ProVita Gennaio 2018

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Trento CDM Restituzione

Anno VII| Gennaio 2018 Rivista Mensile N. 59

MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES

Notizie

“Nel nome di chi non può parlare”

POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1 NE/TN

Organo informativo ufficiale dell’associazione ProVita Onlus - Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale -

LA SCIENZA BUONA Due anniversari a confronto

scienza buona al servizio della vita

La psicologia, scienza dell’anima

Luca Scalise, p. 6

Giuseppe Noia, p. 19

Roberto Marchesini, p. 33


MEMBER OF THE WORLD CONGRESS OF FAMILIES Notizie

EDITORIALE 3 LO SAPEVI CHE... 4

Anno VI | Gennaio 2018 Rivista Mensile N. 59 Editore ProVita Onlus Sede legale: via della Cisterna, 29 38068 Rovereto (TN) Codice ROC 24182 Redazione Toni Brandi, Federico Catani, Alessandro Fiore, Francesca Romana Poleggi, Giulia Tanel G r aMunicipio, f i c a i l l u s3t r- a39040 t r i c e Salorno (BZ) Piazza www.notizieprovita.it/contatti Cell. 329-0349089

Due anniversari a confronto

Federico Catani

Luca Scalise

Popoli sud americani, gente per la vita

6 10

PRIMO PIANO

Aldo Rocco Vitale

La scienza tra libertà ed etica

Giuseppe Noia

15

Scienza buona al servizio della vita 19

Curare con le staminali, senza uccidere

26

La psicologia, scienza dell’anima

33

Quando la “scienza” dice le bugie

36

FILM: A Beautiful Mind

39

Direttore responsabile FRANCESCA GOTTARDI Antonio g r a f iBrandi ca illustratrice

Francesca Romana Poleggi

Direttore editoriale Francesca Romana Poleggi

Roberto Marchesini

Progetto e impaginazione grafica

Giuliano Guzzo

Tipografia

Distribuzione

Marco Bertogna

Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Marco Bertogna, Federico Catani, Giuliano Guzzo, Roberto Marchesini, Giuseppe Noia, Francesca Romana Poleggi, Luca Scalise, Clemente Sparaco, Aldo Rocco Vitale

Clemente Sparaco

Aborto tardivo

40

Letture Pro-life

43

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10

19

40 L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto. La rivista Notizie ProVita non ti arriva con regolarità? Contatta la nostra Redazione per segnalare quali numeri non ti sono stati recapitati e invia un reclamo online a www.posteitaliane.it Grazie per la collaborazione! Le immagini presenti in questo numero sono state scaricate legalmente da www.pixabay.it

EDITORIALE

L

’hybris è una tentazione antica quanto l’uomo, il quale non accetta i propri limiti e vuole mettersi al posto di Dio: come i nostri progenitori, ciascuno di noi ne fa esperienza nella vita. Ma gli scienziati, che obiettivamente hanno l’intelligenza di cose tanto grandi (o tanto piccole) che “noi umani” difficilmente riusciamo a comprendere, ne sono tentati più di altri: la maggior parte di loro, come scrive Francesco Agnoli nei suoi libri, essendo scienziati e intravedendo l’Infinito, sono stati e sono credenti, quindi accettano i limiti etici. Altri non vogliono e si sentono di dover andare “al di là del bene e del male”. In questo mondo nel quale la cultura della morte vorrebbe insinuarsi dappertutto in nome della scienza (che, in questo caso, non è buona scienza bensì scientismo) si vorrebbero giustificare le violazioni del principio fondamentale della convivenza civile che riconosce somma dignità a tutte le persone, nel rispetto della quale la scienza non deve mai considerare gli esseri umani come mezzi, ma sempre e solo come fini. E i media alleati alla cultura della morte presentano come “conquiste di civiltà” pratiche scientifiche come la manipolazione degli embrioni umani e l’eliminazione eugenetica dei bambini imperfetti con l’aborto, agevolato dal progresso nelle diagnosi in grembo e dalle nuove pillole assassine. In questo numero di Notizie ProVita, allora, vogliamo dare spazio alla scienza vera, alla scienza buona: alla scienza che progredisce nonostante il fatto che i finanziamenti alla ricerca siano scarsi e prevalentemente pilotati proprio dalla cultura della morte. Parleremo della ricerca etica sulle cellule staminali e dei risultati sorprendenti che ottengono i medici “veri” curando i bambini nel grembo, non eliminandoli. Ancora una volta dobbiamo ringraziare il professor Noia, del Policlinico Gemelli di Roma, e la sua fondazione Il Cuore in una Goccia per il contributo che ha dato alla Redazione. E promettiamo ai nostri Lettori che nei prossimi numeri di questa Rivista continueranno a leggere di altre grandi conquiste della scienza buona. Buon Anno Nuovo, cari amici! Toni Brandi


LO SAPEVI CHE...

4 N. 59

PILLOLA E SALUTE FEMMINILE

Sul blog di Concita De Gregorio, ex direttrice de L’Unità, è stata pubblicata la forte testimonianza di una farmacista che spiega come le donne siano state ingannate dalla propaganda della pillola contraccettiva. A scapito della sua salute, la dottoressa ha dovuto imparare che la pillola può provocare ictus, embolia polmonare, infarto. «Vorrei che si parlasse della pillola e dei suoi rischi, della trombofilia data dagli estrogeni, anche a basso dosaggio… Sono stata tradita come donna, ho assunto un farmaco che ha messo a rischio la mia vita, mi ha causato un’invalidità permanente del 60%. [...] Sono obbligata per legge a dispensare tutti i farmaci dietro presentazione di ricetta medica e vendo anche la pillola, a malincuore, ma spendo sempre alcune parole per informare le donne sui rischi gravi cui potrebbero andare incontro».

NÉ MASCHIO, NÉ FEMMINA

«Una mela è una mela», dicono alcuni. Il sesso degli esseri umani è maschile o femminile, insistono gli stessi. Altri (gente molto alla moda) dicono: «Per me la mela è una pizza napoletana. E tanto basta affinché io meriti rispetto, non discriminazione». E non solo: chi dice che la mia mela non è una pizza napoletana è omofobo, fascista, clericale e merita la galera. La stessa cosa vale per il sesso: questo sistema binario (maschio/femmina) non va bene. Limita la fantasia di alcuni che si sentono “altro”. E quindi in nome della democrazia, della non discriminazione e dell’inclusione, bisogna che tutti riconoscano questo “altro sesso”. E il bello è che a questi “matti” (e ci dispiace doverlo dire, ma quello che “scambia la moglie per un cappello” è matto, anche se non lo riconosce e se la prende a male) la giurisprudenza e la legislazione dei Paesi “civili” dà ragione. In Australia, in Canada e ora anche in Germania per legge si può stabilire di non essere né di sesso maschile, né di sesso femminile. Altrove, anche in Italia, per ora si può stabilire di essere di sesso femminile (o maschile) anche se la biologia dice il contrario. Non conta la realtà. Conta la legge. Aspettiamo di vedere che, per decisione di qualche Corte costituzionale, la legge stabilisca che gli asini volano. E poi guai a chi dice che non è vero.


Giuseppe Vicinelli, avvocato, classe 1963, dal 2014 sindaco di Sant’Agata Bolognese ha creato l’Assessorato alla Vita: è il primo caso in Italia e verrà retto dallo stesso primo cittadino, dal momento che attualmente non è possibile nominare altri assessori. Vicinelli ha dichiarato a ProVita: «La vita è la cosa più importante. Se non si dà importanza alla vita, non la si dà a nulla perché senza di essa viene meno tutto il resto. La vita è sacra e ogni individuo è diverso e può dare un contributo che è solo suo e che, se quella vita non viene fatta nascere, non potrà essere replicato da nessun altro. E se il compito delle amministrazioni pubbliche è quello di tendere al bene, non si può non tenere in considerazione la vita, che è il bene sommo». L’Assessorato gestisce uno sportello CAV (Centro Aiuto alla Vita) a Terre d’Acqua e nel 2018 regalerà un pacco a ogni nuovo nato, senza gravare sulle casse comunali. «Il nostro intento – sottolinea infine Vicinelli – è soprattutto quello di dare l’informazione, perché se la gente sa può evitare gesti come l’aborto o l’infanticidio, che poi la segneranno per tutta la vita».

ASSESSORATO ALLA VITA

L’Organizzazione Mondiale della Sanità si dice da sempre molto preoccupata per la salute delle donne. E pone come condizione necessaria per garantire la salute delle donne l’accesso all’aborto legale, cioè sicuro (secondo loro). E perciò ha un grande predicare contro l’aborto “unsafe”, non sicuro in quanto non realizzato secondo i protocolli internazionali approvati dalla stessa OMS, oppure da personale non qualificato: il famoso (a volte fantomatico) aborto clandestino (che uccideva milioni di donne ogni anno, secondo le bugie radicali degli anni Settanta). Ma, nelle pieghe del discorso, anche l’OMS è costretta ad ammettere che l’aborto fa male alle donne. Secondo i dati forniti dal Guttmacher Institute, un ente di ricerca della International Planned Parenthood Federation, «quando gli aborti sono realizzati secondo le linee guida e gli standards dell’OMS (quindi laddove l’aborto è legale, NdR), il rischio di complicazioni gravi è trascurabile (quindi c’è. E il rischio di complicazioni non gravi, ma che comunque comportano danni alla salute? NdR). Approssimativamente il 55% di tutti gli aborti dal 2010 al 2014 sono stati realizzati in modo sicuro, il che vuol dire da personale qualificato, con metodi raccomandati dall’OMS, adeguati alla durata della gravidanza». Ergo, il 45% degli aborti legali non sono sicuri. Lo dicono l’OMS e il Guttmacher Institute. In barba a quanto detto fin qui, il Comitato dei Diritti Umani dell’ONU, composto da esperti indipendenti che rappresentano gli Stati ma non i popoli (non sono stati mai eletti da nessuno), ha redatto un Commento Generale, a integrazione del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, nel quale si raccomanda la diffusione dell’aborto – e dell’aborto eugenetico – in nome del … “diritto alla vita”! Cioè: l’aborto dovrebbe essere decriminalizzato in tutto il mondo senza alcuna condizione né limitazione di tempo, perché il divieto o la difficoltà ad accedere all’aborto costituirebbe una violazione del diritto alla vita delle donne e perché la decriminalizzazione dell’aborto «è al centro della questione del diritto alla vita».

L’OMS, L’ONU, LA SALUTE DELLE DONNE, IL DIRITTO ALLA VITA

5 N. 59


Living Theatre al Politecnico di Milano, nel ’68, gli anni della “rivoluzione sessuale”. Uno studente entusiasta si spoglia per prendere parte alla performance.

