Politecnico di Torino - 1° Facoltà di Architettura Laurea Specialistica in Design del Prodotto Ecocompatibile AA 2012/2013
il Sistema della Lana nel territorio delle Madonie
: Noemi Romano relatore : Luigi Bistagnino correlatore : Eugenio Puddu candidata
Andai nei boschi perchè desideravo vivere deliberatamente, affrontare solo i fatti essenziali della vita, e vedere se non potessi imparare cosa avesse da insegnare, senza scoprire, giunto alla morte, di non aver vissuto Henry David Thoreau Walden, or Life in the Woods
A Vita e Michele, a quei maestri che sono andati via troppo presto.
Politecnico di Torino I FacoltĂ di Architettura Laurea Specialistica in Design del Prodotto Ecocompatibile AA
2012/2013
il Sistema della Lana nel territorio delle Madonie
: Noemi Romano relatore : Luigi Bistagnino correlatore : Eugenio Puddu candidata
il Sistema della Lana
indice premessa
1.
9
il territorio
11
Le Madonie Comunità Montana
13
2. la fibra
3.
nel territorio delle Madonie
15 21
La lana Proprietà, caratteristiche, impieghi Lane autoctone
23
processi produttivi
33
Lavorazioni e manufatti tradizionali
35
25 27
4. approccio lineare
41
Situazione Attuale
43
casi studio
53
Agenzia Lane d’Italia - Piemonte Winterschule Ulten - Trentino Alto Adige Lane d’Abruzzo - Abruzzo Partner Sheep - Puglia Lanificio Leo - Calabria Filodritto - Sicilia Edilana - Sardegna
56
5.
6. analisi sistemica
58 60 62 64 66 69 71
Metodologia Progettuale Consorzio Lana delle Madonie
73
conclusioni
95
bibliografia
97
87
7
premessa
Nel corso di questo anno è stato necessario dividersi continuamente tra il luogo dell’indagine, che chiameremo d’ora in poi territorio, e la sede di attuale residenza (Torino), proprio perchè l’imprescindibile confronto
La forza motrice che ha guidato questo lavoro per l’intera durata del
con gli operatori del settore ha richiesto un’interazione che fosse mediata
suo corso risiede in quel legame con il territorio che fortunatamente
dalla presenza fisica e dalla confidenza della relazione invece che da una
ancora ci appartiene. Fortunatamente - prima o poi - accade di svegliarsi
distanza telematica.
come da un lungo sonno e che una consapevolezza si manifesti allo
Prima di imbattersi nell’approccio sistemico2 - metodologia alla base di
schiudersi degli occhi, così prepotente da non poterla ignorare.
questo lavoro - ci si è dovuti confrontare infatti con aspetti antropologici e
Il percorso formativo che va a concludersi con la stesura di questo
sociologici propedeutici per una maggiore consapevolezza nell’affrontare
elaborato è responsabile non solo di aver influenzato la scelta delle
il progetto finale. Di fatto non ci si è potuti esimere dal contatto diretto
tematiche dello stesso - la lana di tosa degli ovini e il suo possibile riutilizzo
con luoghi, persone e manufatti, che sono poi la testimonianza di
- ma anche della crescita di quell’implicito che sta alla base delle proprie
un’idiosincrasia dell’entroterra siciliano avvolto ancora nelle tradizioni e
scelte di vita: l’immaginario. In questo senso il testo di Henry David
che goffamente tenta di affacciarsi alla modernità.
Thoreau Walden, Vita nel bosco (1854)1 ha fatto da leitmotiv alla scrittura
Con l’intento di raccogliere più contributi possibili per delineare quella
di questo testo prestandosi a spunti di riflessione e/o parallelismi per via
che è la situazione attuale, si è cercato di entrare in contatto con le
dell’innegabile attualità delle sue tematiche.
professionalità più diverse: allevatori, macellai, caseificatori, agricoltori,
La scelta di questo preciso territorio - la Sicilia in primis, la zona delle
tutti esponenti di realtà molto piccole, che riescono a sopravvivere a volte
Madonie in secundis - come luogo d’indagine non è affidata al caso, ma
non senza fatica, e che rischiano di non essere menzionati tra le fonti
ad una particolare affezione maturata in questi anni di lontananza, o
“consultate” pur avendo ricoperto un ruolo di fondamentale importanza.
emigrazione che dir si voglia, e a quel sentimento di rassegnazione che
Il solo lavoro di archivio o ricerca dati, senza l’apporto fornito da queste
ogni siciliano porta dentro di sè guardando ad una terra ancora chiusa
persone, sarebbe stato insufficiente.
in sè stessa e le cui problematiche appaiono immobili ed immutate nel
Per quanto riguarda invece la ricerca in ambito storico/antropologico,
tempo. Le origini giocano quindi un duplice ruolo in questo caso: da
si è attinto a quella produzione della scuola siciliana che ha saputo
una parte sono il vettore pulsionale alla base di questa ricerca, dall’altra
documentare la cultura popolare e contadina (esempio ne è il lavoro di
volgono a nostro favore gli strumenti necessari all’indagine e cioè la
Antonio Uccello e della sua Casa Museo), gli usi e i costumi e la cultura
familiarità di ciò che già si conosce, come casa propria.
materiale.
1 Henry David Thoreau, Walden, Vita nel Bosco, Feltrinelli, Milano, 2005. (Ed. originale Walden or Life in the Woods, Ticknor and Fields, Boston, 1854.
Per concludere, ciò che si vuole argomentare è che quando ci si confronta 2 Si veda il Capitolo 6: Analisi Sistemica a p. 71
9
con un territorio, qualunque esso sia, si rimane
inevitabilmente
compromessi,
coinvolti. Le
relazioni
che
si
stabiliscono
non rimangono di passaggio ma si sedimentano nel ricordo, come cartoline di viaggio o appunti di una mappa su cui possiamo tracciare a ritroso ogni singolo spostamento, rendendo il lavoro di ricerca non un mero esercizio accademico, bensĂŹ qualcosa che contribuisce alla creazione di quel sapere immateriale che chiamiamo esperienza.
immagine:
10
Ovini al pascolo nella zona di Fosso Canna, Petralia Sottana
il Sistema della Lana nel territorio delle Madonie
il territorio
1
11
1.1 le madonie
può designare sotto il nome di Madonie quell’area avente come confini naturali il Mar Tirreno a nord, la fiumara di Pollina ad est, le montagne ad ovest della Valle dell’Imera settentrionale (fino al fiume Torto) ad
Quando il vecchio ariete in testa fa suonare il suo campanaccio, le montagne si mettono a saltellare come arieti, e le collinette come agnelli. Henry David Thoreau - Walden, Vita nel bosco1
occidente, a sud le Valli verso l’interno. I confini di questo complesso montuoso si considerano approssimativi indicandone la ragion d’essere nell’irregolarità della distribuzione altimetrica, alla quale seguono “una composizione estremamente difforme, contorni imprecisi, versanti non ben definiti”.2 Verso occidente la catena montuosa si interrompe e ci si trova di
MaR MEDiTERRaNEO
fronte a gruppi montuosi isolati da valli, tra i quali è possibile individuare
NEBRODi
quattro gruppi principali: il primo comprende le cime più alte tra cui Pizzo Carbonara, che, con i suoi 1.979 metri di altezza sopra il livello del
Madonie
mare, è la seconda vetta più alta di tutta la Sicilia, Pizzo della Principessa iBLEi
ETNa
MaR iONiO
o Antenna di 1.975 metri, Pizzo Scalonazzo (1.905 metri) e Pizzo Ferro (1.908 metri), questo gruppo montuoso di calcare grigio corallifero degrada verso Castelbuono, mentre ad ovest è scosceso e ripido, a sud è delineato dal secondo gruppo di monti. Quest’ultimo sistema comprende il Monte Quacella (1.869 metri), il Monte Deino (1.786 metri), il Monte Cavallo (1.757 metri) e il Monte San Salvatore (1.912 metri), ed è costituito da dolomia in presenza di calcare rivestito di lamine e detriti di ocra
Con il termine Madonie si fa riferimento a quel complesso montuoso,
giallo. Il terzo agglomerato montuoso comprende infine il Monte Cervi
parte dell’Appennino Siculo insieme ai Peloritani e alle Caronie, sito
(1.794 metri), Pizzo Antenna inferiore (1.697 metri), Monte Castellaro
nell’area orientale della provincia di Palermo, che si configura come il
(1.656 metri), Monte Carca (1.380 metri) e il Monte Cucullo (1.410 metri),
più importante della Sicilia occidentale. La zona d’interesse si estende
ed è costituito da calcare triasico ricco di argille scagliose. Il quarto ed
per circa 1.680 Kmq, costituendo così quasi un terzo della superficie
ultimo gruppo include il Pizzo Dipilo (1.385 metri), il Monte Macabubbo
dell’intera provincia.
(1.204 metri) e il Pizzo Sant’Angelo (1.081 metri). E’ dai 1.600 metri in
Estendendo la denominazione dal gruppo montuoso al territorio, si 1 Henry David Thoreau, Walden, Vita nel Bosco, op. cit., pp. 140-141
2 Mario Giacomarra, I pastori delle Madonie: ambiente, tecniche, società, Fondazione Ignazio Buttitta, Palermo, 2006. p. 20
13
sù che è possibile incontrare il paesaggio tipico di questo territorio, la cui matrice sono rocce calcaree e calcareo-dolomitiche. Prima di soffermarsi su una descrizione paesaggistica occorre però sottolineare l’importanza delle caratteristiche idrogeologiche del gruppo montuoso; l’ingente quantità di acque piovane contenuta nei corpi carbonatici di rapida infiltrazione, dovuta anche all’intensità delle precipitazioni atmosferiche, fà sì che le Madonie siano ricche di sorgenti di elevata portata a tal punto da poter provvedere al fabbisogno idropotabile non solo dei territori madoniti, ma anche di altri limitrofi quali quelli del palermitano e del nisseno. A testimoniare quest’abbondanza contribuisce la numerosa presenza di fiumi, corsi d’acqua di carattere torrentizio e sorgive su tutto il territorio. Ad ovest la valle dell’Imera settentrionale
immagine:
Paesaggio collinare nel territorio di Petralia Soprana.
si apre ad imbuto verso il Mar Tirreno mentre il suo versante orientale coincide con le pareti del massiccio madonita, da cui scaturiscono
accentuarne la diversità a causa dei repentini cambiamenti climatici che
torrenti che vanno ad alimentare il corso principale del fiume. A sud
intercorrono tra un luogo ed un altro. In prevalenza è possibile trovare
del gruppo montuoso si aggiunge l’Imera Meridionale o Salso, così
alberi d’alto fusto tra cui boschi di querce e faggi, ilici e agrifogli, peri
detto poichè scorrendo in prossimità di una miniera di salgemma deve
selvatici, sambuchi, olmi e frassini da Manna nella zona di Castelbuono.
a quest’ultima l’elevata salinità delle sue acque, generato dalle sorgenti
Nelle zone basse si trovano alberi da frutto tra cui noccioleti tipici della
di Caterratti, Petrusa, della Conca di Castellana, di Salice e Margi per poi
zona di Polizzi Generosa, aranceti a Scillato ed oliveti a Collesano,
sfociare a Gela sul Canale di Sicilia. La maggiore concentrazione degli
mentre la fascia più prossima alla costa è coltivata principalmene a fave
affioramenti si colloca nella zona del rilievo di Monte dei Cervi, a sud
e granturco in maniera estensiva.
della Rocca di Sciara, e presso il monte di Sclafani Bagni, quest’ultimo
Sul versante settentrionale poi, che è esposto ai venti provenienti dal
sede di una circolazione idrotermale.
Tirreno, sulle vette più elevate, si trovano numerosi terreni incolti e aree
Nel gruppo centrale delle Madonie si colloca la Fiumara di Pollina nella
destinate al pascolo; mentre a quote più basse, sullo stesso versante è
quale confluiscono le sorgenti del Faggio, del Mussotono e della Favare;
possibile trovare seminativi arborati.
queste acque discendono per Isnello che insieme al torrente Lanzeria e alla Fiumara di Castelbuono si uniscono alle sorgenti di Gonato. A proposito della flora madonita, sono le variazioni altimetriche ad 14
Dal punto di vista climatico, oltre alla notevole quantità di precipitazioni nevose nella stagione invernale e piovose in quella primaverile e autunnale, va sottolineata la rigidità delle temperature
durante la stagione fredda. Durante il periodo estivo si registrano invece temperature molto elevate, caratteristiche dell’arsura
MAR MEDITERRANEO
siciliana, che talvolta sfiorano anche i 40°C, ma che lontano dalla costa risultano più tollerabili per via della decrescente umidità. In termini di fauna troviamo esemplari tipici delle zone montane tra cui istrici, lepri, conigli, martore, gatti selvatici e volpi.
CEFALÙ CAMPOFELICE DI ROCCELLA
Per sua vocazione, il territorio delle Madonie incarna un modello
POLLINA GRATTERI
agricolo basato su strutture tradizionali, spesso inefficienti, che
ISNELLO
conservano però le caratteristiche specifiche delle zone montane e delle aree interne. Di rado è possibile imbattersi in qualche lupo,
COLLESANO
CASTELBUONO SAN MAURO CASTELVERDE
aquile fulve o avvoltoi; più frequenti invece nibbi, falchi ed uccelli comuni.
Parco regionale delle Madonie
GERACI SICULO
SCILLATO
1.2 Comunità Montana Istituita nel 1973, la Comunità deve il suo appellativo al complesso montano che la ospita; al suo interno si contano 21 comuni tutti appartenenti alla giurisdizione amministrativa della provincia di Palermo, tra i quali: Alimena, Blufi, Bompietro, Caltavuturo, Campofelice di Roccella, Castelbuono, Castellana Sicula, Cefalù,
CALTAVUTURO
PETRALIA SOTTANA GANGI PETRALIA SOPRANA
CASTELLANA SICULA BLUFI
BOMPIETRO ALIMENA
Collesano, Ganci, Geraci Siculo, Gratteri, Isnello, Lascari, Petralia Soprana, Petralia Sottana, Polizzi Generosa, Pollina, San Mauro Castelverde, Scillato e Sclafani Bagni; l’80% di questi si situa nella fascia altimetrica dai 600 metri s.l.m. in sù.3 3 AA.VV. Analisi preliminiare sull’organizzazione dei servizi sociosanitari della Comunità Montana delle Madonie con note introduttive sulla condizione territoriale e socio-economica e linee propositive per la sperimentazione di un’unità locale di servizi, Comunità Montana delle Madonie Zona H, Amministrazione per le Attività Assistenziali Italiane ed Internazionali Provincia di Palermo, 1977, pp. 1-10
Il territorio sul quale si estende la Comunità ammonta attorno ai 168.759 ettari4 suddivisi tra la fascia costiera - che costituisce il 6% - quella collinare, dagli 800 metri in sù, e quella prevalentemente montana situata nella fascia 4 6° Censimento Generale dell’Agricoltura in Sicilia, ISTAT, 2011
15
è possibile osservare un’elevata densità abitativa, le cui costruzioni risalenti al periodo della speculazione edilizia degli anni ‘60 attorniano le antiche tracce dei centri storici, nelle zone d’altura il fenomeno è per lo più inverso: gli insediamenti sono radi e anche laddove si situa la maggior parte della popolazione, gli edifici a destinazione abitativa rimangono le tradizionali case in pietra che solo nelle zone periferiche dei paesi più grossi si vedono affiancate da costruzioni di recente datazione. I centri abitati sono tutti piuttosto piccoli e non superano quasi mai i 5.000 abitanti, di cui buona parte continua a vivere nei borghi rurali limitrofi. Il modo di agglomerarsi delle tipologie edilizie, quasi sempre riducibili all’unità unifamiliare5 rispecchia la volontà di creare uno spazio a immagine:
L’Etna e Gangi da Petralia Soprana.
misura d’uomo, perfettamente inserito nel paesaggio circostante e di cui rispetta le caratteristiche senza alterarne gli equilibri. La costruzione
dai 1.000 ai 2.000 metri di altezza sopra il livello del mare.
diviene spesso continuazione della roccia, la preminenza naturale viene
La parte di Comunità che si estende sulla costa, compresa tra il fiume
rispettata nel suo perimetro fisico, l’insediamento si ferma laddove il
Imera settentrionale e la fiumara di Pollina, costituisce l’area più
massiccio da pianeggiante diventa ripido. La cultura di questi centri è
trafficata poichè situata a cavallo delle vie di comunicazione litoranee, è
quella tipica del villaggio, dove rapporti ed esperienze dirette con la vita
quindi soggetta ad un ricambio turistico più accentuato, ponendosì così
collettiva ed individuale ne costituiscono le basi; tutto viene regolato
in contrapposizione alle zone interne e di montagna, dove è più facile
da relazioni di parentela, amicizia, proprietà, enfiteusi. La continuità
trovare modelli ancora culturalmente arretrati.
nel tempo di una tale società è legata alla coscienza dell’importanza
La popolazione, stimata attorno agli 80.816 abitanti con il censimento
dell’individuo all’interno degli equilibri che la costituiscono. Esiste
demografico del 2001, si addensa per lo più nei piccoli centri,
anche una continuità di tipo spaziale che può essere riscontrata anche
concentrandosi in percentuale maggiore nella fascia collinare (37,2%)
all’interno dell’abitato, in quelle vie strette e ombrose che sono la
seguita dalla fascia litoranea (31,9%), per finire con la zona montana
continuità della casa, il luogo in cui si chiacchera, ci si intrattiene, si
(30,9%) dove gli insediamenti subiscono una considerevole rarefazione se paragonati alla densità abitativa della fascia litoranea. Prova lampante ne è lo stesso paesaggio edilizio che si differenzia radicalmente nelle due zone a confronto: se nella zona della fascia costiera 16
5 AA.VV. Analisi preliminiare sull’organizzazione dei servizi sociosanitari della Comunità Montana delle Madonie con note introduttive sulla condizione territoriale e socio-economica e linee propositive per la sperimentazione di un’unità locale di servizi, Comunità Montana delle Madonie Zona H, Amministrazione per le Attività Assistenziali Italiane ed Internazionali Provincia di Palermo, 1977, p. 15
ormai dimenticato nelle nuove costruzioni. La frammentazione degli insediamenti ha lasciato spazio ad ampie vallate la cui destinazione d’uso era - e nella maggior parte dei casi lo è tutt’ora - di tipo agricolo o pastorale. Basti pensare che le attività di agricoltura e pastorizia fino a qualche anno fa erano ancora praticate per l’esclusiva sussistenza del nucleo familare, e ad oggi sono poche le aziende agricole con un approccio di tipo intensivo. L’allevamento di bovini ed ovini è praticato come principale attività lavorativa secondo i metodi tradizionali e interessa maggiormente le fasce più interne. La produzione relativa a latte e formaggi è ottenuta con tecniche di mungitura e lavorazioni tradizionali per il consumo locale e solo le strutture di immagine:
Allevamento estensivo al pascolo nei pressi di Petralia Soprana.
maggiore dimensionamento provvedono alla grande distribuzione. Non mancano comunque gli allevamenti razionali meccanizzati ma
lavora. Le case sono strette e lunghe, si sviluppano su due o massimo
interessano per lo più la produzione bovina e avicola.
tre piani, spesso con scale esterne; si aggregano in file o cortili, piccoli
La pastorizia ha ricoperto il ruolo economico di attività principale più
nuclei di un’unica realtà.
diffusa fino agli anni ‘50 poichè la più adatta al naturale sfruttamento del
Nelle campagne, anche l’insediamento sparso, diffuso in particolare
territorio; quel che emerge è che l’allevamento ovino brado e transumante
nella vallata del Salso, rispecchia questa semplicità nei materiali e
rimane ancora oggi quello più diffuso e praticato, nonostante il timore
nelle proporzioni. La struttura interna delle abitazioni si traduce in un
che lo vedeva attività destinata a sparire, si stima che sul territorio siano
carattere ricorrente: il corpo principale dell’abitazione occupa il posto
presenti intorno ai 60.000 capi, costituenti l’87% del bestiame sulle
più importante: a nord, la casa ed il cortile antistante vengono riparati dal
Madonie.6
vento di tramontana dalla presenza di un muro o da un basso fabbricato
Ancora in tempi recenti, le attività pastorali si concentrano in quei
a mò di forno o stalla, di fronte il corpo principale si trova la pagliera
luoghi dell’incolto produttivo - la macchia mediterranea - luoghi che
che delimita il cortile. Quest’ultimo, così dimensionato costituisce lo
Giacomarra definisce “ecosistemi generalizzati”7, perchè proprio per il
spazio in cui si svolge gran parte della vita degli uomini e degli animali
loro carattare desolato, vantano la presenza di numerose specie vegetali
domestici, tradizionalmente pavimentato con ciotoli alla maniera araba.
