Corrado Malanga - Il Mondo Felice

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Corrado Malanga

IL MONDO FELICE Un viaggio verso i luoghi della Coscienza

SPAZIO INTERIORE


Corrado Malanga Il Mondo Felice. Un viaggio verso i luoghi della Coscienza © 2019 Corrado Malanga © 2019 Spazio Interiore Tutti i diritti riservati Edizioni Spazio Interiore Via Vincenzo Coronelli, 36 • 00176 Roma www.spaziointeriore.com redazione@spaziointeriore.com editing Marco Etnasi illustrazione in copertina Francesco Pipitone progetto grafico Francesco Pandolfi I edizione: febbraio 2019 ISBN 978-88- 94906-26-4 Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, archiviata o trasmessa in qualsiasi forma o attraverso qualunque mezzo, inclusi quelli elettronici, meccanici, di fotocopiatura o di registrazione, senza l’autorizzazione dell’editore. Le riflessioni, dichiarazioni e opinioni espresse sono quelle dell’autore, da lui liberamente manifestate ai sensi dell’art. 21 Cost., e non sono riconducibili né attribuibili all’editore e/o alla casa editrice. Spazio Interiore non può in alcun modo essere ritenuta responsabile per il loro contenuto, né per qualsivoglia danno, diretto o indiretto, morale o materiale, possa derivare da tali riflessioni, dichiarazioni e opinioni.


INDICE

Introduzione

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il reato di opinione

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Capitolo 1

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Capitolo 2

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Capitolo 3

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Capitolo 4

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Capitolo 5

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Capitolo 6

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egoicità, ovvero: falso senso di sé scuola ed educazione industria e società scienza e società

religioni e società

politica, democrazia e società


Capitolo 7

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Capitolo 8

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Capitolo 9

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lavoro e denaro

di cosa fare a meno

cosa non è la società del futuro Capitolo 10

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Capitolo 11

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visionari o futurologi?

la difficoltĂ della percezione


Introduzione

IL REATO DI OPINIONE

Nell’accingermi a correggere le bozze di questo testo, mi sono accorto che esso è un continuo manifestarsi di un ipotetico reato, definito di opinione. Gli argomenti trattati in questo libro, infatti, descrivono come dovrebbe essere organizzata la società futura, sulla base di canoni coscienziali e non economici o politici. Per fare ciò, è a mio avviso necessario indicare quali sono i punti della nostra società che non sono armonici con la nostra esistenza, e indicare come sostituirli con canoni comportamentali coerenti con la realtà del Cosmo. In parole povere, in questo testo, dicendo come la penso sulla società attuale, la metto inevitabilmente sotto accusa, nel tentativo di costruire, dopo l’analisi dei fatti, un modello alternativo. Tutto questo processo, se espresso a parole e reso pubblico, va sotto il nome di reato di opinione. Così si esprime il professor Alessandro Spena, associato di Diritto Penale, all’Università di Palermo: «La persistenza, nel nostro diritto penale, di norme incriminatrici di reati cosiddetti di opinione rappresenta un’aporia della quale, evidentemente, non riusciamo a liberarci. John Stuart Mill con tutta probabilità rimarrebbe sorpreso dal fatto che oggigiorno in Italia le cose non

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stiano granché diversamente da come lui, riferendosi al sistema britannico, le descriveva quasi centocinquant’anni fa. Non bruciamo più gli eretici sul rogo, è vero; ma il nostro diritto dispone ancora che si sia puniti per il fatto di avere, o per lo meno di esprimere, certe opinioni. Eppure, in un qualche senso che non c’è bisogno di precisare in questa sede, oggi non possiamo non dirci liberali, e infatti diciamo di stimare le libertà degli individui quali capisaldi del nostro sistema di valori, incarnato nella Carta costituzionale e in numerose Carte internazionali dei diritti».1 Un particolare aspetto del reato d’opinione è legato al fatto che sarebbe un reato esprimere la propria opinione quante volte essa sia lesiva dell’immagine dello Stato o di qualche sua parte. Sebbene negli ultimi anni si sia “novellata” la legge, poiché sostanzialmente sotto il Fascismo era evidente che esprimersi in qualsiasi modo contro il regime sarebbe stato punito senza troppi riguardi, oggi il legislatore ha voluto dare alla libertà di pensiero più margine d’azione. Ma il problema è – e rimane – a monte, ed è se sia legittimo credere che un’opinione manifesta rappresenti un reato. Ed essa è reato, se induce altri a condividerne i contorni? E ancora, costituisce reato se può rappresentare un pericolo per lo Stato e per la sua sopravvivenza? Se ne dedurrebbe che durante qualsiasi rivoluzione si sarebbe commesso un reato d’opinione. Dunque, sostenere che in Italia non esiste – come peraltro in

