32 nonordinari
Stephen Gray
CANNABIS E SPIRITUALITà GUIDA ALL’ESPLORAZIONE DI UN’ANTICA PIANTA MAESTRA
Traduzione di Elio Bortoluzzi e Silvia Tusi
SPAZIO INTERIORE
Stephen Gray Cannabis e spiritualità. Guida all’esplorazione di un’antica pianta maestra titolo originale: Cannabis and Spirituality. An Explorer’s Guide to an Ancient Plant Spirit Ally traduzione: Elio Bortoluzzi e Silvia Tusi revisione: Elisa e Giovanni Picozza © 2017 Stephen Gray © 2019 Spazio Interiore Tutti i diritti riservati Italian language rights handled by The Italian Literary Agency, Milano Edizioni Spazio Interiore Via Vincenzo Coronelli, 46 • 00176 Roma www.spaziointeriore.com redazione@spaziointeriore.com illustrazione in copertina Giacomo Belcari progetto grafico Francesco Pandolfi I edizione: aprile 2019 ISBN 978-88-94906-27-1 Sebbene siano state prese tutte le possibili precauzioni durante la preparazione di questo libro, l’editore non si ritiene responsabile per eventuali errori o omissioni, né per eventuali danni provocati dall’utilizzo delle informazioni ivi contenute. La pubblicazione di tale opera, in nessuna sua parte può essere considerata quale invito alla sperimentazione di tali tecniche e sostanze, né alla violazione di alcuna norma del vigente ordinamento giuridico, nazionale e internazionale.
INDICE
prefazione di Julie A. Holland, M.D.
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ringraziamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Introduzione
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la rinascita della pianta dell’umanità . . . . .
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dieci parole di uso frequente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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di Stephen Gray di Stephen Gray
Capitolo 1
lei chi è? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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La personificazione della cannabis nell’esperienza culturale e individuale di Kathleen Harrison
Capitolo 2
venerabili tradizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Breve storia dell’uso rituale e religioso della cannabis di Chris Bennett
Capitolo 3
la marijuana e il sistema corpo-mente . . . . . .
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di Joan Bello
Capitolo 4
i principi fondamentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Guida pratica per lavorare con la cannabis come alleato spirituale di Stephen Gray
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Capitolo 5
la spiritualitĂ della cannabis nella pratica di Stephen Gray . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119 Capitolo 6
cerimonie di gruppo con la cannabis . . . . . . . . . 137 Un modello testato, aperto e adattabile di Stephen Gray
Capitolo 7
per amore della foglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151 Yoga potenziato dalla ganja per praticanti di oggi di Dee Dussault
Capitolo 8
lavorare con gli spiriti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165 Intervista con lo sciamano della cannabis Hamilton Souther di Stephen Gray
Capitolo 9
una relazione sacra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177 Saggezza per coltivatori di cannabis di L.L.P.
Capitolo 10
uso rituale e religioso della ganja in giamaica di Jeff Brown . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 185 Capitolo 11
trasformazione della coscienza e antica saggezza dei sadhu dell’india . . . . 195 di Satyen Raja
Capitolo 12
la saggezza della cannabis secondo uno sciamano ayahuasquero del brasile . . . . . . . . . . . 209 di Mariano da Silva
Capitolo 13
manifestare la presenza
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Intervista con due sciamani di Stephen Gray
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Capitolo 14
santa maria e ayahuasca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233 Una combinazione di medicine sacramentali di Francisco
Capitolo 15
pensieri sull’erba, parte seconda . . . . . . . . . . . . . . . 245 Lezioni dalla Foglia di Jeremy Wolff
Capitolo 16
il culto thc hawaiano della cannabis . . . . . . 265 di Roger Christie
Capitolo 17
la nuova illuminazione dell’erba . . . . . . . . . . . . . . . 275 di Steven Hager
Capitolo 18
cannabis e creatività . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 281 Una prospettiva spirituale di Stephen Gray
Capitolo 19
cannabis, scrittura e lo spirito universale dell’amore di Floyd Salas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 291 Capitolo 20
aprire i canali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 303 Lavorare con la cannabis secondo l’opinione un’artista di Svea Vatch
Capitolo 21
precauzioni e false precauzioni, ostacoli, deviazioni e obiezioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 307 di Stephen Gray
Conclusione
verso una diffusa trasformazione della coscienza di Stephen Gray . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 327 note . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 329 bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 339
PREFAZIONE di Julie A. Holland, M.D.
julie holland è una psichiatra specializzata in psicofarmacologia, professore assistente clinico di psichiatria presso la Scuola di Medicina della New York University. Esperta in droghe di strada e stati di intossicazione, dal 1996 al 2005 è stata primario di Psichiatria presso il reparto di emergenza psichiatrica del Bellevue Hospital di New York e appare regolarmente nel Today Show. Ha curato i libri The Pot Book. A Complete Guide to Cannabis ed Ecstasy. The Complete Guide, ed è autrice del bestseller Weekends at Bellevue. Vive nella Harlem Valley, nello stato di New York.
