Oltreconfine 10 - G.I. Gurdjieff

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10 Cosa ti aspetti dalla quarta di copertina di un libro? Un invito alla lettura? Una spinta all’acquisto? Un riassunto avvincente in dieci righe che ti faccia dire sì, lo voglio? O forse vuoi spiarci dentro, sperando di incrociare lo sguardo di un personaggio o di un autore per vedere l’effetto che fa?

isbn 978-88-97864-17-2

9 788897 864172 euro 12,00

A G.I.GURDIJEFF

Cronache dai mondi visibili e invisibili

A oltreconfine S Cronache dai mondi visibili e invisibili

G.I. Gurdjieff scriveva: «La gente finge di sapere qualsiasi cosa su Dio, sulla vita futura, sull’universo, sulle origini dell’uomo, sull’evoluzione; ma, in realtà, non sa nulla, neppure su se stessa». Figurati se sappiamo di cosa parli questo Oltreconfine! Di sicuro troverai qualche onesta indicazione su Gurdjieff offerta da Alessandro Boella e Antonella Galli, Salvatore Brizzi sul laboratorio alchemico gurdjieffiano, interviste ad Antonio Rezza, Flavia Mastrella e Cristóbal Jodorowsky, i contributi di Paolo Giordo, Joyce Collin-Smith, Gianluca Magi, approfondimenti su Philip Pullman e sul Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle, e altre occasioni di risveglio...

Quaderni di spiritualità arte e letteratura numero 10

G.I. GURDjiEFF

La verità può essere detta solo in forma di bugia.


Oltreconfine 10 G.I. Gurdjieff © 2013 Spazio Interiore Tutti i diritti riservati L’editore ha soddisfatto tutti i crediti fotografici. Nel caso gli aventi diritto siano stati irreperibili, è a disposizione per eventuali spettanze.

Edizioni Spazio Interiore Via Vincenzo Coronelli 46 • 00176 Roma Tel. 06.90160288 www.spaziointeriore.com info@spaziointeriore.com illustrazione in copertina Michela Filippini I edizione: maggio 2013 ISBN 88-97864-17-2


Beato chi ha un’anima. Beato chi non ce l’ha affatto. Ma sciagura e desolazione a chi ne ha soltanto il germe. G.I. Gurdjieff, I racconti di Belzebù a suo nipote


SommarioU Oltreconfine 10 • G.I. Gurdjieff

speciale > g.i. gurdjieff

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64 Magic Bus

Mary Poppins La Quarta Via spiegata ai bambini di Maura Gancitano

16 Cosa bevi? L’acqua o l’onda?

L’insegnamento di G.I. Gurdjieff e le sue origini di Alessandro Boella e Antonella Galli

44 I laboratori alchemici di Gurdjieff

di Salvatore Brizzi

48 G.I. Gurdjieff Guida alla lettura 50 Schiavi di questa grandezza

di G.I. Gurdjieff

54 Racconto di Hassin al suo grande nonno

di Andrea Colamedici

58 Cinque caramelle

Incontro a casa Gurdjieff a cura di Andrea Colamedici

riflessioni Il ponte tra vecchio e nuovo mondo di Paolo Avanzo

68 Gioco dell’Eroe

Integrazione di immaginazione magica soluzione topica ideata dal dr. Gianluca Magi

70 Ci sono domande?

di Joyce Collin-Smith

74 Prevenire e curare il cancro con l’alimentazione e le terapie naturali

di Paolo Giordo

confronti 80 Cristóbal Jodorowsky

Psicomago crudele con un’essenza amorosa di Giovanni Picozza

88 Risate mistiche e psicotrope

Conversazione con Flavia Mastrella e Antonio Rezza di Nicola Bonimelli

92 il doppio Io non sono io

Le frontiere delle frontiere Carlo Dorofatti <> Claudio Marucchi


letteratura 102 Philip Pullman

Educare alla libertà di Mariavittoria Spina

112 Il cuore dell’artista

J.R.R. Tolkien: ispirazione e visione di Fabio Montelatici

118 Gli isolani

di Idries Shah

126 Cuore nuovo

di Federico García Lorca

128 Dal notaio

di Silvia Tusi

132 Nos inducas in tentationem

di Nicola Bonimelli

138 le porte della percezione

libri_esperienze_suggestioni

140 luoghi simbolici Il fiume, la via

di Sebastiano B. Brocchi

arte 148 L’arte è reale solo quando io sono

La saggezza percettiva, creativa e contemplativa dell’arte oggettiva di Satvat Sergio Della Puppa

156 Il pensiero creativo

Un’ipotesi psicocorporea di Giacomo Belcari

160 luoghi dell’arte E Niki prese il fucile

Il giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle di Silvia Tusi

168 vetrina Xenia Miranda 172 visioni di fuoco • Tra cinema e sogno Oltre l’identificazione

di Tristano Vagnoni


Speciale > G.I. Gurdjieff

MARY POPPINS

La Quarta Via spiegata ai bambini .........................................