DUE aANNIVERSARI confronto In quest’anno appena cominciato ricorrono i cinquant’anni della Humanae Vitae di Paolo VI e i quarant’anni della legalizzazione dell’aborto in Italia di Luca Scalise Il 2018 è un anno che richiama alla memoria due eventi fondamentali per tutti coloro che credono al valore della vita umana e della famiglia naturale come fondamento della società. Ricorrono infatti i cinquant’anni dall’emanazione della Lettera Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI e i quarant’anni della nefanda Legge 194 che legalizzò l’aborto in Italia. Due anniversari tanto importanti per la nostra 6 N. 59

storia, quanto inevitabilmente contrapposti. Penetrare nel significato profondo di questi due eventi può aiutarci a interpretare più accuratamente i “segni dei tempi” che stiamo attraversando. A tal proposito, può essere fruttuoso prendere in considerazione le parole che lo stesso papa Paolo VI, nella suddetta Enciclica, rivolge all’umana società in un periodo storico indubbiamente travagliato, come quello del Sessantotto italiano. In un contesto sociale che ha messo in crisi la concezione stessa di matrimonio come matris


munus, ossia «il gravissimo dovere di trasmettere la vita umana», la prima attenzione del Pontefice non poteva che essere rivolta agli sposi ai quali ricorda la loro più alta missione: essere «liberi e responsabili collaboratori di Dio creatore». Non manca, a questo punto, da parte del Pontefice, un’attenta presa in considerazione delle difficoltà e degli interrogativi che attanagliano la famiglia del post-boom economico e una altrettanto sentita risposta da parte della Chiesa mater et magistra. Molto sapientemente, infatti, Paolo VI è stato in grado di leggere – nel timore diffuso di un rapido sviluppo demografico, gravante sull’economia – i primi segni di una nuova e fuorviante concezione del rapporto di amore e delle finalità a esso legate. Proprio il Sessantotto italiano, infatti, è conosciuto come l’anno di maggiore sviluppo dei movimenti di contestazione sociale favoriti dall’attivismo di molti giovani dell’epoca. Fu quello il periodo storico in cui le giovani generazioni, nel ricercare la propria affermazione individuale (e socio-politica), finirono per smarrire completamente il senso della moralità. La rivoluzione studentesca e i movimenti operai non furono

infatti le uniche tipologie di contestazione. La “liberazione sessuale” (se davvero di liberazione si può parlare) si è infatti imposta come una delle maggiori forme di sconvolgimento dell’epoca. In nome delle rivendicazioni sociali delle femministe, la rivoluzione sessuale, incentivando e promuovendo rapporti sessuali pre ed extramatrimoniali, masturbazione, fantasie erotiche ed uso della pornografia, ha di fatto spostato la sessualità dal contesto dell’amore sponsale, responsabile e

fedele che le è proprio, fino a renderla un semplice mezzo per soddisfare i propri fini egoistici. Profetici e previdenti, dunque gli inviti della Humanae Vitae a rispettare la duplice finalità dell’atto matrimoniale, che trova nella comunione sponsale e nella generazione della prole il compendio della sua stessa vocazione. La «connessione inscindibile [ ...] tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo» non si pone quindi unicamente come risposta ad un progetto

«È prerogativa dell’intelligenza umana dominare le energie offerte dalla natura irrazionale e orientarle verso un fine conforme al bene dell’uomo» (Paolo VI, Humanae Vitae)

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ha spostato La rivoluzione sessuale to dell’amore la sessualità dal contes e fedele sponsale - responsabile erla un mezzo nd re a o fin o, ri op pr è che le sogni egoistici bi ri op pr i re fa is dd so r pe

superiore all’uomo ma, a detta dello stesso Pontefice, si tratta di una teoria «consentanea alla ragione umana». Pertanto, quello sessuale, che è per natura il più alto grado di unione dell’amore umano, non dovrebbe scrollarsi di dosso le responsabilità che porta con sé, come nel caso dell’uso di anticoncezionali. Diversamente non corrisponderebbe affatto a una forma di amore pieno, bensì a un mero utilizzo della persona con cui si consuma il rapporto per finalità personali legate al piacere e al possesso. Paolo VI entra così nel vivo di una questione spinosa che accompagnerà la società nel decennio che intercorre tra

l’emanazione della Humanae Vitae e l’introduzione della Legge 194: quella della genitorialità responsabile e della pianificazione familiare. Gli anni di piombo sono stati caratterizzati da un forte attivismo femminista che ha condizionato, con le sue argomentazioni, le donne dell’epoca. Dietro un manifesto intento di giungere alla pari dignità tra uomo e donna, tali forme di rivendicazione celavano obiettivi ben diversi dalla semplice uguaglianza. Gli ideali trasmessi dal femminismo miravano infatti a una (falsa) emancipazione delle donne, fondata su un principio subdolo

Nel ’68 spopolava la Pop Art

8 N. 59


e fallace in vari aspetti: quello dell’autodeterminazione. Chi può determinare se stesso? Può mai qualcuno aver deciso di venire all’esistenza? Eppure è proprio in nome di questo principio che anche le meno coinvolte in queste battaglie sono state portate a interrogarsi sul proprio ruolo nella società, ma in modo tutt’altro che costruttivo! Il senso di responsabilità nella generazione della prole dovrebbe portare gli sposi in difficoltà a ricorrere ai metodi naturali e mai con mentalità contraccettiva. La stessa Humanae Vitae fa riferimento alla possibilità di avere rapporti nei periodi infecondi, ricordando che «è prerogativa dell’intelligenza umana dominare le energie offerte dalla natura irrazionale e orientarle verso un fine conforme al bene dell’uomo». Ma è anche da condannare come illecito «l’uso dei mezzi direttamente contrari alla fecondazione, anche se ispirato da ragioni che possano apparire oneste e gravi». Invece

è accaduto che molte donne per determinare se stesse hanno finito per violare addirittura il diritto alla vita con il ricorso all’aborto, ossia l’interruzione diretta del processo generativo già iniziato. Hanno ucciso il loro bambino, pur di sentirsi “libere” (ignare del fatto che i traumi post-aborto non perdonano... ma questo gli abortisti non lo dicono!). Paradosso dei paradossi è che l’articolo 1 della legge 194 inizia con queste parole: «Lo Stato [...] tutela la vita umana dal suo inizio». Se fosse vero, visto che la scienza dimostra che la vita umana inizia dal concepimento, il resto della legge dovrebbe essere stato abrogato da un pezzo. Ebbene, da questa analisi risulta chiaro che non è necessariamente chi si mette in bocca le parole «libertà di scelta» a esserne promotore, ma chi paternamente e amorevolmente invita a una padronanza di sé, garante dell’amore familiare, della stabilità sociale e del diritto alla vita.

GLI SPOSI SONO «LIBERI E RESPONSABILI COLLABORATORI DI DIO CREATORE»

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In America Latina la gente crede fermamente nei valori non negoziabili Storia dell’Indice dei libri proibiti, che non era terribile come si dice…

Popoli sud americani, GENTE PER LA VITA

La BUONA

CENSURA

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di FedericoL’America Catani Latina è di Federico Catani Repubblica Dominicana attualmente un campo di battaglia dove i “padroni del Nella Repubblica Federico mondo” (potentati finanziari, Dominicana l’aborto è proibito Catani lobby LGBT, Nazioni Unite, punito con ile carcere, sia di storia eccles Quando si parla di ecensusoprattutto etc.) vogliono imporre la loro allaper la donna, sia i medici ra e di limitazioni libertà ca,per occorre fare riferimento agenda politico-culturale: che commettono il crimine. di stampa o di espressione, la realtà e non all’ideologia. contraccezione,Chiesa aborto,è sempre la prima Da tempo pressioni interne a matrimonio omosessuale, ed esterne dall’ONU) essere messa sul banco degli (ancheEbbene, innanzitutto va p indottrinamento gender asolitamente scuola, stanno lavorando perché la Chiesa mai è s imputati, in buona cisato che la contro la volontà della maggior modificata. compagnia dei nazistilegislazione e di altri venga contraria alla stampa, né a parte della popolazione. Basti Nonostante queste ingerenze, regimi di destra. Secondo l’acdiffusione di libri e inform pensare allo straordinario secondo alcuni sondaggi l’82% cusa mossa dal mondo politicazioni. Semplicemente – com successo che stamente riscuotendo cittadini corretto,Elpapi, dei vescovi e dominicani continua (osi dovrebbe contilibro negro de lapreti nueva izquierda, dice contrario nuare) all’aborto in anche oggi – u lungo i secoli si sarebbero a fare degli argentinimacchiati, Nicolás Márquez circostanze normali e ben il tra gli altri innumere- e chiede di ricorrere alla pru e Agustín Laje,voli cheeda oltre 77% si oppone al cosiddetto nefandi crimini, anche di denza, perché ogni mezzo, i un anno stannoaver girando il imbavagliato chi matrimonio la pensava omosessuale. sé neutro, può essere utilizza continente registrando sempre diversamente e di aver oppresso per il bene o per il male. Lu il tutto esauritoleoltre che le Messico coscienze. ad esempio, usò la stampa p polemiche dei soliti noti. Il suoi interessi, ovvero per att I “padroni del libro smaschera leOvviamente menzogne l’esempioInpiù Messico ilcare governo sta cattolica e divi la verità mondo” vogliono dell’ideologialampante gender, ladi questo tipo cercando in tutti i modi di la Cristianità, seminando er imporre la loro nuova faccia del marxismo e legalizzare il “matrimonio” tra condotta liberticida sarebbe il e odio verso Roma e il Papa agenda politico- del femminismo, e denuncia persone dello stesso sesso, ma la celeberrimo Indice dei libri culturale, ma la deriva totalitaria verso(Index la librorum gente sta mostrando piùi mezzi di proibiti prohibiDel sempre resto, che il popolo qualeche i gruppi torum). LGBT ciAncora stannooggi l’espressiola sua ferma opposizione. Infatti C’èsud qualcuno municazione possano esser americano resiste conducendo. si è formato un coordinamento può dire che ai nostri ne “mettere all’indice” qualcuno sfruttati per promuovere il tempi non esiste una o qualcosa è sinonimo di ostramale lo vediamo ogni gior forma, più o meno cizzazione, esclusione, discrimiinternet, la tv, i giornali cosa velata, di limitazione nazione. Tuttavia, come spesso sono oggi, se non grancasse


di associazioni che ha preso il nome di Frente Nacional por la Familia, che è riuscito a portare oltre un milione di persone in piazza a difesa della famiglia naturale e contro l’indottrinamento gender nelle scuole. Al contempo, da anni numerose realtà pro-life, raccolte nel coordinamento Pasos por la Vida, stanno radunano decine di migliaia di persone nelle marce per la vita soprattutto in quegli Stati della Confederazione messicana dove l’aborto è consentito dalla legge. El Salvador Anche El Salvador – dove l’aborto è assolutamente proibito e trattato per quello che è, ovvero un omicidio – sta subendo attacchi dall’interno e dall’esterno (Amnesty International e ONU). C’è però una reazione popolare molto forte a favore del diritto alla vita del concepito. In particolare, un deputato dell’attuale opposizione di centro-destra, il giovane Ricardo Velázquez Parker (che ProVita ha intervistato), è stato ripreso dai profili social di tutto il mondo per uno straordinario discorso che ha tenuto in Parlamento contro qualunque tentativo di legalizzare l’omicidio dei

bambini innocenti, non curante del politically correct oggi dominante, ha equiparato l’aborto ai genocidi del ’900. Honduras In Honduras sulla vita si hanno le idee chiare. Di fronte alle pressioni per “modernizzare” il Paese sul fronte dei “diritti umani”, l’attuale presidente Juan Orlando Hernández, del Partido Nacional, ha detto che mai e poi mai permetterà l’introduzione dell’aborto. Un punto fermo condiviso anche dal maggior esponente dell’opposizione Luis Zelaya, del Partido Liberal. Aborto e “matrimonio” gay non hanno ancora alcuno spazio nel piccolo Stato centroamericano.

Costa Rica, Panama e Guatemala In tutti e tre questi Paesi la legge protegge il diritto alla vita del concepito e la famiglia naturale. Gli attacchi però si fanno sempre più insistenti: tentativi di imporre una nefasta educazione sessuale a scuola (in realtà sessualizzazione precoce dei bambini e pornografia) e di legalizzare il cosiddetto matrimonio omosessuale che minacciano i valori sentiti dal popolo. Di grande successo è stata la Marcia che si è tenuta nella capitale panamense lo scorso mese di luglio, organizzata dalla combattiva Alianza Panameña por la Vida y la Familia, e che ha visto la partecipazione di decine di migliaia di persone. 11 N. 59


Colombia

Ecuador

Cile

In Colombia la democrazia sembra essere stata sospesa da tempo. Nonostante la maggioranza dei cittadini abbia rifiutato la “pace” con i terroristi delle Farc attraverso il referendum del 2 ottobre 2016, il presidente Juan Manuel Santos ha ratificato una vera e propria resa ai guerriglieri, con importanti concessioni all’aborto, all’ideologia gender e al movimento LGBT. Nel novembre 2015 il Tribunale Costituzionale ha dato via libera alle adozioni gay, suscitando il malcontento popolare, che ha dato luogo a una imponente mobilitazione che ha raccolto oltre due milioni di firme a difesa del matrimonio tra uomo e donna e del diritto dei bambini ad avere un padre e una madre. Più recentemente, lo stesso Tribunale Costituzionale ha permesso l’eutanasia per i bambini. La gente non si è scoraggiata, ma a decine di migliaia ha riempito le piazze con manifestazioni pro-vita e pro-famiglia.