È un onore scrivere la prefazione di un libro così tanto necessario su cannabis e spiritualità. Ammetto di essere emozionata per il grande interesse suscitato dagli effetti terapeutici della cannabis con uso medico, dall’uccisione delle cellule cancerogene al trattamento dei disordini da stress post-traumatico. E mi incoraggiano i passi avanti fatti nelle riforme della politica sulle sostanze, volte a porre fine alle incarcerazioni di massa e ad attuare strategie di riduzione del danno. È un grande progresso e dovremmo esserne orgogliosi. C’è stata però una carenza di
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discussioni riguardo a quanto la cannabis può fare per noi spiritualmente: per nutrire le nostre anime, per aiutarci a trascendere questo piano e a connetterci con uno più alto. Fino a ora. Autore, curatore, organizzatore di eventi relativi a enteogeni e conduttore di workshop, Stephen Gray ha raccolto i contributi di un corposo gruppo di persone che vi introdurranno all’uso spirituale della cannabis in varie epoche e in diverse culture di tutto il mondo. Dai sadhu indiani ai rastafariani in Giamaica, l’uso rituale di quest’antica pianta si rivela come la chiave di volta per il raggiungimento dell’illuminazione da parte di molte tribù e popolazioni indigene. Coevolvendo sulla Terra insieme a noi nel corso di millenni, la cannabis è uno dei regali più magici del nostro pianeta, una medicina per il corpo e per l’anima. Non stupisce quindi che molte religioni abbiano scelto di renderla un punto centrale del proprio credo. Come la musica o la matematica, è un linguaggio universale. Temo che al giorno d’oggi, qui in America, il materialismo sia divenuto il nostro dogma. Accumuliamo, ammassiamo, adoriamo i nostri possessi per prevenire la paura, per sentire che contiamo qualcosa. Il capitalismo incrementa il fuoco dell’accumulo, facendoci comprare sempre di più, alimentando le fiamme dell’allarmismo che necessitano poi di rassicurazioni. Compriamo, spendiamo e lavoriamo per sostenere tutto questo. Ci sono così tanti tra noi che sono dipendenti dall’avidità, dal potere, dalle ultime novità, dall’avere sempre di più. Per alcuni non è mai abbastanza. Ed è qui che entra in gioco l’erba: è un modo per staccare, temporaneamente, dalla vita frenetica e competitiva. La cannabis può sbloccarci dai nostri abituali modi di fare le cose e – ancor più importante – di pensare alle cose. Ci sottrae dal nostro motore in continuo movimento, ci incoraggia a rimanere fermi, ad aspettare un po’, per sentire prima di agire impulsivamente. Ci 10
mette in contatto con i nostri desideri più profondi e con i nostri sentimenti più veri. Ci apre alla contemplazione e alla riflessione. Piantare un seme e aspettare che cresca insegna come vivere nel tempo della Terra, non in quello dell’orologio. Il giardinaggio è terapeutico per il corpo e per la mente. Entrare in relazione con questa pianta può placare non solo la nausea e il dolore, ma anche il vuoto e la disconnessione, vere e proprie piaghe dei nostri tempi. Dobbiamo tornare al nostro giardino: coltivare e condividere è l’atto anticapitalista definitivo. È condivisione nella sua massima espressione. Un fiore non può essere brevettato. Come può una pianta facilitare il lavoro di gruppo, lo yoga, lo sciamanesimo e la meditazione? Come può potenziare la creatività, liberare l’espressione artistica e permettere alle persone di connettersi con le loro verità più profonde? Il fiore maturo di questa pianta femminile sblocca lo yin, l’energia ricettiva presente in tutti noi. Ci può quindi aiutare a sentire la connessione con la natura, con gli altri e, cosa ancora più importante, con noi stessi; ad aprire il cuore e la mente e a prendersi il proprio tempo, per viverlo pienamente; a meravigliarci della gloria della natura, di un respiro pulito, di un piacevole stiracchiamento. Questo è proprio ciò di cui abbiamo bisogno per bilanciare l’eccesso di energia yang nel mondo di oggi (bombe e proiettili, violenze, avidità delle corporazioni... tutte energie penetranti). Com’è possibile mettere in carcere delle persone solo perché possiedono le “chiavi del regno”? O per aver distribuito un balsamo in grado di lenire le nostre sofferenze? Sei dei diciassette autori che hanno dato un contributo a questo libro hanno trascorso del tempo in prigione per l’uso di cannabis o per il loro attivismo. I prigionieri politici della nostra guerra culturale sanno che la libertà cognitiva e religiosa è qualcosa per cui vale davvero la pena lottare. E noi lotteremo per aprire cuori e menti, con empatia e amore. Gli scrittori Joan Bello e Jeremy Wolff mi hanno insegnato che le parole salute e sacro derivano entrambe dal concetto 11
di completezza. Io so – come medico, partner e madre – che l’equilibrio e l’omeostasi ci tengono in salute e rendono le nostre relazioni fiorenti. E so anche che la nostra salvezza e quella del pianeta riposano nella nostra abilità di sentirci connessi con l’altro, con noi stessi, con la natura, con quel reticolo universale di energia e luce che ci lega a questo piano. Essere sacri, completi e sani: questo è il grande obiettivo per ciascuno di noi. Felice è un’altra parola con la stessa origine.1 E sono felice di potervi introdurre questo libro così importante. Godetevelo, e che la salute vi accompagni. Julie A. Holland
Harlem Valley, New York
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Introduzione
LA RINASCITA DELLA PIANTA DELL’UMANITÀ di Stephen Gray
«Nell’estasi del bhang,1 la scintilla dell’Eterno nell’uo-
mo trasforma in luce l’oscurità della materia o illusione. [...] L’anima, nella quale lo spirito del bhang trova casa, si libra in volo nell’oceano dell’Essere, libera dall’estenuante ciclo del sé accecato dalla materia». Joseph Campbell, On the Religion of Hemp «È più che giusto che in quest’era di inquinamento e plastica, il guru, per benedirci con lo Shaktipat,2 venga a noi sotto forma di una pianta antica ed eliofila che ha come suo più grande e intrinseco attributo il potere di elevare la coscienza». Joan Bello, The Benefits of Marijuana
I molteplici volti e usi della cannabis Le due citazioni con cui si apre questa Introduzione contengono parole forti, sono affermazioni nette che potrebbero essere difficili da credere. Stiamo davvero parlando della gentile, rilas-
