(AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE:BZ N6/03DELL'11/04/2003) Contiene I.R.
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UN FIUME DI DENARO ARCOBALENO ANNO IX NOVEMBRE 2021 RIVISTA MENSILE N. 101
p. 15
p. 33
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Lorenza Perfori
Abigail Shrier
Giuliano Guzzo
Follow the money, segui il denaro
L’ideologia di genere è scatenata
I “detransitioner” dimenticati
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Notizie Pro Vita & Famiglia
novembre 2021
Editoriale
Dietro a tutto ciò che è contronatura o immorale vi è sempre il dio profitto e il grande capitale. E convine al “principe di questo mondo” che li guida.
Anche se, fino al momento in cui questa Rivista è andata in stampa, la proposta di legge Zan sembra essere stata accantonata, non si placa a livello nazionale e internazionale la propaganda gender: basti pensare all’accanimento dell’Unione Europea nei confronti dei Paesi come la Polonia e l’Ungheria che ancora tutelano la vita, la famiglia e i bambini. Da ultimo, una risoluzione approvata a settembre dall’Europarlamento mira a far sì che i matrimoni o le unioni o gli atti di nascita registrati in uno Stato membro siano automaticamente riconosciuti in tutti gli altri; anche se dichiarando “sposi” o “genitori” due persone dello stesso sesso attestano una palese falsità. La propaganda gender, però, vuole erodere il confine tra il vero e il falso. E il transgenderismo segna l’apoteosi della menzogna, come se si possa essere davvero tutto ciò che si desidera. A ben vedere, tutta questa potente macchina di indottrinamento di massa si muove
nell’interesse di una sparuta minoranza di persone. Cui prodest? Non si stupiranno i nostri Lettori nell’apprendere che dietro al transgenderismo c’è un business miliardario: l’opera di decostruzione dell’essere umano e della sua dignità conviene, economicamente, a una élite di milionari. Già nel 2013 la rivista americana Forbes stimava intorno ai 3.000 miliardi di dollari il business mondiale Lgbt, in quanto essi appartengono spesso alla fascia più ricca della popolazione e hanno uno stile di vita estremamente consumistico. Perciò le principali multinazionali sono tutte “Lgbt friendly”. Del resto, dietro a tutto ciò che è contronatura o immorale vi è sempre il dio profitto e il grande capitale. E conviene al “principe di questo mondo” che li guida. Sta a noi perseverare nel proclamare il vero, certi che la Verità sconfigge colui che è menzognero e padre della menzogna (cfr. Gv 8,44). Toni Brandi
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Notizie Pro Vita & Famiglia
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Sommario 3
Editoriale
Transessualità e morale
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Sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere
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Tommaso Scandroglio
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Lo sapevi che...
Clemente Sparaco
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Dillo @ Pro Vita & Famiglia
Versi per la vita Silvio Ghielmi
Follow the money, segui il denaro Lorenza Perfori
I “detransitioner” dimenticati Giuliano Guzzo
Il primo uomo “non binario” 10
La cultura della vita e della famiglia in azione Mirko Ciminiello
Francesca Romana Poleggi
L’ideologia di genere è scatenata Abigail Shrier
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RIVISTA MENSILE N. 101 — Anno IX NOVEMBRE 2021 Editore Pro Vita & Famiglia Onlus
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Sede legale: via Manzoni, 28C 00185 Roma (RM) Codice ROC 24182 Redazione
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Lorenza Perfori, Alessandro Fiore, Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel
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Piazza Municipio 3 39040 Salorno (BZ) www.provitaefamiglia.it Cell. 377.4606227
C’è un giudice in Virginia… Luca Marcolivio
Direttore responsabile
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Toni Brandi Direttore editoriale Francesca Romana Poleggi Progetto e impaginazione grafica Co.Art s.r.l. Tipografia
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In biblioteca
Caliari Legatoria
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Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Mirko Ciminiello - Silvio Ghielmi Giuliano Guzzo - Luca Marcolivio Lorenza Perfori - Francesca Romana Poleggi Tommaso Scandroglio - Abigail Shrier Clemente Sparaco
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Lo sapevi che...
L’Oms promuove a spada tratta l’aborto
Quando i “laici” ragionano Nel 1981, al tempo del referendum sull’aborto, Norberto Bobbio scriveva: «Ci sono tre diritti. Il primo, quello del concepito, è fondamentale. Gli altri, quello della donna e quello della società, sono derivati. Inoltre, e questo per me è il punto centrale, il diritto della donna e quello della società, che vengono di solito addotti per giustificare l’aborto, possono essere soddisfatti senza ricorrere all’aborto, cioè evitando il concepimento. Una volta avvenuto il concepimento il diritto del concepito può essere soddisfatto solo lasciandolo nascere». Nella stessa intervista, dichiarava: «Mi stupisco che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di
affermare che non si deve uccidere» (Corriere della Sera, 8 maggio 1981). A chi nega che il concepito sia un essere umano, risponde la scienza. Ma se anche non fosse evidente e chiaro, in quale momento del suo sviluppo si può dare al bambino nel grembo la qualifica di essere umano? Nell’incertezza, il principio di precauzione impone egualmente il no all’aborto. Nicola Abbagnano, Antonello Trombadori, Nicola Matteucci, Pier Paolo Pasolini e Leonardo Sciascia sono altri importanti intellettuali “laici” che si sono schierati per il no all’aborto.
La fecondazione artificiale di una donna anziana Nel 2010, a 58 anni, la spagnola Mauricia Ibañez ha dato alla luce un bambino con l’aiuto della fecondazione in vitro. Nel 2014 è stata dichiarata inadatta a prendersi cura di sua figlia, che ora è affidata a una nipote in Canada. Nel 2017, all’età di 64 anni, ci ha riprovato e ha
dato alla luce due gemelli. Qualche settimana fa è stata dichiarata inadatta a prendersi cura anche di loro. Sono stati dati in affidamento dalle autorità spagnole. Ma, chissà, se paga, potrà provarci anche una terza volta. Perché no?
L’importanza del padre I padri svolgono un ruolo incredibilmente importante nella vita dei loro figli: hanno un impatto diretto sul loro benessere sociale ed emotivo e spesso influenzano significativamente la misura del successo che avranno nella vita. La cosa è ovvia, ma in contrasto con la ideologia gender e quel pensiero unico “progressista” che da decenni sta cercando di distruggere la famiglia, e perciò anche la paternità e la mascolinità. Quindi,
a difesa dell’ovvio, è bene poter citare uno studio condotto da ricercatori della Penn State University, Hochgraf, Fosco, Lanza e McHale, pubblicato sul Journal of Family Psychology: la presenza del padre protegge gli adolescenti da problemi di adattamento, di obesità, di bassa autostima e da sintomi depressivi. Il campione era costituito da 388 adolescenti americani, sia maschi che femmine, provenienti da 202 famiglie.
L’Organizzazione mondiale della sanità sta aggiornando le sue linee guida tecniche e politiche sull’aborto “sicuro”. Aumenta costantemente la pressione sugli Stati per rimuovere qualsiasi protezione legale dei bambini nel grembo. No ai periodi di attesa tra il certificato per abortire e l’intervento, al consenso del coniuge o dei genitori, e anche ai limiti gestazionali (aborto fino al nono mese). Guerra aperta alla libertà di coscienza degli operatori sanitari. La tendenza degli ultimi anni è stata dapprima quella di delegare la pratica
degli aborti a personale non medico (ostetrici e infermieri), poi quella di promuovere l’aborto come “cura di sé” senza coinvolgere affatto gli operatori sanitari. L’Onu e le sue agenzie, come l’Oms, dovrebbero sapere bene che l’aborto non è mai stato accettato come “diritto umano” da alcun trattato internazionale. Alla storica Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo del Cairo, nel 1994, la posizione condivisa è stata che le leggi sull’aborto sono di competenza esclusiva dei singoli Stati. E questa decisione non è mai stata cambiata.
La neuroscienza della dignità «La “neuroscienza della dignità” fornisce una base empirica per sostenere e promuovere la dignità umana, i diritti universali e la loro promozione attiva da parte di individui, nazioni e comunità internazionale», secondo un articolo degli Annals of the New York Academy of Sciences. Perché, infatti, i diritti umani universali sono rimasti sostanzialmente invariati, dalla preistoria ai giorni nostri? Perché gli umani condividono lo stesso sistema nervoso. Le persone prosperano quando godono dei diritti fondamentali. E quando le società
non riescono a proteggere tali diritti, cadono nella povertà, nella violenza e nella guerra, con conseguenze neurologiche e psicologiche durature, sostiene l’autrice principale, Tara White, della Brown University. Comprendere e considerare la “neuroscienza della dignità” vuol dire capire che le persone sono degne di rispetto per quello che sono, «perché sono uguali a te e perché sono diverse da te», ha detto la White: abbiamo tutti la stessa dignità, pur nelle diversità che rendono ciascuno di noi un “pezzo unico”, irripetibile.
La ricerca scientifica è affidabile? Sul blog del British Medical Journal, Richard Smith, direttore della prestigiosa rivista fino al 2004, ha scritto un articolo di fuoco, affermando che siamo sommersi da studi falsi, falsati e fuorvianti. Forse non si può più presumere che la ricerca sia stata condotta e riportata correttamente, ma al contrario che sia inaffidabile fino a quando non ci saranno prove contrarie. In un webinar condotto da Cochrane, un gruppo indipendente che esamina i dati sanitari, il professor Ian Roberts, della London School of Hygiene & Tropical Medicine, ha affermato di essere diventato scettico nel
valutare le revisioni sistematiche degli studi pubblicati. Su Reason il giornalista Ronald Bailey spiega che questo problema non è una novità: già un editoriale del 2015 su The Lancet osservava che gran parte della letteratura scientifica, forse la metà, potrebbe semplicemente essere falsa. Un rapporto del 2015 della British Academy of Medical Sciences ha suggerito che la percentuale di studi fasulli potrebbe raggiungere il 69%, e forse anche di più. Ciò non invalida affatto il metodo scientifico, né la scienza stessa, ma ci impone di tenere sempre desto e allenato il nostro spirito critico.
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Dillo @ Pro Vita & Famiglia
Versi per la vita NIENTE SPERANZA Cara Redazione, ricordo quando andai a Verona alla manifestazione contro la legge Zan. C’erano due ragazze lesbiche, giovani, una delle due sicuramente minorenne, che parlavano con una signora che manifestava lì con noi. La più grande delle due diceva che aspettavano l’approvazione della pdl Zan per fargliela pagare al vicino del piano di sotto che, secondo loro, era uno super “omofobo”. Io mi intromisi e chiesi: «In che modo gliela fareste pagare? Cosa vi ha detto o fatto di grave?». La più piccola disse che rompeva sempre perché si lamentava che loro due facevano sempre rumore di notte. «Cosa c’entra questo, gli risposi io, con l’omofobia?». «C’entra, c’entra: si lamenta solo perché siamo lesbiche». E la più grande aggiunse: «Quando ci sarà la legge, lo manderemo in galera e dovrà pure pagarci, perché noi diremo che lui è venuto su alle due di notte a suonarci al campanello e a insultarci con frasi omofobe!». Più che delle “belle”, ne vedremo delle “celle”, se passerà mai una simile legge liberticida... Aldo
Niente speranza, niente carità, niente verità, per quella oppressa disperata mamma coinvolta in disperante dramma di procedura disinvolta e svelta come se fosse volontaria scelta. Fastidio da levare, adesso è scopo. Quello che seguirà, ma dopo, dopo, sarà un rimorso duro da sgomberare. Lacrime oscure, rimembranze amare.
SILVIO GHIELMI classe 1926, laureato in chimica a Milano,
Master alla Harvard Business School, lunga esperienza nella produzione di materie plastiche, è il meno giovane di una famiglia numerosa (85 membri). Già cofondatore e presidente di Mani Tese, nel 1978 è stato uno dei fondatori del Movimento per la Vita. Poi, insieme a Giuseppe Garrone, mons. Michel Schooyans, Mario Paolo Rocchi e Francesco Migliori [nella foto], nel 1994 ha dato avvio al Progetto Gemma, la nota “adozione prenatale a distanza”, per sottrarre all’aborto le mamme incinte in difficoltà (le donazioni arrivano specificamente e direttamente alla persona prescelta, non si tratta di una generica questua). Diffonde queste meditazioni in versi come strumento di legame con chi resiste in difesa della verità e della vita. Lui ci ringrazia per questa pagina mensile dedicata ai suoi versi pro vita: noi ringraziamo lui e siamo onorati di ospitare il suo contributo.
