L'OblòSulCortile_2011dMaggio

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NOME SOCI E TÀ

A N N O V — N UME R O V I M AGG IO / G IUGN O 2011

M agg io/Giug no 201 1

Giornalino del Liceo Ginnasio Statale G. Carducci, Milano


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L’Editoriale

Maggio, studente fatti coraggio - Giugno, studente tirati un pugno

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un altro anno è andato (la sua musica ha finito!) e L’Oblò, con il suo sesto numero (!), di ben 24 pagine (!!!), vi saluta e vi augura buone vacanze, o Carducciani che ci spiate da sotto il banco durante le ormai insostenibili lezioni. Innanzitutto vorremmo ringraziare tutti gli studenti, professori e personale ATA che ci hanno sostenuto e magari scritto: L’Oblò continua ad esistere solo grazie a voi. Ringrazio anche chi ci ha aiutato a organizzare gli eventi (per concludere in bellezza il ciclo di concerti di quest’anno vi aspettiamo il 10 Giugno in cortile), chi ci dà sempre nuovi suggerimenti, chi ci insegue per i corridoi per dirci “Il nuovo numero è fantastico!”, e anche chi ci ha criticato in modo costruttivo al fine di migliorare il giornale. Qualora vogliate scriverci anche durante l’estate, vi ricordo che esiste ed è finalmente attivo il nostro blog oblocarducci.blogspot.com: aspettiamo i vostri articoli, le vostre esperienze estive e le vostre foto! Infine, spero apprezzerete questo misero ma simpatico tentativo d’addio ai nostri cari ‘92, che quest’anno affrontano la tetra e terribile maturità... Suvvia, niente sospiri, niente pianto, L’Oblò ci sarà anche il prossim’anno, tanto! Purtroppo, accidenti, avremo perdite consistenti, sia dal punto di vista affettivo sia da quello “lavorativo”: ci saluteranno (Beati loro) Dario e Mattia, redattori veterani d’esimia simpatia, e anche Xhestina, arzilla e scottante sebben piccolina, e poi Giuliano, quieto e affascinante musicista americano, e ancora Riccardo, fedele collaboratore in battuta beffardo, e infine Claudio, l’onesto poeta

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dell’attualità, che la sa lunga di legalità. Eppure confido –di certo sarà così– che bravi ragazzi sostituiran questi qui; pertanto spero che la nuova generazione rimpolpi e migliori la redazione. Ohimè, ma come farem l’anno venturo, se dei ‘92 rimarran solo le scritte sul muro? Per il Carducci tanto hanno fatto, e nei nostri cuori è rimasto un patto: che spesso ci vengano a salutare quando a lezione non dovranno andare. Ma proprio non riesco a immaginare con chi l’intervallo potrò passare, e non so da chi potrò farmi aiutare se i compiti di fisica non saprò fare: spero dunque per me e per te che parimenti sian bravi i ‘93; di nobile cuore, gentili e onesti si son dimostrati tutti questi, e quindi credo che arduo sarà ben eguagliare cotanta bontà; ahi, però, come mi mancheranno! Vorrei non piangervi per tutto l’anno! Anche se voi sarete felici noi piangeremo tutti gli amici, che, finita la

maturità, se la squagliano all’università. Beh, ve lo siete però meritato, cinque anni ognun s’è “smazzato”!, e, anche se dirlo non conviene, credo ne abbiate le “palle piene”. Forza, quindi, a testa alta andate, e la maturità degnamente affrontate! Grazie per quel che ci avete lasciato, di sicuro non verrà scordato. Resistete ancora luglio e giugno, per i nemici riservate il pugno!, sono sicura che rider (?) vi farà ripensare tra un lustro alla maturità. In fondo però un po’ d’invidia c’è, anch’io vorrei studiar sol quel che piace a me! Grazie ancora davvero infinite, e, appena potete, da scuola fuggite! O amici miei cari cui giugno sembrerà cupo, che posso dirvi? In bocca al lupo! Durate, ben presto finiranno le pene: spero vi rincuori saper che vi vogliam bene! Eleonora Sacco

S OM M ARI O Copertina di Elena Di Luca

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Editoriale + Foto della Redazione

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Cortesemente, si cianci meno

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I consultori — 1 Maggio

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L’accoglienza italiana a un’emigrata

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Voglia di cambiare — La musica

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La musica sveglia il tempo

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Teatro 1B — Leggende carducciane

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Pagellini trofeo Perrone — Maggio

9

Romolo il Grande picture show

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Tutto finisce — Orchestra Carducci

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Intervista a Loris Fabiani

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Catilina

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Invano? — La video-scultura di Milano

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Attentati alla vita di lei

15

Nazionale italiana - Fatta per resistere

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Il canto lirico

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Intervista ai Revo Fever

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Jovanotti in concerto

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Le barze + La piccola vigna

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Mozzarelle virtuali — Strizzacervelli

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L’angolo del Tamarro

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Giochissimi estivi!

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P.S. Il titolo è ispirato a un aforisma del collaboratore ’92 noto a Concorso fotografico + Vignetta tutti come Toso.

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Foto di redazione nell’aula dell’Oblò da sinistra in alto: Claudia, Chiara M, Alessandra, Chiara Cons, Silena, Mattia, Dario Z, Giovanni, Riccardo (Toso), Claudio e Silvia; da sinistra in basso: Maria, Alessandra, Eleonora, Beatrice, Laura, Martina, Dario (Peppy!) e Giuliano. Mancano Chiara , Xhestina e Leonardo.


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Cortesemente, si cianci meno

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irano strane storie fra le redazioni servati. Successivamente i racconti del sudegli house organ berlusconiani, pertestimone vengono confermati dai vari specialmente degli ossimorici Conso, Martelli, Ferraro e Violante, che Libero e Il Giornale, circa Massimo recuperano improvvisamente la memoria a Ciancimino e il suo recente arresto per calun- distanza di quasi vent'anni. A dirigere le nia. Secondo questi giornali (si fa per dire) indagini questa volta sono i procuratori modello della libertà di stampa (si fa sempre Antonio Ingroia, Antonino Di Matteo e Paoper dire), Ciancimino sarebbe un calunniatore lo Guidi, i quali il 30 giugno del 2009 contedi professione, assurto a "icona" dell'antima- stano al figlio di don Vito il famoso "foglio fia perché i pm di Palermo credevano cieca- A4", dopo averlo rinvenuto sul fondo di uno mente alle sue parole e, anzi, lo usavano scatolone delle carte del processo per ricicontro Berlusconi (poco importa se sono stati claggio. Lui sulle prime mente, poi dice di proprio i pm palermitani a farlo arrestare e se non volerne parlare, dopodiché è costretto non sia mai stato giudicato a vuotare il "genericamente attendibile"). E, sacco, sve“Un falso, il primo accertato nelle adesso che la Scientifica ha scoperlando una to che uno dei circa 150 documenti carte prodotte dal teste: qualcuno corrisponpresentati dal teste è falso, allora lo denza fra ha artefatto quel documento col sono anche tutti gli altri. OvviamenProvenzano te le cose non stanno così. Ricapito- Photoshop copiando il nome di De e Berlusconi lando. Nel 2005 Massimo Ciancimifra il 1992 e Gennaro dall'appunto e no, figlio di don Vito – sindaco di il 1994 e una Palermo in quota Dc per conto di serie di doincollandolo sulla cartolina” Cosa nostra tra il 1970 e il 1971, già cumenti del assessore ai lavori pubblici nel peripadre riguarodo del cosiddetto "Sacco di Palermo" –, danti Berlusconi e Dell'Utri e i loro rapporti compare per la prima volta davanti alla Pro- con la mafia, ritenuti autentici dalla Scienticura di Palermo (diretta da Piero Grasso e fica. Così come tutti gli altri 55 analizzati dei Giuseppe Pignatone), in qualità di indagato circa 150 presentati, utilizzati dunque in per il riciclaggio del tesoro del padre. I pm gli altri vari processi come indizi o come prove. sequestrano 64 milioni e gli perquisiscono Ed eccoci a noi. Nel luglio scorso Ciancimino l'abitazione - senza notare la cassaforte, pur consegna alla Procura la fotocopia di una presente, bene in vista e fotografata dagli cartolina recante, sulla sinistra, una lista di investigatori nel 2009 - dopo averlo intercet- nomi di funzionari dello Stato collusi con la tato per due anni. Ma i nastri, con le conver- mafia – per lo più dirigenti della polizia e dei sazioni con alcuni familiari riguardanti alcuni servizi (il cosiddetto "Quarto Livello") – più parlamentari siciliani (Vizzini, Romano, Cuffa- un certo "Gross", il cui nome è collegato ro) e un assegno di 35 milioni versato da Ber- con una freccia a un altro nome scritto sulla lusconi a don Vito nei primi anni '80 destra da un'altra mano: "De Gennaro". (conservato nella cassaforte di casa Ciancimi- Ciancimino jr spiega ai pm di essere stato lui no), vengono riposti in un cassetto. Sorte a scrivere i nomi a sinistra, sotto dettatura peggiore, invece, per un altro appunto, del padre, che invece avrebbe aggiunto di "parte di foglio A4 manoscritto contenente suo pugno il nome di De Gennaro, il quale, richieste all'on. Berlusconi per mettere a secondo il superteste, sarebbe Gianni, ex disposizione una delle sue reti televisi- capo della polizia e della criminalpol di Pave" (pena un "triste evento"), rinvenuto dai lermo (oggi a capo dei Servizi Segreti), carabinieri fra le carte di Ciancimino, che "icona" dell'antimafia investigativa. Il docuscompare dagli atti del processo senza che mento viene dunque consegnato dalla Prol'indagato sia interrogato a riguardo. Nel cura alla polizia scientifica, perché ne accer2007 (19 dicembre) però, Ciancimino viene ti l'autenticità. E la Scientifica certifica che la intervistato da Gianluigi Nuzzi, su Panorama. lista dei nomi a sinistra è stata scritta da Rivela di aver preso parte alla trattativa fra il Massimo e "De Gennaro" è stato scritto da capitano del Ros Giuseppe De Donno e il don Vito. Tutto regolare, dunque. Finché il padre riguardo alla "cattura dei superlatitan- 20 aprile scorso arriva il referto della Scienti", mettendo l'uno in contatto con l'altro tifica su un altro documento, consegnato "subito dopo la strage di Capaci" e di non mesi prima ai pm: un appunto manoscritto essere "mai stato interrogato su queste trat- di don Vito su un vecchio magistrato ormai tative e sulle stragi". Così la Procura di Paler- in pensione, quasi omonimo di De Gennaro: mo, diretta ora da Francesco Messineo, lo Giuseppe Di Gennaro, citato erroneamente convoca per interrogarlo. E Ciancimino con- come "De Gennaro". I poliziotti della scienferma tutto, aggiungendo molti altri partico- tifica, insomma, scoprono che la parola "De lari e consegnando alla magistratura il Gennaro" è identica a quella presente nella "papello" con le richieste di Totò Riina allo fotocopia della cartolina. Un falso, il primo Stato e altri documenti del padre da lui con- accertato nelle carte prodotte dal teste:

qualcuno ha artefatto quel documento col Photoshop copiando il nome di De Gennaro dall'appunto e incollandolo sulla cartolina. Secondo i pm quel qualcuno è Ciancimino, che aveva affermato: "quel nome l'ho visto scrivere a mio padre". Così il supertestimone viene arrestato e condotto in carcere a Parma. Apriti cielo. Come prevedibile, alla notizia dell'arresto, dalle file dei peones arcoresi e dei loro cani da riporto si è levata una pletora di commenti e dichiarazioni deliranti e sconnesse dalla realtà. Maurizio Belpietro, su Libero, se la prende con gli "illustri colleghi della stampa progressista" che "si sono prestati a intervistarlo in pubblico. Dimenticando che il primo periodico ad intervistare Ciancimino fu Panorama, diretto da tale Maurizio Belpietro. Giuliano Ferrara arriva a chiedere la condanna a dieci anni di Antonio Ingroia "per attentato a organi costituzionali". Il Giornale, notoriamente "garantista" quando si tratta di difendere il padrone, per la penna di Gian Marco Chiocci parla di un Ciancimino "sprofondato nella polvere della calunnia", colpevole ancora prima di essere processato (si attendono interventi di Pigi Battista sulla "presunzione di innocenza"); e racconta che "il pm Antonio Ingroia, nel suo ultimo libro, Il (sic) Labirinto degli dei, definisce Ciancimino "un'icona dell'Antimafia". In realtà, il magistrato, a pag. 178 del suo libro, dopo averne criticato "la smania di apparire", scrive così: "Massimo Ciancimino non è certo attaccato alla cultura paterna dell'omertà. Il suo problema è, semmai, l'opposto: quello di parlare troppo, preferibilmente coi giornalisti, specie dei suoi interrogatori, per i quali è tenuto a rispettare la segretezza. Un imputatotestimone che scrive libri imbastiti con il contenuto delle sue dichiarazioni. E' molto "americano" Massimo Ciancimino, uomo dei media e per i media, nel bene e nel male. E per una metamorfosi mediatica, oggi il figlio di Ciancimino è arrivato a diventare un'icona dell'antimafia". Nelle due pagine successive, in più, pur riconoscendo "l'importanza del contributo di conoscenza da lui apportato, anche perché fondato prevalentemente su documenti autografi del padre finora inediti" (e, è bene ricordarlo, tutti autentici meno uno), Ingroia esprime "tanti dubbi sull'attendibilità del giovane Ciancimino". Balle, dunque. Dopodiché Chiocci vaneggia circa non meglio precisate "calunnie copia&incolla su Berlusconi (chissà perché, quelle, non meritevoli d'arresto)". Peccato che i documenti su B. siano stati certificati come autentici dalla stessa Scientifica che ha smascherato il falso su De Gennaro. Insomma, certi giornali e certe persone non si smentiscono mai. Più che parlare di Ciancimino, allora, cortesemente, si cianci meno. Claudio Fatti


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CONSULTORI: PASSATO, PRESENTE... E FUTURO?

