Laudes Regiae

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L’estetica consiste nella ‘risonanza’ che lampeggia e che si accende creando rapporti determinati dai sensi tra gli oggetti e gli eventi che si stanno svolgendo, a cominciare da un ordine segreto all’interno della realtà. L’estetica è la luce fatta cadere su un aspetto di elementi coesistenti, ove un elemento genera il prossimo contro uno sfondo di segni in comune, lungo un percorso costituito da nessi segreti di “rimemorizzazione” per cui pensare è anche ricordare. The aesthetics consists of the ‘resonance’ flashing and lighting up which creates sense-driven relationships between the objects and the events taking place, starting from a secret order inside reality. The aesthetics is the light thrown on one aspect of coexisting elements, where one element generates the next against a backdrop of shared signs, along a pathway made up of inner, secret ‘rememorization’ links so that thinking is also remembering. Aldo Giorgio Gargani

Luana Zanella

BENVENUTE E BENVENUTI! BENVENUTE E BENVENUTI! Con Laudes Regiae di Andrea Morucchio, la sala del Caminetto del convento dei Santi Cosma e Damiano viene a nuova vita, aprendo una fase nuova della sua secolare esistenza. La scelta di ospitare questa installazione nasce in maniera non casuale all’interno della programmazione del Comune di Venezia. Innanzittutto, aggiunge il tassello di un utilizzo espositivo di qualità al mosaico di uno spazio, all’interno del quale già convivono importanti istituzioni culturali della Città, quali l’Archivio “Luigi Nono”, con esperienze di sperimentazione teatrale. Il tutto risulta essere collocato in quell’isola della Giudecca che, grazie all’impegno decennale in un ambizioso piano di recupero e riqualificazione, si sta rivelando come uno dei luoghi socialmente e culturalmente più dinamici dell’intera Città. Infine, last but not least, l’apertura di questa installazione – in parallelo all’inaugurazione della Biennale – dimostra come Venezia non possa essere considerata solo come lo straordinario palcoscenico sul quale presentare in forza della sua storia, in forma permanente o temporanea che sia, le opere più interessanti del contemporaneo, ma anche una “città del contemporaneo”, ovvero uno degli spazi urbani e metropolitani dove si producono, e l’opera di Andrea Morucchio è qui a testimoniarlo, espressioni mature e innovative dell’arte contemporanea stessa. It is with Laudes Regiae by Andrea Morucchio that the room of Caminetto in the monastery of Santi Cosma e Damiano gets a new life, opening to a new phase of its secular existence. The choice of hosting such installation derives in a non-casual manner as a part of the programme of the Venice council. First of all it adds up to a mosaic of successful exhibitions within a space where various important cultural institutions of the city of Venice coexist, such as the “Archive Luigi Nono” with experience of theatrical experimental programming. All of these are located on the island of Giudecca that, thanks to ten years of dedication to an ambitious plan

of recovery and improvement, is proving to be one of the most dynamic areas, socially and culturally, of the entire city. Last but not least, the opening of this installation coincide with the opening of this year’s Biennale. It shows us how Venice should be considered not only like an extraordinary scenery on to which presenting - in force of its history, in a permanent or temporary form – some of the most interesting contemporary art works. It is also a “city of the contemporary”, or else one of the urban and metropolitan spaces where mature and innovative expressions of contemporary art, such as that of Andrea Morucchio, are produced.

Beppe Caccia

MISTERO DELLO STATO THE MYSTERY OF THE STATE

Pervasività del potere, diffusione delle resistenze Widespread of power, diffusion of resistences

“Nulla può essere indagato, … né i più alti misteri della divinità, … né i misteri più profondi che appartengono alle persone o allo Stato del sovrano e dei principi che sono dei in terra.” Giacomo I Stuart (1610) È un’atmosfera di mistero quella in cui si ritrova proiettato chiunque si cali nell’installazione creata da Andrea Morucchio. Il mistero – ne ha discusso Kantorowicz – che circonda e sembra fortificare, fino quasi a farlo apparire invincibile, l’esercizio del potere politico sovrano sulla vita degli esseri umani, in ogni luogo ed in ogni tempo. E la questione cui siamo chiamati a rispondere è se questo mistero risulti insondabile, sguardo della Gorgone capace di annichilire qualsiasi pretesa di effettiva libertà da esso, e di costringere all’alternativa secca tra resa e testimonianza, oppure se questo mistero sia in qualche modo penetrabile, e in quanto tale decostruibile. Se in fondo esso non si riveli come l’effetto di una permanente irrisolta tensione, l’aura pro-


L’estetica consiste nella ‘risonanza’ che lampeggia e che si accende creando rapporti determinati dai sensi tra gli oggetti e gli eventi che si stanno svolgendo, a cominciare da un ordine segreto all’interno della realtà. L’estetica è la luce fatta cadere su un aspetto di elementi coesistenti, ove un elemento genera il prossimo contro uno sfondo di segni in comune, lungo un percorso costituito da nessi segreti di “rimemorizzazione” per cui pensare è anche ricordare. The aesthetics consists of the ‘resonance’ flashing and lighting up which creates sense-driven relationships between the objects and the events taking place, starting from a secret order inside reality. The aesthetics is the light thrown on one aspect of coexisting elements, where one element generates the next against a backdrop of shared signs, along a pathway made up of inner, secret ‘rememorization’ links so that thinking is also remembering. Aldo Giorgio Gargani

Luana Zanella

BENVENUTE E BENVENUTI! BENVENUTE E BENVENUTI! Con Laudes Regiae di Andrea Morucchio, la sala del Caminetto del convento dei Santi Cosma e Damiano viene a nuova vita, aprendo una fase nuova della sua secolare esistenza. La scelta di ospitare questa installazione nasce in maniera non casuale all’interno della programmazione del Comune di Venezia. Innanzittutto, aggiunge il tassello di un utilizzo espositivo di qualità al mosaico di uno spazio, all’interno del quale già convivono importanti istituzioni culturali della Città, quali l’Archivio “Luigi Nono”, con esperienze di sperimentazione teatrale. Il tutto risulta essere collocato in quell’isola della Giudecca che, grazie all’impegno decennale in un ambizioso piano di recupero e riqualificazione, si sta rivelando come uno dei luoghi socialmente e culturalmente più dinamici dell’intera Città. Infine, last but not least, l’apertura di questa installazione – in parallelo all’inaugurazione della Biennale – dimostra come Venezia non possa essere considerata solo come lo straordinario palcoscenico sul quale presentare in forza della sua storia, in forma permanente o temporanea che sia, le opere più interessanti del contemporaneo, ma anche una “città del contemporaneo”, ovvero uno degli spazi urbani e metropolitani dove si producono, e l’opera di Andrea Morucchio è qui a testimoniarlo, espressioni mature e innovative dell’arte contemporanea stessa. It is with Laudes Regiae by Andrea Morucchio that the room of Caminetto in the monastery of Santi Cosma e Damiano gets a new life, opening to a new phase of its secular existence. The choice of hosting such installation derives in a non-casual manner as a part of the programme of the Venice council. First of all it adds up to a mosaic of successful exhibitions within a space where various important cultural institutions of the city of Venice coexist, such as the “Archive Luigi Nono” with experience of theatrical experimental programming. All of these are located on the island of Giudecca that, thanks to ten years of dedication to an ambitious plan

of recovery and improvement, is proving to be one of the most dynamic areas, socially and culturally, of the entire city. Last but not least, the opening of this installation coincide with the opening of this year’s Biennale. It shows us how Venice should be considered not only like an extraordinary scenery on to which presenting - in force of its history, in a permanent or temporary form – some of the most interesting contemporary art works. It is also a “city of the contemporary”, or else one of the urban and metropolitan spaces where mature and innovative expressions of contemporary art, such as that of Andrea Morucchio, are produced.

Beppe Caccia

MISTERO DELLO STATO THE MYSTERY OF THE STATE

Pervasività del potere, diffusione delle resistenze Widespread of power, diffusion of resistences

“Nulla può essere indagato, … né i più alti misteri della divinità, … né i misteri più profondi che appartengono alle persone o allo Stato del sovrano e dei principi che sono dei in terra.” Giacomo I Stuart (1610) È un’atmosfera di mistero quella in cui si ritrova proiettato chiunque si cali nell’installazione creata da Andrea Morucchio. Il mistero – ne ha discusso Kantorowicz – che circonda e sembra fortificare, fino quasi a farlo apparire invincibile, l’esercizio del potere politico sovrano sulla vita degli esseri umani, in ogni luogo ed in ogni tempo. E la questione cui siamo chiamati a rispondere è se questo mistero risulti insondabile, sguardo della Gorgone capace di annichilire qualsiasi pretesa di effettiva libertà da esso, e di costringere all’alternativa secca tra resa e testimonianza, oppure se questo mistero sia in qualche modo penetrabile, e in quanto tale decostruibile. Se in fondo esso non si riveli come l’effetto di una permanente irrisolta tensione, l’aura pro-


dotta da una relazione conflittuale, antagonistica, che del “mistero” si dimostra essere il primo motore tutt’altro che immobile. Per quanto il potere sovrano non possa che essere ricondotto in ultima istanza, e con buona pace di tante chiacchiere oggi di moda, all’esercizio della nuda forza, o meglio – come Weber ha insegnato – al tentativo di stabilire il proprio monopolio sull’uso dei mezzi di coercizione, è del tutto evidente come esso funzioni, anzi abbia da sempre funzionato attraverso la costruzione del consenso, o più precisamente – come Foucault ha insegnato – attraverso il continuo rinnovarsi di processi di soggettivazione, nel duplice significato della produzione di sudditi e di soggetti (in entrambi i casi subjet): non semplicemente la propaganda, la formazione dell’opinione pubblica e/o la manipolazione delle coscienze, ma la vera e propria costruzione del soggetto nella relazione di potere. Un paradigma questo che si applica proficuamente – come nell’ultima riflessione di Agamben – all’indagine sul nesso tra acclamazione liturgica e cerimoniale della sovranità, come carattere invariante del potere politico. Ma il rituale delle laudes non deve trarci in inganno: il potere, anche quando si mette in scena come tale, non è un centro che investe in termini univoci ed unidirezionali i suoi oggetti, esso è sempre una relazione, e come ogni relazione è sempre un rapporto di forza, cioè tra forze, un campo problematico ed instabile di tensione tra spinte contrastanti che lo producono in quanto relazione. Prima e dopo il potere vi è la vita nelle sue forme irriducibilmente molteplici, vite che resistono quella riduzione ad Uno che la sovranità ambirebbe ad operare. Il sorriso beffardo che sembra proiettarsi dalle rosse figure, ciascuna uguale ma al tempo stesso irriducibilmente differente dalle altre, che popolano l’opera di Morucchio, è lì a ricordarci che la capillare, moltitudinaria diffusione delle resistenze precede e corrisponde la pervasività del potere, impedisce comunque che essa si affermi come dimensione totale e totalizzante. E, come sempre più spesso accade all’arte contemporanea nelle sue espressioni più interessanti e riuscite, l’installazione Laudes Regiae apre il pensiero in un’ulteriore direzione: quella del paradossale rovesciamento del percorso descritto dalla “teologia politica” schmittiana – secondo la quale tutti i concetti più pregnanti della moderna dottrina dello Stato sono concetti teologici secolarizzati – nell’apparente regressione alla “politica teologica” odierna.