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La cultura della vita e della famiglia in azione #AttiviamociPerIlBeneComune a cura di Mirko Ciminiello
Riportiamo in queste pagine il resoconto delle principali attività di Pro Vita & Famiglia, fino alla fine di settembre. Come al solito, ci scusiamo se per motivi di spazio qualcosa non sarà stata riportata e qualcuno non sarà stato nominato. Ringraziamo sempre e comunque tutti i volontari che attraverso i nostri circoli sparsi in tutta Italia trasformano «la cultura della vita e della famiglia in azione». Il 28 e 29 agosto, a Trescore (BG), la nostra volontaria Elena allestisce un banchetto informativo sul ddl Zan, con distribuzione di materiale e raccolta firme per varie petizioni. Il 31 agosto, a Cesenatico (FC), il nostro volontario Simone organizza un’edizione locale del progetto “Un Dono per la Vita”, con cui Pro Vita & Famiglia consegna passeggini, culle, pannolini, ciucci e biberon a famiglie e mamme che stanno affrontando o hanno affrontato la gravidanza in difficoltà non solo economiche. Lo stesso giorno, Pro Vita & Famiglia organizza via Zoom il primo dibattito per e con i propri attivisti, sul tema dell’eutanasia e del suicidio assistito. Il 2 settembre, Francesca Romana Poleggi interviene alla conferenza stampa on line di presentazione dell’iniziativa di Ordo Juris (cui Pro Vita & Famiglia ha aderito insieme a varie associazioni di tutta Europa) di presentare all’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite un “Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti del fanciullo” volto a
vietare a livello internazionale l’utero in affitto. Il 4 settembre, a Lodi, Jacopo Coghe partecipa alla conferenza “Ddl Zan: un bavaglio inaccettabile”, all’interno della Festa del Sole organizzata dall’associazione Lealtà Azione, insieme a Simone Pillon e Mario Adinolfi. L’8 settembre, a Roma, Alessandro Fiore interviene al convegno “Tuteliamoli in rete. Bambini: le vittime invisibili dei nuovi media”, organizzato nella sala “Caduti di Nassiriya” del Senato, per presentare la campagna contro la sessualizzazione dei minori sui media, lanciata da Pro Vita & Famiglia in collaborazione con l’associazione Meter Onlus. Sono intervenuti: il senatore Simone Pillon, vicepresidente della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza; l’on. Giancarlo Giorgetti, Ministro dello Sviluppo economico; la senatrice Licia Ronzulli, presidente della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza; e don Fortunato Di Noto, presidente dell’associazione Meter Onlus. Moderatore Jacopo Coghe.
Il 10 settembre, a Milano, il nostro volontario Angelo organizza un presidio contro l’eutanasia in piazza Duomo. Lo stesso giorno, a San Marino, Maria Rachele Ruiu partecipa all’evento di apertura della campagna contro il locale referendum sulla legalizzazione dell’aborto promossa dal Comitato Uno di Noi. L’11 settembre, a Como, il nostro volontario Marcello organizza un gazebo informativo sul ddl Zan, con distribuzione di materiale, volantinaggio e raccolta firme per varie petizioni, seguito da una manifestazione #RestiamoLiberi e dall’esposizione del Bandierone di 600 mq. L’11 e 12 settembre, a Pescara e Popoli (PE), la nostra volontaria Carola allestisce due banchetti informativi con distribuzione di materiale, volantinaggio e raccolta firme per varie petizioni. Il 13 settembre, ad Ancona, il nostro volontario Roberto entra a far parte della neonata Consulta Regionale per la Famiglia, appena varata dal Governatore Francesco Acquaroli. Il 13 settembre è iniziata la campagna contro l’ipersessualizzazione dei minori sui media, realizzata in collaborazione con l’associazione Meter Onlus mediante manifesti, camion vela e il docu-film “Piccole vittime invisibili - Il lato oscuro dei nuovi media”. Il 14 settembre, a Ravenna, grazie all’impegno del nostro volontario Simone, il candidato sindaco di Lista per Ravenna Alvaro Ancisi e il candidato in Consiglio comunale Gianfilippo Rolando firmano il manifesto valoriale di Pro Vita & Famiglia. Il 16 settembre, a Sulmona (AQ), grazie all’impegno della nostra volontaria Carola, il candidato sindaco per la lista Direzione Sulmona, Elisabetta Bianchi, firma il manifesto valoriale di Pro Vita & Famiglia. Il 18 settembre, a San Marino, sempre grazie a Simone, Pro Vita & Famiglia sostiene il Comitato Uno di Noi, che si batte contro il locale referendum sulla legalizzazione dell’aborto,
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attraverso l’invio di un apposito camion vela. Lo stesso giorno, a Roma, Mirko Ciminiello interviene alla Festa della Famiglia organizzata nella Chiesa di Sant’Ignazio di Antiochia allo Statuario dal parroco don Jess Maraño. Il 19 settembre, a Milano, il nostro volontario Angelo organizza, in collaborazione con l’associazione Ora et Labora in difesa della vita, un presidio nei pressi del consolato britannico in difesa della piccola Alta Fixler. Il 20 settembre, a Genova, il nostro volontario Carlo è stato audito presso la Prima Commissione del Consiglio regionale della Liguria sulla proposta di referendum sull’omicidio del consenziente da parte dei Radicali. Il 22 settembre, a Bari, il nostro volontario Simone ottiene due passaggi del docu-film di PVF “Piccole vittime invisibili - Il lato oscuro dei nuovi media” sull’emittente Telebari, e due sull’emittente Teletrani. Il 23 settembre ottiene il passaggio del docu-film sull’emittente Antenna Sud. Sempre il 23 settembre, con un comunicato stampa abbiamo commentato il voto del Consiglio Regionale della Liguria che ha respinto la richiesta dei radicali di referendum abrogativo per consentire l’eutanasia legale. Lo stesso giorno, a Roma, Maria Rachele Ruiu partecipa al convegno “Essere Madri e Figli”, con Costanza Miriano. Introduce e modera Giuseppe Scicchitano. E ancora, il 23 settembre, Francesca Romana Poleggi interviene a Radio Buon Consiglio sul tema dell’eutanasia e suicidio assistito.
Opuscolo informativo sull’persessualizzazione
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Transessualità e morale Tommaso Scandroglio
“Cambiare sesso”, da un punto di vista etico, è un’azione lecita? Poniamoci una domanda: Il “cambio di sesso” è eticamente accettabile? La risposta è negativa: il “cambio di sesso” è azione intrinsecamente malvagia. Vediamo il perché. In via preliminare è bene chiarire che per “cambio di sesso” si indicano una serie di interventi chirurgici e/o di interventi attuati tramite preparati chimici sui caratteri sessuali primari (gonadi maschile e femminile) e secondari (gli organi copulatori e gli aspetti morfologici come l’impalcatura scheletrica, la peluria, etc.) perseguendo la finalità di renderli differenti dal proprio sesso genetico. Da ciò consegue che le espressioni “rettificazione sessuale” e “cambiamento di sesso” non sono veritiere, dal momento che, ad esempio, l’uomo transessuale si travestirà pure da donna, ad esempio ricorrendo alla mastoplastica additiva, ma continuerà a essere uomo, dato che i suoi cromosomi rimarranno XY. Natura differente ha invece l’intervento di rettificazione sessuale per finalità terapeutiche nel momento in cui si presentano
anomalie, ad esempio morfologiche, a danno delle gonadi o dei genitali: in simili casi l’intervento è moralmente lecito perché si vuole di armonizzare il corpo con il sesso cromosomico. Ma se Tizio si attacca una coda, non diventa un gatto, rimane un uomo con una coda. Premesso ciò, occorre spiegare il motivo per cui il “cambiamento di sesso” è un atto intrinsecamente disordinato. Il motivo è il seguente: il sesso è un aspetto identitario della persona. Si noti bene però: non il sesso in generale, bensì il sesso maschile è elemento identitario per gli uomini e il sesso femminile è elemento identitario per le donne. Perché il sesso è aspetto identitario? La nostra identità - chi siamo noi, quell’unico e irripetibile “Mario” - risiede primariamente nella nostra anima razionale (la cui esistenza si può provare razionalmente), la quale informa il corpo e comunica a questo la sua identità: “Mario” è quell’anima che informa quel corpo. Occorre aggiungere che il corpo umano è la materia adeguata per ricevere l’anima
La nostra anima razionale è stata creata proprio per il nostro corpo, per quel corpo e non un altro, con la sua identità sessuata
razionale. Ricorrendo a una metafora, potremmo dire che il corpo umano è la custodia adatta per ricevere l’anima razionale. Ne consegue che quella particolarissima anima di “Mario” ha bisogno non di un corpo umano qualsiasi, ma solo di quel tipo di corpo umano, proprio perché quel particolarissimo corpo di “Mario” è l’unico adatto alla sua altrettanta particolarissima anima. Come una serratura che può ricevere solo una e proprio quella chiave, nessun’altra. Ciò significa che l’anima di Mario - il suo irripetibile modo di avere l’essere (identità) non poteva che informare quella precisissima e irripetibile materia umana che ha incontrato al momento del concepimento, con tutte le sue peculiari e uniche caratteristiche costitutive ed essenziali, tra cui il sesso maschile. Se l’identità risiede primariamente nell’anima razionale e se il corpo, come orma nella sabbia, riproduce fedelmente in sé dal punto di vista materiale tutte le caratteristiche di
quell’unica anima, ciò significa che le sue caratteristiche essenziali riproducono nella materia l’identità spirituale della persona. E quindi la particolare consonanza dell’elemento fisico con l’anima razionale deve essere rinvenuta anche nel sesso genetico. Ecco perché possiamo affermare che il sesso maschile e quello femminile sono identitari, perché sono peculiarità di una materia umana
Cambiare il corpo è un atto contrario alla propria identità personale, in violazione del principio teoretico di non contraddizione
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che è specchio empirico fedele della nostra identità spirituale, quasi che la nostra anima imprimesse il suo carattere nella materia, modificandola, anche nel dato sessuale, per essere a lei adeguata. Ciò non vuol dire che l’anima abbia sesso, ma che l’anima di “Mario” ha il suo modo di essere (immutabile) che, tra gli altri aspetti, è consono solo a un corpo maschile, esige quel corpo maschile: l’identità di Mario espressa dall’anima razionale non può che reclamare un corpo maschile. Il sesso maschile e il sesso femminile sono identitari perché riproducono autenticamente nella materia umana l’identità espressa dall’anima razionale. “Mario” non può che essere maschio perché solo nella mascolinità troviamo riflessa la sua identità spirituale, metafisica. Se in futuro, per mera ipotesi di scuola, si riuscisse a cambiare i cromosomi XY (sesso maschile) di “Mario” in tutte le sue cellule in cromosomi XX (sesso femminile), significherebbe compiere un illecito morale perché la sua sessualità non sarebbe più consona, adeguata alla identità personale di “Mario”. Il sesso femminile sarebbe un “corpo estraneo” in lui. Dunque se il sesso maschile per l’uomo e quello femminile per la donna sono aspetti identitari, questo significa che tutto ciò che fisicamente e psicologicamente riguarda il sesso maschile deve concordare con tale sesso e che tutto ciò che fisicamente e psicologicamente riguarda il sesso femminile deve concordare con tale sesso. E quindi, dal momento che Mario è maschio - e a dircelo sono i cromosomi XY -, anche i caratteri sessuali primari e secondari devono essere maschili, così come, nella sfera psicologica comportamentale, i pensieri, le abitudini, etc.
Se Tizio si attacca una coda non diventa un gatto, rimane un uomo con una coda
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Il sesso maschile è elemento identitario per gli uomini e il sesso femminile è elemento identitario per le donne devono essere maschili. Di contro, chi vuole “cambiare sesso”, vuole mutare i caratteri secondari non accordandoli al sesso genetico. Quindi desidera modificare tali caratteri in contraddizione con un aspetto identitario della persona quale è il sesso (e infatti si parla di identità sessuale). Ecco spiegata la illiceità morale della rettificazione sessuale: si sceglie di compiere un atto contrario alla identità personale. Si violerebbe il principio teoretico di non contraddizione che è alla base anche di tutti i principi morali: Mario è maschio, ma voglio che sia femmina. Ne consegue che il “cambiamento di sesso” è un’azione intrinsecamente malvagia perché il fine prossimo ricercato è “agire in contraddizione con l’identità della persona”. Quindi modificare una parte del corpo in distonia con il sesso genetico entra in rotta di collisione con l’identità personale. La persona non può essere divisa in se stessa altrimenti, usando un termine greco, è krisis, ossia scissione, separazione, strappo, lacerazione: una parte maschile (sesso genetico, struttura scheletrica, etc.) e una femminile (es. caratteri primari) nello stesso organismo. Da qui tutti i disturbi psicologici dei quali soffrono le persone transessuali. La persona invece è unità, composta da più parti, ma in armonia tra loro. Se dunque il “cambiamento di sesso” è un atto intrinsecamente disordinato, mai si può eleggerlo sotto il profilo morale, né per un fine ulteriore buono, né in ragione di alcune circostanze particolari.
