SCOMPARSE INTRODUZIONE
L’indigena fissa il suo lungo abito rosso appeso ad un palo del telefono, lotta per liberarsi, ed una volta liberata, con il suo abito penzolante, ridotto in brandelli e la sua biancheria intima esposta, in silenzio, legge i nomi delle donne scomparse, che aveva scritti sul braccio. Conclude urlando i nomi ad uno ad uno. Questa è la performance di un’artista indigena canadese, che racconta, attraverso quest’opera, la commemorazione di vite di donne indigene scomparse ed assassinate, che sono sparite dalle strade di Vancouver in Canada. Questo succedeva durante l’inverno canadese del 2002 per chi passava dal centro est della città. Tutto questo può sorprendere degli osservatori distratti, ma la realtà è che in Canada, spesso classificata ai primi posti sulle liste degli indici di qualità di vita globale, donne indigene subiscono alti tassi di violenza. Nel 2014 la Polizia Canadese confermò che 1017 donne indigene erano state assassinate e che 164 erano scomparse dal 1980, nonostante le donne indigene costituiscano il 4,3% della popolazione femminile del paese. La strada delle lacrime, così la chiamano i nativi americani ed è tristemente conosciuta per le donne che spariscono sul suo percorso. Secondo gli amerindi, nativi americani, le sparizioni e le uccisioni, cominciate nel 1980 e mai finite, sarebbero almeno quattromila, un numero impressionante che non si ferma. Si tratta di una strage che da decenni si consuma nel silenzio e nell’indifferenza. Solo nel 2019, a seguito delle pressioni di molte associazioni e denunce da parte di gruppi nativi, è stato pubblicato un report su quante sparizioni misteriose e omicidi si sono verificati su donne native americane. Il paese nel quale si consumano prevalentemente queste tragedie, secondo un’inchiesta condotta, è il Canada. Nell’arco di tempo compreso tra il 1980 e il 2012, il totale delle vittime registrate sono 1181. Se già questo numero ci può sembrare estremamente sconvolgente, si pensi a quello complessivo di tutte le donne native americane scomparse e/o uccise. Il numero esatto
delle vittime non lo si conoscerà mai, anche perché molte famiglie non denunciano la scomparsa di queste donne, per la paura di ripercussioni e vendette ulteriori e i loro assassini sono: sconosciuti, dei conoscenti o i propri mariti. Un altro tassello che si va ad aggiungere a questo mostruoso mosaico sono i casi non risolti e molte famiglie, alle quali è stata portata via una madre, una sorella, una figlia, chiedono la riapertura di questi casi per far sì che venga fatta giustizia. Perché tutta questa riluttanza nell’andare in fondo alla vicenda? É una domanda che sorge spontanea, ma soprattutto suscita molta rabbia, come se esistessero omicidi di serie A e di serie B. Indagini condotte frettolosamente e superficialmente, parzialità a sfondo razzistico, sono alcuni degli elementi riscontrati nell’inchiesta, la Commissione ha inoltre appurato che le violenze fatte su queste donne trovano una ragione nell’inazione da parte dello Stato, ma soprattutto nelle ideologie connesse che sono basate su una presunta superiorità.
