Corrado Malanga - Gli Ufo nella mente

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Corrado Malanga

GLI UFO NELLA MENTE

SPAZIO INTERIORE


Corrado Malanga Gli Ufo nella mente © 1998 Corrado Malanga © 2016 Spazio Interiore Tutti i diritti riservati Edizioni Spazio Interiore Via Vincenzo Coronelli, 46 • 00176 Roma Tel. 06.90160288 www.spaziointeriore.com redazione@spaziointeriore.com illustrazione in copertina Ferruccio Nobile Migliore I edizione: aprile 2016 ISBN 88-97864-82-0 csr Centro Stampa e Riproduzione, Roma


INDICE

Prefazione alla seconda edizione di Corrado Malanga . . . . . . . . . . . 9 Capitolo 1

antefatto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 Capitolo 2

gli ufo e l’evoluzione del pensiero scientifico in relazione al potere politico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

37

Capitolo 3

uova di pasqua e sorprese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

53

Capitolo 4

e finalmente comincia la storia: un caso perfetto? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Capitolo 5

il mondo onirico di valerio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

75

Capitolo 6

la prima seduta di ipnosi regressiva . . . . . . . . . .

85


Capitolo 7

una svolta inattesa nelle indagini . . . . . . . . . . . . 103 Capitolo 8

dietro l’angolo della seconda ipnosi . . . . . . . 113 Capitolo 9

abduction e scienza, ovvero: mentre galileo se la ride e valerio sogna . . . . . . . . . . . . . . . 129 Capitolo 10

fino in fondo! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145 Capitolo 11

la verità, nient’altro che la verità . . . . . . . . . . 163 Capitolo 12

l’altro incontro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171 Capitolo 13

dentro di noi c’è la verità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187 Capitolo 14

esseri alieni, falsi ricordi e dita delle mani: il bestiario si complica . . . . . . . . . . . 207 Capitolo 15

sfondiamo il muro dei ricordi! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225 Capitolo 16

usi e abusi: ma gli alieni sono buoni o cattivi? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 243


Capitolo 17

uomini o cavie? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 257 Capitolo 18

una storia fantastica? no grazie! . . . . . . . . . . . . . . . 271 conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 289 il parere dell’ipnologo di Mauro Moretti . . . . . . . . . . 291 il parere dello psicologo

di R. Bonomo, G.M. Sferrazza, P. Concerto e S. Santoro

. . . . . .

295



prefazione alla seconda edizione di Corrado Malanga

Il tango è la nostalgia per qualcosa che non è mai stato ma che avremmo voluto che fosse (A.G.B.)

Quando si comincia un’impresa, si crede sempre di sapere dove si andrà a finire ma quasi mai la meta iniziale corrisponde a quella finale. Scrissi il libro che state per leggere molti anni fa: un libro che all’epoca vendette trentacinquemila copie e che rappresentò, per l’editoria di quel tempo, una novità assoluta, in Italia e nell’Europa intera. A fronte della cieca politica commerciale delle grandi case editrici, che sovente considerano i libri solo come opportunità di guadagno e non quali strumenti di acquisizione di consapevolezza, il testo fu però rapidamente tolto dal mercato, e ciò nonostante molti chiedessero di poterlo acquisire. Forse questo libro non costituiva un best seller – cosa che, peraltro, di solito non viene decisa dal pubblico bensì dagli editori – ma fu piuttosto evidente come tale lavoro provocò, nel nostro paese, una rivoluzione nella storia dei fenomeni di abduction. “Abduction”: una strana parola che deriva dall’ormai onnipresente lingua inglese, che continua a usurpare la cultura mediterranea con termini che vorrebbero presentarsi come scientificamente migliori di altri ma che invece sovente sono solo privi di significato. In ogni caso abduction avrebbe dovuto indicare il fenomeno di “adduzione” cioè il rapimento inteso nell’accezione esogena al pianeta. 9