di Maura Gancitano

A

Bert è un uomo cosciente che ha scelto di trascorrere la vita tra uomini totalmente inconsapevoli. È l’Eroe che è tornato a casa, colui che, nel mito della caverna, dopo aver visto il Sole torna dai propri fratelli, ancora al buio e incatenati, per salvarli, anche se questo tentativo potrebbe essere inutile. Cambia continuamente maschera, si adatta a ogni lavoro; è fluido, segue il mutare del vento. È un matto sempre pronto a partire. Per questa ragione è lui ad accogliere lo spettatore nel mondo fantastico di Mary Poppins (1964), trasposizione cinematografica del romanzo di Pamela Lyndon Travers, scrittrice australiana che, si dice, fu allieva di G.I. Gurdjieff. Bert è un giullare, e all’inizio del film dedica dei poemetti comici estemporanei ai personaggi che lo circondano: il poliziotto, la mamma anziana e le sue figlie, la vecchia zitella e il suo cane... Poi, nel mezzo dell’improvvisazione, si ferma e si mette in ascolto: «Vento dall’est, la nebbia è là, qualcosa di strano tra poco accadrà. Troppo difficile capire cos’è, ma penso che un ospite arrivi per me».1 La

folla si disperde e Bert rimane da solo. A questo punto, si accorge degli spettatori e interagisce con loro, portandoli dove la storia avrà luogo: a casa della famiglia Banks. Nel tragitto, mostra la terrazza dell’ammiraglio Boom, un vecchio lupo di mare che è convinto di essere nel pieno dell’età e di stare ancora navigando. Due volte al giorno accende il cannone e spara per segnare l’ora, soddisfatto della propria proverbiale puntualità: «Tutto il mondo segue l’ora di Greenwich; ma Greenwich, dicono, segue l’ora dell’ammiraglio Boom!» Bert arriva quindi a casa Banks, e lascia che gli spettatori entrino. Qui si avverte subito una situazione critica: i due piccoli di casa, Jane e Michael, sono scappati per l’ennesima volta, e la governante ha deciso di licenziarsi. È già successo più volte negli ultimi mesi, e la madre non sa più come risolvere la situazione. I bambini sono diventati incontrollabili, ed è necessario che sia il signor Banks, il padrone di casa, a occuparsene. L’uomo, funzionario di banca, è totalmente identificato2 con la propria

1. Nella versione originale: «Il vento è a Est, la nebbia sta arrivando, come qualcosa che si prepara per cominciare. Non posso metterci la mano sul fuoco, ma sento quello che sta per accadere, e tutto è già successo prima». 2. L’identificazione si potrebbe definire come il pensare di essere i propri pensieri, i propri sentimenti e le proprie sensazioni, confondendo colui che prova con ciò che viene provato, e rendendo in tal modo impossibile una visione oggettiva di se stessi.

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falsa personalità3, con le proprie certezze, e giudica solo in base al proprio centro formatorio.4 Eppure, costretto a entrare in relazione con questa parte ormai diventata molesta e incontrollabile (i bambini, la sua essenza5) fa in modo che si crei un intervallo, una sospensione nel corso meccanico della sua esistenza. Non può più permettere che sia la moglie a occuparsi della ricerca della tata, perché questo metterebbe seriamente in crisi la sua serenità. A questo punto, ogni personaggio della storia inizia ad apparire come uno specchio, un Io6 del signor Banks: l’ammiraglio Boom rappresenta l’ostinazione e l’identificazione, Bert è l’Io di Lavoro7, i bambini sono l’essenza, la materia prima attraverso cui costruirsi un’anima. La sua vita, totalmente ordinaria e meccanica, inizia a far spazio a qualcosa di nuovo, a un’energia più sottile e raffinata. Nell’idea gurdjieffiana della Legge del Sette8, questo è il Mi-Fa, il primo intervallo, che permette l’ingresso dello shock. Apparentemente nulla cambia, tutto nella vita di Mr. Banks funziona come sempre, ma un processo nuovo s’innesca silenziosamente. Per trovare subito una nuova

G.I. Gurdjieff (illustrazione di Davide Calandrini)

governante, severa e virile, l’uomo decide di scrivere un’inserzione sul Times, ma appena finisce di prepararla i bambini gli sottopongono la propria. Il padre strappa il loro foglio e lo getta nel camino, le loro istanze sono inaccettabili!, ma pian piano i pezzetti di carta salgono su dalla canna fumaria (un simbolo che tornerà più avanti) e scompaiono. Il mattino dopo il signor Banks aspetta l’arrivo delle governanti. C’è un bel grup-

