà anche questa volta cose grandi”.

“Grandi cose ha fatto il Signore per noi”, recita il salmo 125. Grandi cose ha fatto il Signore per Chiara. Angela Pellicciari

Libera dalle aspettative che mi ero creata ho potuto vedere con occhi nuovi quello che Dio voleva per me

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Primo Piano

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“Siamo nati e non moriremo mai più”

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iamo nati e non moriremo mai più” sono parole di Chiara Corbella-Petrillo che rappresentano una forte testimonianza di fede nella risurrezione. Conoscevo Chiara fin da giovanissima. Era una ragazza normale, serena, spesso auto-ironica, che ha sempre condotto una vita semplice. All’età di 5

anni, sull’esempio della madre, Maria Anselma, comincia a frequentare una comunità del Rinnovamento dello Spirito e insieme alla sorella Elisa inizia un percorso di fede che l’accompagna nella crescita e che le insegna a pregare Gesù in maniera spontanea. All’età di 18 anni, in un pellegrinaggio, incontra Enrico con cui

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La testimonianza straordinaria di una madre dei nostri giorni si fidanza pochi mesi dopo. Nel 2008 la coppia corona il sogno di sposarsi, ad Assisi. Ricordo ancora la sua gioiosità nel cantare con gli amici, dopo la cerimonia. Chiara ed Enrico conducono una vita normale, amano scherzare, uscire e divertirsi con gli amici. Nel matrimonio il Signore ha voluto donare a Chiara ed Enrico dei figli speciali: Maria Grazia Letizia, Davide Giovanni e Francesco. Chiara ed Enrico sono una coppia che ha sempre posto prima di tutto la vita dei loro figli, davanti ad ogni considerazione di convenienza personale: prima hanno portato a termine le gravidanze di Maria Grazia Letizia e Davide Giovanni, sapendo che i bimbi non sarebbero sopravvissuti al parto; poi, quando Chiara, ancora incinta di Francesco, si sottopone ad un intervento in anestesia locale che conferma un carcinoma e quindi la necessità di un secondo intervento molto più invasivo, decidono di ritardare il più possibile l’operazione per consentire la completa formazione del bambino. L’amico Gianluigi De Palo, assessore alla famiglia del Comune di Roma, scrive: “Hanno affrontato queste prove con il sorriso e con un sereno affidamento alla Provvidenza. Mai si son lasciati sconvolgere, ma hanno accettato la volontà di Colui che non fa nulla per caso”. “Chiara non è morta per suo figlio: ha dato la vita a suo figlio”. Così afferma Padre Vito nell’omelia per il funerale. Durante tutto questo periodo di prova per la famiglia, è stata lei, Chiara, a dare agli altri la forza di andare avanti. Mi racconta il papà Roberto:”Verso le otto del mattino del 13 giugno - Chiara ci ha lasciato a mezzogiorno - Enrico

Chiara non è morta per suo figlio: ha dato la vita a suo figlio

le chiede: Chiara, amore mio, ma questa Croce è veramente dolce, come dice il Signore? Lei lo guarda, sorride e con un filo di voce dice: sì, Enrico, è molto dolce”. Così, tutta la famiglia l’ha vista spegnersi felice e con il sorriso sulle labbra. Quel sorriso che ha attraversato la sua vita nonostante le ripetute enormi prove a cui è stata sottoposta. Al funerale, il cardinale Vicario di Roma, Agostino Vallini definisce Chiara come una “seconda Gianna Beretta Molla”. Chiara aveva certamente le idee molto chiare circa la gravidanza ed il riconoscimento del feto come persona con piena dignità e non si è mai posta come una martire, ma ha accettato anche quello che non comprendeva perché aveva fiducia nel disegno del Signore. Ed è nel nome di tutte le mamme che hanno dato la vita per i loro figli, come Gianna e Chiara, che è nata questa nostra iniziativa pro life. Antonio Brandi

Il Signore mette la verità in ognuno di noi; non c’è possibilità di fraintendere.

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Attualità

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In memoria di Nellie Gray La Giovanna d’Arco del Vangelo della vita

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al 13 agosto 2012 la difesa della vita ha un enorme vantaggio in più. Nellie J. Gray, storica leader del movimento antiabortista statunitense, scomparsa in quella data all’età di 88 anni, assiste la buona battaglia dall’alto del Cielo. Era la fondatrice, la direttrice e l’infaticabile animatrice dell’oramai famosissima “March for Life”, che ogni fine gennaio richiama a Washington migliaia e migliaia di persone. Le esequie sono state celebrate il 24 agosto nella parrocchia a cui Nellie apparteneva, la St. Mary Mother of God di Washington, a Chinatown, con una Messa cantata celebrata secondo il messale di san Pio V, come espressamente richiesto dalla defunta. Alla liturgia hanno partecipato pure l’arcivescovo di Washington, cardinale Donald W. Wuerl, e l’arcivescovo di Boston, cardinale Sean O’Malley. Nellie era nata in Texas il 25 giugno 1924 e da giovane teneva ben poco a cuore le “cose di Chiesa”; eppure, come ha avuto occasione di ricordare decenni dopo, «la mia vita era trapuntata di elementi cattolici». Fino a quando, Nellie era ancora una giovinetta, incontrò un sacerdo-

