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Ghiande
Davide Sibaldi Giuseppe e lo Sputafuoco © 2015 Spazio Interiore Edizioni Spazio Interiore Via Vincenzo Coronelli, 46 • 00176 Roma • Tel. 06.90160288 info@spaziointeriore.com • www.spaziointeriore.com copertina e illustrazioni | Davide Sibaldi progetto grafico e impaginazione | Francesco Pandolfi I edizione: luglio 2015 isbn 88-97864-70-7
DAV
IDE SIBALD
I
Giuseppe e lo
sputafuoco Illustrazioni di Davide Sibaldi
SPAZIOINTERIORE
I C’era una volta, su di un piccolo veliero pirata chiamato lo Sputafuoco, un bambino di nome Spaccasquali. Aveva otto anni, era abbastanza alto e con un viso sorridente benché oscurato da grandi occhi tristi: infatti era sempre vissuto tra pirati violenti, cattivi, ladri e ubriaconi. E non è certo bello per un bambino crescere in mezzo a uomini che vanno alla deriva. Soldi, rum e violenza: ecco quello che interessava loro; uomini antichi, vecchi, legati a un mondo brutale che non aveva, e non ha, futuro. Uomini su cui governava il vecchio e spietato capitano Picchiauomini: freddo, magro, curvo e cattivo. Molto alto, dagli occhi gelidi e guizzanti, aveva una barba lunga e grigia nel cui folto si nascondeva un’orrida bocca puntellata di denti d’oro che si spalancava solo per gridare ordini o sogghignare in modo malvagio. Vestiva tutto di nero e oro: il cappello, il giaccone e gli stivali. Tutto era nero, come il suo cuore. Ogni giorno scrutava a lungo l’orizzonte, ma non per scorgervi il proprio futuro, bensì per avvistare piccole vele che solcassero le onde. Minuscoli vascelli, fragili navi, zattere di naufraghi: misere prede che appena vedeva attaccava senza pietà. 7
«Preparate le armi!» gridava ai suoi uomini intontiti dal rum. «Preparate i cannoni!» continuava ruotando il timone e dirigendo lo Sputafuoco verso la vela che tremolava in lontananza. «Non abbiate pietà!» ordinava prima di saltare all’arrembaggio della piccola nave. «E rubate tutto quello che trovate!» Così i pirati saccheggiavano le piccole imbarcazioni, facevano prigionieri i due o tre malcapitati che le pilotavano e, dopo averli messi su una scialuppa, li lasciavano andare alla deriva mentre la loro nave, razziata delle microscopiche ricchezze che portava, veniva distrutta dalle fiamme. Questo era il compito che gli era stato affidato dalla Confraternita dei Pirati. «Brucia la nave di chiunque ti si avvicini e non sia dei nostri!» gli avevano ordinato. «È il compito che ti diamo, Picchiauomini! È quello che devi fare!» ed era questo che Picchiauomini faceva, da innumerevoli anni. Accanto a lui vi era sempre Brucianemici, la mamma di Spaccasquali: una giovane donna vestita di rosa e blu, con in testa una bandana e intorno alla vita una grande cintura di cuoio in cui erano infilati coltelli di ogni forma e lunghezza, così che chiunque le si avvicinava o si pungeva o si tagliava. Era spietata. Fredda e spietata. Tanto con gli sconosciuti quanto con Spaccasquali, che non degnava mai di uno sguardo affettuoso e che, appena poteva, rimproverava sempre. L’unica persona con cui era dolce, l’unica per cui era disposta a fare qualsiasi cosa era proprio il capitano Picchiauomini che, però, 8
la ignorava allo stesso modo in cui lei ignorava il figlio e, quando le parlava, non faceva che deriderla e insultarla: perché era proprio dal dolore altrui che Picchiauomini traeva immenso piacere ed energia. Ma a mamma Brucianemici non importava di essere maltrattata dal capitano. Quello che voleva era rimanergli accanto. Servirlo in ogni suo desiderio e aspettare che, un giorno o l’altro, le facesse un complimento. Solo uno. E sarebbe stata felice. Pazzia. Ed è in mezzo a questa pazzia, a questi pirati, che era cresciuto Spaccasquali, sin da quando era nato. Non aveva mai messo piede a terra: sempre per mare, sempre sullo Sputafuoco agli ordini di Picchiauomini e sempre alla ricerca del nulla. Ma tutto questo, ormai, stava per cambiare.
