Il magico destino di Kevin

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Gerry Mottis, ValĂŠrie Losa

II magico destino

di Kevin

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Il magico destino di Kevin di Gerry Mottis illustrazioni di Valérie Losa

I^És

Edizioni Svizzere per la Gioventù N.2369


Š 2010 ESG Edizioni Svizzere per la GioventÚ Riproduzione del contenuto o di parte di esso solo con il permesso dell'editore Tipografia Leins Ballinari Bellinzona


Sebbene non sapesse cosa l'attendeva là dentro, Kevin impugnò con energia la ma

niglia del portone e la spinse. La porta ge mette un attimo, scricchiolò con una legnosa

resistenza e infine scattò di colpo. Il ragaz zine che sì aspettava di trovare un mondo magico davanti a lui, fu invece ostacolato

dal buio della soffitta della sua nuova casa. Il locale non lasciava trasparire alcuna sago ma, alcun oggetto strano. Ciò che invece invase Kevin con tutta la sua

forza fu l'odore di muffa e di umido d'uno spazio perennemente chiuso. Sicuramen

te c'erano dei mobili guasti, delle tele an tiche rovinate e rare con raffigurazioni di visi sbiaditi, resi ciechi dalla stessa oscurità, o solamente scartoffie rosicchiate dai topi, specchi spezzati, aggeggi di antico e dimen ticato uso quotidiano, risalenti a nonni, bi snonni, trisnonni e forse più.


E quante altre cose ancora si immaginava:

giocattoli abbandonati da bambini stanchi dello stesso continuo gioco, vogliosi di no vitĂ ... Quei giochi sarebbero presto diven tati suoi... E poi ancora libri, carte segrete,

un qualche grammofono in disuso, gingilli opachi e polverosi, tappeti antichi, bambo le, costruzioni in legno, sculture, cartoline firmate, lettere di rivelazioni amorose, op

pure diari di viaggi in capo al mondo e altro ancora...

Kevin era un ragazzino sveglio e molto vi vace, ficcanaso e scontroso, il tipico ragaz

zo che sta per lanciarsi nel difficile mondo dell'adolescenza. Fin da molto piccolo era solito nascondersi sotto le panche e le sedie, strisciava sotto i tavoli, si rotolava sui tappe

ti, si arrampicava sugli armadi o si dondola va con faticosa testardaggine dai rami degli alberi attorno a casa.


Lo affascinava scrutare il suo piccolo mondo

da angolature e postazioni delle piĂš impro babili e spesso non prive di rischio. Osservava

i piedi dei suoi genitori che si rincorrevano per la casa o cavalcava il suo cane pastore tedesco o ancora si infilava, e cocciutamen te vi rimaneva tutta la notte, a dormire sot

to il letto, tra la polvere, le riviste, il fucile ad aria compressa, il videogame, e si irrita va facilmente se non riusciva a convincere il suo cane a seguirlo lĂ sotto. Ma soprattutto amava gli spazi pieni di cose da scoprire. L'ar

rampicarsi per intere giornate sugli alberi a rubare frutta, o solo per costruire capanne fortificate, o nascondersi nelle fondamen

ta della casa dove viveva in cerca di insetti da stanare con una fiammetta di torcia, lo entusiasmavano. Ma chissĂ perchĂŠ aveva la

mania degli oggetti abbandonati.


Organizzava ad esempio brigantinaggi al la discarica comunale, dove sottraeva chili

di materia di scarico: dallo specchietto di una macchina ai resti di motorini scassati,

ai pezzi di biciclette storpiate dai rulli delle macchine. Come ogni bimbo ficcanaso della sua etĂ , era dunque un rovistatore e un in

dagatore di quel mondo fatto di scarti che agli adulti non interessava per nulla.



Il grande avvenimento per lui fu il traslo co. I genitori avevano dovuto trasferirsi, in

quanto il papa di Kevin aveva concorso ad un nuovo posto di lavoro presso un ginna sio della regione. Avendolo vinto, voleva a tutti i costi non commettere lo stesso errore nel quale era inciampato anni prima. Diceva continuamente:

Se trovo impiego presso quel ginnasio, ci trasferiamo almeno a venti chilometri di di stanza! Mai piĂš voglio vivere vicino al mio posto di lavoro..., e gesticolando a muli nello sottolineava le sue argomentazioni. A volte si scaldava e diceva semplicemente:

Via, via! Non ne posso piĂš delle lamentele dei genitori per strada! Via, via di qui!.