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sante ed euforica cannabis? È la stessa pianta spesso usata come via di fuga o che ci ammalia come l’artista quando lancia lustrini sulle teste del suo pubblico? Oppure la cannabis che provoca bonarietà e risate, o stordimento del tipo «Ah, di cosa stavamo parlando...?» O magari ci stiamo riferendo a quel suo effetto, che talvolta si verifica, di scollegarci da tutto? E che dire della sua non infrequente tendenza ad amplificare l’introspezione, l’ipersensibilità e perfino la paranoia? Ma, come indicano le due citazioni, c’è un altro aspetto della cannabis che al momento non viene pienamente riconosciuto. Quando viene stabilita una relazione reciproca rispettosa e intelligente, e le persone possono incontrare la pianta nelle giuste condizioni, sia interiori che esteriori – ciò che chi lavora con gli enteogeni definisce set e setting positivo – la cannabis può essere una poderosa pianta maestra e un alleato spirituale. Questo potenziale “altro” della cannabis era conosciuto in molti luoghi della terra e lo rimase per un lungo periodo della storia dell’umanità. Ma attraverso i secoli, e in special modo nel xx secolo, la comprensione e l’applicazione dei suoi doni più grandi è praticamente diventata un’arte perduta. Parlando brevemente della sua storia biologica, che precede di molto la civilizzazione umana, la cannabis e i suoi parenti più stretti si trovano su questo pianeta da un tempo estremamente lungo. Nonostante manchino dei veri fossili antichi che lo testimonino, la deduzione scientifica suggerisce che il lignaggio delle cannabaceae potrebbe essere apparso sulla Terra intorno ai trentaquattro milioni di anni fa.3 Le parole “potrebbe essere” implicano un certo spazio di manovra, ma decurtando qualche milione di anni stiamo ancora parlando di un consistente lasso temporale, soprattutto se misurato su scala umana. Mentre possiamo solo supporre che la pianta e il pianeta fossero in relazione da lungo tempo prima che noi esseri umani entrassimo in scena, abbiamo invece prove abbondanti sul lun16
go e fruttuoso legame tra le comunità degli uomini e la cannabis. Alcuni ricercatori stimano che l’uso della cannabis da parte dell’uomo (Homo sapiens) abbia avuto inizio intorno ai dodicimila anni fa.4 Consistenti prove archeologiche di questa relazione – incluso l’uso sciamanico – sono databili almeno fino al Neolitico, all’incirca settemilacinquecento anni fa. Alcuni ricercatori hanno perfino avanzato l’ipotesi che la specie umana si sia evoluta insieme alla cannabis per molte migliaia di anni. Sappiamo per certo che almeno nel corso degli ultimi millenni la cannabis è stata usata in innumerevoli modi. I suoi principali campi di applicazione riguardano cibo, medicine, riscaldamento, prodotti per la casa, materiali da costruzione, carta, corde, reti, vestiti, basi per pittura e cosmetici, ricerca di piacere e ispirazione creativa, ed è stata utilizzata – l’aspetto più rilevante per il tema di questo libro – per la liberazione di se stessi da quello che potremmo definire «l’estenuante ciclo del sé accecato dalla materia». La cannabis è la pianta dell’umanità o, come la chiama Jeremy Wolff, che ha collaborato a questo libro, lo “psichedelico dell’umanità”. Rimarrà sempre al nostro fianco nonostante tanti programmi volti a diffamarla e a sopprimerla siano stati attuati nel corso degli ultimi millenni in molte parti del pianeta. E ora, proprio mentre sto scrivendo, si sta verificando una sua strabiliante rinascita e tutto sembra indicare che ci accingiamo a vivere nuovamente un’epoca in cui l’uso della nostra pianta sarà basato su saggezza e consapevolezza. Il concetto di cannabis come pianta dell’umanità è sincronico alla rinascita che si dispiega giorno per giorno davanti ai nostri occhi, una delle cui componenti è data da ciò che io definisco “il processo di diventare autentici”. Un numero sempre crescente di persone si sta rendendo conto che i vecchi schemi di condizionamento non sono affatto utili al benessere dell’uomo e della Terra. Per quanto solo il tempo potrà dirlo, sembra che la liberazione della cannabis dal controllo errato e restritti17
vo di governi e religioni secolari sia intimamente connessa con un più ampio cambiamento di coscienza. «Aprire il tuo cuore è ridurre il tuo ego, e questa è l’unica magia sempre necessaria per fare esperienza della nuda verità». Tony Vigorito, Nine Kinds of Naked
La cannabis come catalizzatore dell’attuale rinascita Un elemento chiave del cambiamento di coscienza è la transizione della percezione e dell’intelligenza dalla testa al cuore. Con il predominio della mente si ha una percezione di seconda mano, trattandosi di un’interpretazione concettuale di stimoli sensoriali e, in questo senso, è immaginaria, un laboratorio per tutti i tipi di illusione. Ma come è affermato in molti saggi insegnamenti del buddhismo, dell’induismo e di altre tradizioni, il cuore e la mente non sono entità separate. Per esempio, la parola sanscrita bodhicitta significa “mente e cuore risvegliati”: bodhi significa “risveglio” e citta “cuore e mente insieme”. Quando il dominio della mente è totale, viene a mancare quell’intelligenza data dalla percezione diretta alimentata da un cuore risvegliato. Per descrivere questa intelligenza immediata, le tradizioni sapienziali usano termini come realtà incondizionata, ciò che è e Tao. Come si collega tutto ciò alla cannabis? In poche parole, quando facciamo uso della pianta mossi dalle intenzioni e seguendo le pratiche descritte in questo libro, essa può aiutarci a dissolvere le nostre convinzioni basate sulla mente e portarci in modo rilassato verso una percezione del cuore, diretta e intuitiva, e alla saggezza del corpo. Come spero avrete modo di comprendere leggendo questo libro, la cannabis può aiutarci a entrare profondamente nel presente. Utilizzata in modo sapiente, 18
ci può aiutare a risvegliarci dall’illusione della separazione, che ha permeato la vita di così tante persone, provenienti dalle più svariate culture, tenendole collettivamente imprigionate per un lungo, lunghissimo periodo. «L’erba è la chiave per una nuova comprensione di sé, dell’universo e di Dio. È il veicolo per la coscienza cosmica; introduce a livelli di realtà non percepiti normalmente [...] e sviluppa un certo senso di fusione con tutti gli esseri viventi». Leonard E. Barrett Sr., I rastafariani
La trasformazione della coscienza implica un radicale cambiamento di prospettiva. Non ha a che vedere soltanto con sentimenti come la felicità, la tristezza, la rabbia e via dicendo. È un modo di vivere, un cammino di apprendimento per avere fiducia nell’intelligenza della nostra diretta e incondizionata esperienza. La cannabis è meravigliosamente in armonia con questo “nuovo” modo. Quando si incontra la pianta con attenzione piena e rilassata, essa può mostrare come sentirsi e muoversi al meglio in questa matrix di energie interconnesse, senza appoggiarci a schemi abituali compulsivi né a ipotesi concettuali derivate dalla mente egoica. Ad oggi sono davvero numerose le ricerche in merito ai benefici medici della cannabis e, data la sua diffusione, va da sé che ciascuno di noi (e siamo milioni!) abbia le sue personali preferenze circa il modo di entrarvi in contatto. Tuttavia, fraintendimenti e usi impropri sono molto diffusi, e c’è ancora pochissima comprensione del pieno potere e del potenziale di questa umile e paziente pianta come alleato nel viaggio di risveglio. «Sentii che finalmente ero riuscita a connettermi con il potenziale curativo di questa pianta sacra, che ora, attraverso la meditazione cosciente e la tranquillità della