ALCUNE TESTIMONIANZE Era il 2014, Tina era una ragazzina di appena 15 anni. Fu ritrovata senza vita avvolta in un sacco, nelle gelide acque del Red River, il Fiume Rosso che attraversa la provincia canadese di Manitoba, una delle aree più povere e violente del Paese. Quando il suo cadavere venne ripescato, Tina era
scomparsa già da una settimana. Il corpo era in avanzato stato di decomposizione, il che rese difficile la sua identificazione. Ci vollero quattro ore intere per capire che il corpo era quello di una giovane donna e Tina fu identificata grazie ad un tatuaggio sulla schiena: due ali d’angelo. Il suo assassino, un uomo di 53 anni, venne incriminato con l’accusa di omicidio di secondo grado. Venne poi processato e giudicato non colpevole nel 2018. Emblematico e terribile il caso di Rinelle, studentessa sedicenne, la cui testimonianza saltò agli onori della cronaca abbattendo quel muro di indifferenza e di omertà, nei confronti di queste sparizioni e uccisioni. Rinelle fu ripescata nuda e quasi in fin di vita tra i fiumi Assiniboine e Red River. Prima di essere gettata nel fiume, Rinelle era stata avvicinata in un luogo isolato da due uomini suprematisti bianchi e stuprata ripetutamente. Riuscita a ritornare a riva, fu violentata e aggredita di nuovo fino a perdere i sensi, questo portò i suoi assalitori a fargli credere che fosse morta e così se ne andarono. Rinelle si salvò per la temperatura freddissima del fiume, che aveva rallentato molto il suo metabolismo e una volta ripresasi, riuscì a tornare a casa e raccontò l’inferno che aveva vissuto. Christine, 22 anni, dell’Alberta in Canada, è stata vista per l’ultima volta il 13 ottobre 2016. Stava camminando verso nord. Lo scorso maggio, i suoi resti, sono stati trovati nel Lago Saddle, non lontano dalla riserva Cree in cui viveva. Delaine, un’adolescente della tribù Ojibway nell’Ontario nordoccidentale, è uscita di casa per l’ultima volta il 28 febbraio 2016. Il 22 marzo il suo corpo è stato recuperato in un vicino lago. Sua madre Anita, ancora oggi non crede al rapporto di polizia che sostiene che la figlia è rimasta intrappolata da una lastra di ghiaccio che si è rotta sotto i suoi piedi. “Come ci è arrivata? Che cosa faceva là da sola? La polizia dice che non lo sa. Io so che hanno iniziato a cercarla solo dopo tre giorni dalla sua scomparsa”, ripete sconsolata. Solo nel maggio 2021, nel South Dakota, sono state denunciate le sparizioni di 13 tra ragazzine e adolescenti indigene, di cui non si è saputo più nulla.
La Columbia Britannica è famosa per i serial killer e i criminali che spesso prendono di mira le donne aborigene. Nel 2007 un allevatore di suini, è stato condannato per aver ucciso sei donne, sebbene il DNA o i resti di trentatré donne siano stati scoperti nella sua terra. Molte di loro erano native. Uno dei più giovani serial killer canadesi, aveva ventiquattro anni quando fu condannato nel 2014 per aver ucciso quattro donne vicino all’autostrada delle lacrime, chiamata così perché a pochi chilometri da Prince George, si immerge in messo a fitte foreste venate da strade forestali, manca l’illuminazione quindi se si sta cercando qualcuno è piuttosto difficile trovarlo. Un ex giudice del Tribunale Provinciale di Prince George e condannato pedofilo, è stato imprigionato nel 2004 per aver aggredito sessualmente e fisicamente ragazze indigene di dodici anni. Concludiamo queste testimonianze, che fanno parte di tantissime molte altre, prendendo in prestito le parole di Mary, una donna Lakota; Mary ha conosciuto la violenza e il razzismo fin da piccolissima, per questo ha scritto un libro che ci fa capire tutto ciò che le donne native americane sono costrette ad affrontare nel silenzio e nell’indifferenza di tutti. Inoltre, l’autobiografia di Mary, presenta allo stesso tempo un vero e proprio spaccato della vita condotta all’interno delle riserve. “Se pensate di voler nascere, guardate bene di nascere bianchi e maschi, gli stupri nelle riserve sono un’orribile tragedia, le vittime sono esclusivamente ragazze indiane di sangue puro, molto timide e troppo spaventate per denunciare il crimine. Fino a poco tempo fa lo sport preferito dagli sbirri bianchi, statali e federali, consisteva nell’arrestare una ragazza indiana con l’accusa di essere ubriaca e di disturbare, nonostante lei fosse sobria, così da portarla nel reparto degli ubriachi in prigione, dove la violentavano. Poi, appena terminata la violenza, la gettavano fuori dall’auto