In fondo, sembra indicare Morucchio, il passaggio dalla secolare tragedia della formazione delle categorie del politico moderno alla farsa, non per questo meno carica di violenza e sofferenza, rappresentata dal riaffacciarsi della pretesa, religiosa e politica, di imbrigliamento e condizionamento della libertà delle forme di vita, non può rivelarsi che come sintomo di un’abissale debolezza del potere nei confronti dell’eccedenza, che queste stesse forme di vita esprimono. Whoever enters the installation created by Andrea Morucchio is surrounded by an atmosphere of mystery . This is the mystery surrounding the exercise of political power, which seems to reinforce itself ruling over the life of human beings - as Kantorowitz discussed - to the point of almost making it become invincible in every space and at every time. The question we are called to answer is if such mystery does result unfathomable, a Gorgon’s glance capable to annihilate any claim of effective freedom from it and to oblige to the mere alternative between defeat and testimony, or if such mystery could be in any way penetrable and to which extent deconstructable. That is if this would not effectively result into the effect of a permanent unresolved tension, the aura produced by a conflictual, antagonistic relationship that of this mystery is indeed the primary engine, anything but still. Although sovereignty can only be considered, in the last analysis, as exercise of bare force – or as better Weber put it – an attempt to monopolise the use of the coercion instruments, it is absolutely clear that it works, and has always worked through processes of consent building. As Foucault argued - it works through the continuously renewing of the subjectivation processes in a both meanings, as a production of subjects in both meanings. It is not simply propaganda, in terms of public opinion formation or conscience manipulation, but it is mainly the subject-building in the power relation. This paradigm particularly applies – as Agamben has recently argued – to the inquest about the link between liturgical acclamation and ritual of sovereignty, a invariant character of the political power. The laudes ritual should not fool us: the power, even when it does show as such, is not a centre that run over its subjects in univocal unidirectional terms. It is always a relation. As a relation it is always a force rela-

tionship, that means relation between forces. It is always a problematic and unstable tension between conflicting forces that produce the power as a relation. Before and after the power there is life in its multiple forms. These lives resist the continuous attempt of sovereignty to reduce them to the Unum. The sneering smile that seems to be projected by the red figures, looking equal each other but also radically different from each other, crowding Morucchio’s work, remembers us that is the diffusion of multitude resistance that precedes and corresponds to the widespread of power, not allowing it however to become a total and totalised dimension. As often happens within the most interesting expressions of contemporary art, the installation Laudes Regiae opens one’s mind to a further direction: that of the paradoxical turn around of the path described in Schmitt’s “political theology” – according to which “each concept of the most absorbing of State’s modern doctrine are secularised theological concepts” – in the apparent regression to our present “political theology”. Morucchio seems to indicate, the passage from the secular tragedy of the formation of the categories of modern politics to the farce, nevertheless charged with violence and suffering, represented by the reappearance of the political and religious pretence to condition the freedom of forms of life, reveal itself as symptom of profound weakness of that power in respect to the excess which are expressed precisely by these life forms.

Maria Livia Brunelli

PER VIGILARE SULLA PESTE DEL PRESENTE TO GUARD AGAINST THE PRESENT PESTILENCE

Una luce soffusa, bianca, avvolgente penetra dalla interminabile paratassi di finestre. Ieratici, evocativi, fiammeggianti, una serie di elmi opalescenti ci proiettano in un’atmosfera gotica. La sensazione che prova lo spettatore davanti all’installazione di Andrea Morucchio è un ricongiungimento con una sacralità perduta. Una sacralità dal sapore medioevale, che sa di valori arcaici, di fedeltà dimenticate, di convinzioni corali. La musica prepotente penetra nelle orecchie e le assorda, creando uno spazio ovattato, atemporale, di sospensione perenne. Dopo il tuffo sonoro e visivo che ci ha confuso le coordinate temporali, impressionati vaghiamo, indaghiamo, esploriamo il nuovo mondo per scoprire gli strani oggetti cha delineano un universo esotico. E proprio quando ci stiamo convincendo di essere in una dimensione diversa, ecco che i punti cardinali si rivelano essere sempre gli stessi, perché l’uomo medioevale risulta evoluzionisticamente identico all’uomo moderno. Noi siamo, come eravamo, sempre delimitati dagli stessi riferimenti. La musica aulica, glorificante, non è altro che un diverso schermo, non catodico ma ugualmente potente, da cui il potere ci guarda e ci guida. L’elmo, raro, unico, prezioso, superbo frutto dell’ingegno e della creatività umana, non è dissimile, indossato, dalle moderne “corazze su ruote” che evidenziano con la loro potenza\esclusività\costosità lo status symbol del proprietario. Da qui a vedere nel lupo inciso sulla lama di Passau il prodromo del marchio\logo\firma il passo è brevissimo, ma in un attimo ci accorgiamo che c’è dell’altro… Vediamo che l’uomo che ha firmato la sua opera era conscio della propria abilità e del proprio valore. Non più uno dei fabbricatori, ma un singolo uomo pienamente consapevole della sua individualità, quindi un primo portatore di quell’umanesimo che ora ci permette di vedere l’arte di un


dotta da una relazione conflittuale, antagonistica, che del “mistero” si dimostra essere il primo motore tutt’altro che immobile. Per quanto il potere sovrano non possa che essere ricondotto in ultima istanza, e con buona pace di tante chiacchiere oggi di moda, all’esercizio della nuda forza, o meglio – come Weber ha insegnato – al tentativo di stabilire il proprio monopolio sull’uso dei mezzi di coercizione, è del tutto evidente come esso funzioni, anzi abbia da sempre funzionato attraverso la costruzione del consenso, o più precisamente – come Foucault ha insegnato – attraverso il continuo rinnovarsi di processi di soggettivazione, nel duplice significato della produzione di sudditi e di soggetti (in entrambi i casi subjet): non semplicemente la propaganda, la formazione dell’opinione pubblica e/o la manipolazione delle coscienze, ma la vera e propria costruzione del soggetto nella relazione di potere. Un paradigma questo che si applica proficuamente – come nell’ultima riflessione di Agamben – all’indagine sul nesso tra acclamazione liturgica e cerimoniale della sovranità, come carattere invariante del potere politico. Ma il rituale delle laudes non deve trarci in inganno: il potere, anche quando si mette in scena come tale, non è un centro che investe in termini univoci ed unidirezionali i suoi oggetti, esso è sempre una relazione, e come ogni relazione è sempre un rapporto di forza, cioè tra forze, un campo problematico ed instabile di tensione tra spinte contrastanti che lo producono in quanto relazione. Prima e dopo il potere vi è la vita nelle sue forme irriducibilmente molteplici, vite che resistono quella riduzione ad Uno che la sovranità ambirebbe ad operare. Il sorriso beffardo che sembra proiettarsi dalle rosse figure, ciascuna uguale ma al tempo stesso irriducibilmente differente dalle altre, che popolano l’opera di Morucchio, è lì a ricordarci che la capillare, moltitudinaria diffusione delle resistenze precede e corrisponde la pervasività del potere, impedisce comunque che essa si affermi come dimensione totale e totalizzante. E, come sempre più spesso accade all’arte contemporanea nelle sue espressioni più interessanti e riuscite, l’installazione Laudes Regiae apre il pensiero in un’ulteriore direzione: quella del paradossale rovesciamento del percorso descritto dalla “teologia politica” schmittiana – secondo la quale tutti i concetti più pregnanti della moderna dottrina dello Stato sono concetti teologici secolarizzati – nell’apparente regressione alla “politica teologica” odierna.

In fondo, sembra indicare Morucchio, il passaggio dalla secolare tragedia della formazione delle categorie del politico moderno alla farsa, non per questo meno carica di violenza e sofferenza, rappresentata dal riaffacciarsi della pretesa, religiosa e politica, di imbrigliamento e condizionamento della libertà delle forme di vita, non può rivelarsi che come sintomo di un’abissale debolezza del potere nei confronti dell’eccedenza, che queste stesse forme di vita esprimono. Whoever enters the installation created by Andrea Morucchio is surrounded by an atmosphere of mystery . This is the mystery surrounding the exercise of political power, which seems to reinforce itself ruling over the life of human beings - as Kantorowitz discussed - to the point of almost making it become invincible in every space and at every time. The question we are called to answer is if such mystery does result unfathomable, a Gorgon’s glance capable to annihilate any claim of effective freedom from it and to oblige to the mere alternative between defeat and testimony, or if such mystery could be in any way penetrable and to which extent deconstructable. That is if this would not effectively result into the effect of a permanent unresolved tension, the aura produced by a conflictual, antagonistic relationship that of this mystery is indeed the primary engine, anything but still. Although sovereignty can only be considered, in the last analysis, as exercise of bare force – or as better Weber put it – an attempt to monopolise the use of the coercion instruments, it is absolutely clear that it works, and has always worked through processes of consent building. As Foucault argued - it works through the continuously renewing of the subjectivation processes in a both meanings, as a production of subjects in both meanings. It is not simply propaganda, in terms of public opinion formation or conscience manipulation, but it is mainly the subject-building in the power relation. This paradigm particularly applies – as Agamben has recently argued – to the inquest about the link between liturgical acclamation and ritual of sovereignty, a invariant character of the political power. The laudes ritual should not fool us: the power, even when it does show as such, is not a centre that run over its subjects in univocal unidirectional terms. It is always a relation. As a relation it is always a force rela-

tionship, that means relation between forces. It is always a problematic and unstable tension between conflicting forces that produce the power as a relation. Before and after the power there is life in its multiple forms. These lives resist the continuous attempt of sovereignty to reduce them to the Unum. The sneering smile that seems to be projected by the red figures, looking equal each other but also radically different from each other, crowding Morucchio’s work, remembers us that is the diffusion of multitude resistance that precedes and corresponds to the widespread of power, not allowing it however to become a total and totalised dimension. As often happens within the most interesting expressions of contemporary art, the installation Laudes Regiae opens one’s mind to a further direction: that of the paradoxical turn around of the path described in Schmitt’s “political theology” – according to which “each concept of the most absorbing of State’s modern doctrine are secularised theological concepts” – in the apparent regression to our present “political theology”. Morucchio seems to indicate, the passage from the secular tragedy of the formation of the categories of modern politics to the farce, nevertheless charged with violence and suffering, represented by the reappearance of the political and religious pretence to condition the freedom of forms of life, reveal itself as symptom of profound weakness of that power in respect to the excess which are expressed precisely by these life forms.