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os’è accaduto ai consultori pubblici, una volta luoghi di frontiera sul terreno dell’autodeterminazione, frutto delle lotte sociali e politiche delle donne? Torniamo indietro nel tempo in un paese in cui le parole “utero” e “aborto” sono considerate parolacce, in cui la parola “sessualità” vorrebbe essere associata solo a “riproduzione” e in cui la parola “contraccezione” è stata usata pubblicamente per la prima volta nel 1964. Sul finire degli anni cinquanta incominciarono a prendere vita le prime esperienze autogestite di consultorio di matrice laica, messe in piedi da chi non concepiva la sessualità come un tabù e voleva abolire il divieto alla contraccezione e all’aborto. Fu a Milano, nel ’55, che venne fondato, da una delle neonate organizzazioni, il primo consultorio in Italia. A metà degli anni ’60, mentre la pillola arrivava, anche se somministrata solo per fini terapeutici, in Italia, nacque il CEMP, Centro educazione matrimoniale e prematrimoniale, nome adatto a non insospettire i benpensanti, nelle cui sedi venivano tenute, nonostante fosse proibito, lezioni su sessualità e contraccezione e in cui, per le visite, si indirizzavano le donne ad una rete di ginecologi di fiducia. Fu solo nel ’75, in ritardo rispetto a molti altri paesi, che questi esperimenti di servizio socio-sanitario vennero riconosciuti con la legge 405. E vissero tutti felici e con-

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'altro giorno ero in metropolitana e mentre sfogliavo il Metro del giorno, noioso come al solito, mi è caduto l'occhio sul trafiletto in prima pagina che la capo redattrice di quel giornale (tale Paola Rizzi) aveva scritto riguardo alla polemica sorta per la festa del lavoro dell'1 maggio. C'era scritto che è un'ingiustizia che a tale festa non vengano attribuiti l'importanza e lo spazio che ha, invece, una festa come il Natale che a detta sua ci vuol ricordare un "evento paranormale" e non coinvolge milioni di persone come invece fa la festa dei lavoratori. Mentre mi immaginavo divertito un Natale paranormale alla X-Files con un Gesù alieno che scende nella mangiatoia a bordo di un disco volante e l'asino e il bue di uno strano colorito verde, ho espresso con una mail il mio scetticismo alla signora Rizzi riguardo la sua effettiva conoscenza di cosa il Natale stia a ricordarci -cioè un fatto che, per chi ci crede, è stato reale e fatto di carne e sangue, altro che paranormale- ed esprimevo il mio dubbio che nell'animo del popolo della nostra Penisola il sentimento verso la festa del lavoro sia effettivamente più radicato e sin-

tenti? No: l’aborto continuava a essere illegale. Rimase ancora tale per altri tre anni, fino a quando, nel 78, dopo continue pressioni, nonostante le proteste, proprio stranamente, della chiesa, venne varata la famosa legge sull’aborto, la 194, già allora criticata da alcune perché risultato di troppe mediazioni e poiché si riteneva che avrebbe abbandonato le donne a un itinerario burocratico saturo di resistenze, pregiudizi e ostilità da parte della classe medica, che è esattamente quello che accade oggi. Il dibattito sull’aborto, nato da ciò, attraversò i consultori aperti dal movimento femminista, che si differenziavano molto da quelli creati negli anni precedenti: le femministe cambiavano il modo di concepire il rapporto paziente-medicina, facevano l’auto-visita ginecologica di gruppo, si muovevano per fornire un livello di informazione più alto possibile e, fino a quel momento, avevano tenuto in vita una rete che garantiva l’aborto clandestino. Insomma, il consultorio era vissuto come luogo di incontro, discussione e organizzazione, un luogo in cui si imparava a conoscere il proprio corpo per poi rivendicarne la proprietà. Il tutto basato sull’autofinanziamento e sulla gestione partecipata dello spazio. Fantastico, no? Arrivarono, però, gli anni di riflusso: gli anni ’80, nei quali calò l’interesse per una gestione partecipata

del consultorio, che cominciò, mano a mano, nonostante una lieve ripresa negli anni della lotta contro la violenza sessuale, a trasformarsi nel luogo fin troppo simile a un ambulatorio che tutte ben conosciamo. Negli ultimi tempi abbiamo assistito a politiche di smantellamento e privatizzazione dei consultori e dei loro servizi: la legge prevede la presenza di uno di questi presidi sanitari ogni 20mila abitanti, ma una recente mappatura mostra che non si arriva a 0,8, le assunzioni sono bloccate, gli ultimi finanziamenti risalgono al 2008, l’Asl di Milano ha diffuso una circolare con cui intende bloccare i corsi di educazione sessuale nelle scuole, sono stati stanziati fondi per il progetto NASCO, che prevede una retribuzione di 250 euro al mese per le donne che decidono di non abortire e il privato viene valorizzato più del pubblico. Per non parlare della travagliata vicenda della povera pillola abortiva RU486, dell’aumento degli obbiettori di coscienza e del ruolo assunto oggi dal consultorio, che sembra farsi beffa di anni e anni di lotte per una sessualità libera e consapevole e per il riappropriarsi del proprio corpo. La sessualità è un campo di battaglia in cui bisogna difendere o far riconoscere i propri diritti ma come è possibile combattere se la nostra stessa arma, l’informazione, è oggi sotto continuo attacco? Isadora Seconi

1 Maggio cero di quello verso le nostre radici culturali Cristiane, da qui il Natale, la Pasqua, e compagnia cantante. Non contento, ho voluto accertarmi di quale effettivamente fosse il valore attribuito alla festa del lavoro da parte di chi la festeggia, e così domenica 1 maggio ho fatto un sopralluogo là in viale Paleocapa (accanto al Parco Sempione, per intenderci) dove erano state organizzate le famose celebrazioni di questa festa. Passeggiando per tale zona ho avuto in principio l'impressione di stare entrando in un gulag della seconda guerra mondiale per l'incredibile numero di bandiere con falci e martello che salutavano i nuovi arrivati; ma mi è bastato assai poco per rendermi conto che altro che gulag, ero arrivato proprio su un altro pianeta. Credo che non fosse consentito partecipare ai festeggiamenti della festa del lavoro senza avere tre o quattro piercing. Ragazzi e ragazzini -di "lavoratori" più adulti non ne ho quasi vistisfoggiavano capigliature e cenci quanto mai bizzarri, tutti quanti puzzavano alla grande, c'era un frastuono indicibile per via dei vari camioncini parcheggiati adibiti a impianto

stereo, tutta quella bella zona era invasa dalla sporcizia (tanto che un mio amico che abita lì, il giorno dopo ha visto passare i netturbini con largo anticipo rispetto al solito) e si sentiva inoltre un certo odorino di spinelli e canne varie. Il meglio che ho visto erano un lui sdraiato per terra ad esplorare con il naso (!) gli orifizi tra le chiappe di una lei, e un simpaticissimo omosessuale che aveva poco del gay e tanto dell'esibizionista per come era conciato e per come si comportava, andando in giro urlando "Votate Lady Gaga, non Berlusconi!". Proprio quel mandrillo del Berlusca è stato forse quello uscito peggio dai temibili festeggiamenti della festa del lavoro, in quanto ogni singolo manifesto elettorale con su il suo faccione o quello della Moratti o di altri candidati di centrodestra per le elezioni comunali era stato strappato e lacerato e reso irriconoscibile, così che in giro ammiccassero soltanto i musi dei candidati di sinistra. Un intero cartellone elettorale era stato divelto dalla sua base e abbandonato in un angolo. Ora, non accuso niente e nessuno, sia chiaro, e se ci si organizza per far casino ognuno è libero di farlo a modo suo: racconto semplicemente ciò che ho visto


M A G GIO / G IU GN O 2011 con i miei occhi. E mi sorge spontanea una domanda: ma che modo è di festeggiare la festa del lavoro, che è cosa tanto nobile e dignitosa? Immergersi nei meandri della inciviltà, così lo si festeggia? Ma che festa e festa, quello era un carnaio, una puzzolente ressa di ragazzini arrabbiati, che mi ammazzo se sanno davvero cosa significa lavorare, se si devastano di fatica ogni giorno per portare a casa qualcosa da mangiare! Chi davvero avrebbe avuto qualcosa da festeggiare non era di sicuro lì in quel momento, e quell'orda di barbari a mio parere ha soltanto macchiato con la propria inciviltà il

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A T T U A LI T À concetto stesso di ciò che stavano festeggiando, una scusa come un'altra per fare un po' di casino, in modo pericoloso -tra l'altro- perchè ho sentito più e più volte la sirena delle ambulanze. E questa "festa del lavoro" sarebbe simbolica, emblematica, parte viva del cuore della gente italiana? Un'altra festa stava avendo luogo proprio in quelle ore, più a sud, a Roma, dove un vecchietto ha proclamato beato un altro vecchietto, che col suo grande operato ha tirato giù dalle aste quelle bandiere rosse nei paesi dove ancora sventolavano. Non dei ragazzini “casinari” ma tutto il mondo

P A GIN A 5 era stato invitato, in due milioni si sono presentati, e guardando la sera quelle immagini alla televisione ho avuto come l'impressione che ben altro spirito appartenga alla gente italiana che non quello di amore verso la intoccabile festa del lavoro. Un fascino, una forza attrattiva, un affetto per quel defunto papa che sono davvero in grado di esaltare il cuore della gente e di chiamarla in san Pietro per festeggiare: altro che festa dell'1 maggio. Carlo Simone

L’accoglienza degli Italiani verso un’emigrata

n Italia, di questi tempi, si parla tanto di emigrazioni regolari o irregolari, di richiesta insistente della cittadinanza italiana, di discriminazione nei confronti degli stranieri, dunque ho pensato di intervistare una ragazza cinese, che fa parte della Comunità di Sant’Egidio, arrivata in Italia una decina di anni fa, e raccontare le sue avventure in questa nostra nazione, da un lato tanto bella ed accogliente, dall’altro piena di ingiustizie.

Avere una compagna di classe straniera era una grandissima novità e tutti erano molto interessati a me. L’insegnante di storia mi aveva chiesto addirittura di fare ai miei compagni una lezione sulla storia della Cina. I Professori erano molto disponibili e mi davano ripetizioni di italiano al pomeriggio; la mia insegnante di italiano mi aveva trovato una volontaria cinese che mi dava una mano nello studio. All’età di sedici anni c’è sempre il “rompipalle” che Tua breve presentazione (studio, lavoro, fa le battutine antipatiche. Dopo tanti anni in Italia dentro ti senti passioni...) Mi chiamo Xiaomin Zhang, ho 27 anni e stu- prevalentemente cinese o italiana?

favorisce certamente l’integrazione. Una persona è quello che gli altri dicono che sia; gli altri mi dicono che sono cinese perché ho gli occhi a mandorla, o che sono italiana perché parlo benissimo la lingua. Troppo spesso si è portati a giudicare guardando solo i tratti somatici.

dio Design di interni al Politecnico. Amo Mi sento cinese e italiana al tempo stesso l’arte, l’architettura, mi piace molto viaggia- perché mi porto dentro una parte legata re e fare volontariato. Penso alla Cina, ma dopo che sia veramente bello e tutti questi anni in “In Italia è difficilissimo gratificante sentirsi d’aiuto Italia sono molto ottenere la cittadinanza, che legata ai miei amici per gli altri. italiani. Un’identità Quanti anni avevi quando non è un diritto, bensì una plurale non deve sei arrivata in Italia e qual è essere un conflitto stato il primo impatto? concessione” interiore, bensì Sono arrivata in Italia all’età una ricchezza. Non di sedici anni; all’inizio avevo molte difficol- si può chiedere se una persona si senta più tà linguistiche, il giorno della versione di italiana o cinese, perché sarebbe come latino dovevo presentarmi a scuola con tre chiedere se si vuole più bene alla mamma vocabolari: cinese, latino e italiano. Trovata o al papà. la parola italiana non sapevo assolutamente cosa volesse dire e mi trovavo costretta a Quando hai iniziato la tua battaglia per cercarla lettera per lettera in cinese; fortu- ottenere la cittadinanza italiana? Come si natamente avevo un’insegnante molto com- sta svolgendo? Come funziona la conquiprensiva che mi faceva fare solo metà ver- sta della cittadinanza? sione. I primi tempi non avevo amici, quan- In Italia è difficilissimo ottenere la cittadido parlavo con gli altri dovevo usare nanza, che non è un diritto, bensì una conl’inglese; non sapendo la lingua è molto cessione. Se sei nato in Italia da genitori difficile relazionarsi con gli altri. Facevo sola- stranieri la puoi richiedere al compimento mente i compiti d’inglese e matematica della maggiore età, altrimenti dopo dieci (erano le uniche due materie che capivo) e i anni di residenza continua (per quando si è miei compagni invidiavano tantissimo le mie minorenni) o dopo oltre dieci anni con la richiesta di un reddito fisso (per quando si intuizioni matematiche. Hai riscontrato il più delle volte disponibili- è maggiorenni). Io mi trovo ancora all’università e sto aspettando di avere un tà o diffidenza nei tuoi confronti? contratto di lavoro fisso per poterla richieAll’inizio mi sono trovata sola nel grandissi- dere. In seguito alla richiesta bisogna atmo oceano della diffidenza, al Liceo Bottoni tendere almeno tre anni per avere una c’erano solo due stranieri in tutta la scuola. risposta dal governo e questo dato non

Come hai conosciuto la Comunità di Sant’Egidio e di quale settore ti occupi?

Ti è mai capitato di essere “discriminata” da un italiano solo perché a differenziarvi era il colore della pelle? Non dimenticherò mai l’odiosa battuta ripetuta perennemente da un compagno di classe: “In fondo non sei proprio gialla come credevo!”

Quando ero in seconda superiore alcuni membri della Comunità di Sant’Egidio sono venuti a parlare nel mio liceo del loro operato nelle scuole della pace, nelle scuole di italiano per stranieri, nei servizi per gli anziani, per i rom, per le persone di strada e sono rimasta molto colpita e affascinata; mi sono trovata bene con amici della mia età e ho iniziato a condividere con loro momenti ed esperienze importanti. Attualmente faccio una scuola della pace con i bambini rom del quartiere di Corvetto e durante l’estate mi reco con altre persone una settimana in Albania, per conoscere una realtà opposta rispetto a quella che sono solita avere sotto gli occhi quotidianamente e per cercare di aiutare persone in difficoltà. L’intervista a Xiaomin è terminata, non voglio in alcun modo esprimere un mio parere soggettivo e influenzare il lettore; ci tengo, però, a evidenziare una bellezza che da questa intervista non riesce ad emergere: lo splendore che io ho avuto modo di vedere negli occhi di Xiao, ragazza cinese, e di bambini rumeni mentre collaborano e si completano a vicenda. Tutto questo, poco o tanto che vi sembri, qui a Milano. Alessandra Ceraudo VG (II G)


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Voglia di cambiare

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“Poteva come tanti scegliere e partire, invece lui decise di restare”

lcuni politici hanno dichiarato che la mafia non esiste, altri invece che con la mafia bisogna imparare a convivere. Allora, se i primi avessero ragione, significherebbe che il delitto di Peppino Impastato non è mai avvenuto. Oppure, se ad aver ragione fossero i secondi, vorrebbe dire che noi dovremmo accettare la morte di un oppositore della mafia, come inevitabile. Ma io credo che la mafia esista, così come credo che non sia tollerabile alcuna forma di convivenza con essa. È quasi passato un mese dall’anniversario della morte di Peppino Impastato e alla televisione sono stati rari i servizi a lui dedicati. In effetti è scomodo parlare di un uomo che ha denunciato delle ingiustizie, parlare di un processo che si è concluso solo nel 2002, parlare di mafia. Perché è così difficile ammettere che la mafia esiste? Ricordare Peppino significa dire “no” alla mafia. Peppino nasce nel 1948 a Cinisi, Palermo, da una

famiglia che è bene inserita negli ambienti mafiosi locali; durante gli anni del liceo entra a contatto per la prima volta con la politica, fonda un giornale, che verrà in breve sequestrato, partecipa a manifestazioni pacifiste guidate da Danilo Dolci. Nel 1975 organizza il circolo “Musica e cultura”, un’associazione che diventa il principale punto di riferimento per gli abitanti di Cinisi. Due anni dopo, crea Radio aut, una rete radiofonica autofinanziata, nella quale Peppino e i suoi amici fanno della satira nei confronti della politica mafiosa. Ma ad un certo punto si rende conto che le la denuncia delle attività illegali non è più sufficiente, capisce cioè che per cambiare quelle cose che ha sempre combattuto bisogna raggiungere un potere decisionale. Decide quindi di candidarsi alle elezioni amministrative del suo paese. E questo probabilmente segna l’inizio della sua fine. Infatti il giorno prima delle elezioni, il 9 maggio 1978, Peppino viene blocca-

to da una macchina presso una stazione ferroviaria, ed in seguito viene picchiato, percosso con un masso e fatto saltare in aria sui binari del treno. L’atteggiamento delle forze dell’ordine è di difesa nei confronti della mafia, infatti, agli amici che domandano come possa essere avvenuto il delitto, i poliziotti rispondono che si è trattato quasi sicuramente di un suicidio. Dunque Peppino, un bel giorno decide di porre fine alla sua vita e per farlo tira ripetutamente delle testate contro un masso e poi, per finire, si mette dell’esplosivo addosso e si fa saltare. Il processo per la morte di Giuseppe Impastato inizia nel 1988 e si conclude nel 2002 con la condanna all’ergastolo per i due mandanti, Badalamenti e Palazzolo. Ancora oggi, grazie al fratello e all’associazione in onore di Peppino, i suoi ideali sono portati avanti. Purtroppo non mancano coloro che sostengono le attività abusive della mafia, contro le quali Peppino ha lottato e per le quali ha perso la vita. Noi non dobbiamo dimenticare. Per Peppino e per tutti gli altri martiri della mafia. Forse l’Italia non è un Paese per giovani, ma probabilmente spetta proprio a loro il compito di cambiare; non si può più tacere, e citando il film e la canzone dedicati alla storia di Peppino, “I cento passi”, è giunta l’ora di urlare. Alessandra Venezia