diverse tra loro, che si inseriscono in una catena di relazioni, tra le quali
Lo stesso materiale delle costruzioni rispecchiava, nei muri delle case e dei muri di recinzione, i colori e gli elementi presenti in natura, aspetto
6 6° Censimento Generale dell’Agricoltura in Sicilia, ISTAT, 2011 7 Mario Giacomarra, I pastori delle Madonie: ambiente, tecniche, società, op. cit. p.35
17
rientra quella della pastorizia, contribuendo così ad un ciclico rinnovarsi e ricostituirsi che preserva l’ambiente montano dalla sua saturazione. La gestione delle aree destinate al pascolo avviene tra i pastori in base a relazioni e contrattazioni intessute e coltivate nel tempo; queste consuetudini, in aggiunta alle variazioni climatiche, regolano gli spostamenti da un punto all’altro secondo una legislazione informale ma peculiare del sistema pastorale. La transumanza, ad esempio, ancora diffusa sul territorio, è una pratica necessaria durante la stagione invernale: la rigidità del clima costringe i pastori ad uno spostamento verticale dalle alture dai climi più rigidi, agli altipiani con le temperature più miti. Le aree destinate al pascolo si situano sul versante meridionale nelle vette più alte entro i 1.700 metri, mentre sul versante settentrionale
Tramonto al pascolo nella contrada di Pellizzara, nei pressi di Petralia Soprana.
si trovano sulla fascia collinare entro gli 800 metri; la
della mandria e l’eterogeneità dei pascoli permette di trovare una grande varietà di erbe tra
proprietà di queste ultime rimane demaniale sebbene
cui sulla, loglio, avena, trifoglio, veccia, terebinto, erica e cardi.
la gestione sia affidata a società cooperative il cui
In ambito naturalistico e legislativo, va ricordata l’istituzione del Parco delle Madonie
compito è quello di concedere il permesso al pascolo
il 9 novembre del 1989, attraverso la Legge Regionale Siciliana n. 98, a tutela della zona
a fronte del pagamento di un canone simbolico, in
interessata. All’interno del parco infatti sono presenti, per ciò che riguarda la flora, più
cambio di opere di manutenzione e preservamento.
della metà delle specie vegetali siciliane e oltre la metà delle specie di uccelli, tutte le specie
E’ attraverso il pascolo che gli allevatori provvedono
di mammiferi e più della metà delle specie di invertebrati siciliane. E’ l’Ente Parco delle
all’alimentazione e all’approvvigionamento annuale
Madonie, ente di diritto pubblico preposto dalla Regione Siciliana, ad occuparsi del controllo
del bestiame, l’erba verde risiede sui prati pianeggianti
e della tutela del territorio nel rispetto di ciò che la legislazione prevede a riguardo.
mentre sui pendii rocciosi regna il sottobosco costituito da piccoli arbusti tipici della macchia mediterranea. Con l’alternarsi delle stagioni varia l’alimentazione 18
immagine:
immagine:
Il fenomeno atmosferico del Maretto visto da Petralia Soprana.
19
il Sistema della Lana nel territorio delle Madonie
la fibra
2
21
2.1 la lana I lussuosamente ricchi si tengono non soltanto comodamente ma innaturalmente al caldo, si cuociono, à la mode naturalmente. Gran parte dei lussi, e molte delle cosiddette comodità della vita, non soltanto sono tutt’altro che indispensabili, ma sono autentici ostacoli per l’elevazione dell’umanità.1
La fibra di lana appartiene alle fibre tessili naturali e può essere ricavata non solo dalla tosatura del vello degli ovini, ma anche dal pelo dei conigli, camelidi e alcuni tipi di lama. Le proprietà del vello e le sue caratteristiche sono soggette a numerose variabili, che dipendono innanzitutto dalla sua provenienza; in questa sede ci si occuperà della lana di origine ovina. Sebbene limitata al vello di un unico animale, quello di pecora, la lana subisce classificazioni non solo a seconda delle razze ovine considerate, ma anche rispetto all’età dell’esemplare e al suo sesso, a seconda della sua alimentazione e territorializzazione e infine in base alla collocazione della lana stessa sul corpo dell’animale. Le tipologie di lana possono essere classificate quindi secondo diversi parametri, il più generico è quello che distingue la lana in due categorie che non dipendono da caratteristiche specifiche dell’animale: lana di tosa e lana concia. La prima viene ottenuta tramite la tosatura annuale cui si sottopone l’animale ancora vivo, all’inizio della stagione estiva, per la sua salute. La lana concia invece è quella che, rimanendo attaccata alla pelle dell’animale, viene ottenuta in fase di macellazione in seguito alla morte dell’animale. La prima tipologia di lana, quella maggiormente utilizzata, vanta caratteristiche migliori in quanto la fibra è più lunga e più resistente di quella concia. Quest’ultima inoltre viene recuperata su scala industriale per mezzo di processi chimici che possono alterarne proprietà fisiche e chimiche, la lana di tosa, invece, ottenuta attraverso la
immagine:
fibra di lana al microscopio
lana: “Fibra naturale costituita di sostanza proteica (cheratina), che si ricava dal vello di pecora e di montone o da quello di altri ruminanti”.2 1 Henry David Thoreau, Walden, Vita nel Bosco, op. cit., pp. 44-45 2 AA.VV. voce Lana in Vocabolario online Treccani
rimozione meccanica dal vello, non subisce alcuna alterazione. La lana una volta tosata viene poi definita sucida, ovvero rimossa dall’animale senza che vi sia stato applicato alcun processo di pulitura. Per lana sucida si intende quindi il vello appena tosato, che contiene (URL= http://www.treccani.it/vocabolario/lana/)
23
quindi un insieme di impurità che rendono necessario un trattamento
altre, da parte dell’ambiente per via dello sfregamento con la vegetazione
preliminare affinchè la lana possa essere poi processata e lavorata. La
o del contatto con il suolo. La lana più fine e sottile viene ricavata dalle
lana sucida è quindi una risorsa plurivalente, al suo interno oltre ad
spalle, ed è quella che possiede inoltre una lunghezza più uniforme.
essere contenuta la fibra di lana vera e propria sono presenti potenziali
Nella zona centrale del corpo dell’animale e sui fianchi la lana è di
sottoprodotti abitualmente rimossi come materiali di scarto: tra questi
media qualità. Quella proveniente dal collo, dalla schiena e dalla nuca
materie vegetali (10%), quali semi, spine e paglia; materiali terrosi (10%)
è solitamente lunga, arruffata e grossa. Nella zona del ventre, invece,
come sabbia, polvere e argilla, la cui presenza è dovuta allo sfregamento
e nella parte inferiore della gamba, si concentra la lana più sporca ed
del vello durante lo spostamento dell’animale attraverso i pascoli. Infine,
infeltrita che entra in contatto con terra, detriti e bassa vegetazione.
una componente assai importante è quella del grasso (20%) che può
La lana della testa, contrariamente a quanto si potrebbe suppore, è
3
essere di due categorie: suint e suinthin . La prima categoria è costituita
di qualità scadente e notevolmente corta, così da risultare difficile da
da sali di potassio di acidi organici e inorganici, urea e pigmento
lavorare. Nella zona femorale e in prossimità della coda si concentra la
lanaurina (tensioattivi naturali), la seconda componente invece si costituisce di esteri di acidi grassi, da cui è possibile ricavare la cera di
coRta E scaDENtE
lana, comunemente detta lanolina, dall’alto potere enulsionante utile per la conservazione dei tessuti durante il lavaggio. Tali secrezioni vengono prodotte dalle ghiandole sebacee e sudoripare per rimanere intrappolate
fiNE ED
nel vello; la loro quantità dipende dal vigore e dallo stato di nutrizione
uNifoRmE
degli animali, dalle temperature e dalle stagioni del territorio in cui
LuNga aRRuffata
essi vivono. Il prodotto delle ghiandole sudorifere suint è interamente
gRossa
solubile in acqua, mentre la secrezione delle ghiandole sebacee suintine necessita di solventi eterei. L’asportazione di tali secrezioni può avvenire
QuaLità mEDia
sPoRca E
gRossa
moLto
E DuRa
sPoRca
iNfELtRita
per estrazione diretta mediante solventi oppure la si può recuperare dalle acque saponose utilizzate per lavare il vello. Come anticipato precedentemente, la qualità della lana viene definita anche in base alla sua collocazione sul corpo dell’animale4, a seconda della zona infatti il vello è soggetto ad alcune sollecitazioni piuttosto che 3 Michele Bonicatti, Chimica tessile della lana, Hoepli, Milano, 1948, p. 64 4 Ivi. pp. 15-16
24
illustrazione:
schema di posizionamento della lana sul corpo dell’animale
2.1 Proprietà, caratteristiche e impieghi
lana più sporca, grossa e dura poichè costretta ad un numero più elevato di sollecitazioni meccaniche e chimiche. Tra le altre classificazioni della fibra cui si fa riferimento, vi è quella dovuta al sesso o all’età dell’animale, è da questi fattori che dipende la sua resa. La lane possono essere distinte in madricine o agnelline: le prime provengono da una pecora adulta, che è stata quindi sottoposta a più di una tosatura, le fibre per tale ragione saranno più lunghe e robuste. Le lane agnelline sono quelle di prima tosa, e cioè quelle degli agnelli da latte, per tale ragione saranno corte e meno resistenti ma al tempo stesso più soffici e lucenti5. Tra il maschio e la femmina, invece, vi è unicamente una differenza di resa del vello, gli esemplari di sesso maschile sono soliti avere una resa nettamente superiore di quelli femminili, ma all’interno del gregge sono soliti essere in minoranza. La classificazione dovuta alle razze è quella che fa solitamente riferimento ad alcuni parametri ben più specifici, quali il diametro del filamento (che può variare da 20 a 80 μ), e la lunghezza, mediamente compresa tra i 20 e i 400 mm. Colore, lucentezza, finezza, ondulazione, morbidezza, sofficità ed elasticità, sono ulteriori caratteri generalmente considerati nella tradizionale classificazione delle lane, che tendono però ad una svalutazione delle lane incrociate o autoctone in favore di quelle selezionate. Il colore del manto è solitamente bianco, tendente all’avorio ma prima delle operazioni di lavaggio viene spesso falsato dal colore della terra dei pascoli. Lucentezza e ondulazione sono due delle caratteristiche che segnano la differenza tra le lane incrociate e selezionate, più lucente e morbido è il pelo più risulta essere pregiato. 5 AA.VV. voce Lana in Vocabolario online Treccani (URL= http://www.treccani.it/vocabolario/lana/)
immagine:
vello di lana sucida
La fibra della lana necessita un ulteriore approfondimento relativo a quella che è la sua struttura fisica e chimica per delinearne proprietà e caratteristiche specifiche, cui è possibile addebitare ulteriori usi ed impieghi, talvolta estranei all’ambito tessile, così da eludere le classificazioni fin ora elencate. Prodotta direttamente dalle ghiandole adipose e sebacee, in prossimità delle ghiandole sudorifere, la lana cresce direttamente a contatto con il grasso che, avvolgendone i filamenti, la preserva e la protegge. Composta principalmente di cheratina, la fibra si presenta a sezione circolare con un rivestimento esterno a squame ed ondulazioni elastiche che incamerano aria all’interno, divenendo così responsabili della sua 25
6 Michele Bonicatti, op. cit, p. 52 7 Burkhard Wulfhorst, Processi di lavorazione dei prodotti tessili, Tecniche Nuove, Milano, 2004, pp. 27-29
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iMPurità naturali 20% - 50%
LaNa TOSaTa cere idrosolubili da ghiandole sudoripare
Suint
illustrazione:
- SALI DI POTASSIO - UREA - PIGMENTO LANAURINA cere non idrosolubili da ghiandole sebacee
Suinthin
iMPurità acquiSite 5% - 40% FiBra di lana 20% - 50%
arricciatura, igroscopicità ed elevata termocoibenza. Per struttura e conformazione della fibra, quindi, la lana vanta numerose proprietà fisiche: prima tra tutte la succitata coibenza termica che consiste nella capacità di mantenere la temperatura al suo interno, la lana è cioè cattiva conduttrice del calore6, grazie al volume d’aria tra le fibre nei diversi interstizi dell’intelaiatura; ed è per questo motivo che viene impiegata principalmente per la produzione di indumenti che essendo più spessi, proteggono sia dal caldo che dal freddo. Da non sottovalutare è poi il suo potere feltrante che consiste nella capacità delle fibre di serrarsi ed aderire tra loro formando un insieme compatto e poroso, cosa che ai fini tessili risulta essere di notevole interesse insieme alla sua plasticità, sotto l’azione dell’umidità infatti è possibile disporre le fibre secondo la forma desiderata. L’igroscopicità è intimamente correlata alla struttura capillare e porosa, rendendo la lana la fibra più igroscopica, che permette così di incamerare fino al 30% di acqua al suo interno; è questo il motivo per cui i tessuti di lana tendono ad asciugarsi assai lentamente anche in seguito ad un’energica strizzatura; la fibra assorbe vapore acqueo fino ad un terzo del proprio peso, senza che si avverta la sensazione di bagnato: in presenza di umidità attraverso un processo di traspirazione, l’acqua viene restituita gradualmente all’ambiente circostante. Vi è poi un’ultima proprietà, quella della resistenza elettrica, che rende la lana un perfetto isolante, se sgrassata e fatta seccare, poichè è solo all’aumentare dell’umidità che cresce la conducibilità elettrica; di conseguenza la fibra mostra una resistenza allo sporco, di fatto accumulando poca eletticità statica attira meno polvere. Dal punto di vista chimico la struttura molecolare comprende numerosi componenti, tra i quali in percentuale: 7 carbonio 52%, idrogeno 7,5%, ossigeno 22%, azoto 17%, zolfo 4%, cenere 0,5% . La configurazione della fibra, il colore, l’affinità per le materie coloranti sono collegate alla presenza di zolfo; si crede che esso doni alla fibra forza ed elasticità. Allo stesso tempo si ritiene che le lane con un contenuto di zolfo più elevato siano quelle più fini che al contempo sono quelle più igroscopiche, incamerano una quantità di
- ESTERI DI ACIDI GRASSI (LANOLINA)
Minerali
- TERRA - SABBIA - POLVERE
vegetali
- PAGLIA - SPINE - FOGLIE
uMidità
Finezza Media 18 - 60 m cheratina
80%
carBonio
50%
Proteine
17%
idrogeno
7%
liPidi
2%
azoto
16%
Sali Minerali
1%
oSSigeno
30%
zolFo
3,5%
schema di composizione della fibra di lana
acqua minore. Se sottoposta a calore la lana tende a degradarsi, una prima manifestazione si registra attorno ai 70°C con un lieve ingiallimento; attorno ai 130°C comincia il vero processo di decomposizione; dai 170°C in sù avviene il rilascio di ammoniaca, idrogeno solforato e acido cianidrico. Resistente alla fiamma, la lana sviluppa un forte odore di osso bruciato durante la combustione per via della presenza di cheratina. Le diverse proprietà rendono la lana un materiale versatile e flessibile agli usi più diversi, nonostante trovi impiego per lo più in ambito tessile per la produzione di indumenti quali maglie e biancheria intima, se pura, o maglioni e cappotti, unitamente a fibre sintetiche. E’ poi impiegata per la produzione di tessuti ed imbottiture per l’arredamento, con l’ausilio di quelle lane grezze che altrimenti non vedrebbero la luce. Di recente, però, sono state sdoganate nuove aree di utilizzo che meglio valorizzano le proprietà di questa risorsa, come la produzione di tappetini fonoassorbenti o per la coibentazione edilizia o di teli di lana per l’agricoltura sinergica. immagine:
tosatura tradizionale di una pecora
2.2 lane autoctone Le classificazioni cui si è fatto ricorso precedentemente per definire le qualità della lana dipendono a loro volta da ulteriori categorizzazioni cui sono sottoposti gli ovini; quella che adotteremo si basa sulla classificazione comunemente accettata in campo zootecnico che tiene conto della funzione produttiva prevalente dell’animale: • • • •
razze a prevalente attitudine alla produzione della lana razze a prevalente attitudine alla produzione della carne razze a prevalente attitudine alla produzione del latte razze a duplice attitudine
Guardando agli allevamenti italiani, a nord del Po l’indirizzo produttivo più diffuso è da carne ed i gruppi etnici presenti sono la razza Bergamasca e la Biellese; a sud del Po si produce per lo più latte attraverso la pecora Massese e la pecora delle Langhe; nell’area centromeridionale, invece, l’indirizzo produttivo da carne è il più presente insieme alle razze Appenninica, Sopravissana e Gentile di Puglia; la razza Leccese compare tra il Murge e il Salento, mentre la razza Altamurana è quasi scomparsa; in Sicilia si tende al recupero delle popolazioni locali quali Pinzirita e pecora della Valle del Belice, Comisana e Barbaresca. Le razze autoctone prescelte per un’analisi più approfondita sono quelle localizzate sul territorio siciliano e quelle che interessano i casi studio di cui ci occuperemo in seguito.8
8 si veda il Capitolo 5 Casi Studio a p. 53
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razze presenti in sicilia
pecora barbaresca da incrocio tra ovini africani e siciliani
Deriva da incroci tra ovini del nord Africa (Barbarin) e ovini siciliani (Pinzirita). Allevata nell’entroterra della Sicilia Meridionale in zone prevalentemente collinose; è presente anche in alcune zone delli’Italia Meridionale e Centrale. Di taglia medio/grande, nei maschi adulti il peso si aggira attorno ai 100 kg mentre nelle femmine adulte il peso è di 60-65 kg. Nei maschi l’altezza al garrese è di circa 85 cm mentre le femmine arrivano a 80 cm. La testa è piuttosto pesante, a profilo leggermente montonino, con chiazzature nere. È una razza acorne. Il vello è bianco, aperto, con possibili chiazze nere sul collo. È una razza da carne. L’agnello alla nascita pesa 5 kg è di buona conformazione e di rapido sviluppo. Viene utilizzato principalmente per la produzione dell’agnello leggero (14 - 17 kg) e dell’agnellone pesante a 100 giorni con un peso di 25 - 30 kg. La lana, di qualità grossolana, si ottiene da un’unica tosatura all’anno con produzione che va dai 3 ai 5 kg a capo.
pecora comisana da incrocio tra ovini maltesi e siciliani Allevata in un ambiente difficile, con estati molto calde e siccitose e inverni miti. Generalmente gli animali sono tenuti allo stato brado, sfruttando i magri pascoli disponibili. L'integrazione alimentare viene eseguita in caso di estrema necessità. La testa è adorne, fine, leggera, di colore rosso mattone. Profilo pressoché rettilineo. orecchie di medio sviluppo, appuntite, leggermente pendenti. Il vello è bianco, aperto con bioccoli conici. L'altezza media è di 75 cm nei maschi e 60 nelle femmine. Per quanto riguarda i pesi il maschio raggiunge i 65 kg mentre le femmine arrivano a 40 kg. È una pecora a spiccata attitudine lattifera. Produce 120 - 130 kg per lattazione che dura 180 giorni nelle pluripare. La carne è ottenuta con agnelli di 9 - 10 kg. Si ottengono, da ogni capo, in un'unica tosatura, 1,3 - 1,7 kg di lana di qualità grossolana.
