Claudio Origoni
La luna di Zora
2046
La luna di Zora
Testo di Claudio Origoni Illustrazioni di Tazio Marti
Edizioni Svizzere per la GioventĂš, Zurigo
N 2046
Quella notte la luna era passata così vicina alla terra da illuminare a giorno case e cose
degli uomini. Così vicina e così luminosa che il popolo delle formiche aveva continuato a lavorare come se il giorno fosse stato lungo due vol te. Poco dopo la mezzanotte i passeri colpi
ti dalla luce anticiparono di molto il risve glio, insieme a galli gatti e cani. Così Sandrino, che si alzò per andare a scuola.
Lo stupore di chi si era affacciato alla fine stra, per forza o per curiositĂ , fu enorme.
Nessuno aveva mai visto una luna cosÏ grande; nessuno aveva mai potuto contare montagne e mari e pianure di quel grande satellite terrestre se non gli astronauti nei loro viaggi. Poi, verso le tre, quando la luna passò ra dente i comignoli di Zora, successe che un
lembo della sua pancia s'impigliò nella bandierina arrugginita del campanile.
Forse la discesa dietro i monti era stata troppo veloce, forse la curva era stata cal colata male. Insomma: il grande globo lu nare fu costretto a fermarsi come nave sugli scogli. Sulle prime trionfò la sorpresa. La mamma di Sandrino si era alzata e ave va messo su il caffè; Sandrino si lavava i denti in attesa della colazione e Checca, la
sorellina, giĂ intingeva la sua fetta biscotta ta e profumata di vaniglia nel latte freddo.
Poi, a poco a poco, la sorpresa divenne preoccupazione.
Il globo lunare andava sgonfiandosi, ceden do il passo al nero della notte. Le persone, le cose e il paesaggio intorno alla piazza presero un colorito giallastro che virava al verde. La notizia che la luna si stava sgonfiando
accanto al campanile di Zora fece il giro della regione in un batter d'occhio, sul filo dei telefoni e attraverso le finestre aperte delle case.
In breve fu un accorrere frenetico alla chie sa, dove il sibilo del pallone lunare suona va come una sirena dei pompieri.
Ipiù sbigottiti erano i vecchi: mai avevano visto spettacolo più insolito; solo i bambini sembravano accettare l'avvenimento.
IIglobo lunare, così tondo e così lustro so lo un'ora prima, era ridotto ormai a un'im mensa tela molle: sfatto come i visi delle persone.
Poi lo sbigottimento divenne paura. Era co me se il tempo si fosse fermato. La notte ve niva avanti più buia e più nera che mai.
io
Nessun bambino pensava piĂš alla scuola, e neanche il maestro; nessun adulto partĂŹ per il lavoro, nĂŠ i vecchi andarono per i campi.
Nel giro di pochi minuti la luna si ridusse a un lumicino: un fuoco fatuo di tela. Ben presto tutto prese il colore della morte.
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Come ridare colore e luce e consistenza al satellite terrestre?
Come rimetterlo in cielo? Forse la decisione spettava al maestro, o forse al sindaco o al parroco, che erano le
persone piÚ importanti di Zora. Qualcuno pensò all'imbianchino, che di certo non mancava della vernice necessa ria.
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L'imbianchino infatti accorse con un sec
chio di biacca, pennelli e rulli e si mise su bito al lavoro senza nemmeno pulire la pel le lunare, sporca di tutta la polvere del co smo.
Qualcun altro avvisò il falegname, il quale portò di suo una scala lunga, tanto da per mettere all'elettricista di arrivare al motore del grande pallone.
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Poi giunsero i pompieri che, con paranchi e carrucole, tentarono di riportare la luna in cielo. Tra parentesi venne anche il figlio di un ciclista, con una pompa per biciclette e tanta voglia di fare.
Ma, nĂŠ l'imbianchino nĂŠ il falegname nĂŠ Telettricista nĂŠ i pompieri riuscirono a combinare qualcosa (e nemmeno il figlio del ciclista con la sua pompa).
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Niente da fare! Il grande corpo della luna stava appoggiato al campanile, piĂš morto e piĂš molle di un cappotto appeso. Per fortuna in paese, oltre al maestro al sin daco e al parroco, c'era un poeta, un giova
ne vecchio poeta perennemente chiuso nei suoi pensieri e silenzioso come il marmo.