A ottobre oltre un milione di persone – convocate dal Frente Nacional por la Familia – ha riempito le strade di venticinque città dell’Ecuador per protestare contro l’ideologia gender nelle scuole e già da alcuni anni si tengono numerose manifestazioni contro l’aborto: l’opinione pubblica del Paese respinge con forza gli attacchi alla vita e alla famiglia.

In Cile purtroppo il governo socialista di Michelle Bachelet, con il sostegno della Democrazia Cristiana, è riuscito ad approvare una legge che consente l’aborto nei casi di stupro, pericolo per la vita della mamma e grave malattia del bambino. Il provvedimento ha suscitato una vasta reazione tra i cileni, che hanno riempito strade e piazze per difendere la vita. L’esecutivo ha voluto eccedere nella sua obbedienza all’agenda mondialista ponendo le basi per il “matrimonio” omosessuale, l’indottrinamento gender a scuola e addirittura la possibilità del cambiamento di sesso per i minorenni.

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Perù Il Perù ha dato forse il massimo esempio di coraggio nella lotta per i valori non negoziabili. Stiamo parlando ovviamente dei cittadini, perché la politica – salvo lodevoli eccezioni – è totalmente prona ai diktat che vengono dalle Nazioni Unite e dalle lobby abortiste e LGBT. È nella capitale Lima che si tiene la Marcia per la Vita più grande di tutta l’America Latina. E le manifestazioni contro l’ideologia gender nei curriculum scolastici hanno visto forse il più alto numero di partecipanti del continente. I peruviani non accettano colonizzazioni ideologiche imposte da poteri stranieri e dai loro vassalli interni.

Argentina In Argentina si registra un sempre crescente movimento contro l’aborto. Lo dimostra la partecipazione massiccia della gente alla Marcia per la Vita. Nel Paese poi, così come negli altri del Sud America, il 25 marzo di ogni anno, festa dell’Annunciazione, cioè del concepimento di Gesù si celebra il Giorno dei bambini nascituri.


La famosa spiaggia di Ipanema a Rio de Janeiro

Brasile

Paraguay

Bolivia

Niente aborto e niente ideologia gender. Il presidente Horacio Cartes ignora le sollecitazioni provenienti dalle organizzazioni internazionali e più volte ha dichiarato che il suo governo, ascoltando il comune sentire della popolazione, si impegnerà sempre per difendere la vita dei concepiti, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna e il prioritario diritto dei genitori a educare i figli in base ai valori in cui credono. Addirittura in un’intervista Cartes si è fatto riprendere con in mano il libro dei sopra citati Márquez e Laje.

In Bolivia ci sono una buona e una cattiva notizia. La cattiva è che il governo di Evo Morales ha praticamente approvato l’aborto libero, anche per le adolescenti, per offrire una soluzione alla povertà e perciò l’obiezione di coscienza è duramente ostacolata. La buona notizia invece è che nel novembre scorso il Tribunale Costituzionale ha parzialmente bocciato la legge sull’identità di genere approvata nel 2016. I transessuali non possono contrarre matrimonio e adottare bambini, anche se è possibile il cambio di sesso nei documenti.

Sul fronte bioetico il 2017 si è concluso con un bilancio positivo per il Brasile. A San Paolo, in vista di una conferenza tenuta dalla filosofa americana Judith Butler, la principale ideologa della teoria gender e queer, oltre 400mila brasiliani hanno esternato per iscritto il loro profondo dissenso verso questa cattiva maestra. Nel 2015, una vasta mobilitazione popolare riuscì a evitare che la prospettiva gender entrasse nella maggior parte delle scuole. Secondo un recente sondaggio, inoltre, 9 brasiliani su 10 sono contro la propaganda dell’ideologia gender. Il Congresso, inoltre, ha votato a favore di una proposta che mira a cambiare la Costituzione in modo da vietare l’aborto in ogni fattispecie (finora è limitato ai soliti tre casi di stupro, pericolo per la madre e malformazione del feto). Si tratta solo di un primo passo di un percorso lungo e dall’esito incerto. Ma almeno c’è qualcuno che ha preso l’iniziativa. 13 N. 59


A DIFFONDERE LA CULTURA DELLA VITA! Per abortire fino a sei mesi (e oltre) bisogna trovare una “buona scusa” (per esempio? Il piede torto, o il labbro leporino, o la Trisomia 21!...). Ma fino a dodici settimane la legge italiana consente l’uccisione dei bambini a richiesta, senza troppe spiegazioni. La spilletta colore oro che vedete è la riproduzione esatta della grandezza dei

piedini di un bambino alla dodicesima settimana di gestazione: per alcuni è ancora un «grumo di cellule» o il «prodotto del concepimento». Il bambino in plastica è invece la riproduzione di com’è un bimbo nella pancia a 10 settimane. Il portachiavi, infine, è un utile accessorio per ricordare i cinque anni della nostra Notizie ProVita.

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La libertà è davvero libertà, con o senza limiti?

LA SCIENZA tra libertà ed etica di Aldo Rocco Vitale

Aldo Rocco «La morale Vitaleè ostile alla scienza» (F. Nietzsche): sarà forse vero?

TE

«La morale è ostile alla scienza», ha scritto Friedrich Nietzsche ne La volontà di potenza e, se non fosse per il pregiudizio che si nutre da parte di molti verso questo Autore e svincolando la suddetta esternazione da tutto il resto del pensiero nietzschiano, in molti condividerebbero la prospettiva del filosofo tedesco, per cui le regole dell’etica sono incompatibili con la libertà di ricerca e, in ultima istanza, con la stessa scienza.

LA SCIENZA VERA INCONTRA ALMENO DUE LIMITI: IL CONSENSO E LA DIGNITÀ UMANA Primo piano

I continui progressi della tecnica e della bio-medicina, infatti, lasciano sempre più trasparire una crescente insofferenza di fondo, spesso anche esplicitata in modo espresso tramite libri e articoli di illustri scienziati e saggisti (si consideri per esempio il

volume di Margherita Hack dal significativo titolo Libera scienza in libero Stato), nei confronti dell’idea che la scienza possa avere dei limiti giuridici e soprattutto etici, o il volume del biologo Edoardo Boncinelli in dialogo con il noto filosofo Emanuele Severino dal titolo Dialogo su etica e scienza, da cui emerge tutta l’insofferenza del primo nei confronti di una pensabilità dei limiti etici dell’attività scientifica. In questa prospettiva la scienza, la ricerca, la sperimentazione dovrebbero essere lasciate alla iniziativa degli stessi scienziati, che non dovrebbero subire alcun tipo di compressione o restringimento nella loro libertà d’azione, anzi trovare semmai un campo giuridico e 15 N. 59


ltanto all’interno so à rt e b li a c ti n te u Si ha a li e giuridici ra o m i, c si fi ta e m i, dei limiti - fisic ere umano ss e l’ o n o u g n ti is d d che contra lla sua natura a d o n a n a m ro p e h ec

legislativo sgombero da ogni ostacolo di carattere morale, così da poter implementare la conoscenza scientifica senza remore, superstizioni e pregiudizi di alcun tipo, specialmente se di origine metafisica o religiosa. Il conflitto che si sta consumando da anni sulla libertà di ricerca e sperimentazione sugli embrioni, e da minor tempo sul gene-editing, cioè, in soldoni, sulla possibilità di modificare il DNA embrionale, costituisce la migliore riprova di questa continua dialettica tra chi ritiene che la ricerca non possa

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e non debba avere limiti e chi invece reputa che dei limiti pur debbano essere riconosciuti. Tuttavia, se davvero fosse generalmente condivisa questa visione della scienza, che si potrebbe definire come “assolutistica”, cioè etimologicamente ab-soluta, ovvero svincolata da ogni norma morale o giuridica, non si comprende perché non si debbano ritenere legittimi alcuni casi che sono stati paradigmatici per definire la concezione di abuso medicoscientifico nella storia del progresso della conoscenza in questo ambito. Nel suo interessante volume dal titolo In the name of science, oramai del lontano 2003, infatti, il biologo Andrew Goliskzek, tra i tanti esempi possibili, denuncia gli abusi e i soprusi che spesso si sono consumati ai danni delle persone e della dignità proprio in nome della scienza, appunto. È storicamente accertato, infatti, che tra il 1942 e il 1943 il medico nazionalsocialista Sigmud Rascher, con il collega Herman-Freysing, ha condotto, Primo piano


nel campo di concentramento di Dachau, brutali esperimenti, senza e perfino contro il volere di centinaia di soggetti che, per loro sfortuna, si sono ritrovati a far da involontarie cavie umane, sugli effetti del mutamento della pressione atmosferica e del congelamento sul corpo umano. La situazione, però, non è stata migliore nelle avanzate democrazie occidentali nelle quali, tra i tanti esempi possibili, si può e si deve ricordare il cosiddetto “scandalo della Vanderbilt University”, che ha coinvolto la prestigiosa e nota università statunitense, in cui per ben un ventennio, dal 1940 al 1960, sono state effettuate sperimentazioni su 751 donne in gravidanza, sottoponendole a loro insaputa a massicce dosi di radiazioni per studiarne gli effetti, specialmente in riferimento al feto, allo sviluppo di questo, e infine al parto. Si è imparato così, da questi e da altri purtroppo numerosissimi e agghiaccianti casi che in questa sede è inutile riportare per intero, che il consenso è il primo limite insopprimibile che la medicina, la ricerca e la scienza devono necessariamente rispettare, non potendo altrimenti evitare di diventare qualcosa di antiumano e perfino di tirannico. Primo piano

