Periodico degli studenti del Liceo ‘Porporato’ di Pinerolo - Anno XIII, n.4, maggio 2013 www.liceoporporato.it/studenti/onda/onda_d'urto.htm
ins. resp. Antonio Denanni/Joram Gabbio
Indice: Editoriale: p. 2 In bocca al lupo della Preside: p.2 Olimpiadi di italiano: p 2 Maturità e amicizia: p.3 Maturità: un rito di passaggio?: p .3 I prof si raccontano: p. 4-5 Intervista alla prof. Melis: p. 5 Speciale prima prova: p. 6-7 Speciale seconda prova: p. 8-11
Pensando alla maturità… dalla terza: p. 12 Scelte post-diploma: p. 12 Visitando Torino: p. 13 Politica e arte: p. 13 La VB P e la maturità: p. 14 Dialogando col primino: p. 15 Ipse dixit: p. 16
Maturità all’estero: p. 17 Supplemento d’anima: p. 18 Intervista a F. Costa: p 19 Gita in Grecia: p. 20 Dall, Ecuador: p. 21 Artisti e campioni: p. 22
Gli esami …. non finiscono mai La nostra Preside racconta il suo esame Maggio 2013: tempo di concentrazione e di studio, di affanni e fatica, di ripasso fino all’ultimo minuto, di agende piene di scadenze e impegni che non si sanno più gestire, ma anche di bilanci, ansie e progetti, con lo sguardo all’anno che verrà, in questa primavera che proprio non vuole arrivare. Quando, a settembre, ho incontrato i ragazzi della redazione, ho avuto la conferma che tutti coloro che vivono nella scuola finiscono per condividere, anche se con ruoli diversi, emozioni, obiettivi, percorsi, difficoltà, sogni. Il primo giorno di scuola dei ragazzi è, in qualche modo, anche il “mio” primo giorno di scuola; l’esame finale è un po’ anche il “mio” esame finale; credo che molti insegnanti si riconoscano in questo e rivivano tutti gli anni alcune delle sensazioni provate come studenti. L’esame di stato o “di maturità”, secondo la vecchia denominazione, segna un passaggio importante nel percorso di ciascuno ed è forse per questa ragione che tanti adulti ne hanno ancora un ricordo nitido cui ritornano nelle conversazioni con amici, colleghi, ex compagni di scuola, figli. Anch’io ricordo perfettamente la fatica, l’ansia, il caldo e la stanchezza di un esame di oltre 30 anni fa, i titoli dei temi, la versione di greco, gli argomenti dell’orale, le facce di compagni e professori e le settimane di studio con il desiderio che tutto finisse il prima possibile. Il vecchio esame era, forse, più facile di quello attuale: due prove scritte e l’orale su due materie, con una commissione tutta esterna, tranne che per un insegnante della classe, il commissario interno, che assumeva il compito di informare i colleghi esterni e veniva considerato dai ragazzi come il proprio difensore, il baluardo cui aggrapparsi nei momenti di sconforto. Ripenso ancora alla mia insegnante di greco, Germaine Jouvenal, professionista rigorosa e donna di grande cultura, sempre presente con la sua competenza e la sua sensibilità. Con gli anni si scopre che l’esame si carica di tanti significati per moltissime altre ragioni: è, per molti, il primo scoglio da superare nel percorso dall’adolescenza all’età adulta, oltre il quale si passa da una quotidianità un po’ ripetitiva, controllata e controllabile, all’incertezza del futuro; dalla classe e dal gruppo dei compagni, con cui si è condiviso quasi tutto per almeno cinque anni, al mondo universitario o all’inserimento lavorativo, con tutte le loro incognite. Si scopre anche, però, che l’esame di stato non è altro che un primo saggio delle prove da superare per crescere e rimettersi in discussione, con la convinzione che non ne sappiamo mai abbastanza, che studiare, riflettere, cambiare, porsi nuovi traguardi ci aiuta a mantenerci vivi e a migliorare e che è proprio per questo che gli esami non finiscono mai. Fino a quando avremo l’umiltà e la forza di affrontare un esame, di rendere conto agli altri di quello che siamo e facciamo, mettendoci tutte le nostre energie, potremo ancora sperare di migliorare noi stessi e quel che ci circonda. Sappiamo bene come sia necessario, dati i tempi! Un “in bocca al lupo” a tutti ed in particolare ai ragazzi e alle ragazze del quinto anno! Maria Teresa Ingicco
I frutti maturi Estate, ecco il tempo dei frutti maturi. Rigogliosi, freschi, vividi, succosi, nutrienti, saporiti. Questi i frutti che crescono sugli alberi: sono sferzati dalla brezza e scaldati dal sole, avvolti nel tepore del maggio odoroso, alimentati dalla linfa degli alberi. Estate. Ecco il tempo della maturità. E al Porporato i frutti maturi sono i nostri ragazzi, quelle ennesime nidiate di pulcini entrati nel Porporato cinque anni fa, ed ora pronti per spiccare il volo. Cari ragazzi, speriamo di aver stillato un po’ di linfa per farvi sbocciare nella vostra maturità. Che non è poi solo un esame, ma è una tappa, e pure un arrivo ed una partenza. I nostri frutti siete voi, e l’albero Porporato di voi è orgoglioso; voi con le vostre paure e le vostre speranze, con le vostre ansie da notte prima degli esami e con il vostro entusiasmo di cambiare il mondo. Sapete, anche tutti noi insegnanti, chi prima chi dopo, abbiamo avuto diciannove anni, anche se ve ne scordate qualche volta voi, e spessissimo noi per primi. Accompagnarvi all’esame di maturità ci fa un po’ pensare alla nostra maturità, avendo imparato che non è un momento, ma un cammino. Anche noi volevamo cambiare il mondo, e sono sicuro che ognuno di noi un po’ ci è riuscito, seppur non esattamente nei modi e nei termini in cui pensava di farlo. Dedicato a tutti quelli che credono in una speranza, profumata di maggio, di frutti maturi, di gioventù. Joram Gabbio
NEL NOME DEL VERBO Gli atleti olimpionici, incoronati di alloro, non competono solo nella corsa e nel salto: è il terzo anno, ormai, che il titolo è stato esteso anche alla nostra lingua. Sì, anche se in pochi lo sanno, le Olimpiadi di Italiano radunano annualmente studenti e professori da tutta la nazione e dall’estero per discutere di parole e grammatica. Un modo per conoscersi e dialogare con persone lontane da noi, per scoprire le differenze e le uguaglianze che rendono ogni istituto diverso dagli altri e l’Italia unita. Un punto d’incontro e confronto che gravita attorno al più grande elemento di coesione, la lingua, nei suoi aspetti più tecnici e fini. Pochi giorni prima della competizione regionale, abbiamo scoperto che l’iniziativa ha ricevuto il patrocinio del Presidente della Repubblica ed è lecito dire che questo è un fatto importante perché mostra il dovuto riconoscimento delle istituzioni nei confronti dell’aspetto culturale che maggiormente ci ha influenzato e formato, rendendoci ciò che siamo. La lingua italiana rende orgoglioso chi la parla, trasuda storia e nomi degni di onore: merita la nostra attenzione e il nostro studio perché ci permette a sua volta di collocarci nella storia attuale senza rincorrere nessuno. Partire dalla sua grammatica, dai fondamenti, può essere il miglior modo per conoscerla veramente, forse per la prima volta. Maria Finello 2
Quel poco di più dell’amicizia In quella grigia mattina di metà aprile, in cui il sole tardava a farsi vedere, durante la lezione di filosofia, Erika non riusciva a mantenersi concentrata. I pensieri si ingarbugliavano e si confondevano nella sua testa: la maturità ormai vicina, le verifiche, le interrogazioni.. Ciò che però sembrava non aver proprio voglia di lasciarla stare era un piccolo estratto di un libro, letto la sera precedente. Un’ autobiografia, scritta da un tale Jesse Owens, un atleta americano ma di colore, vissuto durante l’era nazista, che si trovò, durante le Olimpiadi del 1936, a sfidare il tedesco Luz Long, il favorito appoggiato da Hitler.
Maturità: un rito di passaggio?
“Quando venne il momento per le prove del salto in lungo, allibii nel vedere un ragazzo altissimo che saltava quasi otto metri in allenamento. Seppi che era un tedesco, Luz Long; e mi dissero che Hitler l’aveva tenuto in serbo per la vittoria nella gara di salto. Pensai che, se Long avesse vinto, questo sarebbe stato un altro appiglio alla teoria nazista della superiorità della razza germanica. Trattomi un poco in disparte, sferrai un calcio di rabbia al terreno. A un tratto mi sentii una mano sulla spalla. Mi volsi e mi trovai a guardare negli occhi azzurri e affabili l’alto campione tedesco di salto in lungo. Si era qualificato per le finali alla prima prova. Mi diede una forte stretta di mano […]. Il risultato fu che Luz superò il suo stesso primato; e questo mi spinse a ottenere il massimo delle mie possibilità. Mi ricordo che, nell’istante in cui toccai terra dopo il mio salto finale, il salto che stabilì il primato olimpico di m 8,0594, Luz mi fu a fianco per congratularsi con me. Nonostante Hitler ci fulminasse con gli occhi dalla tribuna a non più di un centinaio di metri, Luz mi strinse fortemente la mano: e la sua non era certo la stretta di mano di uno che vi sorride con la morte nel cuore. Si potrebbero fondere tutte le medaglie e le coppe d’oro che ho e non servirebbero a placcare in oro a 24 carati l’amicizia che sentii per Luz Long in quel momento.” Erika, malgrado la voce squillante del professore la incalzasse ad abbandonare i propri pensieri, proprio non riusciva a smettere di pensare ad un segno di amicizia così forte e sincero, non riusciva a non chiedersi cosa avrebbe fatto lei al posto del tedesco. Gli ultimi dieci minuti della lezione il professore, come promesso, si mise a distribuire le verifiche fatte il sabato precedente. Erika rimase stupita di fronte al suo 8, che sì, era certo un ottimo voto, ma non era quello che s’aspettava. La filosofia era forse la materia che più le piaceva, nonostante poi in classe non la seguisse, e solitamente i suoi voti erano sempre i più alti. Per la delusione, sarebbe scoppiata a piangere ma il suo orgoglio glielo impediva. La giornata si prospettava certo più nera del previsto. D’un tratto si sentì stringere alle spalle, una morsa inaspettata quanto soffocante. Era Elena, venuta a ringraziarla perché il pomeriggio di studio fatto insieme le aveva permesso di prendere un, per lei, magnifico ed inusuale, 8+. Forse forse, pensò Erika, sarebbe ancora potuto uscire il sole.
Ogni tipo di società ha avuto i propri riti di passaggio. Che siano uccidere un animale selvatico a meni nude dopo giorni di digiuno o combinare un matrimonio conveniente, essi sono caratterizzati da uno scopo comune: raggiungere la maturità fisica e mentale. D'altronde, come sostiene lo studioso A. Van Gennep, questi riti sono <<cerimonie, il cui fine è identico: far passare l’individuo da una situazione determinata a un’altra anch’essa determinata>>. Dunque, in qualche modo, essi sono espressioni esemplificative del periodo storico in cui sta vivendo un determinato gruppo umano e, se un tempo era necessario avere resistenza e forza per sopravvivere, ora più che mai è indispensabile “avere cervello” per farsi strada nella vita e nel lavoro. Ed ecco che giungiamo all’esame di maturità. Probabilmente è esagerato definirlo “rito di iniziazione” (per conferma chiedete a coloro che frequentano l’ultimo anno di liceo), ma possiamo almeno pensare che esso sia una sorta di spartiacque tra l’adolescenza e l’età adulta. Sì,insomma, una volta finite le superiori s’inizia a pensare seriamente e individualmente al proprio futuro, più intensamente di quanto si era fatto nei diciannove anni precedenti. In sostanza, quindi, la maturità è qualcosa che spaventa e forse è proprio per questo che è stata così frequentemente oggetto di libri, canzoni e film. In particolare nell’ultimo periodo dove abbiamo potuto assistere ai vari “Notte prima degli esami” e “Immaturi”, nei quali spiccano sovrani adolescenti stereotipati e uomini e donne adulti che non vogliono crescere. Tutte storie realistiche, certo, ma non particolarmente azzeccate. Purtroppo è difficile cogliere quel particolare momento di transizione e ancora più difficoltoso è far sì che uno studente si possa riconoscere nelle storie e nei personaggi. In conclusione, i più concordano su due cose: la maturità è una brutta bestia e non aspettatevi troppo dai film che trattano l’argomento.
Selene Evangelisti
Lucrezia Simondi 3
turità rim andata....
