Anno VII| Aprile 2018 Rivista Mensile N. 62
Notizie
Trento CDM Restituzione POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1 NE/TN
MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES
“Nel nome di chi non può parlare” Organo informativo ufficiale dell’associazione ProVita Onlus - Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale -
SOPRAVVISSUTI AL SESSANTOTTO DISCORSO ALLA MARCH for LIFE
DAL SOGNO HIPPIE ALL’INCUBO YUPPIE
ARDUIN IL RINNEGATO di Silvana De Mari
di DONALD J.TRUMP, p. 13
di ENZO PENNETTA, p. 15
di giulia tanel, p. 36
MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES Notizie
EDITORIALE
3
NEWS
4
ARTICOLI ProVita in azione 6 Dillo a ProVita! 7 Ritratto di una donna
Anno VII | Aprile 2018 Rivista Mensile N. 62 Editore ProVita Onlus Sede legale: via della Cisterna, 29 38068 Rovereto (TN) Codice ROC 24182 Redazione Toni Brandi, Alessandro Fiore, Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel Piazza Municipio, 3 - 39040 Salorno (BZ) www.notizieprovita.it/contatti Cell. 329-0349089 Direttore responsabile Antonio Brandi
Marciare per la Vita
Gloria Pirro
Discorso alla March for Life
Tipografia
13
Donald J. Trump
Enzo Pennetta
«Liberi, liberi!» 18
Clemente Sparaco
Droga: «Una delle più grandi e atroci idiozie della generazione del ‘68» 21 Giuseppe Fortuna
Un progetto culturale e politico fondato sulla psicoanalisi
Roberto Marchesini
Distribuzione
FILM: Hair
25 30
Marco Bertogna
Uno zigote, un bambino, una persona
Hanno collaborato a questo numero: Marco Bertogna - Giuseppe Fortuna - Virginia Lalli - Roberto Marchesini - Enzo Pennetta - Gloria Pirro - Francesca Romana Poleggi - Luca Scalise - Clemente Sparaco - Giulia Tanel
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PRIMO PIANO Dal sogno hippie all’incubo yuppie 15
Direttore editoriale Francesca Romana Poleggi Progetto e impaginazione grafica
9
Luca Scalise
34
Francesca Romana Poleggi
Arduin il rinnegato 36
Giulia Tanel
Uova d’oro
Virginia Lalli
LIBRI
38 43
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21 L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto. La rivista Notizie ProVita non ti arriva con regolarità? Contatta la nostra Redazione per segnalare quali numeri non ti sono stati recapitati e invia un reclamo online a www.posteitaliane.it Grazie per la collaborazione! Le immagini presenti in questo numero sono state scaricate legalmente da www.pixabay.it
Nel nostro Primo piano vi offriamo qualche spunto per riflettere su quella che è stata la radice e quello che è il frutto del Sessantotto. Vedremo che è stata una rivoluzione borghese che ha posto le premesse dell’antropologia liquida, materialista e consumista che affligge i nostri giorni. Una rivoluzione protesa al riconoscimento di falsi diritti e false libertà (sesso, droga e rock ‘n roll), che disconoscono e calpestano la dignità degli esseri umani. Una rivoluzione che davvero ha mandato in fumo le aspirazioni dei tanti giovani, finiti con il cervello spappolato dalle droghe, o morti ammazzati, o in galera per il terrore che ha caratterizzato i successivi “Anni di piombo”. Una rivoluzione che ha cominciato ad abbattere i valori – la religione (soprattutto quella cattolica), la famiglia, la Nazione, l’educazione (scolastica e non) – che oggi si sono assottigliati all’inverosimile… ma che hanno resistito. Sì, cari Lettori: siamo “Sopravvissuti al Sessantotto”. L’intellighenzia radical chic che detiene il potere globale, con i soldi di Soros & Co, ha fatto molti danni e ne continua a fare: basti pensare alle leggi mortifere e disumane – figlie del Sessantotto – che sono state approvate dagli anni Settanta ai giorni nostri (dal divorzio e dall’aborto, fino all’eutanasia). Ma contro questa élite rumorosa e illiberale, e nonostante la massa di individui indottrinati, soli e disperati, che le dà seguito, c’è ancora una comunità di gente sana, che ama e che lavora per il bene comune. Non siamo pochi. E anche se fossimo pochi, siamo un lievito potente, in grado di far fermentare tutta la farina. Lo possiamo – e lo dobbiamo – perché non siamo soli: Colui che ha già prevalso sul male e sulla morte è con noi e ci sosterrà sempre, fino alla vittoria. Toni Brandi
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EDITORIALE
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La guerra in Vietnam, la Primavera di Praga, il terremoto del Belice, l’assassinio di Martin Luther King… sono tanti gli avvenimenti storici che hanno avuto luogo nel 1968. Eppure “Sessantotto”, per antonomasia, è sinonimo del movimento studentesco che ha acceso fuochi rivoluzionari in America, in Francia e in tutta Europa. Fuochi rivoluzionari, certamente. Che però hanno fatto solo molto fumo e hanno confuso e annichilito le coscienze senza costruire, né gettare le basi per costruire, un futuro migliore.
di Enzo Pennetta
Dal sogno hippy all’incubo yuppie Il Sessantotto ha segnato la fine della società tradizionale e della scuola orientata alla cultura
In occasione del cinquantenario è possibile guardare il Sessantotto a distanza e giudicare in modo obiettivo i motivi della protesta giovanile di quegli anni e le profonde conseguenze che ne hanno fatto lo spartiacque tra un “prima” e un “dopo” di due mondi diversi. Qualcuno ha sintetizzato quel che è accaduto dicendo che si è trattato di “una risposta sbagliata ad una domanda giusta”: per capire quale fosse la domanda bisogna tenere presente il fatto che il movimento ebbe inizio negli USA come protesta contro la guerra del Vietnam; furono infatti le proteste nei Campus statunitensi a innescare quel movimento che in Europa sarebbe poi sfociato nel maggio francese. Le proteste di Parigi furono almeno inizialmente osteggiate dal Partito Comunista Francese, in quanto portate avanti principalmente dai giovani della Primo piano
borghesia, ed è questo il punto che permetterà di comprendere quello che è accaduto in seguito. La protesta, lungi dal rivendicare i diritti e i bisogni del proletariato, si avviò quindi a chiedere maggiori – e spesso totali – libertà per le giovani classi borghesi: se la Rivoluzione francese del 1789 aveva portato al potere la borghesia contro la nobiltà, quella del Sessantotto in nome di una pretesa lotta all’oppressione capitalista avrebbe rivendicato per la nuova
borghesia una libertà totale nei costumi. In quel momento lo Stato e la famiglia vennero visti come avversari, e non come valori unificanti e ricchezza collettiva da difendere.
