Antonio Bertoli - Il vestito del poeta

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Cosa genera l’irruzione dell’arte nella vita? Cosa permette la trasformazione di una vita in arte? Dapprima si manifesta il vestito del poeta, «il momento in cui si lascia la piazza dove sfila il mondo». Questo libro-vestito è, quindi, una raccolta di saggi tra esoterismo (cabala, magia, alchimia, Tarocchi), pittura (il surrealismo, Magritte, Caravaggio), letteratura (Borges, Breton, Campana, Jodorowsky, Ferlinghetti, Artaud, Cervantes) e filologia biblica. Si tratta in buona sostanza di un libro sulla Vita, rapsodico e sincopato, profondo e leggero come soltanto la poesia (e una riflessione innamorata sulla poesia dell’esistenza) può essere. Questo testo è una raccolta di saggi anche – se non soprattutto – per il suo raccogliere frammenti di saggezza concentrati in un corpo o in un atto, in una parola o in un’idea. Capiterà al lettore di sentire uno spaesamento, quell’unheimlich – il perturbante freudiano – che mostrerà questo testo come familiare ed estraneo allo stesso tempo. Non c’è da preoccuparsi: si tratta soltanto di un sintomo – ormai tristemente raro – che insorge rapido quando si ha a che fare con un’opera nuova, nuda e sincera.

15,00 €

ISBN 978-88-97864-41-7

Antonio Bertoli

Antonio Bertoli

IL VESTITO DEL POETA Percorsi di letteratura, scienza, poesia e altro

IL VESTITO DEL POETA

«l’arte è un concreto attestato di fede, la realizzazione di un mondo che altrimenti sarebbe poco più di un velo di inutile consapevolezza teso su un golfo di mistero».

9 788897 864417

SPAZIOINTERIORE



Antonio Bertoli

IL VESTITO DEL POETA percorsi di letteratura, scienza, poesia e altro

SPAZIO INTERIORE


Antonio Bertoli Il vestito del poeta © 2014 Antonio Bertoli © 2014 Spazio Interiore Tutti i diritti riservati Edizioni Spazio Interiore Via Vincenzo Coronelli 46 • 00176 Roma Tel. 06.90160288 www.spaziointeriore.com info@spaziointeriore.com illustrazione in copertina Antonio Bertoli, Il vestito del poeta I edizione: aprile 2014 isbn 88-97864-41-7 csr Centro Stampa e Riproduzione, Roma


indice

introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 il vestito del poeta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Note a margine di una tournée poetica di streghe e di fate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Un viaggio tra cabala, magia, alchimia e Tarocchi rené magritte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Ovvero del dominio circolare maudit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Dino Campana, Caravaggio e oltre la nescienza surrealista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 cervantes e don quijote . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Preludio e fuga per mano fantasma adâma – isha – hava . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Donna della Genesi / genesi della Donna fuck art, let’s dance! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Sull’arte di Lawrence Ferlinghetti io, antonin artaud

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considerazioni sulla poesia d’amore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 In margine a Solo de amor di Alejandro Jodorowsky sulla pittura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 una storia, sempre... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Dal fumetto alla sf, dalla poesia alla vita panico! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Storia e contemporaneità borges e “borges” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 L’enigma dello specchio


introduzione

Questa raccolta di testi mi rappresenta molto perché spazia in tanti dei diversi campi che frequento da circa quarant’anni. Dietro un volto conosciuto ci sono molti altri volti che concorrono a formarlo: Nabokov, ad esempio, collezionava farfalle ed era un esperto entomologo; Roland Topor era un appassionato di gialli e polizieschi; Isaac Newton cercava l’ultimo drago sulle Alpi svizzere; Fernando Arrabal è un maestro di scacchi; Albert Einstein suonava il violino ed era un abile velista... Il mio volto più conosciuto da circa dieci anni a questa parte è quello di psico-bio-genealogista, vuoi per il libro che ho scritto in materia, vuoi per i corsi e le conferenze che tengo sull’argomento, vuoi soprattutto perché la psico-bio-genealogia l’ho inventata io. Molti mi hanno visto accanto a Alejandro Jodorowsky in più di un’occasione, da vent’anni più o meno a oggi; altre persone – o forse anche le stesse, ma non è necessariamente detto – mi conoscono per la poesia e il teatro: per City Lights (la libreria-casa editrice-ideazione e organizzazione di eventi poetici e musicali che avevo aperto a Firenze), oppure per il Teatro Studio o il Teatro Puccini – sempre di Firenze – che ho diretto per anni. Altri ancora mi ricordano forse per i miei corsi a Bologna sulle avanguardie storiche del Novecento e altre per le mie performance poetiche o per alcune delle canzoni che ho scritto. Altre – ancora – possono avermi conosciuto per la mia frequentazione del Tarocco o perché ho diretto una collana di letteratura in collaborazione con Giunti editore (CityLights). Questo libro riassume un po’ di tutto questo, anche dal punto di vista storico. I saggi e le prose poetiche che lo compongono partono da molto lontano, infatti, e arrivano fino a oggi senza soluzione di continuità da circa trent’anni fa.