3. In altre parole, con la maschera che indossa quotidianamente, composta da quell’insieme di condizionamenti familiari, sociali e culturali che impediscono all’uomo di esprimere la propria essenza. 4. Il centro formatorio è l’apparato che seleziona e cataloga tutti gli stimoli e gli accadimenti, rendendoli innocui e riducendoli a eventi ordinari. Il c.f. permette che a ogni azione segua una reazione meccanica pre-determinata, che impedisce l’ingresso dell’ignoto e del miracoloso nella vita dell’uomo. 5. L’essenza è ciò che di più genuino c’è nell’uomo, la sua natura più profonda, quella sostanza grezza che, educata e lavorata, può permettere all’uomo di crearsi un’anima. 6. Un uomo, allo stato ordinario, possiede moltissimi Io, maschere diverse che compongono la sua natura frammentaria. 7. L’Io di Lavoro è quella parte di noi che intende evolvere, accedere alla propria vera natura e giungere alla costruzione dell’anima. 8. La Legge del Sette è probabilmente l’idea più complessa del sistema di Gurdjieff, e per questo molto difficile da rendere in breve. Si tratta, comunque, della Legge che dimostra che nessun processo, sulla Terra, procede senza interruzioni. Come in una scala musicale, ogni cosa conosce due intervalli: Il Mi-Fa, intervallo di prosecuzione, e Si-Do, intervallo di trasformazione. Un uomo cosciente sa come dare inizio a un’ottava, cioè a un’azione che sia portata avanti consapevolmente dall’inizio alla fine, ed è in grado di lasciare spazio agli shock che hanno il compito di “riempire” gli intervalli.

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Speciale > G.I. Gurdjieff

COSA BEVI? L’ACQUA O L’ONDA?

L’insegnamento di G.I. Gurdjieff e le sue origini Qualche onesta indicazione per il “cercatore di verità” .........................................

di Alessandro Boella1 e Antonella Galli

Lui è rapido, pensa per immagini esatte; io sono lento, penso per frammenti di immagini. Fidando nelle sue immagini esatte, lui diviene ottuso; diffidando delle mie immagini, io divengo acuto. Fidando nelle sue immagini, lui le crede rilevanti; diffidando delle mie immagini, io dubito della loro rilevanza. Presumendole rilevanti, lui si fonda sui fatti; dubitando della loro rilevanza, io dubito dei fatti. Quando i fatti gli sfuggono, lui dubita dei propri sensi; quando i fatti mi sfuggono, io approvo i miei sensi. Lui procede rapido e ottuso nelle sue immagini esatte; io procedo lento e acuto nelle mie immagini frante. Lui in una nuova confusione del suo giudizio; io in una nuova comprensione della mia confusione. Robert Graves 2

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Questo scritto non ha altro scopo se non quello di fornire, seguendo un metodo non lineare, un certo numero di spunti originali e di informazioni inedite o poco conosciute che ci auguriamo utili al lettore. L’apparente facilità con la quale oggi è possibile reperire informazioni tramite il web illude molti quanto ai reali risultati raggiungibili. Non è dall’incontro di più forme di ignoranza, o dalla comparazione delle diverse ignoranze, che possono scaturire saggezza e conoscenza. 16

Diceva Gurdjieff che «è essenziale comprendere che gli sforzi indipendenti di un uomo per raggiungere qualcosa in questa direzione non possono, da soli, dare alcun risultato. Un uomo può raggiungere la conoscenza soltanto con l’aiuto di coloro che la posseggono. Questo deve essere compreso fin dall’inizio. Bisogna imparare da coloro che sanno».3 Inoltre, come specificava l’ermetista ed egittologo René Schwaller de Lubicz (1887-1961), è fondamentale la distinzione fra «la co-


Speciale > G.I. Gurdjieff

noscenza razionale, che esige l’analisi e serve la dialettica» e «la conoscenza funzionale, sintetica e a carattere categorico». «Solo la conoscenza funzionale – dichiarava – può abbordare l’astrazione materiale, cioè la liberazione della coscienza da tutte le contingenze fisiche, per esistere senza il corpo fisico».4 Georgi Ivanovic Gurdjieff5 nacque il 27 dicembre 1877 ad Alexandropol (oggi Gyumri), in Armenia, da padre greco e madre armena. Morì il 29 ottobre 1949 all’ospedale americano di Neuilly-surSeine (Francia) e fu sepolto nel cimitero di Avon. Fino al 1914, la sua vita è nota solo grazie a ciò che egli stesso, o i suoi discepoli, riferirono. G. portò con sé un insegnamento che oltrepassava tutti quelli che allora si conoscevano pubblicamente in Europa, e nel quale la nuova concezione delle leggi che governano l’universo, l’analisi della reale condizione psicologica dell’uomo e l’azione nel mondo