II Esatto: “tutto stava per cambiare” per Spaccasquali e per coloro che lo circondavano. Ma ancora nessuno lo sapeva e, quando il cambiamento cominciò, nessuno se ne accorse: tutto ebbe inizio una mattina di agosto, quando il capitano Picchiauomini avvistò una navicella all’orizzonte. «Nave in vista!» 9
gridò e, mentre i pirati prendevano goffamente i loro posti, il capitano girò il timone e lanciò lo Sputafuoco verso la piccola vela ancora lontana. Brucianemici gli fu subito accanto: «Sono pronta all’arrembaggio prima di tutti gli altri!» gli disse, ma Picchiauomini non la degnò neppure di uno sguardo e continuò a tenere gli occhi fissi sulla preda che ormai aveva raggiunto. Una cannonata tagliò l’albero maestro della navicella. Un’altra colpì la prua. Poi, l’intero equipaggio dello Sputafuoco invase urlante l’imbarcazione. «È una nave di esploratori!» gridarono i pirati e spinsero verso Picchiauomini i prigionieri: una mamma, un papà, due bambini e una bambina, che piangevano tutti. «Esploratori!» ringhiò Picchiauomini e guardò la famigliola con gli occhi infiammati da un odio immenso. «Prendete tutti i loro averi e fate che siano loro stessi a distruggere la nave su cui viaggiavano: che siano proprio loro a darle fuoco!» I pirati ubbidirono divertiti. «Abbiate pietà, signore!» gridò il padre esploratore, inginocchiandosi davanti al vecchio. I pirati lo guardarono incuriositi. «Lasciateci andare» continuò l’esploratore, «vi daremo tutto quello che abbiamo». Ma Picchiauomini fu irremovibile e con un cenno del capo confermò ai pirati l’ordine che aveva dato. Infatti, era immenso il piacere che quel terri10
bile vecchio provava nell’osservare gli occhi disperati degli audaci esploratori, mentre le loro speranze venivano divorate dalle fiamme. Il suo corpo, storto e ossuto, tremava sotto il vigore di quella malvagità. Il viso gli si contorceva in una smorfia di dolore, come se stesse per scoppiare a piangere, solo che, invece delle lacrime, ne sgorgavano risate false e cattive che contagiavano tutta la ciurma. Picchiauomini odiava gli esploratori. Li odiava più di ogni altra cosa al mondo. E nessuno, nemmeno Brucianemici, era mai riuscito a capire il motivo di tutta questa rabbia. Seduti nella scialuppa e intontiti dalla disperazione, gli esploratori diedero fuoco a quello che rimaneva della loro nave. «No» sussurrò la mamma esploratrice guardando le fiamme che si alzavano verso il cielo. Il papà esploratore non parlava. Al suo posto si alzò il figlio maggiore che, asciugatosi le lacrime e agitando in aria i pugni chiusi, inveì contro i pirati. Ma Picchiauomini non poteva più sentirlo: era sullo Sputafuoco intento a contare le poche monete d’oro che aveva appena rubato alle sue vittime. Accanto a lui vi era sempre mamma Brucianemici. Spaccasquali osservò tutta quella scena in silenzio. Soffriva nel vedere quelle scene; sapeva che erano sbagliate, che erano inutili e malvagie. Ma sapeva anche che da solo non poteva contrastare quella marmaglia di pirati grandi, grossi e spietati. Non che non avesse tentato: in passato aveva pro11
vato molte volte a impedire quegli atti di barbarie, ma non c’era mai riuscito. «Scappiamo lontano!» aveva proposto allora a mamma Brucianemici, quando Picchiauomini non poteva sentirli. «Smettiamola di fare i pirati, mamma, è troppo triste e brutto! Prendiamo una scialuppa e andiamo via!» Ma la risposta della donna era sempre stata la stessa: prima una forte sberla e poi violente parole di rimprovero: «Che cosa stai dicendo, Spaccasquali! Non andrai da nessuna parte, devi essere crudele! Crudele come il capitano Picchiauomini. Perché solo così sarai un vero pirata!» «Ma io non voglio essere un pirata!» gridava il piccolo. «E invece è proprio quello che sarai!» rispondeva mamma Brucianemici senza capire. «No!» urlava Spaccasquali gettando sul ponte della nave il suo piccolo cappello. «Io sarò un esploratore!»
III «Essere un esploratore». Ecco cosa sognava davvero il piccolo Spaccasquali. «Essere un grande esploratore». E ne era certo, perché al solo pensiero di addentrarsi nei luoghi misteriosi che ricoprivano la terra, il cuore co13