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razze presenti in sicilia
pecora pinzirita popolazione ovina autoctona siciliana Conosciuta anche con il nome di Siciliana locale, viene chiamata anche "Pinzunita" che in dialetto vuol dire fringuello. Allevata nelle zone interne dell'isola è di taglia piccola con vello bianco, aperto, con bioccoli lunghi e fini. I maschi al garrese raggiungono i 50 - 55 cm mentre le femmine arrivano a 40 - 45 cm. Il peso dei maschi si aggira attorno ai 45 - 50 kg mentre le femmine pesano 35 - 40 kg. La testa allungata a e schiacciata a profilo pressoché rettilineo, presenta maculature nere e marrone scuro. Le corna sono presenti solo nei maschi. È una razza a triplice attitudine e vive in ambienti molto difficili con estati siccitose e inverni rigidi. Gli agnelli sono commercializzati a un peso di 7 - 8 kg ( a 3-4 settimane) mentre gli agnelloni interi (a 6 mesi di età) raggiungono i 30 kg. La produzione di lana, di qualità grossolana con giarre frequenti, è di 1,5 - 2,0 kg per capo all'anno.
pecora del belice da incrocio tra ovini maltesi e siciliani
Conosciuta per la sua rusticità, ha una spiccata attitudine alla produzione da latte. Di taglia medio/grande, con peso da adulti variabile attorno ai 50-60 kg per le pecore e 80-100 kg per gli arieti. Testa a profilo rettilineo nella femmina, leggermente montonino nei maschi. Il manto è di colore bianco con macchie irregolari di colore rosso sbiadito. La produzione di latte nelle pluripare può superare i 200 litri a lattazione con percentuale di grasso intorno al 7,5%
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razze presenti in italia
pecora sambucana piemonte Allevata in provincia di Cuneo (Valle Stura e bassa Valle del Gesso)secondo sistemi tradizionali, con alpeggio estivo e stabulazione invernale per via dei pascoli alpini poveri ed impervi. Considerata una razza a duplice attitudine, carne e lana, anche se quest’ultima attitudine è ormai del tutto secondaria. Di taglia media, la testa in genere è acorne sia nei maschi che nelle femmine; le orecchie piccole e orizzontali, il tronco non molto armonico, con arti relativamente lunghi. Il vello è doi colore bianco giallastro nonostante alcuni soggetti presentino varianti in bruno scuro o nero. Altezza al garrese: Maschi 83 cm. Femmine 78 cm. Peso medio: Maschi 85-90 kg. Femmine 65-70 kg. La lana è mediocre: lo spessore dei filamenti è di circa 50 µm e la percentuale dei midollati si avvicina al 20%; in parte delle pecore la lana è più fine (32 µm) tanto che la Sambucana è classificata fra le razze a lana semifine.
pecora altamurana abruzzo E’ una razza italiana a prevalente attitudine alla produzione di latte. La zona di origine è Altamura in provincia di Bari. E’ detta anche “Moscia” per i filamenti lanosi poco increspati e cadenti del suo vello. Si ritiene provenga dagli ovini di razza asiatica o siriana del Sanson (Ovis aries asiatica) e precisamente dal ceppo di Zackel. Di taglia media, la testa è leggera e allungata, a volte con corna corte. Il dorso e i lombi rettilinei, con groppa spiovente e non larga, addome rotondo e voluminoso, coda lunga e sottile. Il vello è bianco, aperto, esteso, e ricopre tronco, collo, base del cranio e coda. Altezza media al garrese: Maschi a. cm. 71; Femmine a. cm. 65 Peso medio: Maschi adulti Kg. 53; Femmine adlte Kg. 39 Lana: (in sucido) - Arieti Kg. 3 - Pecore Kg. 2
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razze presenti in italia
nera di arbus sardegna Deve il suo nome ad Arbus, paese situato nella parte sud occidentale della Sardegna Di taglia medio-piccola, ha molti aspetti in comune alla razza Sarda. Il mantello è di colore nero e può assumere sfumature grigio piombo. La lana è di tipo grossolano e aperto, con bioccoli appuntiti. La pelle è sottile, elastica e di colore nero. La testa è leggera, priva di lana con presenza di un modesto ciuffo frontale. Il profilo è diritto o leggermente montonino nei maschi; è caratterizzata da padiglioni auricolari piccoli con margine appuntito o assenti. Solitamente le corna sono presenti in ambo i sessi, ma si riscontrano anche soggetti acorni. Il tronco presenta uno sviluppo medio, sia in lunghezza che nei diametri traversi. Gli arti sono mediamente lunghi, quasi del tutto privi di lana.
sopravissana puglia Utilizzata soprattutto per la produzione della carne, anche se la sua lana è ottima. Ha avuto origine dalla pecora Vissana incrociata dalla seconda metà del XVIII secolo con arieti Merinos spagnoli.Di taglia media, la testa è proporzionata, profilo rettilineo nelle femmine, lievemente montonino nei maschi, corna robuste a spirale aperta e assenti nelle femmine. Il tronco è quasi cilindrico, arti robusti, petto largo, garrese leggermente più basso della groppa. Il vello è bianco e ricopre tutto il corpo, la base della testa e in fronte a forma di ciuffo, esclusi gli arti anteriori fino al terzo inferiore e quelli posteriori fino al garretto. Altezza media al garrese: Maschi a. cm. 71; Femmine a. cm. 63 ; Peso medio: Maschi a. Kg. 66; Femmine a. Kg. 50 ; Produzioni medie Lana: Arieti Kg. 6,5 ; Pecore Kg. 4,5.
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il Sistema della Lana nel territorio delle Madonie
processi produttivi
3
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3.1 lavorazioni e manufatti tradizionali
immagine:
Charles E. Steinheimer, Dorothy Liebes studio, San Francisco, CA, 1947
Ogni giorno i nostri abiti si assimilano a noi, ricevendo l’impronta del carattere di chi li indossa, finché non esitiamo a metterli via senza il ritardo, le cure mediche e le simili solennità che riserviamo ai nostri corpi.1 La lavorazione della lana affonda le proprie radici nella tradizione popolare ma soprattutto in quella contadina. Tale materia prima, infatti, era presente in tutte le abitazioni delle campagne, laddove vi fosse un piccolo gregge per l’approvvigionamento di latte e carne ad uso domestico. Dalla tosatura annuale - a cavallo tra l’ultima settimana di maggio e la prima di giugno nel territorio delle Madonie - il nucleo familiare ricavava una quantità di lana esigua, visto il numero di capi minimo posseduto, ma sufficiente alla produzione di quei manufatti indispensabili per la protezione contro il freddo nel lavoro all’aperto e di tutti quei supplementi al corredo di biancheria domestica. 1 Henry David Thoreau, op. cit., pp.51
La tosatura era il passaggio preliminare al ciclo di lavorazioni che venivano portate a compimento entro le mura domestiche, ognuna delle quali veniva svolta rigorosamente da membri del nucleo familiare, solitamente di sesso femminile - queste erano infatti tra le mansioni destinate alle donne e facevano parte di quelle pratiche di manutenzione e cura del focolare. Ognuna di queste operazioni richiedeva un saper fare che veniva tramandato di madre in figlia e che non solo consentiva di provvedere autonomamente alle necessità che il quotidiano richiedeva, per di più contribuiva al rinsaldarsi di quelle relazioni di prossimità e collaborazione, tra le mura domestiche, che hanno caratterizzato le società rurali dell’entroterra. Il passo che seguiva alla tosatura era quello che oggi viene designato sgrassatura del fiocco, o più comunemente lavaggio, effettuato rigorosamente a mano da cui si otteneva una resa del 60% della fibra2. Questa operazione richiedeva la presenza di più persone per via del considerevole aumento di peso del vello intriso d’acqua e avveniva all’esterno della casa in prossimità di una vasca molto capiente. La lana veniva quindi immersa più volte senza l’aggiunta di solventi “fin quando l’acqua non fosse rimasta pulita” e contemporaneamente si provvedeva alla rimozione manuale di tutti quei corpi terrosi o vegetali che solitamente rimangono attaccati al vello dell’animale. Seguiva poi la fase di asciugatura, che proprio per via delle alte temperature estive avveniva in tempi piuttosto brevi; le fasi di raccolta e preparazione della materia prima avvenivano quindi all’esterno dell’abitazione, 2 Michele Bonicatti, Chimica tessile della lana, Milano, Hoepli, 1948, p. 22
35
immagine:
cardo dei lanaioli
secondo un ciclo di eventi sapientemente in linea con le condizioni climatiche più che favorevoli. Una volta asciutto, il vello veniva sottoposto a cardatura per separarne le fibre e rimuovere del tutto i residui vegetali ancora presenti nonostante le operazioni di lavaggio e per orientare la massa in un unico senso, così da facilitare l’operazione di filatura; gli strumenti utilizzati per questa procedura erano chiaramente di natura rudimentale, traendo spunto dalla natura - dal cosiddetto cardo dei lanaioli - l’uomo ha poi messo a punto degli arnesi battezzati cardacci che meglio si prestavano allo scopo. A questo punto, le rimanenti operazioni potevano essere svolte anche all’interno dell’abitazione, soprattutto per via delle strumentazioni necessarie e di non facile trasporto. Il momento della filatura era quello che richiedeva maggiore applicazione ed esperienza a causa della sua difficoltà, non a caso era solitamente affidato ai membri più anziani del nucleo familiare per via della precisione acquisita nel tempo; la filatura era l’ultima delle operazioni preliminari al confezionamento del semilavorato, organizzato 36
in matasse o gomitoli attraverso il fuso manuale; da qui in poi si poteva procedere alla lavorazione del prodotto finito vero e proprio. Gli strumenti deputati al confezionamento dei prodotti tessili sono tendenzialmente rimasti invariati nel tempo: il telaio da tessitura, sebbene oggi possa essere reperito anche in dimensioni che ne consentono un facile trasporto, conserva la stessa impostazione e lo stesso funzionamento di quelli più antichi; uncinetto e ferri da maglia rimangono arnesi da lavoro immutati nella loro essenzialità, delegando così la complessità e il buon confezionamento del prodotto finito non all’affidabilità dello strumento ma al saper fare della maestranza. A differenza degli altri strumenti, il telaio era configurato come apparato sociale per dimensioni e complessità; tra tutti gli altri strumenti, infatti, necessitava di uno spazio considerevole e, proprio perchè molto costoso, veniva condiviso da più di una famiglia, per di più la sua preparazione richiedeva la collaborazione tra più persone per la simultaneità delle azioni che non avrebbero potuto essere svolte da una sola persona. In questo modo, le donne provvedevano alla produzione di tutto ciò che si poteva con la quantità di lana ricavata dal proprio gregge. Tra i prodotti più diffusi e meno complessi, occupano un ruolo importante maglioni, giacche e calze di lana impiegati sia come biancheria da notte che da giorno per i periodi più freddi dell’anno; accanto a questi le coperte, dette in gergo frazzate, indispensabili complementi alla biancheria della zona notte per la maggior parte dei mesi dell’anno. Tra i prodotti destinati al corredo da lavoro erano assai diffuse le bisacce da mulo, comode tasche da posizionare sotto la sella da cavallo la cui fattura variava a seconda dell’occasione che le richiedeva. Quelle più pregiate venivano realizzate con i tappetini di lana concia, le giornaliere erano invece tessute al telaio. Il capo più ricorrente nella cultura materiale Madonita e dei paesi
montani limitrofi è anche quello più interessante per la foggia del tessuto: lo scappularo o cappularu (poichè poggiato sulle scapole) ovvero il cappotto tradizionale. Anche questo indumento veniva prodotto secondo due varianti, quella ordinaria e quella festiva, la prima in nero o marrone scuro, la seconda invece di un verde intenso; entrambi i colori erano ottenuti attraverso la bollitura del capo insieme a specifiche erbe o frutti: i gherigli di noce per il marrone intenso, il carciofo per il colore verde. Ma la particolarità di questo indumento risiede nel processo di lavorazione della stoffa: l’orbace. Tessuto di lana risalente ad epoche antiche, è costituito da un’armatura di tela di colore tipicamente scuro. Il tessuto veniva ottenuto selezionando i peli più lunghi del vello durante la fase di cardatura, e dopo la tessitura, un processo di follatura ne provocava l’infeltrimento in modo da ottenere un panno robusto ed impermeabile. Alcuni anziani del posto raccontano del procedimento effettuato per infeltrire il tessuto mediante lo sfregamento sullo stesso, bagnato, con pietre di fiume. La combinazione del processo di lavorazione e delle proprietà fisiche della fibra hanno reso il cappularo un indumento indispensabile per chi era costretto ad esporsi alle intemperie della montagna. Tra i manufatti tradizionali ve ne sono poi altri legati alla macellazione degli ovini, che in tempi non troppo lontani avveniva ancora in ambito domestico; secondo la logica del non buttare via nulla, anche le pelli e la immagine:
lana concia trovavano il loro impiego all’interno del corpus di oggetti quotidiani. Con la pelle scurciata degli animali adulti, dopo averla aperta a metà, venivano confezionati grembiuli da lavoro, nella maggior parte dei casi utilizzati per mungere, detti falari di peddi o fadali. Con la pelle degli agnelli invece, di dimensioni molto ridotte, veniva confezionato lo scupino, della forma di una sacca, utilizzato come contenitore per il quaglio oppure per il vitto giornaliero che il pastore portava con sè al pascolo. I manufatti di lana concia, cioè quelle pelli dalle quali non veniva rimosso il vello di lana, erano riservati solo in minima parte all’ambito giornaliero/lavorativo; per lo più si producevano tappetini scendiletto o scaldasonno ante litteram che posti tra il lenzuolo ed il materasso mantenevano il tepore notturno del letto. Chi ha ancora memoria di tali processi manuali racconta che pulitura e lavorazione delle pelli avvenivano in totale assenza di solventi, con il solo ausilio di prodotti naturali. Dopo la scuoiatura dell’animale, la pelle veniva cosparsa di sale e lasciata asciugare per una quarantina di giorni circa, in un luogo fresco ed asciutto, a quel punto, una volta secca, veniva rimosso il pelo morto in eccesso percuotendola con un bastone, poi la parte interna della pelle veniva levigata con l’aiuto di pietre e allume. La lavorazione di indumenti e manufatti secondo un impianto produttivo di tale entità, direttamente proporzionale alla disponibilità della materia prima e alle necessità dei destinatari, consentiva di controllarne ogni passaggio, vista la dimensione della filiera e l’assenza di intermediari. Gli output di questo sistema produttivo in miniatura, ormai
cappularo o cappotto tradizionale madonita
37
quasi estinto, sono a misura di consumatore, dimensionati in base alla capacità di impiego dei soggetti coinvolti sia dal punto di vista della produzione che da quello del consumo. Tale società, in cui non il bisogno indotto di nuovi prodotti, ma la reale necessità di questi ultimi ne motiva la presenza, verte sull’utilizzo di ogni elemento della filiera, ogni singolo output non viene quindi ritenuto prodotto di scarto o rifiuto, ma risorsa, consentendone la re-immessione in un ciclo di produzione che, in quanto tale, può definirsi sistema aperto3. La peculiarità di questa filiera domestica risiede nel suo andamento ciclico e nel perfetto sincronismo tra le attività dell’uomo e i ritmi stagionali, oltre che nel suo corretto dimensionamento. La cogente necessità di tosare gli animali coll’avvicendarsi della calda stagione permette di acquisire una risorsa - la lana - nel periodo migliore per gestirne la lavorazione; l’animale non necessita del vello durante l’estate e con l’arrivo dell’inverno questo sarà già ricresciuto ad una lunghezza tale da proteggerlo dalle intemperie, i pastori e le loro famiglie possono invece occuparsi della produzione di quei manufatti che durante l’inverno gli saranno indispensabili. Se fin ora questi frammenti della tradizione siciliana nello specifico, e rurale in senso più ampio, sono stati oggetto d’interesse accademico per via della loro importanza dal punto di vista storico e antropologico, forse andrebbero osservati attraverso altri strumenti d’indagine che possono solo portare alla luce ulteriori sfaccettature a rimarcarne la loro importanza.
immagine: operazioni preliminari alla tessitura su telaio.
immagine:
3 si veda il Capitolo 6 Analisi Sistemica a p. 71
38
tessitura su telaio.
lana tosata
cardatura filatura
tessitura
biancheria di lana
risorsa reperibile in ambito domestico
lunga preparazione della materia prima
esperienza e saper fare
prodotto durevole nel tempo
illustrazione:
fasi di preparazione e lavorazioni tradizionali della risorsa lana.
lana tosata
risorsa reperibile in ambito domestico illustrazione:
vendita lana relazione confidenziale con gli operatori
delocalizzazione
prodotti misto lana
trasporto e lavorazioni esterne al territorio
prodotti a base lana misti ad altre fibre
fasi di transizione della risorsa lana prima della problematizzazione dello smaltimento.
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il Sistema della Lana nel territorio delle Madonie
approccio lineare
4
41
4. situazione attuale Per lo più l’agricoltore dà al bestiame e ai maiali il grano di produzione propria, e compra in bottega la farina, che solo nei casi migliori è altrettanto salutare, a un costo maggiore.1 La fibra tessile di lana, insieme al territorio delle Madonie, è stata scelta come oggetto di studio per diversi motivi. In primo luogo tale risorsa è diffusa su tutto il globo, è quindi potenzialmente reperibile a qualsiasi latitudine e longitudine, condizione che rende possibili di astrazione - quindi applicabili anche a casi diversi tra loro - le riflessioni che seguiranno; in secondo luogo, la scelta del territorio è stata condizionata dalla complessa questione che lo smaltimento della lana lì rappresenta, ponendo così le condizioni per una grave perdita sia dal punto di vista della materia prima, in molti casi importata da territori lontani quali Australia e Nuova Zelanda (paesi tra i maggiori produttori di lana su scala mondiale), sia dal punto di vista ecologico/ambientale: il più delle volte, non solo sulle Madonie ma anche altrove, pastori e allevatori si vedono costretti a smaltire la lana di tosatura - quest’ultima obbligatoria almeno una volta l’anno per la salute dell’animale - spesso in maniera illecita, impedendo una tracciabilità della filiera ed una corretta dismissione con conseguenti ripercussioni ai danni dell’ambiente. In territori isolati, laddove non esistono infrastrutture adatte e figure professionali in grado di sostenerne l’incarico, gli stessi allevatori provvedono allo smaltimento sotterrando la lana o addirittura bruciandola con non poche difficoltà: affinchè si attivi il processo di combustione vero e proprio, è necessario che la fibra raggiunga i 130°C2 con la conseguente emissione di gas nocivi per l’uomo e l’ambiente. In tempi non troppo lontani, le piccole realtà rurali si avvalevano dell’aiuto offerto da figuri non ben identificati che compravano loro la lana ad un prezzo irrisorio, sollevandoli così dal peso della dismissione, ma che spesso lasciavano perdere le proprie tracce dietro di sè diventando così irreperibili anche ai fini di questa ricerca. Nonostante questa pratica rappresentasse il male 1 Henry David Thoreau, op. cit., p. 88 2 Si veda il Capitolo 2: La lana, p. 21
immagine:
vello di lana appena tosata
minore per gli allevatori, poichè quantomeno contemplava il risarcimento - almeno in parte se non del tutto - delle spese di tosatura, non garantiva tuttavia la necessaria trasparenza che una filiera corretta invece richiederebbe. Non è stato possibile in alcun modo rintracciare a ritroso il percorso della lana, nè risalire ai diretti operatori che fornivano il “servizio”. Ad oggi è come se lo smaltimento della lana fosse avvolto nel mistero dei vecchi addetti e delle attuali aziende incaricate dello smaltimento di rifiuti speciali, quale è considerata la lana in Sicilia. Le scarse informazioni fornite omertosamente hanno rischiato di fuorviare il nostro percorso, lasciandoci intendere - erroneamente - che da qualche parte esistesse una filiera sul territorio, ma attualmente non siamo ancora riusciti a trovare prova della sua effettiva esistenza. Ai fini di questo studio, quindi, daremo per scontato che sulle Madonie non esista una filiera della lana e che il ciclo si interrompa con la tacita 43
dismissione da parte degli stessi allevatori. Per prima cosa sono state raggruppate ed organizzate le informazioni sul territorio, venendo così a definirne il soggetto e cioè quel preciso attore imprescindibilmente legato per usi, costumi ed abitudini ad uno specifico territorio. Gli ovini sono il primo punto da cui si è mossa questa analisi, mettendo in luce quelle che sono le razze autoctone presenti sul territorio (Barbaresca e Pinzirita) e la loro quantità numerica. I 60.0003 capi sull’intero territorio vengono gestiti attraverso allevamenti estensivi e transumanti, caratterizzati da una alimentazione molto variabile che dipende dalle specie vegetali presenti sui pascoli, di stagione in stagione. Gli output ovini vengono considerati secondo due categorie: prodotti e scarti, i primi infatti continuano a far parte del circuito che regola il fabbisogno e l’economia della popolazione, non a caso sono prodotti di natura alimentari, quali latte e carne. Gli scarti invece vengono ottenuti dalla tosatura e dalla macellazione (lana concia e pelli) tradendo così quella parte della tradizione madonita che è quindi destinata ad estinguersi o ad approvvigionarsi di risorse estranee al territorio. Nello schema delle seguenti pagine vengono inseriti, oltre ad alcuni dati di carattere metereologico sulle temperature medie stagionali, sulla tipologia edilizia e sulla principale fonte di approvvigionamento invernale, anche i prodotti tradizionali legati agli output, considerandoli tutti in quanto risorse. Ciò che si può facilmente evincere è che mentre la tradizione alimentare basata su macellazione e caseificazione continua a sussistere, l’ambito tessile viene definitivamente a mancare poichè escluso da qualsiasi fonte di reddito. I piatti e formaggi della tradizione, quasi tutti a base di prodotti ovini, sono ben radicati nel consumo e commercio giornalieri in quanto peculiarità di un saper fare madonita. Il passo successivo, quindi, muove da questi dati di fatto per concretizzarsi in una rappresentazione grafica 3 6° Censimento Generale dell’Agricoltura in Sicilia, ISTAT, 2011
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razze autoctone BaRBaREsca
5/6 kg
M aNSU aNZa TR
di lana
a caPo
PiNziRita
Set-nov
giu-ago
3/4 kg
dic-FeB
Mar-Mag
di lana
a caPo
aLiMENTaZiONE avena loglio Sulla tereBinto triFoglio veccia
Fave
cardi erica
Foraggio
60.000 capi
output ovini Prodotti allevaMento 80/200 Lt Per lattazione
agnelli 13 Kg Pecore 60/100 Kg
latte
carne Scarti allevaMento 1 toSatura annuale
lana di toSa
Scarto da macELLo
lana concia e Pelli
comunità montana delle madonie
inverno
0° 10°
PriMavera
10° 25°
eState
30° 40°
autunno
12° 20°
BaSSe teMPerature invernali con neve e gelate
tiPologia edilizia tetto a Falde Pietre e calce
inverno ParzialMente uMido con Frequenti PreciPitazioni
aMBienti aMPi
1 tonnellata di legna Per aBitazione ca 80Mq da BoSchi locali
StuFa a legna o caMino
energia
cliMa
ManuFatti in lana o Pelle
caSa
Pietanze tradizionali
Prodotti caSeari tuMa ForMaggio FreSco
si ottiene dalla cagliata senza salatura durante la produzione del pecorino. Scadenza: 7/15 gg
pittrina cca fasòla - petto con fagioli Castrato al sugo con fagiola verde, olio e cipolla tritata rosolata con pomodoro per un’ora e mezza.