Gli addotti erano quegli esseri umani che affermavano di essere stati rapiti, contro la loro reale volontà, da forze esterne al pianeta. Il fenomeno era noto nel mondo anglosassone sin dagli anni Cinquanta e i primi autori che trattarono, a modo loro, questa tematica, erano sostanzialmente americani e inglesi. Tra questi ci furono Bud Hopkins, un pittore newyorkese che usava tecniche di ipnosi regressiva per far ricordare ai soggetti presunti addotti le loro esperienze, dimenticate tra le pieghe dell’inconscio. Successivamente, ebbe a occuparsene anche John Mack, psichiatra della Harvard University, pubblicando altri testi che mostravano non solo che il fenomeno adduttivo era reale ma che esso costituiva un grande trauma psicologico per chi lo subiva. Karla Turner scrisse un libro sulle adduzioni al femminile, cioè il resoconto delle esperienze, recuperate con tecniche ipnotiche, di donne addotte. David Jacobs, un professore di storia della Temple University, si era interessato a questi accadimenti e aveva pubblicato alcuni libri pieni di racconti e testimonianze. Se esistevano le adduzioni dovevano esistere anche gli addotti: e se esistevano gli addotti, che evidentemente non erano mitomani o pazzi scatenati, dovevano esistere anche gli adduttori.

Si dice il peccato ma non il peccatore In quegli anni si poteva discutere del problema adduttivo ma nessuno aveva voglia di parlare delle cause che v’erano dietro. Così, se da un lato le autorità preposte alla comprensione di questi fenomeni – e cioè lo Stato, i Militari, la Chiesa, i Servizi Sociali, la Protezione Civile, la Medicina Ufficiale, l’Accademia e il Mondo Scientifico – non volevano farsi coinvolgere, dall’altro le risposte che venivano date erano spesso prive di contenuti. Così, ecco che gli adduttori per i Servizi Segreti erano militari di fazioni segrete, mentre per la Chiesa si trattava di demo10


ni, per gli psichiatri era solo il cervello umano che faceva brutti scherzi e per i Militari si trattava di armi segrete in grado di sviluppare allucinazioni nella mente degli avversari. La cosa interessante era evidenziata dal fatto che nessuno voleva pronunciare la parola proibita: alieni. Gli alieni non possono esistere per la Chiesa poiché, per essa, oltre all’uomo esistono solo demoni e angeli. Gli alieni non esistono nemmeno per i militari, perché affermarne l’esistenza vorrebbe dire gettare nel panico l’intera popolazione dotata di divisa, all’evidenza incapace di opporsi a tecnologiche forze oscure provenienti da altri pianeti. Per i fisici, poi, non si può superare la velocità della luce e dunque tutto quello che riguarda la venuta di un alieno su questo pianeta non può esistere perché tra un pianeta abitato e l’altro esistono miliardi di chilometri: anche se si superasse la velocità della luce le distanze da coprire sarebbero sempre proibitive. Per i politici, infine, gli alieni non costituiscono un problema da risolvere perché essi non votano e dunque non sono degni di alcun interesse.

Gli ufologi Gli unici che desideravano occuparsi di questa strana fenomenologia – che allora appariva una fenomenologia di nicchia, decisamente confinata alle poche esperienze di altrettanto pochi sprovveduti – erano gli ufologi: coloro che studiavano il fenomeno degli ufo, e cioè degli oggetti volanti non identificati. Ma chi erano gli ufologi? Si trattava di un’umanità decisamente variegata: dai fanatici pseudo religiosi convinti che gli alieni fossero i nostri angeli salvatori, che in passato avevano aiutato l’uomo a risolvere alcuni problemi di sopravvivenza su questo pianeta e che oggi controllavano, dall’alto, l’evoluzione di questa specie inferiore, agli scientisti, secondo cui gli alieni erano esseri tecnologicamente superiori, da ammirare 11


Capitolo 4

e finalmente comincia la storia: un caso perfetto?