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mente, poteva rivelarsi. In un certo senso la pianta era timida, e solo grazie ai miei sforzi per sedare il mio fuoco interiore la sua delicata verità si è potuta rivelare». Raina Cole
Un portale per la quiete interiore Un aspetto centrale del lavoro spirituale con la cannabis è il viaggio verso il rilassamento e il lasciarsi andare alla quiete interiore. Quiete – vuoto o shunyata nell’insegnamento buddhista – è sinonimo di pace. La consapevolezza, in presenza di quiete interiore, è accompagnata dall’amore. Come i saggi avevano ben compreso e descritto, il viaggio di risveglio comincia proprio dalla nostra ignoranza e dal nostro timore dello stato di risveglio; poi ne abbiamo dei barlumi, iniziamo a conoscerlo e ad acquisire una sempre maggior fiducia e familiarità, fino a trovarci a nostro agio con la piena presenza e ad agire da quel luogo di quiete. Mi piace quello che scrive Gialal al-Din Rumi, mistico e poeta persiano del xiii secolo: Ho vissuto al limite della follia volendo conoscere le ragioni, bussando alla porta. Si è aperta. Stavo bussando dall’interno. Un’ultima considerazione sull’importante rapporto tra cannabis e spiritualità si trova nelle parole di Hui Neng, vi patriarca zen, che era chiaramente sulla strada giusta quando scrisse: «La saggezza dell’illuminazione è innata in ognuno di noi. È l’illusione di cui è preda la nostra mente che ci impedisce di rendercene conto da soli, e così chiedia-
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mo consiglio e guida a qualche illuminato prima di poter conoscere l’essenza della nostra mente. Dovreste sapere che fra la natura buddhica di una persona illuminata e di una ignorante non c’è differenza. Ciò che fa la differenza è che la prima ne è consapevole, mentre l’altra no».5
In qualche modo tutto ciò che facciamo è spirituale, come suggerisce la citazione di Hui-Neng. Alla fine, tutti i nostri strumenti ed esercizi “spirituali” sono – o almeno dovrebbero essere – creati per condurci a vivere e respirare ogni giorno nella consapevolezza incarnata di questa amorevole e creativa realtà. Alcune pratiche e strumenti possono essere molto utili nell’incoraggiarci e nel mostrarci la strada che dal limite della follia ci conduce a comprendere che stiamo “bussando dall’interno”. E questo ci riporta alla cannabis, che è una di queste fonti di ispirazione. Sulla base della mia esperienza, posso affermare che la cannabis è un alleato premuroso e flessibile, ma allo stesso tempo intransigente in un modo tutto suo. Nonostante possa essere molto potente, quando ci si apre a lei e ci si rilassa tra le sue braccia, l’erba sacra ci mostra sovente la sua natura delicata e gentile. Quando non lo si fa e si riempie questo spazio con se stessi, si perde quest’invito. La cannabis, per quanto abbia il potere di farlo, non ti prenderà per la collottola obbligandoti a seguirla, come invece avviene di solito con alti dosaggi di piante e sostanze quali il peyote, l’ayahuasca, la psilocibina, l’lsd e altre ancora. Ovviamente esistono anche numerose pratiche di risveglio che non includono l’utilizzo di sostanze di questo tipo. In questo libro non intendiamo entrare nel dibattito sui rispettivi meriti delle pratiche spirituali convenzionali e di quelle che prevedono l’uso di “droghe”. Si tratta di una questione spinosa, che ha sostenitori da ambo i lati, e tutti sono sicuri di avere ragione. 21
Capitolo 2
VENERABILI TRADIZIONI BREVE STORIA DELL’USO RITUALE E RELIGIOSO DELLA CANNABIS Chris Bennett
chris bennett è uno studioso di fama internazionale dell’uso della cannabis nei rituali e nella magia, argomenti ampiamente trattati nei suoi libri Green Gold the Tree of Life. Marijuana in Magic and Religion (1995) e Cannabis and the Soma Solution (2010). Ha scritto anche numerosi saggi per giornali e riviste, sia cartacee che online, nonché capitoli informativi in numerosi libri di altri autori. Chris possiede inoltre una popolare attività di divulgazione al pubblico e vendita di un’ampia varietà di piante con usi sciamanici e curativi. Le ricerche di Chris sono state a dir poco dettagliate ed esaurienti. L’intento di questo suo saggio è quello di condividere con i lettori alcuni degli usi religiosi della cannabis storicamente più importanti, per suggerire e onorare la profondità e l’ampiezza dell’uso spirituale della pianta, in particolare in Medio Oriente e in Asia. Questo capitolo, però, non intende essere uno studio esaustivo sulla storia dell’uso spirituale della cannabis, mancando, per fare un esempio, la trattazione relativa al suo utilizzo in Africa e 59
nell’emisfero occidentale. Secondo Edward MacRae, la cannabis è stata usata in contesti sia sociali che religiosi dagli ottentotti, i bushmen, i caffiri e i kasai dell’Africa, solo per citarne alcuni.1 Egli sostiene che – nonostante le prove di un utilizzo precolombiano della cannabis siano tutt’altro che chiare – al giorno d’oggi la pianta sia utilizzata per scopi religiosi da molte popolazioni indigene, come i Cuna a Panama, i Cora e i Tepehua (che la chiamano Santa Rosa) in Messico e i Tepecamos nel Messico nordoccidentale (che la chiamano Rosa Maria e occasionalmente la utilizzano come sostituto del peyote nei loro rituali religiosi).2 Lo scopo di queste pagine, pertanto, è quello di legittimare e avvalorare il fatto che da tempo immemorabile la cannabis viene utilizzata come veicolo per ottenere intuizioni e sviluppare saggezza: considerazioni importanti in un mondo che, come il nostro, ha largamente perso le tracce di questa profonda connessione, ed estremamente utili per dare uno sguardo al futuro e comprendere come riscoprire questo straordinario potenziale, imparando dalle antiche pratiche e migliorandole per dare vita a qualcosa di nuovo.
Introduzione Quando le persone riflettono sul ruolo della cannabis nella religione, generalmente il loro pensiero va alla religione sincretica relativamente attuale che ha avuto origine in Giamaica: il rastafarianesimo. Non sanno dei pigmei che affermano che all’inizio dei tempi Dio diede loro la cannabis affinché fossero «in salute e felici»,3 o dei sadhu che da secoli fumano cilum pieni di hashish lungo le rive del Gange prima di praticare le loro posizioni yogiche.4 Non ci sono dubbi sul fatto che la cannabis abbia svolto un ruolo importante nella vita spirituale dell’umanità 60
per almeno cinquemilacinquecento anni, com’è stato provato dal ritrovamento archeologico, in una grotta in Ucraina, di un braciere cerimoniale usato per bruciare l’erba.5 Dalle ricerche che ho condotto per oltre venticinque anni emerge chiaramente come questa pratica fosse ampiamente diffusa nel mondo antico. Tuttavia, affinché questo capitolo possa rivelarsi di interesse per il lettore contemporaneo, esaminerò il ruolo storico e il potenziale della cannabis in alcune tradizioni religiose molto note e ancora praticate come il taoismo, lo zoroastrismo, l’induismo, il buddhismo, la religione dei sikh e quella ebraica.
