numero 3 - giugno
Editoriale
Ricordo ancora lʼAddio Carducci di un nostro fedele redattore pubblicato due anni fa (fine anno scolastico 2007-2008), che lessi con piacere e molto gusto, ritrovando in esso qualità, pregi e difetti del nostro Liceo. Come ogni anno, anche questo ha avuto i propri problemi e i propri momenti di gloria, e, come ogni anno, sciagure e successi hanno influito sul cambiamento della scuola. Questo è infatti lʼaspetto che mi colpisce di più di una scuola: il cambiamento, la sua trasformazione e rigenerazione nel corso degli anni, eppure il suo rimanere invariata per nome, caratteristiche e attributi. Ogni anno il Liceo si popola di nuovi individui e ne fornisce di cresciuti al mondo universitario, lavorativo o generalmente esterno. Dal 1932 il Carducci ha sfornato 78 generazioni di giovani classicisti (chi più chi meno), 51 delle quali sono uscite maturate e trionfanti da via Beroldo, il resto passeggiava invece nei pressi di via Lulli. Pensate dunque quanti ragazzi hanno trovato nel Carducci il proprio rifugio, quanti un estenuante purgatorio, quanti il proprio amore, quanti la loro rovina, quanti la loro Scuola. Avevano tutti gli stessi ideali, le stesse divise, le stesse ambizioni, le stesse difficoltà, gli stessi amici, gli stessi professori?
In realtà ognuno è stato diverso per sé e per gli altri, sviluppando un proprio spirito critico, esternando o meno i propri giudizi, stabilendo rapporti sempre differenti con compagni e insegnanti, ma tutti hanno fatto, volenti o nolenti, la stessa scelta. La domanda che sorge (spontanea?) è: chi sono stati i migliori alunni, quali le generazioni più interessate alla scuola e alla società, quali quelle più passive? Non penso si possa rispondere, le idee ci sarebbero, ma sono molto vaghe; in ogni caso non rispondiamo per non tirarci la zappa sui piedi. È alquanto strano accorgersi che gli anni trascorsi coincidono con certe amicizie, certe persone, certi volti, certi sguardi, e improvvisamente rendersi conto che queste facce, questi amici non ti osservano più, non appaiono più dietro lʼangolo allʼintervallo per salutarti: dietro agli stessi angoli ci sono altre teste, altre immagini, che non riconosci ormai, più giovani e per questo spesso evitate in precedenza per lʼamico che ora ti ha lasciato. Ogni carducciano è importante per la scuola e per il suo sviluppo, e anche se non ne fosse consapevole egli rimane sempre dietro quegli angoli a spiare e studiare i movimenti del Liceo, in attesa di una svolta, di un nuovo
Liceo Classico G. Carducci cambiamento, o forse è solo in attesa di qualcuno. Io sto perdendo qualcuno questʼanno e per questo mi accorgo di essere dietro lʼangolo e mi ricordo anche di esserci stata nel momento della scoperta di quel qualcuno. Mi accorgo quindi che la scuola non è solo un posto per studiare, per imparare dalle materie insegnate, ma è un luogo in cui socializzare e imparare dagli amici, dalle amicizie. La scuola è una comunità di studenti, che in quanto studenti dovranno pur sempre studiare, ma in quanto parte di una comunità dovranno saper comunicare e relazionarsi agli altri. Rivolgo un ultimo saluto perciò ai maturandi, pronti ad abbandonarci, invitandoli a ricordarsi di quellʼAddio Carducci del nostro Pierri: siete stati coraggiosi e mancherete a tutti coloro che hanno potuto conoscervi, perché avete fatto parte del loro Carducci! Dopo questa smielata saluto anche tutti gli altri, con i quali mi scuso nel caso si fossero sentiti ingiustamente esclusi dallʼeditoriale! (Piuttosto, non preoccupatevi perché come diceva Bucchi in una vignetta: “Figlio mio, un giorno tutto questo saranno c***i tuoi!”) Chiara Compagnoni
RESOCONTO DAL FRONTE DELLA MISTERIOSA CONSULTA Eccomi qui, sopravvissuto ad un anno di esplorazione e lavoro nelle lande sconosciute di Lampugnano, dove periodicamente ( magari fosse con regolarità) si tengono le riunioni, o dovrei dire chiacchierate al bar peraltro poco interessanti, di quella
strana entità definita come Consulta Provinciale degli Studenti di Milano. Il tono sarcastico dovrebbe farvi intendere come la mia impressione, già di per sè poco rassicurante a inizio anno, non solo non si sia risollevata, ma si sia schiantata fragorosamente a terra, esanime:
alla moria dei rappresentanti mai pervenuti si è aggiunta quella dei fuggiti via, si è verificata la (s)piacevole eventualità di tizi presentatisi per la prima volta a marzo con la pretesa di sindacare sui progetti di chi da ottobre lavora sodo; in tutte le
plenarie tenute dopo le vacanze (3, un poʼ poche?) non ho mai avuto il piacere di vedere il consiglio di presidenza al completo, al massimo uno o due consiglieri su cinque, il presidente, del vicepresidente sparito non ne parliamo, fino ad arrivare al paradosso di unʼultima