NOME SOCIE TÀ
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Gennaio 2012
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L’Editoriale Dico? Mah, dica.
SOMMARIO COPERTINA DI FEDERICO REGONESI
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EDITORIALE + FABER
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3 ssurdo. Dice? Mah, dico. Assurdo cosa? Assurdo tutto: assurdo lei, assurdo io, assurda G8—III PARTE 4 la gente, quella che aspetta, quella che fugge, quella che non gliene frega niente. Bien- PUNTI DI VISTA: MANOVRA MONTI venue. Dice? Mah, dico. Bienvenue a chi? Bienvenue a tutti: a lei, a me, alla gente, PUNTI DI VISTA: MANOVRA MONTI 5 quella che ha aspettato, quella che è fuggita, quella che non gliene fregava niente. COGESTIONE: PAROLA AI PROF. 6 Andiamo. Dice? Mah, dico. Andiamo da chi? Andiamo da tutti: andiamo da lei, da me, dalla gente, 7 quella che ci aspetterà, quella che ci fuggirà, quella che non gliene fregherà niente. RESOCONTO CdI 8 Originale. Dice? Mah, dico. Originale cosa? Originale tutto: (lei, io, la gente, quella di prima) origi- RECYCLING + ORCHESTRA nale un’idea, una capigliatura, l’asfalto che s’accoppia con la natura. LA FOTO DEL MESE 9 In Italia. Dice? Mah, dico. In Italia dove? In Italia dappertutto: dove è lei, dove son io, dov’è la RUBRICA CINEMA 10 gente, quella che ti aspetta, quella che mi fugge, quella che non gliene frega, in Italia, dell’Italia, 11 niente; dove si evade il fisco, dove c’è la Tobin Tax, dove non c’è Don Verzè, dove non più scrive RUBRICA CINEMA 12 Bocca, dove le case davanti al Colosseo sono (quasi) regalate, dove c’è bisogno di una nuova legge RUBRICA CINEMA elettorale. RUBRICA CINEMA 13 Lascio. Dice? No, prendo. Dice? Mah, dico. Prende cosa? Prendo tutto: (lei, io, la gente, quella LA BIBLIOBUSSOLA 14 tutta) prendo una pausa, prendo un gatto, prendo una sveglia, prendo un volo, parto, me ne vaBACK PACK: APPUNTI DI VIAGGIO 15 do, prendo una decisione, prendo una posizione, prendo un’opinione e con la fionda la scaglio, lontano, se può servire, spero, prendo le mie soddisfazioni, mi riprendo le mie opinioni. PILATO E DEMOCRAZIA 16 Dico. Dice? Mah, dico. Dice cosa? Dico tutto: di lei, di me, della gente, di tutta quella gente che COM. SANT’EGIDIO + CONCORSO 17 continua a non fregargliene niente; dico sì, dico no, dico però, dico che mi piace dire, dico che RUBRICA MUSICA + TEATRO 18 faccio, dico com’è, ti dico quand’è, dico che i Dico han diritti per sé, che mi piace il tè, che prendo LA BACHECA 19 un caffè, dico che dico ciò che dico e non so il perché. Educazione. (dice?dico.non dico.lo faccio?). Un’educazione? Ora il discorso è sì strano. Perché LA REDAZIONE 20 educazione? Le strade sono vuote, il mercato ha bisogno di guadagno. Gli studenti si chiedono perché il governo non investa su di loro. Troppo deboli, troppo giovani, troppo brillanti per alimentarne il pensiero, troppo in bilico, troppo futuro, troppo di troppo. Troppo e basta: fatevi i “cazzi” vostri. In Italia. Dice? Mah, dico, ovvero ripeto. In Italia o ovunque? Ovunque, ma soprattutto in Italia. (Per lei, per me, per tutta la gente che c’è). Editoriale. Dice? Mah, dico. Editoriale per chi? Editoriale per tutti: per lei, per me, per la gente, quella che lo aspetterà nel prossimo numero, quella che l’ha fuggito sin dal primo, quella che non gliene frega, non gliene è mai fregato e non gliene fregherà mai niente. Giustamente. - Suggerimento esterno: non pubblicare l’editoriale. Obbligo morale del giornalista: l’editoriale è indispensabile. Pensiero del lato non giornalistico del giornalista: ma chi m’o fa fa’?L’ho fatto. Risolto. Tutto tranquillo. Po’ anna’?... “mah, veramente”… po’ anna’, po’ anna’, fidate.
P.S. Se deve cambia’, ‘na vorta tanto. E ‘n romanesco perché me piace. Rende l’idea.
Buona lettura attiva! Chiara Compagnoni
L’Oblò Sul Cortile presenta: speciale Fabrizio De André
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a musica, il pensiero e la vita di De André saranno il tema centrale di una straordinaria rubrica XL, in uscita sul numero di febbraio dell’Oblò sul Cortile. Ci ha terribilmente affascinati la sua personalità varia, imprevedibile e sfuggente, libera da qualsiasi stereotipo o categoria: ci sembrava interessante poter leggere l’opinione carducciana riguardo a De André e ai temi ricorrenti nella sua arte. Puoi scriverci di De André e Bob Dylan, Brassens, Luigi Tenco; oppure del suo rapporto con il potere, la religione, la contestazione, l’amore, la sua città… Puoi analizzare una sua canzone, un suo album, fare un confronto con l’Antologia di Spoon River, spie-
garci il suo racconto di sé nei libri “l’Amico Fragile” e “Una Goccia di Splendore”.O se preferisci disegnaci qualcosa, contribuendo al nostro tentativo di “intrattenimento intelligente”.Comunicaci prima la tematica, il numero di caratteri del tuo articolo (3000 o 6000 spazi inclusi) e poi invialo a faber.carducci@yahoo.it entro Venerdì 17 Febbraio 2012. Per qualsiasi informazione contatta Jacopo Malatesta (3C) o Eleonora Sacco (4F). Aspettiamo tuoi commenti! N.B. in caso di sovrannumero verranno pubblicati gli articoli ritenuti migliori dall’insindacabile giudizio di tutti i redattori.
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G8 di Genova, 2001 -III parte, l’incubo della scuola Diazdi Martina Brandi
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opo gli scontri del 20 Luglio, i fermati tra i manifestanti vengono trasportati nei principali centri di raccolta e immatricolazione di Forte San Giuliano e Bolzaneto, da dove avrebbero dovuto essere spostati nei carceri fuori Genova di Pavia, Voghera, Vercelli e Alessandria. Le operazioni, però, vanno a rilento, le caserme si ingorgano e alcuni tra i fermati saranno rilasciati solo dopo 35 ore. Le condizioni di detenzione non sono semplicemente disagevoli, ma addirittura, per alcuni, le ore di detenzione trascorse nel centro di Bolzaneto rimarranno nella memoria come qualcosa di indegno ed indicibile; per i trattamenti subiti alcuni manifestanti esporranno una denuncia in tribunale. Una giovane studentessa, Arianna Subri, ricorda così i momenti terribili trascorsi tra quelle mura:“[…] a quel punto un altro agente mi ha preso dal braccio e mi ha lanciato proprio verso un cordone di poliziotti e li hanno cominciato a picchiarmi, finchè non mi hanno buttato in terra, uno mi è saltato sulla schiena, mi ha bloccato alla schiena con il ginocchio, e ha cominciato a dirmi ‘Cosa ci fai qui ragazzina? Lo vedi che non lo sai che cos’è la globalizzazione?!’ e intanto un altro mi schiacciava la mano con lo scarpone e dietro questi altri poliziotti che dicevano ‘Puttana comunista! Troia comunista!’ e continuavano a insultarmi […] e io ero scioccata da quello che mi era successo, insomma non ci potevo credere che mi stavano arrestando […] gli ho detto ‘Ma io non ho fatto niente, ero dentro un bar, in un bagno’ e quando uno di questi agenti, che era un capo, ha sentito che io dicevo che ero in un bagno ha detto ‘Eri in un bagno a fare pompini’ e dietro un altro ha detto ‘E dopo ce li fai vedere’. Io a quel punto ho capito che non avevo nessuna possibilità di spiegare quali erano le mie motivazioni, capivo che era una situazione abbastanza irreale. A Bolzaneto, poi, […] mi hanno portato dove c’era la cella delle donne e poi sostavano sempre sul cancelletto che dava sul corridoio ed era una minaccia continua, si è ripetuta per ore: […] le minacce erano soprattutto di tipo sessuale ‘Tanto entro stasera vi scoperemo tutte’, venivano e ci sceglievano, soprattutto i ragazzi più giovani che sembravano addirittura del servizio di leva. […] A un certo punto, quando eravamo abbastanza, ci hanno ordinato di metterci in fila e ci hanno ordinato di alzare il braccio destro a fare un saluto romano, praticamente, ci han fatto camminare lungo il corridoio così, come proprio dei burattini, e ci dicevano ‘A guarda come sono belli, adesso, questi sporchi comunisti! Guarda come va meglio adesso!’ A me sembrava proprio di essere in un incubo.”. Intanto, mentre all’interno di Palazzo Ducale procede regolarmente l’assemblea dei grandi della terra, il Genoa Social Forum (GSF) si riunisce con tutti i rappresentati per decidere se tenere lo stesso l’altro grande corteo previsto per l’indomani, quello internazionale, nonostante i violenti scontri di quel giorno. Sostiene Vittorio Agnoletto, portavoce del GSF: “ Sapevamo che da tutta Italia erano partite altre centinaia di migliaia di persone. L’irresponsabilità per un gruppo dirigente sarebbe stata quella di permettere che 300.000 persone fossero arrivate a Genova avendo cancellato il corteo. A quel punto, il giorno dopo, più nessuno avrebbe diretto la situazione. Vi sarebbero state centinaia di micro cortei, di micro iniziative sparse, senza nessuna direzione, col rischio di enormi violenze. Ci siamo assunti la responsabilità […] anche perché il corteo era l’unico
modo per dimostrare che c’era ancora la costituzione e che il diritto a manifestare non poteva essere impedito” il corteo del giorno dopo, dunque, si farà e sarà pacifico. Sono 300.000, difatti, le persone che il mattino seguente si riuniscono in Piazza Sturla per prendere parte al corteo autorizzato; hanno come destinazione Piazza Galileo Ferrari, dove si terrà il comizio finale del GSF. All’improvviso, però, succede di nuovo: davanti al corteo compaiono gruppi di Black Block, a cui si aggiungono teppisti e provocatori armati e dal viso coperto. Non sempre i manifestanti riescono a respingerli: veloci e determinati come sempre distruggono tutto provocando la reazione delle Forze dell’Ordine. La Polizia, allora, di nuovo carica il corteo, nel tentativo di fermare i Black Block già dileguatisi tra i manifestanti. Di nuovo vengono sparati gas lacrimogeni dagli elicotteri che sorvolano i manifestanti e sfoderati i tonfa, quei manganelli “in grado di spezzare le ossa di un bue”. Mentre la testa del corteo riesce a proseguire per la sua destinazione, le restanti quasi 200.000 persone, rinchiuse tra un imponente bastione a destra e il mare a sinistra, rimangano imbottigliate tra le cariche della polizia. Si crea una caotica ressa dove c’è il rischio di rimanere schiacciati e si ripete esattamente allo stesso modo quanto era successo il giorno prima: pestaggi, inseguimento di manifestanti isolati, scene tragiche e surreali e tantissimo sangue. Le perone riescono a disperdersi fuggendo verso l’autostrada e la stazione d egli autobus. I fermati finiscono a Bolzaneto o a Forte San Giuliano. Con la sera sembra essere finito tutto, molti manifestanti sono tornati a casa. 140 sono solo i feriti registrati, ma è ancora una cifra provvisoria perché quella notte, quando tutto sembra ormai essersi calmato, ci sarà una sorpresa. La scuola Diaz si trova in Via Battisti, una stradina corta e stretta. Nella palestra della scuola è stato allestito un dormitorio per i manifestanti. Di fronte, nella scuola m edia Pascoli, ci sono gli uffici del GSF e gli sudi di Radio Gap e di Radio Popolare Network. All’improvviso, verso mezza notte, 150 uomini della DIGOS e delle Forze dell’Ordine fanno irruzione in Via Battisti. La prima persona che incontrano ancora in strada è un giornalista inglese, Mark Covell, che finirà in coma all’ospedale con otto costole rotte, una mano fratturata e un polmone perforato. Gli agenti sfondano con un blindato i cancelli della Diaz e riversandosi all’interno della scuola iniziano a picchiare e a calciare alla cieca i presenti. Irrompono poi nell’edificio di fronte, facendo irruzione negli studi delle radio che trasmettono tutto in diretta. Gli agenti sequestrano rullini e macchine fotografiche e sfondano i computer. “In quel momento tu vivi la sensazione della paura, perché non sai soprattutto quello che ti per accadere, non hai elementi per capire. In quel momento nessuno poteva
venirti a salvare: la Polizia era già lì! Era la Polizia che stava facendo tutto questo. Sono saltati tutti i punti di riferimento e la paura in quei momenti prende il sopravvento. Capisci che le garanzie che credi di avere nel tuo paese, un paese democratico, e le istituzioni in cui puoi avere fiducia sono cose che possono sparire da un momento all’altro. […] c’è chi ha pensato ad un colpo di stato” questa la testimonianza del giornalista Lorenzo Guadagnucci, che ha vissuto come in un incubo l’assalto alla scuola Diaz. Fra mezza notte e le due arrivano i Via Battisti 38 ambulanze, una processione impressionante di ragazzi coperti di sangue. Quando la Polizia si ritira, i giornalisti possono entrare subito nella scuola e vedere quanto è accaduto: le facce erano esterrefatte, c’erano pozzanghere di sangue e ciocche di capelli impastate nei termosifone. Ma perché lì a quell’ora? La Polizia sosterrà di aver saputo che quello era un covo di Black Block dove erano nascoste anche delle armi. Il giorno dopo, con una conferenza stampa, vengono mostrati gli oggetti sequestrati durante la perquisizione: bastoni, mazza, picconi, una dozzina di coltellini svizzeri ma, soprattutto, due bottiglie molotov trovate, dice il verbale della Polizia, all’ingresso, visibili a tutti e quindi tutti sapevano che c’erano. Dei 93 fermati della scuola Diaz (di cui 87 ferito), 28 sono ancora in ospedale; tutti sono accusati di associazione a delinquere finalizzata ala devastazione e al saccheggio: Black Block. Ma c’è qualcosa che non torna nella ricostruzione della Polizia, proprio a partire dalle bottiglie molotov. C’è un poliziotto, infatti, che le riconosce per averle trovate quel Sabato pomeriggio in un’aiuola di C.so Italia e averle poi custodite in un mezzo del Reparto Mobile che aveva partecipato all’assalto della Diaz, e da lì erano finite nei reperti sequestrati. Ma anche la dinamica dell’intervento della Polizia che in un primo tempo parlava di “violenza contenuta da parte delle Forze dell’Ordine” cambia. Saranno gli stessi Poliziotti a definirla una scena da “macelleria messicana. Come afferma sotto processo il Vicequestore Aggiunto Michelangelo Fournier, che aveva preso parte all’assalto:” C’erano quattro o cinque poliziotti […] che stavano facendo quello che non avrebbe dovuto essere fatto, cioè una volta inertizzati stavano infierendo sui feriti […] poco più avanti ho visto una ragazza alta circa1,80 m […] che giaceva in una pozza di sangue, ma sangue veramente copioso e la cosa più allarmante è che io ho potuto verificare che c’erano dei grumi, grumi che sul momento io ho scambiato per materia cerebrale. Ero piuttosto spaventato, oltre che al dispiacere per la persona. Si stava creando uno scenario davvero inquietante”. Tutti i 93 fermati quella notte dalla Polizia, alla fine, verranno completamente scagionati. Il vertice del G8 si conclude alle 12.00 di Domenica 22 Luglio. Nelle stanze di Palazzo Ducale non è arrivata quasi neanche l’eco di quello che è accaduto fuori.