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La venerabile età di alcuni di questi testi, in realtà, non ne inficia la sostanza. Quando ho iniziato a strutturare questa raccolta e ho quindi riletto quello che avevo nel cassetto o che avevo pubblicato in riviste o all’interno di vari libri, ho scartato molti testi e ho mantenuto solo quelli che mi sembravano conservare intatto il loro e mio senso in ordine a una questione di fondo che reputo fondamentale: l’autenticità. Esistono davvero pochi testi autentici, così come esistono davvero pochi ambiti di autenticità nel mondo che ci circonda. Sembra quasi, anzi, che questa sia invalsa alla società e alla cultura contemporanea, e che al suo posto prevalgano l’illusione e la proiezione. In effetti, famiglia, società e cultura si danno man forte per annullare l’autenticità. I genitori, ad esempio, proiettano sui figli tutti i loro conflitti irrisolti, in modo tale che questi non risultano pienamente se stessi ma solo i riflessi proiettati dallo specchio costituito dalla relazione che gli stessi genitori hanno intrattenuto con i propri genitori, specchio che è a sua volta lo specchio della relazione che questi ultimi hanno avuto con i loro genitori, il quale ancora è lo specchio della relazione con i loro genitori e così di seguito, in un processo proiettivo che si protrae a ritroso all’infinito. Come andare verso il futuro procedendo all’indietro, verso il passato. A ciò si aggiunge un fenomeno che l’epistemologia conosce molto bene: noi proiettiamo sul mondo la nostra visione di esso, la nostra Weltanschauung, il paradigma che ci fonda e ci forma. È per questo che cambiare il mondo è così difficile: siamo noi che non cambiamo, perché la nostra visione del mondo – la nostra Weltanschauung – non muta. Tra le proiezioni familiari e il fenomeno dell’osservatore che costruisce la realtà che lo circonda, accade così di proiettare all’esterno quello che esiste dentro di noi: paure, emozioni, strutture, fedi, speranze, illusioni, certezze e incertezze, dubbi, speranze. Dentro la proiezione c’è tutto quello che ci costituisce: è per questo che la realtà è bella e brutta allo stesso tempo, che il mondo è pieno di orrori e di errori, ma anche di cose belle e di piacevoli sorprese. Il fatto è che il carico di proiezioni di cui siamo portatori, che non ci riguarda e ci fa solo del male, si riproietta sul mondo, ma per fortuna a volte quell’autenticità che ci costituisce davvero trova le sue modalità di proiezione all’esterno e ci fa riconoscere.

