Alfonso I d'Este

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le immagini e il potere

da ercole de’ roberti a michelangelo con la Cronistoria biografica di Alfonso I d’Este di Marialucia Menegatti e il Pulcher visus di Scipione Balbo a cura di Giorgio Bacci

65,00 €

www.officinalibraria.com

alfonso i d’este

Vincenzo Farinella è professore di Storia dell’arte moderna all’Università di Pisa. Ha studiato l’arte italiana del Rinascimento nei suoi rapporti con l’antichità classica, occupandosi inoltre di pittura dell’Ottocento e del primo Novecento. Tra le sue ultime pubblicazioni, Raffaello (Milano 2004) e Dipingere farfalle. Giove, Mercurio e la Virtù di Dosso Dossi (Firenze 2007); ha curato di recente varie mostre, tra cui Virgilio. Volti ed immagini del poeta (Mantova 2011-2012) e Dosso Dossi. Rinascimenti eccentrici al Castello del Buonconsiglio (Trento 2014).

le immagini e il potere

Alfonso I d’Este (1476-1534) è un caso esemplare del rapporto strettissimo esistente, nell’Italia rinascimentale, tra mecenatismo artistico e attività politica: il terzo duca di Ferrara non fu solo uno degli indiscussi protagonisti della storia europea, ma anche uno dei più illuminati e originali mecenati delle arti del suo tempo, capace di porre Ferrara al centro della vita culturale italiana, potendo contare su una serie di «artisti di corte» di indiscusso prestigio (Ercole de’ Roberti, Antonio Lombardo, Dosso Dossi) e rivolgendosi all’esterno ai massimi protagonisti della maniera moderna (da Raffaello a Fra Bartolomeo, da Michelangelo a Tiziano). Si delinea il profilo di un committente d’eccezione, in grado di unire una profonda passione per le arti alla capacità di piegare pittori, scultori e miniatori ai propri fini politici: così lo studio dei marmi di Antonio Lombardo viene letto come una risposta alla congiura ordita da don Giulio d’Este, le miniature del Libro d’ore di Alfonso I come una testimonianza della vera e propria guerra per immagini ingaggiata con papa Giulio II, mentre il Cristo della moneta di Tiziano diventa un’arma ideologica nel duello che ha contrapposto il duca estense a Leone X. Del camerino delle pitture, l’impresa più prestigiosa del mecenatismo di Alfonso I, è sviscerata la complessa iconografia dei dipinti di Giovanni Bellini, Dosso e Tiziano, incentrata sulle figure di Bacco, Venere ed Enea. Infine, si dà conto di altre importanti commissioni ducali, dal Giove, Mercurio e la Virtù di Dosso, per la delizia del Belvedere, alle opere richieste a Michelangelo, come la Leda.

vincenzo fa r i n e l l a

Alfonso I d’este

vincenzo farinella

Alfonso I d’este le immagini e il potere



alfonso i d’este le immagini e il potere


In copertina Tiziano, Bacco e Arianna, ca. 1520-1523 Londra, The National Gallery, particolare.

Progetto grafico Paola Gallerani Redazione Marco Jellinek Segreteria di redazione Serena Solla Fotolito Eurofotolit, Cernusco sul Naviglio, Milano Stampa Grafiche Aurora, Verona Volume pubblicato con il contributo P.R.I.N. 2005 dal titolo «Arte e Politica. Celebrazione pubblica e privata. Casi esemplari, tipologie e confronti», coordinato da Antonio Pinelli (dal 2006 Vincenzo Farinella), Tomaso Montanari, Annarosa Calderoni Masetti, Francesco Caglioti e Marco Collareta. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore. isbn: 978-88-89854-33-4 © Officina Libraria, Milano, 2014 www.officinalibraria.com Printed in Italy


vincenzo farinella

ALFONSO I D’ESTE

LE IMMAGINI E IL POTERE: DA ERCOLE DE’ ROBERTI A MICHELANGELO

con la Cronistoria biografica di Alfonso I d’Este di Marialucia Menegatti e il Pulcher visus di Scipione Balbo a cura di Giorgio Bacci



SOMMARIO

Premessa

ix

I.

LA FAMA DI ALFONSO I D’ESTE COME MECENATE: FORTUNE (E SFORTUNE) DI UN COMMITTENTE ECCENTRICO

1

II.