Negli an ni pacata ri '70 la Maturità in tu iziava il 1 imprevis alità fino al ve nti del m luglio e si dipa to: la pro nav va corse ese. Ma sul filo! quell'ann a con la sua o accad Un argu de un to birbo ne, spa convinse cciandos un'incau i per u ta suora risponde n ispett di nz ore min custodita a” dei temi co una scuola di V iste igevano ntenuti nella ca a “contro riale, n telefonate ella bu ssaforte llare la sta che di ogni , che c Passero Is , non co ollegò i matura tituto.... Segu ai tempi era n un clic ì un dil ndi da che com uvio di k, posero i V numeri s né con un post, etta d'Italia a suorina ul disco m Ca se n'av a con m rotan vid sostenem igliaia di po ditini mo la pro e, avvisò il M te del telefono fis Il passo v in da De O a di Latino , il gio istero e così. so. Anche la .. il 2 alteri ali rno segu fficiis di qu luglio ente Itali C ano. augere m id et hominem icerone, così in iz agis est ia h o v m a : Detra inis inco contra n dolor, q here ig mmod atu ua externis. m cetera, quae ram quam mors o suum comm itur , odum Nam prin q p cipio toll ossunt aut corp uam paupertas, it convic q o ua ri accide tum hum Solo una re aut re m anum et coincide s o cietatem bus nza? Vilma Tri . bolo
una ltato asco ggi i o cepivo i, ho r arm ied lass i di ier llora pe io er ri d m a, p turan se già a mai il à a e l tem ma r a de ust dei ti, anch non sa rove e erlo rim p t ra p ne m Vendi matica illo, le tina M la se anzo di ate qu Cris che la c mi” tran la m ordo i volte egli esa “...... sonno ! e Ric d d di iso a e c sim ina dec e prim o l’in na nott unghis t e t l “No e estran ”. Poi u canze . com tiere ... elle va d mes ire .... segu
1976: Ma
ESAME DI MATURITA’ VERONA LICEO MAFFEI PRIMA PROVA: italiano, Silvia dice che non si ricorda più come si scrive!!! SECONDA PROVA: latino, decido di sedermi lontana da Silvia. PROVA ORALE: professoressa di greco/ ultimi giorni di lavoro prima della pensione/ arrabbiata, anzi, molto arrabbiata, lei prof.ssa di Milazzo con i commissari del Nord! Pensiero nobile: questa volta sono fregata! Visione immobile: gli occhi della mia prof.ssa (Caterina, commissaria interna di italiano ) che mi dice “falle vedere che vi abbiamo insegnato qualcosa. Dai Turri, almeno tu resisti agli aoristi, a Euripide, a Medea!” OGGI: benedetti giorni! Benedetta prof.!! Grazie Caterina, grazie prof. Di Milazzo, ma soprattutto grazie Euripide, Leopardi, grazie Liceo! Elena Turri
Quanto te mp non ho gra o ahimé è passato d alla mia m nd aturità: 19 stato rimo i ricordi di ciò che 73. E fors sso. Ma h è avvenuto e proprio o ben chia particolare per ro il ricord “dentro” l’esame, l’attesa pe e o probabilm questo c r il viaggio (incredibil i ciò che a ente vv m , il fidanzate, ente unita e affiatata grande viaggio: co eniva “intorno” all’e molto è saremmo n , same, in u tutta la cla n gruppo d part stato un co sse nto alla ro iti subito dopo i ris i amici veri), insie m vescia, un u piccolo co ltati per un mese di e a fidanzati e Giulio Am ntrattempo Inghilterra eglio . L’esame prima di u è n’estate p iena di tutt o. Una torrida estate. Ritornare col pensiero alla maturità mi riporta a un periodo bellissimo di cui molte cose si sono perse. E le poche cose rimaste sono comunque belle. Degli esami ho un vago ricordo di Pirandello (che mi aveva appassionato), e dei complimenti ricevuti (e il mio professore con me) per la conversazione d'inglese, precisa e fluida. Invece quello che mi è maggiormente rimasto impresso è il periodo precedente. Finiti gli esami scritti ci si preparava agli orali. Ma a Messina studiare nel mese di luglio era un tormento per il gran caldo! Così con la mia compagna di banco, Irene, ci siamo rifugiate nella casa di campagna della nonna, in un paesino della provincia. Ci svegliavamo alle quattro e mezza per studiare il più possibile nelle ore più fresche e la nonna preparava colazioni nutrienti ... A una certa ora, quando la concentrazione calava, andavamo a prendere il sole sul terrazzo e poi ci rinfrescavamo (si fa per dire, perché l'acqua a volte era caldissima) con la gomma per innaffiare. Eravamo molto affiatati tra di noi, tant'è che nel nostro cinquantesimo compleanno ci siamo voluti ritrovare (qualcuno non è potuto intervenire, perché all'estero, o lontano, o perché aveva altri impegni). Ci ha ospitati Mariano che ad Acireale ha un Centro Termale, con piscina con acque sulfuree... il profumo delle siepi odorose, il menù e la torta a tema, tutto era perfetto! Che emozioni, e risate, e senso di gratitudine mentre ci ricordavamo l'un l'altro gli episodi più comici, di quel passato che sembrava appena trascorso! Da allora, soprattutto quelli che viviamo lontani, ci sentiamo per sapere se durante le vacanze estive si riesce di incontrarsi ancora. Una vera festa!!! Che fantastica storia è la vita! Angela Donato 4
Se con impegno tutto è possibile Maturità anno 1973… L’ansia per gli esami iniziò a farci tremare e soffrire fin dall’inizio della scuola , perché capimmo subito che quell’anno sarebbe stato lungo e difficile. Si dava per certa la seconda prova scritta di matematica, anziché quella di latino, perché erano ormai due anni di seguito che gli autori latini tormentavano gli studenti dell’Istituto Magistrale. La nostra professoressa di matematica decise quindi di torturarci con un compito scritto alla settimana: problemi e problemi a non finire, tanto da far crescere una naturale avversione per la materia, soprattutto in chi non si sentiva affatto attratto dal mondo dei numeri. Sorpresa! Anche quell’anno uscì latino. A quei tempi l’esame era diverso dall’attuale, non si portava nessuna tesina e il candidato aveva il vantaggio di scegliere la materia da cui partire nel colloquio: naturalmente ognuno si affidava ai propri “cavalli di battaglia”, facendo gli scongiuri che la commissione esterna accettasse le proposte individuali. La prof. di matematica ci disse subito che almeno quattro di noi avrebbero dovuto immolarsi, proponendo la sua materia come prima disciplina per l’orale per salvare i compagni in difficoltà e indicò lei un elenco di candidati. Non potete immaginare il mio sconcerto quando seppi di essere una dei prescelti; subito pensai ad un errore, perché era abbastanza lampante il mio naturale interesse per italiano e filosofia. La triste decisione mi venne però confermata e non mi restò nient’altro da fare che tuffarmi in un mondo fino a quel momento poco conosciuto e per niente amato. Chiaramente non mi sono iscritta a Matematica , ma ho capito che con un po’ di fatica ed impegno tutto è possibile ed anche una schiappa può dignitosamente superare un’interrogazione di matematica. Coraggio ragazzi!
Amarcord Porporato Intervista alla prof. Melis, ora Dirigente scolastica A cura di V. Santoriello Con piacere dedichiamo una breve intervista alla prof. Melis, già insegnante e vicePreside del Porporato, ricordata da molti colleghi e studenti con stima e simpatia (ndr) Salve Professoressa, come sta? Ci parli un po' del suo nuovo incarico. Il nuovo incarico comporta notevoli responsabilità. La gestione complessiva della scuola si configura come una quotidiana e complessa azione di supporto organizzativo e didattico finalizzata al coordinamento dell’operato delle varie componenti professionali e alla condivisione di obiettivi e programmi relativi alle scelte significative della vita scolastica. Il tutto è reso ancora più complicato dalla presenza di numerosi vincoli, quali le risorse umane e finanziarie, le procedure e le sequenze di norme di non così immediata applicazione. Purtroppo non si può seguire un semplice algoritmo ma è richiesta, invece, una grande flessibilità per integrare organicamente idee e progetti con la realtà contestuale in cui ci si trova ad operare. Le manca l'insegnamento? Ogni tanto cerca di spiegare cos'è il coseno ad uno scolaretto? Dopo anni di insegnamento è inevitabile. Mi mancano le discussioni, le domande, lo stupore nel constatare brillanti capacità di ipotesi interpretative in giovani studenti. Per contro non sento, invece, la mancanza dei compiti da correggere. Non tanto per la fatica, ma per quell’inevitabile senso di frustrazione che provavo quando realizzavo che gli argomenti, che peraltro credevo di aver spiegato in modo chiaro, non erano stati capiti …. Né dimentico quando, cercando di spiegare un qualche fenomeno fisico, notavo sbadigli mal trattenuti! Non riuscivo proprio a capacitarmi di come potesse essere possibile non restare affascinati dalle teorie che ti consentono di dare una chiave di lettura della realtà. Evidentemente mi è sfuggito qualche dettaglio. Non dover spiegare il coseno o le derivate mi offre un grande vantaggio: i bambini sorridono sempre quando mi incontrano e se sbadigliano significa semplicemente che hanno sonno …. Cosa le manca del Porporato ? Sicuramente sento la mancanza di tutti i colleghi, degli studenti e del personale non docente con cui, per anni, ho condiviso progetti, idee e anche tante risate. Mi mancano soprattutto i rapporti interpersonali e quella sintonia che consente, dopo anni di frequentazione, di interpretare anche un silenzio. Ha ancora modo di coltivare quella che, grazie all' impegno e la passione che metteva nelle sue lezioni, abbiamo compreso essere la sua grande passione, la matematica? In che modo? In quest’ultimo periodo ho potuto sfruttare le competenze matematiche solo per far quadrare i conti del bilancio! Sinceramente non ho più tempo libero ma mi ripropongo, durante le ferie estive, di dedicarmi a quelle letture specifiche che, da sempre, mi hanno affascinato e incuriosito.
Laura Amprimo
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La prima prova, consigli per l’uso Intervista ad un ex– maturando Abbiamo deciso di intervistare un ex allievo ed ex rappresentante di istituto del Liceo Porporato, Omar El Hamdani, per raccogliere le sue emozioni e impressioni riguardo alla prima prova d'esame di maturità. Attraverso tre semplici domande è riuscito a darci consiglio su come porci di fronte a questa prova. "Allora Omar, com'è stata la prima prova dell'esame di Stato e quali emozioni hai provato?" La prima prova dell'esame non è stata tra le più difficili , ma al tempo stesso >è stata quella che mi ha creato più stress perchè non sapevo come mi sarei dovuto preparare per svolgere il tema al meglio e anche nello svolgimento della prova stessa il giorno dell'esame mi sono trovato un po' nel panico perchè di fronte alle diverse tracce non sapevo quale scegliere. Inoltre la prova è molto lunga e anche solo l'idea di dover dare la maturità provoca molta adrenalina. " Quale tipologia hai affrontato e perchè?" Ho affrontato la tipologia del saggio breve che proponeva come traccia "bene comune e bene individuale" perchè dal punto di vista dei contenuti che potevo esprimere era quella più stimolante per le argomentazioni sociologiche e filosofiche "Quali consigli puoi dare agli studenti che affronteranno la prova quest'anno?" Innanzitutto di non perdere tempo a cercare il "toto tracce" perchè non uscirà mai nessuna delle tracce che trovate su internet , ma di scegliere una tipologia che può essere l'articolo di giornale, il saggio breve, il tema storico o l'analisi del testo e allenarsi su quella per svilupparla poi nel miglior modo alla maturità. Selene Fiorindo
In queste pagine : ipotesi di articoli di giornale sulla tipologia B di qualche anno fa, ambito artistico letterario
“La piazza: luogo unico per l’uomo di ogni epoca e cultura” Immaginiamo di poter fare un viaggio. Non un viaggio qualsiasi però, un qualcosa di più astratto, di più sottile, compiuto solamente con l’ausilio della nostra immaginazione. Ci basterà chiudere gli occhi, non importa se comodamente seduti a casa, in piedi sul tram o dietro ad un banco di scuola. Sarà la nostra mente, la fantasia ormai sopita di quando eravamo bambini a fare tutto il resto. Ecco che improvvisamente ci troviamo soli ed al buoi ma non ne siamo spaventati. Lentamente inizia a circondarci un brusio che si fa sempre più vicino, voci che non abbiamo mai sentito prima, che non parlano la nostra lingua. Questi suoni si congiungono a profumi completamente nuovi e ad un calore mai provato prima. Apriamo gli occhi. Davanti a noi si presenta quello che avevamo visto solamente in alcune foto sui libri di geografia e capiamo immediatamente di essere in Messico. Ci troviamo in una piazza interamente circondata da portici, al suo interno la gente non è mai ferma, ciascuno è preso dal contrattare, dallo scherzare o più in generale dal comunicare con qualcun altro. Richiudiamo gli occhi, vogliamo tornare in Italia, ed ecco che i portici vengono sostituiti da due colonnati e di fronte a noi troviamo una scalinata al cui vertice sta una chiesa gigantesca, la Basilica di San Pietro. In questo luogo più familiare riusciamo ad accorgerci del fatto che, pur essendo cambiati lo scenario e le persone, i gesti e le azioni nella piazza sono gli stessi. Ormai però ci abbiamo preso gusto e richiudiamo gli occhi. Riusciamo a percepire il profumo del mare che, unito ai versi dei colombi, ci fa sentire come in una poesia di Sandro Penna. Quando apriamo gli occhi piazza San Marco è lì di fronte a noi, il viavai di gente è rimasto lo stesso. Si è fatta sera ormai e dobbiamo trovare un posto dove dormire. Ecco che ci balza in mente una poesia letta in classe, il vago ricordo di un’ interrogazione già passata. L’autore è Umberto Saba, l’opera “Il Canzoniere” e come per magia ci troviamo a Milano in Piazza del Duomo. Tra le parole che ogni sera si accendono invece delle stelle riposiamo magnificamente, come ci eravamo dimenticati da anni. L’inizio di un sogno è l’occasione giusta per riaprire gli occhi e tornare alla realtà. Tra la marea di persone e oggetti familiari che ci circondano ripensiamo alla miriade di cose viste. Ci sembra di sapere qualcosa di più del mondo e persino di noi stessi. Nella confusione di una piazza non siamo mai stati così in pace con noi stessi e nonostante le sue delimitazioni non ci siamo mai sentiti così liberi. Mi viene da pensare a “Piazza Grande”. Forse è proprio questo che ci voleva comunicare il grande Lucio Dalla nella sua canzone. Per di più, chissà in quale piazza di pace e serenità si trova lui ora. L’unica certezza è che riascolterò quel brano molto più attentamente d’ora in poi.