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Sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere Clemente Sparaco
Una riflessione sulle contraddizioni dell’ideologia gender e della pseudo-scienza che la sostiene Il testo del ddl Zan (che speriamo di non dover mai più vedere in discussione) all’articolo 1 offre un glossario dell’ideologia gender con quattro definizioni relative a sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere. Il sesso viene determinato come biologico o anagrafico, il genere quale «manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso». Ma la separazione fra sesso e genere è problematica, perché il genere è naturalmente e tradizionalmente legato al sesso, per cui può essere maschile o femminile, cosa che anche la lingua attesta. Il neutro presente, ad esempio, nel latino si qualifica «non tanto in positivo, […], quanto in negativo, per essere appunto neutrum, cioè “né l’uno né l’altro”, né maschile, né femminile» (Vocabolario Treccani). Inoltre, mettere sullo stesso piano la determinazione anagrafica del sesso e quella biologica è scorretto. È infatti la biologia a determinare l’anagrafe, e non viceversa. Certamente non potrò mai cambiare la
biologia registrando come maschio una femmina e viceversa. In realtà, questa definizione ha la funzione di preparare il terreno per la successiva, quella relativa al genere, che introduce il protagonismo delle “aspettative sociali”, quasi che la manifestazione esteriore del sesso ne sia conseguente. Le aspettative sociali sono poste in contrapposizione con le manifestazioni esteriori sessuali, intese come spontanee e libere. È un contrasto latente che si innesta nell’alveo di una separazione fra natura (biologia sessuale) e cultura (aspettative sociali), come se fra i due termini non vi fosse continuità e come se le aspettative sociali non nascessero dalla fenotipia sessuale. Ce lo chiarisce la definizione che ritroviamo sull’American Psychological Association, secondo la quale il genere è «l’appartenenza all’uno o all’altro sesso, non in base alle differenze di natura biologica o fisica, ma su componenti di natura sociale, culturale e comportamentale, quindi l’appartenenza a
uno dei due sessi dal punto di vista culturale e non biologico». Qui l’aporia si nasconde dietro all’idea che si possa appartenere al sesso non in base alle differenze di natura biologica e fisica (i cromosomi XX o XY, le gonadi o gli organi sessuali interni ed esterni), ma in base a componenti sociali, culturali e comportamentali. Il punto è che la definizione di genere data nel ddl contrasta non solo con la natura, ma anche con la cultura, che ha, nel testo del ddl, l’accezione negativa di tradizione, ossia di una sovrastruttura imposta, la cui natura coercitiva frustra le aspirazioni individuali. A questo punto compaiono le altre due definizioni, in cui il protagonista diventa l’individuo. È lui infatti che si orienta sessualmente determinando il suo genere. La natura (la biologia) passa decisamente in secondo piano, giacché l’attrazione sessuale o affettiva che egli prova nei confronti di altri ne prescinde. Il sesso è presentato, quindi, come un’opzione individualistica. Lo si sceglie, lo si veste come un abito, lo si autodetermina.
È la biologia a determinare l’anagrafe, e non viceversa Ma l’autodeterminazione altro non è se non una modalità di autorelazione segnata dall’identità (di genere), anziché dalla differenza (sessuale). L’individuo in autosufficienza e solitudine autogestisce la propria sessualità, innanzitutto separandosi dalla propria memoria genetica, poi dal corpo e dalla sua fisicità. Ma è come tagliare il ramo dell’albero che ci sostiene, giacché ogni singola cellula è marcata sessualmente, cosicché nel processo di caratterizzazione sessuale, primaria e secondaria, l’informazione genetica è prima. Poi conseguono quelle modificazioni che portano alla formazione della gonade femminile o maschile e, quindi, alla conformazione dell’apparato genitale. Molto dopo vengono le sensazioni psichiche
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circa l’appartenenza al proprio sesso biologico o a quello opposto, ma complementare. Pertanto, sono negati la mascolinità e la femminilità come cornici naturali in cui i vari sé sono definiti nei ruoli e nelle identità, ma ancor prima nella relazione, in quanto dalla sessualità «dipende non solo la relazione con un tu particolare dell’altro sesso, ma qualsiasi tipo di relazione in cui venga messa in moto
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l’affettività» (R. Scotto D’Albusio). La biologia non è più un destino. Ormai si può modificare la natura e diventare quello che si vuole; cosicché si può nascere donna «con tutte le conseguenze psicologiche e sociali legate» (É. Sullerot), ma decidere di allontanarsi da questo destino apparentemente segnato. L’ideologia dell’autodeterminazione e la
La natura (la biologia) passa decisamente in secondo piano, giacché l’attrazione sessuale o affettiva che egli prova nei confronti di altri ne prescinde. Il sesso è presentato, quindi, come un’opzione individualistica. Lo si sceglie, lo si veste come un abito, lo si autodetermina
scienza fanno un’accoppiata vincente? L’ideologia gender fa leva sui risultati della biotecnica, che ha reso possibile le tecniche di transizione sessuale. Ma non solo, perché la biomedicina ha permesso a chi in passato ne era escluso di accedere alla fecondazione artificiale, per cui è potuta avanzare l’idea innaturale di fare figli senza l’altro sesso. Da qui si è giudicata discriminatoria non solo ogni distinzione fra coppie fertili e infertili, ma anche tra coppie eterosessuali e omosessuali. Più in profondità, la (pseudo)scienza medica ha fatto superare l’idea di una natura data, intangibile, limitante le aspettative dell’individuo. Emanuele Samek Lodovici, filosofo milanese prematuramente scomparso nel 1981, ha parlato a proposito di scienza «sotto il controllo e a servizio del mito gnostico». Quello che conta è il perseguimento della salvezza, intesa come assoluta in-differenza. Da qui il carattere «visionario, ideologico e mistico» del genderismo, che si carica di una forza emotiva inspiegabile in base alle sole categorie scientifiche. Si può quindi affermare per l’ideologia gender quanto Samek scriveva dell’ideologia femminista e cioè che: «Gioca contemporaneamente su due tavoli, il tavolo dei risultati e delle dimostrazioni probatorie, e il tavolo del messaggio utopico, della dilatazione del cuore, della dichiarazione rivoluzionaria di una possibile redenzione totale dalla finitezza» (Metamorfosi della gnosi). Un’accoppiata vincente, apparentemente insuperabile, che il filosofo smaschera e dichiara confutabile. «Per batterla», scrive, «basta dimostrare che davanti a noi non c’è altro che una scienza corrotta dalla gnosi, o una gnosi che si paluda in vesti scientifiche». L’uso che la teoria gender fa della scienza è del tutto strumentale, in quanto essa viene posta sotto il controllo del mito dell’autodeterminazione dalla natura e dalla cultura. Le teorie gender portano infatti la tesi dell’in-differenza sino alla negazione della biologia. Affermano che sono le aspettative sociali a veicolare l’esercizio della sessualità e a originare i costumi sessuali. Vedono in
«Davanti a noi non c’è altro che una scienza corrotta dalla gnosi, o una gnosi che si paluda in vesti scientifiche» (Emanuele Samek Lodovici)
Emanuele Samek Lodovici
quelle aspettative e nei conflitti che da esse insorgono sul piano psicologico la barriera coercitiva che il libero orientamento dell’io deve superare per essere libero. Tuttavia, proprio per quel vizio di fondo, per quella doppiezza di base che Samek denunciava quarant’anni fa, finiscono per asservire la sessualità al dominio della tecnica mediante i percorsi di transizione sessuale per via di un bombardamento ormonale, mediante la chirurgia plastica e i vari step psicologici di supporto. Vi ritroviamo replicata la contraddizione di una cultura che prima viene rigettata nella forma tradizionale, per poi essere utilizzata nella forma rivoluzionaria come strumento per smentire il dato naturale, ossia la differenza sessuale a livello cromosomico, gonadico, ormonale degli organi interni e dei genitali.
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Follow the money, segui il denaro Lorenza Perfori
Vi è una costante in tutte le questioni che permeano i cosiddetti “nuovi diritti”: l’afflato ideologico è sempre accompagnato da un mare di denaro e, quasi sempre, coloro che promuovo questi diritti sono anche gli stessi che dalla loro introduzione avranno un ritorno economico. C’è un enorme business dietro l’aborto, il suicidio assistito/eutanasia e nell’ambito delle pressioni per legalizzare il “matrimonio gay”. Ultimamente, si sta manifestando anche nel campo del transgenderismo. Illuminante al riguardo è una ricerca realizzata dalla scrittrice e attivista ambientale Jennifer Bilek, pubblicata nel 2018 dal The Federalist, nella quale l’autrice indaga sul fiume di denaro che si muove dietro al progetto transgender, notando come alcuni "filantropi” enormemente ricchi, che foraggiano una miriade di organizzazioni transgender e investono in aziende biomediche, avranno un ritorno enorme in profitti dalla realizzazione di questo progetto. Bilek decide di intraprendere la sua indagine dopo essersi resa conto dei vertiginosi cambiamenti culturali che stavano imponendo la visione transgender alla società. Mentre il transessualismo femminile (donne che si identificano come uomini) sembra perlopiù silente, il transessualismo maschile (uomini che si identificano come donne) è prepotentemente in prima linea nella conquista di tutti gli spazi femminili, come per esempio ottenere l’accesso ai bagni pubblici delle donne, alle competizioni sportive femminili o, per i detenuti, alle carceri
femminili; e tutto questo sta avvenendo - nota Bilek - senza che si tenessero minimamente in considerazione la sicurezza e le peculiarità delle donne, e senza alcuna riflessione o dibattito pubblico. Questi repentini cambiamenti sono stati accompagnati da una trasformazione del linguaggio, tramite l’uso di nuovi termini e pronomi (per es. pronomi femminili per gli uomini che si identificano come donne e viceversa, neutri per le persone “fluide” o che non si identificano in nessun genere, uso di asterischi al posto del maschile/femminile, uso di “genitore 1 e 2” al posto di madre e padre); dall’introduzione di leggi che sostituiscono il sesso biologico con il concetto vago di identità di genere e da un assalto vessatorio nei confronti di tutti coloro che non si uniformano o esprimono critiche pubbliche, i quali vanno incontro alla censura, a minacce personali e perfino al rischio di perdere il lavoro e il conseguente sostentamento. Tutti questi elementi, uniti alla saturazione mediatica sulla questione, hanno suscitato in Bilek una domanda: siamo realmente di fronte a una questione di diritti civili per una piccolissima parte della popolazione con la disforia di genere, o ci troviamo piuttosto davanti a un progetto più grande, con interessi
economici che non si vedono? La ricerca che segue risponde in maniera eloquente a questa domanda. Chi finanzia il movimento transgender? La lobby e le organizzazioni transgender sono finanziate da alcuni uomini bianchi enormemente ricchi, tra i quali figurano personaggi come Jennifer Pritzker, un uomo che si identifica come transgender; il noto “filantropo” George Soros, fautore della “società aperta” o, sarebbe meglio dire “liquida”; Martine Rothblatt, un uomo che si identifica come transgender e transumanista; Tim Gill, Jon Stryker, Mark Bonham, Ric Weiland: attivisti gay. Weiland è deceduto, ma la sua filantropia è ancora orientata verso l’ambito Lgbt. E poi Drummond Pike, Warren e Peter Buffett e molti altri. I finanziamenti alla lobby Lgbt avvengono tramite organismi che consentono l’anonimato, come la Tides Foundation, fondata e guidata da Pike. I benefattori possono inviare somme ingenti alla Tides Foundation specificando i beneficiari delle donazioni e
facendoli arrivare a destinazione in modo del tutto anonimo. La Tides Foundation crea un firewall legale e uno scudo fiscale per le fondazioni e finanzia campagne politiche usando spesso metodi dubbi dal punto di vista legale. Questi e altri benefattori, incluse le aziende farmaceutiche e lo stesso governo degli Stati Uniti, destinano milioni di dollari alla causa Lgbt, pari a un ammontare globale complessivo stimato in 424 milioni di dollari.
È in vista di una ridefinizione globale dell’umano che acquistano un senso gli ingenti investimenti di denaro nel campo medico e tecnologico transgender.