e se ne andavano via…. Così la ragazza appena stuprata doveva camminare per 10-15 km a piedi per tornare a casa in quelle condizioni.” Serenity, 4 anni, scomparsa nel 2014 Cecilia,15 anni, scomparsa nel 1989 Sunshine, 16 anni, scomparsa nel 2004 Shelly, 25 anni, scomparsa nel 2013 Joyce, 42 anni, scomparsa nel 1993 Mary Jean, 48 anni, scomparsa nel 1987 Dianne, 60 anni, scomparsa nel 2018 E via via, le donne indigene in questo paese affrontano tassi di omicidio che sono più di dieci volte la media nazionale. L’omicidio è la terza causa di morte per le donne e le ragazze indigene di età compresa tra dieci e ventiquattro anni e la quinta per le donne di età compresa tra venticinque e trentaquattro anni. Tantissime altre testimonianze che rivelano la brutalità di queste violenze. Può sembrare strano ma la crescita vertiginosa di queste violenze è dovuta al fatto che all’interno e nelle vicinanze delle riserve, si sono piazzate le compagnie petrolifere con una proliferazione di operai di sesso maschile, non nativi, che vengono ospitati all’interno delle comunità indigene, trasformate quindi in veri e propri territori di caccia, dove i predatori cercano le loro vittime. C’è da dire anche che nel cinquanta per cento dei casi di violenze sessuali, le donne native coinvolte hanno ricevuto un rifiuto da parte degli studi legali alle quali si erano rivolte. Le autorità federali si rifiutano di perseguire crimini avvenuti all’interno delle riserve, in questo modo il buco nero giurisdizionale ha creato una proliferazione di aggressioni che crescono anche grazie alla certezza dell’impunità. Purtroppo, questi soprusi vengono portati alla ribalta delle cronache molto poco e sinceramente non ne conosciamo il motivo, oppure si fa finta di non sapere, per non coinvolgere un Paese intero, che accadano questi reati raccapriccianti e che possano sconvolgere un’intera società, portandola sotto i riflettori di tutto il mondo. Paesi che si dichiarano democratici che invece di appropriarsi e difendere la propria cultura antica, riguardante le origini della propria terra, distruggono, violentano e si accaniscono verso
queste persone che erano i popoli regnanti e detentori del territorio, che ora non è più loro e che gli è stato portato via con la forza, quando gli Europei sbarcarono in quelle terre. Confinati in Riserve come delle persone di second’ordine, vivono ora anche questo dramma, ma di tutto questo ne parleremo più avanti.
INCHIESTE Il nuovo Primo Ministro del Canada ha annunciato l’apertura di un’inchiesta nazionale sull’assassinio o la scomparsa di quasi 1200 donne indigene negli ultimi tre decenni. Diversi movimenti e le famiglie delle vittime chiedevano un’inchiesta da più di cinque anni, ma il predecessore del Primo Ministro Canadese, non si era dimostrato particolarmente sensibile alla questione. La Ministra della Giustizia ha detto che nei prossimi due mesi il Governo consulterà le famiglie delle vittime e i leader aborigeni, per raccogliere le loro opinioni su come strutturare l’inchiesta, che dovrebbe partire nei prossimi mesi. La questione viene discussa da tempo e sul tema ci sono diversi studi e indagini, ma non ci sono stati fino ad ora adeguati interventi. L’ultima ricerca, che denuncia anche l’assenza di una vera e propria banca dati aggiornata, è stata presentata dall’ Associazione delle donne native del Canada al Parlamento, nel 