Alessandro Giorello 6
Sognare in piazza 3 Giugno 1989. Piazza Tienanmen. Pechino. Un ragazzo solitario si pone di fronte ad una fila di carri armati non lasciandoli sfilare: sfida il Partito Comunista Cinese. Migliaia di studenti come lui moriranno quel giorno nella medesima piazza per difendere il medesimo sogno. Nella cultura europea e non solo la piazza è da sempre un luogo d’incontro e di scambio, culturale e commerciale. Furono i Greci ad inventare la piazza, l’agorà, dove si parlava di filosofia, storia, religione, politica, dove ognuno poteva esprimere la propria opinione. La democrazia nasce nell’agorà di Atene dal confronto e dallo scontro dei suoi cittadini. La piazza è un luogo d’aggregazione, nell’immaginario comune la frase “andare in piazza” è diventata sinonimo di uscire con gli amici o chiacchierare. Eppure nel XXI secolo per incontrare delle persone è sufficiente sedersi di fronte al computer e premere un bottone per poter parlare con una moltitudine di individui diversi. Quindi la piazza, non solo come struttura architettonica, ma anche come luogo d’incontro non serve più? Dobbiamo smettere di costruire piazze e frequentarle? Noi pensiamo di no. La piazza, pur essendo un elemento architettonico imponente, certe volte addirittura mastodontico, ha una qualità eccezionale, a nostro parere: la discrezione. Nei secoli la piazza attraverso questa sua qualità ha saputo creare e sostenere i sogni delle persone. “lenzuola bianche per coprirci non ne ho/sotto le stelle in piazza Grande/ma se la vita non ha sogni, io li ho e te li do” cantava Lucio Dalla, nella piazza si sogna ad occhi aperti e i sogni si regalano. Ecco che torniamo ai ragazzi morti in piazza Tienanmen per il loro sogno di libertà, con il pensiero voliamo alla rinuncia di San Francesco di tutti i suoi beni nella piazza di Assisi per seguire il suo sogno, la sua vocazione di servire Dio. Nulla ci vieta di pensare a due innamorati che passeggiano per le piazzette ombrose della Barcellona vecchia sognando una vita insieme o agli ateniesi che nell’ agorà coronano il loro sogno di un governo più giusto. La piazza nella sua struttura armonica accoglie il turista, il curioso, il pellegrino, il cittadino, serba la memoria degli infiniti sogni di cui è stata ispiratrice e nutrice Federico Bonansea
Il Fascino della Piazza: la continuità tra passato e presente Qualche anno fa ebbi la fortuna di viaggiare sulla costa orientale degli Stati Uniti e l’ultima tappa, nonché la più attesa, fu proprio la coloratissima New York City. Da questa città mi aspettavo mille occasioni di incontri, e conoscenze, un luogo dove il talento e le capacità vengono mostrate tanto tra i banchi della prestigiosa Columbia quanto lungo le vie di Harlem. In effetti, trovai tutto questo, ma la mia esaltazione si spense per un attimo quando, emozionatissima, approdai nella celebratissima Times Square: “Tutto qui?” . Ricordo che questo fu il mio primo e terribilmente spontaneo commento. Impalata sotto il leggendario orologio, fissavo le persone zampettare frenetiche come formiche operaie, mentre invano mi sforzavo di percepire quel luogo come un qualcosa di più oltre che un rumoroso e trafficato incrocio di strade. Dove erano le signore sedute sulle panchine a spettegolare? E i giovani appoggiati ai motorini? Forse ci chiediamo come mai i NewYorkesi, che considerano Central Park alla pari del loro giardino, si possano accontentare di una piazza così poco accogliente: la risposta ci viene data da Walter Gropius. Questo professore americano scrisse un intero saggio sulle piazze italiane e analizzò non soltanto caratteri prettamente strutturali, ma anche sociali. Dunque, emerge che il concepire questo luogo come un tassello fondamentale per la socialità e la sfera personale è, in realtà, frutto di un ricchissimo bagaglio culturale che affonda le sue radici in un passato remoto. Ora la nostra mente vola all’agorà ateniese, con il filosofare di Socrate e i discorsi di Pericle: insomma, dove tutto ciò che siamo ebbe inizio. Infattti, fin dall’antica Grecia , la piazza è stato il luogo di incontro per eccellenza dove tutti, tanto l’aristocratico quanto il bottegaio, avevano modo di esprimerei loro pensieri e condividerli con gli altri. Come cantava Lucio Dalla, questo luogo è dove non si ha padrone, dove si è liberi di togliere ogni maschera e di essere ciò che si è realmente. Ma sono proprio quelle Italiane ad avere un particolare in più, un qualcosa di speciale che cattura l’animo: il grandissimo fascino che emanano. A tutti noi è capitato di incontrare gruppi di turisti completamente imbambolati non solo dalla bellezza architettonica, ma dall’atmosfera, dall’aria frizzante che si respira. La piazza e i localini che sia affacciano su di lei, gli schiamazzi dei bambini che si sfidano sulle loro biciclette, il fruscio del vento tra le pagine dei quotidiani abbandonati sulle panchine: tutto ciò va a delineare un dipinto ogni volta diverso, ma che al tempo stesso risveglia le medesime sensazioni. La piazza si costituisce come un impasto di suoni e colori che risucchiano e svelano, proprio come le scalinate di San Pietro secondo l’immaginazione di Caldarelli. La piazza è dove le generazioni si accostano, fornendo uno spaccato della vita, ma di un vivere vero disinteressato delle preoccupazioni dell’economia e del mondo che la circonda. L a piazza è dove si accendono i baci proprio come le parole di Saba, che ogni sera vede e apprezza il Duomo di Milano. Dunque, credo la piazza sia per ognuno di noi un qualcosa di differente e richiami alla memoria un particolare momento della vita; tuttavia, citando di nuovo il “Canzoniere” di Umberto Saba, è innegabile l’alone di mistero che avvolge questo luogo cittadino, dal momento che qui “Nulla riposa dalla vita, come la vita”. Francesca Rinero 7
sico s a l c
In queste pagine i coordinatori di indirizzo, con l’aiuto di qualche allievo, presentano le rispettive seconde prove Seconda Prova al Classico Caro allievo, sei arrivato alla Seconda Prova. Il secondo passo nel “mondo di mezzo” tra i cinque anni di duro impegno del liceo e la “liberazione” dell’università (auguri!), del mondo del lavoro (auguri doppi!) o di che cosa ti aspetta nel prossimo futuro. Essa è la Versione di Latino. Ciò mi dà l’aggio di fare l’ultima predica sull’argomento “Come tradurre la versione con il massimo risultato seguendo una via razionale e non improvvisata”. Tu sai chi sei, dunque conosci i tuoi pregi e i tuoi difetti, tienili sempre a mente mentre traduci, i primi ti aiuteranno e, quanto ai secondi,… cerca di starne lontano. Quando arriva la fotocopia della versione, guardala intensamente come un/una amante e cerca di amarla con tutto te stessa/o. In quel momento e per le quattro ore successive sarà la tua Ragione di Vita. Fai un bel respiro e buttati… (il successivo passo della predica sarà in latino, mica potevo farmi sfuggire l’occasione!) Lege, lege, lege, lege, lege, relege, ora, labora et invenies iustam et pulchram conversionem. Fai la brutta, ricopia in bella (cioé scrivi con “bella” grafia ovvero “leggibile”) e hai finito. È stato un attimo, ora puoi dimenticarti tutto e passare alla prossima Prova. Sempre che si riesca a dimenticare un/una amante. Francesco Marchesiello
Macrobio, chi era costui? Siamo ormai alla fine di aprile. Cieli azzurri, pomeriggi assolati, fiorellini e cinguettii, penserete voi. Eh no. Essere alle porte di maggio, per noi maturandi, significa avvicinarsi inesorabilmente all’Esame di Stato, che, a dire il vero, ha proiettato su di noi la sua ombra minacciosa a partire da settembre. Il primo temibile ostacolo è costituito dalle prove scritte, sempre che si sopravviva alla maratona di verifiche e interrogazioni di maggio. Dopo la Prima Prova Scritta, meglio nota come “temadiitalianosperiamochenonescaDante”, ci troveremo ad affrontare la famigerata Seconda Prova. Per “noi del classico” si tratta di tradurre una versione, in 4 ore, in data 20 giugno. La comunicazione del Ministero riguardo alla materia uscita, Latino, ha dato il via ai vari commenti e giudizi di gradimento. Ci sono quelli che “meno male, latino è più facile” e poi ci sono quelli che invece avrebbero preferito greco (essi fanno parte di una specie in via d’estinzione, credo). Perché Latino? Perché da alcuni anni a questa parte, per una convenzione assai fantasiosa, Greco e Latino si alternano di anno in anno. Io non saprei dire se preferisco la lingua di Cicerone o quella di Senofonte. So solo che il mio dizionario è simpaticamente diviso in due tomi, mea culpa, non certo per volere dell’editore. Ma è bello così, un po’.. vintage! La questione più dibattuta, però, riguarda l’autore della versione che si dovrà tradurre. Seneca, Tacito, Plinio il Giovane, Quintiliano, Cicerone? ..Vitruvio? uscito nel 2001, speriamo di no. Per la prima prova si fanno mille congetture: tra le molte ricorrenze del 2013, il 700° anniversario della nascita di Boccaccio, il 300° da quella di Diderot e i 50 anni dalla morte di papa Giovanni XXIII potrebbero essere eventuali spunti per le tracce. Per la seconda prova è più difficile fare previsioni. I più “afferrati” in matematica possono cimentarsi nel calcolo delle probabilità che esca un autore piuttosto che un altro, basandosi anche sui “dati” degli anni passati. Gli scaramantici si affannano con preghiere, riti e altarini, affiancati dai seguaci del Dio degli studenti disperati. Poi c’è anche chi, più pragmaticamente, ha già scommesso con i compagni, magari associandosi ai più esperti in calcolo probabilistico. O ai discepoli prediletti del Dio degli studenti. La mia compagna Bea sostiene che, nonostante tutte le nostre preghiere, uscirà Macrobio. Macrobio, chi era costui?! Ecco, appunto. Le certezze, insomma, non sono molte. Una sola cosa è sicura: se esce Macrobio, Bea non la passa liscia. Annalisa Barra
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linguistico
Seconda prova al linguistico La seconda prova al linguistico? Una possibilità di scelta, un vantaggio rispetto agli studenti del classico che non possono scegliere tra due versioni! E’ vero che si può scegliere, ma bisogna farlo con oculatezza. Un consiglio? Bisogna leggere velocemente ma con attenzione non solo i due testi proposti (uno letterario, l’altro di attualità), ma anche le domande di comprensione e l’argomento della produzione. Le prime infatti vanno spesso al di là di ciò che è scritto nel testo stesso e le risposte devono essere lette tra le righe, dedotte dal contesto più ampio di conoscenze del candidato e dalle sue competenze di lettura approfondita del testo. L’argomento della produzione legato al testo di attualità (per esempio le energie alternative) deve essere almeno conosciuto dal candidato per non scrivere strafalcioni! Un altro consiglio è quello di rendere la produzione non la fiera delle banalità, ma di essere un po’ originali e personali, oltre che rigorosi nell’argomentazione. Infine non si deve trascurare l’aspetto linguistico, perciò un bel ripasso di grammatica potrebbe tornare utile! E attenzione alla stanchezza: 6 ore sembrano tante, ma spesso si usano tutte e l’ultimo pezzo di compito contiene sempre troppi errori! Laura Gerlero
Lo spauracchio del Linguistico..... Al Linguistico le lingue la fan da padrone, si sa (non si chiamerebbe così sennò) non solo nel corso di studi, ma anche alla Matura, e soprattutto quest'anno, in quanto i commissari di Francese, Inglese e Tedesco saranno esterni. Molti patemi d'animo e preoccupazioni, ma anche tecniche strategiche. Di grande aiuto, per molti di noi, il fatto che la lingua scelta in seconda prova non sarà oggetto di valutazione in terza, e qui partono le strategie...meglio puntare per la seconda prova alla lingua che si conosce di più, per lasciarsi le altre in terza prova, o il contrario? Ai posteri l'ardua sentenza... In attesa di sapere chi saranno i prof che ci esamineranno, ci mettiamo d'impegno, allenandoci con produzioni e comprensioni su argomenti d' attualità ripresi dalle tracce degli anni precedenti, vedendo film in lingua per affinare la pronuncia e l'ascolto, conversando su temi vari...sempre incrociando le dita e sperando nella bontà della corte, off course! Luca Montaldo