+ caPPularu (teSSitura) cappotto per il lavoro nei campi
Falàru (Pelle concia) grembiule per la mungitura
MateraSSo e cuScino (iMBottitura)
soggetto
+
+
ricotta di Pecora ForMaggio FreSco Produzione:
da ottobre a giugno Stoccaggio: +4/6 °c Scadenza: 5/7 gg
castrato ammuttunatu - castrato abbottonato Agnello castrato, piatto tipico per la Pasquetta. Preparato con caciocavallo, cipolla scalogno, aglio, vino rosso e prezzemolo.
Pecorino Siciliano d.o.P. ForMaggio Stagionato Produzione: da ottobre a giugno Stagionatura: 120/240 gg Stoccaggio: +4/6 °c
+
+
+ +
sfogghiu - sfoglio madonita induMenti e Biancheria Per la caSa (teSSitura)
PriMoSale
Dolce della tradizione contadina a base di Tuma, farina, cannella e gocce di cioccolato
ForMaggio SeMiFreSco Produzione:
con pepe nero in grani Stagionatura: 10/30 gg Scadenza: 180 gg Stoccaggio: +4°c
+
+
+
+ 45
del sistema attuale che rende assai più evidenti i flussi di materia interni ed esterni al territorio; d’ora in poi chiameremo input la materia in entrata ed output quella in uscita. Le tre aree produttive individuate all’interno del sistema lineare sono l’allevamento, il caseificio e il macello comunale, ognuna delle quali dialoga con le altre attraverso lo scambio, con conseguente guadagno, di materie prime. Tra i principali problemi evidenziati è stato riscontrato che l’approvvigionamento di energia avviene da fonti energetiche non rinnovabili, che non sono immediatamente reperibili sul territorio, instaurando quindi un rapporto di dipendenza economica dagli stati produttori pur essendo presenti in loco risorse naturali in grado di fornire energia pulita da fonti rinnovabili. Inoltre la catena produttiva conclude il suo ciclo con la dismissione di tutti gli scarti produttivi, il cui smaltimento necessita la stipula di contratti con enti specializzati dietro pagamento di un canone mensile; tali scarti vengono successivamente trasferiti all’esterno del territorio e processati o in quanto prodotti di seconda scelta o distrutti definitivamente poichè rifiuti pericolosi. Il sistema viene definito lineare per la natura dei suoi flussi che si esauriscono con la gestione degli output attraverso due categorie fondamentali: prodotti e scarti o rifiuti. I primi sono fonte di guadagno, i secondi necessitano di un pagamento per essere smaltiti (i cosiddetti “costs” ragionando in termini di una valutazione economica aziendale), influenzando il reddito delle attività produttive considerate. I rifiuti speciali o pericolosi, come precedentemente sottolineato, vengono in alcuni casi smaltiti in maniera illecita, nel tentativo di aggirare la perdita economica dell’attività ma provocando un danno a lungo termine nei confronti dell’ambiente e di proporzioni ben più grandi. I rifiuti di allevamento, caseificio e macello sono tra loro di natura diversa e rappresentano un enorme potenziale inespresso. 46
Per investigare nel dettaglio i punti critici del sistema lineare, si è deciso di procedere isolando le singole attività, ognuna per sè. Allevamento, caseificio e macello sono stati osservati come attraverso una lente di ingrandimento, focalizzando l’attenzione sulle attività avulse dall’intero contesto ed evidenziando nel particolare le qualità di input ed output. Nella fattispecie, rispetto all’allevamento, emerge non solo che la filiera della lana è inesistente in uscita - gli output cioè equivalgono ai rifiuti ma perfino in entrata non vengono tenute in considerazione le qualità stesse della lana che di per sè possono già suggerire diversi impieghi a seconda delle caratteristiche del vello4 . La manodopera impiegata inoltre non è qualificata, di solito si fa affidamento su lavoratori stagionali che non hanno alcuna relazione con il territorio, e la cui propensione al lavoro è rappresentata unicamente da un compenso in denaro e non, come invece sarebbe auspicabile, anche da un riscontro, sociale dettato da quelle relazioni sociali una volta peculiari di questa comunità. Per ciò che concerne gli approfondimenti delle attivià caseificio e macello, la situazione è più complessa. Gli input e gli output sono di natura più eterogenea e diversificata. Nel primo caso infatti, in linea di massima, le materie prime sono tutte reperibili sul territorio; l’approvvigionamento energetico da fonti non rinnovabili rappresenta il primo problema. A proposito degli output invece, i problemi riscontrati sono a livello della gestione dei reflui - non vengono considerate in nessun modo le loro qualità - e sono smaltiti alla maniera convenzionale, insistendo sul concetto di rifiuto speciale. La filiera dei prodotti caseari, invece, pur rappresentando l’unica fonte di guadagno per l’attività, non concerne una corretta distribuzione del prodotto, basandosi sulla sua esportazione quindi delocalizzazione. Il macello, per concludere, è, tra le tre, l’attività che richiede un’analisi 4
si veda il Capitolo 2 La lana, a p. 21
comunità montana delle madonie
gaS toSSici
coSto ManodoPera Foraggio
approccio lineare
diSMiSSione
lana di toSa
eMPorio breve deperibilità filiera del freddo
Mento MiS eva to l al
latte ovino
caSeiFicio latte vaccino
ForMaggio FreSco
coagulazione cottura a 37°
cagliatura
lacciata 80/90°c
razze autoctone 200/300 capi
caglio
rottura lattica
iPerMercato g.d.o.
costo dismissione possibile riutilizzo
Salatura
Stagionatura
stress da trasporto e in fase di macellazione
PU
carne vaccina
L I Z I A DEI L O C A L I
Siero eSauSto
carne ovina
Fogna
acque grigie
deiezioni
acqua PotaBile
induStria conciaria
ForMaggio Stagionato
acque nere
riFiuti SPeciali
Macello
utilizzo di acqua potabile per la pulizia dei locali
costo smaltimento. nessuna separazione e valorizzazione degli outputs.
oSSa e Frattaglie delocalizzazione degli outputs lavorazione fuori lana concia dal territorio
Stoccaggio
e Pelli
conciMaia
energia
energia e combustibile da fonti non rinnovabili
iugulazione
eviScerazione
lunghe distanze
ScuioiaMento
gaS PU
Sangue
L I Z I A DEI L O C A L I
Macelleria
deiezioni
Solventi
carne Macellata
47
criticità
sistema lineare della lana
VEL LO MO LTO
3/4 kg a
Pinzirita
CH IA RO
il vello offre caratteristiche diverse a seconda della razza e dell’età dell’animale, oltre che per la sua dislocazione sul corpo.
ca Po
VELL OC HIA RO PIC CH 5/6 k IET ga TA TO ca
Po
BarBareSca
e s tat e
MATERIALI TERROSI
SOSTANZE VEGETALI
CERA DI LANA
tERRa, saBBia, PoLvERE,stERco. maggioRE coNcENtRazioNE NELLa PaRtE iNfERioRE E PostERioRE DEL vELLo
PagLia, sPiNE, fogLiE. maggioRE coNcENtRazioNE NELLa PaRtE iNfERioRE E PostERioRE DEL vELLo
ELEvato PotERE LuBRificaNtE maggioRE coNcENtRazioNE NELLa PaRtE suPERioRE DEL vELLo
MA RR ON E
spreco di risorse riutilizzabili e con caratteristiche tra loro diverse
VELLO MORBIDO E LUCENTE
1 kg a caPo agnello Pinzirita
E NT CE LU E IDO ORB M O L VEL
lana Sucida
toSatura
aP o 2 kg a c
av o
Ro
agnello BarBareSca
D ai
3
ai
5€ a ManodoPera Straniera
5g lk
io
R
Di Ni
L
g il costo della manodopera non viene recuperato ma rimane in perdita per l’allevatore la manodopera non viene fornita da gente del luogo
48
smaltimento illegale o difficile tracciabilità.
quando smaltita localmente dagli stessiallevatori,la lana viene bruciata in campi desolati ad alte temperature; con conseguente rilascio di
gas tossici
idrogeno solforato ammoniaca acido cianidrico
FIBRA DI LANA coiBENza tERmica PotERE fELtRaNtE, igRoscoPicità, REsistENza ELEttRica, Basso PEso sPEcifico
sistema lineare del caseificio
latte vaccino
4€ al kg
al kg 7€
3,5% graSSo - 2,6% P rotein e
caSeiFicio
1400 lt in 150 gg. [ 11 lt = 1kg di formaggi o]
kg tuMa
na t u stagio
ra m
al
b
e rev
7€
9€ a l
filiera del freddo
eMPorio
kg
br
ricotta
stagi ona tur a
ovino barbaresca
bil i
e ev
fo
0,48 € per lt
ino ov deperi
sco gio fre rmag
latte ovino pinzirita
Prot e
ine 80/130 lt per lattazio ne [ 5 lt = 1kg di for ma gg io ] 200 lt per la ttazion latte e
e
tà
4,5% graS So - 3,5 %
da l at t
0,80 € per lt
criticità
ed
PriMoSale stagio nat ura
lun ga
coagulazione cagliatura stagio natu ra b rev e sta gio
Sale
rottura lattica
iPerMercato g.d.o.
filiera del freddo
epe ve d ribi re
Salatura
l 7€ a
lità
edia am tur na
lacciata 80/90°c
Pecorino
k
g
cottura a 37°
b
caglio
Provola PePe nero
Stagionatura
L I Z I A D EI L O C A L I
,t
en
oa tt
ivi
la tte
Solventi
utilizzo di tensioattivi
o
Fogna
ter gen ti e r eSidui lattoSio
tt o Si o,
utilizzo di acqua potabile per la pulizia dei locali.
va c c i n
, de
Sa li Mi ne ral i
trattamento dei reflui assente. acque grigie
la
acqua PotaBile
Si
e, in te ro oP ier
energia da fonti non rinnovabili energia lunghe distanze
l kg
caneStrato da
ua
gaS
acq
PU
9€ a
co2 g.d.o.
e ac qua
Siero eSauSto
riFiuti SPeciali
possibile riutilizzo costo per lo smaltimento.
49
sistema lineare della lana
criticitĂ
rimi di
agnello da latte pinzirita
sett e
mb 30/4 re /f 0 gi ine orn im 4k ag gi g
riFiuti SPeciali
oSSa
o
nessuna valorizzazione degli output
agnello da latte
il costo per lo smaltimento incide notevolmente sui guadagni
Sangue
barbaresca
tutto l’an no
agnellone caStrato pinzirita
Macello
6/8 mesi 28 kg
emissioni co2 delocalizzazione del prodotto
zoccoli e corna
induStria conciaria
agnellone caStrato barbaresca
Frattaglie e carcaSSe
Stoccaggio tutto l’a nno
roSSa Siciliana
350 - 65 0 kg
iugulazione
eviScerazione
lana concia e Pelli
Macelleria
bre ttem e a se da april
da 3 a 7
anni
ScuioiaMento
ovini e Bovini a Fine carriera
PU
L I Z I A D EI L O C A L I
risorsa per la produzione di energia.
co n
t
en
ut
i, ent erg det
o
St
oM
aca le a niMa li in att eSa
conciMaia
Si aS gr ii e ol
energia
energia da fonti non rinnovabili lunghe distanze
iPerMercato g.d.o.
carne Macellata
co2 g.d.o.
filiera del freddo
li o
,S
Materiale Stercorario
acqua PotaBile
di So SP eS i,S oS ta nz ea zot ate
utilizzo di acqua potabile per la pulizia dei locali. Solventi
50
utilizzo di tensioattivi
Fogna acque nere
trattamento dei reflui assente.
ben più complessa. Come per il caseificio, gli elementi in entrata sono quasi tutti reperibili sul territorio in maniera sufficiente (il problema dell’approvvigionamento energetico rimane comune a tutte e tre le attività), gli output invece in parte rimangono sul territorio o distribuiti attraverso filiere regionali o nazionali in quanto prodotti, mentre i rifiuti accomunati tra loro secondo le norme sanitarie in base al grado di pericolosità che rappresentano per l’uomo. La scomposizione del sistema nelle parti che riguardano le sue attività principali è un passaggio imprescindibile per la comprensione dei dettagli necessari in fase progettuale. E’ attraverso questi ultimi infatti che verranno tracciate le linee guida per una filiera volta a risolvere le problematiche e le criticità relative allo stato di fatto. E’ tuttavia necessario avvalersi dello studio di casi che affrontino tematiche simili, sia per avere una conoscenza di ciò che è già stato fatto che per fare confronti e trovare somiglianze che possono aiutare alla soluzione di problemi comuni.
51
il Sistema della Lana nel territorio delle Madonie
casi studio
5
53
Senza dubbio, in questo caso, ciò che è vero per uno è ancor più vero per mille, così come una casa grande non è in proporzione più costosa di una casa piccola, dato che un tetto può coprire, una cantina può essere alla base della casa e un muro può separare parecchi appartamenti.1 the wool company
pecora sambucana biella, piemonte
winterschule ulten
waltraud schwienbacher val d’ultimo, trentino lane d’abruzzo
pecora sopravissana a cura di roberta castiglione pecora sopravissana partner sheep
a cura di elisa pieragostini parco alta murgia,puglia
edilana
medio campidano, sardegna
filodritto
a cura di ninni fussone enna, sicilia lanificio leo
calabria
illustrazione
: Dislocazione territoriale dei casi studio.
1 Henry David Thoreau, op. cit., p. 95
La problematica relativa all’impiego della lana di tosatura merita di essere considerata non solo a livello regionale, bensì sull’intero territorio nazionale. Ad uno sguardo più ampio emerge infatti che su tutto il territorio italiano gli allevatori si ritrovano a dover gestire sfaccettature diverse dello stesso problema. Laddove la lana di tosatura viene venduta ad enti o aziende che ne gestiscono la filiera, il compenso destinato agli allevatori è sempre troppo basso quando previsto; tirando le somme, la lana non rappresenta più una risorsa bensì un problema da risolvere. Per di più il mercato tessile, che poi è quello che ha visto fin ora il maggior impiego della fibra di lana, ormai preferisce avvalersi nella maggior parte dei casi di fibre sintetiche per la produzione di quei tessuti tecnici o per l’isolamento termico una volta realizzati interamente in lana, ponendo ancor di più in una posizione di subalternità la risorsa lana. Dall’altro lato, però, cominciano a prendere campo piccole realtà ed iniziative assai diverse tra loro che fondano la loro ragion d’essere sulla fibra in oggetto e, cosa ancor più degna di nota, sul suo intrinseco legame con il territorio d’origine. Quello che va sottolineato infatti è quella tendenza alla georeferenziazione e localizzazione di un prodotto, le cui materie prime necessarie alla realizzazione possono essere reperite su un territorio specifico, contribuendo così alla sua unicità e specificità. Questa è una delle leve per il cambiamento di cui ci si avvarrà in fase progettuale, la tendenza di questo approccio infatti ha a che vedere proprio con la territorialità delle risorse e dei prodotti, oltre che degli scambi. Per far sì che un prodotto sia in relazione al suo territorio è infatti necessario non solo che la materia prima sia reperibile in loco ma che lo si faccia senza forzarne il processo, in un sistema di relazioni in totale armonia con i cicli naturali oltre che sociali. Dal punto di 55
vista sociale, e soprattutto antropologico, infatti si comincia a riflettere su quanto una materia prima come la lana sia sempre stata indissolubilmente al territorio, rinunciarvi significa in qualche modo sancire la scomparsa di una tradizione tessile comune a tutte le comunità montane e di prodotti fortemente legati all’identità del luogo. I casi che ci troveremo ad analizzare vogliono essere in primo luogo il primo tassello della ricerca sullo stato dell’arte, senza voler ancora fornire soluzioni al problema, questo è un tentativo di metterne a fuoco l’importanza a fronte di alcuni esempi di sensibilizzazione. Ciò che è interessante sottolineare è l’affiorare di una consapevolezza che tale problema non sia limitato ad una precisa area geografica, ma che l’intero territorio italiano ne sia investito per tutta la sua longitudine e latitudine. Per comodità ci approcceremo all’analisi dei casi studio procedendo da nord verso sud, per poi concludere, proprio a sud, con una possibile inversione di tendenza attraverso l’approccio sistemico nel territorio d’indagine.