ALL’OMBRA DI ERCOLE DE’ ROBERTI: ANNI DI APPRENDISTATO DI UN GIOVANE PRINCIPE

III. LO STUDIO DEI MARMI: L’IMMAGINE DEL NUOVO DUCA 1. Prime difficoltà e prime reazioni: le monete del 1505 2. Alle origini dello studio dei marmi: la congiura di don Giulio d’Este e la Contesa tra Minerva e Nettuno (1506-1507) 3. L’elaborazione del programma iconografico per lo studio dei marmi: Alfonso I e Niccolò da Correggio 4. L’allegoria di Ferrara: modelli di virtus romana (1507-1508) 5. Alfonso I e Antonio Lombardo a Roma (estate 1508) 6. Vulcano e la sua officina, a Ferrara (inverno 1508-1509) 7. L’Apoteosi di Ercole sull’acqua e la vittoria di Polesella (22 dicembre 1509) 8. I rilievi minori (o «decorativi») 9. Lo studio dei marmi di Alfonso I: dallo studiolo umanistico allo speculum principis Tavole

28

78 78 91 107 115 123 133 162 180 200

213

IV.

I DUELLANTI DELLE IMMAGINI 1. Alfonso I nella Roma di Giulio II 2. La stanza della Segnatura: una nuova prospettiva 3. L’Italia «liberata» di Alfonso I d’Este 4. Un libro d’ore politico: l’Offiziolo alfonsino 5. Guerre numismatiche

341 341 352 365 368 375

V.

MARTE E LE FARFALLE: ANTONIO LOMBARDO E DOSSO DOSSI NELLA DELIZIA DEL BELVEDERE (CON UN’APERTURA SU SAVOLDO A FERRARA)

379


VI.

1. Il paradiso del principe 2. Antonio Lombardo al Belvedere: il Marte in riposo di Modena e l’Allegoria della Pace di Washington 3. Dosso Dossi al Belvedere: il Giove pittore di farfalle di Cracovia 4. Savoldo a Ferrara: «3 figure» per Alfonso I d’Este

379 389 401 426

DIVAGAZIONI ARIOSTESCHE: UNA MELISSA ESTENSE

440

VII. IL CRISTO DELLA MONETA DI TIZIANO: POLEMICHE E SCONTRI CON LEONE X

465

VIII. IL CAMERINO DELLE PITTURE: ENEA, VENERE E BACCO ALLA CORTE DEL PRINCIPE 1. L’invenzione del programma iconografico 2. Il Fregio di Enea di Dosso Dossi: un modello etico per il principe 3. Il Festino degli dèi di Giovanni Bellini: il vino corruttore 4. Gli Andri di Tiziano: il vino purificatore 5. La Partenza per l’India di Dosso e il Trionfo indiano di Raffaello: Bacco benefattore e conquistatore (con una postilla su Meleagro a Ferrara) 6. Gli Amori di Fra Bartolomeo e Tiziano: il regno di Venere a Ferrara 7. Il Bacco e Arianna di Tiziano: dal trionfo militare all’apoteosi d’amore 8. Ricostruzioni e interpretazione: il camerino delle pitture come autorappresentazione del principe 9. Da Palazzo Doria a Palazzo Farnese (con una digressione su Vincenzo Cartari) 10. Conclusione nostalgica: la galleria di Bacco nel Palazzo Ducale di Sassuolo (1650-1652)

487 487 493 542 563 573

592 621 634 643 654

IX.

ALFONSO I, LAURA DIANTI E MICHELANGELO: AMORI TERRENI E TRASFIGURAZIONI CELESTI

673

X.

CONGEDO: ANCORA (E SEMPRE) TIZIANO

714


CRONISTORIA BIOGRAFICA DI ALFONSO I D’ESTE (1476-1534) di Marialucia Menegatti

725

I. Infanzia e giovinezza di Alfonso (1476-1490) II. Il matrimonio con Anna Maria Sforza (1491-1497) III. La dominazione francese in Italia. Il matrimonio di don Alfonso d’Este e Lucrezia Borgia (1498-1502) IV. Dalla morte di Alessandro VI alla morte di Ercole I d’Este (1503-1505) V. I primi mesi di regno. La congiura di Giulio e Ferrante d’Este (1505-1506) VI. L’adesione alla lega di Cambrai. La battaglia di Polesella (1507-1509) VII. La guerra contro Giulio II. La battaglia di Ravenna (1510-1512) VIII. I primi anni di pontificato di Leone X (1513-1515) IX. Alfonso d’Este contro Leone X: la guerra di Urbino e la congiura dei cardinali contro il papa Medici (1516-1517) X. Le morti di Lucrezia Borgia e di Ippolito I d’Este. La ‘guerra’ contro Leone X (1518-1521) XI. Anni di pace sotto il pontificato di Adriano VI. Laura Dianti (1522-1523) XII. Alfonso d’Este e Clemente VII. Francia o Impero? Il sacco di Roma (1524-1527) XIII. La ‘fille de France’ a Ferrara. Alfonso e Carlo V. Il congresso di Bologna (1528-1530) XIV. La restituzione di Modena e Reggio. Il secondo congresso di Bologna. Testamento di Alfonso d’Este. Funerali IL PULCHER VISUS DI SCIPIONE BALBO a cura di Giorgio Bacci