"Non è la Musica che ha bisogno di noi, siamo noi che abbiamo bisogno della Musica"

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ueste sono le parole di Daniel Barenboim, grande musicista e uomo. Ma cosa vuol dire aver bisogno della Musica? Non si può vivere senza? La sua mancanza può avere conseguenze negative? Eppure essa non è cibo, acqua o aria, elementi senza i quali non possiamo sopravvivere. Ma proprio perché la Musica è astratta e quindi non pensiamo che sia fondamentale per la nostra vita, non ci rendiamo conto di quanto sia importante, quanto sia grande la sua potenza e la sua capacità di migliorare, di educare, di salvare o addirittura di curare le persone. Partiamo da uno studio svoltosi in America, dall'American Psychological Association: questo ha dimostrato che imparare uno strumento o semplicemente studiare Musica aiuta il cervello a mantenersi più sveglio e attivo con l'invecchiamento. I ricercatori hanno studiato 70 adulti sani, tra i 60 e gli 80 anni, dividendoli in gruppi a

seconda dell'esperienza musicale. Il risultato è stato che coloro che avevano più conoscenza musicale, hanno eseguito meglio i vari test cognitivi rispetto agli altri. "Non c'è bisogno che si diventi tutti dei musicisti di professione, basta solamente iniziare fin da piccoli; la durata degli studi musicali è più importante che continuare a suonare ad un livello avanzato" dice Brenda Hanna-Pladdy, coordinatrice dello studio. Per quanto riguarda la Musica come strumento di cura, niente di meglio dell'esempio della Musicoterapia: un ramo della scienza che adotta la Musica in ambito terapeutico. Molti ragazzi autistici, proprio grazie alla Musicoterapia, sono riusciti a guarire; la Musica, infatti, ha permesso al mondo esterno di entrare in comunicazione con il ragazzo e viceversa, favorendo così un processo di apertura. Inoltre, la Musica può essere un valido mezzo per migliorare lo sviluppo sociale ed intellettu-

ale, come dimostra "El sistema", un progetto nato in Venezuela, che consiste in un sistema di educazione musicale diffusa e pubblica che ha raccolto tantissimi giovani provenienti da situazioni economiche e sociali disagiate, salvandoli dalla povertà e dalla corruzione. Sono questi vari esempi che testimoniano quanto la Musica sia capace di fare e quanto essa sia importante per tutti e fin da piccoli. Come dice ancora Daniel Barenboim: " la Musica non è separata dal mondo; può aiutarci a dimenticarci di noi e al tempo stesso a capirci. In un dialogo fra due persone, si aspetta che l'altro abbia finito di esprimere quello che ha da dire, prima di rispondere o commentare. In Musica due o più voci dialogano simultaneamente, ognuna si esprime nella forma più piena e al tempo stesso ascolta l'altra. Da ciò nasce la possibilità di imparare non solo LA Musica ma anche DALLA Musica: un impegno che dura una vita." Flora Fontanelli


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La musica sveglia il tempo

a motivazione storica per cui l’insegnamento della musica è assente nei licei va ricercata nella riforma Gentile del 1923: la musica, infatti, era vista come un’arte manuale, “artigiana”, e per questo motivo disprezzata nella sua fase di apprendimento e allontanata dalle scuole.

te”. Come questo sia possibile egli lo spiega all’interno del suo libro La musica sveglia il tempo, frutto di una vita spesa in tali riflessioni e di una profonda conoscenza della musica. Partendo da un’obbiettiva osservazione del suono notiamo che esso scompare appena cessa: è effimero, svanisce nel silenzio da cui era nato. Suono e silenzio sono legati da una costante e imprescindibile relazione, analoga a quella fra un oggetto e la forza di gravità: un oggetto sollevato da terra vi ricadrà immediatamente

Dopo circa un secolo ancora si crede che essa consista solo in un “piacevole ascolto” di fatto inutile, e poiché acquistare un’abilità anche solo mediocre nello studio di uno strumento richiede all’apprendista l’impiego di molto tempo, in molti pensano sia meglio rinunciarvi; nessuna scuola affiancherebbe mai un’ora di musica ad una di storia, matematica o italiano, senza pensare che essa potrebbe, invece, contribuire ad una loro maggiore comprensione. Già Aristotele, nel 300 a.C., teneva in grandissima considerazione la musica, sostenendo che “la sua natura è più elevata di quanto non lasci supporre l’uso predetto *utile al riposo+. *…+ In realtà nei ritmi e nei canti vi sono rappresentazioni, quanto mai vicine alla realtà, d’ira e mitezza *…+ e delle altre quali- Daniel Barenboim, tra i migliori tà morali. *…+ Da tali considerazioni è musicisti e direttori chiaro che la musica può esercitare d’orchestra al mondo un qualche influsso sul carattere dell’anima, e se può far questo è chiaro che ubbidendo alla forza di gravità, a meno bisogna accostarle i giovani ed educarli ad che non venga applicata altra energia per tenerlo al di sopra del suolo; allo stesso essa”. Cos’è dunque la musica? La definizione più modo, a meno che non si applichi altra obbiettiva, delle numerose che ne son state energia per sostenerlo, il suono svanirà date, è quella del pianista italiano Busoni che nel silenzio. La vita di una nota non è infidisse della musica che “è aria sonora”; il suo- nita, la nota muore: sotto questo aspetto no, tuttavia, non è ancora musica, bensì un la musica è lo specchio della vita. Nel mezzo tramite il quale ci viene trasmesso il mondo dei suoni, tuttavia, nemmeno la suo messaggio, ovvero il contenuto. Non morte è necessariamente definitiva, la esiste tuttavia una definizione che chiarisca “resurrezione” di un suono è una possibilila natura di questo messaggio che si esprime tà per l’uomo di trascendere i limiti fisici attraverso il suono; esso ha a che fare con la della sua natura. Inoltre, quando si suona, condizione umana, poiché la musica è scritta è possibile raggiungere uno stato di pace ed eseguita da esseri umani, e con molto assoluta, dovuta in parte al fatto che si altro ancora. Da tale conclusione si può dun- può controllare, attraverso il suono, il que affermare che esistano dei collegamenti rapporto fra vita e morte, un potere che tra l’inesprimibile contenuto della musica e ovviamente non è concesso agli esseri l’inesprimibile contenuto della vita. Da una umani. Un musicista deve possedere la maggiore comprensione della prima, dun- capacità di legare le note, una “semplice” que, ne potrebbe derivare addirittura una operazione che può insegnare la relazione fra individuo e gruppo. Individualismo e maggiore comprensione della seconda. collettivismo non devono escludersi a Daniel Barenboim, uno tra i più grandi musi- vicenda: in musica, come nella vita, la cisti e direttori d’orchestra al mondo, è con- fusione delle due cose riesce a potenziare vinto che “la musica ci dia anche un altro il risultato finale. Inoltre suonare in orchestrumento di gran lunga più prezioso, grazie stra può rivelarsi un’esperienza durante la al quale possiamo imparare qualcosa di noi, quale i musicisti imparano dal dialogo dei della società, della politica. *…+ La saggezza loro strumenti il reciproco rispetto diventa comprensibile all’orecchio pensan-

l’attenzione per ciò che li circonda In musica non ci sono elementi indipendenti: melodia, tempo, ritmo e armonia (alla base di ogni brano musicale) vanno integrati in un insieme organico. Richard Wagner, nel trattato Del dirigere, scrisse: “Solo l’esatta comprensione del melos dà anche l’esatto movimento”. Egli intendeva il melos come la sintesi di parola, musica e azione; secondo Wagner, dunque, la velocità a cui andrebbe eseguito un brano, affinché esso risulti nel miglior modo possibile, si può stabilire solo dopo un’attenta osservazione di tutti gli altri elementi che lo compongono. Una decisione affrettata renderebbe schiavi del tempo, come spesso accade anche in molte circostanze della vita; la politica stessa avrebbe da imparare da tale principio musicale. La musica non richiede una reinterpretazione (il voler cambiare capricciosamente un piano in un forte) da parte dell’esecutore, bensì un punto di vista (quanto dev’essere sommesso quel piano?). In rapporto alla musica, il coraggio consiste nella disponibilità e nella capacità, per un esecutore, di sfidare il previsto (cioè la pagina stampata), di eseguire un brano senza deformare le intenzioni dell’autore. Tuttavia una sconsiderata fedeltà alla lettera è sintomo di un inevitabile tradimento dello spirito. Infine, quella che forse è la lezione più difficile per l’uomo – imparare a vivere con disciplina e nondimeno con passionetraspare con chiarezza da ogni frase musicale. In musica è impossibile provare emozioni senza comprensione intellettuale, così come è impossibile essere razionali senza le emozioni: le emozioni, infatti, si esprimono attraverso la tecnica (ampliando o accelerando il tempo, cambiando il volume, la quantità di suono e l’articolazione); qualsiasi tecnica, a sua volta, non dev’essere usata con ostinazione, poiché è finalizzata sempre e solo all’espressione della musica. Forse, dunque, la musica è qualcosa di più di un “piacevole ascolto”, forse con la sua potenza ed eloquenza fornisce strumenti straordinari con cui comprendere meglio la vita stessa. Com’è possibile, tuttavia, approcciarsi a un elemento tanto grande e potente quando essa è trascurata proprio nel luogo che per primo dovrebbe mettere a contatto con nuove realtà? Martina Brandi


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Voi non saprete mai

uest’anno al liceo Carducci si è creata una classe che durante il secondo quadrimestre ha svolto delle lezioni di teatro. La classe prescelta è stata la 1°B, ex IVB nonché mia amata classe, e proprio per questo ho pensato fosse giusto parlare di questa esperienza che ci ha tanto divertiti. Tutto è partito da una maschera e dai testi di Pirandello, che ci hanno portato a pensare a come ci vedono gli altri, a come un ruolo possa nascondere il vero essere di una persona. Dopo diversi mesi di prove ci siamo accorti tutti quanti di quanto fossimo migliorati sia sul palco sia nella vita di tutti i giorni. Abbiamo partecipato a LAIV Action, un festival di laboratori di arti interpretative dal vivo, insieme ad altre scuole della Lombardia, e qui abbiamo potuto mostrare a tutti il lavoro di

tanti mesi. È stata un’esperienza che ci ha riamo che potrà continuare anche il prossifatto soprattutto superare la tensione prima mo anno. di andare in scena e ci ha resi più coraggiosi. Chiara Mazzola Tutto questo è stato possibile soprattutto grazie alle nostre insegnanti e a Miche- Foto di Claudia Chendi la, la nostra regista che ci ha seguito passo passo in questa esperienza facendo anche lezioni extra rispetto a quelle stabilite. Dopo gli spettacoli a scuola di lunedì 30 e martedì 31, la nostra carriera teatrale è finita momentaneamente, ma noi spe-

Antologia aneddotica di leggende carducciane vol. 1

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uesto ritaglio di pagina ha due finalità: la prima è “istruttiva” e dedicata al ginnasio, la seconda funge da “rinfrescata di memoria” ed è dedicata al liceo. Non mi prepongo di raccontare la verità e l’oggettività dei fatti, ma solo un edulcorato ricordo, per aneddoti e fatti rilevanti, della recente storia carducciana. Nel primo volume tratterò del periodo carducciogonia2008/2009. “Canta o Musa la rovinosa origine dei fatti/ che ancora oggi infiniti adducono lutti ai carducciani, / e molte anzi tempo nella disgrazia travolsero alme di studenti, / e alla matematica e alla fisica lor salme abbandonarono / (Si compiva il consiglio di Zeus), / da quando per la prima volta si divisero litigando il Settembrini e il nobile Carducci”. “Questa è l'esposizione della ricerca di Eleonora di Milano, perchè le azioni dei carducciani con il tempo non vengano dimenticate, e perchè le imprese grandi e meravigliose, messe in mostra sia da parte di questi sia da parte dei settembriniani, non restino senza gloria, oltre a tutto ciò, e in particolare, per quale causa combatterono gli uni contro gli altri”. [Liberamente ispirato alla σφραγίς delle Storie di Erodoto] In principio era il Carducci, che prosperava e fioriva serenamente. Un giorno, però, a causa di un brutto voto, uno studente

peccò di ubris, e Zeus, infuriato, pose a fianco della nostra scuola un orrido edificio, il Settembrini, (che oggi potete ammirare ristrutturato) contenente tutti i mali del mondo. Da questo vaso di Pandora scaturirono discordie, odi, tristezze; dal Settembrini scaturirono anche l’idea di debito a settembre e quella di bocciatura. Eppure non erano questi i mali peggiori, bensì gli ignobili abitanti dell’edificio, soprannominati “le bestie”, che importunavano le ragazze nelle ore di educazione fisica, spaventavano i quartini in viale Brianza, lanciavano rispettivamente neve in inverno e uova d’estate, oziavano tutto il giorno e urlavano insulti dalle finestre. Dopo la mitica età dell’oro, de l l ’a l l umini o, del r ut he rf ordi o, dell’ununhexio e dopo un lungo e buio medioevo carducciano, si giunse al 2008, anno di fondazione del giornalino indipendente “Satura Lanx”, oggi decaduto; il giornalino era nato a seguito dell’articolo di quella che sarebbe diventata la redattrice capo di Satura Lanx, Martina La Stella (Ideatrice anche della rubrica “Il dottor Sesso”), la quale denunciava l’offesa che riteneva di aver subito da parte della DS. L’anno dopo, con l’ascesa al potere di Vittorio Riva nella redazione dell’Oblò, alcuni ragazzi (tra cui la sottoscritta), con una secessione, fondarono il secondo giornale scolastico indipendente, il “The Fool”, che uscì, nel 2009, con due soli sofferti numeri densi di scempiaggini, che però furono parecchio apprezzate. L’attuale redazione dell’Oblò è una fusione delle tre. Sem-

pre in quel mitico anno 2008/2009, ci fu eccezionalmente una quarta lista candidata alle elezioni d’Istituto, “Ad abundantiam”, il cui punto di forza era il ballo di fine anno; proponeva anche pace e amore per tutti, la media dell’8 per gli elettori e brioches gratis tutti i giorni. Quell’anno si fece anche la prima cogestione di due giorni(miracolo!): la tradizione narra che durante l’organizzazione dell’evento uno studente, quando scoprì che Aldo Giovanni e Giacomo non sarebbero potuti venire a tenere il gruppo promesso, preso dalla foga, avesse tirato un fortissimo pugno al muro dell’aula studenti, sfondandolo: il buco, tuttora esistente, fu prontamente coperto dal cartello “Aula Studenti”. Un altro aneddoto eroico fu il ratto delle scarpe dei professori teatranti; alcuni ragazzi si infiltrarono negli spogliatoi della palestra, rubarono le scarpe, e le posizionarono sulle scale a mo’ di passo umano… All’ultimo giorno di scuola, con ottimi musicisti, passammo di classe in classe cantando “Maturità” sulle note di “Sincerità”, finché la Preside non ci fermò accusandoci di disturbo della quiete pubblica. All’uscita da scuola ci fu una sensazionale pioggia d’acqua, uova e farina a cura dei maturandi, che, colti in flagrante da un docente, si sentirono dire con diabolico sorriso “Ci vediamo all’orale”. Spero abbiate apprezzato l’antologia, alla prossima! (Devo l’idea di un articolo aneddotico ai racconti del Professor Rocculi) Eleonora Sacco