Taoismo In Asia, considerata da alcuni botanici la casa madre della cannabis selvatica, l’uso della canapa risale all’età della pietra. Tracce di fibre di canapa risalenti a oltre diecimila anni fa sono state ritrovate in frammenti di vasellame a Taiwan, al largo della costa della Cina continentale. Accanto a questi frammenti sono stati trovati lunghi utensili a forma di bacchetta, simili a quelli successivamente usati nella Cina continentale per decorticare la canapa (ossia rimuovere il cuore legnoso dal fusto). Inoltre, a testimoniarne l’uso e la popolarità nei secoli concorrono i guerrieri dell’esercito di terracotta ritrovati a Xi’an, equipaggiati con scarpe di canapa per il loro lungo soggiorno nel cuore della terra. Non sorprende affatto, pertanto, che i cinesi furono uno tra i primi popoli a scoprire, migliaia di anni fa, le proprietà mediche e magiche della pianta e a documentare tali tipologie di impiego insieme al suo utilizzo come cibo, fibra e fonte di un olio usato per illuminare e dipingere. Il professore di botanica Hui-Lin Li, esperto di storia della cannabis in Cina, scrive: «Le prove [...] suggeriscono che l’uso medico della pianta della canapa fosse largamente conosciuto 61
nel Neolitico (l’Età della Pietra) dai popoli del Nord-Est asiatico. Lo sciamanesimo era diffuso in special modo nell’area settentrionale e anche in Cina, e la cannabis giocava un ruolo importante nei rituali».6 Analogamente, l’esperto di storia cinese Joseph Needham ha notato che «le proprietà allucinogene della canapa erano comunemente note nella medicina cinese e nei circoli taoisti da due millenni o più».7 In tutto il mondo antico, nella mente delle persone la medicina ha raccolto in sé ogni sorta di connotazione magica e «la farmacopea cinese Rh-Ya, compilata nel xv secolo a.C. contiene i primi riferimenti alla cannabis per scopi sciamanici».8 Gli sciamani cinesi dell’antichità rappresentavano simbolicamente la loro conoscenza dei poteri magici della cannabis intagliando serpenti nel fusto secco della pianta, e la usavano come bacchetta magica nelle cerimonie di guarigione. Con riferimento allo sciamanesimo è importante osservare che nell’antica Cina l’uso dei fiori e delle foglie della cannabis non era limitato alla sola medicina, dal momento che «nell’antica Cina [...] la medicina trovava la sua origine nella magia. Gli uomini medicina erano maghi praticanti».9 Il leggendario imperatore Shen Nung (attorno al 2000 a.C.), riferendosi alla cannabis disse: «Se presa per un lungo periodo, consente di comunicare con gli spiriti e alleggerire il proprio corpo».10 A tal proposito è interessante notare che l’ideogramma della canapa, Ma, in combinazione con altri caratteri appare negli ideogrammi con una connotazione sovrannaturale, come con Mo, che vuol dire “diavolo”. Questo dà chiara indicazione di quanto la stregoneria cinese fosse a conoscenza della cannabis e della lunga storia del suo utilizzo. «In questi primi periodi, l’uso della cannabis come allucinogeno era indubitabilmente associato allo sciamanesimo cinese».11 Questa relazione sciamanica con la cannabis è durata alcuni secoli e si è poi infiltrata nel tardo taoismo, ma senza 62
destare alcuna sorpresa dato che «la tecnica taoista dell’estasi ha un’origine e una struttura sciamanica».12 L’uso magico della cannabis non era limitato al fumarla. Nel Chen Kao, «Yang Hsi descrive [...] la sua personale esperienza usando il Chu Shen Wan (pillola che rende immortali) contenente molta canapa».13 Un prete taoista, scrivendo nel v secolo a.C. riguardo alle cime di cannabis con semi, notava che: «i maghi (shu chia) dicono che se si consumano con ginseng daranno una conoscenza soprannaturale degli eventi futuri». Secondo Needham: «Si potrebbe aggiungere un buon esempio del vi secolo d.C. dal Wu Tsang Ching (Manuale delle Cinque Viscere): “Se desideri ordinare ad apparizioni demoniache di presentarsi dovresti costantemente mangiare le infiorescenze della pianta di canapa”».14 Lo scienziato inglese, storico e sinologo Joseph Needham spiega che la cannabis è stata uno degli elementi che hanno dato origine alla filosofia taoista: «La catena di eventi che portarono alla fondazione del Mao Shan [...] come primo centro permanente importante di pratica taoista iniziò nel 349 d.C. o poco prima, con la visita di esseri immortali a un giovane chiamato Yang His. [...] In una serie di visioni, apparve a Yang un autentico pantheon di funzionari celesti, inclusa lady Wei [...] e i Mao (fratelli). [...] Nel corso di questi incontri, favoriti quasi certamente dalla cannabis, Yang cominciò a scrivere una serie di testi sacri che gli immortali assicuravano essere di uso corrente nel loro mondo sovrannaturale, e che contenevano delucidazioni orali e risposte alle domande di Yang riguardo vari aspetti del mondo invisibile. Fece tesoro di questi scritti e li diffuse come base per una nuova fede taoista, più elevata rispetto alle “volgari” sette di quel tempo».15
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Capitolo 4
I PRINCIPI FONDAMENTALI GUIDA PRATICA PER LAVORARE CON LA CANNABIS COME ALLEATO SPIRITUALE Stephen Gray
Principi del lavoro spirituale «Si può usare la cannabis non come un fine in sé ma come sacramento, come uno strumento sacro per aiutarti a fare esperienza della realtà. La cannabis ti apre e ti lascia compassionevole». Stephen Gaskin, Cannabis Spirituality
Lavorare con la cannabis può essere difficile. Per molte persone, forse per la maggior parte di noi, c’è una vera e propria curva di apprendimento per comprendere come beneficiare al meglio della pianta nella sua veste di alleato spirituale. I benefici spirituali che essa può offrire, sia a breve che a lungo termine, sono infatti influenzati da un certo numero di fattori: il dosaggio, la varietà, la frequenza dell’uso, l’attitudine verso la pianta, lo stato mentale e fisico della persona al momento dell’incontro, il contesto specifico e, forse la cosa più importante, la capacità
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di acquietare la mente discorsiva e di raggiungere momenti di tranquillità interiore. Alcuni insegnamenti provenienti da tradizioni spirituali potrebbero rivelarsi di grande aiuto nell’individuazione di un punto di partenza, di una base per svolgere un lavoro con la cannabis che dia benefici spirituali: insegnamenti, ad esempio, su come indirizzare al meglio i nostri pensieri e intenzioni tanto nelle pratiche cerimoniali quanto nella nostra quotidianità. Un modo semplice per esprimere questo tipo di insegnamento sarebbe dire che noi creiamo la nostra realtà, ma questo principio è sfuggente. Del resto, abbiamo interiorizzato la quasi totalità delle “configurazioni” del nostro personale sistema operativo prima ancora di essere in grado di capire che cosa stessimo “caricando”; talune di esse, peraltro, potrebbero persino provenire da precedenti incarnazioni. Ne consegue che tendiamo a essere guidati da narrazioni e convinzioni che operano al di sotto della linea della nostra consapevolezza. I grandi insegnamenti affermano che portare in superficie, alla luce della consapevolezza, queste pulsioni – quel materiale inconscio che i buddhisti chiamano samsara, ossia la mente confusa dell’ego conflittuale e non guarito – ci permette di imparare a funzionare e a procedere con abilità e grazia, come esseri autentici e risvegliati.