te cattolico che le seppe spiegare la pienezza della fede, accompagnandola quindi al battesimo. Arruolatasi nel Women’s Army Corps di Camp Bennett in Texas nel 1944 (divenne caporale), Nellie studiò dapprima Business ed Economia, e poi Diritto nel prestigioso ateneo di Georgetown, al contempo lavorando, e per 28 anni, per il governo federale, prima al Dipartimento di Stato, poi al ministero del Lavoro. Da avvocato ha patrocinato cause anche davanti alla Corte Suprema federale di Washington, la massima magistratura giuridica del Paese che presto sarebbe però diventata la sua “bestia nera”. Perché il 21 gennaio 1973 la Corte Suprema legalizzò – con quello che molti ancora definiscono un abuso di potere – l’aborto in tutti i 50 Stati nordamericani a conclusione di un processo – il famosissimo caso di stupro “Roe v. Wade” –, il quale alla fine si è rivelato però essere solo una colossale montatura. Fu a quel punto che Nellie gettò la toga alle ortiche per chiamare a raccolta il popolo. Un giorno, ha ricordato Nellie nel 2010, «ricevetti una telefonata dai Cavalieri di Colombo», la famosa charity cattolica americana. «Non sapevo nemmeno

Nellie Gray

chi fossero, ma mi illustrarono la loro risoluta opposizione all’aborto, aggiungendo che stavano cercando un luogo dove discutere del progetto di una marcia popolare. Il luogo lo trovarono subito: il soggiorno di casa mia. E così, durante una riunione di una trentina di persone, mi venne chiesto se, data la mia buona conoscenza degli ambienti politici della capitale, potevo dare una mano per trovare oratori che intervenissero all’evento». La March for Life è nata così, nel 1974: un successo enorme, forte di 20mila persone, che dunque ha spinto Nellie a trasformare l’avvenimento in una mobilitazione permanente attraverso il “March for Life Education & Defense Fund”, che per decenni si è occupato di reperire la necessaria copertura economica e di mantenere uniti i gruppi antiabortisti. Al funerale il card O’Malley ha definita Nellie «la Giovanna d’Arco del Vangelo della vita», e davvero la materia c’è tutta. Marco Respinti

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Scienza e morale

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L’inizio della vita umana Il concepito è, da un punto di vista scientifico, una persona umana nello stadio iniziale

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na delle caratteristiche della cultura post illuministica è la diffusione a livello popolare, di un nuovo bigottismo: le norme del vivere sono dettate da ideologie o, addirittura, sono prive di ogni fondamento; si tende a non considerare più la realtà

come fondamento della norma. La conseguenza più appariscente è l’eliminazione dall’orizzonte culturale non solo del concetto di etica e di diritto naturale: si tende a rendere “immorale” la ricerca della verità, in quanto tenderebbe a far venire meno presunti “diritti”. Un esempio emblematico di ciò si ha nel caso della legalizzazione dell’aborto procurato. Per giustificarla, si omette sistematicamente di considerare che cosa sia il concepito. Ci si riferisce a lui con espressioni volutamente vaghe, quali «frutto del concepimento». Il concepito è, da un punto di

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La scienza ha dimostrato che l’essere umano inizia già dal concepimento vista scientifico, una persona umana nello stadio iniziale. L’essere umano, in tutta la sua esistenza terrena, è soggetto ad un continuo mutamento endogeno, vale a dire che non è indotto dall’esterno, quantunque possa essere facilitato da elementi esterni. Questo sviluppo inizia esattamente con il concepimento, in quanto il gamete maschile e quello femminile, presi singolarmente, non hanno nessuna capacità di sviluppo, ma, una volta unitisi in un unico essere, questo inizia quella parabola

evolutiva che durerà fino alla morte. Questo concetto, che, da un punto di vista filosofico, era chiaro all’uomo da millenni, ha trovato con gli studi della moderna genetica la sua dimostrazione scientifica. Il concepito possiede già tutto il patrimonio genetico della persona adulta; questi studi hanno raggiunto il loro apice con la mappatura completa del DNA a partire dal sangue materno, compiuta dall’équipe del Professor Stephen Quake dell’Università di Stanford, in California (USA), tra giugno e luglio 2012. Ciò è ovvio da un punto di vista logico, in quanto, dopo il concepi-