ESABAC o NON ESABAC ? Questo é il dilemma. Ecco che sta giungendo al termine un altro anno scolastico ... Un anno decisamente di sperimentazione e di innovazione per l'indirizzo Linguistico! Il nostro Liceo ha, infatti, avviato il Progetto Esabac sancito dall'accordo Italia-Francia del 24 febbraio 2009. Per chi non ne fosse ancora a conoscenza, il progetto Esabac permette agli studenti che avranno affrontato un percorso triennale e sostenuto una prova finale, di ottenere il Diploma Binazionale Esabac valido a tutti gli effetti in Italia e in Francia. Il percorso prevede, per la durata del triennio, uno studio più approfondito della letteratura e della storia in francese rispetto all'opzione tradizionale. Il percorso si conclude con una prova supplementare all'Esame di Stato, ovvero una quarta prova scritta. In ogni caso, un eventuale punteggio insufficiente non condiziona l'esito del diploma finale italiano e non influisce, quindi, sul punteggio finale. A vantaggio delle future classi del Linguistico, c'é il fatto che saranno formate da subito in base all'opzione scelta, con o senza Esabac. Avete fratelli o sorelle che frequenteranno il Liceo Linguistico ma sono ancora scettici verso l'opzione Esabac e non sono, quindi, ancora convinti su quale opzione sia migliore? Non si può parlare di migliore o peggiore in assoluto, in quanto bisogna vedere gli interessi che ognuno ha ... Se si é portati per la lingua Francese, se si vuole avere una specializzazione in più o se si vuole cogliere ogni opportunità che la scuola offre, allora l'opzione Esabac é consigliabile. Deve essere ben chiaro, però, che l'indirizzo Linguistico é un indirizzo impegnativo a prescindere dall'opzione Esabac. Sostenere quindi, che l'opzione non Esabac sia meno impegnativa dell'opzione Esabac é errato, perché entrambe richiedono un importante livello di impegno. Ecco una delle testimonianze di chi l'Esabac lo vive in prima persona : "E' un bel progetto ed é un bene che la nostra scuola lo proponga perché non in tutti i Licei Linguistici viene proposto. Le lezioni di storia in Francese le ho trovate interessanti. Non penso che siamo più carichi di lavoro rispetto a chi l'Esabac non lo fa, la differenza é minima." Alina Herciu
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co-pedago gico Socio-psi
La seconda prova al socio psicopedagogico L’esame di Stato, conclusivo del corso di studio del liceo socio psicopedagogico, prevede, per la seconda prova, la redazione di due saggi brevi che saranno redatti sulla base di due delle quattro tracce proposte dal ministero. Ogni traccia di solito ha una citazione introduttiva e chiede di affrontare tre o più questioni. Gli argomenti sono ovviamente d’ordine pedagogico ed educativo. Si tratta di una prova da non sottovalutare, in quanto richiede, da parte del candidato, la capacità di esporre le proprie conoscenze sull’argomento dando però l’idea di essere in grado di collegare le argomentazioni anche a temi non esplicitamente espressi nella traccia. È tassativamente vietato fare errori di ortografia, per questo è opportuno usare tutto il tempo a disposizione (6 ore) per controllare attentamente la stesura. Lo stile deve essere sobrio, anche se citare esperienze personali può essere un modo intelligente di farsi conoscere dai commissari e dal presidente della commissione. Sono sconsigliati gli eccessi, le opinioni vanno sempre accompagnate da argomentazioni rigorose e ineccepibili. Una prova che va realizzata con competenza, equilibrio e genuinità. Pietro Madaro Liti per incastrare le programmate, professori che si affannano per spiegare l’impossibile entro il 15 maggio e noi maturandi disperati alle prese con la tesina…eh si, perché ormai l’esame si avvicina e se da un lato il panico ci assale (alimentato da molti simpatici prof che lo ricordano ogni giorno) dall’altro c’è l’entusiasmo perché sta per finire tutto e già si programmano grandi festeggiamenti e viaggi per godersi il meritato riposo e divertirsi dopo tanto stress! Noi studenti del vecchio pedagogico ci siamo trovati fin dall’inizio in una strana situazione; quando sono uscite le materie esterne, infatti, a dispetto delle convinzioni su inglese e matematica (praticamente un incubo), la circolare ci ha spiazzato con la sentenza : “biologia e filosofia”! Per una settimana siamo rimasti nel dubbio e non si parlava d’altro nei corridoi, alla fermata dell’autobus…ma alla fine la circolare aveva ragione e abbiamo tirato un sospiro di sollievo (più o meno) preparandoci psicologicamente ad affrontare la temuta terza prova. Per la seconda prova, invece, abbiamo pedagogia, altra materia esterna: si tratta di due saggi brevi da svolgere entro sei ore… praticamente il tempo stabilito per la prima prova con la differenza che non è uno ma sono ben due i saggi brevi! Ciò che noi studenti ci domandiamo è: sono due perché si divertono a torturarci o è per darci la possibilità di dimostrare meglio le nostre conoscenze?! Speriamo vivamente nella seconda opzione…questa prova comunque ci ha spiazzati un po’: all’inizio ci sembrava come un tema di italiano, solo con l’esercizio siamo riusciti ad entrare nell’ottica giusta e comprenderne la diversa impostazione; certo non ci è sembrato facile formulare un discorso a partire dal brano di un autore (magari a noi sconosciuto) collegandolo alle conoscenze del triennio…non eravamo proprio abituati! Tuttavia esercizio, impegno e, ammettiamolo, spesso anche una dose di buona fortuna sulle opzioni da scegliere, ci hanno resi in grado di gestire un saggio breve entro tre ore…già, ma due? Certo il tempo è lo stesso, apparentemente non cambia nulla, ma se pensate allo stress per la terza prova e l’orale che incombono, una prima prova che magari non è andata magnificamente… beh, l’ansia da prestazione non è indifferente e un vuoto di memoria in quei momenti non aiuta! C’è da dire, poi, che dopo la stesura del primo saggio la stanchezza si fa sentire ed è difficile scrivere bene anche il secondo! Per il momento noi ci siamo allenati con la simulazione e devo dire che, sarà per l’ansia del tempo a disposizione, abbiamo finito in tempi record anche se non sempre con ottimi risultati! Questo mese faremo un’altra simulazione e contiamo di organizzare meglio il tempo a disposizione e notare altri miglioramenti in modo da arrivare all’esame ben preparati; fino ad allora l’unico pensiero che ci consola è: menomale che non è uscita la versione di latino!! Ilaria Fiumara 10
li Sc. socia
La seconda prova scritta prevista per il Liceo delle scienze sociali consiste nello svolgimento di due brevi saggi su due argomenti scelti dal candidato tra le quattro tracce proposte dal ministero. Il tempo a disposizione è di sei ore. Di regola non si può uscire prima che siano trascorse tre ore dall’inizio della prova. Le tracce solitamente propongono un brano tratto da un testo scientifico relativo ad uno degli ambiti delle scienze sociali accompagnato da una serie di domande guida, rispondendo alle quali lo studente deve articolare il proprio elaborato scritto. Data l’ampiezza della materia ‘scienze sociali’ e l’assenza di programmi assolutamente uniformi, può accadere di trovarsi di fronte ad un argomento trattato solo marginalmente e non trattato affatto, oppure affrontato in anni precedenti al quinto e spesso anche il nome dell’autore del brano non dice granché. Da qui nascono le principali ansie degli studenti che, non avendo riferimenti diretti (benedetto libro!), talvolta sono presi da vere e proprie crisi di sconforto … In realtà la prova non richiede tanto conoscenze specifiche, dettagliate, puntuali, quanto piuttosto di dimostrare di aver imparato ad affrontare in modo corretto un problema attraverso i metodi delle scienze sociali e, quindi, si tratta di mettere in campo tutte le competenze acquisite in cinque anni di studio, costruendo un ragionamento articolato, fondato su chiari riferimenti alle diverse scuole di pensiero o impostazioni e teorie scientifiche, sostenendo le proprie idee con motivazioni solide. E’ dunque necessario innanzitutto leggere con grande attenzione tutte le quattro tracce, senza escluderne nessuna a priori, magari perché l’argomento era stato studiato un po’ superficialmente o perché lo si era analizzato negli anni passati. Il brano proposto di solito inquadra con chiarezza il problema e deve essere la base su cui fondare l’intero lavoro. Una valutazione molto attenta va riservata anche alle domande proposte: spesso contengono già tutta una serie di chiavi di lettura e di spunti che possono essere utilissimi! Un’ultima cosa da tenere a mente è questa: le scienze sociali, per loro stessa natura, hanno infiniti e continui contatti con molti ambiti disciplinari. Richiamate alla memoria tutto quello che di inerente avete studiato in altre materia, i libri che avete letto, le conferenze a cui avete partecipato, insomma tutto il mondo con il quale siete venuti in contatto in questi anni di studio Ricordatevi in ogni caso però che vi viene richiesto un testo scientifico. Quindi bando alle banalità, alle considerazioni di puro buon senso comune e al generico ‘buonismo’: state scrivendo un saggio, non delle generiche considerazioni su un argomento di attualità. Non dimenticate di portare il dizionario di italiano e di rileggere attentamente il tema prima di consegnarlo! Antonella Rosia
Probabilmente nessuno studente prima della quinta si è mai fatto troppe domande sulla seconda prova... O meglio, prima della simulazione di gennaio. Noi della 5C Sociale, ad esempio, abbiamo scoperto solo quest'anno di non dover svolgere uno, bensì due temi di Scienze Sociali in un tempo di sei ore. La più grande paura? Che le tracce richiedano argomenti mai affrontati nel corso dei cinque anni. E' possibile? Ebbene sì, siccome il liceo delle Scienze Sociali prima della riforma Gelmini era un indirizzo sperimentale, i programmi non sono uniformati, e dunque potrebbe anche capitare di trovare cose mai studiate prima. Inoltre può capitare che le tracce richiedano di ragionare su argomenti affrontati negli anni precedenti alla 5a quindi dare una rilettura ai programmi degli anni passati potrebbe essere utile. Infine abbiamo scoperto, durante la simulazione di gennaio, che possono essere d'aiuto gli argomenti studiati anche in altre materie. Consigli? Eccoli! Assolutamente da evitare sono le solite frasi di circostanza e piene di buon senso che sono tanto gettonate per alcuni argomenti; meglio cercare di fornire dati precisi e il più possibile scientifici, visto che si tratta di un saggio.. Giulia Ferrati, Valeria Musso
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Nel mezzo del cammin. . . La terza pensa alla maturità. Gli anni corrono, sembra passato un giorno dalla prima superiore (o forse no?!).In questo periodo la parola “maturità” serpeggia spesso fra i corridoi, gli studenti di quinta s'affannano a studiare e i professori sono preoccupati per loro. . . E noi? Cosa prova chi non frequenta l'ultimo anno nei confronti della maturità? Il tempo scivola via, la maturità arriverà, che lo vogliamo o no. Tanti di noi, quando pensano agli esami di quinta, immaginano intere nottate passate sui libri con un ansia enorme. Ore ed ore a studiare, dimenticando il resto; nella prospettiva più pessimista. Chi non si preoccupa molto dello studio che dovrà affrontare vede la maturità come un “passaggio all'età adulta” ; studio ma anche più responsabilità. La consapevolezza che da quel momento in poi agli occhi degli insegnanti appariremo diversi, adulti, autonomi. C'è chi pensa già all'università a cui vuole iscriversi e chi sogna l'estate post-esami. E' vero che la maturità è un “ostacolo” , ma è anche un traguardo che ci permette di dimostrare quanto siamo migliorati e dove siamo arrivati durante questi anni. Ognuno di noi, almeno una volta, ha pensato a questo enorme ostacolo che s'avvicina. Tutti abbiamo un idea sulla maturità, l'unico modo per scoprire s'è giusta è arrivare in quinta e verificare di persona. Alice Bessone
DA GRANDE VOGLIO FARE… uno sguardo alle scelte post-diploma