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Non è difficile trovare nei negozi di giocattoli bambole “trans”
Nel periodo 2003-2013, i finanziamenti documentati per le questioni transgender sono aumentati di oltre otto volte, e sono cresciuti del triplo rispetto all’aumento dei finanziamenti per la causa Lgbt in generale. Non è un caso che questo incredibile aumento delle somme sia avvenuto nello stesso periodo in cui il transgenderismo ha iniziato ad affermarsi nella cultura americana. Il transgenderismo: un nuovo mercato sanitario Gli ultimi dieci anni sono stati caratterizzati da un’esplosione di strutture sanitarie transgender a livello globale per il “trattamento” delle persone transgender: la prima clinica gender per bambini ha aperto nel 2007 a Boston e nell’ultima decade, solo negli Stati Uniti, sono nate più di 30 cliniche per bambini con presunta disforia di genere, la più grande delle quali segue 725 pazienti. Il transgenderismo ha portato alla nascita di molti nuovi settori: oltre alla proliferazione
delle cliniche gender, si stanno realizzando negli Usa reparti d’ospedale per la chirurgia specializzata e molte organizzazioni sanitarie stanno scalpitando per entrare a far parte dei nuovi progetti. Durante seminari in tutto il mondo, i medici vengono formati sui cadaveri in ogni tipo di intervento chirurgico riguardante i transgender, come la falloplastica, la vaginoplastica, la chirurgia di femminilizzazione del viso, gli interventi all’uretra e molto altro. E sempre più società americane garantiscono ai transgender la copertura sanitaria per gli interventi chirurgici, i farmaci e altre spese correlate [anche il Ssn nostrano paga le costose operazioni dei trans e anche il viaggio, ove qui ci fosse troppa lista d’attesa, a lui e al suo partner, NdR]. Gli endocrinologi stanno facendo affari d’oro con la commercializzazione degli ormoni, mentre il settore dei bloccanti della pubertà è un mercato che sta crescendo. Il settore della chirurgia plastica è in attesa di una iniezione
La rivoluzione transgender passa attraverso il linguaggio (la neolingua). La famosa rivista scientifica The Lancet ha pubblicato una prima pagina “disumanizzante” e “sessista” usando, al posto di “donne”, l’espressione “corpi con vagine”, per compiacere la lobby trans. L’articolo è intitolato Periods on Display, ed è stato pubblicato il 1° settembre, e parla di una mostra che esplora i tabù e la storia dei periodi mestruali al Vagina Museum di Londra. Questo episodio si verifica pochi mesi dopo che il Brighton and Sussex University Hospitals NHS Trust ha istruito il personale a usare termini come “genitore” e non madre, e “latte umano” piuttosto che latte materno, “persona” e non donna, “cogenitore” o “secondo genitore biologico” e non padre, allattamento “al petto” e non allattamento al seno. Il suo reparto maternità ora si chiama “servizi perinatali”. Altrove, nel mondo anglofono, il politicamente corretto vorrebbe la parola “woman”, donna, sostituita con “womxn”, perché “più inclusiva e progressista”. In altri contesti, si eliminano i pronomi “lei” e “lui” dai documenti legali a favore del più inclusivo “loro”. Insomma, grazie all’ideologia gender, la “cancel culture” ha preso di mira le donne.
di liquidità, così come quello dei trapianti di organo, in particolare i trapianti di utero per gli uomini che si identificano come donne, desiderosi in futuro di una gravidanza. Secondo il transgender/transumanista Rothblatt, il quale ha diretto una grande società farmaceutica e ora è fortemente coinvolto nella biogenetica e nei trapianti, la biogenetica è pronta per essere il nuovo investimento del futuro. Il transgenderismo - osserva Bilek - si trova esattamente al centro del complesso industriale medico: con le infrastrutture sanitarie in costruzione, i medici che vengono istruiti sui vari interventi, le cliniche che aprono alla velocità della luce e tutti i media che lo celebrano, il transgenderismo è pronto per crescere. Gli Lgbt, un tempo un piccolo gruppo di persone che cercavano solo di sdoganare il loro stile di vita, sono già stati probabilmente inglobati dal capitalismo senza scrupoli e ora, tramite il transgenderismo, si sono infiltrati anche nel complesso industriale I Lettori possono richiedere la bibliografia citata in questo articolo, scrivendo a redazione@ provitaefamiglia.it
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Un po’ di numeri Nei numeri 69 e 70 di questa Rivista (dicembre 2018 e gennaio 2019) Patrizia Floder Reitter aveva calcolato che nel 2014, i 172 cambi di sesso a carico del Nhs inglese sono costati ai contribuenti almeno 2 milioni di sterline; negli Usa c’è un giro di più di 97 milioni di dollari l’anno. Non c’è solo, infatti, la chirurgia plastica ai genitali, ma vanno aggiustati il viso, l’addome, i glutei… perfino le corde vocali si devono ritoccare. A fare un lavoro fatto bene ci vogliono diverse decine di migliaia di dollari. Prima e dopo gli interventi chirurgici ci sono le sedute di psicoterapia, che costano da 50 a 200 dollari l’una e gli ormoni che costano da 25 a 200 dollari al mese, per tutta la vita. In Italia ci sono circa 10 “cambiamenti” di sesso al mese, ciascuno dei quali costa circa 20.000 euro (salvo
medico. I protagonisti della normalizzazione dell’ideologia transgender Ben più determinante dei fondi che vanno direttamente a lobby e organizzazioni Lgbt, e solo in minima parte alle persone transgender è il denaro che viene impiegato per istituzionalizzare e normalizzare il transgenderismo come scelta di vita, da parte dei soggetti precedentemente menzionati, dei governi e delle multinazionali tecnologiche
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complicazioni, perché spesso bisogna ritornare più volte sotto i ferri). Ma quanti ci hanno poi ripensato? «In vent’anni di attività e con 2.000 casi trattati, mi è successo una sola volta», dice Giorgio Maggiulli, referente per la riassegnazione chirurgica di genere al San Camillo di Roma, a Vogue. Ma dalla Saifip (Servizio di Adeguamento tra Identità Fisica e Identità Psichica) non hanno risposto alla specifica richiesta che gli abbiamo inviato: quante persone continuano a seguire, dopo il cambiamento di sesso? Per quanto tempo? In Italia per fare la transizione ci vogliono 2 o 3 anni. E con un po’ più di pazienza per le liste d’attesa, paga tutto il Ssn. Anzi: se l’attesa è insopportabile, il Ssn paga il viaggio, il soggiorno e l’intervento all’estero, anche per l’accompagnatore.
e farmaceutiche. Bilek osserva che coloro che si adoperano per istituzionalizzare il transgenderismo si muovono tutti nello stesso modo, ovvero investendo il denaro nelle medesime infrastrutture mediche e tecnologiche, un fatto che non si può considerare una coincidenza visto che, nell’ambito dell’universo Lgbt, solo i transgender sono pazienti medicalizzati a vita, ovvero i farmaci e la tecnologia sono essenziali solo per coloro che si sottopongono alla transizione. L’analisi di Bilek si concentra in particolare sulla famiglia Pritzker, in quanto
L’ammontare complessivo dei finanziamenti alle lobby trans è stimato in 424 milioni di dollari. Nel periodo 2003-2013, i finanziamenti documentati per le questioni transgender sono aumentati di oltre otto volte, e sono cresciuti d el triplo rispetto all’aumento dei finanziamenti per la causa Lgbt in generale
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Alcuni filantropi enormemente ricchi, che foraggiano una miriade di organizzazioni transgender e investono in aziende biomediche, avranno un ritorno enorme in profitti dalla promozione del “cambiamento” di sesso. esempio emblematico del funzionamento di questo processo di normalizzazione della cultura transgender che avviene attraverso ingenti e mirate elargizioni di denaro. I Pritzker sono una famiglia americana di "filantropi"miliardari, con un patrimonio stimato intorno ai 29 miliardi di dollari generato soprattutto dagli Hyatt Hotels, presenti in sessanta Paesi del mondo. Ora sono impegnati in ingenti investimenti nell’ambito del complesso industriale medico. L’analisi che segue di alcuni componenti della potente famiglia Pritzker, rende l’idea della loro influenza nell’ambito dell’agenda transgender.
Jennifer Pritzker (foto: Forbes)
Jennifer Pritzker Una volta padre di famiglia e membro decorato delle forze armate, ora Jennifer Pritzker si identifica come transgender. Alcune delle società che egli possiede e finanzia sono particolarmente significative per spiegare la
rapida diffusione dell’ideologia transgender tra le istituzioni mediche, legali ed educative. Infatti, possiede Squadron Capital, una società di capitali incentrata su tecnologie e dispositivi medici e impianti ortopedici, e la Tawani Foundation, un’organizzazione filantropica focalizzata su obiettivi di genere e sessualità umana. J. Pritzker è anche membro del consiglio direttivo del Program of Human Sexuality dell’Università del Minnesota, cui negli ultimi dieci anni ha stanziato 6,5 milioni di dollari. Tra le molte altre organizzazioni che J. Pritzker finanzia vi sono il Lurie Children’s Hospital, un centro medico per bambini di “genere non conforme”, che a Chicago si occupa di 400 bambini; la Pritzker School of Medicine dell’Università di Chicago; una cattedra di studi transgender all’Università di Victoria, la prima del suo genere; e il Mark S. Bonham Centre for Sexual Diversity Studies all’Università di Toronto. J. Pritzker finanzia
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inoltre l’American Civil Liberties Union e, assieme alla sua famiglia, anche la Planned Parenthood, la multinazionale degli aborti americana: si tratta di due organizzazioni determinanti nell’istituzionalizzazione del linguaggio transinclusivo, che cancella la biologia femminile, e nel sostegno alle cause transgender. Recentemente anche Planned Parenthood ha fatto il suo ingresso nel mercato medico transgender, fornendo ormoni e bloccanti della pubertà anche a minori, anche alla prima visita. J. Pritzker e la sua famiglia finanziano strategicamente le università, le quali diventano in questo modo debitrici nei confronti della loro ideologia, con i ricercatori che continuano a diffondere l’ideologia gender scrivendo articoli a favore del transessualismo nelle riviste mediche e altrove. Lo zio e la zia di J. Pritzker hanno donato 25 milioni di dollari all’Università della California a San Francisco per istituire un centro di psichiatria infantile. Anche J.Pritzker finanzia ospedali e scuole di medicina, dove gli allievi che si sono laureati vanno a istituire specializzazioni transgender e centri medici Lgbt, anche se di fatto lesbiche, gay e bisessuali non necessitano di servizi medici specializzati. Quelle che seguono sono solo alcune delle attività svolte dai laureati nelle università finanziate da J. Pritzker e beneficiari del suo denaro: ● James Hekman ha fondato il centro di assistenza medica Lgbt a Lakewood Ohio. ● David T. Rubin siede nel comitato consultivo di Accordant/CVS Caremark, la più grande catena farmaceutica degli Stati Uniti. Nel 2015, CVS ha acquisito le farmacie dei grandi magazzini Target. Target, come è noto, è stato teatro di una grande controversia pubblica sui bagni unisex ed è un finanziatore della Human Rights Campaign, un gruppo di pressione pro trans. ● Loren Schecter è autore del primo atlante di chirurgia transgender e di riviste protrans, è stato premiato per la difesa in sede legale dei transgender, esegue interventi chirurgici di ricostruzione del sesso ed è il direttore delle conferenze sui trans sponsorizzate dalla World Professional of Transgen-
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der Health (Wpath). Esegue anche interventi di chirurgia ricostruttiva al Weiss Memorial Hospital di Chicago. Schecter presiede inoltre le sessioni per soli chirurghi nel Scientific Program Committee di Uspath - una nuova propaggine della Wpath - organizzando a Los Angeles conferenze per chirurghi sulla chirurgia transgender. Robert Garofalo, attivista gay, è direttore della St. Lurie children’s gender clinic, a capo della divisione di medicina per adolescenti dell’ospedale, ed è professore di pediatria alla Northwestern University, finanziata da J.R. Pritzker: un altro membro della famiglia Pritzker. Benjamin N. Breyer è primario di urologia al San Francisco General Hospital e professore all’Università della California a San Francisco, è specializzato in chirurgia transgender. Nicholas Matte insegna al Mark Bonham Centre for Sexual Diversity Studies all’Università di Toronto, con una specializzazione in studi queer, e tiene conferenze in tutto il Paese su questioni transgender. Il Bonham Centre, a propria volta, riceve finanziamenti da J. Pritzker. Mark Hyman è il presidente della Pritzker Foundation in medicina funzionale alla Cleveland Clinic e direttore del Cleveland Clinic Center for Functional Medicine. La Cleveland Clinic ha effettuato il primo trapianto di utero degli Stati Uniti.
J. Pritzker ha inoltre contribuito alla normalizzazione dei transgender nell’esercito con una donazione di 1,35 milioni di dollari al Palm Center, un think tank Lgbt dell’Università della California, con sede a Santa Barbara, per la realizzazione di una ricerca che avvalori il transgenderismo in ambito militare. Ha anche donato 25 milioni di dollari alla Norwich University del Vermont, accademia militare e prima facoltà a introdurre un tale programma nel Naval Reserve Officers’ Training Corps (Corpo di Addestramento degli Ufficiali della Riserva Navale). Le donazioni di J. Pritzker non si limitano agli Usa, ma grazie alla Wpath raggiungono anche altri Paesi, tramite conferenze per medici che studiano la chirurgia transgender e finanziamenti a università internazionali.
Penny Pritzker, cugina di Jennifer Pritzker, ha fatto parte del Consiglio per il Lavoro e la Competitività e del Comitato Consultivo per la Ripresa Economica del presidente Obama. È stata co-presidente nazionale di “Obama per l’America 2012” e responsabile finanziario nazionale della campagna presidenziale di Obama del 2008. Dire che è stata determinante nell’elezione del presidente Obama è dire poco. Come segretario (cioè ministro) per il commercio di Obama, P. Pritzker ha contribuito a creare il National Institute for Innovation in Manufacturing Biopharmaceuticals (Niimb), facilitando uno stanziamento di 70 milioni di dollari da parte del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, il primo finanziamento di questo genere. Obama ha fatto del transgenderismo una questione centrale della sua amministrazione, tenendo per la prima volta alla Casa Bianca una conferenza a favore del transgenderismo. La sua amministrazione ha esercitato il potere esecutivo per approvare numerose politiche specifiche per i transgender, come rendere più facile la modifica del proprio passaporto, ottenere una terapia cross-sex (assunzione di ormoni per la transizione di genere) presso le strutture della Veteran’s Administration, accedere ai bagni pubblici delle scuole e agli sport in base all’identità di genere. Tra gli altri grandi sostenitori di Obama, che hanno donato milioni di dollari per la sua elezione e che finanziano copiosamente il movimento transgender, vi sono Soros, Tim Gill e Jon Stryker, quest’ultimo è stato uno dei primi cinque contributori della campagna di Obama. Sotto le presidenze di Obama e di George W. Bush, il governo federale ha finanziato la Tides Foundation di Pike con 82,7 milioni di dollari la quale, a propria volta, negli ultimi due decenni ha donato 47,2 milioni di dollari per le iniziative Lgbtq. P. Pritzker ha finanziato la Harvard School of Public Health e assieme al marito - tramite la loro fondazione, The Pritzker Traubert Family Foundation - finanziano progetti per la prima infanzia e offrono borse di studio agli studenti di medicina dell’Università di Harvard. I medici che lavorano ai Servizi di Gestione di Genere del Children’s Hospital di Boston, sono tutti affiliati alla Harvard Medical School, nella quale P. Pritzker è stata tra i componenti del consiglio di amministrazione.