IL MOVIMENTO DEL SESSANTOTTO FU UN MOVIMENTO BORGHESE VOTATO ALLA CONQUISTA DELLA TOTALE LIBERTÀ NEI COSTUMI
15 N. 62
IL DIRITTO ALL’ISTRUZIONE FU TRASFORMATO IN DIRITTO ALLA PROMOZIONE Dalla giusta richiesta di un diritto all’istruzione e a un rapporto più umano con i docenti si passò presto al richiedere il diritto alla promozione. Imprescindibile per capire quegli anni è la figura di Don Milani e il suo Lettera a una professoressa del maggio 1967, con il quale chiedeva sostanzialmente un’istruzione per tutti, e che finì per essere strumentalizzato e fatto proprio da chi invece proponeva un diploma per tutti. Chi ha vissuto gli anni Settanta ricorda che circolavano storie su esami dati all’università con la P38 sulla cattedra e la diffusa idea del diritto a un “sei politico”, termine rimasto in uso ancora oggi per indicare una promozione dettata da motivazioni ideologiche. E infatti, mentre l’università veniva scossa da dinamiche che ribaltavano il sistema dei cosiddetti “baroni” con un eccesso di segno opposto dove imponevano la loro logica i collettivi studenteschi, l’esame di maturità veniva stravolto con l’assurda formula delle quattro materie sorteggiate e delle due sulle quali si sarebbe stati effettivamente interrogati. La rivoluzione del Sessantotto, essendo una rivolta interna al 16 N. 62
mondo borghese, non tardò a mostrare i propri frutti, trasformandosi in una pretesa di avere “tutto e subito” e imponendo l’elevazione della giovinezza, con le sue illimitate potenzialità di scelta, a ideale di vita. Questo non poté che sfociare in un’esaltazione del liberismo, oltre che del libertarismo, di un sistema economico sempre più refrattario all’esistenza di limiti al comportamento, con l’affermazione di sempre più pretesi nuovi diritti individuali. E così dopo essere partiti come movimento di ribellione verso il modello borghese e capitalista, il movimento del Sessantotto finì con il mettere in crisi la classe borghese, ma senza colpire il capitalismo, anzi l’indebolimento della cultura borghese portò a una perdita di controllo sui desideri che, così liberati, vennero a dare ancor maggior
La bandiera dello Youth International Party
IL MOVIMENTO DI RIBELLIONE VERSO IL MODELLO BORGHESE E CAPITALISTA FINÌ COL METTERE IN CRISI LA CLASSE BORGHESE, MA SENZA COLPIRE IL CAPITALISMO
consistenza alla mentalità consumistica e la perdita di inibizioni sessantottina sarebbe diventata una potente alleata del consumismo capitalista.
Primo piano
Jerry Rubin, una delle figure più rappresentative del movimento hippy, avendo fondato il VDC (Vietnam Day Committee) e co-fondato con Abbie Hoffman lo Youth International Party (la cui bandiera presenta il fondo nero dell’anarchia, la stella rossa della rivoluzione e la foglia di marijuana), negli anni Ottanta
Jerry Rubin, una delle figure più rappresentative del movimento hippy, negli anni Ottanta divenne pioniere e precursore del movimento degli yuppies
LO STATO E LA FAMIGLIA VENNERO VISTI COME AVVERSARI E NON COME VALORI UNIFICANTI E RICCHEZZA COLLETTIVA DA DIFENDERE Primo piano
divenne pioniere e precursore del movimento degli yuppies (Young Urban Professional), i giovani rampanti alla ricerca del successo e dei soldi facili delle speculazioni in borsa. Questo tipo umano era il figlio nascosto della generazione hippy ed è stato rappresentato da Martin Scorzese nel film The wolf of wall street, dove il broker newyorkese Jordan Belfort, interpretato da Leonardo Di Caprio, impersona in definitiva proprio la mutazione antropologica avvenuta in seguito al Sessantotto. Il movimento hippy non si è dunque dissolto per fallimento o per esaurimento come si potrebbe credere, bensì si è evoluto e trasformato in una cultura di massa che, rigettati i valori tradizionali, ha assunto quelli del successo economico come unica vera e massima forma di libertà e realizzazione. Inevitabilmente anche la formazione scolastica non avrebbe potuto fare altro che seguire il mutamento sociale adeguandovisi, anche se con tempi sfasati e più lenti. Al di là delle dichiarazioni di convenienza, la considerazione per la cultura andava declinando nella coscienza delle persone, lasciando sempre più spazio a considerazioni materiali relative alle prospettive lavorative ed economiche legate al titolo di studio: sarebbe stato