Intenzione ed effetto chiarificatore/amplificante Potreste chiedervi, a questo punto, cos’abbia a che fare tutto questo con l’erba sacra quale alleato nel risveglio. Il punto è che, quando incontriamo la cannabis con un’intenzione chiara e in uno stato di centratura, la sua capacità chiarificatrice e di amplificazione può fare luce sulle illusioni che ancora coltiviamo e nel contempo esortarci a lasciarci andare a uno stato di presenza più profondo e rilassato e con il cuore aperto: 94
una forma di presenza più onesta e più vera. Come accade con altre medicine enteogene, la cannabis può condurre a una condizione di attenzione cosciente e consapevolezza meditativa intensificata ed elevata. Nel prossimo capitolo avrò modo di descrivere dettagliatamente le pratiche e gli approcci che possono rivelarsi di ausilio nell’incoraggiare questo processo di “risveglio alla realtà”. A tal fine, l’intenzione è un punto di partenza chiave. In un ambiente cerimoniale realmente efficace, come ad esempio quello dei culti dei nativi americani, le medicine enteogene possono potenziare in modo straordinario la manifestazione di un’intenzione e a suo modo, se usata abilmente, può farlo anche la cannabis. Oltre alla sua capacità chiarificatrice, un po’ tipo “siero della verità”, allorché si riesca a mantenere un certo grado di presenza in assenza di pensieri, la cannabis può infatti aiutarci ad ammorbidire la nostra corazza interiore e ad aprire il cuore alla compassione: d’altronde, le intenzioni basate sull’amore hanno una possibilità di manifestarsi molto più ampia delle altre.
Cannabis e organismo fisico «L’energia fisica deve essere padroneggiata e radicata
per muovere l’energia spirituale, perché l’energia fisica trasforma lo spirito». Teilhard de Chardin
Oltre alle sue caratteristiche di strumento di chiarificazione e amplificazione, la cannabis lavora in modo diretto anche sull’organismo fisico, e Joan Bello lo ha descritto chiaramente sottolineando che è tutto parte della stessa attività della pianta. Il sangue nuovo e ricco di ossigeno che scorre fino alle estremità agisce sulla mente e sul corpo. 95
L’espansione e il rilascio che la cannabis può potenziare sono probabilmente una componente significativa delle sue sempre più note capacità curative. Ancora una volta tutto è interconnesso e sempre più persone si stanno rendendo conto che la guarigione fisica e quella spirituale sono inseparabili. L’equilibrio carico – come lo chiama Joan Bello – e l’allentamento della rigidità muscolare attivato dalla cannabis quando siamo presenti con essa, sono un processo di risveglio spirituale. Quando è energizzato e allo stesso tempo rilassato, il corpo si sente bene; e quando il corpo si sente bene aumenta il benessere, e con esso anche la gioia. Non deve quindi stupire che a volte la cannabis venga descritta come sostanza euforizzante. Quando la mente e il corpo sono sincronizzati, ci si sente bene: e sentirsi bene, coscienti e connessi con il proprio cuore è spirituale.
Graduale diminuzione della morsa dell’Io Così come accade per altri enteogeni, è possibile che il beneficio spirituale della cannabis maggiormente significativo non sia tanto l’esperienza immediata di elevazione quanto ciò che viene imparato e fatto proprio – in altre parole, integrato – nella vita quotidiana. Nell’acquisire familiarità con uno stato di benessere nel senso più ampio del termine, ci alleniamo a riconoscerlo, e quindi a sintonizzarci con esso e a rimanere presenti anche nei momenti successivi alla meditazione. L’ho già accennato più volte e ne parlerò in modo più approfondito affrontando il tema delle pratiche e degli approcci, ma vorrei ribadire che, in linea di massima, più a lungo si lascia dissolvere la mente discorsiva, più si può fare esperienza diretta dei benefici curativi e di catarsi per la mente e il corpo. Minore è l’enfasi sull’Io, maggiore è l’azione che la cannabis può svolgere. Questa è una pratica continua, un “senso acquisito”. Ad eccezione di alcune rare ed estreme circostanze della vita, il proces96
so di riallineamento e riequilibrio necessita di un tempo piuttosto lungo perché è solo lentamente e per gradi che riusciamo a liberarci dai vecchi schemi e dalle antiche ferite, e a spostare la nostra fiducia e la nostra sicurezza dall’atteggiamento autoprotettivo di un ego sempre in lotta all’armonioso fluire di un cuore saggio e risvegliato. Come si dice negli insegnamenti dell’ayahuasca del Santo Daime, occorrono firmeza, coragem e confiança: fermezza, coraggio e fiducia. E adesso entriamo nel vivo dei vari elementi e fattori che possono guidarci in un utilizzo della cannabis che sia ottimale per le tipologie di crescita spirituale di cui intendiamo occuparci.