1. Testo rivisto dell’intervento presentato all’incontro di studio ‘‘Le novelle penalistiche del 2006 - Legittima difesa, reati associativi politici e reati di opinione” tenutosi a Palermo il 9 maggio 2006, e organizzato dal Centro Studi Giuridici e Sociali ‘‘Cesare Terranova’’, Palermo; Dipartimento di Scienze penalistiche e criminologiche e Dipartimento di Discipline processualpenalsitiche, dell’Università di Palermo; Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali, Siracusa, e reperibile sul sito https://iris.unipa.it.

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nessun paese del mondo – la democrazia, è un reato o rimane un’opinione personale? In altre parole, si configura il reato solo quando tu non la pensi come lo Stato; ma ti si lascia pensare e dire tutto, basta che quello che dici non induca altri a capire in che mondo vivi e a prendere provvedimenti. Il semplice fatto che possa esistere un reato d’opinione ci dice che non siamo in un regime democratico ma, tutt’al più, parzialmente democratico. Un interessante aspetto da non sottovalutare di questa legiferazione è legato al suo ergersi a difesa delle apparenze. La Costituzione tutela il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. In Italia, pertanto, tutti i cittadini possono esternare liberamente convinzioni, idee e opinioni di qualsiasi tipo (politiche, ideologiche, religiose, ecc.). Si tratta di una libertà fondamentale, propria di ogni Paese democratico. «Questo, però, non significa che ognuno possa dire ciò che gli pare e piace senza alcun freno. Ogni libertà è tale solo se ha dei limiti. Si pensi a chi offende pubblicamente una persona, oppure la accusa ingiustamente di un reato: nel primo caso si tratterebbe di diffamazione, nel secondo di calunnia, entrambe punite dal codice penale».2 Quest’ultima frase si presta alla seguente interpretazione: se un ladro ti ruba la borsa e tu gli corri dietro urlandogli «Ladro! Ladro!», il tuo grido rappresenta la segnalazione di un reato che è realmente accaduto, e allora non succede niente; ma se il giudice volesse ritenere che la parola “ladro” rappresenta un’offesa pubblica, allora potresti andare in galera tu e non il ladro, che ti potrebbe accusare di essere stato vilipeso e diffamato. Se tu dai del cretino a un essere umano che non lo è, si tratta di reato; ma se tu dai del cretino a un vero cretino? Ecco che qui 2. M. Acquaviva, Reati d'opinione cosa sono, su www.laleggeugualepertutti.it del 27 gennaio 2018.