Maria Livia Brunelli

PER VIGILARE SULLA PESTE DEL PRESENTE TO GUARD AGAINST THE PRESENT PESTILENCE

Una luce soffusa, bianca, avvolgente penetra dalla interminabile paratassi di finestre. Ieratici, evocativi, fiammeggianti, una serie di elmi opalescenti ci proiettano in un’atmosfera gotica. La sensazione che prova lo spettatore davanti all’installazione di Andrea Morucchio è un ricongiungimento con una sacralità perduta. Una sacralità dal sapore medioevale, che sa di valori arcaici, di fedeltà dimenticate, di convinzioni corali. La musica prepotente penetra nelle orecchie e le assorda, creando uno spazio ovattato, atemporale, di sospensione perenne. Dopo il tuffo sonoro e visivo che ci ha confuso le coordinate temporali, impressionati vaghiamo, indaghiamo, esploriamo il nuovo mondo per scoprire gli strani oggetti cha delineano un universo esotico. E proprio quando ci stiamo convincendo di essere in una dimensione diversa, ecco che i punti cardinali si rivelano essere sempre gli stessi, perché l’uomo medioevale risulta evoluzionisticamente identico all’uomo moderno. Noi siamo, come eravamo, sempre delimitati dagli stessi riferimenti. La musica aulica, glorificante, non è altro che un diverso schermo, non catodico ma ugualmente potente, da cui il potere ci guarda e ci guida. L’elmo, raro, unico, prezioso, superbo frutto dell’ingegno e della creatività umana, non è dissimile, indossato, dalle moderne “corazze su ruote” che evidenziano con la loro potenza\esclusività\costosità lo status symbol del proprietario. Da qui a vedere nel lupo inciso sulla lama di Passau il prodromo del marchio\logo\firma il passo è brevissimo, ma in un attimo ci accorgiamo che c’è dell’altro… Vediamo che l’uomo che ha firmato la sua opera era conscio della propria abilità e del proprio valore. Non più uno dei fabbricatori, ma un singolo uomo pienamente consapevole della sua individualità, quindi un primo portatore di quell’umanesimo che ora ci permette di vedere l’arte di un


uomo come ingegno. Abbandonando, ma non troppo, la vertigine del trascendente e dell’ineffabile che ancora ci guarda indulgente dall’onnipresente monogramma di san Bernardino, che ci sormonta effigiato nel monumentale camino di questo immenso salone. Un monogramma che ora si rivela nella sua drammatica attualità, magicamente funzionale al messaggio occulto dell’installazione dell’artista. Lo scolpirono infatti i fedeli dell’anno Mille che hanno eretto questo luogo, come baluardo difensivo per la peste. Una peste, suggerisce nell’orecchio ai fedeli dell’anno Duemila Morucchio, che sempre ci aspetta in qualunque tempo noi ci nascondiamo… travestita da veleno demagogico. A soft, white enveloping light penetrates the endless parataxis of windows. Hieratic, evocative, flickering, a series of opalescent helmets transports us into a Gothic atmosphere. The sensation the observer feels within Andrea Morucchio’s exhibition is one of reunion with a lost sacredness. A sacredness of medieval flavour, which smacks of archaic values of forgotten fidelity and choral convictions. The overbearing music penetrates the ears deafening them, creating a padded, atemporal space of perpetual suspension. After the audio and visual plunge which confuses our temporal coordinates, stricken, we drift, investigate, explore the new world trying to understand the strange objects that delineate this exotic universe. And it is precisely when we are convinced that we are in a different dimension, that the cardinal points reveal themselves to be forever the same. Medieval man turns out to be evolutionistically identical to modern man. We are what we are, as we were, forever limited by the same reference points. The glorifying pompous music is but a different screen, not cathodic, yet equally strong, from which power watches over us and guides us. The helmet, rare, unique, precious, a superb product of human genius and creativity, when worn, is not unlike the modern “tanks on wheels” which emphasize the status symbol of their owners through their power/exclusiveness/cost. From this perspective, it is not a far stretch to see the wolf engraved on the Passau blade as the prodrome of the trademark/logo/signature. Yet we quickly realize that there is much more… We realize that the man who signed his work was conscious of his own ability and his own value.

No longer one among the other producers, but a single man, fully conscious of his individuality, thus a first bearer of that humanism which now permits us to see the art of a single man as genius. Abandoning, but not completely, the vertigo of transcendence and of the ineffable, which still watches over us, leniently, from the omnipresent monogram of Saint Bernardino, overcoming us through its representation in the monumental fireplace of this immense hall. A monogram which now reveals itself in its dramatic topicality, magically in tune with the hidden message of the artist’s installation. This space was in fact sculpted by the faithful of the year one thousand, who erected the building as a defensive bastion against the plague. But a plague, Morucchio whispers in the ear of the faithful of the year two thousand, awaits us always in whatever time we hide… disguised as demagogic poison.

Paolo Toffolutti

SU ANDREA MORUCCHIO E LAUDES REGIAE ON ANDREA MORUCCHIO AND LAUDES REGIAE

Un sorriso accompagna il soffio esistenziale che Andrea Morucchio ha appoggiato a terra nel salone del camino dell’ex convento dei Santi Cosma e Damiano a Venezia. Quel sorriso fuoriesce da un antico elmo e si trasferisce definitivamente nello spazio esterno con uno sguardo assorto ed allo stesso tempo beffardo, simile a quello espresso da certi ornamenti in forma di nani messi a guardia dei moderni giardini. L’immagine che Morucchio abilmente cuoce – con la complicità della tecnologia del vetro e assistito da una lenta e complessa manualità – porta tutte le tracce degli infiniti tentativi che hanno dato forma a questa espressione. Sono quattordici pezzi di una scacchiera tutti uguali, percorsi da infiniti bozzi, gole, irregolarità contratte dentro la sfocatura di un unico ripetuto sguardo. Calchi indicali come mezzi busti di anti-

chi condottieri e/o di imperatori fuoriusciti dalla classicità greco-romana per essere riesumati, sotto mentite spoglie, da divinità dell’Olimpo. Sono ghigni coraggiosi congelati nel vetro, formae vitae insufflate dentro uno stampo malico, che ancora contiene il vuoto dell’alito e della vita che l’ha ingenerato. Ma rappresentano anche un cimitero delle uniformi in forma di mezzi busti sgusciati, ottenuti rivoltando il dentro nel fuori, mezzi corpi non più protetti dall’armatura, esposti alla fragile nudità messa al mondo a portata di un calcio. Appaiono come volti giocondi che plasticamente conchiudono la loro parabola in una smorfia enigmatica, presagio del non poter o saper parare il colpo che da sempre incombe sul proprio e sull’altrui destino. Andrea Morucchio guarda alla scultura moderna e contemporanea che guarda al passato, per dialogare tra facce e architetture, così come anni prima fece con l’apparecchio fotografico a tracolla in una lunga permanenza a Cuba, in bilico tra il popolo e la vita. Il luogo e la figura umana, prima che da Morucchio, sono stati attraversati con molti percorsi, da Medardo Rosso, Gino De Dominicis, Anish Kapoor, Thomas Schutte tra gli altri. L’oggetto fatto rosso – come i calchi di sangue di Antony Mc Queen – sposta la riflessione dalla forma alla materia. Il vetro, la trasparenza, l’intangibilità di cui sono fatte queste guardie le accomuna a pedine insanguinate, schierate ad offesa e difesa della stessa parte. Medardo Rosso ha aperto il percorso che raccorda figura ad architettura in un largo ed ininterrotto gesto di luce che ora sfiora il vetro opaco di Laudes Regiae come allora la cera. La materia è già immagine di luce, luce riflessa che, sapientemente guidata, ha condotto il gesto e lo sguardo fuori dalla portata della mano. Non credo serva sottolineare il richiamo al sacro, basti pensare all’esempio di infinita invulnerabilità dei profili di Gilgamesh e Urvasi, chiaroscurati nei tableau che Gino De Dominicis ci ha lasciato e che così singolarmente si interfacciano con questo esercito di vuoti. Thomas Shutte, infine, esprime tutta la socialità del popolo che trasuda in ogni figura, un popolo ricomposto in una domestica unità posta a custodia di tutti gli attimi della vita. Una mondanità che accoglie questi vetri dalle superfici convesse e dai bordi curvi e che si raccorda in forme unitarie e semplici, simili ed opposte alla funzionalità del design Alessi che si fa ironica e confidenziale mentre dialoga con gli

stereotipi della cultura dei cartoons entro forme utili dall’aspetto organico, fitomorfico o fallico. Alto e basso rimbalzano in continuazione, nulla può più essere sensualmente o concettualmente separato: l’oggetto insidiato da una forma comica si circonda di un’aurea di sacralità come un’emozione o un pensiero volubile preso tra il riso ed il pianto. Parafrasando Louis Wauxcelles ci si potrebbe così esprimere per l’opera Laudes Regiae: ”Quattordici Nani nel mezzo del ‘400!”. A smile accompanies the existential breath that Andrea Morucchio has placed on the floor of the Fireplace Hall in the ex-Convent of Saints Cosma and Damian in Venice. That smile escapes from a medieval helmet and transfers itself definitely in the external space with an absorbed yet mocking gaze, similar to the one emitted by some gnome-shaped lawn ornaments which guard modern gardens. The image that Morucchio skillfully cooks up – with the help of glass technology and assisted by a slow and complex manual process – carries all the traces of the infinite attempts which have given form to this manifestation. There are fourteen identical chess pieces, paths of infinite bumps, grooves, irregularities contracted within the blurring of a singular repeated gaze. Index casts like half busts of medieval army leaders and/or emperors leaking over from Greco-Roman times, to be re-exhumed, under false pretences, as Olympian gods. They are courageous grimaces frozen in glass, formae vitae insufflated within a stampo malico, which still contains the hollow of its generating breath. Yet they also represent a cemetery of uniforms in the shape of peeled half busts, obtained by being turning inside out, half bodies no longer protected by their armour, exposed in their fragile nudity, delivered to this world with a kick. They appear as cheerful faces which formally conclude their allegory with enigmatic grimaces, an omen of not being able or not knowing how to parry the blow, which since the beginning of time has loomed over their destiny and that of others. Andrea Morucchio looks to modern and contemporary sculpture, which looks to the past, in order to dialogue with faces and architecture, just as he did years earlier, camera over shoulder, during his prolonged stay in Cuba, caught between the people and the life.