Dosaggio Per quanto ad alcuni possa apparire scontato, voglio comunque chiarire che alla domanda relativa al dosaggio non esiste una risposta univoca. Suppongo che la maggior parte delle persone possa semplicemente trovarla da sé, sperimentando con intenzione. Ci sono però dei semplici e versatili suggerimenti per il “fai-da-te”, che potrebbero essere d’aiuto per trovare il dosaggio più efficace rispetto ai tipi di lavoro spirituale di cui parliamo in questo libro. Come considerazione di partenza, possiamo dire che le dosi ottimali sono determinate da quanta potenza si può e si vuole sperimentare: da quella che potremmo definire una “carezza gentile” a quella che chiameremmo “dose sciamanica” e in cui si lavora con energie talmente potenti da dissolvere l’ego. E sì, casomai quest’ultima affermazione vi avesse sorpreso, in determinate circostanze la cannabis è in grado di dissolvere l’ego nella presenza profonda. Le dosi più leggere probabilmente si prendono cura di sé senza bisogno di ulteriori elaborazioni. Ma se volete andare più 97
in profondità, un modo efficace è lavorare sul filo del limite, un po’ come quando nell’hatha yoga si lavora sul punto di confine tra comfort e dolore che si sperimenta sforzando sino al limite un’asana. (Oppure... potreste gettare dalla finestra ogni precauzione e seguire l’opinabile consiglio di Terence McKenna, esagerando e fumando così tanto in una volta sola, in silenzio e completa solitudine, da ritrovarvi a pensare: «Mio Dio, ne ho davvero presa troppa!») Vi sono alcuni segnali del fatto che potreste aver superato il confine ottimale o che, almeno in quel momento, non state lavorando in modo efficace con l’energia della medicina: questi segnali si manifestano come vertigini, nausea e un più o meno improvviso e inaspettato sfinimento, oppure nella forma di altri sintomi fisicamente stressanti o molesti. Può anche darsi che i vostri pensieri riempiano compulsivamente tutto lo spazio mentale disponibile, al punto da sembrarvi impossibile il riuscire a stare senza pensare anche per un solo istante, o magari può accadere che sprofondiate in uno stato negativo o paranoide. Sul punto, però, voglio essere molto chiaro: nel caso in cui doveste sperimentare uno di questi sintomi, non è detto che sia necessariamente perché avete ecceduto nel dosaggio, esagerando rispetto alle vostre possibilità di quel momento. Questi sintomi, infatti, spesso e volentieri possono essere risolti semplicemente applicando le tecniche e seguendo i consigli indicati in questo libro, specialmente nel capitolo 5, dedicato alle pratiche. Intenzioni differenti comportano dosaggi e varietà altrettanto differenti, anche se per adesso preferisco tralasciare il discorso relativo alle diverse varietà. Per esempio, una dose più leggera potrebbe essere più efficace per alcuni tipi di lavoro creativo. Il leggendario musicista Neil Young, che ha detto di aver scritto molte delle sue meravigliose canzoni sotto l’influenza della cannabis, riferendosi a una varietà particolarmente forte di cui stava facendo uso in quel periodo ha dichiarato: «Se ne fumi un po’, scrivi una canzone. Se ne fumi troppa, allora sei fritto».1 98
D’altra parte, se la vostra intenzione è quella di esplorare spazi più profondi in uno stato maggiormente meditativo, e non avete bisogno di fare appello più di tanto alle parti pensanti del cervello, una certa limitazione delle funzioni cerebrali potrebbe non essere un problema, e quindi il dosaggio potrebbe essere più forte. In questi stati, infatti, l’attenzione è focalizzata sul sentire e sull’aprirsi alla presenza di una consapevolezza senza pensieri. In ogni caso si può applicare un’equazione semplice, generale e flessibile. C’è infatti una relazione inversa tra dosaggio e attività. Più forte è la dose, meno si avrà voglia di fare e viceversa. Inoltre, sulla questione della gestione dei gradi di potenza, un modo per iniziare un’esplorazione più profonda è quello di trovare il punto giusto, con un dosaggio forte abbastanza da fare qualche lavoro di rilascio e chiarificazione, ma non al punto da non rimanere anche rilassati e il più possibile liberi dal controllo della mente compulsiva e indaffarata. Una via breve per sintetizzare questo concetto è farsi la seguente domanda: «Con che dosaggio – si legga “intensità dell’effetto” – sono ancora in grado di condurre la mia mente, di restare dove sono?»
Iniziare con poco Un suggerimento generale, diretto in special modo a coloro che hanno poca familiarità con la pianta o che sono molto sensibili ai cambiamenti di coscienza, è quello di iniziare, ove non ci si senta sicuri, soltanto con un tiro, cominciando a lavorare da qui; la dose, peraltro, può essere successivamente regolata anche nel corso della stessa sessione. Come vedremo meglio più avanti, nell’arco di una decina di minuti dovreste essere in grado di valutare in modo affidabile la vostra reazione e quindi fare un altro tiro. In una singola sessione, iniziare con una dose molto leggera e incrementarla gradualmente è il modo in cui esploratori 99
responsabili e coraggiosi come il leggendario chimico Alexander Shulgin (riscopritore e promotore dell’efficacia terapeutica dell’mdma) biodosano ogni nuova combinazione chimica psicoattiva. Inizialmente ne prendono una dose minima, per poi aumentare il dosaggio di volta in volta, monitorando attentamente gli effetti. Quello che segue è un semplice – e ovviamente adattabile – elenco di suggerimenti e consigli per questo tipo di esplorazioni. In primo luogo, se avete la possibilità di procurarvi delle buone e diversificate varietà della pianta e di rifornirvene in modo continuativo, come nel caso in cui possiate rivolgervi a un dispensario,2 è molto utile dedicare del tempo alla sperimentazione delle diverse varietà fino a trovarne una (o più) che, da sola o in combinazione, fa al caso vostro. Ogni volta che se ne prova una nuova sarebbe opportuno iniziare con poco; quando dico “poco” intendo una generosa inalazione se il thc contenuto è alto, oppure un tiro più moderato se si è particolarmente sensibili e/o non si ha molta esperienza con la pianta. A quel punto possiamo sentire cosa accade, restando seduti in silenzio per qualche momento oppure utilizzando qualche altra semplice tecnica che ci aiuti a stare più a nostro agio nella quiete interiore. Questo momento potrebbe durare all’incirca una decina di minuti, dopodiché dovremmo iniziare ad avere una chiara percezione della facilità con cui, sulla base di quel dosaggio, riusciamo a restare seduti con la mente più o meno tranquilla. La quiete dei propri pensieri tende ad andare di pari passo con il rilassamento profondo del corpo. Se vi sentite a vostro agio potete fare un altro tiro o due e poi ripetere il processo, oppure prendere accuratamente nota del dosaggio e incrementarlo un po’ la volta successiva. È un metodo forse poco raffinato, ma assolutamente efficace come orientamento generale. Prima di andare avanti, però, vorrei spendere due parole su un particolare aspetto della questione: in questo libro si farà riferimento più volte alla sfida che comporta l’arrendersi alla 100