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si scopre che siccome non esiste praticamente nessun sistema per misurare la cretinaggine di un qualsiasi soggetto, la tua pur lecita opinione viene condannata. Non solo non puoi dire quello che pensi, ma non lo puoi dire neanche se è la realtà palese. Siccome esiste la libertà totale di pensiero, ma non esiste la libertà altrettanto totale di manifestare il pensiero con parole e atti, ecco che il legislatore si trova di fronte alla seguente forma di applicabilità della legge, dichiarando: «Puoi pensare quello che vuoi ma non lo puoi dire, perché potresti commettere un reato». Dunque, se lo Stato commettesse dei crimini e tu te ne accorgessi, non lo potresti segnalare a nessuno, divenendo de facto colluso con esso: saresti cioè un bravo cittadino per la legge dello Stato. Ciò accade sostanzialmente perché il vero significato di “democrazia” è legato all’assenza di un potere governativo. L’unica vera forma di democrazia è quella in cui, nella nostra società, ognuno di noi è padrone e responsabile di se stesso e non esistono limitazioni di sorta che regolino il comportamento umano. Il fare, senza limiti, quello che ci pare è legato al concetto di coscienza e all’idea che tutti facciamo parte della stessa coscienza. Tale approccio rende impossibile qualsiasi azione contro terzi perché sarebbe un’azione contro se stessi. Ecco di cosa parleremo in questo libro, nel tentativo di tracciare delle indicazioni per la costruzione di un vero Mondo Felice: ma nello scriverlo, ho detto ciò che penso della società di oggi e quindi ho commesso più di un delitto di opinione. Io infatti sostengo che in un mondo fintamente duale non esistono i buoni e i cattivi, gli onesti e i disonesti, ma solamente i non consapevoli di sé; questi rappresentano la maggioranza della popolazione italiana, che siano persone di destra o di sinistra, che appartengano al popolo o alla classe dirigente. Vorrei avvertire il lettore che potrebbe essere punito dalla legge vigente solo perché ha acquistato e ha fra le mani questo libro.

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Capitolo 1

EGOICITÀ, OVVERO: FALSO SENSO DI SÉ

Ho scritto questo libro dopo ripetute richieste e alla fine mi sono fatto convincere che, tutto sommato, queste righe avrebbero potuto portare un contributo non solo filosofico ma anche pratico alla realizzazione di una migliore società umana. In realtà non voglio fare un discorso unicamente filosofico perché esso apparirebbe a molti decisamente intangibile. Vorrei invece suscitare l’interesse del lettore verso le curiose analogie che legano il Mito della Creazione con le nuove frontiere della Fisica Quantistica, colorando il quadro che ne viene fuori con gli aspetti più interessanti del pensiero filosofico contemporaneo. La filosofia e la fisica, da tempo, vanno sotto braccio l’una dell’altra, come sottolineato da Fritjof Capra con il suo libro Il Tao della Fisica, nell’ormai lontano 1982.3 Il fatto che la società moderna viva un periodo schizofrenico, come scrive James Hillman in Re-visione della psicologia,4 è sotto gli occhi di tutti, ma sembra che quasi nessuno faccia sostanzialmente nulla per modificare lo stato delle cose.

3. F. Capra, Il Tao della Fisica, Adelphi 1989. 4. J. Hillman in Re-visione della psicologia, Adelphi 1992.

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L’analisi della situazione attuale che cerco di tracciare in queste pagine è essenziale per comprendere quali punti di questa società debbano essere modificati, qualora si volesse progredire verso il modello di società futura che io definisco con il termine “Mondo Felice”. Innanzitutto Hillman definisce la nostra società come schizofrenica, cioè dicotomizzata in tutti i suoi comportamenti. Si vuole ottenere un risultato: tutti sono d’accordo che quello sarà l’obiettivo e tutti sembrano muoversi nella direzione opposta. I problemi legati alla politica, all’inquinamento globale, alla ricchezza, disponibilità e conservazione delle risorse, giorno dopo giorno, diventano così più pesanti e sempre meno risolvibili. Quindi ci dobbiamo chiedere: a chi giova tutto questo? Perché se tutto questo non giova a nessuno, allora non si vede perché non si riesca a piegare la barra della nostra nave nella direzione corretta per la costruzione di un mondo armonico. Scopriremo così che se si fanno dei modesti ragionamenti, si comprende immediatamente cui prodest tutto ciò. Di conseguenza, se qualcuno volesse modificare il proprio stato e decidesse di vivere in una società armonica, dopo aver letto questo libro non potrà più dire che non sapeva come fare, perché in queste righe abbiamo la presunzione di spiegarglielo. Ovviamente si tratta della mia visione del mio Mondo Felice ed è immediatamente facile accorgersi che questa visione varia da soggetto a soggetto, in conformità della propria consapevolezza di sé. Dunque, per conferire una certa validità a tutto il discorso, dovremo prima di tutto dare alcune definizioni, in particolare di cosa siano la consapevolezza e la coscienza, di come queste due cose siano legate alla creazione dell’universo e di come quest’ultimo sia fatto. Innanzitutto il significato che io do alla parola “Felice”, nel contesto dell’espressione “Mondo Felice”, è il seguente: il Mondo