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Cosa ci fa riconoscere? L’autenticità di noi stessi e del mondo, e così facendo ci riporta alla bellezza, che altro non è – in fondo e ancora – se non l’autenticità. Non sto parlando di “verità”, qui, ma di “autenticità”: la differenza è fondamentale, perché il meccanismo della proiezione è reiterato e si avvale della difesa incredibilmente forte dell’intelletto. La mente vuole attingere alla verità del mondo, ma la verità ultima sfugge sempre alla comprensione perché ha a che fare col senso e non col significato. La verità è molteplice perché è proiettiva, mentre l’autenticità è una perché annulla la proiezione. Qui si va oltre il simulacro del segno di cui parlava il mio caro e compianto amico Jean Baudrillard, vale a dire la riproduzione del sempre uguale, della proiezione di cui siamo portatori. La verità del mondo e di noi stessi è solo la singolarità e l’originalità della vita, inattingibile all’interno del meccanismo ripetitivo della proiezione. Il segno è illusione perché è ripetitivo, perché è proiezione e il mondo non è vero quando è illusione, quando è proiezione. Il mondo è brutto quando è illusione e ripetizione, quando è proiezione, ed è bello solo quando è autentico. Non c’è bellezza senza autenticità, quindi, e non c’è autenticità senza bellezza, come non c’è creatività senza di esse. Una bella vita, un bel mondo, una bella creazione sono tali solo perché e quando sono autentici. L’autenticità va al di là del segno, della sua distinzione in significante e significato, perché attinge al senso: una fascia semantica che scorre al di sopra e al di sotto, al di là del significante e del significato. Diventa quindi bella, originale e creativa perché è vitale: attinge alla vita, all’energia e alla potenza che ci fonda e di cui tutti siamo alla fin fine compartecipi. Sappiamo tutti che l’arte è tale solo se è autentica, vale a dire se attinge alla vita e se ne fa portavoce, se spezza la catena della proiezione semantica e ridà voce all’autenticità del mondo e di noi stessi. Arte, autenticità e bellezza sono sempre interconnessi, dunque, e l’autentico, dentro di noi, è colui che non proietta né si fa interprete di proiezioni, di illusioni. È il nostro “neonato” contrapposto all’ “antenato”, la nostra paleo-psiche, la nostra bellezza primigenia. La nostra e quella del mondo.

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Se il mondo oggi manca di bellezza, significa che manca di autenticità. E così facendo manca di arte. Un bel libro, una bella poesia, un bel testo sono tali solo perché sono autentici, non perché sono scritti bene o trattano un tema interessante. Cosa ce ne facciamo di una disquisizione teorica, di un romanzo o di una poesia che non ci cambiano la vita? E dicendo questo intendo solo dire che non ci corrispondono, che non ci fanno vibrare quelle corde meravigliose dell’essere autentico che ci costituisce. Ho conservato dunque solo i testi che mi sembravano autentici da questo punto di vista, perché questa raccolta, a modo suo e nel mio intendimento, vuole essere prima di tutto un fatto artistico, come è la cifra che ho sempre voluto caratterizzasse ogni mio intervento anche quando parlo di terapia, di famiglia e di malattia. Questo spiega perché, accanto a dei saggi veri e propri, siano presenti anche alcune prose poetiche come Io Antonin Artaud, Sulla pittura e la breve nota che dà anche il titolo alla raccolta, Il vestito del poeta. Spiega anche la presenza di “ibridi” – a metà cioè tra il saggio e la prosa poetica – come il testo su Cervantes (Cervantes e Don Quijote), quello su Borges (Borges e “Borges” – L’enigma dello specchio) e quello che abbina fumetto e poesia all’insegna della narrazione (Una storia, sempre...). Gli altri testi sono di fatto dei veri e propri saggi: • Di streghe e di fate è un percorso tra cabala, magia, alchimia e Tarocchi e si diverte anche a fornire alcune ricette magiche. • Magritte, ovvero del dominio circolare sonda invece, oltre all’opera del pittore, anche i parametri della conoscenza e la relazione tra osservatore e sistema. • La nescienza surrealista è un saggio incentrato sulla grande operazione semantica compiuta dal movimento surrealista, ancora oggi uno strumento vitale per una “rinascita della meraviglia”. • Adâma –Isha – Hava tratta invece della Genesi e della nascita della donna, nell’intento di restituire il mito fondatore nel suo grande valore psicologico, al di là dei monoteismi che si sono impossessati della Bibbia.