Kevin non dava importanza a quelle parole e neanche la mamma che rispondeva in mo

do disinteressato: Certo, caro.

Oppure altre volte: Sicuramente, tesoro, e cambiava canale con un veloce zapping.

Alla fine, quando il papa vinse il concorso e già stava per chiamare la società dei traslo chi, la mamma si rese finalmente conto del la serietà della sua proposta e cercò invano di convincerlo a restare in città. A Kevin invece stava bene. Cambiare aria, cambiare ambiente, amici, significava solo allargare i suoi orizzonti da scoprire, stimo lare la sua curiosità, entrare in un mondo nuovo. Lo eccitava il solo pensiero. Sì, a lui stava proprio bene.


La casa che affittarono era vecchia, ma invi tante. Si snodava su tre piani, dei quali l'ulti mo - mansardato sotto il tetto - si raggiun

geva salendo una stretta scala di legno che scricchiolava sotto i passi anche più leggeri. La scala conduceva ad una porta massiccia verde-oliva e sbarrata.

L'ex proprietario della casa, guidandoli in visita, aveva commentato il fatto in modo

superficiale: Qualche ragazzetto avrà perso la chiave, buttandola chissà dove....

Spiegò che probabilmente là dentro c'erano solo malandate scartoffie che non interes savano più al mondo. Era dunque probabile che quello spazio sarebbe rimasto chiuso nella sua segretezza per sempre. Almeno questo era quello che credeva l'ex proprie tario dell'immobile... Ma a Kevin scattò istantaneamente un meccanismo di curiosi

tà che gli accelerò il battito del cuore. Quel la porta celava qualcosa di segreto!

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Sistemate dunque tutte le necessità nella casa, già la prima sera Kevin si diresse al terzo piano e sostò un attimo di fronte alla porta sprangata. Cercò più volte di far forza ed aprirla, ma nulla da fare! Per molte altre sere si impegnò.di nascosto nella sua picco la impresa, mosso da un sentimento sempre più irrequieto che andava crescendo.

Il settimo giorno si presentò con molti ag geggi: pinze, tenaglie, fili di ferro, cacciaviti, lamine di metallo contorte, un martello

e addirittura un trapano a pile. Quella sera sembrò che la scala, sotto i passi del ragaz ^o, scricchiolasse ancora di più...

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Kevin forò con il trapano la serratura che ce dette come burro al sole e con una lamina di

metallo storpiata a gancio cercò di azionare con forza il meccanismo interno. Dopo una buona dose di pazienza e concentrazione,

finalmente il congegno scattò! Un ultimo colpo col martello gli permise di scassare la patina di antichità che incollava la porta al telaio.

Ce l'aveva fatta! Ora poteva aprire quella porta...

Respirò un attimo per ristabilire il battito del cuore che aveva invece già iniziato a pulsare con più intensità. Allora allungò la mano e spinse la porta... Essa si aprì con un cigolio lungo e intenso...

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Respirò di nuovo - questa volta più pro fondamente - e mosse un primo timoroso passo all'interno del locale buio. Cercò a

tentoni sulla parete a lato lo scatto di un in terruttore elettrico che trovò con inesperta difficoltà. Poi la luce si accese opaca all'interno della soffitta. Per aria grani di polvere doravano l'ambiente. Kevin si sentiva come se avesse scoperto e profanato un cunicolo sotterra

neo risalente alla Prima Guerra Mondiale, dove giacevano ancora cadaveri guasti con

le loro ossa ammuffite, tra brandelli di divi se d'inizio secolo.

Richiuse la porta alle sue spalle, col deside rio intenso che quello spazio doveva essere solo suo. L'aria al suo interno era pesante, quasi sfinita. Quel luogo incantato l'aveva

scoperto lui e solo lui spettava ora goder selo!

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Kevin osservava la soffitta sotto l'opaco

getto di luce. Il locale era quasi interamente vuoto e, in parte, questo fatto deluse l'avventuriero. Ma nell'angolo piĂš polveroso scorse una pesante e massiccia cassa in pel

le, racchiusa da catene arrugginite. Allora, d'improvviso, la sua missione riacquistò un senso.