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I punti di vista: Il punto di Michele Spinicci
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on parlerò di economia, o almeno non troppo. Non ne ho né competenze né la voglia. Del resto, qualsiasi giornale abbiate aperto in questi due mesi sarà stato quasi interamente dedicato alle manovre finanziarie che il governo Monti sta varando, quindi dell'economia non sentirete la mancanza. Vorrei parlare di politica, questione al momento dimenticata, ritenuta, forse a ragione o forse no, di secondo piano. Quello che si è instaurato il 18 novembre è un governo tecnico, non direttamente eletto dal popolo (anche se in realtà non si elegge mai un governo, ma solo il parlamento che lo costituisce) e la cosa ha anche i suoi vantaggi. Non solo non ha remore elettorali e non si pone il problema di essere impopolare, ma non ci costringe a subire valanghe di insensati litigi in televisione, ondate di demagogia o ideali tirati in ballo senza motivo. Il governo tecnico non risente di uno dei massimi problemi della democrazia: non deve piacere, del consenso non se ne fa nulla e può veramente occuparsi del bene del paese. Inoltre davanti al drammatico populismo della nostra classe amministrativa, quello di Monti può essere il governo con cui tornare al dibattito. Non possiamo accettare un governo che lavori solo su di un cambiamento economico, perché al paese ne serve anche uno politico o addirittura prepolitico. Può occuparsi un governo tecnico di politica, di questioni che dovrebbe essere il volere popolare a decidere? E' una questione complessa e io che non sono abbastanza competente, o convincente, la rimando. Ma quelle di cui noi stiamo parlando sono appunto questioni prepolitiche , ovvero i requisiti minimi per definire un paese civile: i ministri dovranno occuparsi del sovraffollamento delle carceri, arrivato all'emergenza umanitaria, della corruzione, delle mafie, dei costi della politica, della legge elettorale, palesemente anticostituzionale. Sono le forze politiche che si devono confrontare e decidere lo
sviluppo del paese, ma prima serve un terreno in cui sia praticabile un dibattito. E in Italia questo non c'è. Questo governo ed anche i futuri hanno il difficile compito di combattere problemi, insoliti nei paesi europei, di primaria importanza e per troppo tempo tralasciati. Senza la soluzione di essi lo stato di diritto non è tale. Chi invece è tenuto a risvegliarsi è la popolazione: noi. I vent'anni di seconda repubblica hanno spostato la dicotomia sinistra-destra a quella berlusconiani-antiberlusconiani. Ciò ha portato ad un vuoto di ideali o ad ideali sempre meno profondi e convinMario Monti
centi. Quando Marco Pannella disse ad Annozero: "credevo di essere a TeleBerlusconi, loro parlano e dicono che Silvio ha ragione, noi ci arrabbiamo e ribattiamo che dice stupidaggini" non aveva tutti i torti. Inoltre la fiducia per la politica è calata vertiginosamente, insieme probabilmente all'interesse per essa. C'è un breve discorso da fare su questo punto. Generalizzare è sbagliato ed è sbagliato ripetere "sono tutti ladri", anche perché considerare un criminale chiunque entri nel mondo della politica favorisce proprio i disonesti ed impedisce ai cittadini di pensare un qualsiasi cambiamento perché "tanto è tutto uguale". Accusare tutti è quanto di più conservatore si possa fare, e non ne abbiamo bisogno. Ma anche pensare che ci sia una grande maggioranza di onesti è sbagliato. La classe politica italiana è lontanissima dal paese, per i suoi privilegi, la sua condotta e spesso la provenienza dei suoi componenti. Il recente rifiuto dei "sacrifici" da parte di senatori e deputati, dimostra come si stia
addirittura raggiungendo lo scontro tra parlamentari e cittadinanza. Complice è anche la nostra disastrosa legge elettorale, che non prevede le preferenze e permette ai partiti di candidare chiunque (un parlamentare su nove in Italia è stato condannato, indagato o rinviato a giudizio). Due sono adesso le fasi per cui deve passare la riforma del paese. La prima, già citata, in cui il governo attuale apporta importanti cambiamenti al sistema politico italiano, garantendone la trasparenza e chiudendo tutti gli spazi alla corruzione e all'abuso. Ma insieme a un cambiamento dall'alto, ne serve uno dal basso, più difficile. Il nostro. La presenza di un governo tecnico, o la situazione economica, non possono farci pensare che la nostra crisi politica sia finita. Il governo Berlusconi è caduto per motivazioni economiche, la sua stessa presenza sfiduciava i mercati nei confronti dell'Italia. Ma se ha perso la fiducia degli Italiani, come insieme a lui tutto il sistema partitico, le ragioni sono strettamente politiche. Non è stata però la cittadinanza a far cadere il governo e nemmeno a pretendere riforme che eliminino i privilegi, chiudano lo spazio all'abuso di potere, rendano la nostra democrazia più controllata dai suoi votanti. E' invece proprio questo che si deve fare, e dirlo non comporta neppure spronare alla rivoluzione, bensì all'occupazione dello spazio che in democrazia è assegnato al popolo. L'autorevolezza necessaria al governo per toccare le ingiustizie che minano la nostra democrazia, può arrivare solo da noi, dalla nostra mobilitazione. Nell'antica Roma, in tempo di crisi, per ristabilire l'ordine, si eleggeva un tiranno che per sei mesi aveva assoluto potere. Non metterei mai in dubbio i meravigliosi vantaggi pratici della tirannia, ne il senso logico dei nostri antenati latini, ma oggi, questo governo, che a quanto sembra ha poco a che vedere con la volontà popolare, dovrà mettersi totalmente al servizio di questa, anche per permettere che essa sia rispettata in futuro dai prossimi governi eletti. Sta a noi non metterci nelle mani di un tiranno, ma in quelle di un nostro servo. Magari il governo Monti può rifare l'Italia, salvarci dal tracollo finanziario, abbassare il debito, rinnovare le politiche del lavoro e riportare la crescita. Magari anche ridare una dignità alle istituzioni e al paese. Ma prima gli Italiani dovranno rifare gli italiani. Senza il loro contributo la macchina non funziona. E non sarebbe giusto che lo facesse.
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manovra Monti L
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sce, a tutti i costi, a un qualsiasi giornali- proprie operazioni di macelleria sociale sta di presenziarvi). In definitiva, Mario con l'esclusiva finalità di salvare l'alta fia manovra varata dal Governo Monti appare come un uomo saldamente nanza, che tuttavia sono percepite come del premier Mario Monti il 4 di- legato alle più influenti organizzazioni giuste e necessarie per salvare il paese. cembre e le discussioni relative dell'alta finanza. Un'immagine stridente occupano le prime pagine dei con quella di salvatore della Patria con Questo è dunque il vero obiettivo dell'ingiornali ormai da giorni. Tra chi adorna la cui viene delineato dai media e da buona staurazione di questo governo e della mamanovra e i suoi autori con elogi spertica- parte del mondo politico, in primo luogo novra varata un mese fa: salvare dalla crisi le banche d'affari, ti e chi la critica per le troppe tasse o la il Presidente della l'alta finanza e i loro mancanza delle solite presunte Repubblica. Tali investimenti andando “liberalizzazioni necessarie”, non si trova o r g a n i z z a z i o n i “La natura tecnica permette a colpire i cittadini e nessuno nella nostra sempre più imbaraz- infatti hanno a sottraendo da questi zante classe politica in grado di dare una cuore tutto fuorinvece a tali governi di procedere il denaro necessario lettura più ampia e globale della situazio- ché l'interesse a vere e proprie operazioni di per portare avanti un ne, che vada oltre il discutere se sia più della nazione sistema economico giusto alzare l’età pensionabile o diminui- italiana e dei suoi macelleria sociale con l'esclusiva che si rivela ogni giorre lo stipendio dei parlamentari. La crisi cittadini. La crisi no di più contradditglobale, a mio parere, ci pone davanti agli economica ha finalità di salvare l'alta finanza…” torio e fallimentare. occhi un’evidenza innegabile. Siamo in un fatto trovare tali Per accorgersi di quemomento di profondo e repentino muta- gruppi di interessto, basta convincersi mento, un punto di rottura che non potrà se nella necessità di poter indirizzare fare altro che dare origine a una società completamente a proprio piacimento la di un concetto basilare: la strada intrapreben diversa da quella che conosciamo sin politica economica degli Stati a maggiore sa dall'Italia e dalla Grecia non è l'unica dalla nascita. Ciò che conta in questo mo- rischio di default. Due degli Stati a mag- percorribile. C'è più di un esempio di naziomento dunque non sono i contenuti della giore rischio di default, Italia e Grecia, si ni che hanno agito in senso diametralmensingola manovra varata da Berlusconi o da sono dunque trovati da un giorno all'altro te opposto, chi decidendo di recuperare la Monti, ma è capire quali finalità hanno privi dei rispettivi governi, per permette- propria sovranità monetaria tornando a queste manovre che ci vengono presenta- re la discesa diretta in campo di uomini stampare denaro in proprio (senza il tramite come fondamentali e necessarie per la votati a evitare il default che metterebbe te di banche di proprietà privata) e chi dichiarandosi insolvente di salvezza del paese. Mario Il primo ministro greco un debito completamente Monti, il professore di Vareillegittimo in quanto per la se che poco più di un anno fa Lucas Papademos maggior parte frutto di a “L’infedele” dichiarò che la signoraggio bancario (per Grecia rappresentava il sucun argomento così comcesso dell’Euro e costituiva plesso invito a un approun esempio di stabilità (si è fondimento personale in visto come è andata a finire), rete). E' abbastanza noto è stato nominato dal Presida qualche mese a questa dente della Repubblica parte l'esempio dell'IslanPremier, dopo le dimissioni da, meno noto quello deldi Silvio Berlusconi. E’ stato l'Ecuador, ma anche in imposto dall’alto un governo Ungheria si sta preparando tecnico guidato da un uomo una svolta di questo tipo, che negli ultimi 10 anni è con il varo di leggi che restato international advisor per Goldman Sachs (una delle più grandi in pericolo i capitali investiti da questi golamentano e limitano la libertà d'azione banche d’affari del mondo), e che è tutto- gruppi di potere in tali Stati. E' a questo delle banche d'affari in territorio nazionara presidente europeo della Trilateral punto che si può comprendere come le. E se permane qualche dubbio sulla leCommission (un gruppo di interesse neoli- l'accezione di "tecnico" data a questo gittimità di tale svolta che porti all'emanciberista che esercita pressioni sui governi governo sia così determinante; infatti le pazione degli Stati da organismi sovranaper indirizzarli in linea con le proprie stra- manovre varate da Monti e Papademos zionali non eletti da nessuno, invito a riflettegie) e membro del comitato direttivo avrebbero causato a qualsiasi governo di tere sul fatto che un tempo le banche eradel Club Bilderberg (i cui incontri, anche destra o di sinistra opposizioni ferocissi- no uno strumento nelle mani della società, volendo non cadere nel complottismo, me da parte di quasi tutti gli strati della mentre al giorno d'oggi è ormai la società lasciano più di una perplessità per la se- società. La natura tecnica permette inve- ad essere uno strumento nelle mani delle gretezza quasi settaria con cui si impedi- ce a tali governi di procedere a vere e banche.