Il secondo elemento, o limite se si preferisce, che si ricava da simili antefatti storici, è quello della dignità umana, che conferisce all’essere umano quel suo proprio statuto morale e giuridico che per natura lo sottrae a qualunque reificazione, mercificazione o manipolazione, anche se nell’interesse generale di una accresciuta conoscenza medico-scientifica. Sulla sua via, dunque, la scienza, trova almeno questi due limiti invalicabili, a dimostrazione che non può darsi una reale scienza svincolata da ogni riconoscimento di carattere morale sull’essere umano che la preceda e la segua nel suo incedere lungo la corsa del progresso; progresso che effettivamente tale non è se si risolve in azioni, comportamenti o misure sostanzialmente

contrarie alla dignità umana. Ma c’è di più poiché, sebbene si siano scovati i predetti due limiti che la scienza non può ignorare lungo il suo cammino, ve ne è almeno un terzo insito nella stessa natura della libertà, quella libertà cui di continuo ci si appella per assicurare alla scienza e alla ricerca un sempre crescente campo d’azione. La domanda è squisitamente filosofica, cioè essenzialmente razionale, ed è antica e nobile quanto antico e nobile è il pensiero umano che su questo argomento ha avuto modo di misurarsi, potendosi così condensare nel seguente quesito: la libertà è tale con o senza limiti? Secondo una certa prospettiva, molto diffusa 17 N. 59


anche al giorno d’oggi, la libertà consiste proprio nell’assenza di qualunque tipo di limite, dimenticando tuttavia che questa visione contrasta sia con il dato della realtà, in quanto è sufficiente comprendere che se mi va di dare un calcio al primo soggetto che incontro passeggiando per strada devo aspettarmi che costui possa non gradire un tale esercizio della mia libertà e possa quindi rispondere a sua volta con un calcio che mi riconduca dolorosamente alla realtà, sia con la natura dell’essere umano, che come tale è strutturalmente un essere finito, nello spazio, cioè nella sua corporeità, e nel tempo, cioè nella sua temporalità. Secondo un’altra prospettiva, invece, quella che davvero fa i conti con la realtà descrivendone e traducendone l’imperiosità della sua normatività, si ha autentica libertà soltanto all’interno dei limiti, fisici, metafisici, morali, giuridici che contraddistinguono l’essere umano e che promanano dalla sua natura. Il primo limite che s’incontra, in questo senso, è proprio l’alterità dell’altro essere umano il cui con-esserci si manifesta nel suo co-esistere con 18 N. 59

me e con gli altri esseri umani, indicando la cifra della naturale relazionalità umana cioè, per intendersi, quella che impedisce, mediante l’eminenza dell’umana dignità, non solo l’uccisione dell’altro, ma anche la sua più “semplice” mercificazione. In tal maniera non sarò davvero libero qualora dessi un calcio al primo individuo incontrato per strada, pur seguendo la mia volontà, poiché lederei la sua dignità, cioè il nostro conesserci che affonda la sua ragion d’essere nell’essere relazionale di ciascuno. La vera libertà, dunque anche la libertà rivendicata dalla scienza e per la scienza, non potrà mai essere quella priva di limiti, sia in ragione della intangibile dignità umana che, come una vedetta notturna, vigila su ciò che è consentito e ciò che non lo è, sia in ragione della stessa struttura logica e assiologica della libertà. Si possono, allora, riadattare le parole di un medico e di un filosofo del calibro di Karl Jaspers per il quale «l’autentica libertà è conscia dei suoi limiti», concludendosi così che si avrà autentica scienza, e realmente libera, soltanto laddove questa diventi pienamente conscia dei propri limiti, morali prima e giuridici poi. Primo piano


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N. 41 - MAGGIO 2016

A T I V A L DEL izio

Scienza buona al serv

di Giuseppe Noia

Giusepp Noia

Direttore dell’UOC Hospice Perina - Centro per le cure palliative pren della Fondazione Policlinico Geme è clinico, docente e ricercatore. In questa sede lo ricordiamo come dei fondatori de Il Cuore in una Go come strenuo difensore della Vita e come un carissimo amico di ProVit

La scienza buona è troppo spesso una scienza silenziosa, poco pubblicizzata: un po’ perché le buone notizie non fanno audience, un po’ perché le buone notizie della buona scienza, in certi campi, come in quello dell’accoglienza della vita prenatale, distolgono in dapoi pensieri di morteeugenetica come l’abortosi è fatta Dalla legalizzazione dell’aborto la mentalità eugenetico, che invece sono moltoanche cari alla LA CORDOCENTESI:sempre UN PASSO più AVANTIstrada. Contemporaneamente però, lacultura medicina fetale materialista e nichilista che sta cercando di imporsi NELLA DIAGNOSI Ee NELLA TERAPIA la cura del bambino in utero hanno fatto enormi progressi nella nostra società. di Giuseppe Noia Nel nostro Centro l’approccio intravasco Che cos’è? E a cosa serve? (prelievo di sangue fetale dal cordone ombelicale in Abbiamo chiesto a un della scienza di anemia fetale e correzione della stessa attrav Il panorama prenatale degli ultimi quarant’anni ha luminare buona, il prof. Giuseppe Noia, un ginecologo La cordocentesi, o la medesima via con trasfusioni fetali ecoguidate mostrato luci e ombre nella difesa della vita nascente portato la sopravvivenza dal 40 al 92%. In 32 e nella custodia di un valore ladicui preziosità dovrebbesia come fama internazionale clinico, sia come funicolocenesi, è una procedura sono state eseguite curarizzazioni fetali per bloc essere trasversale a ogni ideologia e a ogni differenza cattedratico, di illustrarci qualche esempio di diagnostica invasiva con la l’estrema mobilità del feto e permettere la trasfus di valutazione antropologica. Questo “essenziale buona, primario che dia speranza soprattutto a quale si preleva un campione invisibile agli occhi” dovrebbescienza essere l’obiettivo di tramite ogni aggregazione umana esattamente come la quelle mamme che si trovano a dover affrontare la di sangue fetale I risultati ottenuti nel Centro di fotosintesi clorofilliana che, pur non essendo visibile, diagnosi di una grave malattia del Diagnosi bambino che la puntura delviene cordone e Terapia Fetale del riconosciuta come la fonte primaria di energia in grembo. ombelicale. Iluniversale. campioneIn Italia, se da unaportano Gemelli con la terapia fetale parte abbiamo registrato integrata dimostrano che anche i un atteggiamento eugenistico verso la vita fragile e di sangue fornisce preziose gravi patologie ci sono possibilit gravata da malformazioni (il tasso di aborto volontario Ci ha inviato questo contributo,dispiegandoci informazioni sullo stato di salute intervento e che si può eugenetico dopo le dodici settimane, cioè dopo il terzo del bambino. mese, è passato dallo 0,5 % quali sono i grandi passi avanti fatti della scienza ridonare capacità gestazionale a del 1981 al 4,2% del tutte quelle 2013), negli stessi anni abbiamo sviluppato buonadiffuso in tree casi. Ci ha spiegato cos’è e a cosa famiglie gravate da una diagnosi infausta il concetto di ‘medicina fetale’, cioè la possibilità di L’esame, nato per la diagnosi può servire la cordocentesi, cos’è e come si supera curare il bambino in utero anche in condizioni di gravi prenatale, rappresenta Tetralogia Fallot e come si cura l’igroma patologieoggi, (Noia G. et al., LelaTerapie FetalidiInvasive, Approcci come l’amnioinfus Universo, Roma 1998;patologie Noia G. et come vedremo,Società ancheEditrice un cistico: cheal.,inducono troppointramniotici, spesso a (immissione di soluzione salina nella cavità amni Terapie Fetali, Poletto Editore, Vermezzo, Milano 2009). prezioso strumento per la “risolvere il problema” uccidendo il bambino. dopo rottura delle membrane), hanno migliora Al Policlinico Gemelli, già negli anni Ottanta, una terapia fetale.sinergia tra ginecologici, neonatologi e altre figure sopravvivenza dallo 0 al 50%, mentre i drenaggi di cisti ovariche fetali di grosse dimen mediche come neurochirurghi infantili, cardiologi Per approfondire queste aspirazioni e altre questioni è (circa 4 cm), hanno impedito la torsione e la pe pediatri e chirurghi pediatri, ha portato avanti l’idea che Sia a scopo diagnostico, sia possibile visitare il sito della Fondazione dell’ovaio in 30 casi di bambine che sono nate con o il feto è un paziente a tutti gli effetti. Meeting interditerapeutico viene eseguita dopoorganizzatiIlper Cuore in una Goccia (www.ilcuoreinunagoccia.it). integre e preservate. Anche l’approccio intraurin sciplinari venivano ottimizzare le terapie a e glisolitamente interventi prenatali, la 18 settimana, tra ecoguidati e interventi perinatali con aspirazioni e drenaggi dalla cavità pielic dalla vescica, hanno migliorato la sopravvivenza la 20a e la 22a.specifici per ogni tipo di affezione fetale.

L’Hospice perinatale: un nuovo modo di medicina condivisa per dare speranza

Primo piano

In tutto il mondo le tecniche ultrasonografiche sono diventate elemento basilare per guidare approcci invasivi verso un compartimento fetale e per apportare una serie di atti diagnostici e terapeutici finalizzati

20 al 65% e, nei casi di idrope fetale non immunolo (condizione severa per cui il feto evidenzia pres di liquidi nel torace e nell’addome come espress 19 N. 59 di scompenso emodinamico), i trattamenti integr


Come strumento di diagnosi precoce si usa per la determinazione rapida del cariotipo fetale, cioè per la ricerca di malattie cromosomiche; per approfondire eventuali anomalie riscontrate in sede di ecografia morfologica. Si vede qual è il gruppo sanguigno del nascituro e si può quindi controllare se il bambino ha problemi ematologici, se è anemico o se ha un basso numero di piastrine. Si può, a questo proposito, eseguire un esame detto “Coombs” diretto per capire la causa dell’anemia, oppure si possono diagnosticare eventuali anomalie dei fattori di coagulazione. È inoltre uno strumento utile per la ricerca di agenti infettivi. La cordocentesi, poi, consente trasfusioni di sangue intrauterine intravascolari 20 N. 59

La fondazione Il Cuore in una Goccia ha lo scopo di favorire, sostenere e promuovere l’attività di ricerca scientifica e la diffusione di una cultura preconcezionale, prenatale e postnatale che tuteli la vita e la salute della madre e del bambino. La fondazione s’impegna a sostenere concretamente tutte le donne, in gravidanza e non, con un’assistenza basata sulla vita, con un’accoglienza amorevole, con un accompagnamento della Vita nascente nella Fede e nella Speranza, intervenendo umanamente con i più alti standard medici, etici e scientifici. Si rivolge, dunque, in primis, alle famiglie, alle donne e ai bambini, ma anche al mondo medico-scientifico a scopo di prevenzione, informazione, terapia e accompagnamento in relazione a tutte le fasi della vita nascente: preconcezionale, prenatale e postnatale.

ecoguidate su ansa libera, o su vena ombelicale intraepatica, dopo anestesia fetale nel punto di inoculo dell’ago. Consente la somministrazione intravascolare di farmaci (albumina, digitale, diuretici e farmaci curarizzanti per bloccare l’estrema mobilità del feto, quando impedisce l’esecuzione della procedura terapeutica). Come si fa La procedura prevede un preliminare esame ecografico per verificare l’epoca gestazionale, il numero di feti, la vitalità fetale, la quantità

di liquido amniotico, la localizzazione della placenta e la via di accesso migliore al cordone ombelicale. Il prelievo viene effettuato per via transaddominale, come l’amniocentesi: si inserisce un ago attraverso l’addome materno, preventivamente disinfettato, talvolta in anestesia locale. L’ago viene diretto verso l’inserzione del cordone sulla placenta e, attraverso la vena ombelicale (solitamente viene preferito il prelievo dalle vene e non dalle arterie funicolari perché comporta un maggior rischio di bradicardia fetale), Primo piano


vengono prelevati 0,5-1 cc di sangue fetale, poi inviati in laboratorio per le analisi. L’intera procedura si svolge sotto stretto controllo ecografico e ha una durata variabile, a seconda dei casi, da 1 a 15 minuti. Al termine del prelievo, si effettua un controllo ecografico del feto per accertare l’assenza di emorragie importanti nella sede di puntura, la formazione di ematomi o trombi e l’attività cardiaca. Essendo una procedura più invasiva rispetto ad altre, se ne consiglia l’esecuzione in fase di ospedalizzazione.

all’esperienza dell’operatore; c’è da dire, comunque, che i dati statistici che indicano una percentuale di rischio intorno al 3%, in realtà, risentono del fatto che sul tasso di abortività incide anche la patologia fetale di base: in molti casi, cioè, la morte del bambino avviene perché già soffriva di una patologia grave. Nei casi a basso rischio, infatti, la percentuale scende al 2%. Nel Centro del Policlinico Gemelli la percentuale di perdite legate alla procedura terapeutica è allo 0,6%.