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Pagellini del trofeo Perrone MEZZAQUI: VOTO 8. Si palesa solamente nelle prime due apparizioni; salta la parte migliore (causa distorsione della caviglia). C'è un detto che dice "pochi ma buoni", lui prende appunti e mette in pratica la massima: porta la squadra al giro di boa con un solo goal immediato e una porta praticamente inviolata, come una vergine vestale. Si sente Julio Cesar e non fa passare nessuno, nemmeno Napolitano se facesse una richiesta scritta. SARACINESCA. FINOTTO: VOTO 8,5. Il Capitano. Diga di centrocampo. Corre tanto, lascia i polmoni normali a casa e mette quelli bionici per continuare a fare avanti e indietro senza problemi; quando sale in attacco, lascia sempre il segno, tutto merito del suo vizietto del goal. Gioca stoicamente in difesa lasciando passare solo qualcuno, giusto perchè è un suo amico, visto che lui ha un cuore d'oro. Nei primi due incontri segna con facilità; nella seconda parte di torneo assume il potere esecutivo del suo ministero: Ministro della Difesa. INSTANCABILE. GUGLIELMETTI: VOTO 9. E' l'indiscusso migliore in campo del Torneo. Faro di centrocampo, della difesa e dell'attacco. E' onnipresente. Le prime due le gioca con estrema facilità di calcio sbagliando quasi niente. All'inizio della seconda giornata parte in prima, poi mette direttamente la quarta, sgomma e via. Regala assist a iosa come si comprano ad Aprile le uova di Pasqua. Cercano di fermarlo in tutti i modi, inutilmente. Cambi di gioco, sciabolate morbide e cavalcate fin dentro l'area sono appena un antipasto delle sue capacità. Quando ha la palla

tra i piedi si è sicuri, è in cassaforte. Quando è nell'area o regala la felicità del goal ai compagni, oppure con estrema tranquillità la mette dentro. Quando bisogna sbloccare la partita si carica dell'onere e, prendendo per mano la squadra, la porta al goal. La paura fa novanta, lui almeno centoventi. IMMENSO. CATALANO: VOTO 8,5. La mette dentro più volte, ma da lui ci si aspetta molto di più. Nelle prime due partite decide di regalare più assist che metterla dentro. Corre, sta per lo più in attacco. E' sempre libero, lo servono con incredibile semplicità, lui però non ripaga sempre con il goal. Al giro di boa sblocca la prima partita del girone dopo dieci minuti e da lì poi è tutto in discesa. Sbaglia troppo sotto porta, eccessivamente sprecone. Con i suoi movimenti crea grandi spazi in attacco per gli inserimenti decisivi dei suoi compagni. Probabilmente mette la parola fine in finale con il terzo goal, su assist -neanche a dirlo- di Guglielmetti. Può fare di meglio. ESSENZIALE. LORENZI: VOTO 8. Acquisto dopo il giro di boa. Risponde presente all'appello e non fa rimpiangere nessun altro sostituto. Stoico e duro in difesa, piuttosto ci lascia una gamba ma non li fa passare. Gioca bene con molta facilità, pecca a volte nell'azione solitaria e alcuni tiri sono troppo fuori misura. In difesa e centrocampo è come Lucio; ci mette la giusta cattiveria sportiva e quando parte all'attacco nessuno lo ferma. Va dritto per la sua strada, non gli manca certo il vizio del goal. Ci

rimette pure un piede, ma in finale non può mancare. INDISTRUTTIBILE. FRANCIOLI: VOTO 8. Acquisto anche lui dell'ultima ora. Mette a posto i tacchetti alle scarpette e scende in campo con la giusta decisione. Fa il ruolo del vero attaccante. Corre in attacco da una parte all'altra. Si muove come il miglior Milito della Champions League 2010. La mette dentro con semplicità e segna sempre nei momenti decisivi. E' al posto giusto nel momenti giusto, quando l'appuntamento è con il goal. Si fa trovare sempre pronto. DECISIVO. SQUADRA: VOTO 9. Porta a casa la vittoria del torneo, passando attraverso partite non del tutto semplici. Chiude le prime due apparizioni con 6 punti - il massimo. Finisce il girone con 12 punti, a punteggio pieno. Gioca la semifinale con la giusta cattiveria, con una squadra -la ex IIIB- che era al suo livello. Arrivati in finale, sbloccata la partita, diventa tutto semplice. Vincono facile per 8-1. ATTACCO: VOTO 10. Con una media di almeno 7 goal a partita vince giustamente il titolo di squadra più prolifica del Torneo. INSAZIABILE. DIFESA: VOTO 8,5. Subisce un solo goal nelle prime due partite e poi qualcuno di troppo nella seconda parte. Nella semifinale ne prende solo 2 e in finale 1. LINEA MAGINOT. Il secondo anno che portano a casa la coppa; ormai sta diventando faccenda privata. A cura di Luca Catalano

Maggio al Carducci Otto verifiche a settimana, minimo tre interrogazioni al giorno: questo è Il liceo classico Giosuè Carducci, uno dei licei più difficili e rinomati in tutta Milano, nel mese di Maggio. In questo periodo dell’anno la scuola si divide nettamente in tre fazioni: quella dei “secchioni”, che non sentono la differenza dall’inizio dell’anno perché hanno sempre studiato con costanza e continueranno a farlo; quella di “coloro che stanno nel mezzo”, che se la cavano senza fare della scuola una malattia e che riescono a uscire ugualmente con buoni voti vivendo una vita mediamente normale, e infine quella dei “medio -scarsi” che vagano sul cinque e che nel mese di maggio si svegliano dal letargo, facendo salti mortali per avere la sufficienza piena. In generale però la situazione è critica per tutti: le condizioni meteorologiche non permetto-

no un alto livello di concentrazione e l’ansia poco alla fine della scuola! E un buon augudei debiti riesce a sopraffare il proprio stato di rio ai maturandi, resistete fino a Luglio! calma ed equilibrio interiore. Nell’ultimo periMaria Calvano odo si è anche Foto di Maria Calvano costretti a rinunciare alle proprie attività e ai propri sfoghi, poiché anche per studiare poche pagine si impiega il doppio del tempo per via della stanchezza e dell’ansia, provocate appunto da quest’ardua scuola. Pertanto, Carducciani, facciamoci coraggio, manca


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ROMOLO IL GRANDE, UNA COMMEDIA STORICA CHE NON SI ATTIENE ALLA STORIA

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omolo er mejo de Carducceo Spettacolo, immancabilmente a carattere storico, inscenato dal gruppo di teatranti composto di docenti, sotto la direzione di Mi-

suo impero economico e quello effettivo romano per la mano della figlia dell'imperatore, Rea, aspirante attrice drammatica. A questo proposito mi permetto di inserire gratuitamente una nota d'elogio alla professoressa Sernagiotto, che ha interpretato la parte in maniera magistrale e al contempo esilarante.

Ecco poi irrompere sulla scena Odoacre e seguaci, per poi scoprire che anche il condottiero germano non è altro che un pollicoltore. Paese che vai…

Il testo chiaramente è intriso di frecciate rivolte sia all'antica Roma, sia agli intramontabili vizi dei potenti, e vuole essere chela Blasi. un monito contro la guerra e lo stretto L'opera è tratta dal testo drammaturgico Come potrete facilmente intuire, nel testo rapporto tra denaro e potere. di Friedrich Dürrenmatt, figura innovatrice del buon Dürrenmatt non si parlava di Degno di nota è ovviamente il confronto nel teatro in lingua tedesca del '900, da semoggetti di plastica, con “l'altro”, che nonostante il passare ma Cesare Rupf era degli anni si ostina ad essere un tema Foto di Gaia De Luca 4H un grande commer- scottante anche nell'Europa del 2011; ciante di pantaloni, sarebbe certo molto più semplice se scoche a quell'epoca prissimo anche noi i vari punti in comune erano divenuti di con chi tanto ci spaventa, almeno per gran moda. capire e rispettare chi è diverso.

pre impegnato nella denuncia dei drammi sociali - specialmente se tipici della società svizzera - grazie a testi e opere drammaturgiche grottesche. "Romolo il grande" racconta di Romolo Augusto, per gli amici Romolo Augustolo, ultimo imperatore dell'impero romano d'occidente, tutt'altro che degno della gloria dei suoi predecessori. L'imperatore appare fin da subito un capo di stato inetto, più preoccupato ad abbuffarsi di cibo e curare i suoi polli, che ha chiamato tutti con nomi di grandi personaggi romani del passato, che a badare all'impero. Sullo sfondo della Roma decaduta del V secolo d.C., Romolo non bada alla politica, ai rapporti con gli stati confinati, a come rimpinguare le casse statali vuote, né – gli dei ce ne scampino - a come affrontare il problema della crescente immigraz... invasione dei barbari, anzi, germani, provenienti dal Nord. Per guadagnare qualcosa, nel frattempo, vende i busti degli antichi imperatori a qualche avaro antiquario.

Seguono varie peripezie e complicazioni di trama che non cito unicamente per non infierire sul carducciano medio (Ciao Gianni!), che è stoicamente arrivato all'ultima settimana di scuola e va premiato,

Chiedo perdono agli altri dieci teatranti che non ho citato prima: che la vostra ira non si abbatta su di me, perché, anche se i vostri nomi si trovano alla fine dell'articolo, ciò non significa che non siate stati altrettanto esilaranti o talentuosi. Anzi, vivissimi complimenti a chi, non contento del costante rapporto con un pubblico tutt'altro che semplice (Applauso a tutti i carducciani medi), ha deciso con estremo quindi svelo il finale. masochismo di mettersi in gioco su un Spoiler: nella seconda metà della tragi- palco diverso. commedia si scopre che Romolo tanto Si ringraziano quindi per la loro perforingenuo non è, ma, anzi, con sorprendente mance: Maria Chiara Cappelli, Gennaro di semplicità e raziocinio spiega il motivo di Leo, Giorgio Giovannetti, Catia Gusmini, quella che ai più appariva come noncuran- Elisa Mascellani, Franca Piergallini (che za, ma che in realtà si rivela essere una neppure le stampelle riescono a fermasottile linea politica. L'uomo politico diven- re), Sandra Proietto, Roberta Romussi, ta giudice e boia di un impero ormai in Rossella Sannino e Daniela Tabiadon. decadenza, ma che aveva costruito le proprie basi su corruzione e sangue; a che pro E già che ci sono auguro buone vacanze a tutti i pollicoltori! Laura Vitale Lollo opporsi al suo naturale declino? Il Prof. Di Leo e il Prof. Giovannetti

Data la scellerata noncuranza dell'ingordo imperatore, un ricco commerciante di Skifidols – già, quegli orribili oggetti dalla dubbia utilità fatti al 100% di plastica maleodorante, così inutili che, se li regalate a vostro cugino, probabilmente li rifiuta – dall'alto della supremazia economica della sua azienda decide di proporre un accordo di fusione tra il Foto di Gaia De Luca 4H


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Tutto finisce, anche il liceo

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kay, ultimo articolo (si spera) che scrivo sull’Oblò (e ultimo articolo che consegno in ritardo, per la gioia degli impaginatori): che dire? Che, nonostante la voglia di scoprire cosa riservi il futuro, un po’ dispiace di aver finito il liceo. Dispiace, ora che al pianeta Carducci mi sono abituato: ora che mi sono fermato a scuola dopo le lezioni talmente tanti pomeriggi che al bar posso ordinare “il solito”; ora che so che oltre le scale del terzo piano non c’è il nulla ma un quarto piano, in cui non ci sono guerriglieri pronti a tendere un’imboscata, ma delle finestre da cui si può apprezzare una discreta panoramica dell’Istituto; ora che è cessato il mio odio feroce verso i cani del condominio che dà sul campo di basket; ora che sono tra i veterani, i boss della scuola, gli unici a poter “fare brutto” ai ginnasiali e terrorizzarli a morte citando Tacito, Hegel o la definizione di derivata. Dispiace, perché ci sono cose che rimpiangerò di non aver fatto: non aver sfrut-

Suoni? ORCHESTRA DEGLI STUDENTI DI MILANO “L'Orchestra degli Studenti di Milano” nasce con lo scopo di unire in un grande gruppo di musica d'insieme strumentisti provenienti da ogni scuola superiore della Provincia di Milano; è un progetto della Consulta degli Studenti della Provincia di Milano e, in quanto tale, è totalmente gestito da studenti ad eccezione dell'aspetto artistico, affidato a Maestri professionisti. Vorremmo dare coscienza di sé e unitarietà alla sterminata, ma frammentaria, collettività musicale milanese, specialmente nella fase delle superiori, quando spesso viene abbandonato lo studio di uno strumento per mancanza di stimoli o di occasioni di confronto e di valorizzazione. Crediamo che suonare insieme, oltre ad avere un forte valore sociale ed educativo, sia una componente irrinunciabile dello studio in campo musicale, se non addirittura il suo scopo ultimo, e che per questo il numero maggiore possibile di studenti debba avere l’occasione di farlo ad alto livello. Le iscrizioni per il prossimo anno di attività, il secondo dalla sua fondazione, sono aperte: per entrare a farne parte o per maggiori informazioni basta scrivere all'indirizzo e-mail orchestradeglistudenti@gmail.com

tato abbastanza gli orologi funzionanti dei corridoi (ho notato per la prima volta che funzionavano solo pochi giorni fa, io sapevo che fossero addirittura progettati per non funzionare); non aver mai prelevato un campione della muffa del terzo piano per poi osservarlo al microscopio; non aver mai passato una notte a scuola, dormendo sotto i gradoni dell’omonima aula; non aver mai provato tutti e 26 i bagni della scuola (contarli è stata comunque un’esperienza esaltante (tra l’altro deve esserci un sistema fognario notevole, i muri che pensiamo pieni di cemento in realtà sono pieni di tubi!)). Dispiace, perché di molte cose sentirò la mancanza: dell’allarme antincendio che impazzisce; delle faide durante le assemblee che precedono le elezioni per il CdI; degli studenti che, una mattina all’anno, offrono la colazione (e io proprio quella mattina, non sapendolo, arrivo a scuola già con una confezione di croissant e litri di latte nello stomaco); della cogestione (in cui non si sa a quale attività bisogna

partecipare prima, non si sa a quale attività si sta partecipando durante e non si sa a quale attività si è partecipato dopo); delle scottature che, nonostante la crema solare a protezione 30, ogni anno al Langè si prendono inevitabilmente; dell’enorme orologio di piazzale Loreto, che ogni mattina, senza pietà, mi rinfaccia il mio ritardo; e infine del buon vecchio Oblò sul Cortile, che, privato dei suoi padri, l’anno prossimo sarà in mano ad un manipolo di quasi sole donne, che mi auguro non lo riducano ad una rivista di gossip o, peggio ancora, ad un covo di neosuffragette (Ma noi abbiamo fiducia in loro…). D’altronde se tutto finisce, anche i giorni in cui si ha la sesta ora, prima o poi deve finire anche il liceo. In fondo sono in questa scuola da troppo tempo: quando sono arrivato, i windows xp dell’aula informatica erano l’ultimo modello! Dario Elio Pierri