Il punto di Ermanno Durantini
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Cogestione: la parola ai professori PRO — Prof. Elisa Mascellani
CONTRO — Prof. Antonio Galli
Qual è la vostra opinione generale riguardo il progetto cogestione ?
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a scuola è una comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici (…). In essa ognuno, con pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione al diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio (…). La scuola (…) valorizza le inclinazioni personali degli studenti (…), la possibilità di formulare richieste, di sviluppare temi liberamente scelti e di realizzare iniziative autonome. La scuola si impegna a porre progressivamente in essere le condizioni per assicurare: (…) offerte formative aggiuntive e integrative, anche mediante il sostegno di iniziative liberamente assunte dagli studenti e dalle loro associazioni. Queste non sono mie opinioni e riterrei un serio problema, per la nostra scuola, che qualcuno contestasse la sostanza di queste asserzioni. Si tratta di stralci del Decreto del Presidente della Repubblica n. 249/1998 modificato dal DPR n. 235/2007, dal titolo “Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria” (rispettivamente l’art. 1, comma 2, l’art. 2, comma 1 e 8b). E’ invece mia opinione che l’attività cosiddetta di cogestione rientri perfettamente nello spirito e nella lettera del testo normativo citato. Non dubito che esistano anche altre forme di realizzazione, all’interno della nostra scuola, dei principi affermati nello Statuto, ma ritengo difficile negare che la cogestione sia una di queste forme e addirittura, dal mio punto di vista, ne sia quasi una traduzione letterale. Che non si tratti di un’opinione peregrina si coglie anche dal fatto che molti Istituti includono esplicitamente nel loro POF l’attività di cogestione, o la possibilità di richiederla, proprio citando lo Statuto degli studenti.
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a cogestione scolastica è un sistema di conduzione della vita scolastica alternativa a quella usuale (i professori insegnano e gli studenti ascoltano). I ragazzi organizzano dei corsi di vario genere, tenuti da “esperti”, che possono spaziare dalla musica all'educazione stradale, e così via. Alcuni professori collaborano all’organizzazione del progetto, mentre altri organizzano corsi extracurricolari di materie o argomenti in cui sono ferrati. Si tratta di una collaborazione alunni-docenti sia a livello organizzativo sia a livello attuativo del progetto. A parte il disagio dell’interruzione dell’attività didattica prevista dal progetto, e l’effettivo interesse per quanto proposto da parte della maggioranza dell’utenza, il mio giudizio negativo sul progetto, in relazione alle precedenti esperienze, riguarda principalmente la vastità delle proposte (alcune su tematiche discutibili) e la preparazione di alcuni “esperti” intervenuti.
Quella della cogestione è una questione legislativa quantomai ambigua e intricata, interpretata in modi differenti, talvolta addirittura contrastanti. Come si pone la co-gestione davanti alla legge? E’ legale o illegale?
Nel caso del liceo Carducci la cogestione è stata approvata dal Collegio Docenti per cui risulta una attività didattica alternativa del tutto legale. Diventa illegale nel momento in cui vengono violati i sotto elencati articoli del codice penale, del codice civile e della costituzione. Quella della cogestione è una questione legislativa quantomai CODICE PENALE: art. 663 Invasione di terreni o edifici, art. 340 ambigua e intricata, interpretata in modi differenti, talvolta Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di addirittura contrastanti. Come si pone la co-gestione davanti pubblica necessità, art. 635 Danneggiamento (si spera che in una cogestione non succedano mai atti di vandalismo), art. 345 Offesa alla legge? E’ legale o illegale? all'autorità mediante danneggiamento di affissione Suppongo, a questo punto, che il dubbio sulla “legalità” della coge- CODICE CIVILE: art. 2043 Risarcimento per fatto illecito stione riguardi le sue modalità organizzative. Su questa materia un punto di riferimento chiaro è il Regolamento sull’autonomia (DPR COSTITUZIONE: art. 2 La repubblica riconosce e garantisce i diritti
275/1999), all’art. 4, comma 2, punto d: “Nell'esercizio dell'autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell'insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni. A tal fine le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune e tra l'altro: [...] l'articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso” e comma 3: “Nell'ambito dell'autonomia didattica possono essere programmati, anche sulla base degli interessi manifestati dagli alunni, percorsi formativi che coinvolgono più discipline [...]”. Chi debba poi organizzare, chi sorvegliare e come farlo, non lo può certo dire un DPR: per questo c’è un Collegio docenti e, direttamente responsabile, un Dirigente Scolastico. E possiamo anche discutere, se ci piace, su come fare l’appello al mattino.
inviolabili dell'uomo, art. 13 La libertà personale è inviolabile, art. 33 e 34 Sul diritto alla pubblica istruzione
Che impressioni avete avuto sull’organizzazione e la messa in pratica del progetto negli anni passati?
Ha in mente qualcosa che permetta agli studenti di trattare a scuola tematiche di norma escluse dai programmi didattici?
Osservo principalmente che includere l’attività di recupero nella cogestione ha portato, credo, più svantaggi che vantaggi, e che buona parte delle difficoltà organizzative sono sorte dalla pretesa di mantenere due strutture organizzative parallele, quella ordinaria e quella di cogestione (che scardina orario e classi).
Cosa suggerisce di perfezionare o modificare nel progetto? Due suggerimenti: riterrei utile, da parte di una commissione di studenti e insegnanti, il vaglio di tutte le proposte presentate, non per censura, ma per una razionalizzazione di contenuti e risorse; la macchina organizzativa della cogestione non può fare a meno della collaborazione effettiva del Collegio, che l’ha approvata, e della Dirigenza, responsabile in prima e ultima istanza di quel che succede a scuola (cogestione organizzativa). A tutti l’augurio di una “buona” cogestione.
Che impressioni avete avuto sull’organizzazione e la messa in pratica del progetto negli anni passati? Lo scorso anno scolastico il progetto co-gestione è stato effettuato parallelamente alle attività di recupero, scelta poco produttiva che ha generato non pochi problemi soprattutto per la partecipazione alle attività di recupero. Nel precedente anno scolastico le due attività sono state svolte, come previsto per il corrente anno, in due momenti distinti: riferisco le mie risposte all’attività di cogestione svolta nell’a.s. 2009-2010. Reputo che l’attività sia stata organizzata in modo più che positivo, meno positivo il giudizio sull’effettiva realizzazione (non sempre si è verificata la corrispondenza fra la scelta effettuata e la partecipazione alla lezione relativa alla tematica scelta).
Sicuramente il progetto co-gestione non è condiviso dal 100% degli studenti, il progetto organizzato nelle ore destinate all’attività didattica impone sicuramente ad alcuni studenti di dover partecipare ad attività non gradite o a dover effettuare assenze. La mia proposta è di limitare il numero delle tematiche affrontate e di effettuare il progetto cogestione in orario pomeridiano nella settimana dedicata al recupero in cui gli allievi sono meno pressati da esigenze di studio, proponendo un ventaglio di incontri di due/tre ore, aperti a tutti gli studenti realmente interessati all’argomento proposto.
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Chi, cosa, dove, come e perché del CdI di Federico Regonesi no degli organi più importanti della nostra scuola, per cui votate tutti gli anni, per cui si riaprono vecchie ferite e si rompono amicizie, è il Consiglio d’Istituto. Ma quanti di voi realmente sono a conoscenza dei compiti che sono assegnati al consiglio? E soprattutto, quanti sanno che cosa avviene al suo interno, durante le sedute? Beh, il mio compito è proprio quello di dissipare tutti i vostri dubbi riguardanti entrambe le questioni. Prima di tutto, mi preme specificare che il consiglio è un organo pubblico, e tutti possono, per loro diritto, consultare il verbale delle sedute, che arriverà però sempre in ritardo di circa un mese, poiché deve essere approvato nel consiglio successivo. Come aggirare questo problema? La risposta è semplice: una seduta del consiglio non è diversa da una del parlamento, in quanto si tratta sempre di un atto pubblico (art. 8 della Legge n. 748 del 11/10/77), e quindi chiunque, purché sia elettore(tutti gli studenti, quindi) può parteciparvi, pur senza prendere parola. Quindi questo è quello che succederà: un inviato del giornale studentesco prenderà parte a tutte le sedute del consiglio con il compito di riportare i fatti all’attenzione degli studenti. Un’ultima specifica prima delle notizie più importanti. Il compito del consiglio non è di proporre, ma di approvare il lato economico di una proposta. Cioè ha l’ultima parola su tutto ciò che gli viene presentato, ma non sono i membri a decidere che cosa viene preso in esame.
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provazione del progetto Agorà, non perché qualcuno non ne sia già a conoscenza, ma perché per assistere ai prossimi incontri bisognerà presentare una tessera. Questa tessera sarà gratuita per gli studenti, e si potrà ottenere tramite un modulo da compilare scaricabile sul sito della scuola. Altro punto all’ordine del giorno è stato il dibattito sull’orchestra, di cui potete più approfonditamente leggere su questo numero del giornale. In ultimo c’è il problema del docente referente per l’orientamento in uscita. Come sapete la situazione non si è ancora risolta, in quanto manca ancora una direttiva precisa. In questi mesi è emersa l’idea che ogni consiglio di classe avesse il proprio referente, ma il dibattito è ancora aperto. A quanto ho capito da ciò che mi è stato
riferito, il problema risiede in seno al consiglio docenti, che non riescono ad accordarsi sul se nominare una sola persona oppure spezzare la carica. I problemi sorti sono questi: per la carica tutta in mano ad una sola persona, i problemi sono due. Prima di tutto non ci sono volontari, e poi una parte del consiglio si lamenta del fatto che la carica sarebbe esercitata in modo scorretto e di parte. Mentre coloro che si oppongono alla spartizione della carica lamentano il fatto che il lavoro sarebbe troppo dispersivo, diseguale e con perdite di ore di lezione non indifferenti.
L’ultimo CDI ha avuto luogo in data 28/11/11 ed è durato sei ore; il primo punto in esame è stata la presentazione della nuova DSGA, ovverosia colei che amministra il denaro in uscita dalla scuola, e che quindi può far partire tutti i progetti come il teatro, il giornale e i corsi extracurricolari. Sono stati approvati i progetti per quest’anno, per un ammontare totale di dodici ore dedicate ad attività ulteriori allo studio per Questo è ciò di cui sono venuto a conoscenza, poi mi è stato detto: “e qui hanno classe. A tal proposito vale la pena di segnalare l’ap- iniziato a picchiarsi”.
Ecco il solito problema di divisione interna nella nostra scuola. Per quanto io sia a favore dei dibattiti accesi, per quanto io sia indubbiamente una persona di parte e con idee molto precise, trovo questo comportamento veramente molto infelice, perché a certi livelli non si tratta più di difendere delle sante questioni di principio, ma di utilizzare quelle ore spese all’interno del Consiglio d’Istituto per dimostrare di avere ragione sulla parte avversa. Sarebbe invece molto più decoroso e, soprattutto, produttivo utilizzare quelle ore per dibattere riguardo ai problemi veri ed impellenti della scuola. Un’altra cosa che mi sono sentito dire è stata: “Abbiamo parlato di tanto, ma non abbiamo concluso niente”. E mi sembra inaccettabile che l’organo che decide se impiegare o no i soldi dello stato si perda in scaramucce banali e inopportune, quando gli studenti dell’ultimo anno del nostro liceo si trovano svantaggiati rispetto agli studenti delle altre scuole in una scelta che determinerà il corso della loro vita, quando bisogna aspettare mesi per ottenere un DSGA in grado di far partire le iniziative che esso stesso propone, quando ci sono sprechi infiniti in ogni campo e al contempo fondi che si riducono sempre di più. Ma io esorto tutti gli studenti a non fermarsi alla lettura di questo articolo e di quelli che seguiranno. Il motivo, la segreta speranza che risiede in questo articolo è che da domani tutti vogliano prendere visione dei verbali del Consiglio, che vogliano controllare e giudicare chi hanno eletto. E’ ora che tutti quegli studenti che hanno subito passivamente gli esiti della situazione comatosa di questo sistema scolastico si sveglino, che si indignino per ciò che loro lasciano che accada! Se tutti riuscissimo ad avere il coraggio di indignarci di fronte a certi fatti, allora avremmo anche la forza di non permettere che accadano di nuovo. Giudicare l’operato di chi abbiamo eletto è una questione di coraggio e responsabilità, un compito da cui nessuno si può esimere.