fisico diretta verso la realizzazione della possibilità di una coscienza cosmica oggettiva sono le basi per la trasformazione cosciente dell’uomo nuovo, che deve sviluppare tutte le possibilità latenti in sé; è difficile valutare quanto i suoi discepoli ne siano stati effettivamente trasformati, ma sicuramente i risultati del suo insegnamento ebbero un’influenza capitale su molteplici manifestazioni del pensiero del xx secolo. G. non aveva attinto il suo insegnamento dai libri, o fabbricato il suo sistema partendo da elementi raccolti nel corso dei suoi viaggi; né era un pensatore o un filosofo ispirato come Rudolf Steiner, come scrive Jean Néaumet6 in un articolo sulle origini dell’insegnamento di G.7, e le fonti che indicò a Ouspensky8, eccetto quelle sul monte Athos, sono sconosciute; si tratta dunque di un insegnamento fino ad allora ignoto in Occidente. Secondo un’autorità in materia, René Alleau, «in

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Riflessioni

magic bus

Il ponte tra vecchio e nuovo mondo .........................................

di Paolo Avanzo www.biofonia.net

A

Mi capita di frequente di raccontare come il mio primo viaggio in India fu via terra. Non in aereo e neppure in treno o attraverso mezzi di comunicazione convenzionali, bensì con il Magic Bus. Spesso non vengo capito. «Cos’è il Magic Bus?» mi domandano. I decenni trascorsi hanno appannato la memoria di quello che fu uno dei simboli di quel periodo unico nella storia del mondo: gli anni Settanta. Stiamo parlando di un servizio di bus che collegava

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l’Europa all’India, i cui passeggeri erano i giovani occidentali alla spasmodica ricerca del superamento dei confini fisici e mentali della società, e attratti magneticamente dall’Oriente. I Magic Bus partivano da Londra e Amsterdam, le capitali del movimentismo alternativo, facevano tappa a Parigi e arrivavano a Venezia, poi si spingevano nell’Est europeo, attraversando la Jugoslavia e la Bulgaria (o talvolta la Grecia), e raggiungevano infine Istanbul, la mitica porta dell’Oriente.


Riflessioni

Istanbul era una tappa cruciale, un ponte. Ciò che si estendeva oltre il Bosforo era il vero inizio dell’avventura della coscienza. Allora non esisteva Internet, il mondo era chiuso in compartimenti stagni. Un italiano medio cosa poteva conoscere dell’India, dell’Afghanistan e dei territori compresi negli ottomila chilometri fra Istanbul e New Delhi? Ma il vento degli anni Settanta sfondava le barriere psichiche, prima ancora che territoriali, di quel piccolo e vecchio mondo asfittico uscito dalle guerre mondiali, in cui certe popolazioni – dell’Est europeo ma anche di Spagna e Portogallo – erano oppresse dalla dittatura e non avevano libertà di movimento. Per qualche motivo le mie primissime letture di bambino furono segnate dal Libro della giungla di Kipling, attraverso cui feci un’esperienza tanto profonda dell’essenza dell’India da farmi sentire a casa quando finalmente la raggiunsi. Nella seconda parte degli anni Sessanta leggevo delle imprese dei Beatles che iniziavano a mettere a soqquadro la convenzionalità perbenista tipicamente occidentale entrando in contatto con Maharishi Mahesh Yogi, guru spirituale e maestro della Meditazione trascendentale, e Ravi Shankar, musicista e sitarista fra i maggiori dell’India di allora. Il loro esempio costituì il ponte fra i mondi e le culture, aprendo il portale della coscien-

za e fungendo da esempio per l’accorrere di un’intera generazione di giovani. Vi era in realtà un altro aspetto, che era quello delle droghe e della psichedelia, spesso non ben compreso e collocato. Quando lo incontrai alla fine degli anni Settanta, Ravi Shankar si affannava molto a raccomandare di abbandonare l’uso delle droghe e dedicarsi alla musica e allo yoga. Ebbi l’impressione che ne avesse viste di tutti i colori in quegli anni. Mirra Alfassa, una grande maestra spirituale meglio conosciuta come Mére, compagna del maestro indiano Sri Aurobindo, affermò che una parte molto importante della coscienza spirituale dell’uomo era giunta sulla Terra proprio negli anni Sessanta e Settanta, e che gli sconquassi sociali ne erano solo la conseguenza, perché ciò portava a forzare la ristretta mentalità dell’epoca. Alcune droghe rappresentarono probabilmente il primo approccio alla spiritualità per i giovani, accompagnando la dirompente spinta della fantastica musica di allora nell’aprire la visione, i sensi e le idee. Certamente l’autodistruzione era un pericolo dietro l’angolo, a meno di non riuscire a passare oltre, dalla chimica alla consapevolezza. Ma su questo e sulle lotte politiche il giudizio dei mass media ha puntato fin troppo per squalificare quegli anni, che erano in realtà sfuggiti di mano al sistema di controllo sociale e quindi andavano colpevolizzati. A me 65