Rischio

Applicazioni terapeutiche della cordocentesi

Il rischio di perdita fetale collegata alla cordocentesi è più alto rispetto a quello dell’amniocentesi e della villocentesi ed è correlato anche

L’avvento del prelievo di sangue fetale mediante la guida direttamente all’interno del vaso ha rappresentato un approccio assolutamente

Primo piano

importante nella storia naturale della terapia fetale invasiva. Gravissimi quadri di anemia del feto (tassi di emoglobina 2,6 g/dl) sono stati curati con trasfusioni intravascolari a doppio step e digitalizzando il cuore fetale attraverso la somministrazione di Digossina alla madre per via orale. La storia naturale dell’anemia fetale da incompatibilità Rh ha visto la sopravvivenza feto-neonatale passare, in trent’anni, dal 48% al 93% con buon outcome di questi bambini a lungo follow up. Anche patologie piastriniche e deficit di coagulazione sono stati trattati con successo perinatale, ovviamente con l’aiuto dei neonatologi esperti che hanno valutato l’approccio terapeutico postnatale caso per caso, utilizzando la terapia con Eritropoetina in casi selezionati.

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LA CURA DELLA TETRALOGIA DI FALLOT Che cos’è la Tetralogia di Fallot La Tetralogia di Fallot è una malattia cardiaca congenita, ovvero una malformazione del cuore che ne altera la struttura, compromettendone il funzionamento e andando ad alterare il normale flusso di sangue che attraversa il corpo umano. La malattia è detta anche Sindrome del bambino blu, essendo caratterizzata dalla cianosi, cioè dall’aspetto bluastro del bambino alla nascita. La Tetralogia di Fallot viene associata a quattro anomalie anatomiche del cuore. Può dipendere dalla stenosi, ossia dal restringimento, della 22 N. 59

valvola polmonare, fatto che determina una riduzione della quantità di sangue che imbocca l’arteria polmonare e che, poi, arriva ai polmoni. Questo causa un ristagno nel ventricolo destro, con una quota di sangue ossigenato inferiore a quella normale. Può darsi che ci sia un difetto del setto interventricolare, ovvero un buco (in gergo medico: shunt) nella parete che separa il ventricolo destro dal sinistro. Ciò fa sì che il ristagno di sangue non ossigenato travasi dal ventricolo destro, mescolandosi a quello ossigenato del ventricolo sinistro (sangue misto). Un altro caso in cui il bambino può “diventare blu” è

quando ha l’aorta a cavaliere. L’aorta, cioè, risulta leggermente spostata verso destra, quindi in posizione diversa dal normale. A causa anche del difetto del setto interventricolare finisce per comunicare direttamente con il ventricolo destro. I tessuti del corpo, attraverso l’aorta, vengono raggiunti dal sangue misto, ossigenato e non, determinando il colorito cianotico. Infine, il problema potrebbe determinarsi per via di un’ipertrofia del ventricolo destro. Il restringimento della valvola polmonare richiede una maggiore forza per spingere il sangue non ossigenato nei polmoni, con conseguente Primo piano


accrescimento e rinforzo del muscolo del ventricolo, la cui parete s’ispessisce. Il muscolo del ventricolo perde di elasticità e s’irrigidisce.

Cause della Tetralogia di Fallot Non si conoscono, attualmente, le cause precise della patologia, ma si ritiene che possa derivare da fattori sia genetici (come la Sindrome Primo piano

di George, cioè la perdita – delezione – di una porzione del cromosoma 22, la Sindrome di Down e la Fenilchetonuria materna, cioè la carenza dell’enzima fenilalanina idrossilasi: la fenilalanina non viene trasformata, si accumula nei tessuti e provoca danni all’organismo), sia da fattori ambientali (alcolismo materno con Sindrome fetale alcolica, malattie virali contratte in gravidanza, età della madre superiore ai quarant’anni, assunzione di idantoina in gravidanza per attenuare le crisi epilettiche).

chirurgica, invece, la prognosi è decisamente migliore: per la maggior parte di essi si prospetta una vita normale, senza più sintomi, anche se i controlli periodici sono sempre consigliati.

La terapia della Tetralogia di Fallot

L’IGROMA CISTICO Che cosa è l’igroma cistico

La Tetralogia di Fallot richiede necessariamente l’intervento chirurgico per la risoluzione delle anomalie cardiache che, diversamente, non permettono di condurre una vita normale. Le percentuali di sopravvivenza per i pazienti non operati risultano piuttosto drammatiche: il 75% supera il primo anno di vita, il 60% raggiunge i quattro anni di vita, il 30% supera i dieci anni, solo il 5% sopravvive oltre i quarant’anni. Per i pazienti che si sottopongono all’operazione

È una malformazione dovuta ad igroma, cioè un accumulo di liquidi dietro la nuca (in un numero minore di casi può essere laterale o anteriore) che può raggiungere dimensioni notevoli, causata da un’alterazione del drenaggio linfatico durante l’embriogenesi (lo sviluppo dell’embrione dall’uovo fecondato, detta anche ontogenesi o sviluppo embrionale, che consiste nell’ordinata sequenza dei fenomeni di accrescimento, di differenziamento e di organogenesi che caratterizzano 23 N. 59


lo sviluppo di ogni individuo: si veda www.treccani.it).

cromosomiche, sia delle cardiopatie.

In pratica, una difettosa connessione tra vasi linfatici e vene giugulari fa accumulare liquido non drenato dentro una ciste. All’interno di quest’ultima possono essere presenti delle cisti più piccole dette “setti ipercogeni”.

La patologia comporta un elevato rischio di aborto spontaneo (63%); nei restanti casi, invece, si viene quasi sempre indirizzati verso l’aborto volontario eugenetico, per la convinzione che questi bambini nasceranno gravemente malati. In realtà alcuni importanti studi (Fetal cystic hygroma: The importance of natural History di G. Noia, M. Pellegrino, L. Masini, D. Visconti, C. Manzoni, G. Chiaradia, A. Caruso, European Journal of Obstetrics & Gynecology and Reproductive Biology) indicano scenari diversi per il trattamento dell’igroma cistico.

L’individuazione dell’igroma cistico avviene di solito nel corso della prima ecografia tramite l’esame della Translucenza Nucale tra le nove e le quattordici settimane. In presenza di anomalia vengono poi prescritti altri esami. Non sono ancora note le cause della comparsa dell’igroma cistico, né sono state riscontrate predisposizioni genetiche alla malattia. Una donna che ha avuto una gravidanza con presenza di igroma cistico può, successivamente, avere gravidanze normali. In passato si riteneva che questa patologia si accompagnasse sempre a malattie genetiche o cromosomiche del bambino associate a un elevato tasso di cardiopatie; recenti ricerche, però, hanno fatto rivedere la prevalenza sia delle alterazioni 24 N. 59

Da una ricerca condotta in collaborazione con l’Istituto MAGI: «Lo studio ha riguardato 220 gravidanze con diagnosi di Igroma Cistico, tutte donne che arrivavano presso il Centro Diagnosi Terapie Fetali del Gemelli con la diagnosi fatta in altra sede e “consiglio” di aborto volontario, ma che, invece, cercavano un’alternativa, una speranza. Si è capito che era necessario dar loro molte più informazioni sulla reale condizione del feto, pur nella consapevolezza che per molti casi si sarebbe verificato, come è poi avvenuto, un aborto spontaneo. Primo piano


Le pazienti sono state sottoposte ad analisi cromosomica per verificare quali bimbi fossero affetti da altre condizioni genetiche patologiche oltre all’igroma e, dopo aver fatto l’amniocentesi, i cromosomi fetali erano normali nel 59% dei casi e le ecocardiografie, effettuate per escludere patologia cardiaca, erano normali nel 70% dei casi. La regressione intrauterina è stata osservata nel 36% dei casi e la completa scomparsa dell’igroma nel 77% dei casi. Alla fine sono nati 52 bambini sani, che altrimenti sarebbero stati condannati, per la diagnosi ricevuta, a non nascere. Di questi, 41 sono stati seguiti con follow up di lungo periodo, anche di 25 anni. Il dato più eclatante è che dopo una consulenza fondata sui dati internazionali e sul follow up effettuato dal nostro gruppo (il più lungo esistente in letteratura mondiale) il 64% dei bambini è in braccio alle loro mamme. In tal modo, utilizzando criteri di fortissima evidenza scientifica, si è compressa l’amplificazione del rischio stimato, si sono ridotti gli elementi di dubbio diagnostico, l’ansia e quindi il rifiuto. Il dato di riflessione più importante è che vi era una condizione di terminalità di questi bambini che era Primo piano

indotta sia dal non conoscere esattamente la storia naturale, sia da una diffusa medicina difensiva con il risultato che una diagnosi diventava una sentenza, realizzando, in pratica, quello che Filly scrisse sul Journal Ultrasound Medicine nel 2002: “L’ecografia ostetrica può diventare il modo migliore per terrorizzare una donna gravida”». La terapia prenatale e postnatale dell’Igroma Cistico La terapia prenatale per questo tipo di patologia è motivata dalla necessità di anticipare la risoluzione della patologia e, soprattutto, impedirne l’evoluzione con eventuali complicanze come l’ostruzione delle vie aeree. Esperienze prenatali sono state fatte dal gruppo di Kuwwabara et al. (Fetal Diagnosis and Therapy – 19;191-194, 2004) inoculando una sorta di collante, OK-432, direttamente all’interno dell’igroma cistico con la sopravvivenza del 33% dei casi. Più recentemente, nella fase postnatale, alcuni autori hanno utilizzato un altro farmaco, il Sirolimus, un immunosoppressore utilizzato per prevenire il rigetto dei trapianti di organi. Un voluminoso igroma cistico (370 ml) è stato trattato per

quindici mesi con Sirolimus, ottenendo una diminuzione del volume del 90%. L’esperienza del gruppo del Gemelli (Chirurgia Pediatrica) ha visto il trattamento di quattordici casi dal 1998 al 2013, utilizzando un approccio a doppio step di asportazione della malformazione vasculolinfatica postnatalmente e di iniezione dell’OK-432 all’interno della stessa, con una durata della procedura di circa venti minuti. Tutti i bambini stanno bene. Attualmente, a causa dei campioni numericamente ancora esigui e della non omogeneità nelle casistiche legate alla malattia, la terapia è in fase sperimentale e non c’è ancora un protocollo terapeutico condiviso. È possibile, però, in alcune strutture specializzate come il Policlinico Gemelli di Roma, accedere a questi protocolli sperimentali. I successi finora ottenuti, comunque, hanno prodotto un risultato fondamentale; hanno infatti ribaltato la considerazione, in termini assoluti, di tutti i casi di igroma cistico come privi di qualsiasi speranza e hanno permesso, come mostrato dai dati sopra esposti, a tanti bambini destinati all’aborto di nascere perfettamente sani. 25 N. 59


Curare con le staminali,

senza uccidere di Francesca Romana Poleggi

Un bambino siriano di nove anni che vive in Germania come rifugiato dal 2013, nel 2015 ha subito un intervento chirurgico di portata eccezionale. A causa di una grave malattia genetica, la epidermolisi bollosa giunzionale, l’80% della pelle del suo corpo si era trasformata in una piaga infetta. I tentativi di trapianto di pelle del padre sono stati rigettati dal sistema immunitario del bambino. Ormai si prospettava solo la palliazione, con la morfina, in attesa della morte. Senonché un gruppo di ricerca guidato dal professor Michele De Luca, all’Università di Modena, è riuscito a coltivare le cellule staminali della pelle del bambino in laboratorio: le hanno rigenerate, modificandole geneticamente con un virus in grado di neutralizzare il gene difettoso, gene chiamato LAMB3. È stata quindi letteralmente cucita addosso al bambino questa nuova pelle. Le cellule staminali hanno continuato a rinnovare l’epidermide come avviene in una persona sana. Il bambino oggi non ha più bisogno di prendere medicinali o di usare unguenti, è tornato a scuola, gioca a calcio e quando si ferisce, come tutti i bambini, guarisce normalmente. Chissà in quanti opinionisti alla moda avrebbero prospettato, per il suo “miglior interesse”, una “bella morte” per fame e per sete, nel momento in cui sembrava non ci fosse più niente da fare… E invece la scienza vera, che è scienza buona, fa davvero miracoli nel campo della rigenerazione cellulare e delle cellule staminali.