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Raccolta differenziata: che bidonata La burla dei sacchi gialli, l’AMSA non ritirava la plastica si sarebbe potuto aggiungere 1/3 in più di clati solo carta, vetro e indifferenziato: si bidoni di carta o plastica, per rendere più sente presa in giro un po’ da tutti. 9.01.2012. (Driiin) – Gianna vuole la sua partecipata la differenziazione. Gianna parla con la Signora Elena, le chiedose quotidiana di caffè. Dopo aver corso come una disperata su per le scale, per arri- Gianna dopo qualche minuto capisce che de spiegazioni. Scopre che ha provato vare prima, sgomita per il suo posto in fila cosa sono i tre oggetti. Finiti il caffè e i tante volte a esporre i sacchi di plastica, alla macchinetta del primo piano. La fauna suoi 200ml di succo nel brick di tetrapak, ma che “la nettezza urbana li ha sempre del corridoio aveva meno strada da fare, e non sa dove buttarli: getta “bovinamente” lasciati lì”. l’ha preceduta: si guarda intorno per ingan- il bicchierino nella plastica, e il brick nella Gianna s’indegna, vuole che tutti lo sapnare l’astinenza, e nota tre strambi paralle- latta. Glielo si perdona, però: da nessuna piano, e decide di scrivere quest’articolo. lepipedi a base ottagonale, di fianco al distri- parte, sul bidone, ci sono indicazioni di Gianna però è triste e desolata. Ormai ha butore. Stupita, s’interroga sulla loro natura: smaltimento (il ‘carta’ generico non con- capito come girano le cose, al Carducci. ta), né qualche circolare l’ha mai spiegato. extraterrestre, senza dubbio. Gianna non capisce Gianna non sa che alla perché nessuno si sia fine dell’anno scorso, in preoccupato di allacConsiglio d’Istituto, è ciare il progetto alla stato approvato un realtà extraprogetto di Raccolta scolastica, di coordiDifferenziata: non è narne la riuscita. E stato né pubblicizzato perché nessuno abné promosso in alcun bia insegnato agli modo, in un anno di studenti come riciclaattività. re per non incenerire, spiegandolo chiaraGianna non sa che in quella sede si era deciso di collocare su ogni Solo qualche bidella disperata ha apposto mente in un documento ufficiale. piano, in fondo a sinistra, i tre minuscoli dei cartelli di supplica, al seminterrato: Gianna, Gianna, Gianna, Gianna e ancora bidoncini (carta, lattine e plastica), sperando ‘No cartoni della pizza, no fazzoletti, per Gianna, siamo centinaia! Però nessuno se che anche gli studenti che alloggiano dalla favore’. n’è accorto, eh. parte opposta vi andassero a buttare il foglio Gianna non sa che la raccolta della latta e 13.01.2012. Dopo un’indignata segnaladi brutta, o il City. della plastica in via Beroldo 9 è tristemen- zione e una telefonata al numero verde Gianna non sa che a Milano lattine e plastica te vana, e che i bidoni siano pieni dall’an- AMSA, il Dirigente Scolastico ha allacciato si raccolgono insieme nel sacco giallo: difatti no scorso, perché non si sa dove svuotarli. la raccolta interna a quella esterna. Il Pronon si accorge che il bidone verde sia super- Gianna va a controllare il calendario del getto Raccolta Differenziata risorge dal fluo. ritiro rifiuti a Milano, su www.amsa.it, e sepolcro insieme a volantini esplicativi. E non pensa che al posto di quello, a scuola, scopre che nella sua scuola vengono rici- Alleluia.
di Una Gianna (Eleonora Sacco)
Un ritorno a tempo di musica L’orchestra del Carducci è di nuovo all’opera di Arianna Magna
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l grande violinista Uto Ughi ha detto “La musica è linguaggio di fratellanza e l’orchestra è l’embrione della società perché tutti devono ascoltare le voci degli altri”. L’esperienza della musica d’insieme è infatti qualcosa di fondamentale per un musicista. Per quanto egli possa essere prodigioso e geniale nel suonare da solo, finché non sperimenta che cosa significhi suonare con altri, rimane un musicista incompleto. Nella musica d’insieme si impara a dare spazio alle voci di tutti, a rinunciare ad essere protagonisti rimanendo comunque indispensabili, ad affidarsi ciecamente a qualcosa che non è del tutto sotto il proprio
controllo, come al movimento delle mani di un direttore d’orchestra o agli accordi di un pianoforte. Pertanto essere riusciti a creare un’armonia con strumenti diversi e ad averlo fatto insieme silenziosamente, senza il bisogno di alcuna parola, è qualcosa di assolutamente straordinario. È un’esperienza di musica che inconsapevolmente diventa anche una lezione di vita. In questi due anni, trascorsi insieme nell’orchestra del Carducci, noi musicanti abbiamo condiviso queste sensazioni. Tuttavia, come già Alessandra Venezia ha spiegato su “L’Oblò sul cortile” di dicembre, il progetto orchestra sin dall’inizio dell’anno scolastico traballava per l’assenza di persone fondamentali, in particolare di Mar-
tin Nicastro, causata da problemi burocratici. Tutto ciò ha portato alla sospensione dell’attività orchestrale dal mese di Novembre. La vitalità, l’energia e l’importanza della musica ci ha spinto però, con l’avvento del 2012, a reagire. Tutti ci siamo resi conto di non poter rinunciare a qualcosa che ci aveva tanto entusiasmato e abbiamo deciso di provare a ricominciare a suonare insieme. Il progetto è quindi rinato e presto faremo la prima prova per esprimere nuovamente insieme la nostra passione musicale.
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P AGIN A 9 di Eleonora Sacco
Gennaio. Vi presento tre racconti, tre romanzi retrò, scritti e ritratti da Gaia De Luca di 5H, aedo della fotografia. Narrano di una casa, di una famiglia, di oggetti singolari e meravigliosamente antichi, riscoperti con forte emozione. Descrivono le pigre ore di interminabili giornate uggiose, in inverno, scandite dal silenzio della polvere spostata dalle lancette degli orologi. Scaldano l’aria con affetti e maglioni fatti a mano. Parlano tutte le lingue, per piccoli gesti e minuscoli dettagli incredibilmente studiati. Buona “lettura”… Il primo scatto è apparentemente semplice, ma nasconde un delicato studio di geometrie e bilanciamenti. Riflessa ma dimezzata, l’autrice - quasi anonima, senza volto -, bilancia, insieme alla sua ombra velata, il peso della tenda e della bottiglia. Si nasconde dietro oggetti senza tempo e poveri, un po’ in disordine, polverosi, dimenticati, per lasciare che raccontino senza pudore le loro vite passate. L’orologio ferma il tempo, ci incanta; dipinge davanti agli occhi il volto dell’ultima persona specchiatasi lì dietro. Il posacenere vuoto trasuda desolazione, nostalgia: nessuno lo usa più. In una natura morta, troviamo solo una donna divisa in due illusioni e una bottiglia piena d’acqua, vita. Il diaframma molto basso aiuta a dimenticare il riflesso nello specchio, ciò che d’umano è superstite nel cimitero di sue creazioni; gli ISO a 800 riparano alle scarse condizioni di luce, senza compromettere la qualità della fotografia, che riesce a mantenere una calda atmosfera da negozio d’antiquariato. La seconda fotografia ha una composizione davvero particolare, tanto da ricordare il formato delle celeberrime Polaroid. Le linee del soffitto e del muro ci conducono al soggetto, fortemente decentrato. Dai dettagli sottili e familiari – le mollette, la pila di CD, la cesta a lato, la mansarda – emerge nitida una storia. Il volto della donna è insolito, inaspettato, un pugno nello stomaco. E’ stanca, eppure il suo viso ci spiazza: indecifrabile, noto ma illeggibile. L’1/60 di esposizione ci regala una luce tenue, diffusa e filtrata dalla finestra del retro, calibrata sui 400 ISO; il diaframma è 4.0 a 55mm. A Gaia non piace la profondità di campo… Il terzo lavoro è una sorprendente unione di tecnica ed emozione. Scarpe così, oggi più uniche che rare, rievocano racconti e sogni del secolo scorso; vedendole così ben ritratte, starete pensando quanto le mani sappiano essere incantevoli nella loro versatilità, delicatezza, precisione. Il nostro sguardo è catturato magneticamente dall’allacciamento delle stringhe: mille grazie al diaframma 1.8 del 50mm fisso sulla Nikon D80. L’esposizione è a 1/160: eppure pollice e indice sono micro-mossi e leggermente fuori fuoco. L’effetto di lievissimo movimento rende la foto più naturale, più vicina, umana. Davvero eccellente il gioco di luci, esaltato dal bianco/nero: le mani, candide, riflettono la luce, ma sono accarezzate dalle ombre gentili del lato. Mi congedo lasciandovi la favola dietro due mani, una scarpa, e le sue stringhe. Detto ciò, pane e gazzella! Buoni click a tutti!
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opolo del Carducci, il terzo numero del nostro amato giornale vede, tra le altre cose, un importante traguardo per questa neonata rubrica: troppo stretta nelle sue due, misere, paginette, "Inglourious Reviewers" si è espansa, per la gioia di tutti voi cinefili. Questo, però, non sarebbe potuto accadere senza il supporto di chi, pur non essendo in redazione, ha voluto contribuire inviandoci una propria recensione; per questo vi ringrazio, sperando, in futuro, di riuscire a rendere questo spazio sempre
"L'odio", rispettivamente di Von Trier e di Kassovitz. Il film del 2008 "Il Curioso Caso di Benjamin Button" chiude in grande stile la carrellata di recensioni. Poteva forse mancare una panoramica generale su ciò che, cinematograficamente parlando, ci riserverà il 2012? Ovviamente no; ed ecco che, tra successi assicurati, spuntano film più di nicchia, poco conosciuti, che per un motivo o per l'altro hanno attirato la mia attenzione di umile appassionato. Detto questo lascio che vi immergiate nella lettura, augurandovi un tardivo "buon anno".
più "aperto a tutti". Passiamo ora al succo della rubrica, presentando brevemente i film che verranno analizzati in queste quattro pagine. Si parte con "La Fine è il Mio Inizio", tratto dall'ultimo libro di Terzani, la delicata e drammatica autobiografia di un uomo in punto di morte, disposto a rievocare con il figlio la propria esistenza. Si passa, poi, a "Match Point", capolavoro di Woody Allen incentrato sull'importanza della fortuna nell'esistenza umana. Seguono due film "forti", sia per tematiche che per impat- Au revoir. to visivo: sto parlando di "Dogville" e de
Doris
La fine è il mio inizio La rivoluzione dentro Tiziano Terzani di Chiara Compagnoni
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l viaggio di un Terzani, anziano e saggio al pari di un guru indiano, che “l’unica rivoluzione che può servire” l’ha guidata all’interno di sé, e con la morte l’ha portata a compimento, è raccontato dal dialogo tra un padre, Tiziano, e un figlio, Folco, desiderosi l’uno di narrare e l’altro di ascoltare la storia di un uomo che ha raggiunto se stesso alla fine della sua vita.
Il film, tratto dal libro omonimo del giornalista esploratore di culture, è l’immagine di quel Tiziano Anam, senza nome, che Terzani è riuscito a essere nell’ultimo periodo della sua esistenza, partendo dall’Himalaya e tornando alle campagne toscane di origine, compiendo un percorso di svestizione da tutte quelle maschere indossate e da tutte quelle parti recitate durante la sua vita. La pellicola è nata da un progetto del produttore tedesco Ulrich Limmer e realizzata con la sceneggiatura di Folco Terzani e la regia di Jo Baier. Idea intraprendente e rischiosa, quella di concepire un film dialogato è risultata efficace e riuscita nonostante le difficoltà registiche, risolte abilmente riuscendo a mantenere l’attenzione dello spettatore sull’inusuale dose di parole tramite i momenti di riflessione dei protagoni-
sti e i paesaggi collinari del pistoiese. La sceneggiatura brillante (ma fedele) e gli attori contribuiscono non indifferentemente all’esito positivo di questa scommessa: Bruno Ganz nei panni del vecchio giornalista e il giovane Palma d’oro Elio Germano nella veste di Folco Terzani consegnano al film quel quid di qualità in più con un’interpretazione che evidenzia l’ego paterno e mostra invece l’incredulità di un figlio che mette alla prova la sincerità dell’uomo stesso che sostiene: “io sono stato tante cose, ma alla fine non sono nessuno”. La famiglia Terzani, soddisfatta del lavoro prodotto, afferma di essersi in parte riconosciuta, in parte riscoperta nella rappresentazione di Baier, che ha comunque aggiunto alla normalità dei Terzani la chiave di lettura cinematografica per il contrasto vissuto e placato tra un Folco all’ombra di Tiziano e di un Tiziano al centro fino alla fine, che, nei suoi ultimi giorni, diventa parte del cosmo e parte di quel se stesso che non aveva mai conosciuto. Il coraggio di Tiziano Terzani nel compiere il cammino verso il suo “lasciare il corpo” è in parte infuso nella produzione di questa pellicola, che sfida i canoni tradizionali del cinema per sperimenta-
re, in un’era in cui l’ascolto e l’attenzione diventano sempre più difficili da catturare, una forma ricca di contenuti, di sentimenti e di messaggi, rari nel presente quanto nel passato, ma oggi inafferrabili più che mai. Ecco allora qual è la difficoltà: trasmettere un’idea, nel cinema, nei rapporti, nel mondo, in cui già Tiziano sosteneva non ci fosse più “la libertà di essere chi sei”. L’idea che nemmeno Folco, piccolo, era riuscito a cogliere, nella difformità da suo padre, nel suo pragmatismo distante da quella ideologia comunista che diventa anche per il Terzani affascinato da Mao irrealizzabile. Ma spesso, anche nel mondo dell’arte, quelle idee che non sono utopie possono essere utili a vivere “una vera vita, una vita in cui tu ti riconosci” (Tiziano Terzani).