Confronti

CRISTÓBAL JODOROWSKY

Psicomago crudele con un’essenza amorosa .........................................

di Giovanni Picozza

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Bologna, 11 febbraio 2013 È una delle giornate più fredde dell’anno. Nevica instancabilmente da diverse ore ed è necessario camminare con attenzione, lentamente, un passo dopo l’altro, per non rischiare di ritrovarsi improvvisamente per terra. Sto andando a intervistare Cristóbal Jodorowsky, di professione psicomago e psicosciamano, figlio del celebre Alejandro. Ho saputo solo ieri dell’intervista e non ho avuto molto tempo per prepararmi. In treno ho avuto modo di sfogliare il suo libro Il collare della tigre, del 2007, letto diversi anni fa. Come recita il sottotitolo, si tratta di una «autobiografia psicomagica di uno sciamano occidentale» che si legge come un romanzo appassionante. È un libro ricco di suggestioni e di sogni e di arte. Cristóbal vi si mette a nudo con una sincerità spesso disarmante, narrando il suo avventuroso peregrinare alle radici del suo albero genealogico in cerca di libertà e verità. Racconta della benedizione di nascere in una famiglia avanguardista e anticonvenzionale come quella dei Jodorowsky e del duro e faticoso lavoro per trovare se stesso, aiutato da alleati e maestri pittoreschi incrociati durante il cammino: «nani, maghi, giocatori delle tre carte, bambinaie sagge, monaci, 80

sciamani, poeti, guaritori, travestiti...» Cristóbal non nasconde nulla, dal dramma per la morte del fratello Teo alle ferite psichiche della sua infanzia, illustrando nei dettagli gli atti psicomagici estremi che negli anni si è autoassegnato per autoguarirsi e condividendo con il lettore il sapere ancestrale delle tradizioni iniziatiche che ha incontrato nel suo viaggio. Mi fermo in un bar per ristorarmi dal freddo e buttar giù qualche domanda per l’intervista. Mentre sorseggio un tè, un’edizione speciale del telegiornale informa che Papa Benedetto xvi ha annunciato le sue dimissioni. Un’atmosfera magica e surreale sommerge il bar. Il barista smette di fare caffè e si guarda intorno spaesato. La cameriera si blocca mentre sta passando una salvietta su un tavolo. I commensali restano con le brioche a mezz’aria e le bocche spalancate. Si è creato lo spazio perché qualcosa di ignoto possa manifestarsi. Un flusso adrenalinico di energia scorre nel locale diffondendo smarrimento, sorpresa e inquietudine. Lo strano fenomeno dura pochi secondi che sembrano eterni, poi la gente riprende a parlare e si spezza l’incanto. Un signore affabile, dai modi distinti, dichiara con il tono di chi la sa lunga che si tratta di una manovra poli-


tica per influenzare le prossime elezioni, favorendo la riaffermazione del governo reazionario attualmente in carica. Due donne di mezza età, i volti sporchi di trucco, vociferano sotto i cappelli di pelliccia che deve senz’altro trattarsi di uno scandalo legato alla pedofilia. Il barista, che ha ripreso a fare caffè con la perizia meccanica dell’automa, afferma con voce sicura che Ratzinger deve essere stato ricattato e costretto alle dimissioni. I più conservatori – la maggioranza – sostengono senza tentennamenti la versione ufficiale che vuole il papa dimissionario per ragioni di salute, sebbene lo scenario di uno scandalo si insinui chiaramente anche nei loro sguardi perbenisti. Io non so cosa pensare, se non che sto vivendo un momento storico. È come quando si apprende di una catastrofe naturale, di un terremoto o di uno tsunami: c’è sgomento e stupore, ma anche un’entusiasmante e incomprensibile aspettativa di cambiamento, di morte e di resurrezione. Mi avvio sotto la neve senza quasi più sentire il freddo. La gioia per il nuovo che avanza, qualunque esso sia, mi sospinge e mi dà forza. Ora so quale sarà la prima domanda dell’intervista. Papa Benedetto xvi ha appena annunciato le sue dimissioni, un fatto epocale accaduto solo due volte nella storia. Pensi che sia il segnale di una crisi profonda che potrebbe portare se non alla scomparsa, almeno a una profonda trasformazione della Chiesa? Fossi stato al suo posto, avrei fatto la stessa cosa. Oggi essere un papa è un dramma, tutto il mondo ti detesta. C’è un sentimento di rivolta generalizzato contro le contraddizioni della religione. La religione non è il papa, né la Chiesa cattolica, e poco a poco le persone stanno smettendo