5.1 agenzia lane d’italia piemonte A partire dall’anno 2008, sul territorio Piemontese si sono intravisti i primi segni tangibili di un interesse nei confronti della lana autoctona di tosatura; il territorio del Biellese è stato prescelto come punto cardine di questi movimenti. La città di Biella, infatti, è conosciuta ai più per la storica tradizione tessile che ne ha segnato il passato e che ad oggi, forse più di altri luoghi, porta addosso le cicatrici evidenti che le industrie tessili ormai chiuse hanno lasciato sulla sua superficie; qui, piuttosto che altrove, infatti, aveva senso mettere in moto un processo come questo proprio perchè è qui che ancora si conservano gli strumenti adatti per portare a termine tutte le fasi della filiera tessile della lana, dalla selezione e pettinatura fino alla creazione del prodotto finito. L’Agenzia Lane d’Italia, ente fondato a Biella nel 1988 da Giorgio Frignani, ha sede presso la Camera di Commercio di Biella ed il suo intento è quello di dare dignità alle lane autoctone piemontesi e italiane, attraverso la creazione di manufatti tessili come tradizione vorrebbe. Il progetto ha visto il coinvolgimento di numerosi attori, a partire dagli allevatori, per poi continuare con professionalità qualificate dell’ambito prettamente tessile tra cui esperti nella lavorazione delle lane, in campo scientifico e sperimentale, nella trasformazione della materia prima in materiale edile a basso impatto e massima resa energetica e nella trasformazione della materia prima in oggetti di arredamento e accessori, la sede distaccata del Politecnico di Torino e il Centro nazionale ricerche “Oreste Rivetti”1. 1 Ettore Boffano, Biella ha resuscitato la ‘lana povera’ dai materassi a plaid e tabarri griffati, in La Repubblica.it, sez, Affari e Finanza, 15 marzo 2010, http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/03/15/biella-ha-resuscitato-la-lana-povera-dai.html
56
Nell’arco di 18 mesi, tra la fine del 2008 e la primavera del 2010, 40.000 Kg di lana sucida sono stati impiegati per la produzione di
manufatti
tessili
e
prodotti ad uso edilizio, nello specifico: capispalla maschili e femminili, maglioni, plaid, borse, tappeti, oggetti in feltro e pannelli fonoassorbenti e termoisolanti2. Nello stesso anno viene prodotto il documentario Sentire l’Aria di Manuele Cecconello, chiaramente ispirato ai temi cari all’Agenzia Lane d’Italia, che racconta la storia di Andrea, di appena diciott’anni, che dopo la scuola decide di apprendere il mestiere di pastore sotto l’ala un pastore di Occhieppo Superiore, paese del circondario Biellese. Il film documenta gli spostamenti e la vita all’aria aperta del gregge3 nell’arco di due anni, durante i quali viene affrontato anche il problema della tosatura e dell’impiego del suo output. L’operazione documentaristica si presta quindi a più spunti di riflessione e si inserisce in un contesto in cui ci sono tutti i presupposti affinchè l’attività dei piccoli allevatori possa riconoscere un compenso su due fronti distinti. Il lato economico non va di certo trascurato, ma ciò su cui si cerca di insistere è quel patrimonio immateriale costituito dalla tradizione manufatturiera, dal saper fare altrimenti destinato a perdersi col passare del tempo. Il progetto di valorizzazione delle lane autoctone non ha quindi come unica finalità un’operazione commerciale ma un sistema di valori che prevedano la tutela dell’ambiente, la salvaguardia dell’economia montana ed uno sguardo a quelle aree rurali di cui si è soliti sottovalutare l’enorme potenziale. 2 Camera di Commercio di Biella, http://www.bi.camcom.gov.it/Page/t26/view_html?idp=1318 3 Manuele Cecconello, Sentire l’aria, Prospettiva Nevskij, 2010, http://www.sentirelaria.it
immagine:
Sciarpe e pannelli fonoassorbenti da lane autoctone piemontesi realizzati nel 2010
Attualmente sul suolo biellese è attivo anche il consorzio The Wool Company, nato ad opera di Nigel Thompson, esperto in materie prime laniere; Carmine de Luca, rappresentante e consulente per aziende tessili, Pier Antoniotti, disegnatore di filati, il cui progetto di punta è il Centro di Raccolta di Lane Sucide4. Con la collaborazione della Camera di Commercio di Biella, tale centro ha ricevuto i permessi dal dipartimento sanitario della Regione Piemonte, per la cernita ed il frazionamento delle lane sucide come Impianto di Transito di Categoria 3, di cui all’articolo 10 del Regolamento CE/1774/2002. Il Consorzio quindi si occupa di raccogliere e selezionare la lana in lotti omogenei destinati alle attività manifatturiere industriali, in seguito analizzati da un ente di certificazione di qualità, per poi essere venduta alle aste internazionali. In questo modo esistono le reali garanzie per un guadagno sulla materia prima da parte degli allevatori, oltre che per la valorizzazione della risorsa.
4 http://www.biellathewoolcompany.it/
57
5.2 winterschule ulten trentino La Val d’Ultimo è a 25 km da Merano e ha un’altitudine che parte da 600 metri e arriva fino ai masi più alti che sono a 1810 metri. I campi dei masi sono quasi tutti molto piccoli, molto ripidi e difficili di lavorare. Sono contadina e con mio marito abbiamo uno dei masi più antichi della valle, già citato nel 1357 e abbiamo ricevuto dalla provincia il premio che danno quando il maso è da almeno 200 anni della stessa famiglia.5
Waltraud Schwienbacher contadina e abitante della Val d’Ultimo vive a Santa Valburga, al Maso Wegleit; è a lei che si deve nel 1994 la fondazione della Winterschule Ulten6, una scuola dov’è possibile imparare «a tagliare la legna nella giusta fase lunare, a usare quella di prima qualità per fare mobili di legno massello, lavori di decorazione e intaglio, la seconda qualità da costruzione, la terza per i soffitti a cassettone ecc. e la quarta qualità per la bioenergia»7, quello che potremmo insomma definire “permacultura”8. La scuola invernale nasce dalla precisa esigenza di rivalutare l’economia contadina della Val d’Ultimo, che più o meno 15 anni fa ha percepito l’inizio di un possibile declino; a causa dei prezzi elevati di latte, legno 5 Waltraud Schwienbacher, Come si ricostruisce l’economia contadina, in L’Ecologist italiano, Agricoltura è disegnare il cielo, n° 8, Libreria Editrice Fiorentina, 2008, p. 251. 6 http://www.winterschule-ulten.it/ 7 Ivi, p. 253. 8 La permacultura vede la luce all’inizio degli anni ‘70 per opera di Bill Mollison e David Holmgren, interessando le diverse aree del sapere quali architettura, biologia, selvicoltura, agricoltura e zootecnia. L’etimologia della parola “permacultura” è rintracciabile nell’inglese permaculture (da permanent più agriculture o permanent più culture) perchè secondo il coniatore del termine Bill Mollison “una cultura non può sopravvivere a lungo senza una base agricola sostenibile ed un’etica dell’uso della terra”.
58
e lana, i contadini erano costretti a vendere i propri prodotti al di fuori della valle, trascurando così il proprio territorio e le attività necessarie alla manutenzione delle proprie abitazioni e dei propri terreni. A quel punto, in seguito ad un’inchiesta rivolta alla popolazione, è stato messo in piedi un gruppo di lavoro volto alla risoluzione di questi problemi. Inizialmente venivano tenuti dei laboratori per i contadini e gli abitanti del luogo per insegnare ed approfondire tutte quelle attività legate alla manutenzione dei masi, poco dopo è stata costituita una vera e propria scuola invernale che adesso conta fino a 500 studenti, provienti non solo dall’Alto Adige ma anche da Trentino, Austria e Germania. I corsi, di durata variabile da un’ora a una settimana, sono stati pensati per coloro che svolgono già un lavoro e che altrimenti non potrebbero prendervi parte, ma la maggior parte delle lezioni si inseriscono in corsi triennali volti alla formazione completa rispetto a fibre naturali, legno, tessili, erbe, bagni per la salute, vetro soffiato. La scuola vuole formare ad essere totalmente autosufficienti e ad agire nel rispetto dell’ambiente, con un impatto estremamente minimo, secondo la vecchia logica che “dalla natura non si butta via niente e si può vivere benissimo con una serie di risorse assolutamente gratuite”; ed è a questo proposito che la Val d’Ultimo ci fornisce il suo prezioso esempio: « [...] e oggi è venuta una signora anche dalla Sicilia che ha sentito di noi e ha detto che anche lì buttano la lana e lei dopo i corsi farà qualcosa per la lana»9. Così come in Sicilia, in quelle stesse valli, la lana veniva buttata perchè troppo costoso il suo smaltimento insieme alle pelli, per gli allevatori diventava troppo oneroso occuparsi della dismissione ricorrendo così talvolta a forme alla dispersione sul territorio. Con la nascita della scuola, ma anche in seguito alle attività promosse da Waltraud come assessore 9 Waltraud Schwienbacher, op. cit., p. 261
cura del sè. Allo stesso modo si insiste su una cultura del saper fare propria di quel preciso territorio, che fa del prodotto un manufatto imprescindibile da quelle risorse reperibili e da quella manodopera specializzata.
immagine:
Val d’Ultimo
prima all’ambiente, poi alla gioventù, e infine alla sanità. La lana di tosatura è adesso tra le materie prime di cui è possibile apprendere le tecniche di lavorazione, rigorosamente artigianali, all’interno della scuola. Nel reparto tessile, infatti, si impara la tessitura al telaio, il lavoro a maglia e la produzione del feltro, oltre che la tintura stessa dei capi, solo con lana reperita sul territorio, lavata, cardata e filata. Con la lana della Val d’Ultimo si produce l’imbottitura dei materassi e tutti gli indumenti necessari; secondo Waltraud infatti questa risorsa è la migliore dal punto di vista fisiologico10, confrontando le nuove fibre sintetiche alla fibra di lana, sono le proprietà di quest’ultima a sposarsi meglio con l’utilizzo in ambito tessile, per via delle sue caratteristiche chimiche e fisiche. La realtà della Val d’Ultimo è di grande aiuto nel poter constatare come una società possa riuscire a riappropriarsi del territorio senza dover fare affidamento sulle proprie istituzioni, e il caso di Waltraud ne è la prova nel momento in cui la strada politica diventa solo un mezzo giustificato dal fine. E’ l’aggregazione tra le persone, in questo caso, a non necessitare dell’istituzione, quale può essere quella del consorzio di Biella, e a funzionare da motore per il cambiamento, un cambiamento che in questo caso specifico attraversa tutti gli ambiti della vita di ogni giorno: dalla tosatura e lavorazione della lana per la produzione di indumenti, all’utilizzo della legna scadente abbandonata nei boschi dai forestali per il riscaldamento nelle case, alla produzione di saponi e miele, all’utilizzo di erbe per le tinture dei tessuti o per la 10 Ivi, p. 256
59
5.3 lane d’abruzzo Tra i casi studio selezionati durante questa analisi, una posizione particolare va assegnata al territorio dell’Abruzzo, che offre un altro esempio di aggregazione informale attraverso i media, rispetto al tema della lana autoctona e al suo utilizzo. L’Abruzzo, come tutte le regioni al cui interno è possibile identificare almeno una comunità montana, presenta le stesse problematiche fin ora menzionate rispetto alla precaria sopravvivenza del mondo pastorale e della lana di tosa, ma allo stesso tempo vanta una tradizione legata alla cultura laniera di uguale importanza. Nel territorio di Taranta Peligna, comune in provincia di Chieti sulle pendici orientali della Maiella, per l’appunto, esistono ancora le testimonianze di una tradizione manifatturiera più che attiva ed i luoghi del suo estrinsecarsi. Uno di questi è il Lanificio Merlino, dei fratelli Vincenzo e Gaetano, specializzato nella realizzazione di manufatti in lana, ma soprattutto artefice della produzione seriale della famosa coperta che prende il nome dal paese stesso. La taranta, cioè tarantola, insetto tessitore per eccellenza, rappresenta il simbolo del paese, incarnando così l’esempio di un evidentissimo legame tra territorio e saper fare; allo stesso modo “taranta peligna” è il nome del manufatto tipico del luogo, che stringe ancora di più l’intenso legame attorno alla tradizione tessitrice, per precisione una pesante coperta interamente di lana realizzata con motivi damascati attraverso la sapiente combinazione di trama e ordito, senza dritto e rovescio. Fin dal medioevo si registra la presenza di un’attività laniera intrinsecamente connessa alle attività di transumanza, le donne dei pastori infatti provvedevano alla preparazione di un corredo di abiti e coperte interamente realizzati in lana, per i freddi periodi durante gli spostamenti. Un’ulteriore testimonianza della corrispondenza tra tradizione e attività 60
immagine:
Insegna del Lanificio Merlino e lavorazione al telaio meccanico della taranta peligna
tessile è la presenza dei resti di una chiesa dedicata a San Biagio in quanto patrono di Taranta Peligna e santo protettore dei lanaioli; nell’iconografia ecclesiastica, infatti, il santo viene raffigurato con gli attrezzi per cardare la lana tra le mani, proprio perchè martirizzato attraverso questi strumenti11. E’ a questo punto che ha senso nominare la figura di Roberta Castiglione, di formazione architetto, per passione invischiata nel mondo della lana con il progetto, di sua creazione, Lane d’Abruzzo. Su questo territorio, Roberta - ci permettiamo di chiamarla semplicemente per nome per via della confidenzialità dei rapporti intessuti attraverso la sua ricerca, ha di recente iniziato a preoccuparsi di ristabilire una possibile filiera della lana in accordo a quel bagaglio della tradizione abruzzese che è stato appena menzionato. Il primo passo compiuto da Roberta, nel tentativo di ricostruire la filiera, è stato quello di entrare in contatto con quelli che lei stessa definisce “gli uomini della lana”12, ovvero tutti gli operatori coinvolti nel percorso compiuto dalla tosatura, alle lavorazioni preliminari - quali cardatura e filatura - per poi arrivare fino alla creazione del prodotto finito e alla sua 11 a cura di Adriano Monti Buzzetti, in Settegiorni, Rai Parlamento, URL=http://youtu.be/ y58wKXsdm_g 12 a cura di Francesca Catarci, Lane d’Abruzzo e Social Crochet, in Geo&Geo, Rai Tre URL= http://youtu.be/p_CaCcuHpYc
distribuzione sul territorio. Il lavoro ha quindi avuto inizio con il ripristino di quella rete di relazione che permette il dialogo tra i diversi operatori. Gli stessi allevatori sono già in grado di riscontrare benefici economici dall’attivazione di tale processo, ricordando con rimpianto quanto in tempi lontani, tra gli anni - ‘40 e gli anni ‘50 del 900 - il ricavo ottenuto dalla vendita di tale risorsa ammontava a circa 1.000£ al Kg contro i 0.30€ al Kg odierni. Un’equo compenso per il lavoro altrui e un’onesta valorizzazione delle risorse sul territorio sono quindi le basi per l’instaurazione di una corretta filiera, insieme al dialogo tra tutte le parti coinvolte. Le lane d’Abruzzo, tosate sul territorio, vengono quindi inviate in Toscana per essere sottoposte alle operazioni di lavaggio e, una volta filate, vendute in gomitoli o matasse attraverso i mercati locali o la rete internet. Quest’ultima scelta risiede nella necessità di accorciare la filiera e di eliminare altri passaggi che rischierebbero di ridurne l’immediatezza, tentando di non incappare nell’errore di fornire l’ennesimo prodotto di nicchia. Allo stesso tempo, parte del progetto si focalizza sul rapporto diretto con gli acquirenti non solo dal punto di vista della transazione ma anche riguardo a consulenze offerte in merito alle specifiche dei prodotti venduti. Sulla scia della condivisione e grazie all’ausilio di internet, vi è poi un ulteriore appendice del progetto di Roberta, ovvero quello del Social Crochet.
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Roberta Castiglione durante la trasmissione Geo&Geo su Raitre, nel dettaglio un gomitolo di Lana d’Abruzzo
Questo gruppo nato sul social network facebook, viene da lei definito «un salotto di casa il luogo in cui condividiamo», ed effettivamente l’aria che si percepisce al suo interno è proprio questa: un luogo in cui tante donne, tutte munite del proprio kit di uncinetti, si riuniscono per condividere la realizzazione individuale di manufatti realizzati interamente a mano. Ogni lavoro viene proposto attraverso un tutorial preparato da Roberta o su suggerimento da parte delle iscritte. La peculiarità del gruppo risiede quindi interamente nel dialogo e nell’interazione collettiva, nello scambio di suggerimenti e nella creazione di un saper fare basato su una tecnica lavorativa antica come quella dell’uncinetto. L’operato di figure come quella di Roberta, quindi, tenta, secondo lo spirito del tempo, di mischiare tradizione e transmedialità, nella convinzione che solo così si possa recuperare quella genuinità e freschezza delle relazioni che erano alla base dell’immediatezza degli scambi di saperi e materie prime. Si ritiene insomma che il contatto tra le persone non subisca alcuna perdita se mediato da strumenti, quali internet, che forniscono un surrogato della presenza umana ma che promettono l’abolizione della distanza territoriale a fronte di una più semplice condivisione.
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5.3 partnersheep puglia Sulla costa orientale italiana, in Puglia, è presente un altro segno dell’attenzione all’attività di tosa. Questa volta il caso è assimilabile all’esperienza biellese “The Wool Company” per la diretta affiliazione alle istituzioni e la collaborazione tra i due enti. Il luogo deputato è in questo caso il Parco Nazionale dell’Alta Murgia, area protetta tra le province di Bari, Barletta, Andria, Trani13, che comprende le Comunità montane della Murgia Nord Occidentale e della Murgia Sud Orientale. Il Parco, previsto dalla legge 9 dicembre 1998, n. 426, è stato istituito con il D.P.R. 10 marzo 2004 (G. U. N. 152 del 1° luglio 2004) ed ha una superficie complessiva di 68.077 ettari con estesi pascoli naturali e coltivi, boschi di quercia e conifere affiancati dalle tipiche costruzioni in pietra, prove dell’azione dalla mano dell’uomo. L’Alta Murgia è caratterizzata da un paesaggio di pietre e colline, da un passato di vita agreste, di “pastori e massari impegnati nella lavorazione del latte e della lana”14, un luogo la cui biodiversità ed importanza dal punto di vista storico/naturalistico viene sancita anzitutto attraverso l’istituzione del Parco Nazionale e che da poco più di un anno (dal 2 maggio 2012) è stato attenzionato anche per via di quella risorsa legata intrinsecamente alle attività del territorio, ma che - come in altri luoghi - ha rischiato di essere non solo messa in secondo piano, ma di rappresentare un problema per il suo smaltimento: la lana. Il progetto “PartnerSheep” - il cui nome ammicca al termine inglese partnership (cioè collaborazione) sostituendo la parte terminale della parola 13 Elenco ufficiale delle aree protette (EUAP) 6° Aggiornamento approvato il 27 aprile 2010 e pubblicato nel Supplemento ordinario n. 115 alla Gazzetta Ufficiale n. 125 del 31 maggio 2010 14 http://www.parcoaltamurgia.gov.it/index.php?option=com_content&view=article&id=21&Itemid=100073
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Architettura rupestre nel parco e logo del Parco Nazionale dell’Alta Murgia
con sheep, cioè pecora - viene mosso da un percorso tutto istituzionale, l‘Ente Parco, infatti, si è fatto suo promotore insieme al Consorzio di aziende agro-zootecniche “Murgia Viva” e al Centro di Raccolta di Lane Sucide “The Wool Company” di Biella15, rendendolo assai più interessante per via della sua natura interregionale. Di durata triennale, il progetto prevede la collaborazione con il Piemonte, luogo in cui conferire la lana - presso i magazzini del Consorzio di Biella - per poi selezionarla e classificarla in lotti omogenei testati da un Ente di certificazione di qualità riconosciuto a livello internazionale e venduta grezza tramite asta internazionale. L’intento quindi è quello di valorizzare la lana della pecora Altamurana ormai in via di estinzione, la sua consistenza è stata stimata intorno ai 400 capi nel 201116, i cui allevamenti si trovano quasi tutti all’interno del Parco Nazionale dell’Alta Murgia. La razza Altamurana ha caretterizzato per lungo tempo la fauna del paesaggio murgiano, poichè in perfetta sintonia con un territorio roccioso e pieno di asperità qual è quello di questa parte della Puglia. Oltre all’interesse zootecnico il 15 si veda il Paragrafo 5.1 Agenzia Lane D’Italia - Piemonte, pp. 56-57 16 Antonella Petrera, Lana e Pecore dell’Alta Murgia in “Parnersheep” con Slowfood, Newsfood. com, Salone del Gusto 2012
progetto mette in luce l’aspetto economico che riguarda unicamente la realtà pastorale, tentando di ristabilire la filiera della lana dal punto di vista sociale, organizzativo, produttivo ed economico per far in modo che questa risorsa non rappresenti unicamente una perdita economica per l’allevatore. “Trasformare i rifiuti in risorse, istituire forme di collaborazione tra l’ente e i privati allo scopo di ridurre un costo per i nostri produttori e trasformarlo in un’opportunità economicamente vantaggiosa, stabilire una rete sempre più stretta di cooperazione a beneficio delle aziende del Parco. Sono tutti obiettivi perseguibili, come conferma il risultato eccellente di questo progetto. Ulteriore valore aggiunto è dato dall’utilizzo di una buona parte della lana nella bioedilizia, un settore in forte espansione”.
Attualmente il ricavo medio al kg per l’allevatore è tra 0.38-0.40€€con estremi che vanno da 0.25€ (per le lane più grosse e con alto contenuto di residui) a 0.70€ (per le lane più fini e pulite); inutile dire che il progetto lavora anche attraverso la lana proveniente da altre razze diffuse sul territorio oltre quella Altamurana, che altrimenti risulterebbe insufficiente, ma ciò che ci preme sottolineare è il tentativo non solo di riavviare una filiera della produzione, brutalmente interrotta, bensì quello di non perdere di vista quelle che sono le razze locali e i rischi legati ai loro precari quantitativi numerici.