CITAZIONE DEL MESE "Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita." [Prof. Keating; "L'Attimo Fuggente]
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Match Point "Non venire mai alla luce può essere il più grande dei doni" di Michele Spinicci
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hris Wilton, giovane insegnante di tennis, conosce Tom, un ragazzo di ricca famiglia, e ne sposa la sorella, Chloe. Comincia così una veloce carriera nell'azienda di suo suocero e una vita "molto piacevole". L'equilibrio della sua vita però si spezza a causa della sua relazione con Nola, fidanzata di Tom. Quando lei rimane incinta e pretende che Chris rinunci alla sua vita familiare, tranquilla e lussuosa, lui la uccide. Farà lo stesso con la vecchia vicina di Nola, in modo da simulare un furto. Se la trama non vi ricorda nulla, andate a leggervi "Delitto e Castigo" di Dostoevskij, palesemente citato nel film. Nel romanzo il protagonista, Raskolnikov, uccide un'usuraia e la sorella di questa, per dimostrare a se stesso di essere abbastanza forte da poter affrontare l'omicidio, e che l'uomo possa avere una propria morale, diversa da quella religiosa o civile. troverà poi la sua salvezza in un castigo penale e nella fede religiosa, riconciliandosi con Dio e l'umanità. Nel film, invece,
Woody Allen vuole proprio mostrarci l'inesistenza di qualsiasi morale, l'insensatezza del castigo per la mancanza di un senso e della volontà in qualsiasi atto. Il film si apre con una pallina da tennis che si muove da una parte all'altra della rete: i giocatori non sono neppure inquadrati. Intanto una voce fuori campo ci dice quanto la fortuna conti e quanto la gente abbia paura di ammetterlo, prendendo come esempio proprio la pallina che tocca la rete, e che può andare oltre o restare indietro, facendoci vincere o perdere. Questa visione, fortemente determinista, porta il film a diventare freddo, quasi misantropo (concetto, questo, molto presente in Woody Allen, anche se spesso nascosto dalla comicità). I personaggi non sono mai del tutto positivi o gradevoli, cadono spesso nel patetico, e soprattutto sono volutamente abbozzati e con tratti fasulli, poco simili alla vita reale. Tutto il film è musicato da opere liriche, ed in particolare la scena dell'omicidio di Nola ha come colonna sonora "Desdemona" dall'Otello di Verdi, aria che
descrive il momento in cui Otello uccide la sua sposa. Questa somiglianza di temi tra le scene dell'opera e del film ci fa pensare ad una ciclicità terribile, quasi ad una predestinazione e all'ineluttabilità del delitto che Chris compie. Il destino, visto come un ente superiore e distaccato dalla volontà degli uomini, è uno degli aspetti che avvicina il film alla tragedia greca. Ma, mentre nel V secolo a.C. si preferiva concludere la vicenda con fiumi di sangue giungendo ad un compimento, nel 2005 Allen non conclude nulla, lasciando il suo protagonista sospeso nel niente e nello squallore, quasi speranzoso di essere scoperto, perché questo porterebbe "una qualche piccola speranza di un possibile significato". Il rischio del film è che, nel caso in cui vi dovesse convincere troppo, potrebbe portarvi alla totale sfiducia nella condizione umana, e quindi a lasciarvi morire per sete e per fame. Però, come consolazione, nei panni di Nola c'è Scarlett Johansson.
Dogville "Quando qualcuno non riesce a fare per gli altri tutto ciò che vorrebbe, qualche volta le persone a cui è stato promesso qualcosa impazziscono" di Dario Zaramella (Doris)
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rale e spirituale del paese, il quale, presa a cuore la sua causa nonostante la scarsità di dettagli a riguardo — Chi la sta cercando? Perché sta scappando? — convincerà i suoi concittadini ad accoglierla nella comunità: in un'ottica prettamente calvinista, lei dovrà guadagnarsi una posizione all'interno di essa
ogville è un minuscolo paesino sperduto tra le Montagne Rocciose, in America; e i suoi abitanti — una quindicina in tutto — ci vengono presentati come onesti, quasi buffi nella loro semplicità, nonché pieni di piccole manie e difetti tutt'altro che imperdonabili. Questo, almeno, nel primo dei nove "capitoli" di cui è composto il film (che, nella versione originale, arriva a sfiorare le tre ore!). Il regista Lars von Trier, figura controversa ed eccentrica, si diverte a giocare con la telecamera, rifiutando categoricamente alcune delle convenzioni registiche più radicate; in questo film, però, non solo spiazza lo spettatore ambientando l'intera vicenda in uno scenario totalmente spoglio, nero, con linee bianche a delimitare i muri degli edifici, ma lo mette anche di fronte ad una sconcertante verità: l'uomo è aniattraverso il duro lavoro. Ben presto, però, la male, e profondamente egoista. "L'interesse protagonista si troverà intrappolata in una e la paura sono i principi della società", direbspirale di ricatto, violenza, abusi e disperabe Hobbes. Ma procediamo con ordine. zione, dalla quale riuscirà ad uscire solo graNella tranquilla Dogville giunge Grace (una zie all'intervento di un principio regolatore sublime Nicole Kidman), in fuga da alcuni esterno altrettanto spietato, assimilabile al malviventi, e per questo bisognosa di prote- "nomos" di greca memoria. Non a caso ho zione. Qui incontra Tom, giovane leader mo-
recuperato un concetto greco, in quanto quella di Von Trier potrebbe essere definita, a tutti gli effetti, una "tragedia moderna", con tanto di suddivisione in "atti", scenografia quasi inesistente, e insistenza sull'eterno contrasto tra libertà del singolo e della comunità, tra istinto animale e Ordine. Così come in Antichrist, altro film di Von Trier che necessiterebbe di un'analisi dettagliata, uno dei temi principali è l'espiazione, la purificazione di qualcosa di corrotto da parte di una forza ancora più grande. È il principio del più forte, rappresentato dal regista con assoluta e sconcertante schiettezza. Difficile, poi, non notare una pesante critica alla società americana, e, in particolar modo, ai primi colonizzatori, portatori di Ordine in una comunità rozza, "priva di regole", e per questo eliminabile. L'uomo, in sostanza, non cesserà mai di elevarsi a giudice dei propri simili; e nel fare ciò crederà di essere nel giusto, in quanto protetto da un ideale di "ordine" distorto a proprio vantaggio.
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CINEMA
L'odio “La Haine” "L'odio chiama odio" ridotto in fin di vita un ragazzo detenuto in prigione di nome Abdel. Poi l’attenzione «Questa è la storia di un uomo che cade da si sposta sulla figura di tre ragazzi: Vinz un palazzo di 50 piani. Mano a mano che (Vincent Cassel), Hubert (Hubert Koundè) cadendo passa da un piano all’altro, il tizio e Said (Said Taghmaoui). Il primo dei tre per farsi coraggio si ripete: “Fino a qui, tutragazzi è orgoglioso e soggetto a scatti to bene. Fino a qui, tutto d’ira (come testimonia bene. Fino a qui, tutto la scena del monologo bene.”Il problema non è “...e vive secondo la filosofia allo specchio, che ha la caduta, ma l’atterragsicuramente come “vivi e lascia vivere”, nutrendo, gio.» Con queste parole modello il Robert de inizia e si conclude uno però, un odio profondo verso Niro di Taxi Driver) e dei film francesi più imcerca di farsi rispettachi non rispetta il prossimo…” portanti, un capolavoro re attraverso l’uso imperdibile consigliato a della violenza; Hubert, tutti gli appassionati cinefili e non. L’Odio, invece, è il più mite, e vive secondo la di Mathieu Kassovitz, non è solamente una filosofia “vivi e lascia vivere”, nutrendo, denuncia dei comportamenti tenuti dalla però, un odio profondo verso chi non ripolizia francese nei confronti dei giovani spetta il prossimo; Said, infine, è una via di delle banlieues (periferie) parigine; questa mezzo tra i due protagonisti descritti in pellicola trasmette anche e soprattutto un precedenza. L’avvenimento più importanmessaggio che descrive la caduta, l’involute della storia è il ritrovamento di una zione, il fallimento in cui la società dei nopistola della polizia da parte di Vinz, il stri giorni, contaminata da abusi di potere, quale si promette vendetta nel caso in cui discriminazioni e, appunto, odio, si è imbatAbdel morisse. tuta. Per risollevare le sorti del cinema franceLa trama è tratta da una storia vera: in una se, ormai morente, serviva una produzioParigi in bianco e nero, teatro della vicenda, ne nuova e innovativa, e la pellicola di vi furono agitazioni perché la polizia aveva
di Lorenzo Giudici
Kassovitz è girata interamente in bianco e nero, pur essendo del 1995, quasi sicuramente perché questa scelta premia l’impatto delle singole scene: infatti la novità del film si basa sull’inventiva del regista, che deve trasmettere un messaggio in pochi secondi. Nel fare questo, Pierre Aim, il direttore della fotografia, adotta una particolare tecnica di montaggio ad effetto: una porta che sbatte o un pugno che colpisce qualcuno, per esempio, sono seguiti da uno stacco istantaneo della telecamera, e da un suono sordo all'inizio della scena successiva. Tutto questo è condito dal verlan, un particolare dialetto francese parlato dai tre protagonisti, che permette l’inversione delle sillabe di una parola per poterne poi formare un’altra: numerose sono le battute dei personaggi, anche se, purtroppo, il doppiaggio italiano non permette di coglierne certe sfumature. Il finale, poi, è un colpo di scena: contestualizza la morale del film nella società odierna che, come un uomo che cade da un palazzo di 50 piani, si ripete per farsi coraggio “Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene.” L’importante, però, non è la caduta, ma l’atterraggio.
Il curioso caso di Benjamin Button "Capita a tutti di sentirsi diversi in un modo o nell'altro, ma andiamo tutti nello stesso posto, solo che per arrivarci prendiamo strade diverse..." braccia materne di Queenie, la governante, e visitato da un medico che subito decreta la ratto dall’omonimo racconto del morte imminente del neonato a causa dell’o1922 di Francis Scott Fitzgerald e steoporosi e della debolezza degli arti, tipiche diretto dall’acclamato regista David problematiche degli anziani. Fincher, che ha tra i suoi capolavori il recente film “The Social Network”, questa Il tempo passa e Benjamin cresce giorno dosingolare pellicola si è aggiudicata tre premi po giorno dovendosi adattare ad un corpo Oscar per miglior trucco, miglior scenografia e che non gli si addice e alle regole di compormigliori effetti speciali. Ha indubbiamente tamento che ne conseguono, ma soprattutto contribuito all’intensità del film il cast compo- dovendo fare i conti con la sua diversità; all’esto da attori di calibro già del tutto affermato tà di otto anni conosce Daisy Fuller, nipote di come il premio Oscar Cate Blanchett (Daisy una dei coinquilini della casa di riposo, e ha Fuller) e Brad Pitt (Benjamin Button), di cui per lei subito una grande infatuazione, però colpisce la bravura al di fuori dei tipici ruoli non gli è possibile avere con lei il rapporto hollywoodiani che aveva interpretato in pre- che vorrebbe a causa del suo aspetto che lo ingabbia nel ruolo di anziano. Con il tempo cedenza. Benjamin comincia a diventare sempre più A New Orleans nel 1918, nel giorno della fine forte, i capelli ricominciano a crescergli e della prima guerra mondiale, Thomas Button lentamente sembra ringiovanire, così un gior(Jason Flamyng) abbandona suo figlio Benjano si arruola come mozzo su un rimorchiatomin davanti alla porta di una casa di riposo, re, sul quale poco dopo intraprende un viagspaventato dal terribile aspetto del piccolo, e, gio per il mondo. Al ritorno ritrova tutte le dopo essersi assicurato che fosse in buone vecchie conoscenze compresa Daisy che nel mani, fugge. Benjamin viene accolto dalle
di Mariam Ndyaie
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frattempo è molto cambiata. Nella pellicola la componente fantastica è compensata dai sentimenti e dai temi estremamente reali, come quelli della diversità, dell’incapacità di comprendere se stessi e immancabilmente dell’amore. Nonostante la storia sia innegabilmente drammatica, è vissuta dai personaggi in modo talmente positivo e naturale che ne viene sottratto il lato pesante e angosciante che ogni racconto drammatico ha; si riesce quasi ad intravedere la presenza di un destino giusto che dispone i fatti nella loro esatta sequenza e posizione a formare un quadro armonico, sebbene amaro, e soprattutto completo. Durante il film non si ha mai l’impressione che i fatti siano stati inventati, ma piuttosto che la storia si svolga nella maniera più naturale possibile senza alcuna forzatura. Complessivamente questa originale opera cinematografica risulta particolarmente riuscita e lascia dietro di sé un’atmosfera estremamente poetica.