Jay Robert Pritzker J.R. Pritzker, fratello di Penny Pritzker, è un venture capitalist, imprenditore, filantropo e impresario americano. È co-fondatore del Pritzker Group, una società di investimenti privati che investe in tecnologia digitale e aziende mediche, tra le quali la Clinical Innovations, presente a livello globale. La Clinical Innovations è una delle più grandi aziende di dispositivi medici e, nel 2017, ha acquisito Brenner Medical, un altro importante gruppo medico che fornisce prodotti innovativi nel campo dell’ostetricia e della ginecologia. J.B. Pritzker ha elargito un finanziamento per l’avvio di Matter, un incubatore di startup per la tecnologia medica con sede a Chicago. J.B. fa anche parte del consiglio di amministrazione della Duke University, dove stanno facendo progressi nella crioconservazione delle ovaie delle donne. J.R. Pritzker ha devoluto 25 milioni di dollari a favore di un’iniziativa pubblicoprivata dell’amministrazione Obama che prevedeva un ammontare di 1 miliardo di dollari per l’educazione della prima infanzia e, nel 2018, si è candidato a governatore dell’Illinois. Assieme alla moglie, M.K. Pritzker, ha donato 100 milioni di dollari alla Northwestern University School of Law, in parte per borse di studio e in parte per la “giustizia sociale” nella scuola e il lavoro sui diritti dell’infanzia. Sembra in conclusione che non esista una sfera di influenza che non sia raggiunta dal denaro dei Pritzker: dall’educazione della
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prima infanzia, le università, il diritto, alle istituzioni mediche, le lobby e organizzazioni Lgbt, la politica e, infine, l’esercito. Uno scenario rivelatorio del fatto che quella che viene presentata come una questione di diritti civili sembra essere in realtà una questione di soldi e di ingegneria sociale Giganti farmaceutici e tecnologici a sostegno del transgenderismo I Pritzker non sono soli, ma si trovano in compagnia di altri soggetti enormemente ricchi e potenti, anch’essi strettamente legati all’industria medica e farmaceutica. Tra i finanziatori dell’agenda transgender figurano giganti farmaceutici come: Janssen Therapeutics (la fondazione per la salute di proprietà di Johnson and Johnson), Viiv, Pfizer, Abbott Laboratories, Bristol-Myers Squibb Company, e Boehringer Ingelheim Pharmaceuticals; e grandi società tecnologiche come: Google, Microsoft, Amazon, Intel, Dell, e IBM. Nel 2017, Apple, Microsoft, Google, IBM, Yelp, PayPal, e altre 53 società perlopiù tecnologiche, hanno sottoscritto un amicus curiae per sollecitare la Corte Suprema degli Stati Uniti a proibire alle scuole la gestione dei servizi pubblici per gli studenti distinti sulla base del sesso. Una saga infinita di consumismo legato al corpo Combinare il problema medico, artificiosamente creato, con la questione
Il denaro dei Pritzker arriva dappertutto: dall’educazione della prima infanzia, alle università, dal diritto, alle istituzioni mediche, alle lobby e organizzazioni Lgbt, alla politica e all’esercito. Uno scenario rivelatorio del fatto che quella che viene presentata come una questione di diritti civili sembra essere in realtà una questione di soldi e di ingegneria sociale.
dei diritti civili, significa fare in modo che il fenomeno transgender continui e si ingrandisca - osserva Bilek. Il transgenderismo è, infatti, presentato sia come un problema medico per la disforia di genere dei bambini che hanno bisogno di bloccanti della pubertà, i quali vengono in questo modo spinti verso una medicalizzazione a vita; sia come una scelta di vita coraggiosa e originale per gli adulti. Rothblatt afferma che siamo tutti transumani, che cambiare il nostro corpo rimuovendo tessuti e organi sani, ingerendo ormoni per cambiare il sesso nel corso della vita, può essere paragonato a truccarsi, tingersi i capelli o farsi un tatuaggio. Ma, se siamo tutti transumani - nota Bilek - vuol dire che ne conseguirà una saga infinita di consumismo legato al corpo. È, infatti, solo in vista di una ridefinizione globale dell’umano che acquistano un senso gli ingenti investimenti di denaro nel campo medico e tecnologico transgender. In altre parole, la gigantesca espansione delle infrastrutture mediche e tecnologiche transgender sarebbe certamente un pessimo affare economico per gli investitori, se destinate solo alla piccolissima frazione di
popolazione che soffre di disforia di genere. Ed è sempre in vista di una ridefinizione dell’umano che acquistano un senso anche le pervicaci e sistematiche distorsioni del linguaggio con le quali, slegando le persone dalla propria biologia naturale maschile o femminile, si mira a normalizzare l’alterazione della biologia umana. Promossa come questione di salute e di diritti civili, da “filantropi” che vogliono imporre al mondo le proprie scelte di vita e propalare ovunque la propria ideologia, soggetti enormemente ricchi e potenti, in grado di incidere nelle politiche dei Governi, la questione transgender si presenta di fatto anche come gigantesca questione di business, che renderà i suoi promotori ancora più ricchi se dovessero riuscire a normalizzare il transgenderismo nella società, come stanno pervicacemente cercando di fare agendo su ogni fronte; ovvero se dovessero riuscire a produrre frotte di persone medicalizzate a vita, pazienti perpetui bisognosi per il resto della loro vita dei prodotti farmaceutici e tecnologici sui quali i medesimi “filantropi” stanno investendo il proprio denaro.
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I “detransitioner” dimenticati Giuliano Guzzo
I detransitioner sono coloro che hanno il coraggio e la fortuna di intraprendere il cammino per rimuovere gli effetti del “cambiamento di sesso”, anche se è molto costoso e doloroso. Grazie a loro, in qualche contesto socio-politico si comincia a mettere in dubbio la folle deriva transgenderista. Il 17 settembre 2021 è una data che rischia di diventare tristemente storica. In quel giorno, infatti, la Corte d’appello inglese ha parzialmente ribaltato la sentenza dello scorso anno con cui si era data ragione alla giovane detransitioner Keira Bell, contro la Tavistock Clinic che, quando aveva 16 anni, l’aveva frettolosamente avviata a bloccanti della pubertà e doppia mastectomia, della qualcosa la giovane si è poi pentita amaramente. Con la conseguenza che, nel dicembre 2020, i giudici britannici avevano sentenziato che «è molto improbabile che i minori al di sotto dei sedici anni, che soffrono di disforia di genere, siano in grado di acconsentire con maturità a cure che portino al cambiamento del loro genere sessuale»; ne era così disceso l’obbligo per i medici - prima di avviare i giovani con disforia di genere al “cambio di sesso” - di passare dal tribunale. Ebbene, con la nuova sentenza la Corte ha rilanciato la palla ai medici, stabilendo che tocca a loro, e non quindi ai giudici, stabilire se un minore possa essere avviato all’assunzione di bloccanti ormonali. Beninteso: il caso Keira Bell, con tale pronunciamento, non viene cancellato: i medici ora sanno che, se sbagliano, rischiano la gogna - ma viene piuttosto ridimensionato. E nel mondo? Il transgederismo tra i giovanissimi
come viene affrontato a livello legislativo? La situazione, in sintesi, si presenta diversificata a seconda del contesto che si va a considerare. Per esempio, negli Usa l’Amministrazione Biden ha di certo dato un appoggio pesante sia all’agenda Lgbt in generale, sia al “cambio di sesso” in particolare. Fa testo, in proposito, la nuova interpretazione della sezione 1557 del Patient protection and affordable care act, volta - secondo le indicazioni date a maggio dal Dipartimento della Salute e dei Servizi umani - ad includere nel divieto di discriminazione sulla base del sesso quella «sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere», così come recita il decreto firmato da Biden il giorno della sua entrata in carica. A lato pratico, tale novità si sostanzia nell’obbligo medico di avviare senza esitazioni al “cambio di sesso” i minori affetti da disforia di genere, pena l’accusa di discriminazione; ed è proprio questo che viene contestato. Va detto che tale linea governativa non convince tutti, anzi. Specie in ambito medico le resistenze sono notevoli. Basti pensare che, a fine agosto, è uscita la notizia che i pediatri ed operatori sanitari membri dell’American College of Pediatricians e della Catholic Medical Association - rappresentativi di circa 3.000 medici - hanno incaricato gli avvocati dell’Alliance defending
Walter Heyer da più di vent’anni aiuta le persone con disforia di genere. E mette in guardia: fino al 20% dei trans si pente del “cambio di sesso”. 10-15 anni dopo la riassegnazione chirurgica il tasso di suicidi dei trans è 20 volte superiore a quello dei coetanei comparabili, anche in contesti sociali dove non c’è traccia di “omotransfobia”
freedom, un’organizzazione legale no-profit, di far causa nientemeno che all’Amministrazione Biden. Beninteso: non si è trattato di un mero annuncio. La causa denominata American College of Pediatricians v. Becerra è stata infatti presentata il 26 agosto alla Corte distrettuale degli Stati Uniti per il distretto orientale del Tennessee. Sempre restando negli Usa, c’è da dire che non tutti gli Stati si sono piegati alla linea arcobaleno dell’Amministrazione Biden, come prova per esempio il caso del Texas. La scorsa
estate corrispondendo a una richiesta sul punto avanzata dal governatore Greg Abbott, il Texas Department of family and Protective services ha qualificato infatti «la mutilazione genitale di un minore attraverso un intervento chirurgico di riassegnazione» nientemeno che come un abuso. Non tutta l’America, insomma, è prona ai diktat arcobaleno. E non lo è neppure tutta l’Europa. Prova ne sia la decisione, maturata a maggio di quest’anno della Svezia, che ha scelto di dire stop ai bloccanti della pubertà ai minori di 16 anni. Tale svolta è stata formalizzata in una nota del Karolinska Hospital che ha definito i trattamenti per bloccare lo sviluppo negli adolescenti affetti da disforia di genere come «controversi» e connessi a potenziali «conseguenze avverse estese e irreversibili come malattie cardiovascolari, osteoporosi, infertilità, aumento del rischio di cancro e trombosi»; di qui la scelta svedese, d’ora in poi,
Per capire che è deleterio avviare al “cambio di sesso” giovani che hanno tutt’altri problemi da risolvere, non servono lauree. Basta il buon senso.
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L’immagine di copertina del sito sexchangeregret. com, di Walter Heyer. La scritta dice: «Riprenditi la tua vita. Altri l’hanno fatto. Puoi farlo anche tu»
La “affermazione” di genere è una pratica scontata: è diventata una questione politica, ideologica, che prescinde dai dati scientifici e dal vero bene delle persone. Perciò, chi vuole studiare il problema viene perseguitato, accusato di transfobia - come gli ex gay e gli ex trans - e mette a serio repentaglio la sua carriera (e anche la sua privacy).