Attraverso queste parole Cesare Veronico, presidente del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, sintetizza efficacemente obiettivi ed intenti di un progetto che, pur essendo quasi a metà del suo percorso, può già mostrare i risultati che ne indicano l’efficacità e la valenza positiva. Dalla prima edizione di Partnersheep, infatti, è cresciuto esponenzialmente il numero delle aziende aderenti (da 12 a 58) e delle quantità di lana raccolta (oltre 250 quintali), lasciando presupporre l’inizio non solo di una svolta dal punto di vista economico, per quelle realtà colpite dalla crisi di questa risorsa locale, ma anche di un nuovo percorso di consapevolezza per tutti gli attori coinvolti; non a caso tra le finalità del progetto è previsto anche un corso di formazione per cernitori. L’intento è quello di insegnare agli allevatori a selezionare la lana in totale indipendenza per potersi relazionare con maggiore cognizione al mercato laniero, lavorando così in stretta cooperazione ma pur mantenendo autonomia nella detenzione delle competenze individuali. 63
5.4 lanificio leo calabria La famiglia Leo, di Soveria Mannelli (Catanzaro), fonda l’omonimo lanificio nel lontano 1873, ad oggi la più antica fabbrica tessile calabrese che vanta ancora l’immutato parco macchine di una volta. All’interno dell’azienda si compie l’intero ciclo produttivo della lana ancora oggi, dalla trasformazione della fibra in filo fino alla tessitura, sia a licciate che jacquard, dal finissaggio alla confezione. All’interno del lanificio sono poi presenti i vecchi calchi ottocenteschi, intagliati a mano nel legno di pero con il quale si realizza il processo della stampa a ruggine. L’impianto si dispiega secondo due linee di prodotto, la prima si basa su manufatti tessili della tradizione, la seconda invece propone prodotti più contemporanei secondo una visione design-oriented se pur anch’essa basata su metodi di produzione tradizionali. Quel che occorre precisare è che nel 1997 la fabbrica ha subito un vero e proprio rinnovamento culturale - ed è questo che la rende una realtà così interessante, insieme alla sua dimensione storica - una ri-configurazione dell’impianto volta a rettificarne e ri-disegnarne le sue valenze produttive, nel tentativo di creare terreno fertile per un “laboratorio di idee”: Partendo da una piattaforma industriale che affonda la propria storia in un lontano passato e avendo, continuamente, nostalgia del futuro, abbiamo scommesso e investito sul capitale umano presente sul territorio, dimostrando come, attraverso la condivisione degli elementi identitari, si possa generare il collante efficace per attivare processi e mutamenti culturali, a loro volta capaci di produrre sviluppo e innovazione.17
L’ipotesi di riconvertire l’impianto secondo un diverso profilo economico, 17 Emilio Salvatore Leo, Gennaro Di Cello, Catalogo 2010, www.lanificioleo.it
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Architettura rupestre nel parco e logo del Parco Nazionale dell’Alta Murgia
attraverso la costruzione di un nuovo stabilimento, è stata presto scartata poichè ritenuta responsabile di un possibile impoverimento del corpus di valenze materiali ed immateriali che l’opificio conserva in sé. Ciò che fa del Lanificio una realtà degna di essere menzionata sta quindi non solo nella tipologia di lavorazioni che vengono effettuate al suo interno, quindi il rapporto con la lana e l’intera gestione della sua filiera, quanto la commistione sapiente tra tradizione e innovazione che ha saputo portare alla luce nuovi prodotti in cui entrambi gli aspetti sono presenti in termini di linguaggio. Tra le operazioni più interessanti, a proposito di sperimentazione, la collezione triplejacq, nata come interpretazione contemporanea della
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Dettaglio del Punto Pecora
jacquard a tre colori, attraverso il quale vengono riorganizzati su scala gigante gli intrecci fondamentali della tessitura. I telai utilizzati per questa lavorazione sono tutti muniti di navetta e sfruttano la lettura di cartoni perforati da parte di una macchina meccanica jaquard di tecnologia ottocentesca. immagine:
Architettura rupestre nel parco e logo del Parco Nazionale dell’Alta Murgia
tecnica di tessitura jacquard, costituita da un ordito sulla base di tre colori e dalla ripetizione degli stessi a formarne la trama, creando così tre strati di tessuto caratterizzati da effetti grafici a campitura piena. Lo studio dei pattern gioca con motivi grafici che ammiccano alla pixel art, interpretando questa tecnica in chiave moderna pur mantenendo inalterato l’effetto vintage tipico delle texture. Il pattern a nostro avviso più interessante è quello messo appunto da Studiocharlie ed Emilio Salvatore Leo, membro della quarta generazione di tessitori della famiglia Leo. Il “punto pecora” dialoga con il marchio del lanificio, cioè l’icona di un agnello, è un lavoro di astrazione sul marchio che identifica il Lanificio Leo: l’immagine di un agnello. L’icona viene portata al limite della riconosibilità attraverso un processo di elaborazione che potremmo definire digitale, rendendo la figura dell’agnello quasi pixelata, se ci stessimo muovendo in ambito prettamente grafico, come se ne fosse stata improvvisamente diminuita la percentuale di risoluzione nella sua visualizzazione a schermo. Il nuovo punto diventa quindi la base di un disegno 65
5.5 filodritto sicilia Nell’entroterra siciliano, territorio assai prossimo a quello in esame, esiste un germe, qualcosa che lasci intravedere uno spiraglio, un interesse concreto rispetto ai temi trattati fin ora. L’inesistenza o la difficile tracciabilità di una filiera della lana è infatti un destino comune all’intera isola, la lana rappresenta un rifiuto sulla totalità del territorio in quanto risorsa di difficile lavorazione o poichè prevede un sapere ormai custodito da pochissimi, se effettuata secondo i processi tradizionali, o per via dell’assenza di strutture deputate a tali procedure. Nel cuore della Sicilia, nella città di Enna, esiste una realtà, attiva, il cui operato è intrinsecamente legato alla tradizione tessile e agli antichi mestieri la cui materia prima era la lana. Nata all’inizio del 2011, la piccola realtà di nome “FiloDritto” si definisce «Una cooperativa sociale tessile che guarda all’anima. Produce, in un laboratorio all’interno della casa circondariale di Enna, manufatti tessili e soprattutto in feltro»18. FiloDritto, nata dalla volontà di Ninni Fussone, sociologa con la passione per le arti tessili, è un’estensione di “aManiLibere”, associazione il cui intento è il ripristino e la conservazione di quelle antiche lavorazioni che legano la manualità al tessuto. Non è un caso che la localizzazione territoriale di queste due realtà coincida con Enna, città natale di Ninni; non è un caso che queste pratiche siano condizionate dal profondo legame che chi decide di metterle in atto sente con il proprio territorio: pur avendo trascorso un periodo a Milano, infatti, Ninni ha poi deciso di 18 FiloDritto: il riscatto dei detenuti di Enna, in AntimafiaDuemila, informazioni su cosa Nostra e organizzazioni criminali connesse, http://www.antimafiaduemila.com/2011121735030/cronache-italia/filodritto-il-riscatto-dei-detenuti-di-enna.html
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Logo associazione aManiLibere, dettaglio tessuto di feltro.
tornare nella sua città natale e di coniugare l’interesse e la passione per le antiche tradizioni con l’impegno nel sociale. La cooperativa FiloDritto non è altro che il frutto del processo di istituzionalizzazione di un’inclinazione naturale, dall’azione di volontariato messa in atto unicamente per passione, il passo successivo è stato la creazione di un’attività vera e propria; dallo svolgimento di corsi nelle sezioni maschili e femminili del carcere, si è poi giunti ad un piano di lavoro vero e proprio per la Casa Circondariale. E’ all’interno del carcere di Enna che si dispiega la storia di Filodritto, un laboratorio di produzione tessile all’interno del percorso di rieducazione. La figura femminile è quella a cui viene riservato un occhio di riguardo - la presenza all’interno del carcere consta di 9 detenute su un totale di 160 individui - proprio perchè una volta detentrice di questi saperi. La relazione intessuta con queste donne, anche grazie al numero ristretto delle presenze, diventa un intreccio solidissimo di saper fare e speranza. La loro presenza, sia all’interno che all’esterno del carcere è sostenuta dallo sportello antiracket, ikea social e cgil Enna. All’interno delle carceri vengono create delle piccole classi, nelle quali si impara la lavorazione del feltro e a “curare la propria anima” attraverso la gratificazione immediata ottenuta da questo
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Dettaglio tessuto di feltro; Sassi realizzati con la tecnica del needle felt
processo di lavorazione. Il materiale prescelto per questo progetto è il feltro, ottenuto in parte da lane autoctone e in parte da lane importate sul territorio, da qui in poi tutte le lavorazioni avvengono interamente all’interno della cooperativa, sotto la guida di Ninni, che tra le tante esperienze tessili ci racconta di aver imparato alla Winterschule di Traudi19: è lei la signora venuta dalla lontana Sicilia che racconta della filiera della lana inesistente nel profondo sud italiano, ed è la stessa che tenta secondo la sua inclinazione di proporne un nuovo impiego, nell’incontro a metà strada tra diritti umani e rispetto delle tradizioni. Le trasformazioni impartite al feltro avvengono secondo due metodi, il primo quello della lavorazione della lana con acqua e sapone di marsiglia, che, assumendo la constistenza di un impasto o poltiglia, può essere poi modellato e disteso in fogli, permettendo anche di mischiare fibre dal colore diverso, simulando un’ulteriore trama del tessuto costruita a posteriori. Il secondo metodo è invece quello del needle felt (feltro ad ago), tecnica molto diffusa al nord, che consiste nell’utilizzo di un’ago per la costruzione di una struttura tridimensionale senza “limiti di creazione”, la lana viene costantemente aggiunta al manufatto attraverso una picchiettatura continua dell’ago. 19 si veda il Paragrafo 5.2 Winterschule Ulten - Trentino, p 58-59
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Still da video, intervista di Ninni Fussone per Wise Society
[...] è un procedimento quasi alchemico, dopo di chè, c’è un momento in cui comincia a diventare tessuto20.
La pittura del tessuto viene effettuata nella fase di “stesura” del pezzo, come in una stratificazione geologica, la parti di tessuto, anche diverse tra loro - spesso intervengono anche lino, canapa e seta nella creazione dei manufatti - si sedimentano attraverso strati che verranno indissolubilmente legati tra loro. La versatilità del feltro, quindi, si presta enormemente allo scopo: agisce là dove la creatività si annida per farsi medicina delle anime dei detenuti. Nel fitto intreccio delle loro storie spicca quella di un giovane egiziano, Htem Darwhis, di 23 anni recluso nella Casa Circondariale di Enna da 4, ha lasciato l’Egitto da solo all’età di 1o anni e mezzo, con la speranza di arrivare in Italia dopo una sosta di due anni in Libia, ma qui diventerà presto un clandestino. 20 Donatella Pavan, Sara Donati, La creatività che rende liberi, in Wise Society : People for the Future, 21 maggio 2012, URL= http://wisesociety.it/video/la-creativita-che-rende-liberi/
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Oltre alla fitta ed inevitabile rete di relazioni che la lana ed il feltro consentono di creare nell’ordito delle vite dei detenuti, va detto anche che FiloDritto non rimane una realtà che esaurisce la sua ragion d’essere nelle carceri. Ninni non opera da sola, ma è inserita all’interno della rete BestUp Sicilia, insieme ad Anna Catania, docente a Palermo presso l’università di Architettura, e promotrice di “More and Less” (Più futuro e meno consumi), e ad Antonia Teatino di Milazzo, fondatrice di Co-creando (www.cocreando. it). La filosofia che siamo in grado di evincere anche dalla scelta di tali collaborazioni ci lascia presupporre quanto FiloDritto si inserisca in un sistema green, in cui idee, prodotti e servizi hanno tutti l’intento di contenere l’impatto ambientale, nella valorizzazione di un sapere artigiano grazie all’ausilio di materie prime interamente naturali. Tenendo sempre a mente che nulla si crea ma tutto si trasforma, una responsabilità sociale ed ambientale sono i primi strumenti per il passo verso la consapevolezza per la valorizzazione di una risorsa come la lana sul territorio della Sicilia e non solo.
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Still da video, Ninni Fussone e il needle felt per Wise Society
5.6 edilana sardegna La zona del Medio Campidano in Sardegna richiama il nostro interesse per tre motivi ben precisi; il primo perchè è lì che si concentra la maggiore quantità di capi della pecora nera di Arbus; il secondo poichè è lì che l’azienda Edilana vede i suoi natali; il terzo è che le due realtà sono tra loro profondamente connesse attraverso un legame di interdipendenza fortemente in relazione con il territorio. Il caso della pecora di Arbus, come accennato in precedenza21, si distingue da quello delle altre razze autoctone per dei motivi che possono essere facilmente intuibili. In tempi recenti la consistenza dei capi sul territorio è notevolmente diminuita, perchè inadatti per la produzione di lana a causa del colore del vello e della sua grossolanità. Per natura infatti i velli di colore scuro non possono essere tinti, riducendo così le capacità d’impiego in ambito tessile; per di più la nera di Arbus ha un pelo assai ispido, pieno di giarre (i peli non soggetti ad infeltrimento) e peli corti, difficili da filare. Il manto quindi si presta assai bene alle lavorazioni volte alla produzione dell’orbace - tessuto ottenuto tramite follatura - non mostrando però quelle qualità richieste dall’industria tessile. La razza della pecora nera di Arbus insomma, principalmente ad attitudine da latte, pur integrandosi perfettamente con la sua zona di origine e pur non richiedendo costi eccessivi per l’allevamento, quasi interamente di carattere estensivo, presenta problemi legati all’impiego o smaltimento del vello, attualmente convogliato verso grossi inceneritori. E’ a questo punto che ha senso parlare di Edilana, un progetto tanto recente quanto destinato a crescere per via delle fortunose ed oculate intuizioni, oltre che per il prezioso dialogo con le attività tradizionali locallizzate sul territorio. Si racconta che il progetto sia nato in maniera assolutamente casuale, in seguito all’incontro sinergico tra imprenditoria e sapere tradizionale, ma soprattutto grazie alla presenza di una delle Banche del Tempo22 21 si veda il Paragrafo 2.2, Lane Autoctone, p. 27 22 [...] «libere associazioni tra persone che si auto-organizzano e si scambiano tempo per aiutarsi soprattutto nelle piccole necessità quotidiane» [...] «luoghi nei quali si recuperano le abitudini ormai perdute di mutuo aiuto tipiche dei rapporti di buon vicinato. Oppure si estende a persone prima sconosciute l’aiuto abituale che ci si scambia tra ap-
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Territorio della provincia del Medio Campidano
italiane sorta a Guspini, dove lo scambio avviene attraverso i saperi e non per mezzo di prestazioni. Una delle socie segnalò il problema legato allo smaltimento della lana e fu lì che dall’osservazione di un nido d’uccelli trovato per terra che Daniela Ducato, attiva collaboratrice della banca e moglie dell’imprenditore Oscar Ruggeri specializzato nel settore dei materiali per l’edilizia, ebbe la sua intuizione. Ad un’osservazione meno superficiale, il nido appariva intrecciato con alcuni fili di lana che pur rendendo il nido traspirante ne permettevano l’isolamento dal freddo. Partite le prime sperimentazioni nel 1999, la Ducato tentò di impiegare nella lavorazione i fili più corti - quelli che costituivano lo scarto da smaltire - per partenenti alla stessa famiglia o ai gruppi di amici». Le banche del tempo sono organizzate come istituti di credito in cui le transazioni sono basate sulla circolazione del tempo, anziché del denaro. http://www. associazionenazionalebdt.it
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Materassino per l’isolamento termo-acustico e per la pacciamatura
la creazione di prototipi coibentanti alternativi ai derivati da petrolio, sughero o legno, sfruttando una materia prima di facile reperimento sul territorio e che richiedeva un utilizzo alternativo, più dignitoso del mero smaltimento in quanto rifiuto speciale. La sperimentazione, quindi, è stata focalizzata sulla creazione di materassini isolanti - sia dal punto di vista termico che acustico - partendo dal prototipo in feltro realizzato da Daniela e mettendo in relazione un’intuizione imprenditoriale con il sapere artigiano locale. Nella piana di Bitti, a Nule, si trova l’azienda “La Tessile Crabolu S.r.l” avviata nel 1964 dai coniugi Pietrina Cocco e Benedetto Crabolu - attualmente unica azienda tessile della Sardegna con un ciclo completo per la lavorazione della lana - successivamente ampliata dai figli nel 1982 per la produzione di filati e tappeti da lane sarde. La Tessile Crabolu diventa immediatamente il riferimento cui sottoporre i prototipi per valutarne l’effettiva fattibilità e le reali prestazioni; al riscontro positivo è seguita una conversione dei macchinari per via della differente lavorazione richiesta dal pelo corto della lana sarda. Una volta documentati gli standard qualitativi di prodotto e a fronte dei numeri forniti dalle certificazioni, nel 2008 inizia la produzione di prodotti per la coibentazione termica e l’isolamento acustico. Per sua natura, il pelo della pecora nera di Arbus, inadatto alle lavorazioni 70
tessili, si presta perfettamente all’intento che ne vede il dignitoso utilizzo per via delle sue caratteristiche intrinseche. Il pelo di pecore ad attitudine da latte, infatti, non può essere sottile e soffice perchè ricco di cheratina e lanolina - caratteristiche che lo rendono perfetto per la creazione di prodotti isolanti, fonoassorbenti, idrorepellenti e antimuffa. Per di più, la pecora nera di Arbus presente in suolo sardo vanta un vello dal pelo più grosso e pieno di giarre rispetto agli altri capi della stessa razza allevati sul territorio italiano. Il pelo corto, ritenuto scarto in ambito tessile, diventa preziosa risorsa per la produzione dei supporti coibentanti in quanto dotato di resistenza e potere isolante superiori poichè la fibra è più cava e maggiormente crettata (riesce a trattenere più aria) e ad alto contenuto di lanolina (dal potere impermeabilizzante e antimuffa). Tra i vantaggi legati all’utilizzo di questo tipo di fibra per la produzione va inoltre sottolineato che in fase di lavaggio viene richiesto un quantitativo minimo d’acqua per la pulitura; rispetto al pelo lungo, quello corto rimane più pulito poichè l’aria contenuta tra le fibre ha il potere di repellere lo sporco, richiedendo quindi una quantità d’acqua inferiore pari a 10 volte per le operazioni di lavaggio. Dal punto di vista energetico, è quasi perentorio che le nuove abitazioni siano ben coibentate per ridurre i costi di gestione e il conseguente impatto ambientale, sebbene spesso questa pratica rappresenti una contraddizione data dall’utilizzo dei cappotti termici con materiali sintetici, come la lana di roccia, e con altissimi costi di produzione. Anche in questo senso il caso Edilana si distingue per la sua oculatezza, proponendo un prodotto assolutamente verde e in relazione al proprio territorio, avvalendosi di una risorsa facilmente reperibile sul territorio e dal costo davvero minimo, rappresentando una innovazione radicale proprio perchè in grado di rivoluzionare il paradigma più diffuso nel settore della coibentazione.