Quando uno meno se lo aspetta, ecco che accade qualcosa che gli viene in aiuto: la storia che comincia ora è una storia vera, e noi la racconteremo riportando i fatti in senso strettamente cronologico. Racconteremo tutto ciò che è successo, come è accaduto, e cosa ha provocato nel nostro io a livello di emozioni, dubbi e incertezze, ma anche di mistero e alla fine di certezze, di realtà veramente accaduta. La scelta di raccontare questa storia è dovuta ad alcune considerazioni fondamentali: da un lato l’esigenza di riferire alla comunità il risultato dei nostri studi e, dall’altro, la sensazione che certe cose che vanno al di là dell’immaginabile debbano essere raccontate, perché per chi scrive sono reali e fanno parte di un bagaglio culturale che deve essere in possesso di tutti. È infatti mia convinzione che, oggi come oggi, tenere la gente nell’ignoranza di certi fatti è una necessità di quei governi che hanno paura di perdere il proprio potere: perché è evidente che il sapere è potere! Mantenere l’opinione pubblica nell’ignoranza è dunque un mezzo per conservare certi privilegi che è “bene” che siano di pochi, in mano a pochi; noi non siamo d’accordo e lasceremo giudicare al lettore se questa storia sia vera o no. Ma resta comunque il fatto che per noi, che studiamo il fenomeno ufologico da più di venticinque anni, lo è eccome! 63


Lunedì 13 settembre 1993: incomincia la storia. Ricevo una telefonata dal dottor Pinotti, consigliere del Direttivo del cun, che mi avvisa di un articolo apparso sui giornali di Genova, «La Gazzetta» e «Il Secolo xix», in cui si dice che un certo signor Valerio Lonzi avrebbe dichiarato di aver avuto, circa dieci anni prima della data di uscita dell’articolo, un possibile contatto con un Oggetto Volante Non Identificato. Mi procuro ovviamente le notizie della stampa e, incaricato dallo stesso dott. Pinotti, mi assumo l’impegno di espletare un’indagine preliminare. Per chi non sapesse come funzionano queste cose, dirò semplicemente che tutte le volte che veniamo sollecitati a raccogliere informazioni su un evento sospettato di essere di natura ufologica, facciamo sempre un’indagine preliminare, tesa non solo a stabilire i fatti, al di là di quella che potrebbe essere la semplice segnalazione giornalistica, ma contattando di persona i testimoni, in modo da avere sempre informazioni di prima mano. In questa fase della ricerca, l’indagine preliminare non ha lo scopo di stabilire date, eventi, esistenza di tracce fisiche o quant’altro, ma ha il solo obiettivo di stabilire se valga la pena intraprendere la vera e propria indagine approfondita. Si tratta insomma di mettere in atto un filtro che ci indichi se sia il caso di investire tempo e denaro in un’indagine che ci potrebbe essere di qualche aiuto: è in questa prima fase che si deve verificare se abbiamo a che fare con un mentitore o un disonesto, ovvero – sebbene più raramente – se ci si trovi di fronte a qualcosa che ci riguarda realmente. Prendo quindi contatto con i testimoni di questa vicenda, in particolare con il signor Lonzi, e stabilisco di andare a Genova quello stesso sabato per incontrarlo. I titoli dei giornali che si occupavano di Lonzi erano come al solito sensazionalistici: «Incontro con gli ufo... Un genovese racconta la sua esperienza con gli ufo». Nelle nostre indagini, però, eravamo abituati a prendere tutto cum grano salis. Ad 64