quiete con la cannabis. Per adesso vi anticipo soltanto che per la maggior parte delle persone – me incluso – questo è il modo più difficile per incontrare la pianta e proprio per tale ragione potrebbe anche rappresentare il suo più grande potenziale di risveglio a una realtà incondizionata. Nel prosieguo avremo modo di approfondire questo aspetto, mentre ora torniamo al discorso relativo alle varietà. Nella mia esperienza, il picco più acuto della cannabis inalata di solito inizia a diminuire gradualmente dopo circa un’ora, eventualmente un po’ prima o un po’ dopo. Se si fa un secondo tiro dopo più o meno dieci minuti, e il terzo all’incirca dopo mezz’ora, i loro effetti si sommeranno. Se viene fatto da un’ora fino a un’ora e mezza dopo, trovo che quell’ulteriore tiro può intensificare il mio stato, ma di solito non incrementa il livello di intensità tanto quanto farlo nei primi dieci o trenta minuti. Ecco perché è davvero d’aiuto avere stabilito una varietà o una combinazione che paia buona, che abbia abbastanza “elevazione” per rendervi lucidi, chiari e rilassati nel corpo senza sentirvi eccessivamente storditi o senza forze fisiche. Quando si usa lo stesso materiale ogni volta, si impara velocemente il suo potenziale e si è in grado di predire in modo sicuro gli effetti di ogni particolare dosaggio. Questa è una buona base per cercare il proprio percorso. Durante il viaggio, quando si è attivi e la mente pensante è occupata, potreste percepire gli effetti come molto più moderati rispetto al caso in cui vi sediate tranquilli, evitando il traffico mentale e respirando nello spazio che la cannabis apre. In questo modo anche un solo bel tiro di una cannabis forte come quelle di oggi può essere molto intenso. Le persone che non hanno mai provato a dare alla forza della cannabis uno spazio come questo, senza cioè saltare immediatamente nei pensieri o in attività, sono a volte scioccate dall’inaspettato potere della pianta a loro così familiare. E se siete particolarmente sensibili al sistema corpo-mente, anche un solo tiro può portarvi in profondità. 101
Un antidoto, nel caso andaste troppo in là Se è stata presa una dose più alta del dovuto, si potrebbero vivere stati di paura e di paranoia, la sua maligna compagna; sintomi tipo attacchi di panico, idee selvagge e confuse o disturbi fisici come vertigini e nausea. Il mio medico di famiglia dice che spesso riceve persone in uno stato di angoscia dovuto a sintomi indotti da un eccesso di cannabis. Alcuni la chiamano overdose, dando credito al consiglio di conoscere il materiale e la propria personale capacità, e di arrivare a dosi più forti gradualmente. Ho visto alcune volte queste manifestazioni e appare chiaro che tali reazioni sono per lo più le ripercussioni del sentire minacciato il nostro nucleo del sé, non essendo in grado di avere fiducia e arrendersi all’espansione. Così come per le pratiche di meditazione per lo sviluppo dell’attenzione di base, se si è nella mente non si è nel presente. Di solito non è una grande preoccupazione nella regolare pratica di meditazione, in cui si può riconoscere che si sta pensando e tornare al respiro, alla mera attenzione. Ma con la potente amplificazione sensoriale della cannabis, questa può essere una sfida. Per attraversare esperienze difficoltose il miglior rimedio è respirare, continuare a rilasciare pensieri, sentire il proprio corpo e lasciarsi andare, espirando completamente più volte. Ci potrebbe volere del tempo, ma le esperienze difficoltose passeranno velocemente, specialmente se – come dicevamo nella mia comunità buddhista – non le rendi solide e crei una narrativa drammaticamente problematica. In altre parole, e questo è importante, non si può uscire dai guai pensando. Al contrario, lavorate con l’energia come descritto in questo libro e impiegate ogni altra pratica, tecnica o trucco che funzioni per voi. Un’informazione che alcuni potrebbero trovare utile è sapere che la cannabis ha l’effetto – più o meno immediato se inalata – di incrementare leggermente il battito del cuore. Allo stesso tempo, a volte può arrivare una forte apertura e un processo di 102
dissoluzione che possono portare a un eccitamento psicologico e perfino a una reazione di paura. Questo può aumentare ancora di più il battito cardiaco, così come il nostro cuore accelera in qualsiasi situazione di eccitazione o paura. Ciò è comune con l’uso della cannabis e non c’è nulla di cui preoccuparsi. Eccetto forse per le persone che sono predisposte a soffrire di problemi di cuore, la linea guida da utilizzare per questo fenomeno è una presenza non giudicante. L’aumento del flusso sanguigno e l’azione pompante del cuore tendono molto presto a tornare gradualmente alla normalità, forse dai quindici ai trenta minuti dopo l’inalazione. Quando si tenta di cavalcare una forte energia, può essere d’aiuto anche muoversi un po’: alzarsi, stirarsi, aprire una finestra per far entrare aria fresca, mettere della musica con cui muoversi oppure un ritmo lento su cui ballare, avere un compagno che ci faccia un bel massaggio mentre seguiamo il respiro, provare a uscire dalla propria testa e così via. L’erborista Brigitte Mars ha alcune idee ulteriori per mitigare gli effetti poco piacevoli di quella che lei chiama “overdose da marijuana”. Suggerisce di bere caffè, tè di basilico o limonata, tenere in mano un cristallo di ametista, mangiare cibi ricchi di proteine o fare una doccia fredda.3 Non so nulla sull’efficacia di questi rimedi, ma li riporto in caso funzionino. Ad ogni modo, eccetto quando la cannabis viene ingerita e gli effetti possono essere intensi per lungo tempo, quando sarete pronti e in grado di attuare qualcuno dei suoi suggerimenti, l’intensità si sarà già attenuata in modo significativo. Se la mia intenzione è di fare spazio affinché la cannabis faccia il suo lavoro in profondità, a volte mi alzo, faccio qualche lento e profondo respiro, mi muovo e ondeggio in silenzio. In questo modo tornare all’immobilità è più facile rispetto a quando ho suonato qualche nota o riempito lo spazio con della musica registrata. Un’altra tecnica utile è scrollare il corpo in modo da rilasciare le tensioni. 103
STEPHEN GRAY Stephen Gray (27 febbraio 1949) è uno scrittore, insegnante e ricercatore di materie spirituali. Le sue esperienze oltre confine, che si ritrovano come temi centrali dei suoi libri, gli hanno assicurato una posizione di assoluto riguardo tra i ricercatori nel campo della guarigione profonda. Da anni studia in modo approfondito il buddhismo tibetano, con una forte connessione con la Chiesa dei Nativi Americani, ed è interessato alla tradizione sciamanica, soprattutto quella che riguarda l’ayahuasca amazzonica. Ha lavorato a lungo con le medicine enteogene e ha partecipato, come organizzatore e relatore, a diverse conferenze e workshop. Fotografo e compositore part-time con il nome d’arte Keary, vive a Vancouver, nella British Columbia. www.cannabisandspirituality.com www.stephengrayvision.com