Orchestra Carducciana News Forse non tutti sanno che sabato 14 maggio l'Orchestra Carducci si è per la prima volta esibita al di fuori della nostra scuola, ospite niente di meno che dell'Auditorium Mahler in occasione della rassegna "Giovani e Giovanissimi in Concerto". La nostra esecuzione ha riscosso successo unanime, gratificando una preparazione portata avanti per mesi. Colgo l'occasione per comunicarvi che nel corso della medesima manifestazione ha debuttato l'Orchestra degli Studenti di Milano, gruppo di cui fanno parte numerosi strumentisti del Carducci. Vi invitiamo quindi a dare un'occhiata di persona, su YouTube o sulle rispettive pagine di Facebook, alle esecuzioni delle due orchestre! Foto di Luca Spinicci 5F


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CULTURA

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“Tempus agit, effluit vita”, theatrum etiam! LUNANZIO E LUSILLA – La Trilogia “Nel primo episodio vedrete come sboccia l’amore tra i due. Nel secondo, trascorsi diversi anni di vita di coppia, conoscerete le sofferenze d’amore di Lusilla. Nel terzo sarete accompagnati all’inferno, dove si ritrova Lusilla morta, e sola. Ma uno spirto condurrà Lunanzio a riprenderla, per riportarla alla vita”. Loris Fabiani Spettacolo brillante e ironicamente aulico sulle sorti di due innamorati della tradizione classica italiana.

Così ho trovato una scuola a Varese, in cui frequentavo dei corsi nel weekend. Subito dopo la maturità ho tentato il provino alla Silvio D’Amico, ma non sono stato preso. Ho frequentato il Cta di Milano nell’anno successivo e poi ho ritentato nelle scuole più importanti d’Italia: sono passato a Roma, alla Paolo Grassi (Milano) e a Udine, ma sono rimasto su Roma. Quell’anno sentivo di essere pronto: è possibile capire qual è l’anno giusto, e anche i professori capiscono quando sei pronto ad “assorbirne” gli insegnamenti.

Loris Fabiani è un attore teatrale diplomato Quando sei uscito dalla Silvio D’Amico come nel 2008 all’Accademia d’arte drammatica hai trovato lavoro, chi ti ha aiutato? Silvio D’Amico di Roma e oggi lavora per il Teatro dell’Elfo di Milano. Dopo l’esperienza L’Accademia mi ha aiutato molto poco, non ha un teatro di personale che l’ha riferimento (come visto impegnato Loris Fabiani e Alessandro Marverti in “Lunanzio e Lusilla” invece il Piccolo di per un paio d’anni Milano). Ho invenel suo lavoro stito tutto su Mila“Lunanzio e Lusilno, dove il teatro è la”, spettacolo più fertile. Nei scritto, diretto e primi due anni ho recitato da lui e costruito cose mie che ha vinto la (lavorando princiborsa teatrale palmente su Pancirolli, Loris “Lunanzio e LusilFabiani ha interla”), in uno spazio pretato Demetrio in “Sogno di una notte di mezza estate” e che mi sono trovato vicino al teatro Ciack, e Lockwood in “The history boys” per il Teatro ho affrontato piccole esperienze recitative. dell’Elfo, ha lavorato per il Teatro Litta e nel Successivamente sono stato ammesso alla mondo del cinema ha interpretato piccoli “corte” dell’Elfo con un propersonaggi nei film “Il grande sogno” e vino nazionale. Nel frattem- Loris Fabiani “Vallanzasca” di Michele Placido. Il 26 marzo po sono stato contattato da scorso ho assistito alla rappresentazione del Michele Placido per “Il gransuo spettacolo “Lunanzio e Lusilla” al Teatro de sogno” (10 pose), e riconArsenale e, rimanendo affascinata dalla forza fermato ultimamente per 1 e dalla passione spese in questo progetto, ho posa in “Vallanzasca”. deciso di domandare direttamente al protaCome ti sei approcciato alla gonista quale ne sia stato il motore, quale la drammaturgia e alla regia? “fiamma” scaturente, che da lui è detta essere protetta tuttora, dopo quattro anni di la- Nel mondo del teatro può accadere che autore e intervoro su questo stesso testo. prete coincidano: mi è capiQuando ti sei avvicinato al teatro, come è tato di scrivere un testo che nata la tua passione? si adattasse alle mie esigenAl liceo c’era una corposa attività teatrale. ze e al mio modo di recitare. Venivano rappresentati spettacoli in ambito Per il momento, riesco escolastico e dopo avervi assistito il primo sclusivamente a scrivere anno ho deciso di parteciparvi nei seguenti. testi per “Lunanzio e LusilMi ha subito colpito l’aspetto professionale di la”, in quanto si declinano questa attività, fortunatamente: non si tratta- da me automaticamente e perciò drammava solo di emotività o di egocentrismo. Ciò turgia, regia e interpretazione sono una che mi piaceva era il fatto che la gente ascol- tutt’unica cosa. Sto portando avanti un mio tasse la storia che raccontavo e che questa progetto, ma non per questo mi sento di fosse organizzata proprio per essere portata essere scrittore o regista. al pubblico. Qual è lo spunto da cui nasce “Lunanzio e Lusilla”? Quali sono state le difficoltà di porQuale è stato il tuo percorso formativo? tarlo in scena e di farlo vivere in teatro? Non avrei nemmeno voluto finire il liceo, ma era impossibile (non esistono accademie che Lo spunto è nato da alcune lezioni in accadenon richiedano il diploma per l’iscrizione). mia sul teatro antico: lì per gioco ho scritto il

primo monologo di Lunanzio, partendo dall’immaginario che abbiamo della letteratura italiana classica (da Dante ad Alfieri, dal Tasso a Goldoni). Ispirandomi a questo bagaglio culturale ho voluto portare al pubblico un’aria nuova, pur andando a guardare al nostro passato. Il mio modo di recitare in “Lunanzio e Lusilla” lo hanno tutti in mente, poiché parte da un gioco sulla tradizione italiana: ho offerto un’aria di novità che nel teatro italiano non c’è più. L’impegno è stato duro e costante, anche se in un ambiente di amici. Da ora in poi mi divertirò esclusivamente nel riproporlo ancora. Lo spettacolo è “regalato”attraverso gag (la cui parte importante sono i tempi), utili a comunicare al pubblico, che attraverso la risata coglie lo spettacolo. Nel tempo questi “lazzi” vengono aggiornati, integrati o eliminati, secondo la reazione del pubblico o la loro utilità nel testo. La lingua in cui hai scritto la sceneggiatura è tratta da qualche modello in particolare o hai proceduto “a orecchio”? Lo stile è preso dalle suggestioni che gli italiani, e io in particolare, hanno avuto dal liceo: tutti lo riconoscono. L’ho ritrovato nel nostro tessuto culturale. Rileggendo la Mandragola di Machiavelli ho notato numerosi elementi del testo che io ho utilizzato molto in“Lunanzio e Lusilla”. Di indole voglio far ridere, non ho scritto un testo onirico o psicologico. Il messaggio non è per questo meno profondo, ma non porta una vera morale dal punto di vista testuale. L’unica morale che voglio dare è quella del gioco teatrale, della teatralità che può dare stimolo al gioco. Da chi è stato promosso lo spettacolo? Lo porterete ancora in giro? La prima volta è stato appoggiato dall’associazione che mi segue, Ars Factory Florilegio, e di cui ora sono responsabile teatrale. Tra il secondo e terzo anno di Accademia ho fatto un tour con Florilegio nelle piazze d’Italia, poi abbiamo portato lo spettacolo nei festival e infine in teatro (con l’aggiunta delle pareti e, soprattutto, della quarta parete!). Per ora non ci sono previsioni.


M A G GIO / G IU GN O 2011 Non voglio “buttarlo” in qualsiasi teatro mi proponga di farlo, né mi dedico a una promozione selvaggia, altrimenti lo deturperei. Certo, vorrei arrivare in teatri importanti, ma per ora non mi sono mosso molto per farlo. Hai lavorato anche al cinema, come è avvenuto? Preferisci teatro o cinema? Ora cosa vorresti fare? Preferisco teatro e vorrei fare teatro. Ho visto il cinema ai massimi livelli, che è affascinante, ma preferisco tuttora il teatro. Anche nel cinema è avvenuto tutto molto serenamente: Placido mi ha scoperto a teatro, è lì che gli sono piaciuto. Sia nel teatro che nel cinema mi sono fatto con le mie forze, fortunatamente.

CULTURA

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Come vedi il futuro del e nel mondo del teatro?

svago che c’è in esso devono essere per il Per sopravvivere in maniera più serena pubblico, non per gli attori stessi. l’attore deve avere anche delle proposte che Come pensi si possa portare il teatro alla vengano da lui. Al giorno d’oggi è importante gente? E la gente a teatro? far crescere la propria immagine in maniera Sinceramente, non lo so. Oggi è un teatro più multimediale. grande a portare a sé la gente: è sempre Perché pensi che sia importante fare teatro più difficile destare interesse. oggi? Quando un attore si sente utile al suo pubBisogna sempre più lottare per far vedere che blico e come? quello dell’attore è un lavoro, non un hobby. Quando sente che ciò che sta facendo è Molti si buttano per egocentrismo, distraendo offerto sinceramente e vi ha compiuto un pubblico che è sempre più educato a un sopra un lavoro, quando non è teatro meno professionale. Per difenderci da un’esibizione di sé. Il teatro deve essere questo dobbiamo mostrare al pubblico usato come luogo di gioco e l’attore deve l’aspetto della professione nella nostra passiosentirsi utile quando ha costruito qualcone. Le riflessioni offerte dal teatro e anche lo sa. Chiara Compagnoni

Catilina

-Ciò che l'informazione di regime non ti ha mai raccontatoChi di noi, fin dal primo anno, non ha odiato le troppo frequenti e ridondanti frasi di Cicerone sul proprio eroismo e la perversione del suo terribile avversario, Catilina? Quanti, al solo sentire nominare Catilina, non si immaginano l’efferato criminale avido di potere, “qui multa nefanda stupra fecerat”? In realtà egli agiva secondo i principi dell’antica Roma repubblicana e desiderava, tramite un programma legislativo ben definito, ma forse un po’ troppo radicale, mettere fine alla crisi economica e sociale che da 60 anni colpiva Roma. Prima di usare la forza, Catilina tentò diverse volte la via legale per il consolato: fu bloccato nel 65 e 64 a causa di processi atti a impedirne la candidatura, infatti la legge escludeva di potersi proporre per una magistratura se sotto inchiesta. Le denunce fatte a Catilina riguardavano la presunta concussione che avrebbe perpetrato durante il suo governo in Africa, dove fu mandato in qualità di propretore; è però risaputo che si trattò di manovre politiche, infatti lo stesso denunciatario ritirò presto le accuse, e Catilina, difeso da Ortensio, venne assolto. » cìCurioso sapere che lo stesso Cicerone si era proposto come avvocato difensore, forse per ingraziarsi il probabile collega console negli anni successivi. L’anno successivo si candidò per il consolato dell’anno 63, i candidati erano sette, e tranne Cicerone, nessuno di essi era un personaggio di un qualche peso politico. Per far sì che Catilina non venisse eletto, Cicerone stipulò un accordo con un terzo candidato, in modo da potersi spartire i voti (poichè i consoli erano due, ogni romano poteva esprimere due preferenze nella votazione). Troviamo conferma di ciò in uno scritto dello stesso Cicerone. Contribuirono all’insuccesso di Catilina, che si classificò

terzo per pochissimi voti, anche Crasso e Cesare, prima suoi alleati, che gli preferivano un personaggio malleabile e meno radicale. L’ultimo tentativo di elezione avvenne nel 63, per il consolato del 62. Catilina, abbandonato da tutti i suoi alleati politici, correva da solo e con il solo sostegno della plebe. Il console in carica, Cicerone, sporcandosi le mani come non conveniva ad un personaggio del suo calibro, fruì di vari trucchi per sfavorire Catilina: oltre alle note orazioni nelle quali dipingeva come un mostro il suo acerrimo rivale, fece in modo di posticipare le elezioni di più di due settimane; così facendo, la grande massa di contadini accorsa dalle campagne per votare Catilina dovette tornare alle proprie case, non avendo i mezzi per reggere una così lunga assenza dai campi. Questo prolungamento della campagna permise agli aristocratici dotati di più mezzi di ottenere voti, avendo più tempo per elargire doni ai votanti. Ma perchè in tutti i modi si cercò di fermare Catilina? Il suo programma radicale si focalizzava intorno a due punti atti a favorire la plebe: uno era la lex Valeria (una riforma agraria in stile Gracchi) l’altro era la cancellazione dei debiti. La legge Valeria avrebbe dovuto ridistribuire l’ager publicus (occupato abusivamente dai ricchi proprietari terrieri, per lo più patrizi) tra i cittadini più poveri tramite lotti. Ai ricchi a cui sarebbero state espropriate le terre, queste sarebbero state restituite nelle colonie conquistate da Roma; il problema era che anche quelle terre erano già occupate abusivamente dai patrizi. Invece la cancellazione dei debiti era dannosa soprattutto per i cavalieri: tale, infatti, era la classe sociale che contava più creditori. Sconfitto per l’ennesima volta, Catilina organizza la congiura, mirata a sostituire i consoli. Raduna quindi i suoi compagni, quelli che credevano in lui e nei suoi progetti: si pensa a un piano per riuscire a marciare sull’ormai corrotta Urbe. Tra i congiurati però vi era un tradito-

re, Quinto Curio: egli riferiva ogni singolo particolare –il motivo non lo sappiamoalla moglie la quale andava dritta dritta a riferirlo a Cicerone, che in quell’anno era console (il 63). Si giunse cosÏ al giorno in cui il famoso oratore pronunciò la ancora più famosa prima Catilinaria. Era una giornata di novembre, e il Senato era in fibrillazione. Catilina, audacemente, si presentò alla seduta: si dice che nessuno volle sedersi di fianco a lui. Cicerone, dunque, cominciò la sua orazione e Catilina rimase ad ascoltare, anche se dentro di lui stava divampando un'incontrollabile ira: tuttavia non rimase per tutta l’orazione, non ce la fece. Uscì furente tra le grida e gli insulti di tutti i senatori. Decise tuttavia di andare in esilio volontario, per non destare sospetti. Fuggì dalle truppe a lui fedeli che stanziavano in Etruria, mentre affidava il comando della situazione di Roma a un certo Cornelio Lentulo. Catilina voleva marciare su Roma non appena Lentulo avesse fatto insorgere la plebe; Lentulo, invece, aspettava che Catilina attaccasse, prima di far insorgere la plebe. Per questo fraintendimento si perse molto, preziosissimo tempo. Alla fine, a causa di un tradimento, i catilinari a Roma furono scoperti e condannati a morte per ordine del console, Cicerone. Tuttavia, come si sarebbe dovuto fare attenendosi alla legge, fu proibito loro di appellarsi al popolo per evitare la sentenza di morte. Comunque, morti i suoi compagni di Roma, Catilina decide di andare verso nord, nelle Gallie: lì v’erano molti che appoggiavano il suo movimento. Tuttavia gli fu sbarrata la strada sia davanti che dietro di sè: a Fiesole, quindi, andò valorosamente incontro alla morte, e "il suo corpo fu ritrovato lungi dai suoi, circondato dai cadaveri dei nemici." Giovanni Fumagalli e Pietro Klausner


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INVANO?