Cristóbal Jodorowsky • www.cristobaljodorowsky.com

Confronti

Foto di Alejandro Martinez

di confondere la religione con le istituzioni dogmatiche. Come in un lavoro terapeutico in cui a un certo punto è necessario individuare e liberarsi dei propri genitori, così anche la Chiesa sta vivendo un momento di rottura in cui può smettere di dipendere da una situazione esterna per rientrare finalmente in contatto con la propria essenza. Significa che questo è un buon momento per trasformarsi, significa che l’umanità sta maturando, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Interpretando questo momento a livello simbolico, è come se solo quando scompare tuo padre o tua madre riuscissi a entrare in contatto con la tua condizione divina interiore. Significa che ora che il papa si è dimesso non hai più una visione inibitrice dentro di te: puoi iniziare a essere libero interiormente e i tuoi occhi possono cominciare a vedere altre realtà. Si è aperta una nuova strada terapeutica: quando la farfalla nasce deve abbandonare il bruco. Credo che Ratzinger sia un uomo molto intelligente, non è una vittima; se lui ha in sé qualcosa dell’iniziato, forse la scelta che ha fatto è qualcosa di molto saggio per l’umanità. Pertanto gli faccio i miei complimenti e lo ringrazio profondamente per il suo essere adulto. 81


Letteratura

Philip Pullman

Educare alla LIBERTÀ .........................................

di Mariavittoria Spina

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la consapevolezza della scrittura

Leggendo testi di critica letteraria spesso ci si imbatte in complesse argomentazioni che sottendono idee quali «questo sì che è un vero scrittore», e quando si tratta di commenti onesti si intuisce che il recensore si sta sforzando di spiegare qualcosa di pregevole, intravisto nell’opera di un certo autore meritevole di entrare nella vasta e sfuggente categoria degli scrittori. Si direbbe che, qualunque sia il genere della sua opera, lo scrittore sappia far risuonare determinate qualità all’interno del lettore. Il suo verbalizzare non è un vuoto esercizio di stile, bensì la manifestazione di una connessione intima tra parole e immagini che evocano un senso in grado di agire direttamente o inconsciamente su quanti vi si accostano. È inspiegabile, eppure innegabile, il fatto che attraverso le parole lo scrittore agisca, rendendosi tramite di qualcosa di superiore a se stesso ma che al contempo non potrebbe trovare espressione senza l’intervento umano. Si scrive per vocazione, quindi, ma scrivere è anche un mestiere e quando ispirazione e maestria si uniscono il risultato è quasi perfetto, va ben oltre quel che ci si potrebbe comunemente aspettare. Tuttavia, non esiste il canone dello scrittore perfetto. Ciascuno nel 102

proprio mondo tende a circondarsi degli stimoli che più gli sono utili e congeniali, stabilendo sintonie del tutto soggettive, anche in materia di scrittura. L’importante è esserne consapevoli e non perdersi nella vana ricerca di una giustificazione esterna alle necessità e aspirazioni che ci appartengono. Personalmente, ritengo che scrittore e autore siano i due lati della stessa medaglia, una contrapposizione solo apparente e funzionale alla conoscenza di elementi complementari come luce e ombra. Senza essere scrittore, un autore resta totalmente di questo mondo e non è in grado di accedere alla conoscenza che sta oltre il Velo: il linguaggio si asserve alla materia e tende a fantasticare più che a immaginare. D’altro canto, lo scrittore totalmente assorbito nelle profondità che si spalancano davanti alla propria immaginazione tende a disinteressarsi del mondo e spesso non è in grado di farsi conoscere, quindi di conoscere meglio se stesso: pur sviluppando le qualità sublimanti del linguaggio come comunicazione tra visibile e invisibile, manca delle facoltà pratiche necessarie a rendersi presente, così fluttua nei piani sottili, ignaro o incurante che il mondo materiale possa fungere da specchio della sua stessa evoluzione.


Letteratura

Anche la scrittura, come tutte le opere umane, può esprimersi come arte o mera prestazione. Nella nostra dimensione duale l’espressione della maggior virtù sta forse nella giusta misura, l’equilibrio o armonia degli opposti: è opportuno e naturale che uno scrittore consapevole di sé abbia sviluppato la propria autorialità. Eppure continuano a esserci scrittori “troppo scrittori” che, forse peccando di superbia, mancano della presenza di spirito necessaria ad agire nel mondo e autori “troppo mondani”, decisamente più interessati ai vantaggi materiali dello scrivere, attività che, per quanto pregevole e complessa, considerano soltanto un mestiere, limitandone o addirittura ignorandone gli aspetti ispirati dai piani oltre il visibile. L’apparente contrapposizione tra le qualità sottili della scrittura ispirata e quelle pratiche dell’autorialità è un buon punto di partenza per considerare le opere di Philip Pullman, narratore contemporaneo molto consapevole sia delle dinamiche implicite alla scrittura che dei suoi effetti esteriori: «Quando scrivo, scrivo da solo. Sono io, da solo, e nessun altro. Non metto ai voti l’argomento del mio prossimo libro, non chiedo opinioni ai miei lettori: comando io. Ma appena il libro è pubblicato, l’intera natura del processo muta. La lettura è pura democrazia, perché io non posso sapere chi leggerà. Chiunque si avvicina a un libro ha una storia di letture alle spalle, ha una serie di aspettative basate su libri precedenti, sulla propria intelligenza, sul proprio talento e sui propri ricordi. E