“Che cosa farò dopo le superiori?” Ecco la fatidica domanda che ogni anno “affligge” migliaia di studenti ormai giunti al termine della scuola secondaria. Scegliere la facoltà da seguire o al contrario indirizzarsi verso un lavoro è una decisione particolarmente influente per quel che sarà il nostro futuro, molto di più di quanto non lo sia stata la scelta delle superiori. Durante il percorso di studi compiuto al Liceo o in qualsiasi Istituto professionale, possono emergere qualità, doni o predisposizioni fino ad allora rimaste nascoste, e spesso si può giungere alla consapevolezza di aver sbagliato scuola. L’università offre, tuttavia, una seconda possibilità, poiché frutto di una scelta maggiormente consapevole. Soffermandoci, a tale riguardo, sulle strade intraprese dagli studenti usciti nei due anni precedenti dagli indirizzi del nostro Istituto, risulta chiaro che coloro i quali si sono indirizzati verso la ricerca di un lavoro costituiscono un’esigua minoranza (più marcata, però, nel Liceo delle scienze sociali). A seconda dell’indirizzo, e dell’anno scolastico, che si prende in considerazione, i dati presentano naturalmente qualche diversità, ma alla base rimane in ogni caso una linea comune ai quattro indirizzi: molto gettonate risultano essere le facoltà umanistiche e socio-educative-psicologiche, seguite da facoltà giuridico-economiche, sanitarie e scientifiche. Come già detto, la formazione di base influenza certamente la decisione inerente al proseguimento degli studi, ma ciò non toglie che gli interessi e le qualità, spesso stimolati da validi insegnanti, emersi nel corso di questi anni prendano il sopravvento: e così ritroviamo, ad esempio, due studenti uscenti dal Liceo Socio Psico Pedagogico, poi ridotti a uno nell’A.S. 2011/12, che nell’A.S. 2010/11 si sono iscritti a facoltà scientifiche. Simili risultati sono riscontrabili negli altri indirizzi, eccezion fatta per il Liceo Classico, dove l’affluenza a facoltà scientifiche è più rilevante (otto studenti nell’A.S. 2010/11, undici studenti nell’A.S. 2011/12). L’iscrizione a tali facoltà risulta essere addirittura superiore rispetto all’immatricolazione in facoltà umanistiche, materie di indirizzo del Liceo Classico, nell’A.S. 2011/2012 (nove studenti). Interessi sorti durante il liceo, capacità, una nuova consapevolezza di sé, i più disparati suggerimenti da chi si improvvisa consigliere, la tentazione di seguire un amico, l’influenza positiva di un professore preparato e carismatico o negativa di un docente con cui c’era dell’astio…tutto questo influisce sulle nostre scelte post-diploma, insieme alle non trascurabili possibilità di lavoro connesse alle nostre decisioni, che cambieranno davvero la nostra vita. Tante strade possibili, ma nessuna di queste giusta in assoluto: forse il trucco sta nel mediare le necessità e ascoltare prima di tutto noi stessi. 12
Erica Galliano, Naomi Manuguerra
L’altra faccia della città Nascerci a Torino. E nonostante ciò rimanerne ancora incantati. Per il suo fascino, per le sue opere d’arte. In particolare per queste. Splendide e imponenti, significativi esempi di architettura barocca e rococò incastonati ai piedi delle Alpi. Come delle pietre preziose. Scendere dal treno, insegne pubblicitarie, negozi e lampade al neon e, ancora frastornati, venire catapultati indietro nel tempo. E intanto arriva il tram, uno dei numerosi tentativi di rimanere agganciati al passato, e si attraversano piazze, ponti, si schiva il traffico, la rabbia degli automobilisti, si arriva alla Gran Madre. Per la prima volta un nome davvero azzeccato: dimensioni importanti posizione decisiva, in alto a una lunga scalinata, come se scrutasse Torino. Come se la proteggesse. Costruita secondo uno stile neoclassico, è probabilmente uno degli edifici più misteriosi e magici della città. E l’interno ne è una conferma: più piccolo di quanto ci si sarebbe aspettati, luogo di preghiera più intimo di quanto si sarebbe potuto sperare. E di nuovo si risale sul tram. Davanti agli occhi il Po scintillante sotto il sole, poi Piazza Vittorio Emanuele, la Mole Antonelliana e il suo ecletticismo inconsueto, il “dito di Mussolini”… Questa volta la fermata è in Piazza Castello. Questa volta il viaggio ci porta in un passato dove le dame nei loro abiti di alta sartoria si affrettano sulle scalinate di Palazzo Madama o si concedono un caffè con pasticcini insieme alle amiche. Uno dove la domenica è soprattutto il giorno del riposo e della fede e la famiglia reale, composta e agghindata, si raccoglie in preghiera nella chiesetta di S. Lorenzo. Un tempo andato dove i monelli corrono nella grande piazza il giorno del mercato per rubare un frutto o si fanno beffe di Castore e Polluce, i due cavalieri di bronzo, che ormai da tanto tempo accolgono gli ospiti all’ingresso di Palazzo Reale. Qui, in questa piazza, gli anni passano come per tutti. Tutto il resto viene contagiato dalla nuova moda della fretta. Loro no. Loro, queste raffinate creazioni architettoniche, rimangono lì placide e belle. Ma nessuno ormai le guarda. Pochi quelli che si fermano e fanno caso agli arredamenti sontuosi , ai soffitti dipinti con cura, ai dettagli…o loro sono rimasti troppo indietro o noi siamo andati troppo avanti. Da lì la visita prosegue sotto i portici, la giornata è calda e l’ombra fornita dalle colonne un ottimo riparo, ci si sofferma sui dettagli a cui non si è mai prestata la minima attenzione. Persino un luogo inusuale, un negozio di vestiti per esempio, o luoghi che lo sono di meno come una caffetteria storica o un dettaglio nel pavimento piastrellato, costituiscono un pretesto per fermarsi e ammirare. Galleria Subalpina, Teatro Romano, Piazza Carlo Alberto, Palazzo Carignano…barocco, rococò, liberty… in questo luogo stili differenti trovano lo sposalizio perfetto. Non c’è contrasto o dissonanza. Lo stesso Palazzo Carignano, che si affaccia maestoso su due piazze diverse, presenta nel cortile interno due esempi di muratura differenti. Due diverse sfumature di toni caldi che si fondono in modo ammirevole. E poi arcate, colonne e lesene…ci sarebbe un mondo se solo si sapesse dove guardare e non ci si lasciasse sfuggire l’occasione di farlo più spesso. Queste piccole perle dell’UNESCO, questi patrimoni dell’umanità, sono vittime del tempo e della noncuranza delle persone. Mentre camminiamo notiamo i sacchi della spazzatura ammassati in modo precario tra le colonne di una buona parte dei palazzi. È la sporcizia con cui fanno i conti tutti i giorni. E notiamo i graffiti, i murales, strisce di vernice che erodono le facciate e ne deturpano la bellezza. Questi patrimoni sono vittime del tempo e della noncuranza delle persone. E della crisi. Minori le risorse economiche, minori le possibilità di prenderci cura in modo efficace della nostra cultura. Soldi e cultura. Un binomio pericoloso perché direttamente proporzionale. Troppo spesso se non ci sono gli uni non rimane nemmeno l’altra. Un ultimo giro, un ultimo pezzo di strada culturale. Una focaccia seduti tutti insieme su un prato verde alle spalle di Palazzo Madama. Forse come un picnic di fine ‘800. Poi si ritorna alla stazione. E sempre rigira in testa una domanda: com’è possibile che la gente non si accorga di tutto questo?
LA POLITICA E L’ ARTE: la sfida di un regista per ricostruire il presente di Francesca Borgarello “Che cosa dev’essere il mio lavoro?” si chiese un uomo qualunque, che tra le altre cose era anche uno dei più grandi registi contemporanei. “È forse un prodotto che nasce dalla mente di un intellettuale e ad intellettuali si rivolge? Che cosa ci faccio con questo mezzo potentissimo che è il cinema?”. La risposta che si diede Theodoros Anghelopulos (Atene, 27 aprile 1935 – Pireo, 24 gennaio 2012), regista greco, è che il suo cinema sarebbe stato un mezzo per parlare al suo paese, a tutti senza distinzione: al suo meraviglioso e sofferente paese, reduce da anni di lotte intestine e invasioni esterne. Sì perché quando il regista incominciò a girare i primi film la Grecia in cui operava era stata soggetta per anni al dominio turco, poi all’ occupazione nazista, ed era soggetta da tempo al susseguirsi di colpi di stato, dittature, tentativi di resistenza. Theo si guardò intorno e vide un popolo sperso, senza punti di riferimento, in crisi. E in questo popolo c’ era anche lui, sentiva questa sofferenza sulla propria pelle. Anghelopulos non operò mai come un intellettuale fornitore di risposte, ma allo stesso livello di quel popolo che l’ aveva generato. Il suo cinema vuole essere di massa, nell’ accezione più positiva del termine, e soprattutto strumento di analisi e di comprensione di una storia recentissima e dolorosa, di un presente destabilizzante, ad utilità di una popolazione senza risposte. “Raccogliamo i cocci”, si disse Theo, “guardiamo in faccia la realtà e usciamone insieme, piano piano”. La prima cosa che il regista percepisce è la presenza di un passato fortissimo, di un bagaglio culturale che impregna ogni cosa nella sua terra: ogni pietra ha una storia da raccontare, ogni persona porta su di sé millenni di conoscenze e miti lontani. Non si può che ripartire da qui: dal mito. Continua a pag. 23 13
La VB SPP racconta la sua maturità
Maturità: 1 parola, 1000
io vedo La mat uri impegno, fatica tà come la meta di un perco rso iniziato 13 , ma anche div anni fa; un bel ertimento, gio hanno reso qu ia, piccole e g mix di: ansie, esti anni unici randi soddisfa paure, pianti, e indimenticab Naomi De Bar zi i o ili, che non si ripeteranno più ni e sopratutto tanta amiciz ia che .
a pensieri. resenta l'ultim Personalmente la maturità non mi pesa troppo, nel senso p p ra e m r e p tà ri che non mi angoscia e non mi provoca tantissima paura. tu a o m at ha occup L'esame di È il punto in cui o che per ora rs o rc to Essa sarà, infatti, un grande passo avanti nella mia vita, e p n u i d tappa di è il momen in u non “il passo avanti “, poiché se lo fosse non mi sentire Q smettiamo di essere a. it v ia la m più tanto bene… il mio consiglio è di vedere alla gran parte del o per finire bene questo adolescenti ed entriamo im ello maturità come una grande possibilità, dove conterà si la nel mondo degli adulti di dare il mass tanto bene qu et tr al re ia c in om propria preparazione, ma anche un grosso quantitativo segnato da quel fatidico percorso e inc Sarti to er lb A di c***. esame . o p che verrà do Davide Alovisio che fa tremar le gambe a La maturità non è altro che una delle tappe della nostra crescita,essa non rappresenta però un punto d'arrivo vero e proprio(come potrebbe apparire in questa fase dell'anno nella quale giustamente non facciamo altro che contare i giorni mancanti!).
tutti i diplomandi; è il raggiungimento di una delle tante tappe che compongono la vita, quindi non è un punto di fine ma solo di inizio!! Carola Cumer
La maturità è uno dei capitoli che stiamo per concludere e che allo stesso tempo rappresenterà l'incipit del capitolo successivo dello stesso libro:la nostra vita. Essa rappresenterà per ognuno di noi una fine ed un nuovo inizio.Come disse O.Wilde:"Lo scopo della nostra vita è lo sviluppo del proprio Io";ciascuno possiede capacità, qualità e sogni da realizzare; la maturià non sarà altro che uno dei tasselli di quell'infinito puzzle che andrà a rappresentare noi e la nostra persona. La maturita`, pe r me, e` un po’ come quando ar al traguardo di Giulia Falchero rivi una gara di cors a e, pensandoci rendi conto che , ti in realta` non se i cosi stanca e avresti potuto co che rrere piu` velo ce. Non per arri prima di qualcu vare n’altro, ma perc he` a ogni gara corsa il tuo tem di po migliora, le gare servono soprattutto a m igliorarci, oltre che a vincere. anni di liceo so Cinque no lunghi, fatic osi e spesso ci sembrano senz a senso; ma so no una grande oppotunita`, pe r crescere, cond ividere tante co con i tuoi com se pagni e, soprat tutto, conoscer aprire la nostra ee mente piu` che mai. Forse perc programma di he` il quinta e` davver o coinvolgente forse solo perc ,o he` ce ne rendia mo conto sempr fine delle cose e alla belle, quando si amo obbligati guardare indiet a ro..e avanti, sta di fatto che con questa maturita `, piano piano, sto arrivando a quanto e` impo capire rtante il liceo, studiare e cono Piu` viviamo a scere. fondo le superi ori, piu` abbiam fiducia in noi st o essi, piu` le stra to, perchè è la vuo nel to sal un e de che si aprono do com è po la quinta so Per me la maturità rni fino gio i mie no i o pit nu riem m ha er ose, e pi so che diventeranno re conclusione di un percor ite persone alta`. Correre e` u` i nostri sogni le solite abitudini, le sol , ola scu ita faticoso, ma ti sol lib La . er ora me ad a. per un senso di protezione sia Sara Innocenti hanno dato a questi 5anni ì cos na con la maturità tutto tor sia per i miei sogni. Ora ni per il oranza oso' dal prendere decisio chi 'ris ì cos n l'ign presente, e tutto i o mie c ai e chi è ban i que n su o me nte futuro a lasciar un po' di lemi, n . Dura re prob questa frase o uno dei a e r c compagni di avventura. tati tto in za può , è sol noscen maturità è tu urità ,quindi di noi sono s he o c a l t e della n ciò c La ma r molti re, " S Martina Barral scritto più profondo apparenze. li, perchè pe ppiamo e co mettere e o t a i a scienz farci s iacevo ificato rci alle ò che s simov, er me il sign e non ferma o dei meno p ulti. Con ci nteranno di A c a a d e s t n e P rli ". ntati a uanti disse I fletter orse u Come iamo risolve parato a ri tellettuale, f , siamo dive on importa q cenza. m o s i n n s os i etrino che po nni abbiamo tra crescita i che eravam di questo e za della con ngela P A e n s n i a r o a z questi dini della n ò dai ragaz uturo miglio ere l'import f c ra er tanti g offerenza, p plasmare un do di riconos le s i a i d r d di un cambiamento radica g o i rem ann i, in t maturità significa l'inizio e t la nei t e me r a ent n Pe f iam e ser n t mi i nar o o, chiamata a relazio saprem re, ora siam della mia vita, dove sono UN DI E FIN LA ma om a s scuse.. Ins di pen suoi confronti, senza più Sottile NUOVO INIZIO!