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di non offrire più trattamenti ai baby trans. Anche la Finlandia si è posta sulla stessa linea. Come ha spiegato Luca Volonté sul nostro sito, nessun intervento chirurgico è permesso per minori sotto i 18 anni e il trattamento ormonale si inizia solo se si accerta che, nell’arco di almeno due anni, “l’identificazione nell’altro sesso è di natura permanente e causa grave disforia”. La persona che chiede gli ormoni deve saper descrivere coerentemente come la disforia causi una grave forma di sofferenza nelle situazioni quotidiane, nella sua vita sociale o nella sua carriera professionale. Solo dopo questo percorso di faticosa autoconsapevolezza, le misure di trattamento che modificano il corpo possono essere eseguite e quindi solo se la persona può ragionevolmente giustificarne la necessità ed è consapevole dei rischi associati. Le linee guida per le cliniche specializzate in cambiamento di sesso sono al vaglio degli enti governativi che hanno dichiarato che «la disforia di genere, dunque la variazione dell’identità di genere in quanto tale, non è un problema di salute. Ci deve essere una base medica sia per la diagnosi che per il trattamento. La nostra legislazione sull’uguaglianza e la non discriminazione non cambia questa situazione». Nei documenti pubblicati dall’Amministrazione finlandese viene specificato che qualsiasi valutazione del bisogno di assistenza psichiatrica e
psicosociale va giustificato dal punto di vista medico: la persona soffre in modo significativo e prolungato nelle situazioni quotidiane; la persona è stata sottoposta a diagnosi e trattamento di possibili sintomi psichiatrici concomitanti, la persona ha le condizioni psicologiche e una capacità funzionale sufficiente per prendere decisioni tanto impegnative. Per i minori, in particolare, sulla base di un esame approfondito e caso per caso, l’inizio di interventi ormonali che modificano le caratteristiche sessuali può essere preso in considerazione prima che la persona abbia compiuto 18 anni solo se si può accertare che la sua identificazione nell’altro sesso è di natura permanente e causa una grave disforia. Inoltre, deve essere confermato che il giovane sia in grado di comprendere il significato dei trattamenti irreversibili e gli svantaggi associati alla terapia ormonale a vita, e che non vi siano controindicazioni. In ogni caso, per gli adolescenti, le cliniche devono compiere studi Keira Bell
approfonditi sull’identità di genere e capire se la variazione dell’identità di genere e la relativa disforia non riflettono la temporanea ricerca di identità tipica della fase di sviluppo dell’adolescenza che poi si placano con una maggiore maturità psico-fisica. Insomma, chi soffre di disforia di genere va prima sostenuto, aiutato, “curato” e solo in ultima istanza avviato al “cambiamento di sesso”. È davvero politicamente scorretto usare il termine “curare”. Ma la realtà rivelata prima di tutti da Walter Heyer - un uomo che ha vissuto per otto anni da donna prima di “detransizionare” e da più di vent’anni aiuta le persone con disforia attraverso il sito sexchangeregret.com - è che il rifiuto del proprio corpo è sempre sintomo secondario di un qualche altro malessere psicologico o psichiatrico. Se non si cura questo e si asseconda ciecamente il desiderio di “cambiare sesso”, le conseguenze per il paziente possono
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I giovani trans e il suicidio L’argomentazione principale dei fautori del transgenderismo - che è quella che ha convinto il nostro Comitato Nazionale di Bioetica a sdoganare la triptorelina - è che i giovani trans, se non cambiano sesso, si suicidano. Hacsi Horvath è un medico, epidemiologo e ricercatore che ha vissuto per 13 anni da donna. Da quando ha detransizionato è divenuto vittima della Gaystapo. È stato ripetutamente bandito da Twitter e i suoi scritti scompaiono dal web con una facilità sorprendente. Ha confrontato i tassi di suicidio tra gli adolescenti: erano molto più bassi negli anni Cinquanta, quando gli “stereotipi” erano “imposti” molto più rigidamente di ora: se oggi il rifiuto sociale dei giovani trans è ai minimi storici, perché
essere devastanti. Va precisato, che una visione critica sul “cambio di sesso” per i minori serpeggia anche oltre l’Europa e gli Stati Uniti. Si pensi al Royal Australian College of Physicians che, interpellato dal suo governo, a marzo 2020 aveva evidenziato che «le prove esistenti sulla salute e sugli esiti dell’assistenza clinica sono limitate», facendo così capire che quella degli adolescenti trans che vengono assecondati non è esattamente un’esistenza felice. Che le cose stiano in questi termini è provato anche dal fenomeno dei detransitioner. Questo va sottolineato con forza perché quello di Keira Bell tutto è fuorché un caso isolato. Ancora nel 2019, sempre nel Regno Unito, era uscita la notizia che la detransitioner Charlie Evans - giovane donna inglese di 28 anni che per 10 s’era sentita maschio - aveva fondato Detransition advocacy network, un ente che mette in rete quanti avevano vissuto la sua stessa esperienza. La Evans ha creato il network perché, avendo pubblicato la sua storia, è rimasta stupita dalle centinaia e centinaia di persone che le hanno scritto in poco tempo lamentando lo stesso disagio e la stessa disperazione. L’ideologia dominante tenta di cancellare i detransitioner, che però cominciano a essere oggetto pure di specifici studi. Come Inventing Transgender Children and
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si suicidano di più? Piuttosto sono gli interventi “confermativi” che aumentano effettivamente il disagio psicologico. Quanto ai suicidi tra i giovani prima della “transizione”, sappiamo bene che più se ne parla più è probabile che i ragazzi problematici ci provino. Dice Horvath che è «una profezia che si auto-avvera» che «modella la narrazione. Spaventa i genitori e i legislatori». Il dottor Wallace Wong, uno specialista del settore, addirittura incoraggia i ragazzi a minacciare il suicidio per ottenere ciò che vogliono. Di qui lo slogan «meglio un figlio trans che un figlio morto», e così i genitori troppo spesso assecondano questa incredibile opera di ingegneria sociale. In realtà, invece, dice Horvat, «la “transizione” non è l’unica opzione per la gestione del problema del ragazzo. Non è l’opzione migliore. In un mondo sano, non sarebbe affatto un’opzione»
Charlie Evans
Young People (Cambridge Scholars, 2019), libro a firma di due studiosi, Heather Brunskell-Evans e Michele Moore, che a loro volta hanno raccolto pareri di esperti sul boom di presunti “bambini trans” oggi detransitioners.Un boom spiegabile per la moda che è derivata dalla propaganda ideologica. Come già detto, queste persone, invece di essere bombardate di ormoni, avrebbero altri problemi da risolvere, prima della disforia di genere. Un’indagine pubblicata sulla rivista Human Systems ha scoperto, studiando 79 giovani di ambedue i sessi inviati a una gender clinic, come - oltre a provenire spesso da famiglie divise - costoro sperimentano in oltre il 62% dei casi ansia o depressione, in oltre il 40% delle situazioni alti livelli di disagi, ideazione suicidaria e autolesionismo e in oltre il 35% di casi disturbi comportamentali o autismo. Per capire che è deleterio avviare al “cambio di sesso” giovani così, che hanno tutt’altri problemi da risolvere, non servono lauree. Basta il buon senso.
Il primo uomo “non binario” Francesca Romana Poleggi
James Shupe era stato il primo trans a ottenere legalmente il riconoscimento di “sesso non binario” sul certificato di nascita. Ha fatto la detransizione, un paio di anni fa, e ha chiesto che tutti i suoi documenti siano ripristinati col suo nome e il suo sesso biologico: maschio. Nato nel 1963 a Washington, Shupe ha trascorso diciotto anni (1982-2000) nell’esercito degli Stati Uniti. Si è sposato e ha avuto una figlia. Nel 2013 ha iniziato a identificarsi come donna, ha assunto ormoni, ha cambiato nome, ma si è fermato prima dell’operazione chirurgica. Ha avuto molta visibilità sui media: nel 2015 lo ha celebrato persino il New York Times. Un anno dopo, però, ha rifiutato anche la sua identità femminile (dice che i suoi tre anni di vita come donna sono stati tanto dolorosi quanto quelli vissuti da uomo) e, nel giugno 2016, ha ottenuto un ordine del tribunale per cambiare di nuovo il suo certificato di nascita: né maschio, né femmina, “X”, indeterminato. Questo lo ha reso un eroe nel mondo Lgbt. Poco dopo, però, Shupe ha iniziato a mettere in discussione il movimento transgender. Nel luglio 2017 si è dichiarato preoccupato per i bambini transgender, sostenendo che avevano bisogno di un cambiamento sociale, non di procedure chirurgiche o di ormoni. Si è anche schierato a favore del diritto alla privacy per i bagni e gli spogliatoi pubblici e ha anche difeso la legge che richiede ai militari in servizio di essere considerati secondo il loro sesso biologico. All’improvviso, i media non erano più interessati alle sue opinioni: «Mi
hanno cancellato», afferma. L’associazione Lambda Legal che lo aveva assistito legalmente fino a quel momento, lo ha abbandonato: ha cancellato tutte le menzioni di Shupe dalle sue pubblicazioni (la qualcosa ci ricorda un po’ Orwell). Nel gennaio 2019 ha cominciato le pratiche per ritornare maschio anche nei documenti. Ma le difficoltà burocratiche per ripristinare la verità sono state e sono molto difficili da superare. Quando ha cambiato da maschio a femmina e da femmina a non binario è stato tutto molto più semplice (e sotto i riflettori dei media). Shupe ha capito che la disforia di genere non era il suo problema: aveva delle parafilie sessuali, autoginefilia e masochismo. Racconta (come tutti i detransitioners) che è stato molto difficile trovare medici e psicologi disposti ad aiutarlo: «I medici sono fin troppo felici di diagnosticare la disforia di genere, ma si rifiutano di considerare le parafilie sessuali». «Il giudice dell’Oregon che mi ha fatto cambiare sesso mi ha danneggiato fisicamente e mentalmente» (prima del procedimento, l’avvocato gli aveva detto di non preoccuparsi perché la stessa giudice aveva un figlio transgender). «È stata negligente nei suoi doveri di giudice per non aver accertato la mia salute mentale e le mie motivazioni: se
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l’avesse fatto, avrebbe scoperto i miei gravi problemi, le parafilie. Shupe denuncia poi il fatto che i dottori, quando si sono accorti che il cambiamento di sesso da maschio a femmina era stato un fallimento, hanno trovato la via d’uscita del sesso “non binario” per salvare se stessi: è stato un vero abuso, secondo Shupe. Gli hanno persino somministrato farmaci psicotropi e marijuana: «Sono diventato drogato e psicotico per affrontare la mia vita di falsa donna». «È una cosa incredibilmente dolorosa tornare indietro rispetto a una storica decisione del tribunale che mi ha reso famoso a livello internazionale e ammettere che l’intera cosa era basata su bugie e inganni», ha detto in un’intervista. Eppure si è sentito obbligato a parlare e mettere in guardia le persone contro queste bugie distruttive. «Era una farsa: sono, e sono sempre stato, maschio. Questa è la mia verità biologica, l’unica cosa in grado di radicarmi alla realtà».
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«Spero che a tutti venga negato il diritto di cambiare sesso perché è una frode e una finzione legale basata sulla pseudoscienza», ha detto Shupe. «Sono stato indottrinato, mi hanno fatto credere di avere questa “identità di genere” e che combatterla stesse causando i miei problemi di salute mentale. Era tutta una bugia». «Sono finito tre volte ricoverato in psichiatria a causa degli ormoni. Avevo coaguli di sangue negli occhi perché i miei livelli di estrogeni erano 2.585 invece di 200, bassa densità ossea, problemi di controllo della vescica e instabilità emotiva. Stavo compromettendo i reni (Egfr inferiore a 60). Avevo problemi di dermatologia cronici, reazioni cutanee ai cerotti di estrogeni, e sono svenuto sul pavimento della cucina a causa dello spironolattone». «La transizione di genere avrebbe dovuto risolvere i miei problemi di salute mentale, ma invece ho continuato a peggiorare».
«Spero che a tutti venga negato il diritto di cambiare sesso perché è una frode e una finzione legale basata sulla pseudoscienza» (James Shupe)
Abigail Shrier
L’ideologia di genere è scatenata Abigail Shrier è membro del Consiglio direttivo della Foundation Against Intolerance and Racism; è una giornalista che ha scritto per numerose testate come City Journal, Newsweek, RealClearPolitics, The Federalist, New York Post, e The Wall Street Journal; ed è l’autrice del libro Irreversible damage: the transgender craze seducing our daughters (Danni irreversibili: la follia transgender seduce le nostre figlie). Quello che segue è un adattamento del discorso che ha tenuto il 27 aprile 2021 a Franklin, nel Tennessee, durante un seminario dell’Hillsdale College.
La traduzione con adattamenti, a cura della Redazione, non è stata rivista dall’Autrice.
Nel 2007, l’America aveva solo una clinica pediatrica di genere; oggi ne ha centinaia. Le adolescenti possono reperire il testosterone con facilità in luoghi come Planned Parenthood e Kaiser, spesso alla prima visita e senza bisogno della prescrizione di un terapeuta. Come siamo arrivati a questo punto? Com’è possibile che dobbiamo tutti far finta che l’unico modo per sapere che sono una donna è quello di comunicarvi i pronomi con cui desidero essere chiamata? Come siamo arrivati a un’America in cui una tredicenne dello Stato di Washington può iniziare una terapia di “affermazione di genere” senza il consenso dei genitori? Come siamo arrivati a un’America in cui una quindicenne dell’Oregon può sottoporsi a “chirurgia di alto livello” (una doppia mastectomia elettiva) senza il permesso dei genitori? Cosa possiamo fare al riguardo? Per capire come siamo arrivati a questo punto, dobbiamo iniziare con il prendere
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in considerazione la disforia di genere: la percezione di un forte disagio verso il proprio sesso biologico da parte di una persona. La disforia di genere è sicuramente una realtà, ma è anche estremamente rara. Colpisce circa lo 0,01% della popolazione, la maggior parte della quale sono maschi. Per quasi 100 anni di storia della diagnostica, la disforia di genere è iniziata tipicamente nella prima infanzia, tra i due e i quattro anni, e di solito ha riguardato un bambino che insisteva sul fatto di non essere un maschio, ma una bambina. I bambini che ne soffrono sono insistenti, costanti e persistenti nella sensazione di sentirsi nel corpo sbagliato. A detta di tutti è una cosa straziante: ho parlato con molti adulti transgender, la maggior parte dei quali biologicamente maschi, che descrivono il fastidio incessante di un corpo che si sente completamente sbagliato. Storicamente, questa è stata la rappresentazione classica della disforia di genere. Quando nessuno interveniva dal punto di vista medico nei confronti di questi bambini, o non ne incoraggiava quella che oggi chiamiamo la “transizione sociale”, più dell’80% di loro superava la disforia di genere in maniera spontanea [...]. Oggi, però, questi bambini non li lasciamo stare. Anzi, nel momento in cui sembrano non essere perfettamente femminili o perfettamente maschili, li etichettiamo come “bambini trans”. Gli insegnanti li incoraggiano a reinserirsi in classe con nuovi nomi e pronomi. Li portiamo dal terapeuta o dal medico, perlopiù da coloro che praticano le cosiddette cure affermative, cioè ritengono
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sia loro compito attestare la diagnosi di disforia di genere e aiutare i bambini nella transizione medica. Il primo passo specifico nel trattamento somministrato a questi bambini sono i bloccanti della pubertà, che inibiscono la parte della ghiandola pituitaria che regola il rilascio degli ormoni che favoriscono la pubertà. Il più comune di questi farmaci è il Lupron, il cui uso originario era la castrazione chimica degli autori di reati sessuali. Fino a oggi, la Fda non ha mai approvato questo farmaco per bloccare la pubertà naturale. Bisognerebbe chiedersi perché un genitore o un medico dovrebbero intervenire per fermare la pubertà di un bambino, dato che anche un bambino con effettiva disforia di genere molto probabilmente supererebbe quella condizione se lasciato stare. Alcuni sostengono che è traumatizzante lasciare che i bambini attraversino la pubertà con il sesso a cui non vogliono appartenere. Ma di solito la pubertà , con gli ormoni sessuali naturali, aiuta a superare la disforia di genere. I sostenitori delle “cure affermative” dicono che è pericoloso far sì che la pubertà si sviluppi, perché i tassi di suicidio tra i giovani e gli adulti transidentificati sono molto alti. Pertanto affermano che è necessario iniziare a trattare i bambini con disforia di genere in maniera netta e il prima possibile. Eppure non vi sono studi di qualità a lungo termine che indichino che i bloccanti della pubertà curino la tendenza al suicidio o addirittura migliorino la salute mentale. Né vi sono studi che dimostrino che i bloccanti della pubertà siano sicuri o reversibili se usati in questo modo.