È

la domanda che ci siamo posti al mattino: abbiamo veramente passato tutta la notte a fotografare, scrivere, riprendere e disegnare Milano dal

tramonto del Duomo fino all'alba della provincia, in un van, inutilmente? Volevamo ragionare con voi su come le persone, gli spazi e le relazioni fra essi cambiano allontanandosi dalla grande città in una notte sola; ma tutto si è trasformato in qualcosa di diverso, e siamo lieti di presentarvi: "INVANO?", più che una mostra, un'atmosfera. (Dalla locandina di “Secondary Action”) Sette ragazzi, tra cui figura un ex carducciano (Damon Arabsolgar), formano la “Secondary Action”, una sorta di collettivo di artisti che suonano, scrivono, fotografano, filmano e vivono. Il 28 maggio si è conclusa la loro prima mostra, intitolata “Invano?”, un progetto interessante e dal retrogusto poetico: una notte trascorsa a vagare per le vie notturne di Milano, a volte silenziose e ad altre popolate da pazzi, per tastare con mano lo spirito della città ed ogni suoi riflesso sulle persone e sui luoghi. In realtà il progetto riesce a sopraffare i ragazzi e a portarli ad una riscoperta di luoghi in cui i giovani artisti avevano vissuto qualche esperienza, senza però riuscire a coglierne la vera essenza. Dunque un viaggio alla scoperta della città e dei suoi abitanti, ma, ancor

di più, un viaggio alla scoperta di se stessi. Anche la mostra prende un po' la forma del viaggio e accompagna lo spettatore in un percorso in cui immagine e parola si fondono, così da poter vedere foto dei soggetti più vari, pazzi visionari compresi, e leggere dell'impatto che hanno avuto su di loro, leggerlo sotto forma di una poesia scritta di getto in una sola notte. Le immagini diventano sempre più complesse e dalle foto “nude” si osservano contaminazioni con immagini di carta o colori che fuoriescono e vanno ad imbrattare la tela di cartone su cui sono appese. Da notare, inoltre, come gli scatti fotografici siano da prendere non singolarmente, ma nel loro insieme. L'organicità degli scatti emerge anche dall'allestimento della mostra, in cui le foto si susseguono cronologicamente – secondo il momento di quell'avventura in cui sono state realizzate – in una sequenza lineare in cui vige una gerarchia; gli scatti di dimensione maggiore vengono approfonditi dalle foto contigue di minore grandezza. Poi i quadri, realizzati anche da chi, di quei ragazzi, non c'era di persona, e ha preferito creare lasciandosi inebriare dai racconti di quell'avventura. Ultimo tocco di colore: un enorme chupachups dai colori sgargianti sotto cui fa capolino la scritta “non ho mai mangiato nulla di più buono” eretto quasi a simbolo di

quell'impresa, o meglio, a simbolo della fatica che ne ha comportato; parlando con l'autrice del quadro si scopre, infatti, che quello è il bottino ottenuto in una notte infinitamente lunga. La realizzazione della mostra ha richiesto circa un anno di lavorazione e conta anche due sperimentazioni visive. Sono stati, infatti, realizzati due cortometraggi che mischiano suoni e musica di quell'avventura, anche se profondamente diversi nella loro struttura. “9/9 frammenti” di Matilde Arduini è, infatti, un progetto in cui si è partiti da una colonna sonora appositamente realizzata, fatta di beat box, pianoforte e chitarra elettrica, per poi costruire una sequenza di immagini. In “New day” di Santiago Torresagasti, al contrario, la colonna sonora è dipendente dalla realizzazione video. Interessante rilevare i differenti approcci a questi due filmati, apprezzati da categorie diverse di persone: gli amanti della musica il primo, mentre chi preferisce la sfera visiva il secondo. Dall'ambizione di giovani artisti emergenti nasce, dunque, un lavoro interessante, che è stato segnalato più volte anche da riviste e blog, un progetto che va a sfatare il mito che nessuno si occupi più di arte. [Il blog della mostra, www.milanoinvano.blogspot.com] Laura Vitale Lollo

La Video-Scultura arriva a Milano

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l PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea) di Milano ospita, per la prima volta in Italia, la mostra di Tony Oursler, intitolata Open Obscura. Tony Oursler è nato a New York nel 1957, ed è diventato famoso grazie alle sue opere multimediali, capaci di mescolare scultura, proiezioni video e registrazioni vocali per creare composizioni davvero straor-

dinarie; le sue installazioni sembrano quasi degli incubi o delle allucinazioni che impressionano lo spettatore e allo stesso tempo lo affascinano: sono combinazioni di parti dell’essere umano e sculture dalle forme insolite e disumane. I proiettori, le casse acustiche e i fili elettrici sono sempre ben in vista, perché Oursler, evidenziando la dinamica con cui le sue opere sono realizzate, vuol far capire quanto le situazioni surreali, come le sue sculture, siano invece semplici e naturali. La composizione che mi ha impressionato maggiormente si trova in una sala circolare, ed è costituita da sfere di diverso diametro sospese nel vuoto grazie a fili trasparenti; su ogni sfera è proiettato un occhio diverso, che sembra stia fissando lo spettatore, ma se si guarda attentamente nelle pupille si vede il riflesso

di uno schermo: dopo essermi documentata ho scoperto che Oursler ha filmato gli occhi di diverse persone mentre guardavano su uno schermo un videogioco, un film porno e un film dell’orrore, che appunto si vedono confusamente riflessi nelle iridi. È interessante anche vedere come l’occhio si ingrandisca o si chiuda a seconda di ciò che vede; inoltre Oursler ha mantenuto come sottofondo l’audio dei film e del videogioco per coinvolgere di più lo spettatore. L’aspetto divertente di quest’opera è che mentre lo spettatore guarda è a sua volta guardato da un occhio che mostra ciò che ha visto. Questa è solo una delle tante composizioni, esposte al PAC, che ho trovato tutte piuttosto impressionanti; vi consiglio davvero di visitarla, ne vale la pena, ma affrettatevi, La mostra finisce il 12 giugno! PAC, Via Palestro 14 (MM1 Palestro) Ingresso: 5 euro

Emma Pelizzari


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CULTURA

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Attentati alla vita di lei

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mmagini con volti di giovani donne, appese con mollette colorate sul fondale del palco, accolgono lo spettatore che entra nell’aula Magna, sulla cui soglia ancora si può sentire l’ umidità di una lunga giornata di pioggia. Fin da subito la regista avverte il pubblico: si tratta di un testo complesso di Martin Crimp, uno tra i più importanti autori inglesi contemporanei, che è il risultato di diverse microstorie. La frammentarietà della trama è infatti ciò che più caratterizza lo spettacolo e ne rende difficile l’interpretazione. Non esiste una solida sintassi e neppure nessi evidenti tra le varie parti, in quanto l'intero concetto di "fare il punto" risulta ridicolmente antiquato. Il punto è infatti che una ricerca di punti è senza scopo e che tutto il punto dell'esercizio -ossia questi attentati alla sua vita- punta a questo. Persino la concezione tradizionale di personaggio viene bandita: una certa Anne è la protagonista-assente, di cui tutti parlano, ma che non compare mai in scena. Fin dagli iniziali messaggi lasciati nella sua segreteria telefonica da amici, genitori e personaggi non bene identificati che la cercano, la sua personalità appare evanescente e confusa, in quanto delineata attraverso i racconti contraddittori degli altri.

~ Recensione ~ Beatrice Verzotti. Foto di Daniela Ferrante

Anne è infatti una rifugiata politica, una terrorista, una marca di automobile, una pornostar, un’artista e anche un’aspirante suicida! Nemmeno gli altri personaggi possiedono una concretezza tangibile. Essi infatti acquistano un ruolo, un’identità solo in funzione di Anne, oggetto che accomuna. “Al posto delle convenzioni in disuso del dialogo e dei cosiddetti personaggi che avanzano goffamente verso gli imbarazzanti finali del teatro, Anne ci offre un puro dialogo di oggetti. Ci offre nienFoto di Daniela Ferrante

temeno che lo spettacolo della sua personale esistenza. Un oggetto in altre parole, ma non l'oggetto degli altri, l'oggetto di se stessa. Sottofondo della storia è l’atrocità della guerra che disumanizza e distrugge ogni cosa, persino l’identità di una donna senza nome, coi lunghi capelli grigi striati di sangue e il volto sgradevolmente butterato. Accanto a questi sottili fili conduttori, si aprono squarci in cui emergono lo scontro generazionale tra una figlia che forse si è suicidata e genitori che, non riconoscendo le proprie responsabilità, si preoccupano esclusivamente di discolparsi, la presenza ossessiva della televisione che alimenta il pettegolezzo morboso, il mondo luccicante della pubblicità, presto destinato a crollare, le disuguaglianze più o meno latenti tra i potenti e gli emarginati, spesso accompagnate da un’ironia pungente. Ma lo spettacolo non è solamente questo: “È profondamente serio. È divertente. È illuminante. È oscuro. È strettamente personale e al tempo stesso solleva questioni vitali sul mondo in cui viviamo”. Xhestina Myftaraj


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CULTURA

Allenare la nazionale italiana spiegato ai miei figli

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uesta lettera è stata scritta dall’attuale allenatore della nazionale italiana di pallavolo Mauro Berruto, la sera prima del suo esordio sulla panchina azzurra. Una voce forse fuori dal coro in uno sport che ormai bada sempre di più al profitto che ai sogni. E forse questo è il sintomo di un mondo che non sa più sognare? “Francesco, Bea, sapete che ieri sono atterrato in un aeroporto che è intitolato a Saint Exupéry, l’autore de “Il Piccolo Principe”. Ve lo ricordate quando leggevamo quel libro lo scorso inverno nella casa di Civitanova? Questo signore ha scritto: “Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano).” Io stasera voglio tanto ricordarmi di essere stato bambino come voi e di avere avuto tanti tanti sogni, proprio come voi. Francesco, Bea… questa sera vi voglio dire

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che se volete davvero che un vostro desiderio si realizzi servono due cose: 1- impegnarsi (e quindi fare un bel po’ di fatica…) 2- non smettere mai di pensare che quella cosa potrà succedere, anche quando tutti vi diranno così tante volte che è talmente impossibile che … quasi vi convinceranno. Quel “quasi” sarà la differenza. Non vi fate convincere. Mai. Se avete un sogno, non cercate nessuna scorciatoia. Tenetelo in mente e andate avanti, un passo alla volta, a fare le cose che servono per farlo diventare realtà. Più il vostro sogno è grande, più siate orgogliosi di fare tutto il possibile per realizzarlo. Incominciate da una cosa, anche se sembra piccola. Incominciate. Non tutti i sogni si realizzano, bimbi. Ve lo voglio dire. Non per questo si è meno bravi e non per questo bisogna

smettere di sognare. Mai, promettetemelo. Bimbi, chiudete gli occhi e pensate alla cosa più bella che vorreste avere. Sappiate che tutto quello che avete pensato, se siete riusciti ad immaginarlo, può succedere. La cosa più preziosa che non dovrete mai perdere è proprio quel momento in cui chiudete gli occhi e immaginate delle cose bellissime. Perché non state sognando, state semplicemente viaggiando nel futuro. Poi, quando un sogno si realizza.. non dimenticatevi di ringraziare chi vi ha aiutato, perché da soli non siamo niente. Buona notte amori miei. Io stanotte non dormo… Ed è bellissimo così.” Se volete parlarne io sono qui (in 5D). Daniele Duba Visconti

Fatta per resistere

a madre e il padre stavano vedendo la televisione, quando la madre disse: "Io sono stanca ed è tardi, vado a coricarmi." Andò in cucina a fare i panini ai figli per lo spuntino del giorno seguente a scuola, lavò le tazze del pop-corn, rimosse la carne per la cena del giorno seguente dal congelatore, verificò che le scatole dei cereali non fossero vuote, riempì la ciotola di zucchero, mise ciotole e posate sulla tavola e preparò la caffettiera per il giorno seguente. Mise dei vestiti nella lavatrice e cucì un bottone che si era staccato. Tolse il servizio di piatti dalla tavola e mise il calendario al giorno dopo. Innaffiò le piante, raccolse l'immondizia e stese un asciugamano bagnato. Sbadigliò e si avviò verso la stanza da letto. Si fermò nello studio e scrisse una nota per l'insegnante del figlio, mise in una busta i soldi per il pagamento di una visita medica e raccolse un quaderno che era caduto sotto una sedia. Firmò un cartoncino di auguri di compleanno per u n amico, mise un francobollo sulla busta, e fece una piccola lista per il supermercato. Mise il cartoncino e la lista vicino al portafoglio. A quel punto il Padre disse là dalla sala: "Pensavo fossi andata a dormire." Lei rispose: "Sto andando." Mise l'acqua nella ciotola del cane e richiamò il gatto in casa. Si accertò che le porte fossero chiuse. Sbirciò nella stanza di ognuno dei bambini, spense la luce del corridoio, appese una camicia, gettò delle calze nel cesto dei vestiti sporchi, parlò un poco con il figlio più grande che ancora stava studiando. Una volta in camera da letto, sistemò la sveglia per il giorno dopo, preparò i vestiti per il giorno seguente e sistemò le scarpe. Dopo si lavò il viso, passò la crema, spazzolò i denti e si sistemò un'unghia rotta. A quel punto, il padre spense la televisione e disse: "Io vado a dormire" e... Ci andò... Senza fare null'altro! A questo punto avete notato qualcosa di straordinario? Vi siete mai chiesti perché le donne vivono di più... e sono così meravigliose? PERCHÈ LORO SONO PIÙ FORTI... SONO FATTE PER RESISTERE…