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Si diresse alla cassa e scoprĂŹ ben presto che anch'essa era saldamente chiusa: per nessu na ragione al mondo quelle catene voleva

no cedere sotto i colpi del martello, sotto le torsioni delle tenaglie e neanche sotto i colpi di trapano. Un secondo ostacolo lo teneva lontano dal suo obiettivo: scoprire il

piĂš possibile della storia di quel locale, at traverso i suoi oggetti segreti! Dopo giorni di duro impegno e faticoso la voro, Kevin riuscĂŹ a segare le catene con una

lunghissima operazione, resa possibile solo da una sega per ferro prestatagli (dietro pagamento di cinque franchi!) dal figlio di un idraulico, compagno di banco alla nuova scuola. Finalmente era riuscito - seppur con

sacrificio e perdita di tempo - nella sua nuo va impresa!

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Respirò profondamente come per voler as saporare l'aria della dura conquista e, dopo aver gettato da una parte le pesanti catene arrugginite, aprì pian piano la cassa... Di nuovo il cuore aveva iniziato a pulsare con vigore. Dentro quella cassa potevano

nascondersi chissà quali tesori, chissà quali statue preziose e dorate, quali giornali anti chi da sfogliare e mostrare poi a tutti i suoi compagni, quali gioielli o pergamene di an tichi viaggi di esploratori, andati perduti sul fondo di qualche oceano o nella pancia di qualche pescecane...

Diede un ultimo strattone al coperchio e questo si rovesciò di colpo indietro, svelan do infine l'interno della cassa... Di primo acchito, essa parve vuota, ma osservandola con più attenzione - dopo aver un poco do minato il respiro affannoso - Kevin notò sul fondo qualcosa... Pareva una busta...

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Benché il gioco si ripetesse (si sentì ancora deluso perché non compariva nessun teso

ro prezioso) il ragazzo percepì che in quella busta vi era qualcosa di molto importante, un messaggio lasciato lì da qualcuno proprio per lui, qualcosa che gli avrebbe permesso di crescere e, insieme a lui, il suo tempera mento e il suo carattere, la sua personalità ne sarebbero usciti trasformati.

Colpito dalla curiosità, allungò una mano verso quella misteriosa busta e l'afferrò con

estrema cura tra il pollice e l'indice. Al tatto pareva ruvida e dura, polverosa.

Kevin la riportò alla luce opaca del locale e la osservò per un attimo. Era sigillata, ma controluce si intravedeva qualcosa di scuro al suo interno. Una banconota? Una lette

ra d'amore? Esitò prima di aprirla. Era stato colto da un senso di imbarazzo.

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Non sapeva se era la cosa giusta da fare. In fondo, là dentro magari si trovava un se greto di un'anziana signora o di un nonno

che aveva sofferto la solitudine per molto tempo. Avrebbe potuto infrangere quel

segreto? Che diritto aveva di aprire quella busta? Ci pensò un attimo, poi decise che valeva la pena di tentare. Prese un pezzo di

lamiera affilata e tagliò con cura la busta, vi infilò poi pollice e indice della mano destra e ne pescò il suo contenuto. Era una foto grafia...

La studiò a lungo. Era strana, molto strana, quasi prodigiosa. Pareva trasformarsi ad

ogni istante. All'inizio a Kevin parve di ve dere un anziano vestito elegantemente che non posava per la fotografia, ma che era in

daffarato con due bambini, probabilmente i due nipotini. Lo si notava che giocava con loro. Portava un cappello di paglia in testa e una folta barba nera sulle guance. Aveva l'aria felice e serena.

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Sicuramente un anziano che aveva avuto

una vita impegnativa ma infine coronata da soddisfazioni e gioie personali. Sulla foto grafia pareva persino che muovesse il capo da una parte all'altra, mentre canticchiava una canzoncina. Quel volto non era nuovo a Kevin. Gli sembrava anzi familiare, ben

chĂŠ fosse impossibile che conoscesse quella persona. Mentre rifletteva su questa even

tualitĂ , la figura sulla fotografia sembrava essersi trasformata...

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Kevin restò meravigliato per la sua meta morfosi. L'anziano pareva ringiovanito gra dualmente! Era ancora vestito in maniera

elegante, ma non portava più il cappello in testa e si trovava più o meno nella stes

sa posizione di prima, ma non giocava più con i nipotini: accudiva invece a un unico figlio nel giardino di casa sua. Si percepiva la sua gioia per aver realizzato il sogno di una famiglia serena. Sicuramente egli aveva lottato e ora era ripagato per aver supera

to i molti ostacoli della vita. Aveva la stessa espressione in volto dell'anziano: pacifico e contento. Sulle guance portava anche lui una barba nera, poco folta, però. Anche questa persona parve familiare al ragazzo,

ma egli non riuscì a ricordarsi di averla già incontrata...