Perché un genitore o un medico dovrebbero intervenire per fermare la pubertà di un bambino, dato che anche un bambino con effettiva disforia di genere molto probabilmente supererebbe quella condizione se lasciato stare?
Le affermazioni fatte attualmente da tanti medici e attivisti di genere secondo cui le misure mediche di transizione per i minori sarebbero sicure e reversibili, che sarebbero un “pulsante per mettere in pausa” senza gravi controindicazioni, non sono solo disoneste, ma distruttive. Se ne rendono conto anche medici transgender, di fama mondiale, come Marci Bowers ed Erica Anderson. [In proposito si veda a p. 34 la scheda in cui si riportano gli studi di un medico, ex trans, Hacsi Horvath, NdR] Quello che sappiamo è che i bloccanti della pubertà inibiscono lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari, la maturazione sessuale e la densità ossea. In effetti, a causa dell’inibizione della densità ossea e di altri rischi, i medici preferiscono non sottoporre i bambini ai bloccanti della pubertà per più di due anni. Sappiamo anche che in quasi tutti i casi in cui la pubertà sana di un bambino viene bloccata mediante trattamento medico, facendogli “perdere il passo” rispetto ai suoi coetanei, quel bambino passerà agli ormoni cross-sex. E quando i
bloccanti della pubertà e gli ormoni crosssex vengono somministrati a una ragazzina, diventa sterile. Potrebbe anche avere una disfunzione sessuale permanente, dato che i suoi organi sessuali non raggiungeranno mai la maturità. Ciò premesso, le affermazioni fatte attualmente da tanti medici e attivisti di genere secondo cui queste misure mediche di transizione per i bambini sarebbero sicure e reversibili, che sarebbero un “pulsante per mettere in pausa” senza gravi controindicazioni, non sono solo disoneste, ma distruttive. Non si accetterebbe una tale superficialità in nessun altro campo della medicina.
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“Disforia di genere ad insorgenza rapida” Come ho già detto, nei quasi 100 anni di ricerca scientifica sulla disforia di genere, questa è stata diagnosticata quasi esclusivamente nei bambini piccoli e principalmente nei maschi. Ma nell’ultimo decennio, un gran numero di ragazze adolescenti ha iniziato ad attribuirsi la disforia di genere. Prima del 2012 non esisteva, infatti, letteratura scientifica sulla disforia di genere nelle adolescenti. La dottoressa Lisa Littman, allora ricercatrice di salute pubblica alla Brown University, ha usato la frase “disforia di genere a insorgenza rapida” per riferirsi alla successiva impennata improvvisa nell’identificazione transgender tra le ragazze adolescenti senza una storia infantile di disforia. Questa impennata non riguarda solo l’America: la osserviamo in tutto il mondo occidentale. Per offrire giusto una statistica, vi è stato un aumento di decennio in decennio di oltre il 4.400 per cento nel numero delle ragazze adolescenti che richiedono un trattamento presso la clinica nazionale di genere del Regno Unito. In tutto l’Occidente, le ragazze adolescenti sono ora il principale gruppo demografico che sostiene di avere la disforia di genere. La causa di questo è il contagio sociale: la diffusione di idee, emozioni e comportamenti attraverso l’influenza dei coetanei, di altri casi di ragazze adolescenti che condividono e diffondono il proprio disagio. Vi è una lunga storia di contagio sociale in questa fascia d’età: anche l’anoressia e la bulimia si propagano in questo modo. E sappiamo che oggi le ragazze adolescenti si trovano al centro della peggiore crisi di salute mentale mai registrata, con i più alti tassi di ansia, autolesionismo e depressione clinica. Le ragazze adolescenti suscettibili a questo contagio sociale sono le stesse ragazze molto ansiose e depresse che durante l’adolescenza hanno problemi di socializzazione e la tendenza a odiare il proprio corpo. Aggiungiamo a questo un ambiente scolastico in cui è possibile ottenere importanza e popolarità dichiarando
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un’identità trans. Aggiungiamo la tendenza alla ribellione delle adolescenti nei confronti della madre. Aggiungiamo anche l’esaltante influenza dei social media, dove gli attivisti trans incoraggiano l’idea secondo la quale identificarsi come trans e iniziare un ciclo di testosterone curerà i problemi di una ragazza. Mettiamo insieme tutto questo e avremo un fenomeno sociale in rapida espansione. Ho parlato con le famiglie delle migliori scuole femminili, le quali confermano che il 15, il 20 e in un caso il 30% delle ragazze della classe di seconda media della figlia si identificano come trans. Quando si vedono cifre del genere si è in presenza di un contagio sociale in atto. Non vi è altra spiegazione plausibile. Queste adolescenti stanno soffrendo molto. Quasi tutte hanno avuto, a un certo punto, a che fare con un disturbo alimentare, con comportamenti autolesivi come tagliarsi o con una diagnosi per altre comorbilità di salute mentale. E ora si consente loro di auto diagnosticarsi la disforia di genere da parte di un’istituzione medica che ha stabilito che il suo compito è quello di assecondare e conformarsi agli adolescenti transidentificati. Fingere di non vedere Keira Bell ha avuto un’adolescenza molto travagliata ed è stata spinta a fare una transizione della quale poi si è pentita. Si è sottoposta a una doppia mastectomia e ha passato anni ad assumere testosterone, per poi realizzare che il suo problema non era mai stato la disforia di genere. L’Alta Corte di Giustizia, che ha esaminato i protocolli medici applicati al suo caso, protocolli identici a quelli che abbiamo negli Stati Uniti, è rimasta inorridita dal fatto che una così giovane fosse stata autorizzata a iniziare un processo di eliminazione della sua fertilità e funzionalità sessuale futura. Una delle cose preoccupanti che la Corte ha notato è che la clinica specializzata cui si era rivolta, il Tavistock Centre, non era stata in grado di mostrare alcun miglioramento psicologico nelle adolescenti che aveva trattato con gli ormoni per la transizione.
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Se, come immagino, non si sente parlare del caso di Keira Bell, è perché i media americani hanno deciso di far finta che il caso non sia accaduto. In modo analogo, continuano a ignorare o a escludere le storie di migliaia di detransitioners: così, negli Stati Uniti, succede che questa emergenza tra le ragazze adolescenti venga trattata come una questione politica, una questione cara ai conservatori, piuttosto che medica. E così, probabilmente il più grande scandalo medico del nostro tempo viene liquidato come una preoccupazione dei conservatori.
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L’assalto allo sport e agli spazi riservati alle donne Nessuna discussione sull’ideologia di genere può ignorare il processo in corso volto a sradicare gli sport e gli spazi dedicati alle ragazze e alle donne. Molte, o la maggior parte, delle persone che spingono per questo non sono transgender, bensì attivisti ideologizzati. Sono forti e appaiono vincenti. Questo movimento ha promosso leggi pericolose come l’Equality Act, che rende illegale distinguere tra uomini e donne biologici, e quindi escludere un maschio
biologico da una squadra sportiva femminile o da uno spazio riservato alle donne, che si tratti di un bagno, uno spogliatoio o una prigione. Così, centinaia di prigionieri biologicamente maschi, molti dei quali criminali violenti, hanno chiesto e ottenuto il trasferimento nelle carceri femminili. Agli attivisti che stanno spingendo per questo, non basta creare bagni unisex, una zona separata per gli atleti transidentificati, o zone di sicurezza separate nelle prigioni per gli uomini biologici transidentificati. No, stanno lavorando per abolire tutti gli spazi per sole donne e vogliono farlo adesso. Il filo conduttore che attraversa questi argomenti è che la verità viene oscurata dall’ideologia di genere. Si raccontano bugie sui rischi dei trattamenti di transizione somministrati ai bambini piccoli, sia per minimizzare i pericoli di questi trattamenti sia per ingigantire la loro utilità. Si raccontano bugie sui ricercatori e i giornalisti che cercano di denunciare il pericolo del contagio sociale tra le adolescenti sottoposte a trattamenti di transizione. E si raccontano bugie sul processo di smantellamento degli spazi riservati alle donne. L’ideologia di genere dietro queste bugie è sorella della teoria critica della razza […]. Proprio come alle famiglie che si oppongono all’indottrinamento a sfondo razziale nelle scuole viene detto che la loro negazione del razzismo è una prova del razzismo, alle donne che si oppongono alla partecipazione dei maschi biologici negli sport femminili, viene detto che le loro obiezioni sono la dimostrazione dell’intolleranza transfobica.
Abigail Shrier
Per darvi un’idea di fino a che punto siano arrivate le cose: alla fine dell’anno scorso sono stata informata da un membro della National Association of Science Writers, un’associazione di giornalisti con formazione scientifica, che un membro del forum online dell’associazione era stato espulso per aver accennato al mio libro sul contagio sociale
Prevale la menzogna
Le ragazze problematiche diventano preda di coloro i quali mirano a reclutare rivoluzionari. Proprio come l’obiettivo distruttivo della teoria critica della razza è quello di dividere gli americani dal punto di vista razziale, quello dell’ideologia di genere è di impedire la formazione di famiglie stabili, i pilastri della vita americana.
Questi dogmi mendaci hanno corrotto le nostre scuole primarie e secondarie, le nostre università e i nostri media tradizionali di comunicazione ed espressione, così come le nostre riviste scientifiche e le nostre organizzazioni e associazioni mediche: l’American Academy of Pediatrics, l’American Medical Association, l’American Psychiatric Association, ecc.
Il finanziamento pubblico e privato per la ricerca è quasi totalmente destinato a ricercatori che promuovono la transizione di genere e ne minimizzano i rischi.
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transgender tra le ragazze adolescenti. Non lo aveva nemmeno letto. Aveva solo detto che il libro sembrava interessante e per questo era stato espulso in quanto transfobico. Allo stesso modo, endocrinologi, psichiatri, pediatri e ricercatori preoccupati per i rischi degli interventi di genere, riferiscono che oggi fanno fatica a far pubblicare le loro ricerche. E il finanziamento pubblico e privato per la ricerca è quasi totalmente destinato a ricercatori che promuovono la transizione di genere e ne minimizzano i rischi. Vi è oggi una schiera di giovani medici, molti dei quali in pediatria o psichiatria infantile, che sono convinti del fatto che il loro compito più importante sia la “giustizia sociale”. Celebrano senza riserve l’aumento dei trattamenti di transizione nei giovani e sono imperdonabilmente indulgenti sui rischi di questi trattamenti. Il Washington Post ha recentemente citato alcuni di questi medici che sostengono che i bloccanti della pubertà sarebbero completamente reversibili: un fatto che nessun medico onesto può vantare di conoscere. Semplicemente non abbiamo i dati per sapere se i bloccanti della pubertà sono completamente reversibili dal punto di vista fisico quando vengono applicati per fermare la pubertà sana, e sicuramente non lo sono dal punto di vista psicologico. Stiamo assistendo a una impressionante politicizzazione della medicina e della scienza, che è il sintomo di una corruzione ancora più grande della società americana. Ora, vi è una cosa che mi preme sempre dire durante i miei interventi, e la dico per la semplice ragione che è la verità: gli adulti
Alle donne che si oppongono alla partecipazione dei maschi biologici negli sport femminili, viene detto che le loro obiezioni sono la dimostrazione dell’intolleranza transfobica.