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CINEMA
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2012 al cinema di Dario Zaramella (Doris) ieci anni sono passati, ed eccoci di nuovo lì, sui verdi prati della Contea, ad ascoltare il vecchio Bilbo mentre ci racconta le sue avventure passate. E che avventure! Anelli magici, nani obesi, uomini-orso, draghi, indovinelli, e un crescente senso di nostalgia: in poco più di due minuti il primo trailer de Lo Hobbit: Un Viaggio Inaspettato ci suggerisce questo e molto altro; e noi, cultori di Tolkien (e dell'adattamento cinematografico di Jackson) o semplici curiosi, non possiamo rimanere impassibili all'udire Thorin, il capo della compagnia di nani,
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intonare quelle note gravi, cariche dello stesso pathos di cui era intriso ogni fotogramma della trilogia de "Il Signore degli Anelli". Se terminassi qui la mia carrellata molti di voi, fisicamente ancorati ai banchi di scuola, ma mentalmente proiettati al prossimo dicembre, non avrebbero nulla da obiettare. Fortunatamente, però, tra sequel, prequel e nuove rivelazioni, la lunga attesa per questo mostro sacro del fantasy non sarà così dolorosa. Si parte con il terzo e ultimo film della trilogia di Nolan dedicata a Batman, cioè Il Cavaliere Oscuro - Il Ritorno. Benché l'uscita sia prevista per la fine di agosto, L'identità del villain di turno è già nota: sarà infatti Bane, interpretato da Tom Hardy, a raccogliere la pesante eredità lasciata dal compianto Heath Ledger (un magistrale Joker nel prequel, "Il Cavaliere Oscuro"). Daniel Craig, conosciuto dai più per aver interpretato James Bond negli ultimi due film a lui dedicati, torna sul grande schermo con Millennium - Uomini che Odiano le Donne, remake dell'omonimo film uscito appena nel 2009, a sua volta tratto dal romanzo di Stieg Larsson. In un'intervista, il regista David Fincher (The Social Network; Seven) ha dichiarato che "Millennium è prima di tutto un film che scava nel rapporto tra i due protagonisti
piuttosto che una storia sulle malefatte di un serial killer", non prima di aver assicurato l'intervistatore dicendo che il film sarà "una cosa completamente diversa rispetto al primo adattamento". Mossa commerciale o no, da un regista del suo calibro ci si aspetta molto. Ritornano anche Ridley Scott e Martin Scorsese, rispettivamente con Prometheus, prequel della celeberrima saga di Alien, e con Hugo Cabret, interessante avventura dai tratti steampunk, con protagonista un giovane orfano. Posto che da entrambi mi aspetto dei film, se non indimenticabili, almeno discreti, è anche vero che, mentre Scorsese ha dimostrato recentemente, con Shutter Island, di sapersela cavare anche in generi "non propri", Scott non è sempre sinonimo di qualità. Lieto di essere smentito. Gioite, fan dell'accoppiata (non sempre) vincente Burton/ Depp: in Dark Shadows, un Johnny Depp più cadaverico che mai interpreterà Barnabas Collins, ricco rampollo di una nobile famiglia, trasformato in vampiro dopo aver spezzato il cuore di una strega. Uno dei film personalmente più attesi dell'anno è sicuramente The Hunger Games, di Gary Ross. Un po' Il Signore delle Mosche, un po' 1984, un po' reality show, il film vede una dozzina di ragazzi e ragazze obbligati a partecipare ad una serie di prove mortali, alla fine delle quali uno solo di loro, sopravvissuto, riceverà denaro, onore e gloria. Non vorrei illudermi troppo, ma dal trailer pare che la componente emotiva, il senso di oppressione davanti a questa brutale competizione, nonché le relazioni tra i ragazzi saranno sufficientemente approfondite. The Iron Lady ripercorrerà la vita dell'ex Primo Ministro britannico Margaret Thatcher, la "donna di ferro" del titolo, dall'infanzia fino allo scoppio della guerra delle Falkland; tutto questo narrato sotto forma di flashback dalla stessa Thatcher, ormai ottantenne. Già uscito nelle sale, ma degno di essere menzionato è sicuramente La Talpa (titolo originale: "Tinker, tailor, soldier, spy), film in cui Gary Oldman interpreta un'anziana spia inglese, incaricata di scovare un infiltrato sovietico all'interno dei servizi segreti britannici. Presentato in concorso all'ultima mostra cinematografica di Venezia, il cast del film comprende attori del calibro di Colin Flirth (un ottimo Giorgio VI nel recente Il Discorso
del Re) e Tom Hardy, a detta di molti vera rivelazione di quest'ultimo anno. Vince forse la palma di "film più originale" Hysteria, uscito anch'esso da poco: parla infatti dell'invenzione del vibratore, inizialmente usato come rimedio contro l'isteria. Gli amanti dell'azione e del fantasy potrebbero voler tenere d'occhio Biancaneve e il cacciatore, figlio della tendenza ormai diffusa a prendere le favole più note — in questo caso quella di Biancaneve, ma ricordiamo anche Cappuccetto Rosso Sangue, uscito lo scorso anno — per poi riadattarle in una chiave più moderna, atipica. Riuscirà Kristen Stewart a svincolarsi dal ruolo di Bella? Il trailer non fa ben sperare, ma almeno una sana dose di azione in salsa fantasy pare assicurata. In attesa del Sommo, ovviamente. Finora ho parlato di film con attori in carne ed ossa, ma non potevo non menzionare l'ultima perla della Pixar, il film d'animazione Brave - Coraggiosa e ribelle. Tra siparietti comici mai banali, svariate chiavi di lettura, e un'animazione all'altezza delle migliori produzioni Pixar — i folti ricci rossi della protagonista sono impressionanti! —, è impossibile non attendere con ansia questo film. Una sintesi così ridotta dei film che vedremo quest'anno non può, per forza di cose, tenere conto delle innumerevoli produzioni che, all'ombra dei "grandi titoli", puntualmente spuntano in sordina nei cinema, per poi rivelarsi vere e proprie perle. Parlo di produzioni minori, film indipendenti, o che semplicemente finiscono per rivelarsi più validi di quanto non ci si sarebbe aspettato. Il 2011 ha visto dare il meglio di sé attori come Kate Winslet (Carnage), Nathalie Portman (Il Cigno Nero), Sean Penn (This Must Be The Place, The Tree of Life), nonché l'altro nascente Ryan Gosling, l'inquieto protagonista di Drive. E non a caso cito questo film, in quanto il regista, il danese Nicolas Winding-Refn, è uscito a testa alta dallo scontro con gente del calibro di Malick, Polanski, Sokurov. E il 2012? Bene o male ho già presentato quelli che si prospettano essere i volti dell'anno appena iniziato. Personalmente mi aspetto grandi cose da Tom Hardy, e in generale da tutto il cast de Il Cavaliere Oscuro - Il Ritorno, avendo già dato un'ottima prova di sé in Inception. Per quanto io sia generalmente contrario ai remake, specialmente se così vicini nel tempo all'originale, non vedo l'ora di scoprire come Fincher riuscirà a rendere nuovamente appetibile una storia già nota ai più. In uno slancio di estrema fiducia, infine, conferirei l'Oscar a tutto il cast de Lo Hobbit, dal regista agli attori, dai costumisti fino al più piccolo collaboratore. Quando si dice "non lasciarsi trasportare dalle emozioni"…
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B I B L I O B U S S OL A
di Carlo Simone
E' un piacere ritrovarvi, neo-affezionati della Bibliobussola! Dopo l'incontro dello scorso numero, questa volta facciamo un salto oltralpe e andiamo a girovagare per i sentieri di Francia. Per qualsiasi critica, domanda, consiglio scrivete a seremos@hotmail.it.
L’Eleganza del Riccio
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uando ho letto per la prima volta la quarta di copertina di questo romanzo non riuscivo a capacitarmi di come fosse possibile che un libro le cui protagoniste sono una portinaia e una ragazzina di dodici anni potesse aver venduto oltre 5 milioni di copie. Col senno di poi, credo di aver capito che proprio qui stia il trucco: Muriel Barbery - l'autrice, francese nata in Marocco - piace così tanto perché ha la capacità e la bravura di raccontare l'eccezionale che c'è in tutti noi, portinaie e bambine comprese. È la storia di Renèe, la portinaia quasi sessantenne di un condominio abitato da gente ricca e snob in centro a Parigi, e di Paloma, una ragazzina dodicenne che ci vive con la sua famiglia. La prima desidera apparire zotica per accontentare i ricchi condòmini che pensano a lei come al classico stereotipo della portinaia, così nel frattempo viene lasciata in pace e può dedicarsi ai suoi amati libri; la seconda è dotata di un'intelligenza parecchio sopra la norma per una ragazzina della sua età e si è ripromessa che si toglierà la vita il giorno del suo compleanno, se non avrà trovato in tempo un motivo valido per cui vivere. Ciascuna delle due donne porta avanti tranquillamente il suo segreto, Renèe affaccendata tra il pulire le scale e leggere Tolstoj, Paloma odiando sua sorella maggiore sciocca e pre-
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uesto romanzo è qualcosa di assolutamente originale e sconcertante al tempo stesso, una vera bomba a orologeria, un fuoco d'artificio per come si legge rapidamente. Raramente ho letto una storia raccontata così bene. Süskind – l’autore- è un bardo dei giorni nostri, un grande cantastorie, un incantatore: c'è qualcosa nel modo in cui scrive che aggancia il cuore, diverte, emoziona, e fa penetrare il lettore negli sporchi vicoli della Parigi del diciottesimo secolo. La storia è semplicemente geniale: racconta la vita di Jean-Baptiste Grenouille, venuto al mondo sotto ad un bancone del pesce al mercato, cresciuto in una casa-orfanatrofio, e deciso a riuscire in una missione delle più particolari: creare il profumo perfetto. Lui può riuscirci, perché è scellerato e privo di qualsiasi vincolo morale... e soprattutto perché è dotato
suntuosa, suo padre sempre preso dalla politica e sua madre, una donna snob che parla con le sue piante mentre le annaffia e spende barcate di soldi in inutili sedute dallo psicologo… fino a quando l'arrivo del nuovo inquilino, monsieur Ozu, sconvolge la loro vita. Renèe vede riaffiorare lo spettro di un antico segreto e Paloma viene aiutata a capire che forse non tutto in questo mondo fa schifo, in un vortice frenetico di avvenimenti imprevisti, fino allo sconvolgente finale. La grandiosa bellezza di questo romanzo sta nella sua semplicità. Con l'espediente del diario, la Barbery impreziosisce tutta la narrazione di riflessioni, commenti e idee provocatorie che mettono in gioco il lettore e lo costringono a confrontarsi con la storia delle due protagoniste, così diverse fra loro, eppure ambedue così profonde, intelligenti e fondamentalmente buone. È un continuo pizzicare il lettore senza mai lasciargli tirare il fiato, facendogli toccare con mano l'ipocrisia dei ricchi condòmini, sviluppando nel suo cuore un'articolata idea della bellezza per cui vale la pena di esistere, quella bellezza che sia Renèe che Paloma, ognuna a modo suo, inseguono per tutto il romanzo. Il personaggio di Renèe è commovente nella sua falsa rozzezza: è sua l'“eleganza del riccio”, quella
dolcezza tenera e buona tutta rannicchiata dentro ad un guscio aspro ed acuminato, portando agli estremi l'aspetto della riservatezza femminile. Paloma non è cattiva, semplicemente si interroga davanti alla vita; vuole capire a tutti i costi come funzionano le cose, e da dove viene quel senso di non appagamento che non le dà mai pace. Lei si chiede il perché della vita; Renèe invece si accontenta delle lezioni già pronte della filosofia, e preferisce non mettersi in gioco; inevitabilmente le due finiranno per scontrarsi, ognuna spingendo l'altra a scendere a fondo della propria esistenza, tutte e due scombussolate dal silenzioso e raffinatissimo monsieur Ozu, un personaggio capace di scivolare facilmente nei segreti del cuore delle due donne e ovviamente anche del lettore. Consiglio questo romanzo soprattutto alle ragazze, perché secondo me possono apprezzarlo maggiormente, per come è scritto, per come è proposto, per le idee che espone. Senz'altro è un libro che mette in moto il cervello. Riesce anche a far commuovere, grazie alla sua grande umanità, alla sua semplicità, e all'idea che dipinge della bellezza unica ed incomparabile che c'è nella “semplice” e “comune” vita di ognuno di noi.