mento, la persona non subisce alcun apporto dall’esterno, che vi possa introdurre il suddetto patrimonio genetico. Ma oggi, grazie alle osservazioni e agli studi compiuti sugli uomini nella fase embrionale, si è potuto verificare ciò che prima si era solo dedotto: il patrimonio genetico della persona è già presente nella fase prenatale. È ora palesemente evidente che negare la perfetta umanità del concepito non è solamente irrazionale, ma anche assolutamente antiscientifico e fideistico, nel senso più spregevole del termine, vale a dire nel senso di anteporre una propria ideologia all’evidenza della realtà. Tra gli antichi romani o gli spartani che attribuivano al padre il diritto di uccidere i propri figli, ma non si sono mai sognati di negare l’umanità a questi ultimi, e coloro che oggi negano l’umanità del concepito, per concedere alla madre il diritto di sopprimerlo, forse non ci sarà una grande differenza etica, ma di sicuro, c’è un maggiore rispetto per la scienza e la ragione in capo agli antichi. Carlo Manetti

Il patrimonio genetico della persona è già presente nella fase prenatale

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Scienza e morale

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Fantascienza o realtà? Un racconto di fantascienza pubblicato 40 anni fa descrive una società disumana non troppo diversa da quella in cui viviamo oggi.

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lade Runner, Minority Report e Paycheck sono forse i film più famosi tratti dai romanzi di Philip Dick. Tra le sue opere meno conosciute, c’è anche un racconto del 1974 intitolato “Le pre-persone”. È una storia di fantascienza che si svolge in un contesto sociale agghiacciante. Per non togliere agli interessati il piacere della lettura, riportiamo solamente un paio di citazioni dall’edizione del 2005 (Fanucci). Negli Stati Uniti in profonda crisi economica, la competizione sociale è più spietata che mai. Tutti devono avere l’attestato di normalità della polizia regionale, e la gente ha perso l’umanità. Poiché entro dieci anni non ci sarà più cibo per nessuno, bisogna raggiungere la crescita zero. Il dialogo che segue, tra uno dei protagonisti, Ian Best, e la moglie, una donna comune, perfettamente “normale”, è illuminante.“Voglio un aborto!” ... “È ‘in’ adesso, avere un aborto. Cosa abbiamo noi? Un ragazzino.... È imbarazzante.” Poi aggiunge: “E il tipo di aborto che praticano ora, per le donne nei primi mesi, costa solo un centinaio di dollari, come quaranta litri

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Voglio un aborto!... È ‘in’ adesso, avere un aborto. Cosa abbiamo noi? Un ragazzino... È imbarazzante di benzina! E ne puoi parlare per ore praticamente con chiunque incontri”. Ian si girò per guardarla in viso e con voce piatta disse: “E ti lasciano anche tenere l’embrione. Puoi riportartelo a casa in una bottiglia, magari dipinto con una speciale vernice fosforescente affinché brilli nell’oscurità come una specie di lampadina”. In un altro punto della storia, l’altro protagonista, Ed Gantro, spiega come si è evoluta la normativa sull’aborto negli anni. Un embrione non ha diritti per la costituzione americana e quindi può legalmente essere ucciso da un dottore. Eppure il feto era stato considerato, almeno per un certo periodo, una “persona” anche dal punto di vista giuridico; ma poi la folla abortista aveva deciso che neanche a sette mesi si può parlare di “essere umano”.... E, un bel giorno, era toccata ai neonati: sono come dei vegetali, non capiscono nulla, non parlano. Così la lobby abortista aveva perorato la sua causa, vincendo, stabilendo che un neonato è solo

un feto espulso dall’utero materno. La Chiesa da tempo andava sostenendo che già lo zigote è una forma di vita sacra come tutte le altre sulla Terra, ma poi di compromesso in compromesso, il termine legale fu inesorabilmente spostato sempre più in avanti. E così fino a 12 anni, i figli indesiderati possono diventare “bambini randagi” e possono essere eliminati: non hanno ancora un’anima, sono “pre-persone”. Il camion degli aborti che gira regolarmente per il paese li porta via, in un luogo che i funzionari considerano un centro di protezione per i bambini. Ian Best ad un certo punto si chiede perché quanto più è indifesa una creatura tanto più per alcuni è facile farla fuori. E si dà una risposta: lo fanno, perché possono. La società ha consegnato il potere a persone in grado di uccidere le creature più indifese.... c’è l’odio dei grandi per i piccoli... odio per qualsiasi cosa sia in grado di crescere. È fantascienza? Da tempo esiste l’aborto al momento della nascita (partial birth abortion), e già si parla di aborto post parto... Francesca Romana Poleggi

E un bel giorno era toccata ai neonati: sono come dei vegetali, non capiscono nulla.