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Mentre Kevin si trovò a riflettere sull'attua le volto, di nuovo l'immagine parve trasfor marsi e ancora il ragazzetto si stupì, creden

do che il suo cervello iniziasse a giocargli dei brutti scherzi... Sarà la stanchezza, pensò

subito. Ma intanto stava già osservando la nuova immagine: questa volta l'uomo si era trasformato in un giovanotto, vestito in modo curato, anche se non particolarmente

elegante. Alle sue spalle una casa, di cui si intravedeva solo un muro intonacato e un

pezzo di balcone in legno. Si leggeva tra le righe che pure questo giovane aveva lottato e raggiunto degli importanti obiettivi nella sua giovane esistenza. Lo si notava dal suo portamento fiero e sereno. Come l'uomo, pure lui aveva una leggera barba scura, ma

niente cappello in testa. Questa volta, a dif ferenza degli altri personaggi, il giovanotto posava per la fotografia. Sembrava anzi fis sare Kevin dritto negli occhi...

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In quello sguardo Kevin si perse per alcuni minuti. Quella era proprio un'espressione molto familiare... Come se avesse sempre conosciuto quel giovane. Come se avesse riconosciuto un suo parente stretto, una sorta di fratello maggiore... Ora sembra va addirittura che gli sorridesse... Non è

possibile, disse tra sé e sé Kevin. Non è possibile che una fotografia si modifichi....

Eppure sembrava proprio così! Anzi, il gio vanotto che aveva iniziato a ridere con gio ia, ora stava perdendo un poco di statura, mentre i suoi vestiti si accorciavano e la sua posizione mutava, così come lo scenario die tro di lui... Questa sua trasformazione pare va divertirlo molto. Sembrava dire a Kevin: Vedi come sto ringiovanendo? Tra un po' sarò comete!...

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Kevin era come rapito, ipnotizzato da quell'immagine. Non riusciva piĂš a staccar sene, tanto meno ora che gli pareva di aver davanti a sĂŠ non piĂš una fotografia, ma uno specchietto... e l'immagine riflessa era quel la di un ragazzo che osservava all'interno di una cassa vuota, che si trovava in una sof fitta semibuia e polverosa. Aveva la stessa espressione serena ma profonda sul volto:

due occhi curiosi e penetranti, illuminati dall'ambizione di scoprire e capire il mon do... Quello era Kevin!

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Kevin aveva ritrovato se stesso! Come a dire che gli ostacoli che aveva superato per avve rare i suoi desideri - con intelligenza, corag gio, impegno e perseveranza - lo avevano

aiutato a crescere, permettendogli infine di scoprire in modo magico il suo destino da adulto: un adulto felice e realizzato... Una conquista meritata!

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L'autore Sono un giovane docente di italiano e storia che lavora presso le scuole medie di Roveredo GR. Sono nato nel 1975 a Locamo, ma da sempre vivo in Valle Mesolcina, a Lostallo. Ho terminato gli studi in Letteratura italiana a Friburgo nel 2001. Sin da piccolo ho coltivato il piacere della let tura e anche della scrittura. Ho pubblicato un paio di libri di poesie (Sentieri umani e Un destino, una nostalgia) e di racconti (II boia e l'arcobaleno) e due commedie teatrali che ho già messo in scena per il pubblico. Nel 2005 ho infatti fondato una Compagnia di teatro, chia mata Siparios, che comprende una quindicina di persone, grandi e piccole. Per informazioni supplementari mi trovate sul mio sito: www.gmottis.ch

L'illustratrice

Valérie Losa è nata a Verscio nel 1980. Dopo aver ottenuto la Maturità presso il liceo artistico del CSIA di Lugano, decide di proseguire i suoi studi a Bruxelles, all'Ecole Supérieure des Arts Visuels de la Cambre, sezione incisione. Nel 2003 ritorna in Svizzera per iscriversi alla HGK (scuola d'arte applicata) di Lucerna, dove ottiene il suo diploma in illustrazione nel 2006. Da allora vive a Neuchàtel, dove lavora come illustratrice indi pendente (libri per bambini, giornali, materiale scolastico, ecc).


Gerry Mottis, Valérie Losa II magico destino di Kevin Serie: Racconti da 9 anni

Per ragioni di lavoro del padre, la famiglia di Kevin si trasferisce in una vecchia casa. Lì il ragazzo scopre nella mansarda una porta che lo i^curiosisce, ma non c'è mezzo di trovarne la chiave. Per diversi giorni armeggia con vari attrezzi finché finalmente riesce ad entrare nella soffitta scura e misteriosa...


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