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Fu lui a trovare la soluzione.
Scoperto il grande orecchio della luna, il giovane vecchio poeta cominciò a sussur rarci parole misteriose, prima appena com
prensibili e poi declamate come un finale d'opera. Il poeta cantava una canzone senza stru
menti ma piĂš dolce e piĂš soave di un accor do armonico.
Ibambini accompagnavano il canto dondo landosi un poco, o forse ballavano. IIpallore degli anziani scomparve e la mu
sica delle parole del poeta si diffuse come fosse un canto d'amore.
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La luna riacquistò a poco a poco la sua lu ce e la sua forma e tornò a librarsi nell'aria
dell'alba, pulita e leggera come una bolla di sapone.
Di tutta la canzone del poeta rimase per lun
go tempo soltanto il ritornello, che i bambi ni di Zora vanno ripetendo ancora oggi in
certi momenti di pausa dei loro giochi. Un ritornello che recita:
La luna torna in cielo
piĂš nuova e piĂš splendente coprendosi di un velo di zucchero ridente.
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Nessuno sa precisamente a quando risale questa storia, o nessuno vuole ricordarlo.
E tuttavia, bambini di Zora e di tutto il mon do, nella prossima notte di luna piena, pro vate a chiederlo alla nonna: Ti ricordi quella notte che la luna passò cosÏ vicina al la terra che...
Qui finisce la storia della luna di Zora, ma non è detto che le cose siano andate proprio cosÏ.
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Qualcuno sostiene che...
...per fortuna, quella notte, si alzò un gran
vento, di quelli che soffiano sul paese a pri mavera e che regalano certe giornate che tutto il mondo sembra nuovo. Il vento, più forte della notte e temerario co me un pirata, cominciò a soffiare con tale forza e convinzione che non solo soffiò via
il buio ma, infilandosi nello strappo della pancia lunare, ne tese la pelle come fosse vela di nave. La luna riprese a poco a poco la sua forma
di gigantesco pallone: una mongolfiera fe lice, o un veliero fantasma, che, lasciato il molo del campanile, abbandonò le terre di
Zora per riprendere il suo viaggio di sem pre.
La piazza riprese il colore della vita e dei canti degli uccelli, che quella notte segna
rono in anticipo il risveglio del mondo, del piccolo mondo di Zora.
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Qualcun altro dice che...
...per fortuna in paese, oltre al maestro al sindaco e al parroco c'era un panettiere, un
bravo panettiere di nome Giuseppe.
Togliendo non poco del suo lievito alla pa sta di pane pronta per essere infornata, Giu
seppe riuscĂŹ a far lievitare il pallone sgon fio, finchĂŠ prese la forma di un'enorme po lenta. E meno male che il forno di Giusep pe non poteva contenere una massa cosĂŹ
grande, altrimenti la luna avrebbe fatto la fine di una torta. Una volta recuperate le sue dimensioni di sempre, la luna prese a salire verso il cielo di Zora, con grande gioia di tutti i presenti, soprattutto dei bambini, che ne accompa gnarono il decollo con grandi grida festose. Nessuno osò toccare quella massa un po' sporca ma appetitosa mentre stava lievitan do, ad eccezione di Sandrino che, goloso com'era, vi aveva infilato piÚ volte l'indice lasciando quei buchi che si vedono ancora oggi nella luna, in certe notti di plenilunio. 28
Anzi, se chiedete a Sandrino che gusto ha la luna, vi dirà che sa di polenta fredda. Sarà vero?
Altri ancora vi diranno che...
...per fortuna in paese, oltre al maestro al
sindaco e al parroco c'era un certo Gianni, un signore di mezza età che non ha mai per so il buonumore.
Gianni si accostò al grande orecchio della luna e prese a raccontare la storia di quel giovane pastore un po' dabbene che è co nosciuto a Zora e nei dintorni per aver dato il soprannome ai suoi abitanti. Giovannino il pastore, perdutamente inna morato della Cecchinetta, viveva su un alpe poco sopra Zora, raccontava Gianni.