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Scienza e morale

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Alle origini del materialismo, che devastò il concetto di vita, rendendola altro rispetto al corpo

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iò che oggi diciamo a proposito della vita, ha le proprie radici in un preciso contesto filosofico e teologico, che ha generato le contemporanee categorie mentali e che dunque val la pena riconsiderare, per meglio comprendere le radici dell’attuale dibattito. Occorre andare a Cartesio, “padre” del nefando “dubbio metodico”, per ritrovare la meno nota (ma non per questo meno pestifera) distinzione tra vita cosciente e vita vegetativa o corporeità, distinzione tanto rivoluzionaria quanto arbitraria. Fino ad allora, specie con la filosofia scolastica, il fenomeno della vita in generale era oggetto di studio della psicologia, che a sua volta faceva riferimento alla filosofia della natura, alla physica aristotelica, la quale proseguiva naturaliter in una metafisica dell’uomo. Era insomma un tutto organico, che individuava una gerarchia di enti, composti di ma- Cartesio teria e forma, dalle più elementari sino all’anima umana. Non a caso il “De Anima” di Aristotele iniziava nel secondo libro con una filosofia della vita e terminava nel terzo con una teoria sull’intelletto umano. Da Cartesio in poi, non più. Secondo Cartesio, infatti, col termine di vita cosciente doveva intendersi l’anima spirituale, la

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Cartesio, ancora lui... res cogitans; col termine di vita vegetativa era da intendersi, invece, la rex estensa. È come se improvvisamente tra i due concetti si fosse creato un abisso, come se fossero diventati radicalmente e strutturalmente eterogenei, su due piani diversi e paralleli, ciascuno con leggi proprie. Com’era possibile la loro coesistenza nell’essere

umano? Cartesio, questo, non lo ha mai spiegato. E non lo ha mai spiegato, perché non poteva spiegarlo. Il discorso sulle bestie, con tali premesse, era più facile da liquidare. Esse non avrebbero alcuna forma di coscienza, godrebbero solo di vita sensitiva, dunque sarebbero pure macchi-

ne, caratterizzate dal movimento della materia, com’era stato descritto nel suo “Trattato delle passioni”. Ma per l’uomo la questione si faceva molto più complessa, né convinse la sua teoria della glandola pineale, “cabina di regia” dell’anima. Uno spiritualismo tanto assurdo, insomma, quello di Cartesio, da renderlo sospetto, improbabile, ingiustificabile, surrealistico, minandolo a partire dalle fondamenta. L’operazione fu tutt’altro che indolore: infatti, aprì la strada al materialismo ed alla conseguente psicologia materialistica, il cui scopo fu quello di spiegare tutta la vita psichica, anche intellettiva, in modo meccanico. Da qui discesero le teorie - tanto singolari quanto insostenibili - dell’occasionalismo di Malebranche, dell’armonia prestabilita di Leibniz, del parallelismo psicofisico di Spinoza, e via dicendo. Tutt’altro che parentesi o retaggio del passato: se gli organismi viventi son macchine, come le macchine possono infatti esser smontati o anche distrutti a piacimento e senza troppi scrupoli di carattere bioetico. Purtroppo, come si può notare, gli effetti di tale impostazione si fanno sentire pesantemente anche oggi. Anzi: ancor più oggi. Mauro Faverzani

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Anche l’uomo è tra le vittime dell’aborto Numerosi sociologi e psicologi confermano il trauma post abortivo maschile

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ltre alle donne anche gli uomini possono soffrire di problemi psicologici causati dal vissuto abortivo. Se sulla sofferenza femminile esiste una crescente documentazione, più limitata è la ricerca sugli uomini, anche se diversi studi, come quelli del sociologo Arthur Shostak o di psicologi come Vincent Rue o Guy Condon negli Usa e Claudio Risé in Italia, hanno verificato una reazione negativa definita trauma post abortivo maschile (Male Postabortion Trauma) che erode l’identità personale del maschio, da un lato minandone l’autostima dall’altro soffocandola con il senso di colpa e il rimorso che ne deriva. Non solo: in questo processo psicologico viene inflitto un grave colpo anche alla maturazione di una compiuta identità di genere: per il maschio, partecipare al concepimento di un figlio significa vivere il nucleo centrale della virilità, dell’essere davvero uomini: la capacità, intesa anche come forza e potenza, di avviare il processo vitale di un altro essere umano. I sintomi del trauma post abortivo maschile si manifestano in

modo diverso, in relazione al ruolo avuto nella scelta abortiva: rimorso, senso di colpa o di impotenza, irritabilità e scatti di rabbia, ansia e depressione nei giorni in cui ricorre la data dell’aborto, sbalzi di umore immotivati, diminuzione dell’autostima e della fiducia in se stessi, senso di colpa e atteggiamenti di autopunizione, dipendenze compulsive (droghe, alcol, nuove dipendenze on line), disfunzioni sessuali come impotenza o comportamenti sessuali a rischio, insonnia e incubi notturni, ideazioni suicide, incapacità di costruire relazioni con il mondo femminile o di mantenere la propria famiglia, instabilità nel lavoro. E questi sono solo alcuni segnali di una sofferenza psicologica che non va sottovalutata per le conseguenze che può avere sulla vita emotiva, affettiva e relazionale dell’individuo. Cosa

Approfondimenti in Internet: “Uomini che abbattono il muro del silenzio” in http://www.antonello-vanni.it/uomini_testimoniano_contro_aborto.htm; il “Documento per il padre” http://www.claudio-rise.it/documento_per_il_padre.htm e “Aborto: nel cuore del maschio” nel sito dei Maschi Selvatici http://www.maschiselvatici.it.