il Sistema della Lana nel territorio delle Madonie
analisi sistemica
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6.1 metodologia progettuale Se volete conoscere il sapore dei mirtilli, chiedete al vaccaro o alla pernice. E’ un volgare errore ritenere che chi non li abbia colti possa assaggiare i mirtilli. [...] La loro ambrosia, la parte essenziale del frutto, si perde col fiore grattato via sul carro che va al mercato, e diventano semplice foraggio. 1 Prima di entrare nel merito della vera e propria fase solutiva rispetto al problema dello smaltimento e conseguente riutilizzo della risorsa lana all’interno del territorio delle Madonie, ha senso soffermarsi su quella che è stata scelta in quanto metodologia progettuale - il Design Sistemico - e che ha condizionato sia l’approccio analitico che le scelte funzionali concorrenti alla ideazione del progetto vero e proprio. Il Design Sistemico affonda le sue radici in quella speculazione filosofico-teorica non troppo lontana che vede la luce con la Teoria Cibernetica e la Teoria delle Reti negli anni del secondo dopoguerra. Il fermento scientifico di quegli anni non solo aggiunge nuove teorie a quel bagaglio costituito dalle scuole di pensiero precedenti, ma, cosa ancora più importante, viene elaborato un nuovo paradigma diametralmente opposto a quello meccanicistico precedentemete in vigore. La nuova disciplina acquisisce ulteriori contributi perfino dalle emergenti teorie ambientaliste, quali la Teoria di Gaia2, nate a cavallo degli anni ‘60, per 1 Henry David Thoreau, op. cit., p. 187 2 L’ipotesi di Gaia è una teoria di tipo olistico formulata dallo scienziato inglese James Lovelock nel 1979 in Gaia. A New Look at Life on Earth, trovando poi numerosi consensi nel mondo scientifico, ma non tutti coincidenti col suo vitalismo. Nella sua prima formulazione l’ipotesi Gaia, che altro non è che il nome del pianeta vivente (derivato da quello dell’omonima divinità femminile greca, nota anche col nome di Gea), si basa sull’assunto che gli oceani, i mari, l’atmosfera, la crosta terrestre e tutte le altre componenti geofisiche del pianeta terra si mantengano in condizioni idonee alla presenza della vita proprio grazie al comportamento e all’azione degli organismi viventi, vegetali e animali
via delle evidenti affinità e viene successivamente formalizzata dal teorico Ludwig Von Bertalanffy con la sua Teoria Generale dei Sistemi3. Il Design Sistemico per come lo conosciamo oggi, anche grazie a queste speculazioni, si pone in posizione antitetica alla visione di quel design che per tradizione propone un lavoro esclusivo su forma e funzione dell’oggetto, pur tenendo conto di quegli aspetti funzionali, simbolici, culturali e tecnico-produttivi. Questa recente disciplina, che vede la sua ufficializzazione prima con il lavoro dell’economista Gunter Pauli e del professor Heitor Gurgulino de Souza4 nella fondazione di ZERI5 (Zero Emission Research and Initiatives) nel 1994 e poi con la sua unica applicazione didattica nell’ambito accademico italiano con l’attivazione del Master di Secondo Livello in Design dei Sistemi presso il Politecnico di Torino, propone come fondamentale ed ineludibile l’assunzione di un approccio progettuale multidisciplinare ed olistico ispirandosi ai processi metabolici presenti in Natura. Quest’ultima è il sistema per eccellenza, in cui i processi di trasformazione della materia avvengono in reti di relazioni basate su «rapporti di mutualità, complementarietà e sussidiarietà tra specie differenti in una continua generazione autopoietica di ottimizzazione»6, attraverso processi osmotici e adattativi non esistono scarti, eccessi ed elementi nocivi ed in tal senso la Natura diventa fonte di ispirazione per il progettista, nel tentativo di valorizzare gli output di ogni 3 Ludwig Von Bertalanffy, Teoria Generale dei Sistemi. Fondamenti, sviluppo, applicazioni, Mondadori, 2004 4 Heitor Gurgulino De Souza (São Lourenço, Minas Gerais, 1 Agosto 1928), è un accademico brasiliano, tra le personalità più importanti dello scenario politico internazionale oltre che rettore dell’Università delle Nazioni Unite. www.archive.unu.edu 5 Acronimo di Zero Emission Research and Initiatives, una rete internazionale di tecnologi ed economisti che intendono sviluppare nuovi processi produttivi in cui gli scarti di un processo possano essere utilizzati come materie prime per un altro, in modo da ridurre drasticamente, se non evitare completamente, la produzione di scarti da eliminare in improduttivo o dannoso per l’ambiente. 6 Luigi Bistagnino, Design Sistemico, Progettare la sostenibilità produttiva e ambientale, Bra, Slow Food Editore, 2009, p. 70
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processo. La progettazione sistemica, quindi, non lavora sul prodotto, bensì sulla complessità in cui esso è inserito, tenendo presenti quelli che sono gli input, i processi di lavorazione e gli output; ciò che conta, quindi, non sono più l’analisi del prodotto e del suo ciclo di vita, bensì una visione più ampia e generale che si fonda su movimenti di materia ed energia. «Questo modello trae ispirazione dai fondamenti della Scienza Generativa basata sul presupposto che, a seguito di una qualunque trasformazione di una risorsa, tutti i sottoprodotti sono studiati per ottenere un valore aggiunto generativo e quindi sono oggetto di attenta valutazione»7. Il Design Sistemico lavora quindi sui processi, sui flussi di materia, sulle relazioni tra le singole parti che costituiscono il sistema stesso, tentando di risolvere quegli intoppi, attraverso operazioni retroattive, che minano la fluidità del processo metabolico. Una tale visione, di natura globale, che comprende l’intero complesso delle relazioni che muovono il sistema, lascia intendere, quindi, quanto sia erroneo e fuorviante focalizzarsi sulle sue singole parti trascurandone i legami e di conseguenza quanto l’attuale modello produttivo risulti ormai obsoleto.
riSorSe eSterne
riSorSe interne
Prodotti locali
coLLEttività sistEma NatuRaLE
delineare e programmare il flusso (throughput) di materia che scorre da un sistema ad un altro in una metabolizzazione continua
coNtEsto tERRitoRiaLE
che diminuisce l’impronta ecologica e genera un notevole flusso economico; •
organizzare ed ottimizzare tutte le parti all’interno di un ecosistema in modo che evolvano coerentemente le une con le altre;
•
accompagnare e gestire, in tutte le fasi di sviluppo del progetto, il dialogo vicendevole tra i vari attori su questo nuovo terreno culturale. Si basa su semplici principi:
7
74
Id., p. 19
ricicloe riSParMio
Le relazioni armoniche tra collettività/società, produzione/sistema economico e ambiente/ contesto territoriale costituiscono la qualità del nostro contesto di vita, ogni predominanza altera il sistema.
modello produttivo sistemico
Il Design Sistemico é la capacità di saper: •
Il modello produttivo lineare attuale, pur avendo attuato azioni di efficienza nel suo processo produttivo e di riciclo e risparmio nei prodotti e negli scarti, genera rifiuti che diventano alla fine del processo un considerevole costo sociale.
iNDustRia riciclo e riSParMio
modello produttivo lineare
tendenza a eMiSSioni zero
preferisce le risorse vicine rispetto a quelle lontane e attiva, tramite gli output di un sistema che diventano input di un altro, una collaborazione virtuosa tra i processi produttivi (agricoli e industriali), il sistema dei regni naturali, il contesto territoriale e la comunità. Si crea una rete relazionale aperta che vitalizza il territorio e lo caratterizza nelle sue precipue qualità.
riSorSe
•
gli output di un sistema diventano input per un altro;
•
le relazioni che si instaurano generano lo stesso sistema aperto (i sistemi chiusi sono quelli lineari attuali);
•
i
sistemi
azione,
si
aperti,
che
si
sostengono
e
sono si
messi
in
riproducono
autonomamentecoevolvendo congiuntamente;
iNDustRia
•
il contesto in cui si opera è fondamentale e prioritario rispetto all‘esterno;
•
l‘uomo, relazionato al suo contesto, è il centro del progetto8.
PRocEsso PRoDuttivo eFFicienza
outPut
Rifiuti
coLLEttività
fiNE vita
Nel sistema produttivo sistemico tutti gli elementi sono connessi sia in entrata che in uscita stabilendo un forte legame in totale sinergia con il territorio e la comunità di appartenenza; in tal modo, i soggetti coinvolti non sono consumatori inconsapevoli bensì attori pienamente consci delle ripercussioni - positive o negative - dei propri comportamenti. Si ha quindi la percezione di un sistema in cui tutte le parti sono relazionate in un rapporto di interdipendenza da non poter esistere le une senza le altre; nel gioco delle parti, quindi, non sussistono rapporti di subalternità o concorrenza bensì di perfetta sintonia e cooperazione. Il metodo sistemico propone un radicale cambio di prospettiva incentrata sulla prossimità delle risorse disponibili sul territorio limitrofo, preferendo quindi le materie prime vicine invece di quelle lontane, nel tentativo di modificare i flussi di materia che nell’attuale 8
Id., p. 22
visione dei sistemi produttivi ad ora in uso basano la l0ro strategia su una complessa macchina logistica con il conseguente dispendio di enormi quantità di energia. Il sistema di produzione lineare infatti non tiene conto della localizzazione delle materie prime, che provenendo da ogni parte del mondo, a scapito di quelle reperibili in loco, scardinano anche quelle che sono le caratteristiche ed i prodotti tradizionali di un territorio, oltre ad influire in maniera consistente sul prezzo del prodotto finito. Le motivazioni di questo approccio “globalizzante” risiedono soprattutto nell’errore di aver incentrato il processo produttivo non tanto sui reali ed effettivi bisogni dell’essere umano, bensì sull’impianto produttivo stesso e i movimenti di capitale da esso generati. In funzione di un cambio di approccio, dal particolare al generale, è necassario «affrancarsi dal focus esclusivo sul prodotto e sul suo solo ciclo di vita, ed estendere l‘attenzione, e quindi la competenza, al complesso delle relazioni generate dal processo produttivo».9 Il designer di sistemi è quindi tenuto a ragionare su tutto il sistema produttivo in cui è inserito il prodotto considerando quelle che sono le risorse che entrano in gioco, sia dal punto di vista delle materie prime che degli scarti considerati rifiuti nella visione attuale. Dialogando con il territorio, pertanto, agli aspetti da tenere in considerazione, oltre a quelli appena citati, 9
Id., p. 19
75
vanno aggiunti quelli antropologici, sociologici, relativi alla cultura materiale e non ultimi quelli economici. E’ infatti indispensabile osservare e constatare anche che il cambiamento apportato dall’approccio sistemico si riflette imprescindibilmente sul modello economico che, attraverso la nuova connessione di input ed output del sistema produttivo, acquisisce un potenziale di enorme valore nella diversa gestione dei rifiuti che rientrano nei processi di trasformazione sotto forma di materia prima con la conseguente creazione di nuove attività che contribuiscono così all’incremento del giro economico relativo al sistema. Anche la figura del progettista a questo punto subisce un notevole cambiamento, le competenze necessarie non sono più di carattere tecnicospecialistico, bensì inglobano rami del sapere di carattere più generale legati non solo ad aspetti tecnologici ma anche di matrice antropologica, sociologica, biologica, fisica, chimica, economica, nella convinzione che solo una figura dalla formazione olistica possa avere maturare il giusto metodo nell’affrontare queste tematiche secondo la visione sistemica, per agire sul processo generale e non solo su risultati parziali. Nell’approccio analitico quindi ogni criticità viene affrontata secondo diversi parametri tra cui convenienza, valore economico, sostenibilità ambientale e, non ultima, relazione con il territorio, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. A questo punto, in maniera più concreta, ciò che diviene materia di progetto sono proprio i flussi di materia ed energia, prestando attenzione alle trasformazioni che avvengono attraverso i processi produttivi. Questa metodologia impone in primis un “rilievo olistico” dello stato attuale10 che permette di avere una chiara visione della situazione attuale, dei flussi di materia ed energia attivi al momento dell’analisi. Il passo successivo 10
76
si veda il Capitolo 4 Situazione Attuale a p. 43
consiste nel definere cosa e quanto entra (input) nel sistema e la sua provenienza, le attività messe in atto, e infine cosa e quanto esce (output), in concomitanza con uno studio del soggetto che comprende per l’appunto l’analisi degli attori coinvolti, il territorio, le condizioni climatiche, le risorse e le tecnologie a disposizione, il rapporto tra la produzione e la commercializzazione dei prodotti. Una volta conclusa l’analisi dello stato dell’arte, è necessario indagarne le criticità sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. In particolare, si dovranno indagare le relazioni causa-effetto relative a: •
qualità delle risorse a disposizione (output) ed usate (input);
•
uso eccessivo di materia ed energia per ogni fase del processo;
•
emissioni di CO2, di inquinanti, di rifiuti e di sfruttamento del suolo;
•
sproporzioni e/o eccessi di costi di produzione, di gestione, di logistica e di smaltimento;
•
sovrapproduzione di beni in relazione alla richiesta;
•
disconnessione tra sistema prodotto e sistema territoriale locale, ovvero dipendenze da capitali,
•
materie, energie e culture extraterritoriali;
•
sottoimpiego e sottovalutazione delle competenze e della forza lavoro locali11
Dal punto di vista pratico è poi necessaria la creazione di uno schema grafico per visualizzare i flussi di materia ed energia, la loro provenienza, le relazioni tra gli attori, la contestualizzazione del sistema; dal punto di vista quantitativo invece è poi possibile tracciare un nuovo schema economico che renda ancora più chiare le dinamiche di relazione tra le risorse, nella misura in cui sfruttando tutte le qualità degli output sul territorio e facendo dialogare tra loro tutte le filiere sia evidente quanto 11 L. Bistagnino, C. Campagnaro et Al. (a cura di), Design Sistemico, modalità attuative di analisi e progetto, Allegato 1 in: Luigi Bistagnino, Design Sistemico, Progettare la sostenibilità produttiva e ambientale, Bra, Slow Food Editore, 2009, p. 287
iNPut
outPut
gli output (scarti) di un sistema diventano input (risorse) per un altro, generando: - incremento del flusso economico - nuove opportunità di lavoro
le relazioni generano il sistema stesso: - tutti gli elementi del sistema sono strategici - le relazioni possono essere interne ed esterne RELazioNi CH2OH H
C
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i sistemi autopoietici si sostengono e si riproducono autonomamente, definendo il proprio campo di azione e coevolvono congiuntamente
auto-gENERazioNE
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uomo aL cENtRo DEL PRogEtto
nel contesto in cui si opera - si valorizzano le risorse locali di uomini, cultura e materia - si risolvono problematiche locali creando nuove opportunità
l’uomo relazionato al proprio contesto ambientale, sociale, culturale ed etico.
illustrazione: Linee guida fondamentali del Design Sistemico (Design, Politecnico di Torino e ZERI). Tratto da: Luigi Bistagnino, Design Sistemico, Progettare la sostenibilità produttiva e ambientale, Bra, Slow Food Editore, 2009, p. 19
esista un reale incremento dal punto dei vista dei guadagni in termini economici, oltre che ambientali. Oltre allo schema dei flussi, al fine di dare valore ai dati quantitativi raccolti, è poi utile tracciare una valutazione economica a sostegno della rappresentazione grafica del sistema. Nonostante sia necessario forzare la convinzione che la misura dello sviluppo di una società non possa basarsi unicamente su parametrici economici, è necessario mettere in relazione gli aspetti qualitativi con quelli quantitativi. La valutazione economica quindi non solo è parte del sistema, ma essa stessa è un sistema nel senso che costituisce una diversa formalizzazione ed organizzazione dei dati raccolti secondo criteri sistemici. La sua utilità risiede nella visualizzazione dei possibili risultati. Gli investimenti vengono calcolati non solo da un punto di vista meramente monetario, ma tenendo in considerazione gli aspetti sociali, antropologici e di relazione con il territorio. In questo senso l’investimento appare duplicato, se si considera non l’oggetto o prodotto come fine ultimo della progettazione, bensì il sistema di valori che mettono l’uomo al centro del progetto. Secondo un approccio globale di tipo sistemico, la logica che considera gli scarti dei processi industriale alla stregua di rifiuti o prodotti scarso valore va sovvertita anche dal punto di vista legislativo. Le sostanze considerate, se rivalutate da problema a risorsa, possono costituire fonte di guadagno se inserite in una rete di nuove attività atte alla loro trasformazione, con la conseguente creazione di nuovi prodotti e posti di lavoro, fortemente in relazione con il territorio. Facendo attenzione a preservare le qualità di tali output, queste potrebbero divenire appetibili acquisendo un valore economico di scambio12, convergendo così verso un obiettivo di carattere più grande, ovvero una cultura produttiva tendente ad emissioni zero. 12
Luigi Bistagnino, op.cit., p. 17
77
6.2 il sistema lana [...] ma cominciando col tè, col caffè, col burro, col latte e col manzo, doveva lavorare sodo per pagarli, e quando aveva lavorato molto doveva mangiare molto un’altra volta per riparare i danni al suo sistema - ed era sempre la stessa cosa, anzi di più, perchè era scontento e sprecava la vita in questo affare; eppure lo aveva considerato un vantaggio venendo in America, quello di potersi procurare tè, caffè e carne tutti i giorni. 1 Una volta tracciato il grafico che consente la visione d’insieme dello stato dell’arte2, va considerato un passaggio intermedio prima di impostare quello che consideriamo lo schema del nuovo sistema. Tale procedura, già precedentemente adottata per designare le criticità del sistema attuale, consiste nel prendere in esame le singole attività avulse dal contesto mettendo in relazione i rispettivi input ed output, sfruttando le qualità e quantità di questi ultimi con l’intento di creare nuove realtà produttive legate al saper fare del territorio. La prima attività che ci preme analizzare è quella relativa al ciclo della lana, inesistente allo stato attuale, che consente una creazione ex novo della filiera. Per prima cosa è stato necessario considerare la disposizione di un centro di raccolta, dove convogliare la lana di tosa e le strutture adibite alla sua lavorazione, che allo stesso tempo fungesse da polo di relazione tra gli attori coinvolti, ossia gli allevatori e la manodopera specializzata. Per tale ragione si è pensato alla costituzione di un Consorzio della Lana delle Madonie che coinvolgesse un campione di 25 allevatori e che servisse anzitutto da distretto per il disbrigo di tutte le attività che concernono la risorsa lana, a partire dal momento della tosa per comprendere tutte le sue lavorazioni. Le risorse in entrata, cioè gli input, sono tutte provenienti 1 Henry David Thoreau, op. cit., p. 215 2 si veda il Capitolo 4: Situazione Attuale a p. 43
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dal territorio, comprese le fonti di energia. Le ingenti quantità d’acqua necessarie al pre-trattamento della lana vengono fornite da un impianto di fitodepurazione, mentre l’energia elettrica è ottenuta da impianto a pannelli solari. Dallo stesso Consorzio viene anche fornita la manodopera specializzata che si occupa poi di recarsi presso gli allevamenti per la tosatura (costo manodopera e vendita della lana al consorzio si annullano reciprocamente per cui è come se le due transazioni avvenissero attraverso una forma evoluta di baratto tra prestazione professionale e risorsa3). Le qualità della lana in entrata vengono poi valutate attentamente, questa operazione risulta essere fondamentali ai fini della preparazione del vello per le successive lavorazioni; ogni tipo di lana infatti fornisce delle qualità ben precise a seconda del tipo di lavorazione e prodotto che si vuole realizzare ed è solo in base alle qualità di lana disponibili che si è in grado di decidere come e cosa produrre e non il contrario. Tra gli output del consorzio, quindi, figureranno semilavorati della risorsa lana - tra cui matasse e gomitoli - e prodotti finiti - manufatti quali tessili per arredamento realizzati a telaio oppure capi spalla. Quest’insieme di prodotti è volutamente legato alla cultura materiale specifica del luogo, ma allo stesso tempo si aggiunge a quell’insieme di output che altrimenti risulterebbero scarti, quali la lanolina estratta dal vello e l’insieme di detriti terrosi e sostanze vegetali destinati alla pacciamatura, mettendo così in relazione l’attività del consorzio a quelle di agricoltura o giardinaggio. Le lavorazioni vengono effettuate secondo la stagionalità fin ora perpetrata, alla tosatura in giugno segue quindi il lavaggio esclusivamente nella stagione calda per poter sfruttare il calore del sole durante l’asciugatura, le successive lavorazioni riprendono a fine 3 «Anticamente lo scambio avveniva sotto forma di baratto o permuta, cioè merce contro merce. Poi ad ovviare ai vari inconvenienti di tale sistemafu introdotta una merce intermediaria chiamata moneta. Alla merce intermediaria furono successivamente sostituiti la moneta metallica, poi quella cartacea, ed infine, largamente, il credito. nota in: Cesare Vaona, Contabilità agraria, Torino, Paravia, 1955, p.3
approccio sistemico lana
CHIAR AES OFF ICE
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conSorzio Pelli
81
estate o inizio autunno per provvedere al fabbisogno di prodotti in lana per la stagione invernale. L’attività del caseificio viene rimodulata attraverso l’utlizzo di risorse rinnovabili provenienti unicamente dal territorio delle Madonie, soprattutto dal punto di vista energetico. Per quel che riguarda le materie in uscita invece, i prodotti caseari sono stati distribuiti riservando i formaggi freschi o a breve deperibilità ad uso esclusivamente locale, così da eliminare la filiera del freddo e riservare invece solo una minima parte dei formaggi stagionati alla grande distribuzione e/o all’esportazione. La gestione dei reflui invece avviene attraverso un impianto di fitodepurazione per quanto riguarda le acque grigie, mentre lo smaltimento del siero esausto, precedentemente trattato come rifiuto speciale a fronte di un pagamento mensile verso società specializzate, viene adesso convogliato verso l’allevamento come supplemento all’alimentazione dei bovini. Il caso del macello prevede invece uno stravolgimento di tipo più audace: gli impianti tradizionali (due per l’intero territorio delle Madonie, uno a Castellana Sicula, l’altro a Gangi) vengono soppressi in favore dei Macelli Mobili che in questo modo riducono estremamente lo stress dell’animale subito in fase di trasporto verso la macellazione. Nella gestione dei reflui e degli output più in generale, per di più, questa scelta consente un reimpiego più efficiente: le pelli e la lana concia, infatti, vengono inviate al Consorzio Pelli direttamente dagli allevatori; il sangue viene processato all’interno dell’allevamento stesso come concime o fertilizzante, grazie all’elevato contenuto di azoto, costituendo così un’ulteriore fonte di guadagno. Gli scarti organici, come interiora e carcasse, invece, vengono destinati all’allevamento di larve, fonte di approvviggionamento per le quaglie da implementare tra le bestie allevate per la vendita di carne e uova; allo stato attuale, questi animali sono già presenti all’interno della 82
dieta madonita. Le acque nere e le carcasse, insieme a quegli output di carattere organico, ritenuti pericolosi o che necessiterebbero di essere smaltiti attraverso speciali procedure, vengono convogliati verso il biodigestore che attraverso queste risorse provenienti dai 25 allevamenti del Consorzio riesce a produrre circa l’80% del fabbisogno energetico. Per quel che riguarda lo smistamento dei prodotti della macellazione, la carne ovina, bovina e di quaglia viene inviata alle macellerie locali, riservando solo il 30% della produzione alla distribuzione esterna al territorio. Nel confronto tra il grafico del sistema lineare4 e la visualizzazione sistemica, quel che emerge è che, oltre ad aver raggiunto un’indipendenza non indifferente dal punto di vista energetico e una totale tracciabilità della filiera per ogni attività sul territorio, aumentano esponenzialmente le connessioni tra le attività principali, ponendo così le condizioni per lo sviluppo di nuovi ambiti produttivi. La differenza tra i due scenari risiede nella presa di posizione a monte. Scegliendo come «focus» principale i valori connessi o al prodotto o all’uomo, cambiano di conseguenza le strategie per la valorizzazione delle variabili messe in gioco, nonchè la loro importanza e comparsa nell’ordine delle priorità all’interno di un ciclo produttivo.5
Da un punto di vista più generale, possiamo dire che ri-progettare il sistema della lana consente una modifica ben più ampia, quindi, che coinvolge l’intero sistema degli allevamenti sulle Mad0nie. Inserito in una rete in cui tutte le attività sono connesse, ogni ambito della produzione influenza gli altri e ne viene a sua volta influenzato, in un rapporto di mutua interdipendenza in cui anche solo una variazione 4 Si veda il Capitolo 4: Situazione Attuale a p. 43 5 Luigi Bistagnino, Design per un nuovo umanesimo, in: Claudio Germak, (a cura di), Uomo al centro del progetto. Design per un nuovo umanesimo, Allemandi & C., Torino, 2008, p. 17
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85
minima della produzione produce un incremento o una diminuzione delle altre variabili, come in un’equazione matematica in cui il valore di tutti gli elementi concorre alla soluzione dell’equazione stessa. Una visione di questo tipo permette di apprezzare un livello di complessità sicuramente ulteriore, attraverso cui cambia completamente la visione progettuale e conseguentemente il risultato che finisce per contaminare - in un rapporto di causa ed effetto - altri ambiti dell’esistenza umana. Le ricadute del Sistema della Lana, infatti, sono percepibili non solo nei termini della sostenibilità ambientale, ma anche e soprattutto a livello antropologico e sociale, insistendo così sulla centralità dell’essere umano. Il territorio delle Madonie, fortemente ancorato ad una tradizione agreste e bucolica, ha in sè tutte le potenzialità per consentire realmente un approccio progettuale di questo tipo; consapevolmente affermiamo, infatti, che un approccio sistemico al problema dello smaltimento/riuso della lana andrebbe unicamente a colmare quello che oggi rischia di essere un “vuoto di senso” di quei luoghi che nega l’impiego di quel saper-fare che fino a qualche decennio fa li caratterizzava, rendendoli parte di un distretto produttivo modesto ma in sè completo. La creazione di un Consorzio, quindi, non solo sancisce in maniera istituzionale quei modelli di collaborazione informale, propri della spontaneità di molti luoghi lontani dalle città, ma allo stesso tempo decreta la qualità manifatturiera insita in quel preciso territorio. La scelta di un’attività consortile, infatti, viene dettata anche da forti esigenze conservative, dal punto di vista della tradizione diventa pressante la preoccupazione di garantire una continuità di quel sapere tessile che solo pochi ancora sul territorio sono in grado di tramandarci e che ha continuato a vedere la luce fino ad ora solo perchè finalizzato alla produzione di quei manufatti del corredo domestico madonita. Ma l’ambito tessile, che rappresenta il punto di partenza da cui muove 86
la nostra ricerca, è solo un frammento del più ampio sistema in cui s’inserisce. Se guardiamo ancora una volta alle due situazioni6, attuale e sistemica, in una ulteriore schematizzazione che ne vede rappresentato il modello produttivo, è facile rendersi conto di come il modello sistemico non prevede un vero e proprio punto di arrivo. Nello schema ad albero risulta assai evidente in che modo quelli che nel sistema attuale, rappresentando scarti di produzione o rifiuti, impongono il termine della filiera, nello schema sistemico sono risorse di pari valore che per di più lasciano intuire come la gestione della filiera possa avere un andamento a cascata, in cui si potrebbe continuare ad entrare nel dettaglio ad libitum. Tra i due schemi esiste una profonda differenza, se nel primo infatti si arriva ad un vicolo cieco della produzione, che coincide con la fogna e la discarica, nel secondo invece le ramificazioni si moltiplicano, implementando non solo il numero dei prodotti e delle attività ma anche quello dei posti di lavoro ed aumentando consistentemente la qualità di vita dei luoghi.