Una notte che osservava pensieroso una pozza d'acqua nella quale era riflesso il grande globo lunare, aveva cominciato a 29
fantasticare di poter catturare la luna per portarla al mercato di Corno e mettere in
sieme i soldi che gli permettessero di spo sare la sua Cecchinetta. Senonché, durante la notte, un bue assetato aveva svuotato
l'acqua della pozza, ingoiandosi il prodotto del suo sperato commercio. Il giovane pastore, svegliatosi di soprassal to, uccise il bue convinto che le sue viscere contenessero la luna intera, per quanto schiacciata essa fosse; e invece, trovatovi un gran vuoto, tornò alle sue occupazioni di sempre, scornato e deluso più che mai. (Scornati o sornioni, così si dice nella lingua del luogo, vengono soprannominati
gli abitanti di Zora.) Sentita la storia, la luna cominciò a sussul
tare leggermente divertita, finché il suo grande corpo molle prese a singhiozzare e
poi ad agitarsi per il gran ridere. Quanto più si agitava tanto più la luna pren deva vigore, fino a quando, recuperata tut
ta la sua forma di pallone, si sollevò dal campanile senza mai smettere di divertirsi.
Se guardate la luna nelle notti di plenilunio 30
vi accorgerete, bambini, che un poco il suo faccione sorride ancora oggi. Ma nessuno
può dire se ciò sia dovuto a quel buontem pone di Gianni o a quell'ingenuo di un Giovannino.
Tornata a risplendere sul paese di Zora, la luna ridiede un poco del suo buonumore a tutti, compresi i vecchi che, riavutisi dallo sbigottimento, rientrarono alle proprie abi
tazioni molto più sollevati e perfino un po' più leggeri.
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Al lettore
Allora, grazie a chi, tornò a risplendere la luna di Zora? Grazie al poeta o al vento?
Grazie al lievito o alla dabbenaggine di un pastore? Chi può dire davvero come sono andate le cose? Come tutti sappiamo, non sempre le parole dicono la verità: può darsi che le cose siano andate diversamente.
Si lasci perciò ad ogni lettore la facoltà di finire la storia con parole sue. Sarà un mo do per farlo sentire un po' più libero.
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L'Autore Mi chiamo Claudio Origoni. Con la o.
Abito a Zora (Arzo). Insegno italiano nella scuola media. Leggo molto, per piacere e a volte per dovere, e scrivo: ma solo per il gusto di farlo, collaborando tra l'altro a Coopera zione e a II Corriere del Ticino, in forme e tempi diversi. Mi occupo di libri per l'infanzia, che è anche un modo di voler
bene ai bambini e un tentativo ostinato di capirne meglio il mondo.
Ho pubblicato alcune filastrocche. Ho lavorato ad un corso di letture per la scuola elementare diretto da Tullio De Mauro (Strategie, Cetem, Milano 1994, 3 voli.), curando in partico lare le pagine per la Svizzera italiana. Mentre sto completando un libro di giochi di parole, accom
pagnato da un ricco insieme di materiali linguistici sperimen tati con bambini, ragazzi e maestri, dovrebbe uscire, presso un editore ticinese, un mio volume sul piacere di leggere.
Claudio Origoni L'Illustratore Sono nato a Lucerna nel 1949. Nel 1952 mi sono trasferito
con la famiglia nel Mendrisiotto. Dopo le scuole dell'obbligo mi sono indirizzato verso la grafica, frequentando il Centro
Scolastico per le Industrie Artistiche di Lugano (CSIA) dal 1964 al 1969. Dopo diversi viaggi di studio e di lavoro in Svizzera e all'estero, sono tornato nel Mendrisiotto, dove ho iniziato a dipingere e a disegnare cartoons per diversi giornali. Ora vivo ad Arzo e, oltre a pitture su tela, mi sono specializ zato nel trompe-l'oeil. Se vuoi sapere che cos'è un trompe-l'oeil, vieni a vederne uno. Sta proprio sulla piazza di Tremona.
Tazio Marti
Claudio Origoni: La luna di Zora Serie: racconti
JLJl
Secondo ciclo
L'autore di questa bellissima storia, una notte non riusciva proprio ad addormentarsi. Sceso in cucina per uno spuntino, alla finestra aperta gli si è presentata una scena indimenticabile: nella quiete della notte, una luna enorme e misteriosa sembrava posarsi sul campanile del suo paese. Come estasiato, si è messo alla macchina per scrivere e le dita hanno cominciato a battere sui tasti...
LA LUNA DI ZORA.
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