DE|AR intervista Marco Ripa

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Il nuovo artigianato

WHO’S NEXT, portariviste in ferro verniciato

INTERVISTA

MARCO RIPA

MANI, MENTE, CUORE di Marco Motta MY FUNNY VALENTINE, seduta in ferro invecchiato

Come ti sei avvicinato a questa dimensione artistica? “Nasco anch’io come fabbro da carpenteria: l’ho fatto per 15 anni, acquisendo una buona manualità, ma la parte artistica era pari a zero. Data la mia innata passione per arte e design, voltare pagina era solo questione di tempo e dunque, nel bel mezzo della crisi economica, nel 2011, ho aperto l’officina Art&Craft, per dare sfogo alla mia creatività, soddisfare la mia vena artistica e, perché no, anche per mettermi alla prova. Una sorta di salto nel buio che però sta dando i suoi frutti, perché oltre a essermi già fatto conoscere nella mia zona, riesco a vendere molti prodotti all’estero, grazie all’e-commerce: dalla Germania alla Francia, dagli Stati Uniti all’Australia”. Da dove nasce il tuo amore per il ferro e come definiresti il tuo attuale stile di lavorazione? “Amo il ferro perché lo ritengo un materiale estremamente versatile e creativo. Da una semplice barra, un tondino o un tubolare, puoi tirar fuori qualsiasi cosa: una finestra, una ringhiera, piuttosto che complementi d’arredo o elementi di design assolutamente moderni. Con un po’ di fantasia, una buona manualità e l’ausilio di alcune macchine utensil,i puoi davvero creare ciò che vuoi. Io, personalmente, non mi fossilizzo su un unico stile di lavorazione, anche se prediligo uno stile minimalista, con linee molto pulite, che dia leggerezza all’opera. Ne è un esempio lampante il portariviste Who’s next, in cui l’idea di leggerezza è talmente forte da far trasparire addirittura una sensazione di equilibrio precario”. Artigiano o artista? Tu, che nella tua officina, oltre a pezzi unici d’arredamento, realizzi anche vere e proprie opere d’arte, come ti definisci? “Come dicevo prima, sono un vero appassionato d’arte e devo ammettere che, frequentando spesso mostre ed esposizioni, percepisco la differenza esistente tra un artista e un artigiano creativo, quale posso essere io. Ho realizzato, come si può vedere sul mio sito internet (www.marcoripa.it), una serie di opere ispirate all’artista americano Alexander Calder, ma da qui a definirmi uno scultore ce ne passa. Mi accontento di essere un bravo artigiano, professione che negli anni ha perso un po’ la propria identità e che invece io vorrei recuperare: agli occhi di molti l’artigiano è oggi soltanto colui il quale esercita una professione che richiede lavoro manuale, una persona magari anche un po’ scontrosa. In realtà è un mestiere per il quale serve avere molta creatività ed è qui che il confine con l’arte diventa molto labile. Cito spesso una frase di San Francesco d’Assisi che rispecchia il mio modo di concepire il mestiere dell’artigiano: “l’operaio lavora con le mani, l’artigiano con le mani e la mente, l’artista con le mani, la mente e il cuore”. Ecco, mettendo il cuore, e quindi la passione, anche nel fare l’artigiano, ci si può davvero avvicinare all’arte”.

REVOLVER, quadro/lampada da parete in lamiera di ferro verniciata UNDER PRESSURE, vasi in ferro acidato

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abbro atipico: così si definisce Marco Ripa, giovane artigiano marchigiano. “Fabbro atipico per colpa dei miei colleghi e dell’evoluzione che ha subìto questo mestiere nel corso degli anni. La virata dall’arredamento all’edilizia, per via dei più facili guadagni, ha fatto perdere quello spirito di ricerca del nuovo e del bello che invece io, ostinatamente, continuo a desiderare. Non avendo mai abbandonato la ricerca e preferendo l’arredamento di design alle opere da edilizia, come ringhiere e cancelli, mi posso dunque definire un fabbro decisamente atipico”. Atipicità e unicità che ritornano anche nel nome che hai dato alla tua officina: Art&Craft. “Esattamente: il nome è un omaggio al movimento nato agli inizi del ‘900 grazie a John Ruskin. In piena rivoluzione industriale, quando la produzione in serie iniziava a diventare la regola, questo movimento ruppe un po’ gli schemi, perseguendo la realizzazione a mano di pezzi unici. Lo stesso vorrei fare io in questo momento in cui a dettare legge è la produzione di massa, e il valore del pezzo unico si è progressivamente perso: realizzare le mie opere a mano, in modo da renderle uniche. O, perlomeno, uniche in relazione al committente: preferisco conoscere di persona chi mi richiede un oggetto perché mi permette di capirne gusti, idee e personalità e risulta così decisamente più semplice realizzare un prodotto su misura per lui. È questa, secondo me, la differenza tra opera artigianale e opera industriale”.

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TRE TORRI E LA LUNA, omaggio a Calder in metallo strappato

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