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Felice è quella società in cui ognuno è responsabile di se stesso, e qui l’aggettivo “felice” non vuol dire vivere tutti i giorni con il sorriso sulle labbra, ma vivere tutti i giorni in modo armonico. Raggiungere l’obiettivo di essere, ognuno per se stesso, il proprio indiscusso padrone, prevede di fare un’introspezione mirata alla comprensione del Chi Siamo e del Perché Siamo Qui. A queste due domande – concentrate nella frase di Shakespeare «To be or not to be, this is the question» erroneamente o troppo leggermente tradotta con la frase italiana «Essere o non essere: questo è il problema» – daremo un significato più profondo. Io avrei tradotto più propriamente la frase in quest’altro modo: «Esistere o non esistere, questo è il vero problema», e in questo capitolo vedremo il perché. Prima di addentrarci nei meandri della maniera in cui possiamo descrivere la società moderna e del modo in cui modificarla, dobbiamo comprendere com’è costruito l’universo secondo le nuove e attuali teorie dell’astrofisica e della quantistica. Quello che dirò nelle righe seguenti è un’accurata descrizione dell’universo, sulla base dei lavori scientifici recentemente pubblicati su riviste internazionali: dunque, anche il lettore più informato potrebbe non averne mai sentito parlare.5 L’universo è un ologramma frattalico piatto, estruso sull’asse delle energie. Ciò vuole semplicemente dire che il nostro cervello, che secondo le teorie moderne viene descritto come un lettore di ologrammi,6 crede di percepire uno spazio e un tempo, ma in realtà, attraverso il suo meccanismo interno, reinterpreta gli stimoli 5. C. Malanga, Evideon, Spazio Interiore 2013; www.corradomalangaexperience.com. 6. K.H. Pribram, The Form Whithin. My Point of View, Prospecta Press 2013.

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esterni come se vivessimo realmente in uno spazio-tempo tridimensionale. Invero, il passato e il futuro collassano nel presente e il qui e il lì non esistono, ma tutto l’universo sarebbe racchiuso in un puntino, che al massimo avrebbe le dimensioni dello spazio e del tempo di Planck, cioè 10-33 cm e 10-44 sec. Il piano spazio-temporale subirebbe delle oscillazioni continue, dovute alla modificazione dell’asse delle energie, che darebbe la forma solida e tridimensionale agli oggetti che percepiamo. Il tutto praticamente funzionerebbe come le mappe di Google con l’opzione 3d, che rendono i palazzi veramente percepibili come se l’immagine originaria dal satellite divenisse tridimensionale. A complicarci la vita, peraltro, ci sono i lavori di fisica quantistica moderna che traggono delle interessanti conclusioni. La quantistica conclude dicendo che noi stessi siamo i creatori degli esperimenti che facciamo, e ne creiamo anche il risultato finale. Inoltre, sembra proprio che il nostro universo sia descrivibile con la matematica. Dunque l’universo frattalico è un universo fatto con un solo mattoncino: e con esso si costruisce tutto l’ologramma. È evidente che, almeno finora, tutte le nostre percezioni avrebbero preso una grossa cantonata se le cose stessero così. Se l’universo è un frattale costruito con un solo mattone, anche tutti gli eventi che vi accadono sono di natura frattalica; e dunque, anche il comportamento delle persone seguirebbe le stesse regole del comportamento degli elettroni in un atomo. Così in alto così egualmente in basso, così nel grande e così nel piccolo. La società si muoverebbe su schemi frattalici determinabili, identificabili; ed è per questo che prima di modificare l’assetto della società odierna dobbiamo capire se per caso questa teoria possa da noi essere utilizzata per l’ottenimento di un Mondo Felice.