2014. Si intitolava “Donne invisibili: un invito ad agire”, ed elencava una serie di raccomandazioni per affrontare il problema. Secondo le testimonianze delle vittime di violenza domestica e di diverse Onlus che lavorano nel paese contro la violenza delle donne, le indigene spesso non ottengono la protezione offerta dalle politiche nazionali. La polizia non è inoltre sufficientemente preparata e spesso indaga sui casi che coinvolgono donne indigene in maniera inadeguata. C’è un dossier di più di 1200 pagine che ha stravolto il Canada, travolgendo la nazione fino a deformarne i contorni apparentemente immacolati e progressisti. È un genocidio occulto, di cui solo ora si prova a tracciare un perimetro la cui entità ha assunto dimensioni spaventose. Le vittime non si stancheranno di dire che erano tutte donne native americane di ogni età, tutte inghiottite tra le spire di un fenomeno che sconvolge l’opinione pubblica. Il capo della commissione d’inchiesta lancia una pesante accusa contro lo Stato del Canada, nero su bianco, tra le pagine del rapporto governativo, le prove che le istituzioni avrebbero taciuto, omesso, depistato e persino ignorato il massacro. Molti casi sarebbero stati analizzati con approccio investigativo superficiale, altri archiviati con etichetta errata, così che molte scomparse potrebbero essere stati omicidi. Si tratta di un’emergenza nazionale che non conosce tregua, su cui la commissione d’inchiesta auspica un severo
intervento del governo, un genocidio basato sulla razza ai danni di ragazze e donne. La spirale della violenza, ancora così fuori controllo, si allarga anche in tutta l’America, la Giornata Nazionale della memoria delle donne indigene scomparse e assassinate è stata istituita il 5 maggio dal Procuratore Generale dello Stato di Washington, che ha annunciato che il suo ufficio guiderà una task force di 21 membri per valutare le cause sistemiche alla base di questo altissimo tasso di sparizioni e omicidi. La task force includerà membri delle tribù e che la Casa Bianca ha pubblicato il 4 maggio un lungo comunicato, nel quale il Presidente si impegna a rafforzare il sostegno e la collaborazione con le comunità tribali. Ma noi ci domandiamo: sarà sufficiente indagare soltanto su chi ha commesso questi crimini? Non sarebbe importante fare una campagna nazionale dove si entra in casa delle persone spiegando il perché non è giusto commettere tutto questo e magari inasprire le leggi che riguardano queste violenze? Tutte o quasi le persone colpite da tale fenomeno sono: Amerindi, Indios, Inuit, ed altri, ovvero Nativi americani del nord, del sud, ecc. Ma che altro hanno in comune queste persone? Esse sono per lo più del gruppo sanguigno 0, tra l’altro un ceppo che si dice abbia origine proprio nelle Americhe. Nell’ambiente ufologico viene definito il sangue di una civiltà perduta, atlantidei, lemuri o abitanti di MU o addirittura sangue di diretta discendenza aliena. Le persone con questo sangue sarebbero geneticamente più forti del resto dell’umanità a livello immunitario. Vero o falso che sia, queste cose ci danno però alcuni spunti di riflessione, vediamoli insieme. Le donne che spariscono hanno tutte o quasi lo stesso tipo di sangue, la stessa etnia, le stesse caratteristiche somatiche e morfologiche, pressappoco la stessa cultura e sono quasi esclusivamente appartenenti agli antichi popoli delle due Americhe. Questi popoli hanno interagito, secondo molti dei loro miti, con entità cosmiche, con dei ancestrali che portavano cambiamento e distruzione viaggiando attraverso lo spazio. Forse non si sta facendo abbastanza per questo olocausto, cercheranno i vecchi colpevoli ma nel frattempo altri omicidi si perpetreranno, se non si cambierà la mentalità delle persone e finché alcuni di loro penseranno che sia giusto straziare queste donne per poi gettarle via, togliere la vita è un crimine grave e troppo spesso viene preso come un gioco.