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Primo piano


Che cosa sono le staminali? Gli scienziati ci perdoneranno qualche spiegazione semplicistica, necessaria per i non addetti ai lavori. Le cellule del corpo umano sono di diversi tipi, per es. muscoli, ossa, sangue etc. Nello stato embrionale le cellule si chiamano “pluripotenti”, perché ancora non sono specializzate: sono cellule staminali “indifferenziate”, appunto, in grado di funzionare sia nelle ossa, sia nei muscoli, etc. Le staminali embrionali I bambini nel grembo, nelle prime settimane dalla fecondazione, quando gli scienziati li chiamano embrioni, sono composti da questo tipo di cellule, che poi con lo sviluppo andranno a formare i diversi organi e apparati. I moderni “dottor Frankenstein”, che in nome della scienza amano giocare con la vita umana, ritengono di avere il diritto di smembrare gli embrioni e ricavare cellule pluripotenti per – dicono – «curare le malattie e salvare vite umane». A parte il fatto che un’azione cattiva (omicidio) non è giustificabile neanche per un fine buono, in questo caso la scusa non regge comunque. Come nel caso del piccolo Primo piano

siriano descritto sopra, così in decine di migliaia di casi al mondo (almeno 60.000 ogni anno) le cellule staminali che funzionano per curare e per guarire non sono cellule embrionali, ma sono staminali adulte o staminali indotte, ma comunque prese senza uccidere e smembrare alcun embrione. L’Istituto di Medicina Rigenerativa della California (CIRM) dopo aver speso inutilmente circa tre miliardi di dollari dei contribuenti per la ricerca sulle staminali embrionali e sulla clonazione umana (che è il vero motivo per cui si vuole fare esperimenti sugli embrioni), ha chiesto di recente il finanziamento per lo studio sulle cellule staminali adulte, non-embrionali, perché solo su quel fronte potranno mostrare qualche risultato ai contribuenti stessi: sono stati a tal fine stanziati per la ricerca sulle cellule staminali adulte circa quaranta milioni dollari.

Le staminali adulte e le staminali indotte Le cellule staminali si trovano anche nel corpo umano adulto (come quelle che hanno salvato il bambino siriano): anzitutto nel midollo osseo e nel cordone ombelicale. Ma nel 2006 il professor Shinya Yamanaka dell’Università di Kyoto, vincendo i premi Wolf e Nobel per la medicina, è riuscito a “far regredire” le cellule già differenziate (della pelle, dei muscoli, del grasso…) allo stadio staminale, pluripotente: cellule staminali indotte (iPSCs, o più semplicemente IPS). Da ultimo, gli scienziati di The Scripps Research Institute, in America, Joel W. Blanchard, Jia Xie, Nadja El-Mecharrafie, Simon Gross, Sohyon Lee, Richard A Lerner & Kristin K Baldwin, hanno sperimentato un sistema più efficace e meno rischioso per far regredire le

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cellule senza “entrare dentro” il DNA, quindi senza correre il rischio di alterare il genoma cellulare. La regressione avviene grazie a certi anticorpi identificati dagli scienziati che possono essere applicati a cellule mature e si legano ad alcune proteine sulla superficie cellulare. Queste cellule staminali adulte offrono il vantaggio etico che non serve uccidere alcun embrione; il vantaggio pratico che possono essere prelevate dallo stesso soggetto che ne ha bisogno, escludendo 28 N. 59

così ogni pericolo rigetto; e il vantaggio economico che – a differenza di quelle embrionali, che provocano tumori – hanno buone probabilità di funzionare. Dicevamo che nel mondo ogni anno si registrano più di 60.000 successi di cellule staminali adulte: sapete quanti con le cellule embrionali? Nessuno. Zero. Le staminali adulte servono alla ricerca Lo scienziato inglese Colin McGuckin, a Lione, in Francia,

ha realizzato dalle cellule di un cordone ombelicale un minifegato: prima di sperimentare farmaci su un essere vivente, si possono provare su di esso. Quanto alle sperimentazioni sugli animali, le staminali adulte hanno prodotto risultati positivi nella ricerca su moltissime patologie, come la SLA: in Italia la dottoressa Stefania Corti dell’Università di Milano, ha ottenuto l’allungamento della vita dei topi malati e un sensibile miglioramento neuromuscolare. Pare, inoltre, che le cellule Primo piano


I SUCCESSI DELLE STAMINALI ADULTE SUGLI ESSERI UMANI Le staminali per le malattie degenerative

staminali delle unghie abbiano un ruolo decisivo per stimolare la ricrescita dei nervi e delle ossa, per cui i topi sono in grado di rigenerare la punta delle loro dita: c’è chi immagina un domani di far ricrescere gli arti amputati, così come alle lucertole ricresce la coda! Infine, gli scienziati della Scuola di Medicina dell’Università di Pittsburgh hanno dimostrato che le cellule staminali prelevate dai muscoli di topi giovani sono in grado di migliorare la salute e di prolungare la vita dei topi anziani. Primo piano

Science Alert ci informa che a un gruppo di pazienti affetto da sclerosi multipla è stato ricostituito il sistema immunitario con cellule staminali prelevate dal loro sangue. Tre anni dopo il trattamento, l’86% di loro non ha avuto ricadute, e il 91% ha mostrato chiari e netti segni di miglioramento. Anche il Centro Sclerosi Multipla di Genova sta partecipando a una ricerca internazionale che utilizza cellule staminali: queste sono prelevate dal midollo osseo con l’obiettivo che rilascino sostanze capaci di “risvegliare” le staminali endogene, presenti in tutti i tessuti incluso il cervello, inducendole a produrre nuova mielina. Le staminali per il cervello I ricercatori di Stanford, invece, sono rimasti addirittura sorpresi dall’ottima risposta che

hanno ottenuto dall’iniezione di cellule staminali provenienti da midollo osseo nel cervello di pazienti con ictus, che hanno recuperato sorprendenti funzioni motorie. La ricerca è stata condotta solo su diciotto pazienti perché si mirava a valutarne la sicurezza, più che l’efficacia. Ebbene: è evidente che i danni da ictus non sono irreversibili, come tutti credono. I risultati, pubblicati sulla rivista Stroke, offrono una speranza concreta per coloro che hanno subito un trauma cranico, lesioni del midollo spinale, o per chi soffre del morbo di Alzheimer, se questi test verranno confermati su vasta scala. Nel 2008, in America, L.B., di due anni, è rimasto paralizzato a causa di un arresto cardiaco, riportando anche gravi danni al cervello. Dichiarato in persistente stato vegetativo, i medici avevano avvertito i genitori che le sue possibilità di sopravvivenza erano minime. Anche qui, per fortuna, nessuno ha pensato che il migliore interesse del bambino fosse quello di morire di fame e di 29 N. 59


sete: poche settimane dopo essere stato curato con un trattamento intravenoso di cellule staminali provenienti da cordone ombelicale, ha cominciato a migliorare, a parlare e muoversi. Dopo circa quaranta mesi dal trattamento, il bambino riusciva a mangiare da solo, a camminare e a pronunciare frasi complesse.

pazienti, coltivate in laboratorio e poi iniettate di nuovo nel cuore dei pazienti stessi, riparando i danni dell’infarto. Gli scienziati di Yale con le staminali del midollo osseo di una ragazza hanno riparato un suo problema cardiaco congenito. E i medici del Texas Heart Institute di Houston hanno ottenuto risultati probanti analoghi.

Le staminali per il cuore Le staminali per il lupus In uno studio pubblicato da Circulation Research, una rivista dell’American Heart Association, i ricercatori dell’Universidad de los Andes in Cile hanno rilevato che le cellule staminali derivate dal cordone ombelicale (in precedenza si erano usate quelle del midollo osseo) riparano certi danni al cuore e producono rilevanti miglioramenti nel muscolo cardiaco. Su trenta pazienti, di età compresa tra 18 e 75 anni, è bastata una singola iniezione per provocare un miglioramento significativo e duraturo della capacità del loro cuore di pompare il sangue e della loro salute generale. Al Cedars-Sinai Hospital di Los Angeles hanno utilizzato le staminali prelevate dal cuore dei

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Jackie Stollfus ha curato il lupus sistemico che le era stato diagnosticato all’età di ventuno anni, grazie alle cellule staminali adulte. La malattia autoimmune con gravi sintomi debilitanti non rispondeva alle cure tentate con i farmaci. Sette anni dopo un trapianto di cellule staminali del midollo è sana, attiva, ed è stata in grado di mettere su famiglia. Le staminali per gli occhi I ricercatori del Riken Center for Developmental Biology di Kobe, in Giappone, sotto la guida dell’oftalmologo Masayo Takahashi, stanno sperimentando le staminali adulte su volontari che hanno

Primo piano


problemi gravi agli occhi: i maggiori successi in questo campo si sono ottenuti nella rigenerazione delle cornee. Le staminali per le articolazioni Dal grasso corporeo, invece, il professor Farshid Guilak, chirurgo ortopedico presso la Washington University School of Medicine di St. Louis, e il suo team hanno progettato un metodo per creare cellule staminali in grado di trasformarsi in cellule della cartilagine. Già da tempo le cellule staminali adulte sono state usate per far crescere piccoli tratti di cartilagine per riparare un danno articolare. Questa nuova procedura consentirebbe di ricreare un’intera giunzione (anca, ginocchio). In più i ricercatori hanno trovato come stimolare queste cellule a produrre naturalmente sostanze antinfiammatorie.

Primo piano

Le staminali per curare il cancro Richard Grady, cinquant’anni, aveva un cancro al cervello mortale (glioblastoma) che si era già diffuso per la spina dorsale ed era ritornato più volte, nonostante le varie cure tradizionali tipo la chemioterapia. Dopo il trattamento con le staminali i suoi tumori si sono ristretti fino a scomparire completamente. Dopo tre trattamenti, tutti i tumori si erano ridotti drasticamente. Dopo il decimo trattamento, sono scomparsi: Grady è stato in grado di tornare al lavoro.