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Capitolo 6

POLITICA, DEMOCRAZIA E SOCIETÀ

Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, da un punto di vista prettamente tecnico la politica può rappresentare una sorta di insieme di movimenti religiosi che si chiamano partiti. In queste righe analizzeremo a fondo cosa in realtà sia la politica, come oggi venga gestita e come liberarsene attivamente per arrivare a ottenere un Mondo Felice dove di essa non ve ne sia più traccia. I cittadini italiani credono di vivere in un contesto democratico, ma sanno a malapena cosa significhi democrazia e non hanno mai letto la nostra Costituzione. Vedono la televisione e credono ciecamente a quelle immagini, accompagnate da parole che sovente sono solamente suoni inarticolati che danno del mondo una versione totalmente avulsa dalla realtà. Ma la televisione fa bene il suo lavoro e soprattutto, contando di avere di fronte un popolo di non consapevoli, presenta a questi ultimi una versione della realtà che è molto lontana da quello che in poche righe messe per iscritto può essere facilmente smontato. Partiamo dall’osservazione che i cittadini italiani non sono affatto contenti dei loro governanti. Questo lo si vede per esempio durante le manifestazioni pubbliche, dove i nostri politici, ministri e presidenti si espongono al pubblico: in quei momenti si teme sempre per la loro vita, il popolo viene tenuto alla larga,

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viene transennato e mantenuto a distanza, e solo raramente, e per fini propagandistici elettorali, qualcuno di loro si fa vedere mescolato alla folla a stringere mani e prendere consensi. Questi finti bagni di folla, però, sono sempre costruiti a tavolino in precedenza: si fanno avvicinare solo persone fidate, quasi mai si lascia al caso la possibilità che qualche elettore non conosciuto riesca a stringere la mano al suo leader politico. È nota la cattiva usanza di alcune reti televisive di ingannare sapientemente il pubblico mostrandogli non la realtà della piazza ma solo abili montaggi, dove al posto di un luogo semideserto vengono fatte vedere folle applaudenti e in visibilio del tutto inesistenti, ricostruite ad arte attraverso abili remake del filmato originale. Non si deve credere che tutto ciò accada in buona fede: semplicemente, si deve far credere alla gente, attraverso false informazioni dei mass media, che i nostri leader sono benvoluti dal popolo che li avrebbe eletti democraticamente. Si assiste così da dietro le quinte a patetiche scene in cui il leader di turno saluta, o finge di salutare, una folla che non esiste e della cui inesistenza egli non può non rendersi conto. Ma che bisogno c’è di tutta questa messa in scena se i nostri leader li abbiamo eletti noi con il nostro consenso elettorale? Tecnicamente dovrebbero essere i nostri rappresentanti, i nostri eroi della Repubblica e non si capisce perché la folla, quando è realmente presente a certe convention, venga invece tenuta a distanza dalla polizia per paura che il loro leader politico venga raggiunto e probabilmente coperto di insulti, se non picchiato brutalmente. Come si può notare c’è qualcosa che non torna. Quello che accade nelle grandi manifestazioni di piazza è esattamente il contrario di quello che dovrebbe essere, e non solo nei casi in cui le manifestazioni vengono disertate dalla folla, ma

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anche in quelle in cui ci sono milioni di persone in piazza. In quel contesto ciò che avviene è che la folla si riunisce spontaneamente per appoggiare transpartiticamente un’idea democratica, qualunque essa sia, testimoniando le proprie idee con un atto di presenza. In quell’occasione ecco spuntare i politici, che si mettono davanti ai cortei per mostrare che l’iniziativa viene da loro. In realtà in quelle occasioni i politici di turno utilizzano la folla per far credere alla gente di essere dalla parte degli elettori. Non è la gente che si mette dalla parte dei politici, ma esattamente il contrario: e ciò accade sempre ed esclusivamente per tentare di far credere agli elettori che i politici siano dalla loro parte. Insomma, i politici strumentalizzano il popolo sempre per fini elettorali, cioè per ottenere consensi. Se si osserva il telegiornale senza troppa attenzione, quello che si percepisce è che ci sono dei politici che, quali rappresentanti di una grande folla, come condottieri di un’importante battaglia per i diritti dell’uomo, guidano la nazione alla rivoluzione. Invece è la folla che non ne può più di qualche nefandezza sociale e decide di fare una manifestazione popolare: e subito ecco che le forze politiche si affiancano per non rimanere isolate dal contesto politico, tentando di impadronirsi dell’iniziativa. Ovviamente, tutto questo accade anche negli altri paesi del mondo, soprattutto in quelli in cui vige de facto una dittatura. L’idea di essere liberi cittadini in una libera nazione è una vera utopia, in qualsiasi nazione al mondo ci si trovi, ma quello che conta, al di là di tutte le tendenze politiche, è di farlo continuare a credere per evitare la rivoluzione civile. Se i cittadini di qualsiasi nazione si accorgessero di essere sempre stati presi per il naso, potrebbero, organizzati in qualche modo, intentare delle azioni per il rovesciamento del potere. Se invece gli si fa credere che siamo in democrazia e che sono proprio loro a scegliere i propri rappresentanti in parlamento, nessuna rivoluzione potrebbe essere