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Il trauma post abortivo maschile erode l’identità personale può fare un uomo che vive questo dramma? Innanzitutto deve riconoscere e ammettere il problema poi deve decidere di farsi aiutare per lenire questa sofferenza, rivolgendosi a uno psicologo esperto nelle problematiche psicologiche maschili, ma anche a un amico che sappia ascoltare, o a un sacerdote attento ai problemi spirituali. Oppure può intraprendere un percorso di guarigione come quelli proposti dalla Vigna di Rachele (www.vignadirachele. org). Infine, dato che il trauma abortivo incide negativamente sull’identità di genere, è necessario intraprendere un cammino di ricerca personale sull’identità maschile nella sua pienezza: è un percorso fondamentale per ritrovare se stessi, soprattutto dopo gravi sofferenze. Antonello Vanni

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Sesso (in)sicuro Gli studi statistici confermano che il condom non è sufficiente per evitare le malattie veneree

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297 soggetti intervistati nell’arco di 12 mesi, riferite 9304 relazioni sessuali con il partner principale e altre 6793 con partner occasionali, uso del preservativo almeno una volta rispettivamente nel 53-66,6% dei casi; nel 29,9-39,1% dei soggetti almeno una volta il preservativo si è rotto, sfilato, o non è stato usato dall’inizio alla fine del rapporto. Sono questi i numeri dello studio RESPECT-2, condotto su soggetti seguiti presso ambulatori di malattie sessualmente trasmesse appena pubblicato sulla rivista Sexually Transmitted Diseases. Queste cifre confermano un quadro ormai ben delineato: pensare di contrastare l’espandersi delle malattie a trasmissione sessuale con la diffusione del lattice vulcanizzato è una chimera. Questo se si vuole rima-

La promozione di pillola e preservativo per ottenere il cosiddetto “sesso sicuro” veicola un messaggio banalizzante

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nere sul piano della scienza, se invece si entra in un contesto ideologico, allora tutto cambia, giacché la logica insegna che ex falso quodlibet (dal falso quel che piace). In realtà se ai proclami saccenti sparati nel ventilatore mediatico si sostituisse un pizzico di maggiore serietà, di cautela, di umiltà e ad esempio si leggesse la letteratura scientifica, se ne analizzassero i risultati, si tenesse conto del lavoro di scienziati che studiano il comportamento umano, allora le cose andrebbero un po’ meglio. Riguardo all’ultimo aspetto infatti sono ormai stati acquisiti molti dati a supporto di modelli comportamentali descritti dalla planned behavioural theory e dal rational choice model. La prima afferma che le persone tendono a seguire quel comportamento che precedentemente avevano stabilito di fare sulla base di un mix formato da attitudine personale, percezione sociale e conseguenze previste. La seconda prevede che i comportamenti tendono a modificarsi sulla base del rapporto rischio/ beneficio percepito. Nel campo della sessualità la promozione di pillola e preservativo per ottenere il cosiddetto “sesso sicuro” veicola un messaggio banalizzante riguardo alla sessualità (il sesso è un

fatto di puro piacere) e deresponsabilizzante perché fa credere che si possa demandare tutto alla tecnica. Spesso ci si accorge troppo tardi che si tratta di una pubblicità ingannevole. Negli Stati Uniti soltanto l’8% delle donne che abortiscono non hanno mai usato la contraccezione. In Francia, una delle nazioni dove l’ideale contraccettivo è stato pervicacemente perseguito da un efficiente sistema di promozione, controllo e pianificazione statale, dopo 4 anni di utilizzo il 48% delle donne interrompono l’assunzione della pillola e due terzi delle adolescenti che abortiscono sono rimaste incinte perché il contraccettivo ha fallito, percentuali che si inseriscono in una cornice impressionante di oltre duecentomila aborti ogni anno. Nel difendere l’enciclica Humanae vitae che ribadiva l’illiceità della contraccezione, la filosofa Elizabeth Anscombe scrisse in un saggio del 1972: “La Cristianità ha insegnato agli uomini ad essere casti così come i pagani pensavano dovessero esserlo le donne oneste; la morale contraccettiva insegna che le donne devono essere poco caste così come i pagani pensavano dovessero esserlo gli uomini”. Tutto qui. Renzo Puccetti

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Scienza e morale

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Ciò che resta dopo un aborto volontario La testimonianza di una psicoterapeuta specializzata nella cura dei traumi conseguenti all’aborto