William Blake, Antenato dei Giorni. Dio utilizza un compasso d’oro (The golden compass) per circoscrivere questo universo, in riferimento al Libro VII vv. 224-229 del Paradise Lost di John Milton.

il significato di un libro emerge in quello straordinario scambio democratico tra libro e lettore. E io non posso e non devo prevederlo, perché leggere è essenzialmente, intensamente democratico: è democrazia in azione. È l’espressione migliore della libertà che chiamiamo democrazia. Nello spazio privato, in quello spazio segreto tra libro e lettore, lì risiede il vero significato di ciò che scriviamo. E tutto quello che uno scrittore può fare è esprimere chiaramente e pienamente le sue idee, e poi lasciare che siano interpretate in molti modi diversi, grazie alla profonda democrazia del leggere».1 Educare alla libertà significa anche am-

1. Trascrizione in italiano di parte dell’intervento di Philip Pullman alla conferenza Il significato storico e metaforico della letteratura fantasy svoltasi il 25 aprile 2007 in occasione della Fiera del libro per ragazzi di Bologna. Ove non diversamente specificato, le citazioni riportate sono traduzioni inedite a cura dell’autrice dell’articolo.

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Arte

L’ARTE È REALE SOLO QUANDO IO SONO La saggezza percettiva, creativa e contemplativa dell’arte oggettiva .........................................

di Satvat Sergio Della Puppa www.satvat.it

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Gurdjieff individuava l’arte come un fattore saliente per lo sviluppo dell’intelligenza umana, in quanto può presentare agli uomini i dati che permettono loro di «prendere più o meno coscienza della loro reale individualità – unico mezzo per raggiungere il ricordo di sé, fattore assolutamente indispensabile per il processo di perfezionamento di sé».1 Tuttavia egli denunciava con spietatezza che la cultura moderna ne era generalmente incapace, poiché veniva prodotta da impulsi automatici e fantastici, privi di verità e quindi di valore; effettivamente le finzioni della mente e la prosopopea dell’io la rendono superflua e senz’anima. L’insegnamento di questo Maestro caucasico – che si prodigò in Occidente per lo sviluppo armonioso dell’uomo allo scopo di far cristallizzare «nella sua presenza generale, secondo un procedimento conforme alle leggi, una energia di grande intensità che sola rende possibile un ulteriore lavoro su se stessi»2 – chiariva che nello psichismo dell’essere umano, e tanto più drammaticamente nell’uomo moderno, si è prodotta un’anomalia

di cui anche l’impostazione dell’arte ha risentito pesantemente, divenendo arbitraria e sterile. Tale anomalia consiste principalmente in una macroscopica attivazione della speculazione automatica e associativa della mente, che si è disconnessa tanto dal sentimento che dall’istinto. Infatti accade che negli esseri umani «si sviluppi uno solo dei tre dati indipendenti indispensabili per acquisire una sana intelligenza, cioè il pensiero, che tende a prendere il primo posto nella loro individualità. Ora, come deve sapere ogni uomo capace di riflettere normalmente, senza il sentimento e senza l’istinto non si può costituire la vera comprensione accessibile all’uomo».3 Per sentimento può intendersi il riconoscimento emotivo che, di fronte a un oggetto o a una situazione, fa vibrare in modo appropriato le corde dell’anima, mentre l’istinto è in questo caso equivalente all’intuizione, ossia a quella facoltà sottile mediante la quale la coscienza dell’essere umano può attingere, in modo transpersonale, dal serbatoio della consapevolezza universale. L’atrofia del

1. G.I. Gurdjieff, Incontri con uomini straordinari, Adelphi 1977, p. 47. 2. G.I. Gurdjieff, La vita reale, Libritalia 1997, p. 47. 3. G.I. Gurdjieff, Incontri, cit., p. 42.