uomo come ingegno. Abbandonando, ma non troppo, la vertigine del trascendente e dell’ineffabile che ancora ci guarda indulgente dall’onnipresente monogramma di san Bernardino, che ci sormonta effigiato nel monumentale camino di questo immenso salone. Un monogramma che ora si rivela nella sua drammatica attualità, magicamente funzionale al messaggio occulto dell’installazione dell’artista. Lo scolpirono infatti i fedeli dell’anno Mille che hanno eretto questo luogo, come baluardo difensivo per la peste. Una peste, suggerisce nell’orecchio ai fedeli dell’anno Duemila Morucchio, che sempre ci aspetta in qualunque tempo noi ci nascondiamo… travestita da veleno demagogico. A soft, white enveloping light penetrates the endless parataxis of windows. Hieratic, evocative, flickering, a series of opalescent helmets transports us into a Gothic atmosphere. The sensation the observer feels within Andrea Morucchio’s exhibition is one of reunion with a lost sacredness. A sacredness of medieval flavour, which smacks of archaic values of forgotten fidelity and choral convictions. The overbearing music penetrates the ears deafening them, creating a padded, atemporal space of perpetual suspension. After the audio and visual plunge which confuses our temporal coordinates, stricken, we drift, investigate, explore the new world trying to understand the strange objects that delineate this exotic universe. And it is precisely when we are convinced that we are in a different dimension, that the cardinal points reveal themselves to be forever the same. Medieval man turns out to be evolutionistically identical to modern man. We are what we are, as we were, forever limited by the same reference points. The glorifying pompous music is but a different screen, not cathodic, yet equally strong, from which power watches over us and guides us. The helmet, rare, unique, precious, a superb product of human genius and creativity, when worn, is not unlike the modern “tanks on wheels” which emphasize the status symbol of their owners through their power/exclusiveness/cost. From this perspective, it is not a far stretch to see the wolf engraved on the Passau blade as the prodrome of the trademark/logo/signature. Yet we quickly realize that there is much more… We realize that the man who signed his work was conscious of his own ability and his own value.

No longer one among the other producers, but a single man, fully conscious of his individuality, thus a first bearer of that humanism which now permits us to see the art of a single man as genius. Abandoning, but not completely, the vertigo of transcendence and of the ineffable, which still watches over us, leniently, from the omnipresent monogram of Saint Bernardino, overcoming us through its representation in the monumental fireplace of this immense hall. A monogram which now reveals itself in its dramatic topicality, magically in tune with the hidden message of the artist’s installation. This space was in fact sculpted by the faithful of the year one thousand, who erected the building as a defensive bastion against the plague. But a plague, Morucchio whispers in the ear of the faithful of the year two thousand, awaits us always in whatever time we hide… disguised as demagogic poison.

Paolo Toffolutti

SU ANDREA MORUCCHIO E LAUDES REGIAE ON ANDREA MORUCCHIO AND LAUDES REGIAE

Un sorriso accompagna il soffio esistenziale che Andrea Morucchio ha appoggiato a terra nel salone del camino dell’ex convento dei Santi Cosma e Damiano a Venezia. Quel sorriso fuoriesce da un antico elmo e si trasferisce definitivamente nello spazio esterno con uno sguardo assorto ed allo stesso tempo beffardo, simile a quello espresso da certi ornamenti in forma di nani messi a guardia dei moderni giardini. L’immagine che Morucchio abilmente cuoce – con la complicità della tecnologia del vetro e assistito da una lenta e complessa manualità – porta tutte le tracce degli infiniti tentativi che hanno dato forma a questa espressione. Sono quattordici pezzi di una scacchiera tutti uguali, percorsi da infiniti bozzi, gole, irregolarità contratte dentro la sfocatura di un unico ripetuto sguardo. Calchi indicali come mezzi busti di anti-

chi condottieri e/o di imperatori fuoriusciti dalla classicità greco-romana per essere riesumati, sotto mentite spoglie, da divinità dell’Olimpo. Sono ghigni coraggiosi congelati nel vetro, formae vitae insufflate dentro uno stampo malico, che ancora contiene il vuoto dell’alito e della vita che l’ha ingenerato. Ma rappresentano anche un cimitero delle uniformi in forma di mezzi busti sgusciati, ottenuti rivoltando il dentro nel fuori, mezzi corpi non più protetti dall’armatura, esposti alla fragile nudità messa al mondo a portata di un calcio. Appaiono come volti giocondi che plasticamente conchiudono la loro parabola in una smorfia enigmatica, presagio del non poter o saper parare il colpo che da sempre incombe sul proprio e sull’altrui destino. Andrea Morucchio guarda alla scultura moderna e contemporanea che guarda al passato, per dialogare tra facce e architetture, così come anni prima fece con l’apparecchio fotografico a tracolla in una lunga permanenza a Cuba, in bilico tra il popolo e la vita. Il luogo e la figura umana, prima che da Morucchio, sono stati attraversati con molti percorsi, da Medardo Rosso, Gino De Dominicis, Anish Kapoor, Thomas Schutte tra gli altri. L’oggetto fatto rosso – come i calchi di sangue di Antony Mc Queen – sposta la riflessione dalla forma alla materia. Il vetro, la trasparenza, l’intangibilità di cui sono fatte queste guardie le accomuna a pedine insanguinate, schierate ad offesa e difesa della stessa parte. Medardo Rosso ha aperto il percorso che raccorda figura ad architettura in un largo ed ininterrotto gesto di luce che ora sfiora il vetro opaco di Laudes Regiae come allora la cera. La materia è già immagine di luce, luce riflessa che, sapientemente guidata, ha condotto il gesto e lo sguardo fuori dalla portata della mano. Non credo serva sottolineare il richiamo al sacro, basti pensare all’esempio di infinita invulnerabilità dei profili di Gilgamesh e Urvasi, chiaroscurati nei tableau che Gino De Dominicis ci ha lasciato e che così singolarmente si interfacciano con questo esercito di vuoti. Thomas Shutte, infine, esprime tutta la socialità del popolo che trasuda in ogni figura, un popolo ricomposto in una domestica unità posta a custodia di tutti gli attimi della vita. Una mondanità che accoglie questi vetri dalle superfici convesse e dai bordi curvi e che si raccorda in forme unitarie e semplici, simili ed opposte alla funzionalità del design Alessi che si fa ironica e confidenziale mentre dialoga con gli

stereotipi della cultura dei cartoons entro forme utili dall’aspetto organico, fitomorfico o fallico. Alto e basso rimbalzano in continuazione, nulla può più essere sensualmente o concettualmente separato: l’oggetto insidiato da una forma comica si circonda di un’aurea di sacralità come un’emozione o un pensiero volubile preso tra il riso ed il pianto. Parafrasando Louis Wauxcelles ci si potrebbe così esprimere per l’opera Laudes Regiae: ”Quattordici Nani nel mezzo del ‘400!”. A smile accompanies the existential breath that Andrea Morucchio has placed on the floor of the Fireplace Hall in the ex-Convent of Saints Cosma and Damian in Venice. That smile escapes from a medieval helmet and transfers itself definitely in the external space with an absorbed yet mocking gaze, similar to the one emitted by some gnome-shaped lawn ornaments which guard modern gardens. The image that Morucchio skillfully cooks up – with the help of glass technology and assisted by a slow and complex manual process – carries all the traces of the infinite attempts which have given form to this manifestation. There are fourteen identical chess pieces, paths of infinite bumps, grooves, irregularities contracted within the blurring of a singular repeated gaze. Index casts like half busts of medieval army leaders and/or emperors leaking over from Greco-Roman times, to be re-exhumed, under false pretences, as Olympian gods. They are courageous grimaces frozen in glass, formae vitae insufflated within a stampo malico, which still contains the hollow of its generating breath. Yet they also represent a cemetery of uniforms in the shape of peeled half busts, obtained by being turning inside out, half bodies no longer protected by their armour, exposed in their fragile nudity, delivered to this world with a kick. They appear as cheerful faces which formally conclude their allegory with enigmatic grimaces, an omen of not being able or not knowing how to parry the blow, which since the beginning of time has loomed over their destiny and that of others. Andrea Morucchio looks to modern and contemporary sculpture, which looks to the past, in order to dialogue with faces and architecture, just as he did years earlier, camera over shoulder, during his prolonged stay in Cuba, caught between the people and the life.


The human figure is the territory, which before Morucchio, had been crossed by Medardo Rosso, Gino De Dominicis, Anish Kapoor and Thomas Schutte among many others. The object made red – like the blood casts of Antony McQueen – shifts the consideration from form to material. The glass, the transparency, the intangibility of which these guards are made, likens them to bloodied pawns, aligned in offensive and defensive positions on the same side. Medardo Rosso paved the road which connected figure and architecture in a wide and uninterrupted gesture of light, which now caresses the frosted glass of Laudes Regiae as it previously did the wax. The material is already an image of light, reflected light, which wisely guided, has brought the gesture and the gaze beyond reach. I do not feel it is necessary to underline the reference to the sacred. It suffices to think of the examples of infinite invulnerability in the outlines of Gilgamesh and Urvasi, shaded in the tableaus which Gino De Dominicis left us and which so singularly relate with this army of hollows. And lastly, Thomas Schutte expresses the entire sociality of the people which exudes from every figure, a people recomposed in a domestic unity, placed in charge of all the moments of life. A worldliness which receives these glass works of convex surfaces and curved borders and which, creates connections through the unitary and simple forms, similar and contrary to the functionality of Alessi design, which makes itself ironic and familiar, while relating with the stereotypes of cartoon culture, through functional shapes which appear organic, phytomorphic or phallic. Highs and lows continuously ricochet. There can no longer be sensuous or conceptual separations: the object, circumvented by a comic form, surrounds itself with an aura of sacredness like a volatile emotion or thought caught between laughter and tears. Paraphrasing Louis Wauxcelles, the work could thus be expounded, Laudes Regiae: “Fourteen Gnomes in the mid-1400s!”