Il Profumo del miglior olfatto del mondo. Grenouille è un personaggio meraviglioso. Per certi aspetti somiglia al suo autore, Patrick Süskind, uno scrittore, sceneggiatore e drammaturgo tedesco geniale quanto misterioso, ritroso, riservato al punto da non aver mai voluto ritirare alcuni dei premi letterari più prestigiosi di tutta la Germania. Grenouille è un lupo solitario, abituato a sopportare i soprusi dei suoi padroni, totalmente indifferente ai piaceri della lussuria, alla fame di denaro o al desiderio di potenza: lui vuole di più, vuole il potere sovrano, perché sa bene che “colui che domina gli odori, domina il cuore degli uomini”. Escogiterà un incredibile metodo per estrapolare l'odore caratteristico di ogni cosa, mettendosi addirittura ad assassinare per raggiungere il suo obbiettivo: perché l'odore di cui ha bisogno è quello di una certa
ragazza... Vi direi di leggere “Il Profumo” anche soltanto perché è una storia intrigante e scritta benissimo, ma non si limita soltanto ad intrattenere il lettore. Grenouille è l’ultimo bastardo del mondo, un vero e proprio relitto umano, eppure perfino lui (anzi, soprattutto lui, proprio perché è abietto) avverte questo morboso desiderio di dare la caccia al “profumo perfetto” che può dare un senso alla sua esistenza, perché costringerà tutti quanti a seguire il suo volere egoista. Grenouille interpreta male quello che è uno dei bisogni viscerali dell’uomo, cioè lo stare con gli altri, l’essere ben voluto. Lui cerca disperatamente di intrappolare in un profumo quella forza che sta alla base dei bisogni di ogni uomo. Quella forza senza confini né età, che ci piace chiamare amore.
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VIAGGI
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d ammaliare i routards di tutto il mondo è sicuramente il brivido del gradino del treno, la fantasia nel fare le valigie, o l’emozione in gola di quando si raccontano le avventure. E, soprattutto, il poter rivivere per sempre il viaggio sfogliando i sudati scatti. I viaggiatori carducciani ci sono. E tacciono, preparano in silenzio le vacanze estive già a dicembre, consultano con le dita incrociate i siti di Ryanair, Easy Jet, InterRail, Trenitalia. Passano pomeriggi interi a studiare carte e cartine, a consultare ma-
nuali di viaggio, a progettare viaggi impossibili. Assillano gli amici sperando di convincerli a seguirli in capo al mondo. E quando ci sono, con le vene pulsanti urlano la gioia di aver scoperto il Nuovo Mondo. Urlano perché devono sfogare il loro bisogno di libertà. E tornati a casa, in realtà,
non lo saranno mai. Questa nuova rubrica è dedicata a chi a casa non ci vuole stare, e vive per viaggiare, scoprire, annotare, fotografare e ricordare per sempre. Tenete da parte le mance della nonna, consultate i suggerimenti dei vostri compagni in questa rubrica, e non smettete mai di sognare. Eleonora Sacco
Sudafrica. Cape Town: Riserva Naturale del accesi sono ciò che colpisce del Sud Africa, Capo di Buona Speranza, Table Mountain, quartieri e giardini botanici; Regione di Mpumalanga: Blyde River Canyon, Kruger National Park. E’un paese dai forti contrasti: miscuglio di etnie, ricchi e poveri, obesi e morti di fame, palazzi e lodge lussuosi ccanto a enormi township. La differenza è presente anche in ambiente, flora e fauna: i paesaggi spaziano dalla savana alla rainforest, dal clima mediterraneo del Capo alle foreste di conifere dell’altopiano di Johannesburg. Colori sgargianti e
giustamente soprannominato rainbow nation dai contrasti eccezionali tra mare e terra e tra cielo e deserto. Le persone si alzano molto presto al mattino, camminano spesso a piedi nudi e aprono l’ombrello solo per ripararsi dal sole… E non lasciatevi prendere dagli allarmismi: il Sudafrica è più sicuro di quanto possiate immaginarvi. Forse è per via dei suoi caldi tramonti, o della sua fresca brezza oceanica, se adesso mi ritrovo terribilmente affetta da mal d’Africa. Beatrice Sacco
Foto di Alice Superci
Londra. È in un frizzante pomeriggio di dicembre che io e un’amica partiamo per Londra. Passiamo là tre intensi giorni. Per prima cosa facciamo una visita alla National Gallery, imponente, su Trafalgar Square: ospita così tanti dipinti (più di 2000!) che è consigliabile suddividerne la visione in giornate, oppure rischiate un’eccitante overdose d’arte! Molto meno lunga è stata la visita al museo di Sherlock Holmes, in Baker Street. Qui è stata riprodotta la pensione in cui l’investigatore e il suo braccio destro Watson abitavano: è possibile curiosare tra
Foto di Eleonora Sacco
le sue cose e meditare seduti alla sua scrivania, magari fumandosi un sigaro! Nel tempo restante abbiamo girato per la città, non potendo evitare di fare una visita a Buckingham Palace, al Big Ben e al parlamento… e di fare un po’ di sano shopping lungo Oxford Street e Portobello. D’obbligo è stata anche una visita a Soho, a Chinatown e a Carnaby Street. Se consiglio di andare a Londra? Ovvio! Non è romantica quanto Parigi, non ha i palazzi di Roma però è giovane, allegra e cosmopolita. E poi chi non ha mai pensato di andarci almeno una volta nella vita? Alice Superci
Miami. Sentendo parlare di Miami probabil- cubano che odora di caffè e frutta fresca. mente le prime cose a cui pensereste sarebbero sole, mare e zarri, e in effetti non avreste tutti i torti, ma c’è di più. Passeggiando lungo Ocean Drive il rischio di imbattersi in personaggi che paiono essere usciti dal Jersey Shore è molto alto e il clima pressoché caraibico non ostacola canotte bianche e costumi leopardati, ma basta allontanarsi dalla famigerata “beach” per entrare in un altro mondo. Dietro le ampie vie strabordanti di negozi e club esclusivi si estende la meno turistica Little Havana, il colorato quartiere Foto di Chiara Compagnoni
Girato l’angolo e attraversato qualche ponte si piomba poi nel quartiere più moderno di Miami i cui grattacieli di vetro si rispecchiano nell’acqua della laguna e da lì, con un taxi guidato da un sudamericano desideroso di emulare le corse di fast and furious, si arriva in fretta al Design District, dove si possono ammirare murales realizzati dai più importanti artisti contemporanei. Insomma, siete liberi di limitarvi agli eleganti hotel di ocean drive se vi va, ma la vera Miami è davvero molto meglio. Francesca Motta
Foto di Francesca Motta
Madrid. Prima della partenza l’opinione di Il Prado, Museo Nacional, è la traduzione spavisitatori precedenti rendeva l’aspettativa decisamente scarsa: “meglio Barcellona!” affermavano molti, interrogati sulle qualità della città, cui non attribuivano altri pareri. L’idea generata dall’influenza di tali giudizi individuava durante il viaggio d’andata una Spagna fredda, impersonale, privata del fascino barcellonese. Ma la Spagna, dal vivo, non può che essere una terra calda, vibrante di emozioni e, nella capitale, seppur diversa stilisticamente dal porto catalano, attraente e vitale. Madrid è città basilarmente differente dalla più contemporanea e giovane Barcellona, merita piuttosto attenzione per i suoi palazzi storici, gli edifici ottocenteschi e barocchi, i musei d’arte pittorica e scultorea.
gnola del Louvre, con una quantità inferiore di opere esposte, ma di quasi altrettanto valore (in quanto spagnolo cito il maestro Goya). Di interesse sono anche i musei d’arte moderna Thyssen e Reina Sofia. Della “cattolicissima Spagna” potete ammirare il Palacio Real, invidiabile dal “versagliese” Luigi XIV. Non si respira, però, un’aria monarchica, bensì progresso e gioventù hanno largo spazio, in una città ricca di novità, dove il tango è passato di moda e i matador sono sotto contestazione. Per assaporarne meglio e letteralmente il gusto, denso di innovazione anche nella tradizione, assaggiate la frittura pura dei churros, magari intinti in una libidinosa cioccolata. Chiara Compagnoni
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CULTURA
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Se l’esperimento Pilato rovescia la democrazia Contro l’ignoranza non si può niente, ma contro la sporcizia la battaglia non è ancora persa. di Jacopo Malatesta Liberamente ispirato al monologo di Ascanio Celestino “Ponzio Pilato”.
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i racconto una storia. C’era una volta Ponzio Pilato: intellettuale, politico, prefetto della Giudea. Un giorno decise di mettere alla prova la democrazia. Prese due prigionieri e li portò davanti al popolo. E disse: “Popolo, è Pasqua: scegli chi liberare”. Ma il Popolo era un bambino. Che ne sapeva di democrazia? Il Popolo tosava le pecore, mungeva le vacche, zappava l’orto. Era manipolato dai capi dei sacerdoti e dagli anziani: non pensava con la sua testa. Allora Pilato intervenne: “Ti do un suggerimento: uno è Barabba, un ladro di polli; l’altro è Gesù Cristo, Dio sceso in terra. Popolo, chi vuoi liberare?”. E il Popolo disse Barabba. Barabba, disse il Popolo. A questo punto Ponzio Pilato cos’avrebbe potuto fare? Criticare la democrazia? Accusare il popolo? No. Ponzio Pilato fece il gesto più alto della storia dell’uomo: Ponzio Pilato si lavò le mani. Straordinario. Come per dire: contro l’ignoranza non si può fare niente, ma contro la sporcizia la battaglia non è ancora persa. La democrazia è indifendibile; il popolo non è pronto per la democrazia, non la capisce.
“Pilato uscì di nuovo, e disse loro: «Ecco, ve lo conduco fuori, affinché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa». Gesù dunque uscì, portando la corona di spine e il manto di porpora. Pilato disse loro: «Ecco l'uomo!».”