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• Fuck Art, Let’s Dance! è un saggio sul Ferlinghetti pittore che si allarga però a considerazioni più generali sul senso dell’arte e della poesia oggi. • Panico! parla del movimento Panico di Arrabal, Jodorowsky e Topor, operando però al contempo una ricognizione sulla storia della cultura del secondo Novecento e deducendone un’attiva possibilità d’intervento per il presente. • Maudit è un testo sulla figura del “maledetto” e sul suo significato sociale e culturale, che utilizza anche Dino Campana e Caravaggio per parlare del senso dell’arte e della vita. • Considerazioni sulla poesia d’amore è un saggio piuttosto singolare su due diverse direzioni e modi d’intendere l’amore che ho ravvisato nella poesia, a partire addirittura dai suoi albori: si parla in sostanza di Edipi irrisolti con la madre da una parte, di liberazione dell’essere e sviluppo della coscienza dall’altra parte. Per concludere, aggiungo solo che l’assenza di un testo sulla psico-bio-genealogia o comunque sulla famiglia, sul maschile e il femminile, sulla malattia o sugli archetipi primari – tutti argomenti che mi coinvolgono molto già da molti anni – è voluta e dunque non è certo casuale. A parte un libro piuttosto corposo che è già stato tradotto in francese e in spagnolo, sto per licenziarne altri due in materia e dunque mi sembrava ridondante e inutile aggiungere altro. Ma la motivazione più forte che mi ha spinto a farlo è stata in realtà la compattezza di questo libro, pur nella sua apparente eterogeneità. Tutti i testi qui contenuti parlano di me da dei punti di vista e con degli argomenti che svelano i molti volti di cui è fatto quello dello psico-bio-genealogista più conosciuto, e contribuiscono quindi tutti a capire da dove nasce e di cosa si nutre quell’approccio particolare al disagio e alla malattia che ho chiamato psico-bio-genealogia. Essi rivelano in particolare il nucleo da dove sboccia sia la restituzione narrativa dell’albero genealogico che pratico che l’atto terapeutico che prescrivo. Quello che io continuo a chiamare atto poetico e che il mio amico Alejandro Jodorowsky chiama Psicomagia.

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il vestito del poeta Note a margine di una tournée poetica

Pur illuminati da un grande fuoco, il buio e l’oscurità tardano ad andarsene, non se ne vanno che lentamente e controvoglia: l’uomo fonda da sempre la propria sicurezza su tali questioni e non sul concetto di bene e di male. Non solo il giorno è sempre pronto a sorgere e non aspetta altro che passi la notte, ma la vita stessa non ha altra forma che quella del letto di stelle da cui ci si alza e della tovaglia imbandita del giorno che ci riporta poi allo stesso meraviglioso letto. Il resto sono solo scalfitture del vento. Il vestito del poeta: dal giorno in cui ho iniziato a vivere coscientemente, questa frase mi ha accompagnato come un refrain. Il vestito del poeta: quello che portano gli uomini liberi, e proprio a possederne e a indossarne uno tutti vogliono arrivare. Cos’è il vestito del poeta? È semplicemente il momento in cui si lascia la piazza dove sfila il mondo, quando bisogna ritrovarsi senza i viali e i palazzi e gli alberi della giornata rosicchiante, senza le mille scatole da riempire del giorno, quando bisogna lasciare il grande vuoto dove comunemente si alloggia. Si tratta di non ridiscendere più. Di non umiliarsi, forse. Di non ritrovare più la propria sconfitta, quella quotidianità su cui troppo spesso inciampiamo. Il vestito del poeta... Si comprano calzini e mutande in un qualche negozio o grande magazzino, si parte per Parigi o per Canicattì o per Rio, si parla di poesia, di calcio, di donne, si va in macchina, si beve un caffè. Si va in viaggio per giorni passando da Madrid e dalla Luna, da Firenze e da Tokyo, si assiste a conferenze, si leggono libri, si mangia a tavoli rotondi e rettangolari; la fiera della vita, la televi-