STORIA Con il termine popoli indigeni del Canada, noti anche come indigeni canadesi o Prime Nazioni, si intendono le popolazioni autoctone che vivevano dentro i confini dell’attuale Canada prima della colonizzazione europea e i loro odierni discendenti. Essi comprendono le bande indiane, gli Inuit e i Metis, che originariamente arrivarono come nomadi asiatici dalla Siberia. Gli Inuit migrarono nel nord del Canada, mentre gli indiani si divisero sul resto del continente americano. Le caratteristiche della cultura aborigena canadese includevano insediamenti permanenti, agricoltura, architettura civile e cerimoniale, complesse gerarchie sociali e reti commerciali. Più tardi con lo sbarco di Cristoforo Colombo, nel 1492, sulle coste del nuovo Mondo, iniziò un duro periodo per i nativi. Infatti, la colonizzazione spietata di queste terre, mise a rischio la sopravvivenza degli indigeni, i quali furono costretti a rifugiarsi, dopo sanguinose battaglie, in
riserve, porzioni di terreni a loro dedicati, dove diedero vita ad un bagaglio di usanze e tradizioni, ancora oggi molto affascinanti. Anche in Canada, che è uno dei paesi più estesi al mondo, troviamo la sede di alcune delle più tradizionali riserve indiane. In questo paese dove la natura domina incontaminata, si può vivere un viaggio nel tempo per conoscere la cultura dei popoli fieri e dalle tradizioni suggestive. Le comunità indigene attualmente che ricoprono il territorio indiano sono per la maggior parte Irochesi, Inuit ed Algonchini. Sebbene “indiano” sia un termine ancora comunemente usato nei documenti giuridici, i descrittori “indiano” ed “eschimese”, sono alquanto caduti in disuso in Canada e alcuni li considerano peggiorativi. La cultura Metis dei sanguemisti, ebbe poi origine a metà del XVII secolo, quando le persone delle Prime Nazioni e degli Inuit sposarono degli Europei, Gli Inuit ebbero interazioni più limitate con i coloni europei durante quel primo periodo. Varie leggi, trattati e normative sono state approvate tra gli immigrati europei e le Prime Nazioni in tutto il Canada. Il diritto degli aborigeni all’autogoverno fornisce l’opportunità di gestire gli aspetti storici, culturali, politici di cura sanitaria e controllo economico all’interno delle comunità dei primi popoli. Ma parliamo di un’altra tragedia che ha colpito i nativi canadesi. Fra il 1863 e il 1998, quindi fino a ieri! 150mila bambini nativi americani, che per leggi razziali canadesi, venivano portati via alle loro famiglie e inseriti nelle scuole cattoliche per essere civilizzati. Centodiciotto scuole fondate dal governo canadese, di cui settantanove gestite dalla Chiesa Cattolica, per strappare i nativi dalla loro cultura e per imporgli la nostra. Già nel 1907 la stampa aveva denunciato che dei 150mila bambini internati, il 40% era morto. Un genocidio accompagnato da ogni genere di violenza, abusi di ogni genere che avvenivano in quelle scuole. Ma l’omertà prevalse, addirittura le atrocità vennero messe in dubbio, fino a che avvenne la scoperta dei resti di 215 bambini sepolti, nei pressi della scuola di Kamloops, appartenenti agli studenti scomparsi e morti senza documenti, poi ne vennero trovati altri presso altre scuole. Un genocidio programmato e legalizzato che in Canada è saltato fuori quasi per caso, migliaia di bambini morti nel silenzio generale, qualcosa di orribile tenuto nascosto per anni. Ma cosa succedeva in quelle scuole cattoliche canadesi? Uno sterminio a norma di legge che ribadisce l’inferiorità morale e legale dei nativi americani. Questa legge obbligava le famiglie a firmare un documento, che trasferiva alle scuole