Saverio Simi de Burgis

IN FORNACE IN THE GLASS FACTORY

Avere avuto l’occasione di seguire assieme ad Andrea la realizzazione degli elmi presso la fornace di Giorgio Giuman a Murano, con il contributo fondamentale dei figli Marco e Michele sotto la regia dell’abile maestro vetraio Primo Guarnieri, vederne nascere l’anima della massa liquida infuocata che ha poi preso sempre più la forma definitiva fino all’ultimo distacco ombelicale dalla canna che depositava ormai l’opera finita all’interno della muffola per il suo graduale completamento e raffreddamento, è stato come vedere nascere delle creature dotate di un’anima forte e generosa come il fuoco, poi destinate a crescere e a rinvigorirsi fino all’ultima disposizione strategica nel salone del convento, pronti ad affrontare o a affiancare l’imperversare del Lupo di Passau. Having had the chance to follow, together with Andrea, the production of the helmets at the furnaces of Giorgio Giuman on Murano, with the vital contribution of his sons Marco and Michele and under the direction of the skilled master glassmaker Primo Guarnieri, to see the soul born from the mass of fiery liquid and then continue taking shape until the moment of the final umbilical cut from the cane, which now laid the finished work into the muffle furnace for its completion and cooling, was like seeing the birth of creatures gifted with a strong and generous soul of fire, destined to grow and to fortify themselves until the final strategic collocation in the hall of the convent, ready to confront or to flank the rampage of the Wolf of Passau.

Manuel Frara

L’INEFFABILE FRANTUMAZIONE DEL NUCLEO THE INEFFABLE SHATTERING OF THE NUCLEUS

La seconda metà degli anni ‘80, in Gran Bretagna, vide il veloce affermarsi del fenomeno grindcore. Un genere di musica violenta, rapida, scomposta, caotica. Riff meccanici, melodie macellate, tempi ultrasonici. Scum, l’album d’esordio dei Napalm Death nel 1987, fu il manifesto del genere grindcore, definendo un nuovo standard di velocità, di decibel e di brevità. Un decennio dopo, all’incirca nell’estate del 1997, con Marina Abramovic – e in un altro campo – gli stessi versi inintelleggibili e animaleschi ululati diventavano l’impossibile racconto di Balkan Baroque, esposto in forma performativa durante i tre giorni inaugurali della kermesse veneziana dedicata alle arti visive. Durante quei tre giorni, al Padiglione Italia nei Giardini della Biennale, l’aria era irrespirabile. Quell’odore della carne e delle ossa animali appena macellate, che ossessivamente Abramovic puliva come gesto di purificazione, è un ricordo talmente vivo che portava in sé tutta la tragedia del conflitto nei Balcani. La storia dei topi-lupo, evidente metafora dell’umanità in guerra, era un netto spostamento degli standard di “potenza performativa”. I topilupo, veniva raccontato, trovandosi in situazioni terribili si annientano a vicenda. La storia e le storie dei topi-lupo si rincorrono nel tempo: oggi nel 2007. Si dilatano in un buio medioevo contemporaneo, dove il potere – come forma suprema di dominio – diventa l’unica “anima” dalla quale ci si deve far possedere. Costi quel che costi e con qualunque costo! Il lupo corre, nell’ombra, e si impossessa sempre di nuovi soldati. Cambia il metodo, è vero, ma non cambia l’obiettivo! Se l’obiettivo è quello, quello della sopraffazione dell’altro da sé, il metodo per il raggiungimento dell’obiettivo e del potere

muta. Muta nella forma e nel nome e a volte nel significato. Il metodo, o meccanismo di sopraffazione, si chiama “guerra”, si chiama “politica”, si chiama “proprietà”, “stato” e “nazione” e per taluni “religione”. Ma l’obiettivo rimane sempre “essere abitati dal potere”. I soldati-elmi sono sempre pronti ad essere agiti. Gli elmi, naturalmente illuminati, sono il “braccio armato “ di questa convessa operazione. Sono armature di “guerra” in una grassa “geografia del conflitto”. Ipotesi che non sono da prime time televisivo e che a prescindere generano comunque degli utili economici, anche nella distanza. Basterebbe difatti analizzare velocemente gli incrementi di vendite – attraverso schemi di marketing – di libri scritti – sia in forma apocalittica che integrata – dedicati all’Iraq, ad esempio. In questi appunti geografici trovano asilo le divise armate di quel conflitto che non possiamo fuggire e che quel “lupo”, che corre nell’ombra e che è in noi, è sempre pronto ad abitare. Great Britain in the second half of the 1980s witnessed the voice assert itself in the grindcore phenomenon. A violent, fast, deconstructed and chaotic musical genre. Mechanical riffs, slaughtered melodies, ultrasonic beats. Scum, Napalm Death’s 1987 debut album, was a grindcore manifesto, defining a new standard of speed, decibels and brevity. In the summer of 1997, a decade later and in another field, the same unintelligible, howling animal sounds recount the impossible tale of Marina Abramovic’s Balkan Baroque, exhibited as a performance during the first three days of the Venetian kermess dedicated to visual art. Over those three days, the air in the Italian Pavilion in the Giardini of the Biennale was unbreathable. That odor of freshly slaughtered meat and animal bones, which Abramovic obsessively cleaned as a purifying action, is a vivid memory, bearing in itself a reference to the entire tragedy of the Balkan conflict. The story of the Wolf Rats, an obvious metaphor of humanity at war, was a clear shift of the standards of “performative potential”. The Wolf Rats, it is said, destroy each other when they find themselves in unbearable situations. History and the story of the Wolf Rats repeat in time: today in 2007. They swell within a dark contemporary medieval, where power as a superior form of dominion – becomes the only “soul” by which we must be possessed. Cost


The human figure is the territory, which before Morucchio, had been crossed by Medardo Rosso, Gino De Dominicis, Anish Kapoor and Thomas Schutte among many others. The object made red – like the blood casts of Antony McQueen – shifts the consideration from form to material. The glass, the transparency, the intangibility of which these guards are made, likens them to bloodied pawns, aligned in offensive and defensive positions on the same side. Medardo Rosso paved the road which connected figure and architecture in a wide and uninterrupted gesture of light, which now caresses the frosted glass of Laudes Regiae as it previously did the wax. The material is already an image of light, reflected light, which wisely guided, has brought the gesture and the gaze beyond reach. I do not feel it is necessary to underline the reference to the sacred. It suffices to think of the examples of infinite invulnerability in the outlines of Gilgamesh and Urvasi, shaded in the tableaus which Gino De Dominicis left us and which so singularly relate with this army of hollows. And lastly, Thomas Schutte expresses the entire sociality of the people which exudes from every figure, a people recomposed in a domestic unity, placed in charge of all the moments of life. A worldliness which receives these glass works of convex surfaces and curved borders and which, creates connections through the unitary and simple forms, similar and contrary to the functionality of Alessi design, which makes itself ironic and familiar, while relating with the stereotypes of cartoon culture, through functional shapes which appear organic, phytomorphic or phallic. Highs and lows continuously ricochet. There can no longer be sensuous or conceptual separations: the object, circumvented by a comic form, surrounds itself with an aura of sacredness like a volatile emotion or thought caught between laughter and tears. Paraphrasing Louis Wauxcelles, the work could thus be expounded, Laudes Regiae: “Fourteen Gnomes in the mid-1400s!”

Saverio Simi de Burgis

IN FORNACE IN THE GLASS FACTORY

Avere avuto l’occasione di seguire assieme ad Andrea la realizzazione degli elmi presso la fornace di Giorgio Giuman a Murano, con il contributo fondamentale dei figli Marco e Michele sotto la regia dell’abile maestro vetraio Primo Guarnieri, vederne nascere l’anima della massa liquida infuocata che ha poi preso sempre più la forma definitiva fino all’ultimo distacco ombelicale dalla canna che depositava ormai l’opera finita all’interno della muffola per il suo graduale completamento e raffreddamento, è stato come vedere nascere delle creature dotate di un’anima forte e generosa come il fuoco, poi destinate a crescere e a rinvigorirsi fino all’ultima disposizione strategica nel salone del convento, pronti ad affrontare o a affiancare l’imperversare del Lupo di Passau. Having had the chance to follow, together with Andrea, the production of the helmets at the furnaces of Giorgio Giuman on Murano, with the vital contribution of his sons Marco and Michele and under the direction of the skilled master glassmaker Primo Guarnieri, to see the soul born from the mass of fiery liquid and then continue taking shape until the moment of the final umbilical cut from the cane, which now laid the finished work into the muffle furnace for its completion and cooling, was like seeing the birth of creatures gifted with a strong and generous soul of fire, destined to grow and to fortify themselves until the final strategic collocation in the hall of the convent, ready to confront or to flank the rampage of the Wolf of Passau.