Elisabetta Festa


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Il canto lirico

a candela è accesa e dalla finestra mente nella pienezza del suono, bensì soaperta entra una brezza leggera; la prattutto nella capacità espressiva, che si fiammella trema. Entra in scena il ottiene modulando il volume, l'andamento, soprano, e dallo sfondo intona la lo slancio e il sentimento con cui si canta. celebre aria della “Regina della Notte”, ed Il canto, più di altri generi musicali, e in ecco l'acuto, quelle particolare il “bel cannote così attese e suto” (così è chiamata la blimi nel sopracuto, “Il canto, più di altri generi lirica nella tradizione intonate alla perfezioitaliana) è un mezzo asne; il suono pieno, musicali, e in particolare il “bel sai efficace per esprimerpotente invade ogni canto” (così è chiamata la lirica si, anche mediante la angolo della sala e la recitazione: d'altra parte nella tradizione italiana) è un riempie fino all'immenle opere liriche sono sa volta del soffitto; i anch'esse una forma di mezzo assai efficace per vetri tremano. Mentre teatro, in cui non sono le esprimersi” il canto si dispiega più sole azioni o il valore potente ed elevato, la semantico delle parole a candela è posta per stupire, a sorprendere, a prova di fronte al soprano. E la fiammella rallegrare, a commuovere, ma l'unirsi a rimane ferma, diritta come un fuso, come tutto questo della musica e del pathos di se dalla bocca da cui si dispiegano le note cui essa è avvolta. argentine non uscisse fiato. Com'è possibiPrendiamo ancora “Il flauto magico”, la le? nota opera di Mozart che recentemente è Se avessimo invece posto quella stessa stata rappresentata candela sulla cattedra di un docente in anche al Teatro Strepiena attività, al primo rimbrotto proferito hler a Milano: “La con imperiosa voce, probabilmente si sa- vendetta dell'inferno rebbe spenta. Perché? ribolle nel mio cuore, La voce del soprano è “impostata”: il suo- morte e disperazione no non forza le corde vocali; il volume è ardono in me!” declaalto, ma lo sforzo minimo. La voce non ma la Regina della “esce” dalla gola, risuona invece più in Notte. La sua ira, la alto: nelle cavità orofaringee, craniche e sua disperazione, ma tracheali, e il suono che si sente è il risulta- anche il suo oscuro to dell'elevazione della voce (cioè, dall'uso desiderio di vendetta, del corpo nella sua complessità, come un il suo folle furore si trasmettono a chi raffinatissimo strumento musicale). Un esempio che lo conferma, ascoltato alla ascolta per mezzo di radio: alcune scuole elementari hanno quelle altissime note aderito a un simpatico e istruttivo progetto che tintinnano al di che prevede di insegnare ai ragazzini le più sopra dei registri del famose arie della lirica. Vi hanno partecipa- canto normale. L'eserto anche alcuni cantanti professionisti, e cizio di abilità del soquesti, rispondendo a un'intervista, hanno prano rappresenta l'eccezionalità della sidetto che la domanda più frequentemente tuazione. posta dai bambini è: “Dove nascondete il microfono?”. La voce del cantante lirico è potente, arriva lontano: ma col minimo sforzo. Il professore, invece, tende a sforzare la voce e a servirsi solo delle corde vocali: emette una colonna d'aria molto maggiore, mentre l'efficienza sonora è minima. Se alza la voce, il viso diventa rubizzo: consuma un sacco di energia. E magari negli ultimi banchi c'è comunque chi non lo ascolta...

Per considerare un esempio certamente noto a tutti, proviamo a risentire nella nostra mente il “Va pensiero” di Verdi: la melodia ci travolge, ora dolce, ora vigorosa, appassionata, struggente e nostalgica e ci rende partecipi di questi sentimenti, sentiamo l'amore per la patria perduta, il desiderio cocente di riscatto. Ma se leggiamo il testo separatamente dalle note: “Va, pensiero, sull'ali dorate;/ Va, ti posa sui clivi, sui colli, / Ove olezzano tepide e molli / L'aure dolci del suolo natal!”.

La bellezza del canto lirico non sta sola-

Le parole sono arcaizzanti, volutamente

auliche e classicheggianti, e difficilmente anche all'epoca in cui furono scritte potevano essere ben comprese: chi direbbe mai “di Solima i fati”? Il testo in sé è pesante, difficile l'espressione, ma la musica lo rende sublime, con l'alternanza di forti e di piani, con i sospiri incalzanti che emergono a ondate dall'accompagnamento di sottofondo. Io amo il canto lirico, forse perché è proprio uno dei pochi mezzi che posso imparare a utilizzare per manifestare il mio essere, per dire ciò che sento; e probabilmente per lo stesso motivo mi vergogno a cantare in pubblico, perché so che parlo di me stessa e svelo ciò che ho di più profondo. Mi piace perché quando sento “Casta Diva”, dall'opera di Bellini “Norma”, cantata da Maria Callas, la musica diventa il centro dei miei pensieri, e attorno a questa se ne generano altri: ricordi presenti, passati, immagini; quelle note

mi entrano in profondità e mi scuotono, mi commuovono, mi elevano, mi fanno sentire lieve come se volassi via su invisibili ali. E tuttavia, cessata la musica, non riesco a capire quelle lacrime e, al ricordo di ciò che ho sentito, le uniche banali parole che riesco a pensare sono: “Com'era bella”. E riascolto ancora e ancora, alla ricerca continua di quel benessere che la musica mi provoca, di quel conforto tanto sublime, tanto al superiore ai “presenti affanni”. Beatrice Servadio


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REVO FEVER

Revo Fever sono attualmente una delle band giovanili più attive. Hanno recentemente pubblicato in rete e su CD il loro Fegato EP, seconda esperienza discografica, e suonano costantemente nell’area milanese, dai cortili dell’Università Statale ai locali e ai centri sociali dell’Hinterland. I loro concerti si distinguono sempre per la loro forte presenza sul palco e il coinvolgimento del pubblico, come si è visto nella loro esibizione al buio in Aula Magna a Dicembre. Torneranno a suonare al Carducci il 10 giugno, e in attesa dell’evento Edoardo Bassi, chitarrista, si è fatto intervistare per far conoscere meglio i Revo al pubblico carducciano. Da dove nasce il nome? Cosa significa? Partiamo subito dalla domanda più imbarazzante. Eravamo dei tredicenni invasati e abbiamo deciso di prendere come nome la traduzione del saluto che Che Guevara fa a Fidel Castro in una lettera, in cui si congeda dicendo «Un saludo con fervor revolucionario». Il nome era quindi Revolutionary Fever, troppo lungo, e quindi poi cambiato in Revo Fever. Quali sono le vostre influenze? Da dove nasce il vostro stile così caratteristico? I gruppi di riferimento? Purtroppo c’è sempre la grande ombra dei Ministri che incombe e che però stiamo cercando di scansare, è quella che risulta più evidente agli ascoltatori. Tra l’altro Dragogna (chitarrista dei Ministri) ha prodotto il vostro primo EP. Sì, Fegato invece è autoprodotto. Diciamo che noi ovviamente non abbiamo un gruppo che seguiamo e imitiamo, però gli ascolti sono sui Queens Of The Stone Age, Fratelli Calafuria, poi passano anche dal flamenco di Rodrigo y Gabriela a cose più assurde come The Zen Circus, la musica italiana, Il Teatro Degli Orrori. Come nascono le canzoni nei Revo Fever? Di solito io e Costa (Costantino Orlando, cantante e bassista, ndr) siamo quelli che propongono più spesso le musiche. Poi ovviamente si entra in sala, si fa sentire l’idea, e quando si esce il pezzo è totalmente diverso. Ultimamente nascono più dalla chitarra acustica, poi vengono aggiunte le tastiere di Aligi (Nocerino, chitarrista, ndr) e quindi diventano tutta un’altra cosa. I testi sono perlopiù scritti ancora da me e Costa, attraverso un reciproco esame molto attento di ogni parola: siamo dei rompicoglioni io e lui, siamo molto attenti. Volevo appunto chiedere… Avete dei messaggi molto forti nei testi, da cui immagino la scelta di cantare in italiano. In realtà fino a quattro anni fa cantavamo in inglese. La svolta è stata merito di Costa, che ha affermato la necessità dell’italiano, abbiamo capito la forza di parlare a un pubblico che ti capisce. Qual è l’ideologia del gruppo, se c’è un’ideologia diffusa, e quali sono le maggiori fonti di ispirazione nei testi? Devo dire che se nella musica abbiamo dei modelli, il comporre testi, soprattutto da parte mia, è una cosa molto più istintiva. Io spesso prendo ispirazione vedendo quello che ho intorno, leggendo i giornali, comunque vivendo, perché non siamo degli alieni, viviamo in una città che negli ultimi anni ha passato davvero un periodo buio, secondo me, nei testi si può percepire lo sconforto. Non c’è molto un atteggiamento di mettersi sul palco e dire “noi siamo i profeti”, ma piuttosto di porre delle problematiche che magari i nostri coetanei non si pongono. Parliamo di temi molto vicini a ognuno, non della “pace nel mondo” o altri temi astratti, un po’ “per tutte le stagioni”. Parliamo del problema di trovare lavoro, piuttosto che della routine che ti ammazza ogni giorno, proprio per arrivare più direttamente, e per noi è molto importante. Ci sono delle vostre performance memorabili come quella al buio nella nostra Aula Magna che tutti si ricorderanno. Qual è il segreto per avere un così forte riscontro nel pubblico, che è una costante nei vostri concerti? Giù dal palco è uno sbattersi incredibile, inevitabilmente in quella che chiamano l’era di internet devi sempre essere aggiornato, aggiornare tutto… Assume moltissima importanza se su Facebook scrivi «abbiamo registrato l’album» e ci sono 50 persone che ti scrivono «wow figata»: inizia il passaparola con gli amici e così aumenta la gente che ti consoce. Il palco invece è la dimensione nostra, il momento in cui tiriamo fuori quello che siamo veramente, io non ci penso due volte a buttarmi sulla batteria piuttosto che urlare «fegato!», sono cose che posso fare avendo una persona davanti come 2000, io faccio così perché sul palco è quello che penso, il palco è come un piccolo angolo in cui è permesso tutto, e lì “son cazzi”. Quanto siete legati all'ambiente milanese? Quanto vi influenza e quanto c'è di esso nella vostra musica e nei vostri testi? Tantissimo, tantissimo. Soprattutto per quanto riguarda quello che scrivo io, mi influenza tantissimo. E’ la città in cui sono nato, sono cresciuto, e in questi anni ho maturato un rapporto un po’ ambivalente. C’era un manifesto tempo fa che riassumeva perfettamente questo mio stato d’animo che diceva «Milano, non ti riconosco più ma ti voglio ancora bene». Secondo me Milano è una città con grandissime potenzialità, con moltissimi giovani che hanno voglia di fare ma non sanno bene come applicarsi, cosa fare. Secondo me è importante anche nelle canzoni esprimere questa necessità. Milano è dentro di me, in ogni cosa che penso c’è sempre un po’ della città e di quello che ho intorno. In Italia siamo la città rivolta verso l’Europa, potremmo avere un bellissimo “melting pot” e invece abbiamo sempre paura di riconoscere gli altri, di riconoscere anche noi come facenti parte di una città fatta da gente diversa. Penso


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che nessuno di noi abbia entrambi i genitori milanesi, e questa dovrebbe essere la forza di questa città. Questo si riflette anche sulle nostre musiche, ci sono delle nostre parti che secondo me sono molto cittadine, ci viene spontaneo esprimere questo sentimento. Spassionate aspettative e speranze per il futuro più immediato e meno? Io con il futuro non ho un buonissimo rapporto. Siamo in una fase in cui dobbiamo sbatterci al 100% per ottenere qualsiasi cosa e quindi dobbiamo cogliere ogni occasione che ci capita, per avere delle opportunità. In una storia lunga come la nostra, suoniamo da 6 anni, ci sono dei periodi di stallo ed è importante nei periodi in cui sembra vadano meglio le cose riuscire a costruire il più possibile. Infine come ci si può tenere in contatto col gruppo? Facebook, ormai MySpace è morto. Lì trovate le nostre canzoni davvero vecchie, mentre la pagina di Facebook è aggiornata quasi quotidianamente, trovate i concerti, il nostro EP da scaricare. Vuoi dire qualcosa su Fegato EP? E’ una grande soddisfazione, dopo appunto un paio di produzioni con Fede dei Ministri abbiamo costruito con le nostre mani un EP registrato e mixato da Mauro (Forester, batterista, ndr), ha fatto lui i suoni, abbiamo fatto le copertine piegandole una per una, abbiamo fatto noi praticamente tutto, lo vendiamo noi nei banchetti, e quindi è una grande soddisfazione quando piace a qualcuno, pensi «sono fiero di me». E’ ovvio che non è lo spazio definitivo dei Revo Fever, non passeremo la nostra vita a suonare quelle cose, a vent’anni non ci si può incagliare su un modello, però per me è già una grandissima soddisfazione. Giuliano Pascoe

Jovanotti in concerto

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l Forum è pieno quando, su un megaschermo posto al centro del palco, appare il testo di una poesia di Ungaretti: “Ricorderai d’avermi atteso tanto e avrai negli occhi un rapido sospiro”. Subito compare anche un video di Piero Angela che annuncia un viaggio in astronave attraverso il tempo e lo spazio di un universo inesplorato. Dall’universo l’immagine si avvicina sempre più velocemente verso la terra e poi appare Lorenzo in tutta la sua originalità. Vestito elegantemente con giacca e cravatta in stile Michael Jackson e scarpe di strass alla Sammy Davis Jr, Jovanotti si esibisce per quasi un’ora con i brani del suo ultimo CD: “Ora”. L’album, tanto nuovo quanto di successo, viene valorizzato molto

dall’artista che non mira a diventare artista di repertorio e ha voluto credere, perciò, nella sua nuova realizzazione. L’inizio è quindi scoppiettante: Lorenzo balla ondeggiando in modo sciolto e snodato coinvolgendo nei suoi movimenti anche lo schermo dietro di sé. Infatti le movenze dell’artista guidano gli effetti speciali 4D dello schermo rendendo lo spettacolo più avvincente.