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ammessa, perché sarebbe non costituzionale e andrebbe contro il volere della maggioranza che ha espresso attraverso il voto il suo pensiero e la sua volontà. In questo contesto il “rito del voto” assume un significato sconcertante: siccome la volontà del popolo si è espressa attraverso un voto, ecco che la rivoluzione non si può fare. Il popolo sovrano infatti farebbe in quel contesto la rivoluzione contro se stesso e ciò sarebbe un non senso. Già, ma allora ci dobbiamo chiedere come mai la storia insegna che le rivoluzioni politiche ci sono state anche in luoghi dove la gente si esprimeva attraverso un voto. Le rivoluzioni politiche si dividono in due grandi gruppi: quelle che sono un’esigenza del popolo e quelle che sono un’esigenza di pochi. Le prime prendono vita quando il popolo non ha più da mangiare e ha difficoltà a sostentarsi perché chi comanda usa per sé tutte le risorse disponibili. Arriva un istante, detto punto di rottura, in cui chi ha utilizzato tutte le risorse per i suoi scopi si accorge di aver esagerato nel sottrarre al popolo la possibilità di sopravvivenza. In genere quello è un punto di non ritorno e non c’è più niente da fare: parte la rivoluzione, vista come il tentativo di cambiare le cose, che però non cambieranno mai, nemmeno dopo il successo della rivoluzione stessa che, cacciando gli usurpatori al potere, finirà per mettere al loro posto le stesse persone di prima che nel frattempo si sono cambiate d’abito politico. Il fenomeno del trasformismo in politica è noto a tutti ma si confonde nelle pieghe della storia. È per esempio poco chiaro a tutti come gli americani – che fanno credere di essere i detentori della Democrazia con la D maiuscola – quando vennero in Italia come “liberatori”, abbiano provveduto a mettere al governo figure fidate. In quell’istante ci si accorge che tali figure, che avrebbero potuto garantire loro il controllo del territorio, erano le stesse che avevano garantito il potere sotto il fascismo. Erano cioè coloro che, nel bene e nel male, sapevano dove mettere le mani,

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sia a livello istituzionale sia a livello gestionale per mantenere lo status quo. Così si rimettevano al potere le stesse figure politiche che sostanzialmente avevano combattuto fino a un giorno prima, ovviamente dando a intendere che questi “nuovi” governanti fossero indefessi sostenitori della democrazia. In molti casi questi insospettabili erano solo figure secondarie del potere fascista che non si erano completamente bruciate esponendosi al popolo; in altri casi si trattava di soggetti provenienti da forze di sinistra che comunque tendevano a essere disponibili a scendere a compromessi con i nostri liberatori pur di conquistare una fetta di comando del Paese. I nostri liberatori, a loro detta esportatori di democrazia nell’universo, hanno lo storico vizio di definirsi tali. Non dimentichiamoci le dichiarazioni dell’ex presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, quando asserisce che gli usa porteranno la democrazia nello spazio, durante la conquista dello stesso con i loro progetti spaziali. Gli americani hanno usato la stessa tecnica in Iraq dove, una volta cacciato Saddam Hussein, si sono preoccupati di mettere al potere, oltre alle milizie che lo combattevano, anche dei loro seguaci, unici elementi capaci di mantenere l’ordine nel paese. Dunque in Italia come in Iraq: non so se ci avevate mai pensato. Il secondo tipo di rivoluzione è quella fatta da pochi. Non è un’esigenza del popolo ma di alcune forze politiche che, essendo state escluse dal potere, desiderano riconquistarlo. Ancora una volta la gente e i suoi desiderata non vengono presi minimamente in considerazione, ma ogni rivoluzione che si rispetti deve avere l’appoggio del popolo. Ricordiamo che l’universo è un frattale olografico e che nulla si può mai fare senza la volontà della Coscienza; è necessario convincere il popolo dell’utilità di questa rivoluzione. Ma dato che il popolo in questo caso non può essere consultato, si cerca di convincerlo dopo che la rivoluzione è partita.