Alessia
La Quinta non è un anno come gli altri, bensì è un anno speciale che rimarrà per sempre nel cuore perchè è proprio in quest'ultimo anno che capisci quanto siano davvero importanti quelle persone che ti hanno sopportato per anni, perchè è proprio con loro che condividi le stesse gioie, le stesse paure, gli stessi dolori e molto altro. E se per NOI ce voluta una gita di classe per scoprirlo e per unirci davvero, beh non smetterò mai di ringraziare chi ci ha accompagnato e ha permesso che tutto ciò accadesse. In conclusione auguro a tutti i Futuri Maturandi un: IN BOCCA AL LUPO!!!! E speriamo che CREPI per TUTTI!!! Antonietta D’Amato 14
Dialogando col primino di Lorenzo Giraudo Il maturando sta leggendo un saggio critico sul primo Novecento. Ogni tanto, ne sottolinea una parte. Entra il primino, zaino in spalla. Prim: Ciao! (Posa lo zaino) Tu sei..? Mat: …Quello che deve scrivere l’articolo con te, sì! Anche se non ti facevo così giovane… Hai davvero l’età che avevo io quando facevo prima? Prim: E davvero io diventerò come te in quinta? Silenzio. Prim: Che poi, tu hai capito cosa dobbiamo fare? Mat: Un dialogo, come quelli di Leopardi! Prim: Leopardi? Ah, sì… Ma non ha scritto poesie? Mat: (Con aria da “uomo vissuto”) Aspetta di arrivare in quinta, ha scritto tante cose che non sono poesie… In ogni caso, dobbiamo parlare della maturità! Prim: L’esame? Mat: (Ironico) Lo sai, tu? Gabbio è stato decisamente vago sulla questione! Prim: Comunque, se si parla dell’esame me ne vado, non ci voglio pensare per nessun motivo! Mat: Su questo concordo con te… Prim: Ma piantala, sono sicuro che in quinta non si parla d’altro! Mat: Per un certo senso è vero, ma ciò non toglie che sia spaventato all’idea di doverlo affrontare… Prim: Spaventato? Beato te che ci sei arrivato! Io non so nemmeno come finirò l’anno… ho mille verifiche, interrogazioni… E’ tutto così diverso dalle medie! Mat: Fidati, ti manca ancora qualche anno prima di sapere cosa vuol dire essere davvero impegnati con la scuola! Prim: Cosa intendi? Mat: Se ti lamenti di dover studiare qualche ora, cosa farai quando dovrai farlo per giorni interi? Prim: No, io non farò così: ho una mia vita da vivere! Mat: E pensi che io avrei voluto passare così tanto tempo sui libri? Spesso non hai scelta, se vuoi passare all’anno successivo… I due si guardano intorno, pensierosi. Silenzio. Prim: E’ davvero così difficile? Mat: (Si volta a guardarlo, ma non parla) Prim: Senti, sono spaventato anch’io! Mi rendo conto solo ora di quanto stessi bene alle medie: lì era tutto più facile, potevo dare del tu ai professori, avevo interi pomeriggi liberi… Anche nelle verifiche, davo una lettura veloce e prendevo 10! Invece adesso sono tutti distaccati, non è tollerata la minima confidenza… e poi ti guardano tutti con quello sguardo che hai fatto tu… Mat: (Incuriosito) Quale? Prim: Quello che sembra dire: “i tuoi problemi sono stupidaggini, pensa che questa è la parte più facile in assoluto, sei già in difficoltà?” Mat: Non era mia intenzione giudicarti... Non è un percorso in discesa, ma ci siamo passati tutti… Prim: Sì ma come ci siete passati? Non voglio che la scuola mi mangi vivo, non ho mai vissuto per studiare! E’ questa la “maturità” che si raggiunge al liceo? Imparare a sacrificare sempre più la propria vita in favore dello studio? Mat: (Ridacchia). Prim: (Sarcastico) Ecco, avevo proprio bisogno di questa rassicurazione! Mat: Scusa, non ce l’avevo con te… è solo che io penso esattamente le stesse cose riguardo i prossimi mesi! Prim: Davvero? Mat: Devi sapere che in cinque anni non hanno mai smesso di dirci che la parte peggiore era davanti a noi… persino in quinta, ogni volta che diciamo ai professori che siamo in difficoltà ci sentiamo rispondere: “Aspetta maggio…!” Prim: Vuoi dire che devi studiare davvero ogni volta più di prima? Non hai mai un attimo di riposo? Mat: Beh… Sì e no… Prim: Ecco, mi mancava l’indovinello, senti questo: “se le unisci, dividono…” Mat: No, intendevo che farei volentieri a cambio con te… Prim: Ed io con te, hai fatto quasi tutta la strada! E’ vero che l’esame è difficile, ma hai fatto quattro anni e mezzo su cinque! Mat: Ci siamo alzati male o sei sempre così acido? Fammi finire: farei volentieri a cambio con te, ma ciò non toglie che io sia felice di come sono andati questi anni! Prim: (Ironico) Molto più chiaro… Mat: (Riflettendo) Vediamo, come te lo spiego? Ecco, pensa all’esame che hai fatto! Non ritorneresti a fare la terza media? Prim: Beh, certo! Mat: Anche se tornandoci dovessi rifare l’esame? Prim: Alla fine era molto più facile di quello che mi aspettavo! Mat: Ecco, il liceo è esattamente così! Ogni anno è difficile, più degli altri, ma alla fine se tieni duro ti ritrovi a dire: “Eh, alla fine pensavo peggio…!” Prim: Ed è questo maturare? Dire sempre “alla fine pensavo peggio”? Mat: Tu cosa pensi che voglia dire “maturare” all’interno del liceo? Prim: (Spiazzato) Beh… Mat: Come ti vedi tra cinque anni? Prim: Più bravo nel parlare, più disinvolto… Vedo che i professori vi trattano quasi da loro pari… Mi vedo meno bambino, ecco! Continua a pag seguente
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Continua da pag. precedente Mat: Abbiamo appena visto che, in fondo, abbiamo le stesse paure riguardo al futuro: non è che si cambia in modo così radicale… Prim: Ma comunque si vede che tu sei più grande! Mat: Alla fine dell’anno sarò solo il primino di un’università! Prim: Cosa vuoi dire? Che questi cinque anni ti riempiono di nozioni e basta? Mat: No, anch’io mi sento molto cambiato… Prim: In cosa? Mat: Non lo so! Prim: (Di nuovo ironico) Bello: essere maturi vuol dire non sapere in cosa si è maturati! Altro silenzio. Mat: Un po’ scontata come conclusione… Prim: Sì, ma devo andare! (Si rimette lo zaino in spalla) Sei simpatico in fondo, sarei stato ancora a parlare, ma anche se tu dici che la prima è un paradiso, ho da studiare! Mat: Ed io devo preparare la tesina… Prim: Ripeto: quanto vorrei essere nei tuoi panni… Scrivere qualcosa, al posto di studiare mille cose a memoria… essere maturi… La prima è un inferno! Mat: Non lo metto in dubbio! Prim: (Sta per andare, ma si ferma interrogativo) Scusa, se è un inferno perché vorresti tornare in prima? Mat: Io non ho mai detto che se potessi, tornerei indietro: questo l’hai detto tu sulla terza media! Prim: E’ tutto quel discorso sulla facilità, sullo studio che diventa maggiore, la strada in salita…? Mat: In prima stavo meglio, avevo più tempo libero, avevo alle spalle meno delusioni… Ma con le delusioni ho anche fatto molte esperienze che mi porto dietro, e mi vanno bene così come sono! Sono contento di essere arrivato qui… Prim: (Con un gesto di stizza) Bah, prima mi dici che la prima è più facile, poi mi dici che non torneresti indietro… In questo sì che siamo diversi! Se potessi io tornare indietro alle medie… Il primino esce. Mat: Che sia questa la maturità? Torna a leggere e sottolineare. Ok, ho finito. Non so da dove mi sono uscite questa quattro pagine, ma ho finito. Un dialogo difficile, soprattutto perché non si ha voglia di parlare di maturità in quinta, figuriamoci in prima… Non era questo che avevo in mente all’inizio! In effetti, anche questa introduzione sta prendendo una piega tutta sua: come l’intervista iniziale si è trasformata in un dialogo inventato, queste righe si trasformano in un “angolo ringraziamenti”! Va bene, si vede che in fondo vogliono essere un angolo ringraziamenti, non soffochiamole nelle loro ambizioni… Grazie soprattutto a Mirella Marcellino e Sara Simonte, della IV A ginnasio: la conversazione avuta con loro mi ha ricordato molte cose della vita in prima! Spero di aver capito bene anche il loro stato d’animo. Poi ringrazio il mio compagno di classe Stefano Gualtiero, che mi ha fatto da “tecnico” e ha anche tirato fuori dalle due primine alcuni spunti interessanti. Tre persone soltanto, ma tre persone che andavano ringraziate! Bene, ed ora che anche i ringraziamenti sono fatti, non mi resta che augurare un grosso in bocca al lupo a tutti i primini, per i quattro anni e qualche mese di Porporato che restano, e a tutti i maturandi, presenti e futuri, per “quella cosa che è meglio non nominare”. Quando ci sentiamo un po’ stressati o sommersi, pensiamo a chi sta affrontando sfide più ardue della maturità: forza Irene! Lorenzo Giraudo, III A Cl Merlo: “Quali altre forze fisiche conoscete, ragazzi?” Studente: “La forza dell’amore!” Merlo: “ La forza dell’amore che è inversamente proporzionale con la forza dell’ attrazione!”
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Boasso: (dopo che le è suonato il cellulare) “Ah, quando le mie amiche mi chiamano e mi chiedono <Ma stai lavorando?>. No guarda, smacchio leopardi.” Long: (durante la correzione dei compiti) “Siete tutti d’accordo? L’avete fatta tutti così? Allora è sicuramente giusta” Boasso. “C’è un vecchio detto secondo cui bere vino rossa fa bene alla vista. E’ vero: dopo vedi doppio!” Merlo: “Io non capisco questo strano fenomeno fisico per cui quando insegno nella A, la A è più indietro della B, quando insegno nella B, la B è più indietro della A..” ) Merlo: (Spiegando il moto circolare) “Avete presente le giostre per i bambini piccoli? Sapete, quelle con il cavallo, la tazza..che girano in tondo? Beh, ecco, zitti, perchè io sicuramente me ne intendo più di voi, perché ho una figlia di sei anni!”
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MATURITÀ: CI TRASFERIAMO ALL'ESTERO? di Giada Aliverti Manca poco ai fatidici giorni della paura, i giorni che tutti gli studenti temono e attendono fin dal primo giorno della prima superiore, quando per la prima volta varcano la soglia della scuola secondaria, ultima tappa dell'istruzione obbligatoria. Questi giorni sono quelli dell'esame di maturità. Tutti, chi più chi meno, sanno come si svolge questo esame in Italia, ma a nessuno è mai venuta la curiosità di sapere cosa accade negli altri paesi europei alla fine degli studi superiori? Sicuramente almeno gli studenti del linguistico, alcuni dei quali stanno prendendo parte al progetto Esabac, sono già a conoscenza di come si svolge la maturità in FRANCIA. Ma vediamolo nei dettagli. La maturità francese, il Baccalauréaut, comunemente anche chiamata “Bac”, viene svolta alla fine degli ultimi due anni. L'esame francese può essere paragonato a quello italiano, con la differenza che in Francia le scuole superiori hanno la durata di tre (liceo generale e tecnologico) o quattro anni (liceo professionale o tecnologico). Le sezioni delle superiori francesi sono principalmente tre: L (Littéraire: paragonabile al liceo classico italiano), ES (Economique et Social: sezione specializzata in economia e sociologia) e S (Scientifique: paragonabile al liceo scientifico italiano). Tutte le prove sono generalmente programmate per il mese di giugno e si comincia sempre con le materie facoltative (che variano a seconda del liceo scelto e a seconda dello studente) e in seguito vi è filosofia, che è presente in ogni ciclo di studi. Alla fine della première, il penultimo anno, si sostiene la prova di francese, scritto e orale, per le tre sezioni, più biologia per gli ES e matematica e scienze per gli L. Alla fine della Terminale, cioè l'ultimo anno, viene sostenuto l'esame in tutte le altre materie. Il voto finale è espresso in ventesimi e in più vengono assegnate delle “mentions” a seconda della classe di voto sopra la sufficienza. Tra 12 e 14 è Assez Bien, tra 14 e 16 è Bien, tra 16 e 18 è Très Bien, può tuttavia essere aggiunta anche una nota di “félicitations du jury” per coloro che hanno ottenuto una media superiore al 18. Il Bac è la sola prova necessaria per accedere all'università, anche se non alle prestigiose Grandes Écoles, alle quali si accede con un esame di ammissione e dopo un ulteriore anno di preparazione. In GERMANIA l'esame di maturità è invece chiamato Abiturprüfung e viene svolto alla fine del ciclo di studi superiori, il “Gymnasiale Oberstufe”, che dura tre anni. Durante il corso degli studi, gli alunni devono studiare determinate materie obbligatorie, tuttavia possono anche scegliere alcune discipline e crearsi un piano di studi personalizzato nell'ambito dei corsi offerti, che sono rappresentati dalle seguenti aree disciplinari: Lingue, letteratura e discipline umanistiche (es. tedesco, lingue straniere, arte, musica) Scienze sociali (es. storia, geografia, filosofia, studi sociali/politica, economia) Matematica, scienze naturali e tecnologia (es. matematica, fisica, chimica, biologia, tecnologia e informatica) I corsi si suddividono in corsi di base (Grundkurse) e corsi avanzati (Leistungskurse). I corsi di base (3 ore settimanali) offrono agli alunni un’istruzione generale, i corsi avanzati (5 o 6 ore settimanali) sono organizzati in modo da offrire una specializzazione nelle varie materie, in previsione degli studi universitari, e forniscono pertanto un’istruzione di tipo più approfondito. Gli alunni devono scegliere Continua a pag. 23
SUPPLEMENTO D’ANIMA
Il gruppo di Amnesty International del Porporato Campi di volantariato Estate Liberi Eccoci, siamo quasi giunti alla fine dell'anno scolastico e tutti abbiamo cominciato a pensare alle vacanze estive, io voglio proporvi un modo alternativo per impegnare un po' di tempo quest'estate. Ogni anno Libera organizza dei campi di volontariato che si svolgono dove vi sono dei beni confiscati alla mafia. I luoghi che si posson scegliere son numerosi e ogni campo dura una settimana, la mattina si svolgono i lavori nei campi e si aiuta in tal modo la produzione di prodotti che poi saranno venduti da Libera terra, mentre nel pomeriggio vengono organizzati degli incontri formativi. La sera invece è un momento privilegiato per attività ludico-culturali tramite l'organizzazione di spazi di incontro con le realtà locali. Potrebbe essere un modo diverso per trascorrere una settimana in compagnia di altri ragazzi e soprattutto per comprendere meglio una realtà con la quale altrimenti non si avrebe modo di venire in contatto. Partecipare ad un campo di volontariato è sicuramente un'esperienza entusiasmante, dove insieme ad altre persone che provengono da tutta l'Italia si può dare un contributo concreto alla lotta contro le mafie. Inoltre nel corso degli anni l'aiuto apportato dai volontari si è rivelato di fondamentale importanza per le cooperative e le associazioni. La produziuone agricola ha potuto conoscere un aumento proprio grazie a tutti coloro che handeciso di vivere questa meravigliosa esperienza. Questi sono alcuni spunti, invito tutti coloro che volessero saperne di più a consultare il sito www.liberapiemonte.it oppure a leggere il n.109 de "La voce libera" del 19 aprile 2013. Chiara Perrone
Progetto LegaliTe Legalità. Abbiamo sempre sentito questa parola, ma sappiamo davvero che cosa significhi e cosa racchiuda? A noi giovani delle superiori che frequentiamo la Parrocchia di Piossasco (la città in cui abito) è stato proposto di aderire ad un progetto riguardante questo tema. Tale progetto consta di tre parti: VEDERE: ogni ragazzo appartenente ai gruppi proponeva ai propri compagni un questionario con domande relative alla Legalità. Siamo così arrivati a raccogliere PIU’ DI 850 QUESTIONARI compilati da studenti delle superiori in scuole sparse tra Torino, Orbassano, Pinerolo, Giaveno e Osasco. Questo documento era assolutamente anonimo e trattava le situazioni più disparate: dal pagare il biglietto sul pullman (il 50% dei ragazzi non lo fa), al domandare la causa per cui, secondo noi, un adolescente compie un’azione illegale (il 44% delle risposte era “per gioco o noia”), fino a toccare temi più delicati come quello dell’aborto (“L’aborto è illegale?”); VALUTARE: sono state invitate una psicologa e una sociologa che, dopo aver analizzato i dati dei questionari, hanno discusso con noi su ciò che è emerso in due serate, la seconda delle quali era aperta anche ai professori delle classi in cui sono stati distribuiti i suddetti; AGIRE: ora che abbiamo portato a termine il lavoro, ci sembrava giusto farlo fruttare! Nelle serate con la psicologa e la sociologa sono state proposte più modalità attraverso cui potremmo coinvolgere un numero ancora più alto di studenti e professori affinché questi dati non rimangano solo sulla carta, ma possano informare, sensibilizzare e far riflettere! Le opportunità potrebbero essere i momenti di discussione durante l’anno, come le giornate di autogestione o assemblee di istituto. Il progetto “agire” –ancora da definire quindi- partirà a settembre per motivi di organizzazione pratica. Per ora questo lavoro di analisi ci ha permesso di allargare profondamente i nostri orizzonti facendo emergere che la maggior difficoltà per gli adolescenti di oggi è distinguere ciò che è immorale, ma magari legale, da ciò che è illegale. Raramente si pensa alla legalità come tema da affrontare in una discussione o in un dibattito, ma non dobbiamo pensare che sia qualcosa di lontano da noi, perchè dopotutto la LegaliTe riguarda anche Te!