ogni modo, il sabato successivo mi reco a Genova, dove peraltro dovevo condurre anche un’altra indagine per il Centro Ufologico Nazionale, e così mi vedo con il principale testimone della vicenda. Dalla foto apparsa sui giornali pensavo di trovarmi di fronte un signore di circa quarant’anni, del tipo giovane managermodello sempre in giacca e cravatta, mentre quello che incontro è un ragazzo di venticinque, forse ventisei anni, molto più piccolo della media, con il classico accento genovese e la tendenza alla erre moscia, iperattivo ed esperto di computer e programmazione. Mi presento, nel senso che gli dico chi sono e cosa voglio da lui; gli spiego che lavoro per il cun e che ne vorrei sapere di più della sua esperienza. A questo punto lui comincia a raccontarmi la sua storia, ma si vede benissimo che in quei giorni l’ha dovuta ripetere più e più volte: non è più naturale, ma anzi rappresenta un racconto stereotipato di ciò che forse gli è successo. Nelle sue parole non ci sono emozioni e descrive il suo vissuto in modo assolutamente passivo: «Mi è successo questo, questo e quest’altro... fine della trasmissione... voi siete gli studiosi del problema, se vi interessa studiate pure il mio caso, io sono a disposizione». L’atteggiamento dinamico del soggetto mi incuriosisce, è come se lui mi dicesse: «Io sono interessato a sapere cosa mi è realmente accaduto, ma se non ci si riesce non muore nessuno: io ho altri interessi nella vita». A questo punto del racconto del Lonzi mi sembra di intuire nel suo subconscio due pulsioni: una relativa all’esperienza, che lui ricorda in modo confuso o forse non ricorda affatto, e l’altra che tiene d’occhio il proprio “Io”. La prima riguarda la curiosità di sapere cosa gli è successo, o meglio, se gli è veramente accaduto qualcosa, e per far questo si rivolge a chi ne sa di più sul problema; la seconda invece appare rivolta a salvaguardare la sua psiche. A un certo punto, infatti, è proprio lui a dirmi: 65


«Certo che mi piacerebbe ricordare, sapere cosa mi è successo in quei quarantacinque minuti di tempo in cui ho praticamente perso conoscenza ma... se poi... l’esperienza che ho vissuto fosse per me troppo dolorosa? E se ne dovessi rimanere sconvolto?» Le ragioni di questa perplessità le vedremo subito, non appena vi avremo raccontato cosa accadde a Valerio Lonzi nell’ormai lontano 1982. E ora il racconto della storia: da questo momento in poi è Valerio che parla. «Ero un ragazzo di poco più di quindici anni e frequentavo gli scout, con i quali facevamo diversi campi. Quell’anno avevamo deciso di organizzarne uno a Reppia, in località Pian della Biscia, una regione montana tra Chiavari e Sestri Levante. Era proprio un bel posto per farci un campeggio: una zona impervia, ma con un ampio spazio fatto a gradoni per montare le tende; praticamente era l’unico punto in piano di tutta la zona che potesse permettere a tante tende, sia dei ragazzi che delle ragazze, di alloggiare senza estremo disagio. Era il penultimo giorno di campeggio quando alla sera, saranno state le 22.00, 22.10, io e i miei amici abbiamo visto una sfera, grossa come una palla di bowling, appoggiata al suolo. Questo strano oggetto, distante qualche decina di metri, catturò la nostra attenzione per il colore verde chiaro che emanava: sembrava in effetti di vetro smerigliato e si scorgeva questa luce, debole ma chiara, scaturire dall’interno. Sembrava esserci un nocciolo più luminoso all’interno, mentre, mano a mano che si raggiungeva l’esterno, la sfera di vetro smerigliato diventava meno luminescente. Io e i miei amici abbiamo puntato la torcia contro quel coso e quello si è lentamente spento, fino a sparire del tutto. Stupiti dell’accaduto ma al tempo stesso incuriositi, siamo andati sul luogo dell’avvistamento e abbiamo scorto sul terreno, proprio dove questa sfera sembrava poggiare, un’orma semisferica e profonda, dove l’erba si presentava di colore giallastro, in 66



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