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Questo tipo di rivoluzione ha un nome specifico e si chiama Colpo di Stato. Chi lo compie, lo fa a sorpresa ma subito dopo mette in atto una serie di azioni dirette a dimostrare al popolo che la rivoluzione è stata fatta in suo nome e per i suoi interessi. Ovviamente la storia insegna che tali dichiarazioni sono false e tendenziose: ancora una volta si vuol far credere al popolo di essere protagonista della storia, mentre invece non lo è affatto e recita un ruolo di secondo piano, abilmente guidato da chi sa come agire per convincerlo in tal senso. Le rivoluzioni hanno successo solo se chi veramente comanda vuole che esse lo abbiano. Non conta se provengono da destra o da sinistra, se sono fatte dal popolo o da reazionari, da ricchi o da poveri, da colti o ignoranti. Questo si può facilmente constatare analizzando le diverse rivoluzioni storiche dopo molti anni, quando hanno prodotto i loro frutti: si scopre che alla fine, al potere, non è realmente cambiato nulla. Qualcuno potrà obiettare che in Italia una volta vigeva la monarchia e oggi c’è la Repubblica e che dunque è cambiato qualcosa. Ma bisogna sottolineare che non è la forma che prende il potere, o meglio, non è la forma in cui il potere appare, a fare la differenza. Il potere, qualsiasi forma prenda, è sempre lo stesso e quello che non si riesce a intendere è che esiste un potere più in alto di quello apparente, che è il vero punto di comando. Tale punto di comando tende a gestire la dualità facendo credere al cittadino che vota di essere in democrazia solo perché può esprimere un voto categorizzato da una scelta duale: destra o sinistra. Destra o sinistra, buoni e cattivi, è però un concetto duale e ci si rende conto che sopra la destra e la sinistra esiste una forza transpartitica che finanzia sia i movimenti di destra sia quelli di sinistra, così da ottenere lo strepitoso risultato di vincere sempre. A questo punto va fatta un’importante osservazione su chi gestisce la politica – i politici – che credono di far eseguire al

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popolo le loro volontà (mentre la democrazia è esattamente il contrario) e di riuscire a ingannarlo in continuazione. La necessità di essere rieletti, qualsiasi legislatura sia in vigore, qualsiasi rivoluzione venga compiuta, qualsiasi terremoto industriale o economico accada, spinge il politico a ritenere che il suo fine giustifichi qualsiasi mezzo, lecito o illecito. In realtà essi non si rendono conto di essere semplici burattini in mano a chi comanda veramente. Vengono posti in essere, fanno carriera, si distinguono, accumulano a volte ingenti capitali, solo perché qualcun altro vuole così; e nell’istante in cui essi, non comprendendo che il loro potere in realtà non è mai esistito, cercano di gestirlo a loro modo, non seguendo più le istruzioni di chi veramente comanda, vengono pian piano esautorati dal comando apparente e messi in secondo piano. Non è infatti possibile passare da ruolo di cantante sulle navi da crociera a costruttore miliardario, possedere tante reti televisive, divenire capo del Governo in pochi anni senza aver dovuto fare pesanti compromessi con associazioni mafiose e senza nemmeno rendersi conto di essere stati una marionetta in mano a chi comanda veramente; e chi comanda veramente, alla fine dei giochi, fa in modo di destituirti nello stesso modo in cui ti ha messo illo tempore al potere. Tutto ciò accade perché chi comanda muove l’ego delle persone poco consapevoli di sé, che si fanno gestire come marionette. Ma che nome ha questo potere, neanche tanto invisibile, che comanda veramente? Come al solito per vedere la virtualità bisogna averne consapevolezza, così la maggior parte della gente non vede quello che ha sotto gli occhi tutti i giorni. Il potere nel mondo è gestito da quella setta pseudo religiosa che prende il nome di massoneria. Di essa abbiamo già parlato nel capitolo dedicato alle religioni e abbiamo mostrato come abbia tutti i canoni per essere conside-