6 si veda lo schema Modello Produttivo, pp.84-85
Con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.1
La creazione di un Consorzio della Lane delle Madonie è stata scelta in quanto istituzionalizzazione di una forma di cooperazione tra un campione di 25 imprenditori, con allevamenti della stessa consistenza circa, sul territorio delle Madonie. L’attività del Consorzio consiste non solo nella mediazione delle relazioni tra gli adempienti, ma anche nella gestione di una vera e propria struttura in cui si svolgono le attività relative alle lavorazioni della risorsa lana. Ciò che manca, allo stato attuale, è anzitutto una rete di comunicazione tra gli attori che si trovano a dover far fronte al medesimo problema: smaltimento o riuso. Ci è parso che la soluzione più plausibile fosse quella di agire sia dal punto di vista comunicativo, che da quello identitario, ma anche da quello produttivo; il Consorzio, infatti, si pone come polo di aggregazione in primis, e come centro di produzione in secundis. L’adesione infatti prevede che si concorra alla creazione di un vero e proprio distretto manifatturiero in cui convogliare le ingenti quantità di materia prima - orientativamente 1.250 Kg annui per un allevamento di 225 ovini, 31.250 Kg circa per i 25 allevamenti del Consorzio - partecipando così all’acquisto dei macchinari necessari alla produzione, frazionando l’importo della spesa, e al contempo ricevendone i proventi. Per tali motivi si può quindi dire che il Consorzio si configura con attività interna2 nella misura in cui le sue attività sono volte unicamente alla gestione dei rapporti tra gli allevatori, alla divisione 1 Art. 2602, Codice civile, Gazzetta Ufficiale Repubblica Italiana 4 aprile 1942, n. 79 2 Massimiliano Fontanella, Consorzio tra imprese, normativa e contratto, URL= http://www.unioneconsulenti.it/article.php?sid=1560
delle spese e alla ripartizione dei sorzio lan e on proventi. All’interno del Consorzio poi, si sviluppa la filiera lavorativa della lana: le attività di lavaggio, cardatura, filatura, tintura e de ie tessitura avvengono all’interno lle madon dei locali adibiti ad ospitarne la sede. E’ previsto che spese e guadagni siano equamente ripartiti tra tutti coloro che decidono di aderire al Consorzio attraverso la stipula di un contratto della durata minima di 10 anni. Per le attività lavorative all’interno del Consorzio, è prevista la presenza di 5 addetti alle fasi produttive, il cui requisito fondamentale è la conoscenza delle tecniche tradizionali per garantirne la loro tutela; il corretto dimensionamento del distretto produttivo, poi, consente la creazione di nuovi posti di lavoro, ma al tempo stesso di garantisce il controllo di tutte le fasi del processo produttivo. Riassumendo, gli obiettivi del Consorzio sono: c
6.3 consorzio lane delle madonie
•
raccolta e smistamento della lana in maniera collettiva
•
creazione di manufatti tradizionali in relazione al territorio
•
tutela delle tradizioni locali attraverso l’istituzione
In aggiunta, la condivisione di oneri e proventi concorre alla consolidamento di un sentimento di identitarietà e collettività sfruttando il pretesto di risolvere un problema comune, quello dello smaltimento, ma al contempo alla creazione di manufatti caratteristici della tradizione madonita, in quanto indicatori di aspetti sociologici, antropologici, tecnici e culturali, che altrimenti rischierebbero di rimanere impressi unicamente nella memoria 87
valutazione economica
approccio lineare
allevamento
asset / patrimonio
veicoli
stalla
ovini
bovini
caseificio
75.000 €
133.166 €
33.200 €
29.000 €
65.750 €
revenue / profitti 18.589 €
2.080 € pecora
12.520 €
2.880 €
agnello
formaggio fresco
latte ovino
65.754 €
3.240 €
84.000 € vitello
24.500 €
latte bovino
formaggio stagionato
mucca
costs / costi
energia
4.628 €
luce e gas
spese mediche
2.141 € 88
acqua
17.000 €
oneri figurativi
10.480 € costo macello
4 addetti
750 € tosatura ovini
5.692 €
80.000 € fieno
per ovini e bovini
allevamento
approccio sistemico
asset / patrimonio
veicoli
75.000 €
stalla
133.166 €
valutazione economica
nuovi investimenti
ovini
bovini
33.200 €
29.000 €
caseificio
65.750 €
quaglie
360 €
revenue / profitti
biodigestore
impianto fito depurazione
investimento consortile
investimento consortile
6.000 €
avvio consorzio
1.800 €
1.615 €
investimento consortile
nuovi prodotti
18.589 € 12.520 €
2.880 €
agnello
2.080 € pecora
formaggio fresco
latte ovino
84.000 €
3.240 €
24.500 €
latte bovino
82,50 €
1.932 €
uova di quaglia
formaggio stagionato
mucca
8.059 € 6.205 €
tessuti
875 €
filati
20.448 €
cuoio
3.075 € lanolina
sangue
spese consortili 25 allevamenti
2.100 € gas
spese mediche
0€ acqua
da ovini
da bovini
costs / costi
energia
2.107 €
pelle
65.754 €
vitello
carne di quaglia
17.000 €
oneri figurativi
9.480 € costo macello
120.000 € 6 addetti
13 €
3.880 € fieno
per ovini
spese legali
0€ tosatura ovini
4.000 € oneri figurativi
5
addetti 89
o, peggio ancora, di andare perduti. La valutazione economica inerente le attività produttive è stata effettuata basandoci su dati raccolti da alcuni allevamenti delle Madonie considerando aziende a conduzione familiare. E’ stato scelto un allevamento campione che comprendesse razze ovine e bovine, per via della frequenza di questa tipologia, la cui consistenza fosse di 250 capi per le prime e di 50 per le seconde. Con l’intento di fornire una chiara visione delle differenze tra l’approccio lineare e quello sistemico, il confronto dei due bilanci avvalora la visualizzazione grafica degli schemi precedentemente presi in esame. La valutazione economica, che prende in considerazione gli aspetti legati ad investimenti, costi e profitti, permette di ragionare in termini quantitativi, oltre che qualitativi, sull’effettiva validità dell’approccio sistemico. Il bilancio dell’allevamento, nel sistema lineare, mostra, sul piano degli asset, gli investimenti relativi alla struttura dell’allevamento ed esclusivamente a tutto ciò che consente l’avvio dell’attività. Il piano economico sistemico invece, sia a partire dal piano degli investimenti, mostra una complessità maggiore, considerando sia le spese individuali che quelle a livello consortile. Il fronte dei profitti è certamente quello che muove le differenze, certamente per via dei risultati numerici ma anche considerando il numero degli elementi in gioco; se si pensa ai prodotti in senso convenzionale, infatti, è possibile notare un incremento sostanziale dal punto di vista delle risorse che sono fonte di guadagni. Nella 90
tabella degli output, quindi, è possibile individuare la lista dei «nuovi prodotti» e delle «nuove attività» che si vanno ad aggiungere agli elementi presenti nel bilancio del sistema lineare. Per quanto riguarda invece i costi, si assiste alla singolare sparizione di alcune voci assai determinanti. le spese energetiche vengono dimezzate, i costi relativi alla tosatura della lana spariscono, le spese di acqua e fieno o spariscono o subiscono un consistente decremento. Se è possibile percepire un aumento, tra le spese, ci si sta riferendo agli oneri figurativi, variazione che ci permette di astrarci su un altro piano del discorso. La presenza di una spesa in tal senso, infatti, può rappresentare soltanto un movimento di capitale positivo poichè indice della creazione di nuovi posti di lavoro, la cui retribuzione avviene grazie ad un solido sistema di nuove attività. Da qui è possibile iniziare a tracciare quelle che sono le plausibili «leve per il cambiamento», a partire dalle nuove opportunità lavorative, infatti, si riesce ad elencare ulteriori fattori positivi che motivano il cambiamento, tra cui l’indipendenza energetica dovuta all’approvviggionamento su scala territoriale, il recupero di lavorazioni tradizionali con tutte le implicazioni socio-antropologiche e culturali che questo comporta, la produzione di manufatti fortemente connessi al territorio, sia dal punto di vista delle materie prime, che dal punto di vista del saperfare, con il conseguente consolidamento di quella identità territoriale che tanto ci sta a cuore.
approccio lineare leve per il cambiamento
nuovi posti di lavoro
indipendenza energetica
recupero di lavorazioni tradizionali
nuovi prodotti fortemente in relazione col territorio
approccio sistemico carni
agnello 153 capi 1.989 Kg annui
pecora 8 capi 520 Kg
formaggio fresco 3.234 KG
formaggio stagionato 7.546 KG
nuove attività
nuovi prodotti
prodotti caseari
carne di quaglia 100 capi 15 Kg
uova di quaglia 27.000 unità
tessuti 958 Mt
filati 63.900 unità
mucca 5 capi 3.500 Kg
consorzio lana
allevamento larve
vitello 20 capi 7.000 Kg
depurazione delle acque
latte ovino 9.600 LT
sangue 886 Lt
latte bovino 18.000 LT
lanolina 5.125 Kg
pelle 161 capi allevamento quaglie
cuoio 25 capi
produzione biogas
91
risultati economici
approccio lineare - allevamento misto (250 ovini - 50 bovini)
dal 1° al 5° anno
dal 6° al 10° anno
dall’ 11° anno in poi
revenue
213.563 €
213.563 €
213.563 €
cost
141.153 €
141.153 €
141.153 €
ammortamenti
47.331 €
19.891 €
10.083 €
ebt
25.079 €
52.519 €
62.327 €
5.266 €
11.028 €
13.088 €
19.813 €
41.491 €
49.239 €
1.650 €
3.450 €
4.103 €
tasse
incasso netto eur/mese
ebt medio lineare 4 - 750 € 92
46.641 € posti di lavoro per spese di tosatura
approccio sistemico - allevamento misto (250 ovini - 50 bovini)
risultati economici
dal 1° al 5° anno
dal 6° al 10° anno
dall’ 11° anno in poi
revenue
256.848 €
256.848 €
256.848 €
cost
167.769 €
167.769 €
167.769 €
ammortamenti
48.362 €
20.767 €
10.369 €
ebt
40.717 €
68.312 €
78.710 €
8.550 €
14.345 €
16.529 €
32.167 €
53.967 €
62.181 €
2.680 €
4.497 €
5.181 €
tasse
incasso netto eur/mese
ebt medio sistemico 7 1.250 Kg
62.579 € nuovi posti di lavoro all’anno di lana recuperata
+ 27 % di guadagno mensile 93
conclusioni [...] e finche non siamo completamente persi, o non giriamo in tondo - perchè basta che un uomo sia fatto girare in tondo una volta, con gli occhi chiusi, per perdersi in questo mondo - non appreziamo la vastità e l’estraneità della Natura. Ciascuno deve imparare di nuovo i punti cardinali ogni volta che si sveglia, dal sonno come da qualunque astrazione. Finchè non ci perdiamo, in altre parole, finchè non abbiamo perso il mondo, non cominciamo a trovare noi stessi, e ci rendiamo conto di dove siamo e dell’infinita estensione delle nostre relazioni.1 Alla fine di questo percorso risulta doveroso tirare le somme. Il territorio delle Madonie, dopo un’analisi attenta, sembra potersi prestare ad una inversione di tendenza come quella suggerita dalla prospettiva sistemica. In questo caso specifico, infatti, se pur è un cambiamento assai radicale quello proposto, soprattutto nella misura in cui è il paradigma ad essere stravolto, ci si rende presto conto che l’innovazione risulta necessaria se si vuole cautelare quel patrimonio immateriale che le tradizioni e la cultura di un luogo rappresentano. Rimane pur vero, però, che in un territorio come quello siciliano e soprattutto nel suo entroterra, la refrattarietà al cambiamento può rappresentare un ostacolo - ed un controsenso al tempo stesso all’ostinato tentativo di salvaguardare tradizioni e abitudini. In questi luoghi, il progresso si insinua lentamente e con notevole ritardo rispetto ad altre zone della Sicilia stessa, incontrando la diffidenza della popolazione e spesso anche il suo scetticismo. E’ proprio per questa ragione che l’aspetto economico e la presenza di dati alla mano hanno un potere contrattuale maggiore se sottoposti agli abitanti piuttosto che alle istituzioni, nella misura in cui sono i primi a mostrare reticenze più 1 Henry David Thoreau, op. cit., p. 185
forti rispetto a cambiamenti di tale entità. Tale diffidenza verso l’innovazione, l’ignoto e lo straniero, fa parte di quell’habitus culturale che rende questi luoghi isolati in sè stessi dal punto di vista umano ancor prima che da quello geomorfologico. In molti casi, solo attraverso relazioni di prossimità fisica o familiare si può ottenere quella fiducia necessaria alla comprensione di realtà altre o, ancora, quello stato mentale di pre-disposizione all’ascolto. Proprio per via dello spopolamento di questi luoghi, spesso ci si trova a dialogare con chi crede invece di non aver bisogno di un’inversione di tendenza del proprio modus vivendi, ma allo stesso tempo si incontra una arrendevolezza a quell’azione del tempo che modifica le priorità del quotidiano e che spesso apre la strada all’abbandono delle tradizioni, destinate così a diventare ricordo. Vista da lontano, la Sicilia è una terra di memorie e di sedimentazioni emotive, storiche e culturali, forse così sospettosa per via delle molte dominazioni, ma al tempo stesso ospitale per naturale conformazione. Un’inversione di tendenza, come quella sistemica, implica prima di tutto un cambiamento profondo nella mentalità della popolazione, una disponibilità al mutamento, possibile solo nella misura in cui vengano ri-definite le priorità, possibile solamente se l’uomo è al centro del progetto2.
2 Claudio Germak, (a cura di), Uomo al centro del progetto. Design per un nuovo umanesimo, Allemandi & C., Torino, 2008
95
96
bibliografia
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Un sentito ringraziamento va alla mia famiglia: parenti più o meno prossimi, indispensabilmente padre e fratello con animali annessi. Alla famiglia Calderaro per intero, alla famiglia Rabbeni e al suo preziosissimo gregge. A Luca Checchini e ai fratelli Garofalo, alla signora Zappulla e alla signora Sucato, per il sostegno fisico, emotivo e psicologico. A Giulio Carra per l’incostante e frizzante confronto telefonico. A Mario e a Petralia, per avere contribuito alla formazione del mio immaginario e a Luigi Bistagnino per averlo saputo indirizzare, spesso a mia insaputa. A quell’estensione torinese della mia famiglia: ai fratelli Cortivo, Valentini e Francesca, Giulio Molina Mantello, Carmen Riccato, ChriChri, Martina Cerruti, Morgana Tartaglia e la lettera Qu.
Ad Alitalia, Ryanair, Trenitalia e Poste Italiane, che più di tutti hanno contribuito alla stesura di questa tesi. A tutti quelli che se ne vanno e non sanno se ritornare. Viva Palermo e Santa Rosalia.
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