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ono in treno, di città in città a raccontare ciò che resta dopo un aborto volontario, quali sofferenze per la donna, per gli uomini, per gli altri figli, per i nonni, per i medici obiettori e non, per l’intera società. È diventato più difficile difendere la vita appena concepita oggi! Lo vivo sulla pelle tutti i giorni. Tra colloqui di salvataggio, terapie postaborto e postfecondazione artificiale, telefonate infinite nel mezzo della notte di donne che non riescono a perdonarsi di avere ucciso il loro figlio, che tirano fuori a quelle ore l’ecografia per baciarla e chiedere scusa al bimbo che non è con loro, che sperano che i medici abbiano lasciato dentro un pezzettino che si possa riformare per non toglierlo più, che raccontano di come abbiano iniziato a drogarsi e ubriacarsi dopo l’aborto o in corrispondenza della data del parto che non c’è stato, di come abbiano cercato, buttandosi in

mille altre storie fallimentari, di avere un altro figlio per cercare di sostituire quello abortito, per colmare quel vuoto lasciato non riuscendoci; che portano fiori bianchi davanti alle cliniche dove hanno abortito il giorno dell’anniversario del loro aborto; e tanto altro ascoltano le mie orecchie. E nei giornali il festeggiamento per una legge buona, applicata bene, che fa diminuire il numero degli aborti, si parla di diritti, di autodeterminazione della donna, che bisogna facilitare togliendo gli ostacoli delle procedure, di consultori che funzionano benissimo anzi con troppi obiettori per il gusto di qualcuno. Quanto è distante la verità su quel piccolo essere che si sta formando nel grembo di ogni mamma incinta, quanto distante la ‘salute riproduttiva’ dalle sofferenze postaborto. Come siamo potuti arrivare a tanto? Chi spaventano questi bimbi concepiti se vengono al mondo? No! solo se la donna vuole! È la risposta

di certo veterofemminismo che con il femminile ha poco a che fare. Ma la realtà poi è un’altra. Donne che non si perdonano, donne che mi inseguono dopo ogni conferenza dicendo che ciò che dico è vero, che anche a loro è successo e non dimenticano e si accusano di essere state deboli in quel momento. Altro che incidenti fortuiti. L’ho cercato, l’ho voluto, c’ero. Sono io la responsabile. E la memoria conferma: ho firmato, sono stata una codarda. Avrei dovuto lottare e non l’ho fatto. Gli studi scientifici sulle conseguenze fisiche e psichiche non mancano. Le testimonianze personali che sono diventati libri nemmeno. E allora perché non aprire gli occhi una volta per tutte sul baratro che si apre dopo e la sensazione di morte che ti consuma dentro perché la tua bara è ancora lì, il figlio che non c’è più, il figlio che hai ucciso? Perché continuare a parlare di conseguenze psichiche post aborto, di ansia, depressione, bassa autostima, fobie, ossessioni, pensieri intrusivi se non disturbi più gravi che arrivano fino alle psicosi? Perché è la vita che lo chiede, che chiede di dare un nome a quei figli, di lenire queste ferite purulenti per non fare altro danno a se stessi e a quelli che ti circondano, ai figli che verranno e a quelli che ci sono già. E continua la corsa di questo treno. Un’altra corsa, un’altra fermata, un’altra conferenza. Lo stesso identico dolore. Cinzia Baccaglini

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Economia e vita

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Nel diritto italiano il concepito è considerato una persona

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Pochi conoscono l’interpretazione restrittiva che la Corte Costituzionale diede alle possibilità di abortire. Ancor meno si sa che la Corte da sempre ha considerato il concepito una persona

el dibattito politico degli ultimi decenni, è del tutto scomparsa ogni discussione sul tema della revisione della legge n. 194, che disciplina l’interruzione volontaria della gravidanza. Le ragioni sono a tutti evidenti. L’esistenza di maggioranze politiche molto eterogenee dal punto di vista culturale, molto fragili e poco compatte ha prodotto l’espunzione di un tema che, essendo visto in modo opposto all’interno di ambedue le coalizioni partitiche, viene considerato estremamente “pericoloso” per la stabilità politica. Eppure non è una novità affermare che la legge n. 194 è frutto di una visione culturale che oggi viene ritenuta dalla maggioranza degli studiosi superata, oltreché di difficile armonizzazione con la decisione fondamentale che in tale materia ha pronunziato la Corte costituzionale nel 1975 e da allora mai rinnegata. Quest’ultima, infatti, ha correttamente impostato il problema costituzionale dell’aborto volontario come conseguenza del conflitto tra il diritto alla vita della madre e quello del nascituro (che è considerato dalla Corte «persona» sin dal momento del concepimento) i due diritti, parimenti fondamentali e inviolabili (ex art. 2 Cost.), e dunque di egual valore giuridico. Partendo da tale premessa, la Corte ha giustificato costituzionalmente l’aborto soltanto di fronte al fatto, accertato da un medico, che la continuazione della gravidanza arrecherebbe un serio pericolo alla sua salute fisica e psichica della madre. È noto come questo