Stiamo assistendo a una impressionante politicizzazione della medicina e della scienza, che è il sintomo di una corruzione ancora più grande della società americana.
transgender sono alcune delle persone più moderate e gentili che io abbia incontrato nel mio lavoro di giornalista. Non hanno alcuna intenzione di danneggiare le donne o di spingere la transizione sui bambini. Gli attivisti dell’ideologia di genere non li rappresentano.
Ogni volta che un adulto transgender me lo chiede, uso il nome e i pronomi che preferisce. Questa mi sembra la cosa più rispettosa e corretta da fare. Ma, e questo è un grosso ma, non mento mai. Questo significa che non dico mai, e mai dirò, che i trans sono donne. Ritengo che accettare questa menzogna porti, come stiamo vedendo, a conseguenze ingiuste e pericolose per le donne e le ragazze. Non è rispettoso o corretto ripetere queste menzogne. È da vili sacrificare il benessere delle donne all’ideologia della cancel culture. Ed è sbagliato. Spesso mi viene anche chiesto perché gli attivisti dell’ideologia di genere fanno quello che stanno facendo. Quale possibile spiegazione possa esserci, per esempio, nel dire ai bambini piccoli che potrebbero essere femmine e alle bambine piccole che potrebbero essere maschi. La risposta migliore mi si è presentata parlando con le persone che hanno fatto la transizione. Ho più volte ascoltato da queste giovani donne che nel periodo della transizione erano arrabbiate e orientate verso una posizione politica radicale. Spesso avevano interrotto i rapporti con le loro famiglie, essendo state istruite a farlo dagli attivisti di genere presenti in internet. A questo proposito, possiamo notare come vi sia un numero enorme di persone confuse sul proprio genere tra le fila degli Antifa di città come Portland. In altre parole, il nocciolo
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C’è un giudice in Virginia… Luca Marcolivio
La Corte Suprema della Virginia dà ragione a un insegnante cristiano
della questione è il caos, e queste ragazze problematiche diventano preda di coloro i quali mirano a reclutare rivoluzionari. Proprio come l’obiettivo distruttivo della teoria critica della razza è quello di dividere gli americani dal punto di vista razziale, quello dell’ideologia di genere è di impedire la formazione di famiglie stabili, i pilastri della vita americana. Cosa possiamo fare? Quindi, cosa possiamo fare al riguardo? Come possiamo reagire? Innanzitutto, dobbiamo opporci all’indottrinamento dei bambini all’ideologia di genere. Non vi è alcuna valida ragione per questo indottrinamento che concretamente arreca danni. Dobbiamo assolutamente insistere sul fatto che tutti i bambini vengano trattati con rispetto senza indottrinare un’intera generazione alla confusione di genere. In secondo luogo, dobbiamo superare le nostre paure affermando la verità nella vita pubblica. Ovunque ci troviamo, dobbiamo
rifiutarci di raccontare bugie. E dobbiamo sempre distinguere chiaramente tra le persone transgender, persone da rispettare, che hanno la dignità di ogni persona umana, e il movimento ideologico transgender, che cerca di deviare i bambini e indebolire le famiglie. Si tratta di un movimento che vorrebbe mettere i nostri figli contro se stessi perché i suoi sostenitori sanno che non vi è danno maggiore, nessun metodo più veloce per mettere l’America in ginocchio, che spingere i nostri figli a procurarsi danni irreversibili. Le persone che promuovono questa ideologia hanno ottenuto un vantaggio su di noi di forse di un decennio. Ma ora penso abbiano svegliato un gigante addormentato. Il successo del mio libro ne è un segnale. Un altro segnale sono le numerose leggi statali che ora stanno mettendo in discussione questa questione. Si tratta dei nostri figli e dei nostri nipoti. Il nostro futuro dipende dalla nostra vittoria in questa battaglia.
L’ideologia gender avanza in tutto il mondo come un rullo compressore, senza incontrare nessun ostacolo? Non ovunque. Sicuramente non in Virginia. Nello stato americano si è consumato un episodio che potrebbe rappresentare un’inversione di tendenza o, più realisticamente, si registra un dato di fatto: i mezzi per bloccare le mosse della lobby arcobaleno ci sono tutti, vanno solo utilizzati nel migliore dei modi. L’illuminante vicenda è di importanza capitale, perché vede come scenario la sfera educativa. Byron Cross, insegnante di educazione fisica presso una scuola primaria della contea di Loudoun, era stato sospeso per aver criticato apertamente un regolamento scolastico distrettuale che impone agli insegnanti e agli amministrativi l’uso dei pronomi transgender a scuola. «Sono un insegnante ma servo prima Dio e non affermo che un ragazzo nato maschio può essere una ragazza e viceversa perché va contro la mia religione», ha protestato Cross durante un consiglio di istituto lo scorso maggio. «È mentire a un bambino, è un abuso contro un bambino ed è peccare contro il nostro Dio». Durante la riunione, l’insegnante “dissidente” si era espresso «per amore di coloro che soffrono di disforia di genere. Amo tutti i miei studenti - aveva detto - e non mentirò mai loro, a prescindere dalle conseguenze». Due giorni dopo, Bryan Cross
riceveva una lettera che gli comunicava il suo congedo, «in attesa di un’indagine sull’accusa di aver tenuto una condotta che ha avuto un impatto negativo sulle attività della Leesburg Elementary School». A seguito del ricorso giudiziario esperito dall’insegnante, lo scorso 30 agosto, la Corte Suprema dello stato della Virginia ha decretato illegittima la sospensione di Cross, ribadendo la conclusione di un tribunale di livello inferiore, secondo il quale i funzionari scolastici non avevano dimostrato alcun impatto negativo da parte dell’insegnante, obbligando così la scuola al suo reintegro in cattedra. «Gli insegnanti non dovrebbero essere costretti a promuovere ideologie da loro ritenute false e dannose per gli studenti, né dovrebbero essere messi a tacere per aver fatto commenti in una riunione pubblica», ha dichiarato l’avvocato Tyson Langhofer, legale di Bryan Cross e
Non si vince nessuna battaglia, se nessuno è disposto a sacrificarsi sul piano personale
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Notizie Pro Vita & Famiglia
novembre 2021
Non si può costringere un insegnante a negare la verità su cosa significhi essere maschio e femmina, chiamando gli studenti con i pronomi da loro scelti
Byron Cross
consulente senior dell’Alliance Defending Freedom (ADF). A difesa dell’insegnante sospeso, la Corte Suprema della Virginia ha stabilito che «il discorso e il contenuto religioso» di Cross erano «centrali» nella decisione del consiglio di sospenderlo e che lui stesso ha parlato da privato cittadino «su una questione di interesse pubblico». Successivamente, intervistato da Fox News, l’avvocato Langhofer ha detto che la decisione della Corte Suprema «ha riaffermato che il distretto scolastico ha probabilmente violato i diritti di Cross, avendolo punito per aver
I mezzi per bloccare le mosse della lobby arcobaleno ci sono, bisogna solo saperli usare
semplicemente espresso la sua opinione» in sede consiglio d’istituto su una questione tutt’altro che secondaria». Secondo Langhofer sarebbe opportuno aiutare i «bambini che stanno lottando con la disforia di genere, evitando di farlo attraverso una scienza infondata, una cattiva politica e un’ideologia politicamente motivata». Langhofer sostiene che l’esito giudiziario della vicenda capitata al suo assistito si profila come un precedente. «Molti insegnanti ci contattano in tutto il paese e sono preoccupati per queste politiche perché credono siano dannose per i loro studenti», ha detto l’avvocato. Nella stessa contea di Loudoun, due insegnanti, Monica Gill (scuola superiore) e Kim Wright (scuola media) si sono unite alla causa di Bryan Cross. L’azione è quindi «giustificata», ha proseguito Langhofer, poiché il regolamento imposto dal distretto scolastico di Loudoun costringe un gran numero di insegnanti a «contraddire le loro convinzioni fondamentali solo per mantenere un posto di lavoro». La controversia giudiziaria capitata nella contea di Loudoun è diventata ben presto
di interesse nazionale in tutti gli Usa. Anche diversi gruppi di genitori si sono opposti all’ideologia gender a scuola e i video della loro protesta sono diventati subito virali. Due di loro sono stati arrestati all’inizio di quest’anno per «sconfinamento» dopo che il consiglio d’istituto aveva convocato una riunione a porte chiuse, impedendo a centinaia di genitori di esprimere la propria opinione su temi delicati come i bagni per transgender. Le autorità scolastiche hanno quindi chiesto l’intervento della polizia che ha fatto scattare le manette per i due genitori dissidenti. Quanto successo in Virginia è da prendere ad esempio anche in Europa e in Italia per varie ragioni. In primo luogo, perché in America, dove il dibattito sui temi Lgbt è particolarmente acceso e polarizzato e dove la deriva antropologica ha raggiunto i suoi livelli più inquietanti, dobbiamo imparare da chi è disposto ad esprimere le proprie idee, non
solo sfidando l’opinione prevalente ma anche rimettendoci sul piano personale. Nel suo caso, Bryan Cross ha perso il proprio lavoro, seppur temporaneamente. Il discorso vale anche per i pro life e pro family italiani, generalmente più propensi al dialogo e alla mediazione rispetto ai loro corrispettivi d’Oltreoceano: non si vince nessuna battaglia, se nessuno è disposto a sacrificarsi sul piano personale. La sicurezza economica e lavorativa di un singolo è importante, ma non vale quanto la libertà di educazione e di espressione di tutti. Quest’ultima è un tesoro prezioso che siamo tenuti a trasmettere nella sua integrità alle nuove generazioni. Ulteriore insegnamento che si trae dalla controversia giudiziaria di Loudoun: l’unione fa la forza. C’è sempre bisogno di qualche coraggioso battitore libero, il cui gesto, se credibile e sensato, attirerà necessariamente altri spiriti liberi “latenti”. E il verbo della vita e della famiglia si allargherà a macchia d’olio…
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Notizie Pro Vita & Famiglia
In cineteca
novembre 2021
L’abolizione della donna. Come il femminismo radicale tradisce le donne
Blue Miracle Titolo originale: Blue Miracle Paese di produzione: Usa Anno: 2021 Durata: 95 min. Genere: drammatico Regia: Julio Quintana Blue Miracle (A pesca per un sogno) è un film che ha segnalato Rino Cammilleri su La Nuova Bussola Quotidiana. Narra la storia vera di Omar, che in Messico, a Cabo San Lucas, partecipa a una gara di pesca perché col premio potrà tenere aperto l’orfanotrofio che ha fondato insieme con sua moglie e che sta vivendo la crisi che ha colpito la zona a seguito di un uragano devastante. Anche Omar è cresciuto orfano, per la strada. Suo padre era morto in un incidente di pesca, e lui si iscrive alla gara con i suoi ragazzi, anche se non hanno mai pescato in vita loro, con la barca scassata di un vecchio lupo di mare (Dennis Quaid). Bisogna pescare il Marlin, il pesce-spada oceanico detto anche pesce-vela per l’enorme cresta, enorme e pericoloso. Omar si trova di fronte alla possibilità di barare o di affidarsi alla Provvidenza… e poi non vogliamo anticipare altro.
In biblioteca
Segnaliamo in questa pagina film che trasmettono almeno in parte messaggi valoriali positivi e stimolano il senso critico rispetto ai disvalori che vanno di moda. Questo non implica l’approvazione o la promozione globale da parte di Pro Vita & Famiglia di tutti i film recensiti.
Fiorella Nash D’Ettoris Editori
Più una donna ha a cuore la parità fra i due sessi nei diritti e nei rapporti civili, economici, giuridici, politici e sociali e più dovrebbe impegnarsi per la tutela pubblica di ogni vita. Chi è sempre in piazza per difendere i “diritti civili” non s’indigna dinanzi alle donne cinesi indotte alla sterilizzazione o all’aborto forzati; dinanzi alle migliaia di bambine uccise ogni anno prima di nascere semplicemente per il fatto di essere donne; dinanzi alle migliaia di donne che ricche coppie occidentali “cosificano”, utilizzandole come madri surrogate; dinanzi a una cultura ipersessualizzata, che usa il corpo delle donne come mero oggetto di piacere.
Diritto del delitto Quando scorrono i titoli di coda si possono vedere i veri protagonisti della vicenda. Ma forse la principale protagonista di questo film è la fede. Perciò, dice giustamente Cammilleri, sarebbe un film da proporre su TV 2000, ma, visti i tempi, accontentiamoci di vederlo su Netflix, che di tanto in tanto qualcosa di buono produce.
Francesco Corsari Epigraphia edizioni
Come in Delitto e castigo di Dostoevskij, un assassinio ci spinge a riflettere sulla morale dei nostri tempi. Dopo aver tranquillamente accettato l’aborto e l’eutanasia, presto si potrà giungere all’impunità di qualsiasi delitto. Se si può uccidere un bambino in grembo, allora possiamo anche uccidere qualsiasi uomo, perché gli omicidi sono soltanto aborti di uomini adulti, e non c’è più nessuna sacralità da dover rispettare. Francesco Corsari spinge la sua penna dentro l’ipocrisia moderna e indaga con spietata lucidità, smascherando i falsi miti di una modernità che si crede civile, mentre è soltanto indifferente.
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Dal 1962 approfondimenti, inchieste, notizie e molto altro. Scoprilo in edicola tutti i mercoledì Diretto da Maurizio Belpietro