necessario aspettare la fine degli anni Novanta per vedere il cambiamento concretizzarsi in una elaborazione vera e propria, che vide la luce infine nel febbraio 2000 con la riforma Berlinguer. Significativamente è stato un ex comunista ad aver consegnato la scuola al capitalismo. E significativamente sarà il Governo Berlusconi attraverso il ministero Moratti ad attuare i principi contenuti nella riforma Berlinguer dopo averla abrogata formalmente, ma riproposta nella sostanza. Sarà il momento delle “tre i”: Internet, Inglese, Impresa. Internet ha assolto la funzione del trip allucinogeno, dato che i principali attori della rivoluzione informatica affondano le radici in quella psichedelica; l’inglese è passato attraverso la cultura pop divenendo cultura nazionale; e infine l’impresa, intesa come la ricerca della ricchezza, ha rappresentato la realizzazione del sogno di libertà impersonata da quella economica. Il Sessantotto ha segnato la fine della società tradizionale e della scuola orientata alla cultura, ma la nascita del sogno hippy altro non era se non la preparazione dell’incubo yuppie, e così la scuola nata nel Sessantotto con il sogno della libertà e della rivoluzione ha avuto invece come figlia la scuola asservita al mercato. 17 N. 62
di Marco Bertogna
FILM
Hair
Titolo: Hair Stato e Anno: Stati Uniti, 1979 Regia: Milos Forman Durata: 121 min. Genere: Drammatico, Musicale
Nel panorama del cinema odierno segnaliamo alcuni film “controcorrente”, che trasmettano almeno in parte messaggi valoriali positivi e che stimolino il senso critico rispetto ai disvalori imperanti. Questo non implica la promozione, né l’approvazione globale delle opere recensite da parte di ProVita Onlus.
30 N. 62
Siamo sul finire degli anni Sessanta, negli Stati Uniti. È la storia di Claude Bukowsky, un giovane dell’Oklahoma che lascia la sua terra per rispondere alla chiamata alle armi a New York e prepararsi così alla guerra del Vietnam. Claude, passeggiando a Central Park viene attratto da alcuni giovani hippies; nello stesso momento incontra Sheila, giovane altolocata della quale si innamora. La vicinanza dei nuovi amici lo porta a sperimentare alcune droghe e, in generale, ad avere un nuovo atteggiamento nei confronti della vita, dell’amicizia, dell’amore, della guerra; verrà messo in prigione, insieme ai suoi nuovi amici, per una scazzottata in una festa dove si erano intrufolati senza essere stati invitati. Infine Claude raggiunge la caserma in Nevada per iniziare l’addestramento, e gli amici lo raggiungono. Qui Berger, l’amico più intraprendente, lo sostituisce nella camerata per dargli la possibilità di stare qualche oretta con Sheila, ma proprio in quel lasso di tempo vengono imbarcati i militari per il Vietnam e Berger si ritrova così ad andare a combattere per una guerra in cui non crede e a morire insieme a tanti altri giovani americani. Hair è un film del 1979 diretto da Milos Forman, tratto da un musical in scena nei teatri americani dal 1967, ed è imperniato sulla
colonna sonora con i successi che hanno caratterizzato il “mitico” Sessantotto. Se però oltrepassiamo la vivacità e l’euforia della musica e dei balletti che caratterizzano il film, ci imbattiamo nella debolezza, goffaggine e poca costanza del nostro protagonista e nella stereotipizzazione dei personaggi, che ci propongono il triste contraltare alle lotte e manifestazioni di quel periodo (la libertà dalla guerra, l’amore libero, la droga, l’uguaglianza...). È un po’ imbarazzante, alla luce delle verifiche scientifiche sui danni provocati dalla droga, vedere l’uso che ne viene fatto nel film e pensare che, nelle intenzioni degli autori, questa fosse una proposta positiva e nuova per i giovani. Non basta la musica per rendere “mitico” un periodo, non bastano slogan come «Fate l’amore, non fate la guerra» per accettare in toto un periodo denso come quello Sessantottino. Hair è un film che può farci riflettere e discutere sui principi che hanno mosso molti giovani di quegli anni e sulle modalità con le quali sono stati portati avanti questi principi stessi. Il film è denso di esempi da non seguire e ideologie ambigue e/o false: anche se a suo tempo è stato un grande successo, ha contribuito alla propaganda dei disvalori sessantottini... non è davvero un film ProVita. Primo piano
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