Purtroppo, in seguito, sono comparse altre metastasi (in parti del corpo non coinvolte nel trattamento). Ma comunque il signor Grady ha guadagnato un anno e mezzo di vita, vita di buona qualità, il che non è poco. La scienza vera, che è scienza buona, dà speranza quindi anche ai malati di cancro. Eppure oggi è molto più di moda convincerli che – poverini, “per il loro bene” – è meglio che la facciano finita…

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La psicologia,

di Roberto Marchesini

scienza dell’anima

La psicologia è la “scienza dell’anima”, alla ricerca della verità. Ma recentemente questa definizione è stata censurata…

Lo psicologo tedesco Wilhelm Wundt (1832-1920), che ha fondato il primo laboratorio di psicologia sperimentale

La psicologia è una scienza? Bella domanda. Generalmente la psicologia viene considerata come «la scienza del comportamento e della mente», qualsiasi cosa sia la «mente»; oppure come «la scienza del comportamento, degli atteggiamenti e dei processi psichici», qualsiasi cosa si intenda con «processi psichici». Tant’è vero che la data di nascita della psicologia viene fissata correntemente alla fine dell’Ottocento, quando Wundt (1832-1920) fondò il primo laboratorio di psicologia sperimentale. Questa è la cosiddetta “versione ufficiale”, che lascia adito a pochi dubbi: la psicologia è una scienza. Circolano però, in proposito, diverse “fake-news” (che i libri accademici rigorosamente ignorano), secondo le quali il termine “psicologia” deriverebbe dalle parole greche

Primo piano

psyché (ψυχή) e logos (λόγος), scienza dell’anima! La parola “psicologia” sarebbe stata coniata nel Cinquecento per definirsi allo studio dell’anima umana. Ma si tratta di bufale perché è chiaro che l’anima non esiste (non può essere rilevata dai sensi), quindi non è possibile prestare alcun credito a questa bizzarra ipotesi… Ne risulterebbe, ad esempio, che i primi e più importanti psicologi sarebbero Aristotele, Agostino d’Ippona, Tommaso d’Aquino, Giovanni della Croce, Ignazio di Loyola, Teresa d’Avila... guarda caso quasi tutti santi (tranne Aristotele, che Dante nella sua Commedia colloca nel Limbo, tra gli Spiriti Magni). Vuoi vedere che l’autore di queste “fake-news” è il Vaticano, che ha ordito un complotto per appropriarsi della psicologia o, male che vada, per screditarla come «scienza della [inesistente] anima»? Scherzi a parte, se noi consideriamo la scienza in senso lato, come conoscenza 33 N. 59


della realtà e ricerca della verità, la psicologia è senz’altro una scienza. Si tratta di una parte dell’antropologia, la scienza che studia l’uomo; che a sua volta è parte della filosofia. La psicologia è quindi una scienza nello stesso modo in cui lo sono la storia o la filosofia. Se noi invece consideriamo la scienza come la disciplina che si basa sul metodo sperimentale, la risposta è che la psicologia non è una scienza. È vero che esistono numerosi esperimenti scientifici in psicologia. Tuttavia, oltre alle incertezze intrinseche in ogni ricerca, bisogna aggiungere che non è possibile il controllo totale di ogni variabile, e che limitazioni etiche riducono ulteriormente le possibilità di utilizzare questo metodo quando l’oggetto di ricerca è l’uomo. Ben venga, quindi la ricerca; ma credo che il metodo privilegiato nello «studio dell’anima» sia il metodo filosofico. L’idea che la psicologia sia una scienza “dura” (come 34 N. 59

vengono chiamate le scienze che utilizzano il metodo sperimentale, quali la fisica, la chimica e la biologia...) e che il suo metodo sia quello sperimentale porta con sé anche un altro inconveniente di non poco conto. La psicologia è infatti chiamata in causa per dirimere questioni bio-etiche e bio-politiche (dall’aborto, all’omosessualità, all’omogenitorialità...) e la ricerca psicologica viene utilizzata per trarne indicazioni di tipo morale e/o legale. Il problema è evidente. Il metodo sperimentale fa semplicemente una cosa: misura, trasforma in numeri ciò che esiste. Dice (con un certo grado di approssimazione e con un certo margine di errore) come le cose sono. Non come dovrebbero essere, o com’è giusto che siano.

Questa cosa spetta alla filosofia, all’antropologia e alla metafisica in particolare: non alla scienza. Noi possiamo rilevare, ad esempio, che furti e rapine sono molto diffusi nel nostro Paese; misuriamo, cioè, la frequenza di questo comportamento in un certo periodo di tempo. Il fatto che questo fenomeno sia molto frequente non ci autorizza a dire che sia “naturale” rubare o rapinare. Questo è compito della riflessione filosofica, che non indaga come sono le cose ma come dovrebbero essere, come è giusto che siano. Potrebbe risultare, ad esempio, che il furto non sia “naturale” nonostante sia molto diffuso. Ecco un altro buon motivo per considerare la psicologia Primo piano


come una scienza «come la storia o la filosofia»: con un suo metodo valido, efficace, ma non sperimentale. A maggior ragione, tutto questo vale quando si parla di “psicologia clinica”, ossia la psicologia che non si limita a descrivere e a studiare l’anima umana ma cerca il benessere della persona. A questo punto dobbiamo chiederci se un certo comportamento o atteggiamento o processo mentale sia “patologico” o “fisiologico”. Bene, la distinzione tra patologico e fisiologico (in psicologia come in medicina) è una distinzione metafisica, non scientifico-sperimentale. Dobbiamo infatti avere un’idea di quale sia il funzionamento “naturale” della persona; ma questa idea non deriva dall’osservazione e dalla misurazione.

Se rileviamo, ad esempio, tendenze suicide... dovremmo pensare che siano fisiologiche semplicemente perché ci sono? O dovremmo riflettere sul fine dell’uomo, e se le tendenze suicide concorrano od ostacolino il fine dell’uomo. A questo punto non avremo difficoltà a definire “patologiche” queste tendenze. Ecco, queste sono domande filosofiche, metafisiche.

LA PAROLA “PSICOLOGIA” È STATA CONIATA NEL CINQUECENTO PER DEFINIRE LO STUDIO DELL’ANIMA UMANA

Dunque è bene considerare la psicologia una scienza non dura, che può giovarsi del metodo sperimentale ma, considerato il suo oggetto di studio (l’anima umana), ha come strumento principale la riflessione filosofica (antropologica e metafisica in particolare). Come mai siamo giunti a considerare la psicologia una scienza dura? Questo è un argomento che forse approfondiremo un’altra volta...

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Ecco come difenderci dalla tesi ideologiche nel campo delle scienze sociali

Quando la “scienza”

DICE LE BUGIE

laureato in Sociologia e collabora con diverse ri fra i quali Tempi.it, Libe Campariedemaistre.com Uccronline.it e Corrispo È membro dell’Equipe N Movimento per la Vita it

* giulianoguzzo@email.c @GiulianoGuzzo : www.giulianoguzzo.com

Anna Maria Pacchiotti, dell’associazione “Onor

di Giuliano Guzzo

: www.onoralavita.it

GLI PSICOLOGI E I SOCIOLOGI CHE SOSTENGONO CHE «BASTA L’AMORE» E «NON SERVONO MAMMA E PAPÀ» SONO UN ESEMPIO ECLATANTE DI NEGAZIONE IDEOLOGICA DELLA REALTÀ 36 N. 59

«Guardando agli studi sullo sviluppo evolutivo di figli di coppie omogenitoriali posso dire che ci troviamo di fronte ad una vera e propria negazione ideologica degli effetti negativi». Con queste parole, intervenendo in un recente convegno tenutosi all’Università Cattolica di Milano, Paul Sullins, sociologo della Catholic University of America di Washington, ha inteso mettere tutti in guardia da quello che, a suo dire, è un uso strumentale e ideologico della ricerca

scientifica sul delicatissimo, quanto prioritario, versante della ricerca sui ragazzi cresciuti in coppie omogenitoriali. Un versante sul quale, a ben vedere, le stesse decisioni politiche vengono sovente giustificate sulla base di quello che sarebbe il verdetto di una “scienza” in realtà tutt’altro Laureata in Filologia e Cri che neutrale e, anzi, fortemente Scrive per passione. Co libertaepersona.org e c politicizzata. riviste; è inoltre autrice,

di Miracoli - L’irruzione storia (Ed. Lindau).

Basti qui ricordare che, secondo specifiche ricerche condotte in ambito statunitense,

Primo piano


diversamente dalla realtà sociale – assai più equilibrata, per non dire simmetrica – la rappresentanza dei sociologi liberal rispetto ai conversatori sarebbe in un rapporto di 8 a 1, quella degli psicologi addirittura di 10 a 1. Il punto è che si tratta degli stessi studiosi ideologizzati che sono autori della quasi totalità delle pubblicazioni scientifiche che attesterebbero il fatto che i figli non hanno bisogno di un padre e di una madre, dal momento che la sola cosa importante, in ciascun nucleo familiare, sarebbe l’“amore”, termine di grande importanza ma purtroppo, da anni, largamente abusato. Ma allora come possono fare le persone comuni, non specializzate, a difendersi dalle fake news su questo argomento? Dato che non è pensabile tutti abbiano un Paul Sullins a portata di mano, ed è altresì legittimo che pochi vogliano studiarsi le ricerche scientifiche sulle coppie di persone dello stesso sesso, vale la pena provare ad articolare alcuni brevi e pratici consigli per smascherare quella che – ancorché spacciata come ricerca aggiornata e attendibile – è in realtà “scienza” ideologizzata, in questo caso al servizio non della verità ma solo delle istanze LGBT. Un primo dettaglio da tenere in alta considerazione Primo piano

concerne la rappresentatività e la dimensione dei campioni impiegati negli studi sulle ricerche sulle cosiddette famiglie arcobaleno. Si tratta infatti di ricerche che – per ragioni di economia, e forse anche di ideologia – sono quasi sempre basate su campioni non solo piccoli, ma assemblati con metodo di convenienza anziché probabilistico. Significa, per venire a noi, che le famiglie arcobaleno negli studi sui figli di coppie LGBT non sono quasi mai individuate casualmente, ma vengono reclutate con annunci sul web o su riviste gay, se non tramite dirette segnalazioni da parte delle stesse associazioni LGBT: questo significa che il campione non solo non è quasi mai rappresentativo – idoneo cioè a esiti generalizzabili –,

ma risulta composto, spesso, da soggetti inclini a offrire di sé, come genitori, l’immagine migliore. Si tratta di una criticità diffusa, tanto che secondo il già citato Sullins sarebbero oltre il 90% gli studi che non hanno individuato alcun danno nei bambini nel fatto di essere cresciuti da una coppia gay, realizzati con campione non rappresentativo ma di convenienza. Insieme a questa c’è poi la già accennata questione della dimensione dei campioni che in certi studi vengono selezionati. Infatti, sovente si tratta di campioni di poche decine di bambini e coppie, cosa che compromette quella che si chiama «potenza statistica». C’è poi un altro aspetto da considerare, quando sentiamo sbandierare talune ricerche sui

Donald Paul Sullins, il sociologo che ha smentito la teoria della “nessuna differenza” tra i bambini cresciuti in famiglia e quelli cresciuti con due omosessuali. 37 N. 59


Campioni minuscoli, scelti non a caso; confronti tra situazioni non paragonabili; errori di assegnazione: ecco i difetti delle ricerche ideologizzate

figli di coppie gay: il fatto che si siano confrontati da una parte il campione arcobaleno, per così dire, con dall’altra un campione non corrispondente e simile per caratteristiche economiche, sociali e demografiche. Non di rado, infatti, succede che le coppie LGBT – le stesse che possono permettersi di ricorrere al costoso e disumano utero in affitto – siano composte da persone economicamente facoltose, ma vengano paragonate con famiglie cosiddette tradizionali di livello economico inferiore. Per forza, allora, le coppie dello stesso sesso risulteranno “buone famiglie”! Ma la ricerca seria, chiaramente, dovrebbe evitare simili confronti aprioristicamente diseguali. Così come – per enunciare un’altra criticità presente in taluni studi – c’è da fare attenzione che i campioni oggetto di confronto, 38 N. 59

oltre che omogenei, siano distinti. Vi sono difatti alcune ricerche – che pure avevano superato il test del campione affidabile – i cui risultati sono risultati poi viziati dal fatto che al gruppo delle coppie omo erano mescolate coppie etero erroneamente classificate omo. Un errore di assegnazione, dunque, che compromette l’intera ricerca e meno raro di quanto si creda. In uno studio realizzato da J.L. Wainright, per esempio, ha fatto notare sempre Sullins «il 61% dei casi identificati come “genitori dello stesso sesso” consisteva di partner genitori di sesso differente». E in un’altra ricerca circa il 65% del campione di genitori dello stesso sesso consisteva di genitori etero assegnati erroneamente. Ora, cosa concluderne? Che tutti gli studiosi di scienze sociali sono ideologizzati? No di

certo. Rimane però il fatto che anche chi non ha familiarità con sociologia e statistica farebbe bene, allorquando sente presentare talune ricerche come insindacabile espressione della “scienza” – tanto più se si tratta di ricerche volte a scardinare il senso comune, come quello secondo cui ciascun bambino ha bisogno di un padre e di una madre –, a chiedersi se i passaggi semplici ma decisivi poc’anzi ricordati, essenzialmente legati al campionamento, siano stati correttamente eseguiti. C’è infatti un settore non piccolo del mondo accademico che, non da oggi, approfitta dei propri titoli e della propria credibilità per divulgare come scientifiche pubblicazioni che certamente tali non sono, essendo più che altri ricerche “a tesi”, ideate cioè per dimostrare un pensiero precostituito e, sovente, dalle tinte arcobaleno. Primo piano


FILM

A Beautiful Mind di Marco Bertogna

Titolo: A Beautiful Mind Regista: Ron Howard Stato e Anno: Stati Uniti, 2001 Durata: 130 min. Genere: Biografico – Drammatico

Nel panorama del cinema odierno segnaliamo alcuni film “controcorrente”, che trasmettano almeno in parte messaggi valoriali positivi e che stimolino il senso critico rispetto ai disvalori imperanti. Questo non implica la promozione, né l’approvazione globale delle opere recensite da parte di ProVita Onlus.