influenzare: l’acqua lo pulisce da ogni re- andarono per il verso giusto. Pilato assesponsabilità e dubbio, lasciando gli eventi al condò il volere del Popolo allontanando il loro corso naturale. pericolo sommossa; Cristo fu crocifisso, E’ un copione intramontabile nel grande film ma tornò in vita e liberò gli uomini dal della storia: un Barabba ingiustamente pre- peccato e dal male: ogni tassello tornò al Tutta questa vicenda è di un’attualità stra- ferito a un Gesù Cristo, un popolo sguarnito suo posto, ogni attore recitò la sua parte. biliante. Duemila anni fa, una delle più illu- di discernimento, dei Maestri della Legge Nella trama più famosa nella storia delminanti parabole sulla democrazia e il ruolo che pensano al posto suo, una democrazia l’uomo. del popolo, capace di trafiggere e rovescia- manipolata e corrotta. E per ognuna di que- Forse le cose tendono ad aggiustarsi da re ogni certezza moderna. L’esperimento ste cantonate, manipolazioni, ingiustizie e sole, secondo un disegno logico che giuattuato da Pilato ci pone di fronte al falli- falsità ci sarà sempre un Ponzio Pilato pron- stifica ogni nostra azione. Meglio se non mento del potere condiviso. Alla prima to a lavarsene le mani, a lasciar scorrere il mi preoccupo troppo. Meglio se lascio grande elezione democratica della storia sangue sulle coscienze altrui. In fondo è correre le cose. Nel dubbio, io, mi lavo le l’uomo votò Barabba. Barabba non era un meglio così: dopotutto nel 33 d.C. le cose mani. ladro di polli, come la tradizione comunemente suggerisce, ma un esponente del PILATO IL PERPLESSO: TRA DEMOCRAZIA E OPPORTUNISMO partito degli Zeloti. Distante dal comprendere la portata innovativa della sua predica- Al di là di ogni bizzarra speculazione che possiamo trarne, la storia si è a lungo addentrata zione, il Popolo a Cristo preferì Barabba, nella questione Pilato, logorandosi o addirittura sbizzarrendosi. In ultima analisi, Pilato fu incarnazione dei sogni di indipedenza e di un perplesso, «un giudice che mancava di ogni strumento per poter giudicare, che ignoradifesa dell’ortodossia ebraica condivisi da va le cause del conflitto e ancora più impotente a immaginarne le conseguenze» (Massimo Cacciari). Ebbe da una parte gli ebrei ortodossi e dall'altra Gesù: scelse che se la vedessero gran parte dei Giudei. Il suo giudizio – vuotra loro, donde la condanna. Si piegò all’urlo di una popolazione indomabile e punì un tato di ogni pretesa di ragionevolezza – fu uomo che riteneva innocente. (1) Scelta opportunistica la sua, ma difatti fedele all’unica falsato dall’atto di persuasione di chi era logica conosciuta dalla democrazia, quella dei numeri. Il gesto di lavarsi le mani lo liberò più forte e influente, i maestri della Legge e da ogni responsabilità su una decisione che lo perplimeva; in fondo tra lui e Cristo sussigli anziani. In un meccanismo che di demo- steva una sostanziale differenza di linguaggio: per l’ebreo verità era “emet”, fermezza, cratico non ha nulla: il potere non è in ma- stabilità; per il romano era “veritas”, che al tempo di Tiberio poteva significare comprendall’alto a cui Cristo alludeva Pilato non lo concepiva: no al Popolo – bambino plagiabile e condi- dere la realtà delle cose. Quel potere parlavano due lingue diverse. (2) Su di lui in seguito i grandi pensatori si sarebbero divisi: zionabile – quanto piuttosto ai soggetti Nietzsche e Kelsen ne prenderanno le difese; per Kierkegaard, fece bene Gesù a non riinfluenzatori, che ne distorcono il pensiero: spondere. Poteva permetterselo. La sua vita era la risposta. millenni dopo Gramsci l’avrebbe chiamata (1) “Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco: io l’ho esaminato daegemonia culturale. Di fronte all’incapacità vanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate. […] del Popolo di scegliere in maniera razionale, Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. » (Giovanni 23, 14-15) Ponzio Pilato può solo lavarsi le mani, vitti- (2) «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo ma di una situazione che non può capire né chi mi ha consegnato a te ha un peccato ancora più grande.» (Giovanni 19, 11)
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CULTURA
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Una mano sempre tesa verso gli altri di Alessandra Ceraudo “Oggi è il 25 Dicembre, al mio tavolo non si trovano i miei familiari e parenti, ma un gruppo di amici che vivono in larga parte per strada: barboni, profughi, bambini rom, ma anche mendicanti, stranieri, anziani soli, malati di AIDS, malati psichiatrici e carcerati. Faccio parte della Comunità di Sant’Egidio e ho accolto due famiglie di origine cinese con i loro bambini, che durante l’anno frequentano la scuola della pace, seguita da me e da altri volontari. Ad essere presenti, però, oltre agli invitati, non siamo solo noi della Comunità; accanto ai poveri si raccoglie anche tanta gente comune alla ricerca di un senso vero del Natale, diventato spesso solo un rito vuoto: danno una mano, aiutano a preparare, a raccogliere ciò che è necessario o a servire durante il pranzo. Questo è il Natale che ho scelto, lontano dal comune modo di trascorrere questo giorno, distante dal consumismo, dall’ipocrisia, dalla chiusura in noi stessi; queste le persone che hanno reso il mio Natale un giorno meraviglioso”. Il pranzo di Natale con i poveri è una tradizione della Comunità di Sant'Egidio da
quando, nel 1982, un piccolo gruppo di persone povere fu accolto attorno alla tavola della festa nella Basilica di Santa Maria in Trastevere. Un numero sempre crescente di persone ogni anno si avvicina alla Comunità, spinto dal desiderio di tra-
forte. Sembra impossibile riuscire ad aiutare gli altri: siamo soffocati dal pensiero di noi stessi. Spesso, per dare una mano a coloro che si trovano in difficoltà, non serve solo il denaro, ma anche degli amici, dei sorrisi, delle persone sulle quali poter contare: e tutto ciò non implica dispendio ecoLa cena di Natale alla Comunità di Sant’Egidio nomico. Allora noi giovani, nonostante ci troviamo in tempo di crisi, abbiamo la possibilità, ma anche il dovere, di andare a recuperare un po’ di buona volontà, che ci permetta di dare qualcosa agli altri; tutti sappiamo quanto sia bello ricevere, viviamo in modo più o meno agiato, ma vi siete mai chiesti quanto sia meraviglioso dare? A casa di Lisa, bambina cinese di otto anni, Babbo Natale non è passato per via della crisi; imscorrere un Natale diverso, dove l’aiuto e maginate la sua tristezza. Non c’è nulla che ci l’affetto nei confronti del prossimo sosti- impedisca di provare a rendere felice Lisa tuiscono l’insipida banalità dei tradizionali donandole affetto e disponibilità. Possiamo cenoni di famiglia. Tutti lavorano al meglio essere pronti non per forza a grandi imprese, per un’ottima riuscita della festa. Il pranzo ma anche a piccoli gesti che possono rendesi conclude con auguri in quaranta lingue re gli altri, in questo caso una tenera bambidel mondo, pronunciati da invitati di varie na, molto felici. Dunque non pensate che sia nazionalità; questo pranzo è l’insieme di sufficiente aiutare e amare solo a coloro che età, lingue, tradizioni, religioni diverse: un fanno strettamente parte della vostra cerimmenso popolo senza confini. Con un’Ita- chia di amici e parenti; non vi preoccupate di lia colpita dalla crisi, la povertà in crescita dedicarlo a coloro che all’inizio non conoscee i sempre più numerosi disoccupati, la te, perché il nostro cuore lo ha reso una fonpercezione di un senso di impotenza è te rinnovabile.
È lieto di presentarvi... Concorso di scrittura: racconto breve
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en trovati, amici e nemici de “L'Oblò sul Cortile”! Le vacanze, la neve e i panettoni han portato riposo alla redazione del vostro vecchio giornalino, e le indigestioni natalizie ci han fatto venire un'idea un po' bizzarra: vi proponiamo di cimentarvi in un CONCORSO DI RACCONTI BREVI. L'Oblò ha sempre avuto fra i suoi punti cardine il sogno di sensibilizzare gli studenti del Carducci e di coinvolgerli in progetti dilettevoli, come ad esempio è stato per i vari concorsi di fotografia. Questa volta ci è sembrata un’idea interessante quella di mettervi alla prova in un amichevole agone di racconti. Prendete carta e penna, o piazzatevi davanti al computer, e date libero sfogo alle vostre capaci-
tà narrative! Mettete per iscritto quella storiella buffa che immaginate fin da quando siete bambini... o raccontateci quell'aneddoto assurdo, incredibile in cui vi siete ritrovati invischiati... o fateci venire i brividi raccontandoci qualche storia dell'orrore! Qualunque cosa, non avete limiti, nessuna restrizione all'immaginazione: il TEMA di cui potrete scrivere è assolutamente LIBERO, quindi sbizzarritevi. Avete a disposizione un MINIMO di 6000 e un MASSIMO di 12000 CARATTERI. La data entro cui farci pervenire i vostri elaborati è il 27 Febbraio. Inviateli all'indirizzo e-mail concorso.letterario@hotmail.it. Li valuteranno dei severissimi giudici scelti fra quel gruppo di bizzarri individui che
ogni giovedì in sesta ora (la redazione è aperta a tutti, vi ricordiamo!) si riunisce in una grotta giù nel seminterrato. I 10 racconti brevi meglio scritti e coinvolgenti verranno pubblicati in un inserto speciale che uscirà in allegato a più numeri dell'Oblò. Sia che siate scrittori provetti, sia che a stento sappiate tenere in mano una penna, voi provateci: può essere una buona occasione per scoprire una dote nascosta, o che vi diverte cimentarvi in quella balzana attività appresa in prima elementare: scrivere. Non avete niente da perdere. In bocca al lupo a tutti voi, giovani romanzieri!
Carlo Simone e La Redazione
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CULTURA
A NNO VI — N UM E R O I I I
L’indie che non conosci di Luca Cassanego
Klaxons
The Zen Circus
Boxcutter
Si ritorna in ambito prettamente indie rock con i Klaxons, gruppo londinese formatosi nel 2005 che due anni fa ha pubblicato il proprio secondo lavoro “Surfing The Void”. Si tratta di un album dai precedenti particolarmente travagliati, con voci che parlavano di cambio radicale di stile, live di pietosa qualità, di poco antecedenti alla pubblicazione e preoccupanti indiscrezioni su una possibile sostituzione di manager. A sorpresa invece il disco si rivelò una vera perla dell’indie rock più prossimo a influenze elettroniche, con suoni che ricordano una versione sottoposta a MDMA dei Muse, e brani ideali per esprimere le proprie doti canore e “dancerecce”. Un album fresco e veloce, con toni che spaziano dal prog al pop fino alla dance, per uno dei più promettenti gruppi indie in circolazione.
Anche su questo numero all’interno della rubrica viene assegnato uno spazio al fronte indie italico, questa volta rappresentato dagli Zen Circus. Si tratta di una band che dal 1994 calca le scene musicali, ma che nell’ultimo periodo ha trovato nuova linfa vitale, anche grazie al continuo supporto del sito Rockit.it (un portale di musica italiana, particolarmente attento agli artisti emergenti provenienti dalla fascia meno mainstream). Tre anni fa il trio ha ottenuto numerosi consensi con il disco “Andate Tutti Affanculo” lavoro dalla forte componente satirica, che affronta l’immagine del Belpaese nell’ultima decade, che ha consolidato la loro figura di esponenti di spicco dell’indie rock italiano. I brani si susseguono in modo graffiante, con suoni punk e folk tipici delle loro precedenti pubblicazioni, senza disdegnare però sonorità più rock. I tre ragazzi di Pisa ad ottobre dell’anno appena trascorso hanno pubblicato “Nati per subire”, preceduto dal singolo “L’Amorale”.
Questo mese la rubrica si apre con un irlandese di nome Barry Linn, meglio conosciuto come Boxcutter. Il ragazzo in questione è uno degli iniziatori della Dubstep, un genere musicale recentemente portato alla ribalta dall’artista americano Skrillex e dal sito inglese UKF. In realtà i due promotori hanno dato un’immagine distorta del genere in questione, in quanto la musica da loro diffusa è influenzata da un uso frequente del drop (l’attimo in cui si modifica la linea di basso o di batteria) e a sonorità molto vicine alla musica house, e quindi facilmente ballabili. La musica di Linn si basa invece su toni cupi e pesanti, sfrutta dei bassi elastici e gommosi e il tempo è decisamente più lento. Il risultato sono dei brani che permettono all’ascoltatore di immergersi e perdersi all’interno della melodia, in un contesto di assoluta tranquillità animata solamente da una batteria e da un basso.
Il bambino sottovuoto di Chiara Conselvan ristine Nöstlibger è un’attenta e innovativa autrice per ragazzi, vincitrice del premio internazionale Hans C. Anderson per la letteratura per l’infanzia. Ma nella piccola sala Baush dell’Elfo Puccini, di giovanissimi che attendevano di assistere alla trasposizione di uno dei suoi geniali romanzi per teatro non ne ho visti molti. Il titolo della rappresentazione è già di per sé curioso e invitante: “Il bambino sottovuoto”. Appena letto sulla locandina, questo strano appellativo non mi sembrava nuovo: infatti mi sono ricordata di un testo presente nella mia antologia delle medie intitolato allo stesso modo. L’incipit era lo stesso che mi aveva conquistato anni fa, ma, non avendo completato la lettura del romanzo, non ho mai saputo come proseguisse la storia. Il brillante monologo di un’ora e mezza di Cristina Crippa in quella piccola sala del Teatro dell’Elfo ha saziato la mia curiosità! L’attrice interpretava Berta Bartolotti, un’originale donna di mezza età che vive sola, separata dal marito ormai da anni, e si procura da vivere realizzando tappeti unici nel loro genere. Molto creativa e disordinata, un tempo la signora Bartolotti aveva sentito il desiderio della maternità ma, una volta
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separata, si era legata senza molti impegni Quando, infatti, la multinazionale si accorge al farmacista Giuseppe, assai diverso da dell’errore di consegna e sempre più fattolei perché tanto abitudinario da sembrare rini vengono a reclamare il bambino, lei noioso. Quando un giorno la signora Bar- non è disposta a cederlo e, insieme all’unitolotti si vede recapitare inaspettatamen- ca amica di Marius, Kitty, elaborano un te un barattolo dentro il quale “un nano piano infallibile. La multinazionale cerca un raggrinzito” chiedeva fosse versata una bambino buono e ubbidiente da consegnasoluzione nutritiva perché potesse diven- re alla famiglia che ne aveva fatto richiesta. tare un bambino, la sua vita cambia radi- Così, in pochi giorni, grazie alle mirate leziocalmente: ora è ni di Kitty, Marius si trauna mamma e sforma in un bambino in“Marius è un bambino sintetico deve imparare a solente e indisciplinato. comportarsi di Alla vista del prodotto creato da una potente conseguenza. “avariato”, gli emissari Marius è un multinazionale per soddisfare le della fabbrica e i potenziali bambino sintetigenitori si allontanano richieste di genitori esigenti” co creato da una delusi. Marius rimarrà potente multinaquindi con la signora Barzionale per soddisfare le richieste di geni- tolotti accudito anche dal farmacista Giutori esigenti con poco tempo da dedicare seppe. Ma dovrà rimanere discolo o tornaai figli. La signora Bartolotti instaura da re il bambino perfetto come uscito di fabsubito con lui un rapporto speciale, dato brica? Le risposte discordanti dei genitori anche dal fatto che parte delle cose che fanno intendere come l’educazione di Maun bambino dovrebbe imparare da una rius in futuro sarà incentrata meno sui commadre, tra cui le regole di comportamen- portamenti studiati a tavolino e imposti al to, Marius già le ha apprese, mentre la bambino dalla multinazionale e più sulla neo-mamma, poco abituata a trattare con valorizzazione della sua personalità, poiché i bambini di otto anni, sta prendendo con- alla signora Bartolotti, come anche a noi, la fidenza con una realtà del tutto nuova, naturalezza, l’unicità e l’originalità piaccioche è Marius a insegnarle. no più della monotona perfezione.
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La Redazione dell’Oblò Sul Cortile Caricature a cura di Elena Di Luca
Collaboratori esterni: Luca Cassanego 4F, Ermanno Correttori di bozze: Silena Bertoncelli 3C, Chiara Compagnoni 5G, JaDurantini 5G, Lorenzo Giudici 4G, Arianna Magna 5H, copo Malatesta 3C, Eleonora Sacco 4F, Dario Zaramella 4A Francesca Motta 5F, Mariam Ndyaie 2B, Michele SpinicLa Redazione si tiene ogni Giovedì alle 13.15 nel seminterrato! Ti aspettiamo! ci 3E, Alice Superci 4F.