Manuel Frara

L’INEFFABILE FRANTUMAZIONE DEL NUCLEO THE INEFFABLE SHATTERING OF THE NUCLEUS

La seconda metà degli anni ‘80, in Gran Bretagna, vide il veloce affermarsi del fenomeno grindcore. Un genere di musica violenta, rapida, scomposta, caotica. Riff meccanici, melodie macellate, tempi ultrasonici. Scum, l’album d’esordio dei Napalm Death nel 1987, fu il manifesto del genere grindcore, definendo un nuovo standard di velocità, di decibel e di brevità. Un decennio dopo, all’incirca nell’estate del 1997, con Marina Abramovic – e in un altro campo – gli stessi versi inintelleggibili e animaleschi ululati diventavano l’impossibile racconto di Balkan Baroque, esposto in forma performativa durante i tre giorni inaugurali della kermesse veneziana dedicata alle arti visive. Durante quei tre giorni, al Padiglione Italia nei Giardini della Biennale, l’aria era irrespirabile. Quell’odore della carne e delle ossa animali appena macellate, che ossessivamente Abramovic puliva come gesto di purificazione, è un ricordo talmente vivo che portava in sé tutta la tragedia del conflitto nei Balcani. La storia dei topi-lupo, evidente metafora dell’umanità in guerra, era un netto spostamento degli standard di “potenza performativa”. I topilupo, veniva raccontato, trovandosi in situazioni terribili si annientano a vicenda. La storia e le storie dei topi-lupo si rincorrono nel tempo: oggi nel 2007. Si dilatano in un buio medioevo contemporaneo, dove il potere – come forma suprema di dominio – diventa l’unica “anima” dalla quale ci si deve far possedere. Costi quel che costi e con qualunque costo! Il lupo corre, nell’ombra, e si impossessa sempre di nuovi soldati. Cambia il metodo, è vero, ma non cambia l’obiettivo! Se l’obiettivo è quello, quello della sopraffazione dell’altro da sé, il metodo per il raggiungimento dell’obiettivo e del potere

muta. Muta nella forma e nel nome e a volte nel significato. Il metodo, o meccanismo di sopraffazione, si chiama “guerra”, si chiama “politica”, si chiama “proprietà”, “stato” e “nazione” e per taluni “religione”. Ma l’obiettivo rimane sempre “essere abitati dal potere”. I soldati-elmi sono sempre pronti ad essere agiti. Gli elmi, naturalmente illuminati, sono il “braccio armato “ di questa convessa operazione. Sono armature di “guerra” in una grassa “geografia del conflitto”. Ipotesi che non sono da prime time televisivo e che a prescindere generano comunque degli utili economici, anche nella distanza. Basterebbe difatti analizzare velocemente gli incrementi di vendite – attraverso schemi di marketing – di libri scritti – sia in forma apocalittica che integrata – dedicati all’Iraq, ad esempio. In questi appunti geografici trovano asilo le divise armate di quel conflitto che non possiamo fuggire e che quel “lupo”, che corre nell’ombra e che è in noi, è sempre pronto ad abitare. Great Britain in the second half of the 1980s witnessed the voice assert itself in the grindcore phenomenon. A violent, fast, deconstructed and chaotic musical genre. Mechanical riffs, slaughtered melodies, ultrasonic beats. Scum, Napalm Death’s 1987 debut album, was a grindcore manifesto, defining a new standard of speed, decibels and brevity. In the summer of 1997, a decade later and in another field, the same unintelligible, howling animal sounds recount the impossible tale of Marina Abramovic’s Balkan Baroque, exhibited as a performance during the first three days of the Venetian kermess dedicated to visual art. Over those three days, the air in the Italian Pavilion in the Giardini of the Biennale was unbreathable. That odor of freshly slaughtered meat and animal bones, which Abramovic obsessively cleaned as a purifying action, is a vivid memory, bearing in itself a reference to the entire tragedy of the Balkan conflict. The story of the Wolf Rats, an obvious metaphor of humanity at war, was a clear shift of the standards of “performative potential”. The Wolf Rats, it is said, destroy each other when they find themselves in unbearable situations. History and the story of the Wolf Rats repeat in time: today in 2007. They swell within a dark contemporary medieval, where power as a superior form of dominion – becomes the only “soul” by which we must be possessed. Cost


what it may and at whatever cost! The wolf runs, in the shadows, and possesses himself continuously of new soldiers. He changes his method, but never his goal! If the aim is the overwhelming of the other, the method for reaching this objective and this power transforms. It changes in form and name, and sometimes even in meaning. The method or the mechanism of this overwhelming, is called “war”, is called ”politics”, is called “property”, “state” and “nation”, and for some even “religion”. But the goal always remains “to have power live within us”. The soldier-helmets are always ready to be operated. Naturally lit, the helmets are the “armed wing” of this convex operation. They are the armatures of “war” in a fat “geography of conflict”. Hypotheses not suitable for prime time television, but which nonetheless generate economic profit, even in the long run. Just a quick analysis of the increase in sales, through marketing schemes, of books written, either in apocalyptic or integrated form, dedicated to Iraq, would suffice. The armed devices of that conflict from which we cannot escape, find asylum within these geographical notes, and that “wolf”, who runs in the shadows and who is always within us, is forever ready to inhabit them. Saramicol Viscardi

MALA TEMPORA CURRUNT

Potere politico e temporale. Estetica minimale e suggestioni medioevali. Le antiche Laudes Regiae che risuonano cupe nel Salone. Nel nuovo progetto di Andrea Morucchio si intrecciano passato e presente, spiritualità e laicismo in un percorso visivamente severo, rigoroso e di grande pulizia formale. Il messaggio, però, emerge forte e sembra urlare a chiare lettere l’inquietante legame tra storia antica e politica odierna, squarciando il salone ieraticamente scandito dagli elmi rossi. Si intonavano laudes a Cristo Re per sostenere il potere e la supremazia in terra di coloro che ne diventavano i vicari, attraverso l’incoronazione e la legittimazione spirituale ad un potere, di fatto, ben più radicato tra le nostre povere cose terrene. Ed ecco che allora l’artista richiama la

nostra attenzione sulla politica papale contemporanea, conservatrice e ferma sulle proprie posizioni dogmatiche, quanto sulle ingerenze politiche. Nello stesso tempo il potere statunitense – tutto terreno – si fa portavoce di una nuova esigenza (indotta?) di spiritualità, di giustizia e buoni sentimenti che portano però ad una guerra preventiva – che tanto ricorda le crociate di cristiana memoria – sobillata da certa demagogia che forse qualcosa ha da spartire con l’arte acclamatoria di queste laudes. La riflessione intorno a questi temi si ritrova nel lavoro di diversi artisti contemporanei, con prese di posizione anche molto forti. Il recente progetto Los Anarquistas di Santiago Sierra realizzato a Roma durante la notte di Natale, con la partecipazione di un gruppo di anarchici militanti assoldati dall’artista ad ascoltare in silenzio la Messa del 24 Dicembre officiata dal Papa, ci parla proprio del potere secolare ancora così radicato a Roma; mentre Maurizio Cattelan immortala, ne La Nona Ora, un Papa Giovanni Paolo II abbattuto da un meteorite, accidentale ma semplice nella sua assurdità, ben lontano dall’imponente e sfarzoso apparato pubblicitario realizzato in occasione della successiva morte, vera, del Pontefice. L’interfacciarsi di Morucchio a opere d’arte classiche e immaginari storici, soprattutto veneti, trasforma però i suoi lavori in qualcosa di diverso da una pura critica al sistema: il dialogo con il contesto che lo circonda riesce a produrre lavori tanto attuali quanto intimamente legati alla struttura stessa della storia dell’arte. In The Main Show compare la Pietà del Canova, iconologia cristiana e nello stesso tempo messaggio massmediatico imponente quanto imperituro, mentre in Le nostre idee vinceranno è un dipinto conservato al Museo Mocenigo di Venezia il nodo da cui si sviluppa il lavoro dell’artista. Partendo dalla narrazione di un fatto storico (la Battaglia Navale dove Zaccaria Mocenigo sacrificò la sua stessa vita e quella di tutto l’equipaggio per non arrendersi al nemico), Morucchio riflette sull’esigenza del martirio e della sua trasposizione contemporanea, in un clima di impossibilità di dialogo e convivenza tra diverse culture, dove il kamikaze musulmano di oggi si riflette nel ricordo del sacrificio di un veneziano del Seicento. Il Lupo di Passau, simbolo dell’ars bellica, continua a correre nel salone delCamino, in un ideale legame tra ciò che eravamo, e ciò che tuttora siamo.

Political and temporal power. Minimal aesthetics and medieval suggestions. The medieval Laudes Regiae. In Andrea Morucchio’s new project, past and present, spirituality and secularism are woven together in a visually austere, rigorous path of great formal purity. The message, however, emerges from an urgent need to clearly demonstrate the disturbing link between ancient history and contemporary politics, and in doing so it tears apart the hall hieratically marked by the red helmets. Laudes were chanted to Christ King in efforts to support the earthly power and supremacy of those who were appointed vicars, through the crowning and the spiritual legitimating of a power, which in fact was much more rooted in meager earthly matters. It is here where the artist draws our attention, to contemporary papal politics, as conservative and fixed on its own dogmatic positions as it is on political interferences. Meanwhile, American power, which is entirely earthly, is the voice of a new (induced?) urgency for spirituality, justice and good feelings which has nonetheless lead to a preventive war – which in many ways recalls the Christian Crusades – instigated by certain demagogy, which may have something in common with the acclamatory art of these laudes. Various contemporary artists, with strong political opinions, have also treated these themes in their works. Santiago Sierra’s recent project Los Anarquistas, carried out in Rome on Christmas Eve, with the participation of a group of militant anarchists hired by the artist to listen in silence to the Mass officiated by the Pope, speaks of the secular power still so deeply rooted in Rome. While with La Nona Ora, Maurizio Cattelan immortalized a Pope John Paul II stricken by a meteorite, fortuitous yet simple in its absurdity, far from the garish and imposing publicity apparatus carried out on the occasion of the subsequent actual death of the Pontiff. However, it is Morucchio’s reference to classical works of art and to historical imagery, especially from the Veneto area, which transforms his works into something beyond a pure criticism of the system. This dialogue with his surrounding context results in the production of works as contemporary as they are intimately connected to the structure itself of art history. The Main Show re-presents Canova’s Pietà, both Christian iconology and mass media message, as overbearing as it is everlasting, while in Our Ideas will Triumph, a painting conserved

in the Mocenigo Museum of Venice is the crux from which the piece develops. Starting from the narration of a historic fact (the naval battle in which Zaccaria Mocenigo sacrificed his life, as well as those of his entire crew, in order to avoid surrendering to the enemy), Morucchio reflects on the need for martyrs and the contemporary transposition, in a climate of impossibility for dialogue and cohabitation amongst different cultures, where the Muslim kamikaze of today finds himself in the memory of the Venetian sacrifice of the 1600s. The Wolf of Passau, symbol of the ars bellica, continues running in the Hall of the Fireplace, an ideal link between what we were and what we still are.


what it may and at whatever cost! The wolf runs, in the shadows, and possesses himself continuously of new soldiers. He changes his method, but never his goal! If the aim is the overwhelming of the other, the method for reaching this objective and this power transforms. It changes in form and name, and sometimes even in meaning. The method or the mechanism of this overwhelming, is called “war”, is called ”politics”, is called “property”, “state” and “nation”, and for some even “religion”. But the goal always remains “to have power live within us”. The soldier-helmets are always ready to be operated. Naturally lit, the helmets are the “armed wing” of this convex operation. They are the armatures of “war” in a fat “geography of conflict”. Hypotheses not suitable for prime time television, but which nonetheless generate economic profit, even in the long run. Just a quick analysis of the increase in sales, through marketing schemes, of books written, either in apocalyptic or integrated form, dedicated to Iraq, would suffice. The armed devices of that conflict from which we cannot escape, find asylum within these geographical notes, and that “wolf”, who runs in the shadows and who is always within us, is forever ready to inhabit them. Saramicol Viscardi