Nel 1994 John Forbes Nash jr. riceve il premio Nobel per l’economia per la sua “teoria dei giochi”, che ha condizionato tutta l’economia moderna. John Nash ottiene questo riconoscimento dopo una vita passata a convivere con la schizofrenia di tipo paranoide. John Nash (Russell Crowe) è il protagonista di questo bel biopic, che ci fa immergere nel mondo di una persona profondamente malata e indiscutibilmente geniale. Nel film ripercorriamo la sua carriera universitaria partita da Princeton, passando per la docenza presso i Wheeler Laboratory, le consulenze per il Pentagono e il ritorno, da insegnante, a Princeton. Emerge forte il disagio nei rapporti interpersonali, ma incontreremo anche chi invece ha saputo stargli accanto, ossia Alicia, sua moglie, grazie alla quale Nash riesce a convivere con la sua malattia. Questo film non può essere raccontato nel dettaglio, va visto. Non so se può essere una pellicola da vedere più di una volta, poiché ha una forza esplosiva che matura nell’arco della

visione e che difficilmente può essere replicabile dalla seconda volta in poi. È un film che incolla al personaggio e lo svela piano piano. La malattia, sempre velatamente presente, diventa protagonista solo nel terzo atto, dove la malattia condivide questa importanza con l’amore della moglie e con il desiderio di John Nash di corrispondere a questo amore. È la forza della mente che si sprigiona nella genialità del personaggio e nella capacità di razionalizzazione della propria malattia. John Nash a un certo punto rinuncia alle cure farmacologiche per “dominare” ciò che non va nella sua vita con la propria capacità mentale. È un film pro-vita poiché la malattia è “inclusa” nella società; perché l’amore di una moglie porta giovamento al malato; perché la vita è difesa e affrontata (e non scartata o eliminata). È un film pro-vita perché è una storia dove il lieto fine non coincide con la guarigione fisica, bensì con il risultato di un percorso fatto di rispetto e di amore per la vita stessa.

39 N. 59


Le leggi di un paese “civile” come l’Italia proteggono dalla crudeltà i cuccioli di tutti gli animali, anche prima della nascita: ma non i “cuccioli d’uomo”

ABORTO

TARDIVO

Misurati sul principio dell’intangibile dignità di ogni vita umana, tutti gli aborti indistintamente sono riprovevoli. Tuttavia, l’aborto tardivo evidenzia un’assoluta crudeltà, ingiustificabile di fronte alla nostra civiltà giuridica.

I PROGRESSI MEDICI

L’ABORTO VOLONTARIO È SEMPRE E COMUNQUE UN OMICIDIO, ANZI UN INFANTICIDIO 40 N. 59

Nel 1973 la Corte Suprema USA, affermando il diritto all’aborto, muoveva dalla premessa che il concepito non è persona fino a quando non è capace di vita autonoma fuori dal grembo materno. Riconosceva, quindi, «l’aborto come libertà, anzi come diritto di privacy […], fino ai primi tre mesi di gravidanza, mentre esigeva una motivazione terapeutica a difesa della salute (fisica e psichica) della madre per i successivi tre» (Antonio Baldassarre, Notizie ProVita, Ottobre 2012, p. 19).

di Clemente Sparaco

Quel termine temporale è stato ripreso in Italia dalla legge n. 194/1978, che contempla l’interruzione volontaria della gravidanza anche dopo i 90 giorni, nel caso in cui «la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna» e «quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna» (art. 6). S’individuava, in entrambi i pronunciamenti, la soglia di vitalità quale discrimine per il riconoscimento del diritto del nascituro alla vita, soglia che, però, non era fondata su alcuna evidenza scientifica. Questo è tanto più assodato oggi che la diffusione di unità operative di rianimazione neonatale consente la sopravvivenza dei bambini fortemente


prematuri (statistiche del Regno Unito, riportate dal The Telegraph, indicano che 5 bambini su 247 sono nati vivi a meno di ventidue settimane, sopravvivendo almeno un anno; 11 su 171 a 22 settimane e 76 su 332 a 23, nati vivi, sono sopravvissuti). Né pare possibile indicare un fattore di discontinuità nel processo evolutivo biologico per quella particolare fase di sviluppo fetale. Piuttosto, la ricerca medica negli ultimi decenni ha progredito nella conoscenza del sistema neurologico del feto. Evidenze scientifiche comprovano che le vie del dolore completano il loro sviluppo dalla 7a alla 20a settimana. «I recettori sensori cutanei appaiono nell’area periorale del feto nella 7a settimana di gestazione; si sviluppano sul resto del viso, sulle palme delle mani e sulle piante dei piedi entro l’11a e a tutte le superfici cutanee e mucose entro la 20a settimana» (Anand KJS & Hickey PR, Pain and its Effects in the Human Neonate and Fetus, 317 NEW ENGL. J. MED. 21, 1321-1329, 1987). Altri studi evidenziano che il feto di otto settimane è sensibile alla stimolazione tattile (Myers LB, Bulich LA, Hess, P, Miller, NM. Fetal endoscopic surgery: indications and anaesthetic management. Best Practice & Research Clinical

Manifesto di propaganda a favore della Micha’s Law, la legge che protegge i bambini capaci di sentire dolore: «A venti settimane i bambini sentono la musica, reagiscono alle voci umane e possono anche sentire dolore. La dignità umana richiede che noi proteggiamo queste vite».

Anaesthesiology. 18:2, 2004, 231-258) e che alla 20a settimana possiede ormai le «strutture fisiche necessarie per provare dolore» (Glover V. “The fetus may feel pain from 20 weeks”; in The Fetal Pain Controversy, Conscience. 25:3, 2004, 35-37). Il “Pain-Capable Unborn Child Protection Act”, la legge USA che bandisce gli aborti oltre la 20a settimana, votato il 3 ottobre alla Camera dei Rappresentanti, recependo tali sviluppi medici, riconosce che «i recettori del dolore (nocicettori) sono presenti nel corpo intero del nascituro e sono collegati mediante i nervi al talamo e alle strutture subcorticali del cervello entro e non oltre la 20a settimana di gestazione».

IL DOLORE DEI BAMBINI NEL GREMBO MATERNO A fronte di questo si configura in tutta la sua atrocità la “dilatazione-evacuazione”, il metodo abortivo tardivo più praticato nel mondo. Esso consiste nell’indurre una dilatazione del collo dell’utero per rimuovere il bambino con una pinza. Il medico ghermisce quanto può, tira e strappa, facendolo a pezzi, per poi verificare se ne manchino, una volta ricostruitolo come un puzzle. E tutto questo di solito senza anestesia. In alternativa, si usa iniettare digossina, o nel fluido amniotico o direttamente nel cuore, per provocargli l’arresto cardiaco, inducendo quindi il parto di un bambino che di solito (ma non sempre) nasce morto. Una forma estrema di pietà, che dovrebbe risparmiargli quelle indicibili sofferenze. 41 N. 59


Ciononostante, non sono rari i bambini che sopravvivono all’aborto, il cui cuoricino continua a battere, anche per molte ore (il 10% alla 23a settimana, secondo il British Journal of Obstetrics and Gynaecology).

CHE NE È DI LORO? Essi – è scritto in Aborto tardivo ed infanticidio, petizione presentata dall’European Centre for Law and Justice all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa nel giugno 2015 – sono «lasciati morire senza assistenza, faticando a respirare, a volte per diverse ore, o sono uccisi con un’iniezione letale o per soffocamento, per poi essere gettati tra i rifiuti organici». E questo mentre in altre stanze d’ospedale si cerca con tutti i mezzi di salvare prematuri poco più grandi, o della stessa età gestazionale. In Italia, dove la legge 194 prescrive di «adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita» del bambino «quando sussiste la possibilità di vita autonoma» (art. 7), le cose non vanno tanto diversamente, come emerso da casi simili. Un’inveterata prassi porta a tutelare gli 42 N. 59

adulti coinvolti, piuttosto che il nato indesiderato. A questo si aggiunge il facile ricorso all’aborto cosiddetto terapeutico, ma che è in realtà eugenetico, a seguito di accertamenti ecografici che pongano anche solo il sospetto di lievi malformazioni nel nascituro, e nella fretta di fare presto. Nessuna pena per il bambino, il cui grido silenzioso si fa assordante, quando solo si pensi che la normativa non ammette forme di crudeltà simili per gli animali (cosa rimarcata in sede di discussione del Pain-Capable Unborn Child Protection Act alla Camera USA e richiamata dalla Petizione del 2015 all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa). La Direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio UE, che contempera la protezione degli animali utilizzati per finalità sperimentali o scientifiche, stabilisce specificamente come “scientificamente dimostrato” che le “forme fetali dei mammiferi” possono «sperimentare dolore, sofferenza e angoscia» anche «prima del terzo periodo della gravidanza», riconoscendo loro un «valore intrinseco che deve essere rispettato» (§ 12).


Letture Pro-life «La lettura è per la mente quel che l’esercizio fisico è per il corpo» (Joseph Addison)

MICHAEL D. O’BRIEN

IL NEMICO E L’INVIATO Edizioni San Paolo

Vogliamo consigliare ai nostri lettori due libri che non rientrano nell’ambito dei saggi su temi bioetici che sono normalmente presenti in questa nostra “terza di copertina”. Il nemico è un romanzo, un thriller di fantapolitica. Padre Elia è un frate carmelitano con un lungo trascorso: ebreo, superstite dei lager, divenuto uomo di spicco tra i politici israeliani, si converte al cristianesimo e si chiude in clausura. Dopo anni viene incaricato dal Papa e dal Cardinale segretario di Stato di infiltrarsi nella setta segreta del Presidente dell’Europa per favorire la sua conversione ed evitare che diventi l’Anticristo: un compito urgente e cruciale per la salvezza della cristianità intera. Il sequel di questo romanzo s’intitola L’inviato, ed è stato edito recentemente da Fede&Cultura.

Anthony Okechukwu Nnadi

IN DIFESA DELLA VITA NASCENTE Statuto dell’embrione umano

L’ethos cristiano racchiude in sé come impronta genetica caratteristica un’inclinazione per la cura e l’attenzione verso le vite deboli, ferite, fragili. C’è qualcuno di più fragile e più esposto a violenze di un embrione appena concepito? I forti plasmano la giustizia e il diritto sul loro interesse. I cristiani, con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, vogliono invece costruire una società in cui i deboli sono accolti, apprezzati e tutelati. L’Autore, Don Anthony Okechukwu Nnadi, un giovane sacerdote originario della Nigeria, ci invita a fissare lo sguardo sull’essere umano nei suoi inizi per chiedergli: «Chi sei?». Con l’ausilio della scienza biologica, della filosofia e del diritto riconosce in quell’essere microscopico e apparentemente informe una persona umana.


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