Sara Andreis
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Osservare felicità Di Camilla Sutera e Valentina Frencia intervista a Franco Costa,assistente fisico, preziosa presenza nella nostra scuola. Cosa ha insegnato a lei assistente all’integrazione scolastica lavorare con gli alunni diversamente abili? Mi ha insegnato che la debolezza può trasformasi in forza e soprattutto che la diversità è accanto a noi, anzi siamo noi: spesso abbiamo dei meccanismi di difesa nei confronti di chi è diverso da noi, non solo parlando di disabilità, e non ci rendiamo conto che la differenza dall’altro è accentuata se noi non siamo in grado di ascoltarlo. Ho imparato anche che tramite la pazienza e la costanza si può giungere a ottimi risultati. Quali atteggiamenti lei pensa dovremo adottare noi tutti per far si che non vi sia più un muro tra "normalità" e "patologia"? Come ho detto prima attraverso l’ascolto si “entra” in empatia con l’altro e lo si riconosce come individuo; nell'ascolto le differenze si fondono insieme, perdono la loro assolutezza, e quelli che sono i limiti dell'incontro, oltre alla paura, la diffidenza, il sospetto e il pregiudizio, possono diventare risorse per riconoscere l’esistenza di entrambi. Ascoltare un disabile (ma questo davvero vale per tutti) non equivale solo ad informarsi su di lui, ad atteggiarsi ad interlocutore attento e distaccato o a dargli attenzioni superficiali ma significa aprirsi al racconto che egli può fare di sé attraverso gli strumenti che ha a disposizione (e talvolta sono molto duri da decifrare e accettare) per giungere a comprendere nuovamente se stessi oltre che l’altro: così il disabile non abita tra di noi ma abita con noi.. Osservando con delicatezza il “mondo” dell’altro ci si può avvicinare davvero. Ecco la differenza tra patologia e normalità Qual è la formazione di un assistente all’integrazione scolastica e cosa l'ha spinta a scegliere questo lavoro? Ci sono due possibili strade per essere un assistente all’integrazione: una è quella universitaria con laurea in scienze dell’Educazione, l’altra è un intenso corso formativo di un anno come Operatore Socio Sanitario (OSS), corso che è sostenuto dalla regione e che rilascia un attestato di qualifica riconosciuto a livello nazionale. L’intervento dell’educatore e dell’operatore OSS è complesso e articolato in quanto esercita quotidianamente un ruolo di mediazione tra i bisogni degli utenti e le risorse professionali e strumentali messe in campo dalla scuola e dal territorio. Comporta la capacità di essere flessibile, paziente e in grado di interagire con diversi interlocutori senza mai dimenticare i confini e le peculiarità del proprio ruolo. Si incontrano situazioni diverse e complesse che richiedono diverse modalità di approccio, ma un'unica base di partenza è la conoscenza, la professionalità e la forte motivazione. Senza questi fondamentali ingredienti il lavoro degli operatori si ridurrebbe a una mera prestazione tecnica, meccanica che, se da un lato potrebbe essere uno strumento di difesa da coinvolgimenti personali troppo profondi, dall’altro svuoterebbe l’intervento della sua “essenza”. Ricordiamo che lavoriamo con le persone e per le persone e che và rispettata e mantenuta la soggettività e unicità di ognuno di noi! Quali sono le sue maggiori soddisfazioni a lavorare con loro? Osservare la nascita e l’espressione della felicità nella loro vita. In questi anni ho sperimentato come molti ragazzi che seguo abbiano bisogno e voglia di vivere la loro adolescenza in modo normale, uscendo la sera con gli amici e non necessariamente facendo attività strutturate o complesse (per questo hanno già la scuola, lo sport, il teatro, la palestra ecc..) e andando al cinema, concerti o al bowling dove operatori, ragazzi disabili e non e amici ecc.. si fondono in un’unica bella compagnia dove il motore propulsore è il divertimento e il rispetto delle persone. Vedere che talvolta sorridono per cose piccole, che magari a me sfuggono, o che si divertono a crepapelle mi rende felice perché spesso mi sento coinvolto con loro ma soprattutto perché hanno il regale e naturale dono di prendere la vita con semplicità, senza schemi rigidi o problemi inutili. Da questo noi dovremmo imparare tanto. Continua a pag seguente 19
Il classico del quarto anno vola in Grecia
Un viaggio agli inizi della storia d’Europa Grecia, 2 marzo 2013. Le classi 2A e 2B del liceo classico si aggirano per le strade di Atene. Atene, capitale della Grecia, non a caso la quinta più popolosa dell’Unione Europea, raccoglie quasi la metà degli abitanti dell’intera nazione. Viene ricordata per le sue uniche e svariate caratteristiche: metropoli cosmopolita, maggiore centro economico, finanziario, industriale e culturale del paese; nota in tutto il mondo per la nascita della democrazia, per essere stata la sede dell'Accademia di Platone e il Liceo di Aristotele, oltre che aver dato i natali a Socrate, Pericle, Sofocle e molti altri personaggi importanti dell'antichità. La culla della civiltà occidentale, la nostra civiltà, quello che oggi siamo. Dopo quattro anni di duro studio una piccola ma importante conquista per i ragazzi: avere l’opportunità di visitare una bellissima regione del mondo, ricca di storia. Quella storia a cui tanto si sono dedicati. Sei giorni per ammirare, osservare e provare a capire la Grecia. Accompagnati dalle professoresse Cristina Merlo, Daniela Nevache e Paola Ferrero, ci tuffiamo in un viaggio nello spazio e nel tempo: si parte dal nuovo Museo dell’Acropoli di Atene, il nostro Cicerone è un simpatico e bizzarro greco, Spiridione. È lui a condurci al Museo Nazionale, dove sono conservate le grandi meraviglie di questa meraviglia di paese. Vasi, statue, spade, scudi e gioielli che si snodano sulla linea del tempo dal settimo millennio a.C. sino al quarto secolo d.C. E siamo solo all’inizio; da qui la visita al sito archeologico di Atene, che si erge in tutta la sua prepotenza sulla città. Superbo, soffocato dalla modernità e dall’inquinamento, il Partenone conferma la sua imponenza e apre uno squarcio di antichità. Il viaggio prosegue con la scoperta di siti come Delfi, Olimpia, Epidauro, Micene e Capo Sunio. Paesaggi che mozzano il fiato. Noi studenti, affascinati, proviamo a immaginare quello che è davanti ai nostri occhi calato nei secoli del loro splendore, vogliamo sapere e conoscere la vita dell’antica Grecia e degli antichi Greci. E ci proviamo ascoltando di sera, sull’Areopago, una tragedia di Eschilo, improvvisando una gara di corsa e di lotta nello stadio di Olimpia. Sarebbe banale definirla come grande emozione, possiamo però dire che questa esperienza ha insegnato molto e gratificato il nostro impegno. Ora sappiamo con certezza che il nostro studio non fa pare di una cultura morta: l’antica Grecia vive attraverso se stessa, attraverso l’arte, il teatro, le opere scritte e giunte sino a noi. Questo viaggio si conclude a Capo Sunio con una foto delle due classi con la guida Spiridione, che ormai si è affezionato a noi, ai “giovani piemontesi” che hanno cercato di capire la Grecia. Elisa, 2A classico Continua da pag. precedente Lei, data la sua esperienza, pensa che realmente i ragazzi diversamente abili siano inseriti in un contesto scolastico che permetta loro di esprimersi al meglio? La scuola, in quanto sistema di relazioni, ha in sé, soprattutto per i diversamente abili, enormi potenzialità; basti pensare come la collaborazione, il confronto, l’interazione, gli obiettivi comuni tra le diverse figure professionali e i ragazzi possono trovare e sviluppare le strategie migliori per permettere al ragazzo di crescere nella sua diversità, stimolando e attivando in lui la maggiore autonomia possibile. Il minore diversamente abile, a modo suo, con i suoi limiti e difficoltà, “sa” molte cose, ha e fà esperienza del proprio corpo, della realtà che lo circonda e ha delle modalità personali di conoscenza dell’ambiente, di sé e degli altri, oltre che personali modalità di comunicazione. A volte ciò è sottovalutato, cioè l’attenzione è posta solo su quello che il ragazzo non può essere o non può fare rispetto ai ragazzi normodotati mentre l’aspetto della relazione tra le persone è fondamentale perché ciò tocca la sfera delle emozioni, della fiducia. A scuola il ragazzo disabile, come gli altri, si trova a incontrare e conoscere una nuova immagine di sé e a fare nuove esperienze ma per lui il percorso di riconoscimento è particolarmente complesso e sofferto, determinante per la vita futura. La scuola, allora, è forse il luogo dove meglio di ogni altro il ragazzo può porre le fondamenta per uno sviluppo armonioso delle proprie potenzialità tenendo conto dei propri tempi di sviluppo personali (e qui il ruolo dell’operatore in concomitanza con l’insegnante è fondamentale) ma anche della capacità di comprensione e di elaborazione di competenze diverse. Le relazioni che si instaurano nella scuola si sovrappongono, si intrecciano e si influenzano vicendevolmente dunque nel lavoro con la classe la nostra figura professionale si fa da mediatrice fra la realtà del ragazzo con handicap e i compagni, attraverso il coinvolgimento di tutte le componenti della scuola, in modo che il processo diventi relazione significativa fra più soggetti e quindi un’occasione di crescita per tutti. Non solo per il disabile. Credo che questo serva per arricchire ogni alunno per dare l’opportunità a tutti di imparare dagli altri, di occuparsi degli altri e di acquisire inclinazioni, abilità e valori necessari per sviluppare l’autostima e il rispetto di sé e degli altri. La via che porta all’integrazione è quella di fare agire il più possibile i soggetti disabili insieme ai loro compagni di classe, in modo che l’operare degli uni influenzi e condizioni quello degli altri e che ciascuno possa riconoscersi soggettivamente competente e oggettivamente importante per la comunità. L’integrazione del disabile nella scuola riguarda tutti e non solo la professionalità dell’educatore e dell’operatore. Il lavoro che ho svolto finora mi porta a concludere che nel tempo la sensibilità dei giovani verso l’altro si è approfondita e che il disabile si sente, a sua volta, sempre più spesso parte di una classe e della vita sociale stessa in maniera naturale e serena. 20