MALA TEMPORA CURRUNT

Potere politico e temporale. Estetica minimale e suggestioni medioevali. Le antiche Laudes Regiae che risuonano cupe nel Salone. Nel nuovo progetto di Andrea Morucchio si intrecciano passato e presente, spiritualità e laicismo in un percorso visivamente severo, rigoroso e di grande pulizia formale. Il messaggio, però, emerge forte e sembra urlare a chiare lettere l’inquietante legame tra storia antica e politica odierna, squarciando il salone ieraticamente scandito dagli elmi rossi. Si intonavano laudes a Cristo Re per sostenere il potere e la supremazia in terra di coloro che ne diventavano i vicari, attraverso l’incoronazione e la legittimazione spirituale ad un potere, di fatto, ben più radicato tra le nostre povere cose terrene. Ed ecco che allora l’artista richiama la

nostra attenzione sulla politica papale contemporanea, conservatrice e ferma sulle proprie posizioni dogmatiche, quanto sulle ingerenze politiche. Nello stesso tempo il potere statunitense – tutto terreno – si fa portavoce di una nuova esigenza (indotta?) di spiritualità, di giustizia e buoni sentimenti che portano però ad una guerra preventiva – che tanto ricorda le crociate di cristiana memoria – sobillata da certa demagogia che forse qualcosa ha da spartire con l’arte acclamatoria di queste laudes. La riflessione intorno a questi temi si ritrova nel lavoro di diversi artisti contemporanei, con prese di posizione anche molto forti. Il recente progetto Los Anarquistas di Santiago Sierra realizzato a Roma durante la notte di Natale, con la partecipazione di un gruppo di anarchici militanti assoldati dall’artista ad ascoltare in silenzio la Messa del 24 Dicembre officiata dal Papa, ci parla proprio del potere secolare ancora così radicato a Roma; mentre Maurizio Cattelan immortala, ne La Nona Ora, un Papa Giovanni Paolo II abbattuto da un meteorite, accidentale ma semplice nella sua assurdità, ben lontano dall’imponente e sfarzoso apparato pubblicitario realizzato in occasione della successiva morte, vera, del Pontefice. L’interfacciarsi di Morucchio a opere d’arte classiche e immaginari storici, soprattutto veneti, trasforma però i suoi lavori in qualcosa di diverso da una pura critica al sistema: il dialogo con il contesto che lo circonda riesce a produrre lavori tanto attuali quanto intimamente legati alla struttura stessa della storia dell’arte. In The Main Show compare la Pietà del Canova, iconologia cristiana e nello stesso tempo messaggio massmediatico imponente quanto imperituro, mentre in Le nostre idee vinceranno è un dipinto conservato al Museo Mocenigo di Venezia il nodo da cui si sviluppa il lavoro dell’artista. Partendo dalla narrazione di un fatto storico (la Battaglia Navale dove Zaccaria Mocenigo sacrificò la sua stessa vita e quella di tutto l’equipaggio per non arrendersi al nemico), Morucchio riflette sull’esigenza del martirio e della sua trasposizione contemporanea, in un clima di impossibilità di dialogo e convivenza tra diverse culture, dove il kamikaze musulmano di oggi si riflette nel ricordo del sacrificio di un veneziano del Seicento. Il Lupo di Passau, simbolo dell’ars bellica, continua a correre nel salone delCamino, in un ideale legame tra ciò che eravamo, e ciò che tuttora siamo.

Political and temporal power. Minimal aesthetics and medieval suggestions. The medieval Laudes Regiae. In Andrea Morucchio’s new project, past and present, spirituality and secularism are woven together in a visually austere, rigorous path of great formal purity. The message, however, emerges from an urgent need to clearly demonstrate the disturbing link between ancient history and contemporary politics, and in doing so it tears apart the hall hieratically marked by the red helmets. Laudes were chanted to Christ King in efforts to support the earthly power and supremacy of those who were appointed vicars, through the crowning and the spiritual legitimating of a power, which in fact was much more rooted in meager earthly matters. It is here where the artist draws our attention, to contemporary papal politics, as conservative and fixed on its own dogmatic positions as it is on political interferences. Meanwhile, American power, which is entirely earthly, is the voice of a new (induced?) urgency for spirituality, justice and good feelings which has nonetheless lead to a preventive war – which in many ways recalls the Christian Crusades – instigated by certain demagogy, which may have something in common with the acclamatory art of these laudes. Various contemporary artists, with strong political opinions, have also treated these themes in their works. Santiago Sierra’s recent project Los Anarquistas, carried out in Rome on Christmas Eve, with the participation of a group of militant anarchists hired by the artist to listen in silence to the Mass officiated by the Pope, speaks of the secular power still so deeply rooted in Rome. While with La Nona Ora, Maurizio Cattelan immortalized a Pope John Paul II stricken by a meteorite, fortuitous yet simple in its absurdity, far from the garish and imposing publicity apparatus carried out on the occasion of the subsequent actual death of the Pontiff. However, it is Morucchio’s reference to classical works of art and to historical imagery, especially from the Veneto area, which transforms his works into something beyond a pure criticism of the system. This dialogue with his surrounding context results in the production of works as contemporary as they are intimately connected to the structure itself of art history. The Main Show re-presents Canova’s Pietà, both Christian iconology and mass media message, as overbearing as it is everlasting, while in Our Ideas will Triumph, a painting conserved

in the Mocenigo Museum of Venice is the crux from which the piece develops. Starting from the narration of a historic fact (the naval battle in which Zaccaria Mocenigo sacrificed his life, as well as those of his entire crew, in order to avoid surrendering to the enemy), Morucchio reflects on the need for martyrs and the contemporary transposition, in a climate of impossibility for dialogue and cohabitation amongst different cultures, where the Muslim kamikaze of today finds himself in the memory of the Venetian sacrifice of the 1600s. The Wolf of Passau, symbol of the ars bellica, continues running in the Hall of the Fireplace, an ideal link between what we were and what we still are.


Andrea Morucchio Venezia 1967 www.morucchio.it

Progetti e mostre personali / Solo projects and exhibitions 2007 Laudes Regiae Progetto installativo / Installation project Ex Convento Santi Cosma e Damiano Giudecca, Venezia 2006 Emerging Code Foto, scultura / Photo, sculpture Galerie Rossella Junck, Berlin 2006 Emerging Code Foto, scultura / Photo, sculpture Despard Gallery, Hobart 2004 Pulse_Red Progetto di arte pubblica / Public art project Dogana Da Mar, Venezia 2003 Eidetic Bush Progetto multimediale / Multimedia project Plimsoll Gallery, Tasmanian School of Art Hobart

Mostre collettive / Group exhibitions

Attività curatoriale / Curatorial activity

2006 Julutställning Scultura, fotografia / Sculpture, photo Utställningssalongen, Stockholm

2006 Eclipse of Reason Islington Hotel Gardens, Hobart

2006 Open Space Fotografia / Photo Centro Culturale Candiani, Mestre 2006 Dis-orders Video Fondazione Bevilacqua La Masa, Palazzetto Tito, Venezia 2006 Glassdressing Ogetti indossabili / Wearable objects Museo Cà Rezzonico, Venezia Museo Revoltella, Trieste 2005 Hollywood Fotografia / Photo Galleria Contemporaneo, Mestre

2003 Percer_Voir#2 Installazione ambientale / Environnmental installation Royal Tasmanian Botanical Gardens, Hobart

2003 Snap:shots, Blank Instructions for Possibilities Fotografia, interventi urbani / Photo, urban interventions Bassano

2002 Le Nostre Idee Vinceranno Progetto multimediale / Multimedia project Museo Mocenigo, Venezia

2003 Fragile Beauty Scultura / Sculpture Stiftung Starke, Berlin

2002 Percer_Voir#1 Installazione ambientale / Environnmental installation Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia

2002 Vasi Comunicanti Scultura / Sculpture Numerouno Design Center, Verona

2000 Dinamiche Scultura, video / Sculpture, video Rossella Junck Gallery, Venezia

2002 Opera Buona Scultura / Sculpture Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia 2001 Il Lento Procedere Scultura / Sculpture Schola dei Tiraoro e Battioro, Venezia

2005 Hollywood Galleria Contemporaneo, Mestre, Venezia 2005 Mars Pavilion Serra ai Giardini e aree urbane / Gardens Greenhouse and urban areas Venezia 2004 Petrologiche Galleria A+A e aree urbane / A+A Gallery and urban areas Venezia

Collezioni / Collections 2006 Islington Hotel, Hobart, Installazione / Installation Percer_Voir#2 2005 Moorilla Museum, Hobart, Sculture / Sculptures Blade#10 and Enlightenments#3 2001 Museo del Vetro, Murano, Venezia, Scultura / Sculpture Enlightenments#5

Riconoscimenti / Recognitions 2003 Claudio Alcorso Foundation Artist in Residence Tasmanian School of Art, University of Tasmania, Hobart 2003 relatore / relator Art Forum Lectures, Dechaineux Lecture Theatre, Tasmanian School of Art, Hobart 2001 Diploma d’Onore / Honorary Diploma 8th Jutta Cuny-Franz Foundation Memorial Museum Kunst Palast, Düsseldorf


Andrea Morucchio Venezia 1967 www.morucchio.it

Progetti e mostre personali / Solo projects and exhibitions 2007 Laudes Regiae Progetto installativo / Installation project Ex Convento Santi Cosma e Damiano Giudecca, Venezia 2006 Emerging Code Foto, scultura / Photo, sculpture Galerie Rossella Junck, Berlin 2006 Emerging Code Foto, scultura / Photo, sculpture Despard Gallery, Hobart 2004 Pulse_Red Progetto di arte pubblica / Public art project Dogana Da Mar, Venezia 2003 Eidetic Bush Progetto multimediale / Multimedia project Plimsoll Gallery, Tasmanian School of Art Hobart