726 731 743

Bibliografia Indice dei nomi a cura di Marialucia Menegatti

758 767 783 801 827 842 851 871 882 898 910

929

949 1016



PREMESSA

L

e due monografie sui fratelli Dosso e Battista Dossi, pubblicate intorno alla metà degli anni Sessanta del secolo scorso, hanno concesso uno spazio molto limitato ad Alfonso I d’Este, il mecenate che aveva avuto l’ambizione di trasformare Ferrara in una delle capitali dell’arte moderna italiana, senza timore di entrare in competizione con Venezia, Milano, Firenze e Roma. Nello studio di Amalia Mezzetti (1965) è proprio il ruolo del committente a risultare del tutto subordinato a quello degli artisti, secondo un punto di vista longhiano che aveva trovato un modello di assoluto prestigio nell’Officina ferrarese (1934-1955), dove Alfonso viene ricordato quasi solo per le sue «famose artiglierie»: del duca di Ferrara, ancora riletto attraverso l’ottica fortemente limitativa divulgata dalla Lucrezia Borgia della Bellonci (1939), viene posta in evidenza solo la congenialità di gusti e di carattere con i propri artisti, e con Dosso in particolare, nella definizione di «un suo tipo di umanità intensamente terreno, carnale, gagliardo, pieno di passioni e di voglie apertamente confessate, ma anche inquieto, doloroso e tormentato» (p. 26). La ricerca di Felton Gibbons (pubblicata nel 1968, ma già conclusa nell’estate del 1966), muovendo da tutt’altre premesse, radicata com’era nella scuola iconologica panofskiana sorta negli Stati Uniti nel secondo dopoguerra, pur ampliando il discorso alla corte e all’ambiente culturale ferrarese, proponeva un’immagine sfuocata e distorta del mecenatismo del terzo duca di Ferrara: Alfonso I, in questo volume, viene presentato come un esperto militare di gusti un po’ triviali, frequentemente attratto da allusioni salaci («perhaps nostalgic for a rough but happy life in the field, Alfonso always enjoyed a note of crudity, a touch of the obscene, a bit of the sexual as well as the sensual in his court art and court entertainments»), mosso dall’unico desiderio di «romanizzare» la cultura figurativa estense (pp. 13-15). Le ricerche condotte in questi ultimi decenni sul principale artista della corte di Alfonso I, Dosso Dossi, stimolate dalla monografia di Alessandro Ballarin (1994-1995) e dalla mostra dossesca allestita a Ferrara, New York e Los Angeles (1998-1999), hanno consentito di ribaltare questo punto di vista storiografico, rivelando nel duca estense un committente di straordinario acume e di indubbia originalità: si sentiva tuttavia la mancanza, nonostante gli studi sempre più fitti in questi ultimi anni sugli artisti che furono attirati nel raggio di committenze messo in atto da questo grande mecenate, di una riconsiderazione complessiva di un personaggio che ha svolto un ruolo cruciale nella storia d’Italia e ix