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sione, qualcuno arrestato, un paese senza padri, con padri castrati, l’esercito che dovrebbe dedicarsi all’agricoltura e soprattutto coltivare il deserto, il pesce d’estate, il caldo, il mare, la politica, la natura, il lavoro. E Roma, Venezia, Firenze, Bruxelles, Napoli, Palermo, Berlino, Parigi, New York... Il vestito del poeta: è sempre la difesa e al tempo stesso l’attacco, il nostro vestito per abbandonare la famiglia, quei parenti celesti, per tornare tra gli estranei che si dicevano nostri amici e non ci conoscevano. Ci guardiamo intorno tutte le sere, tutti i giorni, d’un tratto contenti nei nostri vestiti. La giornata non ci ha preso come un autobus prende il suo quotidiano carico di passeggeri. Ancora una volta siamo qui, in questo luogo, e siamo comunque in viaggio. In viaggio: in questo luogo ma in viaggio, perché ogni volta ci fermiamo per poi subito allontanarci. Essendoci sempre, però, sempre, nel nostro vestito del poeta, nella nostra costante presenza, con un abito che è ormai la nostra pelle. Che è ormai noi stessi. Nel frattempo ci si domanda in quale maniera possiamo rientrare in paradiso, meditando l’evasione senza lasciarci né piegare né convincere, costantemente riformandoci intatti e accresciuti, presi nel vortice della danza della realtà (perché la realtà è davvero una danza). Ogni mezzo e pretesto sono buoni. Non abbiamo bisogno di oppio, mescalina, coca. No. Tutto è droga per chi vive solo qui e ora. L’attenzione emotiva, il risveglio. Solo questo. Attaccando il cuore con grossi chicchi di caffè o semplicemente con la fatica, con l’immaginazione o col fluido intenso del desiderio, spicchiamo il volo nel nostro vestito. E così possiamo osservare il mondo degli oggetti immobili, che ora iniziano a cantare. Gli oggetti e gli uomini. Palazzi che cominciano a disincagliarsi come battelli dalle secche, tra le volte dei monumenti angeli che si mettono a oscillare lentamente, soffitti che si abbassano spesso senza più risalire e volti rivelati dai nostri che ci osservano dovunque, in ogni città. Le tempie cantano forte, le vele interiori si spiegano. È così in ogni momento, in ogni posto e in ogni città: il vestito del poeta, una bellissima tempesta da cui si ascolta il Mondo, come suona veramente. Lo si vede così com’è, essenzialmente d’un bel colore azzurro mescolato al blu.

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Si è nella traiettoria, si insegue vertiginosamente qualcosa che c’è già, che è già qui senza rete e senza ponti perché nel vortice non si dà rete né ponte, mai. E la vita ha tutto un altro senso davvero. La vita ha tutto un altro senso e adesso ognuno sta dietro un’altra candela. Isolati in corazze di brividi e nella calma perfetta che precede le apparizioni si aspetta la rivelazione. Che viene oppure no, dipende da altro. Si distruggono le ultime impalcature del senso comune, di quell’umiliazione meschina chiamata quotidianità. E così il vestito del poeta diventa un grande costruttore. Senza muovere un dito diventa un grande avventuriero. Perché bisogna saper precipitare e risalire senza bersaglio né mira, nel semplice gioco della pietra che rotola. Dopo un momento appena, torna da molto lontano: questo è il tempo. Questa la poesia, il vestito, il vestito del poeta. Perché il passato e il futuro sono solo due ladri che ci rubano il presente.

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Cosa genera l’irruzione dell’arte nella vita? Cosa permette la trasformazione di una vita in arte? Dapprima si manifesta il vestito del poeta, «il momento in cui si lascia la piazza dove sfila il mondo». Questo libro-vestito è, quindi, una raccolta di saggi tra esoterismo (cabala, magia, alchimia, Tarocchi), pittura (il surrealismo, Magritte, Caravaggio), letteratura (Borges, Breton, Campana, Jodorowsky, Ferlinghetti, Artaud, Cervantes) e filologia biblica. Si tratta in buona sostanza di un libro sulla Vita, rapsodico e sincopato, profondo e leggero come soltanto la poesia (e una riflessione innamorata sulla poesia dell’esistenza) può essere. Questo testo è una raccolta di saggi anche – se non soprattutto – per il suo raccogliere frammenti di saggezza concentrati in un corpo o in un atto, in una parola o in un’idea. Capiterà al lettore di sentire uno spaesamento, quell’unheimlich – il perturbante freudiano – che mostrerà questo testo come familiare ed estraneo allo stesso tempo. Non c’è da preoccuparsi: si tratta soltanto di un sintomo – ormai tristemente raro – che insorge rapido quando si ha a che fare con un’opera nuova, nuda e sincera.

15,00 €

ISBN 978-88-97864-41-7

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«l’arte è un concreto attestato di fede, la realizzazione di un mondo che altrimenti sarebbe poco più di un velo di inutile consapevolezza teso su un golfo di mistero».

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