Mostre collettive / Group exhibitions

Attività curatoriale / Curatorial activity

2006 Julutställning Scultura, fotografia / Sculpture, photo Utställningssalongen, Stockholm

2006 Eclipse of Reason Islington Hotel Gardens, Hobart

2006 Open Space Fotografia / Photo Centro Culturale Candiani, Mestre 2006 Dis-orders Video Fondazione Bevilacqua La Masa, Palazzetto Tito, Venezia 2006 Glassdressing Ogetti indossabili / Wearable objects Museo Cà Rezzonico, Venezia Museo Revoltella, Trieste 2005 Hollywood Fotografia / Photo Galleria Contemporaneo, Mestre

2003 Percer_Voir#2 Installazione ambientale / Environnmental installation Royal Tasmanian Botanical Gardens, Hobart

2003 Snap:shots, Blank Instructions for Possibilities Fotografia, interventi urbani / Photo, urban interventions Bassano

2002 Le Nostre Idee Vinceranno Progetto multimediale / Multimedia project Museo Mocenigo, Venezia

2003 Fragile Beauty Scultura / Sculpture Stiftung Starke, Berlin

2002 Percer_Voir#1 Installazione ambientale / Environnmental installation Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia

2002 Vasi Comunicanti Scultura / Sculpture Numerouno Design Center, Verona

2000 Dinamiche Scultura, video / Sculpture, video Rossella Junck Gallery, Venezia

2002 Opera Buona Scultura / Sculpture Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia 2001 Il Lento Procedere Scultura / Sculpture Schola dei Tiraoro e Battioro, Venezia

2005 Hollywood Galleria Contemporaneo, Mestre, Venezia 2005 Mars Pavilion Serra ai Giardini e aree urbane / Gardens Greenhouse and urban areas Venezia 2004 Petrologiche Galleria A+A e aree urbane / A+A Gallery and urban areas Venezia

Collezioni / Collections 2006 Islington Hotel, Hobart, Installazione / Installation Percer_Voir#2 2005 Moorilla Museum, Hobart, Sculture / Sculptures Blade#10 and Enlightenments#3 2001 Museo del Vetro, Murano, Venezia, Scultura / Sculpture Enlightenments#5

Riconoscimenti / Recognitions 2003 Claudio Alcorso Foundation Artist in Residence Tasmanian School of Art, University of Tasmania, Hobart 2003 relatore / relator Art Forum Lectures, Dechaineux Lecture Theatre, Tasmanian School of Art, Hobart 2001 Diploma d’Onore / Honorary Diploma 8th Jutta Cuny-Franz Foundation Memorial Museum Kunst Palast, Düsseldorf


LAUDES REGIAE Progetto installativo di / Installation project by Andrea Morucchio Salone del Camino, Ex Convento Santi Cosma e Damiano Giudecca, Venezia 08.06 / 29.07.2007

Note tecniche sull’installazione / Technical notes about the installation / Quindici elementi installativi, di vetro soffiato e satinato, 45x35x36 cm cad. Gli elementi in vetro sono la copia del cosidetto Elmo di Attila (collezione dell’ Armeria di Palazzo Ducale, Venezia) una celata a becco di passero (XIV secolo) la cui originalità deriva da una peculiare armonia plastica e un carattere “arcaico” / Una lastra di vetro satinato 58x24 cm su cui è impressa l’immagine del Passauer Wolf, un lupo in posizione di corsa, che veniva punzonato sulle spade prodotte nel Medioevo nella omonima città Bavarese / Una proiezione pulsante a parete dell’immagine del Passauer Wolf / La diffusione del brano musicale Laudes Regiae – coro per messa di incoronazione – tratto dal Manoscritto di Bamberg (XI secolo) eseguito da Schola Bamberg / Fifteen installation elements in frosted, blown glass, 45x35x36 cm each. The glass helmets are copies of the so-called Attila’s Helmet (collection of the Armoury of the Doge’s Palace, Venice) a sparrow’s beak sallet (XIV century) of which the uniqueness stems from a particular harmonious form and “archaic” character / An embedded sheet of frosted glass 58x24 cm on which the image of the Passauer Wolf, a wolf in running position which was emblazoned on the blades of the swords produced in the Medieval Bavarian city bearing the same name. / A pulsating wall projection of the image of the Passauer Wolf. / The repetition of the musical passage Laudes Regiae – chorus for the crowning mass – taken from the Bamberg Manuscript (XI century), sung by the Schola Bamberg.

Promosso da / Promoted by

Incontro di discussione / Discussion meeting Giorgio Agamben e Antonio Negri a cura di Marcello Tarì, Uninomade Nordest

Comune di Venezia Assessorato alla Produzione Culturale Assessorato alle Politiche Giovanili e alla Pace Municipalità di Venezia, Murano, Burano

Ufficio stampa / Press office Musei Civici Veneziani Marketing, Immagine e Comunicazione Monica da Cortà Fumei, Riccardo Bon, Alessandro Paolinelli, Sofia Rinaldi

Con il contributo di / With the contribution of

marco polo

glass gallery & studio s.r.l.

Sponsor tecnici / Technical sponsor

www.pukmusic.com

LINEA ARIANNA MURANO

In collaborazione con / In collaboration with Maria Livia Brunelli home gallery www.marialiviabrunelli.com

Creativity and Communication www.fnv.co.it

Cosma e Damiano Artisti artigiani associati

Sound light designer Vito Donatini Realizzazione tecnica / Technical realization Giorgio Giuman, Marco Giuman, Michele Giuman, Primo Guarnieri, Antonio Karageorgos (Linea Arianna) Alessandro Ervas (Artistica Ferro), Vito Donatini, Michele Maglich, Mattia Berti (PUK audio light service) Roberto, Gaston Ramirez Feltrin Grazie a / Thanks to Beppe Caccia, Luana Zanella, Guido Granara, Monica Da Cortà Fumei, Giandomenico Romanelli, Laura Scarpa, Lorenzo Cinotti, Famiglia Morucchio, Fabio Bianco, Rodolfo Sezzi, Giovanni Inghilleri, Francesco Fracassi (Cosma e Damiano Artisti Artigiani Associati), Stefano Bettini, Enzo Castelli, Plinio Danieli, Matteo Rosso, Laura Riolfatto, Manuel Frara, Carlo Zacchello, Diego Zanda (Veneta Cornici), Felix Schoeber Testi / Texts Maria Livia Brunelli, Saverio Simi de Burgis, Beppe Caccia, Manuel Frara, Paolo Toffoluti, Saramicol Viscardi, Luana Zanella Foto / Photo Andrea Morucchio Grafica / Graphic design Matteo Rosso Traduzioni / Translations Giuliana Racco Stampa / Print Grafiche Veneziane


LAUDES REGIAE Progetto installativo di / Installation project by Andrea Morucchio Salone del Camino, Ex Convento Santi Cosma e Damiano Giudecca, Venezia 08.06 / 29.07.2007

Note tecniche sull’installazione / Technical notes about the installation / Quindici elementi installativi, di vetro soffiato e satinato, 45x35x36 cm cad. Gli elementi in vetro sono la copia del cosidetto Elmo di Attila (collezione dell’ Armeria di Palazzo Ducale, Venezia) una celata a becco di passero (XIV secolo) la cui originalità deriva da una peculiare armonia plastica e un carattere “arcaico” / Una lastra di vetro satinato 58x24 cm su cui è impressa l’immagine del Passauer Wolf, un lupo in posizione di corsa, che veniva punzonato sulle spade prodotte nel Medioevo nella omonima città Bavarese / Una proiezione pulsante a parete dell’immagine del Passauer Wolf / La diffusione del brano musicale Laudes Regiae – coro per messa di incoronazione – tratto dal Manoscritto di Bamberg (XI secolo) eseguito da Schola Bamberg / Fifteen installation elements in frosted, blown glass, 45x35x36 cm each. The glass helmets are copies of the so-called Attila’s Helmet (collection of the Armoury of the Doge’s Palace, Venice) a sparrow’s beak sallet (XIV century) of which the uniqueness stems from a particular harmonious form and “archaic” character / An embedded sheet of frosted glass 58x24 cm on which the image of the Passauer Wolf, a wolf in running position which was emblazoned on the blades of the swords produced in the Medieval Bavarian city bearing the same name. / A pulsating wall projection of the image of the Passauer Wolf. / The repetition of the musical passage Laudes Regiae – chorus for the crowning mass – taken from the Bamberg Manuscript (XI century), sung by the Schola Bamberg.

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Incontro di discussione / Discussion meeting Giorgio Agamben e Antonio Negri a cura di Marcello Tarì, Uninomade Nordest

Comune di Venezia Assessorato alla Produzione Culturale Assessorato alle Politiche Giovanili e alla Pace Municipalità di Venezia, Murano, Burano

Ufficio stampa / Press office Musei Civici Veneziani Marketing, Immagine e Comunicazione Monica da Cortà Fumei, Riccardo Bon, Alessandro Paolinelli, Sofia Rinaldi

Con il contributo di / With the contribution of

marco polo

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LINEA ARIANNA MURANO

In collaborazione con / In collaboration with Maria Livia Brunelli home gallery www.marialiviabrunelli.com

Creativity and Communication www.fnv.co.it

Cosma e Damiano Artisti artigiani associati

Sound light designer Vito Donatini Realizzazione tecnica / Technical realization Giorgio Giuman, Marco Giuman, Michele Giuman, Primo Guarnieri, Antonio Karageorgos (Linea Arianna) Alessandro Ervas (Artistica Ferro), Vito Donatini, Michele Maglich, Mattia Berti (PUK audio light service) Roberto, Gaston Ramirez Feltrin Grazie a / Thanks to Beppe Caccia, Luana Zanella, Guido Granara, Monica Da Cortà Fumei, Giandomenico Romanelli, Laura Scarpa, Lorenzo Cinotti, Famiglia Morucchio, Fabio Bianco, Rodolfo Sezzi, Giovanni Inghilleri, Francesco Fracassi (Cosma e Damiano Artisti Artigiani Associati), Stefano Bettini, Enzo Castelli, Plinio Danieli, Matteo Rosso, Laura Riolfatto, Manuel Frara, Carlo Zacchello, Diego Zanda (Veneta Cornici), Felix Schoeber Testi / Texts Maria Livia Brunelli, Saverio Simi de Burgis, Beppe Caccia, Manuel Frara, Paolo Toffoluti, Saramicol Viscardi, Luana Zanella Foto / Photo Andrea Morucchio Grafica / Graphic design Matteo Rosso Traduzioni / Translations Giuliana Racco Stampa / Print Grafiche Veneziane





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