residenziali cristiane i diritti dei loro figli e i beni dei deceduti. Così le scuole entravano in possesso delle terre che ottenevano con le eredità. Le bambine venivano sterilizzate e per ogni sterilizzazione la scuola prendeva una bella cifra dal governo. Secondo la stampa molte morti furono da assegnare alla tubercolosi, quando si ammalavano venivano lasciati morire. Ora, dopo le scuse del Governo canadese arrivano anche quelle della Chiesa Cattolica, ma saranno sufficienti? E i colpevoli? E ci chiediamo ancora perché ci devono essere genocidi di serie A e quelli di serie B, perché i colpevoli di genocidi di solito sono condannati ed invece ora no? Ci riempiamo la bocca con parole come democrazia e libertà; invece, si permettono questi avvenimenti orribili senza battere ciglio? Purtroppo, i nativi nord americani sono stati vittime di uno dei più ignorati genocidi della storia, che inizia con la colonizzazione, ma che prosegue e si istituzionalizza grazie ad una forma perdurante di colonialismo culturale e alla fossilizzazione di pratiche discriminatorie contenute negli ordinamenti di questi stati. Il genocidio dei nativi è stato perpetrato attraverso l’applicazione di tre pratiche: -Lo sterminio fisico ottenuto tramite la guerra e la distruzione delle risorse, mirata ad affamare le tribù. - Il genocidio culturale tramite la separazione dei bambini dalle loro famiglie e comunità, per spezzare quel legame di identità, tramandato di generazione in generazione. - La violenza sulle donne, linfa vitale di ogni civiltà e portatrici dei saperi antichi. Dalla sterilizzazione forzata agli attacchi odierni contro le donne native. L’olocausto americano conta circa venti milioni di morti, ma le stime potrebbero essere riduttive. Lo sterminio operato dai colonizzatori europei è avvenuto per ben cinquecento anni dal loro arrivo, ma si è depotenziato solo negli ultimi secoli, dal punto di vista bellico. Da questo punto in poi si opererà con altre modalità, più insidiose e distruttive, volte a sopprimere la memoria e cancellare la storia di intere realtà tribali. “UCCIDI L’INDIANO SALVA L’UOMO”, era il motto razzista delle 119 Residential School canadesi e delle 367 Boarding School statunitensi, dove si consumavano già quelle brutture e dove un Vescovo cattolico già nel 1875 affermava: “Installiamo in
loro un pronunciato disgusto per la vita nativa in modo che vengano umiliati quando viene ricordata la loro origine”. Il ritrovamento in fosse comuni dei corpi di più di seimila bambini, occultati in tombe anonime, ma ne risultano centocinquantamila, che sono stati internati con la forza, morti e scomparsi. Parallelamente a questo olocausto migliaia di donne native stuprate, ammazzate. Oggi troppe scuse da parte delle autorità e nessuna vera presa di posizione, anche da parte della Chiesa e del primo Ministro canadese che ha urlato: “Basta con queste uccisioni! Ma in pratica tutto continua come prima e queste donne continuano a scomparire nel nulla.