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rata tale. Massoneria in realtà è un termine abbastanza generico, che produce solo confusione riguardo alla sua definizione. In questo contesto non è nostra intenzione demonizzarla o giudicarla perché nel Mondo Felice non si ha la necessità di giudicare nessuno. Ci si limita qui a far notare come il comportamento degli affiliati a tale setta assuma sfumature che vanno contro il secondo principio della termodinamica e che sono quindi destinate a fallire, prima o poi, in modo eclatante. È evidente che il discorso duale che viene portato avanti da questo tipo di potere, che fa distinzioni tra il bene e il male, tra gli appartenenti al movimento massonico e quelli fuori dal movimento, tra chi comanda e chi non comanda come due entità sociali differenti, tra chi è razzista con gli uomini e chi con le donne, azzera totalmente qualsiasi obiettivo armonico, se mai c’è stato, nel movimento di pensiero stesso. Qual è il vero motivo per cui alcuni sentono il bisogno di affiliarsi alla massoneria? L’acquisizione della gnosi? Ma la conoscenza è di tutti e per tutti, non solo per un gruppo di autoeletti raccolti in società segrete. La realtà dei fatti è evidente; può essere condivisa o meno, ma in realtà ci si affida al potere delle logge locali solo per avere singoli vantaggi personali che nutrano il proprio ego. In massoneria si entra se si è invitati, e l’invito stesso appare un’esaltazione dell’ego del futuro adepto alla setta, che peraltro viene scelto solo perché conviene alla loggia averlo tra i propri iscritti, sempre sulla base di potenziali favoritismi personalizzati. Dunque il vero scopo della loggia è quello di scambiarsi favori personalizzati, fregandosene altamente del popolo. Quando questi favori appartengono al mondo della finanza e della politica, ecco che il movimento diviene potere. Troppi dunque sono i senatori e i deputati della nostra Repubblica che manifestano conflitti di interessi, essendo anche

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iscritti alla massoneria; ed è chiaro che nessuno di loro va a sbandierare in giro la propria appartenenza alla setta anche se lo Stato stesso ne è parte integrante, se non è la setta stessa. Dunque il potere si gestisce nel seguente modo: 1. Si costituiscono due correnti politiche fintamente differenziate. 2. Si dice che si può votare per l’una o per l’altra perché c’è la libertà di pensiero. 3. Si fa vincere a volte l’una a volte l’altra per far vedere che qualcosa al potere cambia e tenere il popolo vincolato alla speranza che qualcosa in futuro si modifichi veramente. 4. Quando le due forze politiche, fintamente differenziate, perdono di credibilità si crea un’altra forza finta, che dovrà recitare il ruolo di terza alternativa, ma che in realtà è sempre l’unica. 5. Si fa vincere a volte la terza finta corrente di pensiero che fingerà di portare la vera democrazia del popolo al potere, come accade con i cosiddetti populisti. 6. Si restaurerà alla fine del ciclo il primigenio partito che governava prima, cioè in Italia la Democrazia cristiana, dopo che i suoi esponenti, attraverso questo giro di eventi, abbiano avuto il tempo di riciclarsi, facendo dimenticare al popolo le malefatte compiute quando, tanti anni prima, erano al potere. Ecco tracciata in pochi punti la storia della politica italiana, e non solo. Sì, perché l’impronta, lo stampino, che usa il potere massonico in tutte le parti del mondo e in tutte le epoche, ha la caratteristica di essere sempre lo stesso e dunque facilmente riconoscibile una volta che lo si sia individuato attraverso un’osservazione coscienziale del sistema virtuale.

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