premessa

d’Europa nel primo Cinquecento e, al tempo stesso, nella promozione delle arti in un momento tra i più alti della nostra civiltà figurativa. Anche se la mia passione per l’arte ferrarese, stimolata dalle origini familiari e dagli scritti di Roberto Longhi e di Aby Warburg, risale agli anni della formazione universitaria, lo spunto iniziale che ha dato origine a questo lavoro affonda le sue radici, a metà degli anni Novanta, nella lettura del poderoso studio di Ballarin e nelle suggestioni nate dal vastissimo corredo di tavole a colori e in bianco e nero che accompagna quel nuovo, probabilmente irripetibile, modello di monografia d’artista: il riferimento alle ricerche di Ballarin va inteso come un tributo di riconoscenza e di stima verso un grande studioso, anche laddove le conclusioni raggiunte in questo volume si discostino, in modo più o meno deciso, da quelle proposte nei suoi scritti su Dosso e sul camerino delle pitture di Alfonso I. Non andrà inoltre sottovalutato l’impulso offerto dalla visita della discussa esposizione ferrarese e poi americana su Dosso, una mostra che, pur presentando una ricostruzione del percorso del pittore che in alcuni snodi – anche fondamentali – mi trova in disaccordo, rimane come una delle più memorabili che abbia mai visitato, una vera «rivelazione». Nel corso di questo lavoro un’ulteriore fondamentale occasione di confronto e di discussione è stata la pubblicazione, scalata negli anni (2002-2008), dei sei monumentali volumi del Camerino delle pitture di Alfonso I prodotti nell’officina ballariniana di Padova grazie al contributo fondamentale di Marialucia Menegatti, mentre nuove sollecitazioni sono state offerte dalla possibilità di poter esaminare, in buone condizioni di leggibilità, la spettacolare sequenza dei marmi di Antonio Lombardo per lo studiolo del duca, durante la mostra ferrarese sugli Este del 2004, e, nel 2006, all’interno di una piccola esposizione su I Camerini del Principe allestita nel Castello Estense, proprio all’interno degli ambienti della via Coperta dove aveva trovato posto l’appartamento privato di Alfonso I, il Baccanale dossesco inopinatamente riemerso pochi anni prima dal Prince of Wales Museum di Mumbai. Tra i modelli che hanno contato molto nello stimolare questa ormai più che decennale ricerca dedicata a uno dei maggiori committenti della «maniera moderna», vorrei ricordare, oltre alle ricerche sul mecenatismo di Francis Haskell, inaugurate dal fondamentale volume del 1963 su Mecenati e pittori nell’età barocca, un libro che, per le sue ambizioni di sintesi e contemporaneamente per la capacità di indagare con cristallina chiarezza nei dettagli, si è rivelato decisivo per questa monografia dedicata a un grande committente, e cioè Augusto e il potere delle immagini di Paul Zanker (1987), a cui si è inteso rendere omaggio anche mediante il titolo di questo volume. In questi anni, avendo ben chiaro in mente il progetto di dedicare uno studio complessivo al grande tema del mecenatismo di Alfonso I d’Este, ho anticipato in varie sedi alcune parti di questa ricerca: i diversi contributi sono elencati nella bibliografia, dal mio intervento al convegno padovano su Dosso Dossi, tenutosi nel maggio del 2001 e pubblicato nel sesto volume del Camerino delle pitture di Alfonso I d’Este (Farinella 2007d), a quello nel colloquio parigino su Ariosto e le arti presso l’Auditorium del Louvre (marzo 2009), pubblicato in lingua francese e con un sintetico apparato di note negli atti (Farinella 2012), e alla mostra dossesca al Castello del Buonconsiglio di Trento (Dosso Dossi 2014). x