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Gustav Klimt, L’albero della vita

Arte

sentimento e dell’istinto azzera il naturale buonsenso, lasciando altresì la funzione meccanica del pensiero libera di espandersi artificiosamente con proiezioni che sono avulse da ogni riscontro realistico. In questo modo l’essere umano non è minimamente in grado di contemplare e vivere la realtà, trovandosi ingabbiato in una visione personalistica, eppure allineata con la mente massificata, che è falsata dalle credenze e dalle attitudini automatiche. La sua anima, le cui facoltà sono proprio il sentimento e l’istinto, viene così estromessa dalla sua vita ed egli è costretto in una schiavitù percettiva ed esistenziale, privato delle basi essenziali per poter sviluppare armonicamente il proprio potenziale. In tal modo, nell’uomo e quindi anche nelle sue produzioni artistiche, «tutto è solo esteriore. [...] Tutto non è che rumore, baccano e odore nauseabondo»4, poiché sono state estro-

messe l’autenticità celebrativa e l’intuizione che ci rendono rispondenti al flusso vitale e creativo dell’Esistenza. Basta osservare come stiamo vivendo e l’estrema povertà dell’arte contemporanea, per vedere che questo autoinganno ha attualmente raggiunto un apice insostenibile, che corrode le basi della nostra stessa esistenza e della nostra cultura, rendendoci dimentichi di noi stessi quanto delle nostre autentiche facoltà e aspirazioni. Anche nell’arte, che in larga misura si è conclamata concettuale, la mente sta spadroneggiando con le sue falsificazioni ignorando il sentimento e l’istinto che affondano nel grembo misterico della vita; resta una mostruosa pianta di plastica, un idolo impotente che troneggia nel deserto sterile della personalità. Gurdjieff ha chiarito la necessità di un’arte oggettiva, non personalistica e liberata dagli schemi automatici e artificiali,

4. Ivi, p. 44.

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luoghi dell’arte

E NIKI PRESE IL FUCILE Il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle .........................................

di Silvia Tusi

«Il Giardino dei Tarocchi non è il mio giardino ma appartiene a tutti quelli che mi hanno aiutata a completarlo. Io sono l’architetto di questo giardino. Ho imposto la mia visione perché non ho potuto fare altrimenti. Questo giardino è stato fatto con difficoltà, con amore, con folle entusiasmo, con ossessione e, più di ogni altra cosa, con la fede. Niente e nessuno avrebbe potuto fermarmi. Come in tutte le fiabe, lungo il cammino alla ricerca del tesoro mi sono imbattuta in draghi, streghe, maghi e nell’Angelo della Temperanza». Niki de Saint Phalle

A

Una foto caratteristica di Niki de Saint Phalle la ritrae che imbraccia un fucile, intenta a mirare. Sembra sia concentrata a centrare l’obiettivo, qualunque esso sia. Donna determinata, anticonformista, fuori dalle regole, non poteva di certo permettersi di mancare il bersaglio. In quel caso qualcuno avrebbe giustamente gridato: «Tirate sull’artista!», perché nulla ha più senso se si perde la strada verso casa, che non è altro che la strada verso la propria anima, raggiungibile solo se si ha

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il coraggio di arrivare fino in fondo. Il Giardino dei Tarocchi è stato l’obiettivo di Niki per tutta l’ultima parte della sua vita, diciassette anni nei quali ha affrontato con determinazione delle difficoltà all’apparenza insormontabili, imbracciando un altro fucile, quello della creatività e dell’amore per l’arte, per la vita in generale, per se stessa. Ognuno ha dentro di sé un percorso da intraprendere, ma trovarlo, comprenderlo e prestargli fede sono prove da superare prima di imbarcarsi nel viaggio verso l’anima. Chi va oltre gli ostacoli, le ombre, le perfide vocine della mente che ripetono quanto tutto ciò sia un’inutile perdita di tempo, ha già fatto un enorme lavoro di pulizia.


Arte

La Torre

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10 Cosa ti aspetti dalla quarta di copertina di un libro? Un invito alla lettura? Una spinta all’acquisto? Un riassunto avvincente in dieci righe che ti faccia dire sì, lo voglio? O forse vuoi spiarci dentro, sperando di incrociare lo sguardo di un personaggio o di un autore per vedere l’effetto che fa?

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A G.I.GURDIJEFF

Cronache dai mondi visibili e invisibili

A oltreconfine S Cronache dai mondi visibili e invisibili

G.I. Gurdjieff scriveva: «La gente finge di sapere qualsiasi cosa su Dio, sulla vita futura, sull’universo, sulle origini dell’uomo, sull’evoluzione; ma, in realtà, non sa nulla, neppure su se stessa». Figurati se sappiamo di cosa parli questo Oltreconfine! Di sicuro troverai qualche onesta indicazione su Gurdjieff offerta da Alessandro Boella e Antonella Galli, Salvatore Brizzi sul laboratorio alchemico gurdjieffiano, interviste ad Antonio Rezza, Flavia Mastrella e Cristóbal Jodorowsky, i contributi di Paolo Giordo, Joyce Collin-Smith, Gianluca Magi, approfondimenti su Philip Pullman e sul Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle, e altre occasioni di risveglio...

Quaderni di spiritualità arte e letteratura numero 10

G.I. GURDjiEFF

La verità può essere detta solo in forma di bugia.


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