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requisito essenziale sia stato applicato con molta, anzi eccessiva, latitudine nella prassi sanitaria di ogni giorno, tale da ridurre in molti casi l’aborto a una libera scelta della donna incinta. Non è questa la sede per discutere ciò. Mi preme invece sottolineare un altro aspetto connesso a tale prassi, diciamo così, creativa. La legge n. 194, mentre resta fedele ai principi costituzionali allorché richiede una motivazione terapeutica per poter giustificare il ricorso all’aborto, nello stesso tempo stabilisce regole copiate da altre esperienze giuridiche – in specie quella degli Stati Uniti d’America – che in realtà muovono da una concezione dell’aborto come libertà costituzionale. Mi riferisco in particolare al termine di tre mesi posto come limite temporale per poter procedere legittimamente all’interruzione volontaria della gravidanza. Tale termine, in realtà, è stato escogitato dalla Corte Suprema nel famoso caso Roe v. Wade del 1973 (e poi seguito da varie leggi di molti altri Stati), muovendo dalla premessa definitoria (e apodittica) che il concepito non è «persona» fino a che non risulta capace di una vita di relazione (sociale) autonoma, e cioè fino all’incirca al sesto mese di gravidanza. Su questa base la Corte americana riconosceva l’aborto come libertà, anzi come diritto di privacy (e quindi come diritto il cui esercizio non si scontra, né può scontrarsi, con diritti di altre persone), fino ai primi tre mesi di gravidanza, mentre esigeva una motivazione terapeutica a difesa della salute (fisica e psichica) della ma-

dre per i successivi tre mesi. Non c’è bisogno di interrogarsi su quale conoscenza scientifica la Corte americana basasse tale bipartizione trimestrale, poiché in realtà non era basata su nulla, tantomeno su qualche fattore di diversità che intervenisse nel processo di sviluppo biologico del feto. Si vuole solo sottolineare che il termine da essa escogitato, una volta che è stato ripreso dalla legge n. 194, ha introdotto in quest’ultima un elemento di incoerenza con l’approccio della collisione tra due contrapposti diritti (alla vita) di carattere inviolabile, sul quale la Corte costituzionale italiana ha basato la sua giustificazione costituzionale dell’interruzione volontaria della gravidanza. Quel termine, infatti, si fonda sulla tesi che si è «persona» solo quando si è autonomamente capaci di una vita di relazione (sociale), cioè sulla teoria della vitalità, mentre la possibilità di abortire è giustificata dalla Costituzione italiana (a giudizio della Corte costituzionale) soltanto a partire dalla tesi che il concepito è già «persona». Se vivessimo in un Paese serenamente democratico, desideroso di migliorare la qualità della legislazione e della vita civile, ogni residuo di una teoria, come quella della vitalità, oggi screditata e perciò respinta da tutti, verrebbe rivisto ed emendato. Ma il dubbio che ciò avvenga, non può non gettare un’ombra anche sulla premessa appena posta. Antonio Baldassarre, Presidente emerito della Corte Costituzionale

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Economia e vita

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Crescita della popolazione: danno o beneficio? È proprio vero che le grandi sfide per l’umanità nei prossimi decenni deriveranno dal numero di essere umani presenti sulla terra?

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a sovrappopolazione della terra è una delle grandi paure che la cultura della morte ha diffuso nella nostra società. Ma è proprio vero che le grandi sfide per l’umanità nei prossimi decenni deriveranno dal numero di essere umani presenti sulla terra? Si è appena concluso il programma decennale mondiale di censimenti della popolazione e oggi è possibile riconsiderare le previsioni demografiche alla luce della popolazione effettiva rilevata nel 2010: il rallentamento della crescita della popolazione è superiore alle attese. In Cina il tasso di crescita medio annuo della popolazione si è dimezzato rispetto al decennio precedente (dall’1% allo 0,56%), in India è sceso sensibilmente passando dal 2,3 all’1,6%. Si tratta di medie di un periodo con tendenza alla diminuzione perciò nell’anno 2010 il tasso di crescita è stato sicuramente più basso. In realtà è ragionevole attendersi che la crescita demografica possa fermarsi del tutto molto prima del previsto. Il tasso medio di fertilità che a livello mondiale garantirebbe naturalmente la stabilità della popolazione è circa 2,3 figli per donna. Nei paesi sviluppati è di gran lunga inferiore. Ma anche in Cina è ormai molto al di sotto il livello di sostituzione (1,8); in India non è superiore di molto (2,6). Sono numeri che però devono essere corretti al ribasso, per tener conto dello sbilanciamento tra i sessi. Naturalmente nascerebbero 105 maschietti ogni 100 bambine. Invece in Cina nascono 118 maschi ogni 100 femmine, in In-