premessa

Ringrazio gli originari editori di questi testi, per la possibilità concessami di ripubblicarli rivisti, aggiornati e, in alcuni casi, anche radicalmente rielaborati. Il numero non piccolo di anni che ha visto aprirsi, svilupparsi e finalmente concludersi questo «cantiere alfonsino», insieme all’inevitabile affievolirsi della memoria, mi impediscono di ringraziare, uno per uno, tutti gli amici, allievi e colleghi che mi hanno aiutato nel portare a compimento un’impresa che, in certi momenti, mi era sembrata quasi impossibile; alcuni, però, hanno svolto un ruolo talmente importante da meritare almeno una citazione ad personam: Salvatore Settis, il maestro che mi ha insegnato un metodo di studio e di ricerca in cui ancora mi riconosco, e Antonio Pinelli, che mi ha incoraggiato a sviluppare i miei studi su arte e politica nel Rinascimento, consentendomi di immaginare una ricerca di tale ampiezza nel tempo e nello spazio; Giovanni Agosti, che mi ha squadernato, con la consueta generosità, le sue cartelle estensi, e Marco Jellinek, che, ben lungi da essere «solo» un editore e un amico, si è dimostrato anche un profondo conoscitore di questioni ferraresi, con cui discutere forma e contenuti del libro. Un pensiero riconoscente va inoltre a Barbara Agosti, Alessandro Angelini, Elisabetta Archi, Alessandro Bagnoli, Andrea Baldinotti, Sandro Ballarin, Paola Barocchi, Roberto Bartalini, Carmen Belmonte, Renato Berzaghi, Lina Bolzoni, Marco Borella, Stefano Bruni, Stefania Buganza, Rolando Bussi, Francesco Caglioti, Federica Caneparo, Alberto Casadei, Valentina Catalucci, Matteo Ceriana, Luisa Ciammitti, Marco Collareta, Walter Cupperi, Andrea De Marchi, Gerardo De Simone, Andrea Di Lorenzo, Massimo Ferretti, Marco Folin, Francesco Frangi, Paola Frau, Paola Gallerani, Davide Gasparotto, Silvia Ginzburg, Kristina Herrmann Fiore, Charles Hope, Motoaki Ishii, Denise La Monica, Caterina Lazzarini, Stefano L’Occaso, Chiara Lussu, Sonia Maffei, Andrea Marchesi, Anne Markham Schulz, Cecilia Martelli, Marialucia Menegatti, Sergio Momesso, Philippe Morel, Antonio Natali, Alessandro Nova, Silvia Panichi, Raffaella Pastore, Alessandra Pattanaro, Linda Pisani, Monica Preti, Katiuscia Quinci, Pina Ragionieri, Vittoria Romani, Alessandra Sarchi, Barbara Maria Savy, Daniela Sogliani, Serena Solla, Maddalena Spagnolo, Marcello Toffanello, Paolo Tongiorgi, Lucia Tongiorgi Tomasi, Federica Toniolo, Micaela Torboli, Gianni Venturi e Monica Zampetti. Inevitabilmente avrò dimenticato qualcuno: cosa di cui mi scuso in anticipo. Voglio inoltre ringraziare tutti i miei studenti universitari a cui, nel corso degli anni, ho inflitto parti di questa ricerca: da loro, e dalle numerose tesi di laurea sui temi che ruotano intorno a questo libro, ho tratto numerosi spunti, chiarimenti, suggerimenti, oltre a non poche utilissime critiche. Dedico questo lavoro a Chiara, Nadia, Paolo e Simone, non solo come sentito tributo d’affetto a quel nucleo protettivo di «cara bellezza» che ha dato linfa e sostegno, anche nei momenti più difficili, a questo progetto, ma perché hanno dovuto a lungo dividermi con l’ombra invadente di Alfonso. E non dimentico che sono stati i miei genitori, Edda e Quarto, ad accompagnarmi per primi, da bambino, ad ascoltare il «soffio ardente di Ferrara, città delle cento meraviglie». xi


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Vincenzo Farinella è professore di Storia dell’arte moderna all’Università di Pisa. Ha studiato l’arte italiana del Rinascimento nei suoi rapporti con l’antichità classica, occupandosi inoltre di pittura dell’Ottocento e del primo Novecento. Tra le sue ultime pubblicazioni, Raffaello (Milano 2004) e Dipingere farfalle. Giove, Mercurio e la Virtù di Dosso Dossi (Firenze 2007); ha curato di recente varie mostre, tra cui Virgilio. Volti ed immagini del poeta (Mantova 2011-2012) e Dosso Dossi. Rinascimenti eccentrici al Castello del Buonconsiglio (Trento 2014).

le immagini e il potere

Alfonso I d’Este (1476-1534) è un caso esemplare del rapporto strettissimo esistente, nell’Italia rinascimentale, tra mecenatismo artistico e attività politica: il terzo duca di Ferrara non fu solo uno degli indiscussi protagonisti della storia europea, ma anche uno dei più illuminati e originali mecenati delle arti del suo tempo, capace di porre Ferrara al centro della vita culturale italiana, potendo contare su una serie di «artisti di corte» di indiscusso prestigio (Ercole de’ Roberti, Antonio Lombardo, Dosso Dossi) e rivolgendosi all’esterno ai massimi protagonisti della maniera moderna (da Raffaello a Fra Bartolomeo, da Michelangelo a Tiziano). Si delinea il profilo di un committente d’eccezione, in grado di unire una profonda passione per le arti alla capacità di piegare pittori, scultori e miniatori ai propri fini politici: così lo studio dei marmi di Antonio Lombardo viene letto come una risposta alla congiura ordita da don Giulio d’Este, le miniature del Libro d’ore di Alfonso I come una testimonianza della vera e propria guerra per immagini ingaggiata con papa Giulio II, mentre il Cristo della moneta di Tiziano diventa un’arma ideologica nel duello che ha contrapposto il duca estense a Leone X. Del camerino delle pitture, l’impresa più prestigiosa del mecenatismo di Alfonso I, è sviscerata la complessa iconografia dei dipinti di Giovanni Bellini, Dosso e Tiziano, incentrata sulle figure di Bacco, Venere ed Enea. Infine, si dà conto di altre importanti commissioni ducali, dal Giove, Mercurio e la Virtù di Dosso, per la delizia del Belvedere, alle opere richieste a Michelangelo, come la Leda.

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