Durante Amami e L’elemento umano nella macchina, definizione del cantante stesso in questa fase della sua carriera, Lorenzo comincia a utilizzare tutto lo spazio a sua disposizione attraversando di corsa la passerella fino ad arrivare in mezzo al pubblico. Poi è la volta de La notte dei desideri, che con la sua potenza ritmica precede un “break” acustico nel quale si esibisce con le ballate più famose: Le tasche piene di sassi, un vero successo del suo ultimo album che conferma il suo animo di poeta, la famosa Come musica e l’insuperabile A te che commuove il fedelissimo pubblico. Poco dopo lo schermo, attraverso gli effetti speciali, dà il meglio di sé: Lorenzo appare all’interno di un incontro di box contro se stesso, proprio mentre sul palco ne mima in diretta i movimenti. Dopo le emozioni inedite regalate dalle nuove tecnologie, Jovanotti canta Ora, Tutto l’amore che ho e Tanto. Poi si esibisce da solo alla batteria, dove non si fatica a riconoscere il celebre beat de L’ombelico del mondo, esaltata in una versione più ritmata e potente. Iniziano dunque una serie di hit del passato con cui Lorenzo diletta il pubblico in fermento. Dopo l’immancabile Mi fido di te, che canta camminando tutt’attorno al palco, Jovanotti rende tutto più intimo trasferendosi sulla passerella ed esibendosi nell’intramontabile Bella, nelle romantiche Punto e Una storia d’amore e concludendo il revival con l’emozionantissima Ciao Mamma che scatena boati a non finire facendo entusiasmare l'intero forum. Dopo altri due brani del nuovo album, tra cui l’applauditissima Quando sarò vecchio, Jovanotti si esibisce nell’intramontabile Ragazzo fortunato, anche se in realtà non è proprio lui a dare il meglio di sé. Questo momento

appare infatti come un vero e proprio tributo all’artista che, con gli occhi chiusi e le braccia aperte verso l’alto, incantato, ascolta il tripudio del suo pubblico che canta a squarciagola la canzone che più l’ha reso famoso. Non mancano i brividi neanche con Il più grande spettacolo dopo il big bang e Baciami ancora, due hit recenti e davvero trascinanti. Infine Lorenzo chiude con un omaggio alle radici africane della sua musica salutando il suo pubblico con La bella vita, un ritmo che ti rimane in testa a lungo, e un messaggio positivo: “La bella vita abbastanza bella da essere vita, la bella vita abbastanza vita da essere bella.” Chiara Conselvan


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L’Antologia dello Squallore Eccoci qua! E giacchè, come noi in questa scuola ben sappiamo, non c'è mai limite al peggio, non siamo rimasti inattivi: una seconda folata di vento gelido sta per imperversare nelle conversazioni di ciascuno di voi, sotto forma di terribili ma irresistibili capolavori del (non)umorismo! A cura di Stefano Fiori, Tommaso Manzoni e Mattia Sanvito FREDDURE

DAL DOTTORE

1) Cosa fa un canguro nero su un foglio bianco? Risalta.

- Dottore, posso fare il bagno con la diarrea?

2) La vita è una battaglia navale, certe volte ci sei, certe volte ci sette.

- Dipende da quanta ne fa...

3) “È una montatura!” Gridarono gli occhiali.

- Dottore, ci sono speranze per mia suocera?

4) Un sigaro e una sigaretta si sono sposati, ma sfortunatamente il loro

- No, mi spiace, guarirà.

matrimonio è andato in fumo.

- Dottore, come è andata l'operazione di mio

5) Cos’era buddha da piccolo? Un budino...

nonno? - Ma non era un'autopsia? - Dottore nessuno mi considera… - Il prossimo!

INSERZIONI GIORNALISTICHE 1) A New York viene investito un pedone ogni 3 minuti, il poveretto non riesce nemmeno a rialzarsi. 2) Fallita la missione spaziale: gli astronauti non riescono ad atterrare sulla luna, è piena. 3) Tende si suicidano, erano da sole. 4) Arrestato zombie, era un malvivente (Sanvito) 5) Elettricista impazzito dà alla luce un figlio (Sanvito)

Manda le tue piccole vigne o le tue freddure all’indirizzo dell’Oblò (oblosulcortile@hot mail.it): le migliori avranno l’onore di essere pubblicate sul gior-

STORIA 1) Grazie mille! Esclamò Garibaldi. 2) 1917 la Rivoluzione russa, i compagni di stanza si lamentano. 3) 14 luglio 1789 i francesi prendono la Bastiglia, avevano mal di testa. 4) Qual è il piatto preferito di Mazzini? Gli spaghetti alla carbonara.

LA PICCOLA VIGNA del mese...


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Mozzarelle virtuali

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vvero falsità ed assurdità che circolano in rete (altresì chiamate “bufale”) da noi rinominate “Mozzarelle”. Non sempre le notizie che appaiono su Internet sono veritiere: spesso compaiono assurdità alle quali molta gente crede, poiché sostenute da prove apparentemente veritiere (spesso anche vere e proprie fotografie). Questo fenomeno è talmente diffuso che perfino il quotidiano “Corriere della Sera” ha pubblicato, in data 14 febbraio 2008, una classifica delle “bufale” meglio riuscite, o più comiche, apparse sul web. Al primo posto troviamo “GLI UFO AD HAITI”: la notizie sembrava vera, perché sostenuta da un video in cui apparivano extraterrestri con le proprie navicelle. Il video era ben strutturato, e, se non fosse stato per una palma presente nel video, la quale era già apparsa in un filmato dimostrativo di un software per la realizzazione di ambienti 3D, la notizia avrebbe potuto diffondersi con estrema velocità. Al secondo posto invece troviamo “METALOSIS MALIGNA”: in rete si iniziò a parlare di Metalosis, malattia immaginaria

dei dispositivi medici installati nel corpo umano che si ribellano, diventano animati e si sostituiscono alla carne, assumendo le sembianze di un groviglio di escrescenze metalliche. Ne seguì “Metalosis Maligna”, un cortometraggio che racconta questa misteriosa e inquietante patologia. Totalmente immaginaria, ma incredibilmente verosimile, tanto che meritò sul web un sito dedicato in cui venne descritta questa infezione dovuta al batterio streptococcus metalomaligna, che attacca le persone che hanno subìto impianti di protesi metalliche. Tutto falso, chiaramente, e, soprattutto, fortunatamente. Al terzo posto si posiziona “LA GOOGLE TV “: la notizia diceva che anche Google guarda alla televisione, e finalmente offre il suo piccolo schermo da Mountain View. Mark Ericson di “Infinite Solutions” ha girato e diffuso, attraverso YouTube, un video dimostrativo sulla tv della grande G, mostrando come, da Gmail, si possa approdare ad una pagina speciale dove la M della parola “Gmail” si trasforma improvvisamente in una piccola televisione. Chiaramente chi ci è caduto non è arrivato da

nessuna parte. In effetti, era un po' strano il meccanismo di accesso, ma il video era così dettagliato da sembrare proprio vero. Ma la notizia che, partita dal Web, si è diffusa maggiormente è quella della fatidica “fine del mondo”: secondo i nostri carissimi antenati Maya, esattamente tra 18 mesi il mondo finirà e noi tutti moriremo. Secondo la profezia si dovrebbe verificare un evento, di natura imprecisata e di proporzioni planetarie, capace di produrre una significativa discontinuità storica con il passato: una qualche radicale trasformazione dell'umanità in senso spirituale, oppure la fine del mondo, ma, come si può immaginare, nessuna di queste profezie ha alcun fondamento scientifico, infatti sono state più volte smentite dalla comunità geofisica ed astronomica, ed anche la maggioranza degli studiosi di storia Maya confuta queste affermazioni. Quindi, cari colleghi, non temete: la fine del mondo, per fortuna, o purtroppo, è ancora lontana. Claudia Chendi

Soluzioni Strizzacervelli

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cco a voi le tanto attese soluzioni dello Strizzacervelli, il decalogo di indovinelli che ha scandalizzato anche chi credeva di essere bravo in matematica… I numeri 3, 7 e 10 sono rimasti ancora irrisolti dagli studenti, pertanto i giochi sono ancora aperti! Mandateci le vostre soluzioni alla mail oblosulcortile@hotmail.it oppure su Facebook! Inevitabili sono i complimenti a Simone Zanin, che ha risolto ben sette indovinelli (L’8 e il 9 li aveva risolti prima Josephine Pascoe)! Per le domande si veda il numero di Aprile.

1) Lavorano alla Zecca (Simone Zanin) 2) La chiamo madre! (Simone Zanin) 3) 0:(3-3) = Indeterminato, quindi anche 20 (Riccardo De Francesco) – E’ sbagliata ma apprezziamo lo sforzo e la fantasia… Questo rompicapo ha sconvolto tutta la scuola, e, a quanto pare, sembra che solo il professor Re sia riuscito a risolverlo, trovando una decina di soluzioni… Quindi scervellatevi ancora o estorcete informazioni al prof! 4) Vince Dario con 12 km. (Simone Zanin)

“maschilisti!” (commento di Chiara Compagnoni)

5) Si ottiene piegando le quattro estremità del quadrato verso il centro, congiungendo le punte all'incontro delle diagonali. (Simone Zanin) 6) Mi darà 1,80€ di resto. (Simone Zanin) 7) Ancora irrisolto! Le soluzioni, sbagliate, ipotizzate sono: a) E' rivolto al sole (Simone Zanin) b) Li sradico tutti e guardo quale di questi ha le radici (Simone Zanin) c) Cerco l’unico che attira api e insetti (Eleonora Sacco). 8) 36 (Josephine Pascoe) 9) E’ un sottomarino! (Josephine Pascoe) 10) Ancora irrisolto! Simone Zanin ha ipotizzato: a) E’ nato morto! b) E’ nato in Città Del Vaticano… A cura di Eleonora Sacco


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L’ANGOLO DEL

TAMARRO La canzone del mese, gente: Vi proponiano (o propiniamo) uno strabiliante viaggio fino in Crucchia, dove si svolgono le più potenti feste, perché anche i Mangiacrauti sanno divertirsi. In tre minuti e mezzo il duo tedesco riesce a combinare un beat trascinante con incredibile basso, il tutto in un susseguirsi di climax ascendenti e discendenti, confezionando così un brano perfetto da ballare. DISCOPOGO (Die Atzen Frauenartz)

A cura di Luca Cassanego e Anna Quattrocchi

L’artista del mese

Ci teniamo moltissimo anche a celebrare l’uomo che in questo mese ha Es ist Party angesagt! sbancato sulle vostre bacheche e Die Saison ist eröffnet. home page di Facebook, nonché ai botteghini, quello che forse più tamarEs ist ein wahres Spektakel, ro di così non potrebbe essere. Si sta denn alle kommen, weil es abgeht. parlando di Marracash, rapper milaneDas ist 'ne rießen große Party! se salito alla ribalta con il tormentone Badabum Cha Cha, singolo provenienReißt die Arme in den Himmel te dall’omonimo primo album in data und schwenkt sie über den Kopf, 2008. Ma come dice Caparezza, Il seman wir sind erst am Ziel, condo album è sempre il più difficile wenn der Schweis von der Decke tropft. nella carriera di un artista, e il rapper meneghino, prendendosi una pausa di due anni, è tornato a far parlare di se, Discopogo con “Fin Qui Tutto Bene” Cd che non delude le aspettative di coloro che Dingelingeling avevano apprezzato il suono underground del suo precedente lavoro. Qualora vogliate vedere il cantante dal vivo lo potete seguire nel suo Dingelingeling Mini Tour Estivo, proposta ancora più allettante se si pensa al modico Alle Atzen sing'! costo del biglietto, non oltre i 25€, una rarità di questi tempi. Was ist los?

Breakdance oder Atzentanz, wir tanzen heut' den Pogo Hit! Discopogo, Atzenlogo, Atzenstyle ist Discopogo! Atzen rasten nicht am Tag,sie feiern mit dem Atzenlogo. Schubsen, Drücken, Hüpfen, Springen, Raufen, Saufen, Tanzen, Pogen. Atzenparty Dingeling. (x4) DISCOPOGEN UNSER DING! DISCOPOGEN UNSER DING! Pogen (ca. 35x) Di Di Di Di Di Di Di Di Disco Pogo! Di Di Di Di Di Di Di Di Disco Pogo!

La meta estiva Anche quest’estate, la meta di culto per ognuno di noi è Ibiza. La città dei giovani quest’anno non delude le aspettative proponendo una vasta gamma di eventi per la felicità del turisti. Locali e discoteche ben noti al pubblico come L”’Amnesia”, il “Pacha” e il “Privilege” sono pronti a riaprire le porte alla movida. Ottima anche quella pre discoteca, con locali che offrono aperitivi e prevendite per un buon proseguimento della serata. Nel caso in cui l’isola spagnola non sia di vostro gradimento, altre due mete interessanti sono Mikonos ed Hersonnisos (Creta).

La moda estiva L’estate si avvicina e sorge il dubbio su come vestirsi in spiaggia. Quest’anno la soluzione è svertirsi, e mostrare al completo quelle gambe duramente allenate lungo tutto l’inverno in palestra. Accorrete dunque nei negozi e non lasciatevi sfuggire lo slippino, preferibilmente di colore rosso, per esibire la vostra ardente personalità (da evitare il colore bianco, si corre il rischio di esibire ben altro)... Con addosso lo slip le più famose spiagge della penisola saranno ai vostri piedi.


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GIOCA CHE TI PASSA! D O K U S U D O K U S U D O K U

Porta l’Oblò in vacanza...vedrai come il tempo passerà in fretta!


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Concorso Fotografico III bbene sì, anche quest'estate vi forniamo la scusa giusta per utilizzare la vostra macchina fotografica ovunque voi siate e scattare foto foto foto foto foto foto… (E se qualcuno dovesse osare rimproverarvi perchè "Qui non si possono fare foto gnè gnè gnè…” rispondete pure "Ehi amico, il mio giornalino è l'Oblò sul Cortile… Non so se mi spiego!" Vedrete che vi lascerà fare tutte le foto che vorrete)!

Il tema scelto per voi è VOLTI ED ESPRESSIONI. Catturate i volti o le migliori espressioni (dalle più comiche alle più sexy, dalle più idiote alle più belle...) di parenti, amici, estranei… e inviatele alla mail dell'Oblò (oblosulcortile@hotmail.it) entro la mezzanotte del 30 Settembre 2011. Come l'anno scorso potrete inviare un massimo di 2 foto accompagnate da didascalia, nome, cognome e classe. La giuria della redazione, con l'aiuto di un aspirante fotografo e di un prof di arte, eleggerà le 3 foto migliori; gli autori verranno generosamente premiati con il ricavato del Concerto dell’Oblò del 10 Giugno 2011. BUON LAVORO e VINCA IL MIGLIORE!

Martina Brandi

La Redazione dell’Oblò

Redattori:

Collaboratori esterni:

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Responsabile amministrativo:

Silvia Ainio IIE (4E)

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Correttrici di bozze:

Alessandra Ceraudo VG (2G)

Flora Fontanelli VA (2A)

Chiara Compagnoni IIG (4G)

Claudia Chendi IVB (1B)

Tommaso Manzoni IIC (4C)

Eleonora Sacco IF (3F)

Chiara Compagnoni IIG (4G)

Emma Pelizzari VB (2B)

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Anna Quattrocchi IF (3F)

Claudio Fatti IIIF (5F)

Mattia Sanvito IIC (4C)

Giovanni Fumagalli VE (2E)

Isadora Seconi VA (2A)

Chiara Mazzola IVB (1B)

Carlo Simone ID (3D)

Xhestina Myftaraj IIIA (5A)

Riccardo Toso IIIH (5H)

Giuliano Pascoe III I (5I)

Daniele Visconti IIID (5D)

Dario Elio Pierri IIIB (5B) Leonardo Rovere VE (2E) Eleonora Sacco IF (3F) Mattia Serranò IIIB (5B) Beatrice Servadio VG (2G) Alessandra Venezia IVB (1B) Laura Vitale Lollo IIE (4E) Dario Zaramella IA (3A)

Vignettisti: Silena Bertoncelli VC (2C) Matteo Cairo IH (3H)

Le “Noccioline” →

Elena Di Luca IF (3F)

attrici, Xhestina e Chiara, che mancano nella foto di Redazione in seconda pagina: erano sul palco dell’Aula Magna!

Federico Regonesi IA (3A)


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