CONCLUSIONE
Nei libri di storia, in U.S.A, in Canada e in Europa, c’è scritto che Cristoforo Colombo ha scoperto l’America. Ebbene, i protestanti nativi del continente americano affermano che il navigatore non ha scoperto un bel niente! La comunità indigena di fatto possedeva queste terre e viveva grazie ad esse da molti secoli prima dell’arrivo delle navi europee. Nella nazione nota per la sua accoglienza dei migranti e per il basso tasso di razzismo, l’entità e la gravità di violenza subita dalle donne Prime Nazioni, Inuit e Metis, hanno raggiunto livelli tali da costituire, secondo l’Onu, una crisi alla quale, nonostante le numerose richieste di azione da parte delle organizzazioni indigene, di gruppi della società civile, parlamentari e organismi internazionali, il governo canadese non ha ancora risposto in modo efficace. In alcune zone degli Stati Uniti, le donne native hanno una probabilità dieci volte maggiore rispetto alla donna media, di essere vittime di crimini violenti. Decenni di discriminazioni e di ghettizzazione hanno impoverito o distrutto intere comunità indigene, esponendo molte donne e ragazze ad un elevato rischio di sfruttamento. Profonde disuguaglianze hanno spinto molte donne indigene a situazioni precarie, che vanno da abitazioni inadeguate, all’abuso di alcol o droga, al lavoro sessuale. Queste stesse disuguaglianze negano anche a molte donne indigene, l’accesso ai servizi necessari per sfuggire alla violenza, come rifugi di emergenza e case di transizione. Allo stesso tempo, alcuni uomini vedono come bersaglio facile le donne indigene. Un esame dei dati relativi a decine di processi di stupro e omicidio, mostra infatti che i crimini contro le indigene sono spesso motivati dal razzismo o dalla convinzione che l’indifferenza della società permetterà agli autori di sfuggire alla giustizia. Ma come è possibile per un Governo tirare le somme, con la cattura di pochi criminali che hanno infine ucciso qualche decina di donne, in un’indagine pubblica su oltre due migliaia di sparizioni ed omicidi irrisolti? A tale domanda, vogliamo però dare una presunta risposta. Le cose sono due, o quelli del Governo canadese hanno scoperto l’inghippo e lo hanno deliberatamente nascosto perché vergognoso e terribile, ma soprattutto imbarazzante, crimini razziali i cui colpevoli non sono identificabili o lo sono ma non toccabili, oppure era terrificante e celava l’incapacità di agire e reagire al problema da parte dello stesso, lasciandolo tra l’altro in fase di compimento i crimini e le sparizioni. Secondo Amnesty International, che ha esaminato la situazione, anche la polizia canadese dimostra profondi pregiudizi, che la portano ad ignorare le
preoccupazioni dei familiari di una donna scomparsa da una riserva o a chiudere prematuramente le indagini per una morte sospetta. Il governo di Ottawa, in realtà, non ha del tutto trascurato il problema. Nel 2010 ha annunciato di voler spendere dieci milioni di dollari in cinque anni per affrontare la violenza contro le donne indigene. Ma la maggior parte dei finanziamenti è stata destinata alla polizia che monitorava le persone scomparse in generale, senza particolare attenzione a ciò che accadeva nelle riserve. Nel mondo sono esistite varie forme di razzismo femminile: dalle donne di colore americane, che sono state portate via dalle loro terre native e vivono in un territorio non loro, con discriminazioni razziali non da poco. L’islamofobia, una forma discriminante che colpisce le donne mussulmane in modo sproporzionato rispetto agli uomini. Le donne Rom dell’Europa dell’Est sono messe in minoranza all’interno della loro famiglia in quanto donne. Gli aborti selettivi perpetrati in Asia a danno di feti di sesso femminile. I delitti d’onore commessi in zone come la Giordania o il Pakistan. Ragazze giovanissime costrette a sposarsi con uomini mai visti e molto più vecchi di loro, i cosiddetti “matrimoni combinati”. Delitti per gelosia, che si consumano quasi giornalmente in Italia. E tante altre discriminazioni che si consumano nel mondo giornalmente nei confronti di donne, quello riguardo le native americane, non sono altro che una buona parte di queste, comunque non dobbiamo permettere che succedano ancora. I governi come quello del Canada e di tutte le altre nazioni, dovranno impegnarsi attivamente nel far finire questi soprusi verso le loro donne, che sono la cosa più bella, più importante e che aiutano a popolare queste terre di persone nuove, attraverso le nascite. Se non ci fossero loro la Terra sarebbe deserta, quindi rispettiamole diamole il giusto ruolo nella società, senza picchiarle, violentarle e ammazzarle. Voglio lasciare una nota positiva che riguardi donne e uomini, sono sicura che un giorno il male cederà al bene quindi, la loro sopravvivenza sarà sicuramente improntata sul reciproco rispetto, amore e LA VITA avrà il meglio su tutto.
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