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dia 110. La causa di queste differenze è tutta sociale: per motivi culturali sono preferiti i figli maschi e così le bambine vengono eliminate. Lo sbilanciamento tra i sessi comporterà inevitabilmente una riduzione del tasso effettivo di fertilità rispetto a quello apparente. Inoltre nel 2010 per la prima volta la popolazione urbana ha superato quella rurale e la tendenza alla migrazione verso le città è in forte espansione nei paesi emergenti. Anche l’urbanizzazione è storicamente associata ad un calo della fertilità. Tenendo conto di tutto si può stimare un tasso di fertilità a livello mondiale intorno a 2,4 figli per donna. Questo significa che il declino del numero totale di nascite di bambini potrebbe cominciare molto presto, secondo alcuni intorno al 2020. La popolazione totale continuerà a crescere per un po’ ma solo per l’allungamento della vita media. Dovremmo essere contenti di questo? Purtroppo no. Un rallentamento delle nascite unito ad un allungamento della vita media comporta l’invecchiamento della popolazione. Non solo: nei paesi in cui la fertilità media non è sufficiente a garantire naturalmente il “ricambio generazionale”, la quota di popolazione in grado di lavorare e produrre diminuisce. Per mantenere lo stesso livello di benessere o aumenta a sufficienza la produttività del lavoro o è necessario utilizzare manodopera immigrata. È l’esperienza che stanno vivendo molti paesi europei, come l’Italia. Paradossalmente i paesi nei quali nascono ancora molti bambini sono in possesso di un vero e proprio “dividendo

demografico” che favorirà il loro sviluppo economico. L’India, un paese capace di formare anche manodopera qualificata, già adesso comincia a trarre vantaggio da questa situazione. Ma se l’invecchiamento della popolazione è oggi un grave problema economico e sociale nei paesi più ricchi, cosa potrà comportare in paesi emergenti come la Cina, dove esistono ancora grandi aree di povertà estrema e disuguaglianza e dove manca la libertà? L’equazione crescita della popolazione = freno allo sviluppo è tanto semplicistica da essere falsa. Molti paesi hanno conosciuto alti tassi di sviluppo del benessere materiale e sociale associati ad una crescita della popolazione consistente: l’Italia del boom economico è una di queste. E sono ancora tutti da dimostrare i “limiti delle risorse” della terra: ancora a metà degli anni ’90 la FAO stimava che le terre potenzialmente destinabili all’agricoltura potrebbero nutrire fino a 33 miliardi di persone. All’origine di fame e carestie c’è quasi sempre un problema di distribuzione delle risorse e dei diritti e non di insufficiente produzione. Nei prossimi decenni i teorici della decrescita della popolazione vedranno coronato il loro sogno ma forse per molti popoli la realtà assomiglierà piuttosto ad un incubo. È tempo che si ricominci a guardare ogni bambino che nasce come una speranza e un dono non solo per i suoi genitori ma per il mondo intero. Benedetto Rocchi

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Oltre un miliardo di bambini sono stati uccisi in 40 anni di aborto legalizzato (dati dell’OMS, che non tengono conto dell’aborto chimico). Ma di questi bambini nessuno oggi vuole parlare: vittime a cui viene negato perfino lo statuto di vittima. Semplicemente non esistono. Non debbono esistere. Antonio Socci denuncia quello che è il peggior crimine che l’umanità continua a commettere, raccontando tutta la verità sull’aborto: dalle origini del dibattito morale alle scelte politiche italiane e alle bugie sfacciate che sono state usate dalla propaganda abortista negli anni ‘70, dall’attuale orientamento antinatalista dell’Onu e delle istituzioni europee, alle polemiche sulla Ru486, alle coraggiose iniziative del Movimento per la vita. Una lettura di base, necessaria per tutti coloro che credono nella vita e vogliono difenderla nella Verità.

La Laogai Research Foundation, grazie a molte persone che hanno investigato sul campo sottoponendosi ad enormi rischi, ha raccolto le testimonianze e i documenti comprovanti le crudeltà commesse dai funzionari della pianificazione familiare, con il supporto tecnico ed economico dell’ONU. Le sterilizzazioni e gli aborti forzati, le violenze e il clima di terrore, l’obbligo di chiedere il permesso anche per sposarsi e avere il primo figlio hanno portato la Cina alla crescita zero. A prezzo però della vita e della dignità di milioni di bambini, di donne e di famiglie. D’altro canto, si manifestano preoccupanti conseguenze sociali come i suicidi femminili, la diminuzione della forza lavoro e l’invecchiamento della popolazione. Inoltre la tradizionale preferenza per i figli maschi e la politica del figlio unico combinate insieme, incoraggiano gli abbandoni e gli infanticidi e offrono terreno fertile alla proliferazione di comportamenti criminali come il traffico di donne e neonati.

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