Dall’ombelico del mondo Paolo, ecuadoregno in Italia, si racconta Sono Ricardo Paolo Caicedo Guijarro, da noi tutti hanno due nomi e due cognomi, per essere originali diciamo. Sono da Quito, l'ombelico del mondo, Ecuador e da otto mesi vivo in Italia. E mi fa tantissimo piacere spiegare da dove vengo, per chi non lo sa, 2800m di altezza, la città "Fidanzata di Dio", paese dei quattro mondi: montagne di 6400m, paradisi al Pacifico, la più grande foresta Amazzonia, e le isole Galapagos origine delle specie. La prima volta che sono venuto in Italia avevo otto anni, ora dieci anni dopo, direi che sono ancora innamorato. E non capirete mai quanto bello è svegliarsi e sentire la più appassionante lingua del mondo, l’italiano. Anzi, è così bella che anche riesci a sopportare tutte le prese in giro mentre l'impari. L'Italia è piena di stereotipi, la cultura, il mangiare, la religione, l'arte, la storia, il calcio, e confermo tutte le loro bellezze. Ma il forte dell'Italia sappiamo che è la storia, è stata uno dei pilastri di ciò che ora siamo, ma ci sono anche tanti altri posti con la stessa o ancora una più grande storia ma non riescono ad avere la stessa importanza dell'Italia, perché? E prima che scada il mio visto arrivo alla risposta: tutta è colpa vostra, colpa di questo potere che avete di italianizzare ciò che toccate, anzi, la colpa è del mondo perchè vi crede. Sia nell'Africa come nella Cina un caffè ha lo stesso gusto, ma un espresso italiano non ha paragone. Forse era la stessa acqua, lo stesso caffè e la stessa caffettiera ma berlo in Italia "non ha prezzo". Ormai mi restano pochi giorni qua però ci sono cose che solo da queste ordinate geografiche si riescono a vedere. In questo anno ho visto il crollo economico, le dimissione del Papa, le elezioni presidenziali, ho visto tre papi, due volte Napolitano e la Juve fuori della Champions. Mi dicono che ho beccato l'anno giusto, e la penso proprio così perché se fossi venuto un altro anno non avrei trovato delle persone che ho trovato in questi 300 giorni di soggiorno. Mi sono abituato al freddo, ad andare a Messa, a mangiare "bio", a prendere la minestrina ed a passare interrogato, cose che non avevo mai fatto e non sono tanto piacevoli (secondo me, specialmente quell'ultima). Conosco tanti paesi, ho avuto la fortuna di girare un po' per il mondo, ma mi sento con più fortuna per aver girato l'Italia in questo anno, ora conosco tanti altri paesi ancora più carini (tutti quelli che finiscono con ASCO) è potrei affermare che non c'è niente come qua. "Un anno per potenziare la lingua" questa è stata la scusa per godermi un anno style Italia, e dopo questa esperienza non potrò mai paragonare queste due vite che sono vissuto. Sono troppo diverse, il divertimento soprattutto, non è lo stesso e non puoi troglier il ballare a un sudamericano. Quindi l'Italia ha il suo incanto però uno sempre torna alla sua patria'. Spero non offendere nessuno come quando si sono offesi parlando di politica, e rimarrò dritto in ciò che penso. Non è vero che più critichi meglio è. Di quelli che ho sentito lamentarsi nessuno è esperto politico che io sappia. E pensate, non ha senso lamentarsi di corruzione mentre anche voi stessi siete corrotti. Quando non mettete un'ora in più sul disco parcheggio, quando viaggiate senza un biglietto, quando non pagate le tasse, ecc. È la stessa corruzione della quale vi lamentate sempre ma a livelli più bassi. Riassumendo, l'Italia, secondo me è poco valorizzata, poco salvaguardata e comunque, ancora meravigliosa. Forse siete troppo bene abituati ad avere un pezzo storico in ogni angolo, perchè avete un'antichità gloriosa e un presente complesso. Ma state tranquilli che anche ì più grandi a volte scivolano, e se cadete, avrete sempre un nido sotto i piedi, il nido di centinaia di eroi, di sconfite vinte, di opere d’arte. Nonostante il mio obiettivo fosse imparare l'italiano, accidentalmente sto portando via con me il piacere e l'onore di aver conosciuto persone squisite, nomi che si sono inseriti nel mio destino, facce che non potrò mai cancellare, momenti condivisi che non saranno mai dimenticati. Consiglio tutti di fare uno scambio, è una esperienza unica ma ci vuole coraggio. È un'opportunità in cui cominci un'altra vita, nasci senza conoscere nessuno, cresci assaporando ogni secondo, muori quando devi tornare. Ringraziando vi saluto e sono sicuro che non è un addio. Ormai ho l'Italia nel sangue e gli italiani nel cuore. A presto. Paolo Caicedo Guijarro 21
Artisti e campioni tra noi “Se si vuole portare a termine una cosa, niente e nessuno può impedirtelo!”. Intervista a Federica Tarsia. In questo numero di Onda d'Urto vi proponiamo l'intervista a Federica Tarsia, giovane promessa del basket. -Come e quando hai iniziato a giocare a basket? Da piccola andavo a vedere qualche partita di mio fratello, che giocava anche lui a basket, e tutti chiedevano ai miei genitori perché non portavano anche me. Così all'età di sette anni mi sono appassionata a questo sport, anche se con il mio primo tiro a canestro non avevo beccato neanche il ferro, ma questo è un altro discorso. -In che squadra giochi? Il basket è uno sport molto conosciuto in queste zone? Da circa sette anni gioco nella Pallacanestro Torino, anche se prima ho fatto un po' di esperienza con una squadra maschile e poi con una squadra femminile di Collegno. Dipende sempre dalle zone, perché io gioco in una squadra di Torino e nei dintorni vi sono comunque altre squadre, quali per esempio il Moncalieri. Altrimenti le altre squadre provenienti da posti più lontani come Bra oppure Cuneo. -Quante volte ti alleni a settimana? Riesci a conciliare lo sport con le ore di studio? Solitamente mi alleno dalle tre alle quattro volte a settimana e in più al sabato o alla domenica ho la partita. Quest'anno sono entrata a far parte anche di un campionato di A3 nazionale e quindi sono aumentati gli impegni e le ore in palestra, ma con la scuola non è mai stato un grande problema. Sono dell'idea che se si vuole portare a termine una cosa, niente e nessuno può impedirtelo, bisogna solo avere voglia e uno spirito positivo. Piuttosto evito di andare a fare il “pisolino” dopo pranzo, così riesco a terminare lo studio prima di andare ad allenamento. -Quali sono le caratteristiche che deve avere un buon giocatore di basket? Un buon giocatore di basket deve, secondo me, avere talento, un buon fisico, una certa altezza e soprattutto avere cuore e determinazione per aiutare i propri compagni nei momenti di difficoltà. È questa la differenza tra un buon giocatore e un giocatore di talento e basta. -Hai un modello da cui prendi spunto? Mi piaceva molto il modo di giocare di Michael Jordan, tutt'oggi invece un giocatore che ammiro è Kobe Bryant. Egli gioca nei Los Angeles Lakers, con i quali ha conquistato cinque titoli NBA. -Hai aspettative per il futuro? Punti a qualche risultato in particolare? Ora come ora non ho aspettative per il futuro, cerco solo di sfruttare tutte le occasioni che mi si presentano e di trovarne il lato positivo. Di risultati credo di averne già ottenuti, come ad esempio essere chiamata nella nazionale di basket femminile della mia età e aver rappresentato come singola giocatrice l'Italia, in un camp in Slovenia. Adesso cerco di giocare al meglio per la mia squadra e poi si vedrà. Giada Aliverti,
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La politica e l’arte (continua da pag 13) Il mito è la voce di una terra, è portatore di conoscenza e soprattutto è strumento per interpretare la realtà. Ogni popolo in ogni epoca ritrova nel mito una chiave di lettura per il presente; delle lenti per guardare il mondo, che saranno inevitabilmente diverse da quelle che hanno adottato le generazioni passate e proprio per questo più utili nel presente. Ma insieme al mito Theo trova anche dell’ altro, per esempio il teatro e la musica. Decide che tutto ciò dovrà esserci nel proprio cinema, perché non può percepire né quest’ ultimo, né se stesso a prescindere da tali elementi. “Che cos’ è l’ uomo?” Egli si definisce in una rete di relazioni, in collettività e insomma in società. L’ uomo dunque non può essere estraneo alla politica, perché la politica è l’ occuparsi della collettività. Ognuno è coinvolto in questo meccanismo e Theo , parlando dell’ uomo nei suoi film, non può lasciare da parte proprio questo elemento così importante. La storia, la collettività, le proprie radici, il mito, il teatro, la musica, la riflessione sul cinema, la politica: tutti questi elementi diventano ingredienti fondamentali per l’ impasto del film. Da tutto ciò, ad esempio nasce “La recita”, uno dei film più complessi e corali del regista. La pellicola si articola su più piani: la Storia della Grecia contemporanea (dal ‘36 al ‘52), la storia di una famiglia e compagnia di attori girovaghi, il mito di Agamennone e della sua famiglia. Tali elementi si intrecciano e dialogano insieme, formano nodi inestricabili, lanciano domande a cui non danno risposta. I protagonisti del film sono interpretati da attori che recitano la parte di altri attori; essi riattualizzano il mito degli Atridi, riproducendone la vicenda e i personaggi, in un continuo gioco di rimandi. Non è facile seguire il nostro regista nel suo cammino, né immedesimarsi nei protagonisti. Ma Anghelopulos non intende ottenere né l’ una né l’ altra cosa: il suo obbiettivo è quello di rendere attivo e critico lo spettatore, di fornire degli spunti che portino ad un’ interpretazione personale. Anche per questo non è suo interesse delineare psicologicamente i personaggi: essi sono “ segni”, portatori di storia e di differenti ideologie, sguardi politici, riproducono la società in piccolo. Il regista riprende la teoria brechtiana dello straniamento, secondo la quale per esserci riflessione critica non ci può essere il completo immedesimarsi nei personaggi che si muovono e agiscono sulla scena. Lo sguardo dello spettatore pertanto deve rimanere esterno, consapevole di sé. Se invece lo spettatore vive la vicenda emotivamente non è possibile una sua analisi e una fredda rielaborazione dei fatti. Ne “La recita” presente, passato prossimo e passato remotissimo si amalgamano e interagiscono, diventando una cosa sola. Non esiste più il fluire del tempo, la sua linearità: i fatti si intrecciano, si pongono in relazione svelando nuovi significati. La tecnica cinematografica adottata è singolare, è funzionale all’ obbiettivo che si pone il regista ed è frutto di uno studio attento del cinema delle origini. La lentezza, il piano sequenza (sequenza senza stacchi di camera) e il silenzio sono le cifre stilistiche più rilevanti. La lentezza e il silenzio sono il tempo e la condizione della riflessione, per questo Anghelopulos li adotta. La sfida lanciata da Theodoros non è semplice, né riposante. Il percorso che ci invita a seguire è invece faticoso, a volte difficile da decifrare, richiede tutta la nostra partecipazione. Il suo cinema è cosi perché non può essere diversamente, volendo essere strumento di interpretazione della realtà. E la realtà quasi mai è semplice, facile da comprendere. Proprio per questo il cinema di Anghelopulos continua ad interrogarci dopo decenni e a chiamarci in causa sempre . Non resta che accettare la sfida. Continua da pag. 17 almeno due corsi avanzati, che devono includere o tedesco o una lingua straniera di livello avanzato, matematica o una materia dell’area scientifica. I voti ottenuti nel biennio di qualificazione (Qualifikationsphase) vengono utilizzati per calcolare il punteggio finale dell’alunno, costituito dai voti ottenuti ai corsi e dai voti dell’esame di Abitur. L'esame si compone di un minimo di quattro e un massimo di cinque prove, di cui obbligatorie 3 prove scritte e 1 prova orale. La commissione è composta da un minimo di 3 membri interni, di cui uno deve essere il capo di istituto o il vice capo di istituto. Se il candidato non supera l’esame, può ripeterlo solo una volta, dopo sei mesi o dopo un anno. Al superamento dell’Abiturprüfung, i candidati conseguono il certificato di Allgemeine Hochschulreife, che si ottiene solo con almeno il punteggio minimo per ogni area. Questa qualifica consente l’accesso a qualsiasi corso di studi di istruzione superiore. In INGHILTERRA la situazione è un po' diversa, in quanto prevale la logica delle certificazioni per ogni materia e non c'è un titolo complessivo. Il corrispettivo del nostro esame di stato è quindi l'Advanced Level, anche noto come A-Level, che serve per l'accesso alle università. Esso consiste nella valutazione di tre discipline che variano a seconda dell'orientamento universitario che lo studente intende assumere. Gli esami sono esterni e vengono elaborati da specifici enti di valutazione e certificazione, tuttavia i crediti relativi agli ultimi due anni incidono per il 20-30%. Dopo tutto questo “spiegone”, quale pensate che sia il Paese migliore dove poter svolgere la maturità? È forse arrivato il momento di trasferirsi? Giada Aliverti 3CL