Occhio matto e cuore tenero

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Claudio Origoni, Adelaide Sonego

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Occhio matto e cuore tenero

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Occhio matto e cuore tenero

di Claudio Origoni illustrazioni di Adelaide Sonego

Edizioni Svizzere per la GioventĂš N. 2190



Dragone aveva una faccia cattiva. Eppure in fondo a quell'occhio matto e sotto le punte dure del collo era tenero come un criceto.


Dragone viveva a Monte Pelato da secoli ma era stufo.

Era stufo di condurre una vita inoperosa e soprattutto non ne poteva piĂš di Draghino, Draghetto e Dragoncello, sempre pronti soltanto a sputare fuoco e fiamme su tutto e su tutti.



A Dragone sarebbe piaciuto essere utile. Avrebbe volentieri sfidato la lancia di un cavaliere o la spada di un santo. Avrebbe voluto vivere in un castello in difesa di una principessa, poichÊ era per natura un buono. Ma siccome castelli e principesse sono invenzioni delle favole, provava per il futuro una strana paura, tanto che si era rassegnato a vivere il presente in solitudine, limitandosi a borbottare da mattina a sera. FinchÊ un giorno, finita la tempesta e percorrendo a passi indecisi il ponte di un arcobaleno, arrivò in una terra nuova e allo stesso tempo antica, sorvegliata da cinque austeri cipressi.

Fu in quella terra profumata di timo che ebbe un incontro fortunato.




-E perché questa testa d'uomo su quattro

zampe di cavallo? -La testa per pensare e le zampe per correre. - spiegò Ippandrò.

-Che cosa ci fai qui? - ribattè Dragone. -Questa è la mia terra - rispose il centauro

aiutandosi con il gesto delle mani.



, vero? E sei alla ricerca di qualcosa, no? Che cosa cerchi in giro per il mondo? -No, io non sono un viaggiatore. Ăˆ la prima

volta che mi trovo a viaggiare - rispose Dragone lasciandosi scappare un caldo ruttino di soddisfazione - e mi piacerebbe trovare una terra dove possa essere utile e ben accolto.


Sai, noi draghi siamo brutti, sicché gli uomini pensano che siamo anche cattivi. La verità è che...

-Qual è la verità? - gli chiese Ippandro incuriosito, allontanandosi per prudenza da quella bocca di fuoco. -La verità non è solo non dire bugie. La verità è che nessuno ci conosce, ma tutti ci giudicano; e questo ci fa crescere la rabbia dentro come fosse un incendio. -Capisco - aggiunse con un mezzo sorriso

Ippandro. -Senti, - disse ritornando alla carica l'uomocavallo, - se ho capito bene tu vorresti conoscere gli uomini.

-Sì, e vorrei che capissero che noi, i draghi, siamo buoni - concluse Dragone.

-Già, ma allora bisogna andare a cercarli, gli uomini - rispose Ippandro. - Bisogna parlarci, con gii uomini, anche se c'è ben poco di buono da scoprire.


-Davvero? — ribattè Dragone.

-Certo. Se mi prometti di usare il tuo fiato di fuoco per fare cose buone, come tu dici, io ti posso aiutare. -Promesso! - aggiunse Dragone con una

strizzatina d'occhi e ingoiando a fatica la coda di una fiammella. Poi, finito il discorso, Ippandro se ne andò di corsa zoccolando giù per il pendio. Dragone, incantato dalle promesse dell'uomo-

cavallo, si accucciò come potè all'ombra di un enorme cipresso. Dentro di sé si agitavano pensieri così grandi che ogni tanto qualcuno si sprigionava in forma di scintilla, proprio dietro a quel curioso corno a ricciolo che portava sopra la testa.

Poi, a un certo punto, si alzò un vento di bufera che trasformò il cielo in un coperchio.


Fulmini e tuoni spaventosi, anche per un animale grande e grosso come Dragone, cominciarono a percuotere la terra.

Davanti ai cipressi sempre più stupiti le nuvole scaricarono tutta l'acqua che avevano

in sé e che hanno imparato a bere fin da quando sorvolano il mare.

Certo era un segno delle promesse di Ippandro, pensò infreddolito Dragone, poiché, finita la bufera, si vide apparire all'orizzonte

un ponte di colori lungo mille volte di più di quello che aveva percorso per passare dal Monte Pelato alla terra di Ippandro. Dragone, che aveva dalla sua una certa recente esperienza, cavalcò veloce e senza timore l'arco colorato e, cammina cammina, si trovò

su un'isola felice. L'isola era una striscia di terra coloratissima in mezzo a un mare azzurro cobalto, piena di


alberi da frutta e di canti di uccelli dal fiato di caramello. Un po' sorpreso e un po' assetato, il vecchio Dragone, che era vegetariano per natura, non

potè resistere a quel verde così appetitoso. E, anche per spegnere certi fastidiosi bruciori di stomaco, in un batter d'occhio ridusse la metà dell'isola a un deserto di polvere. Le cose si stavano' mettendo male. Non aveva

forse promesso a Ippandro di fare solo cose buone? Poi, per fortuna, il drago si addor mentò, lo stomaco appesantito dalla devastante colazione. Aveva appena comin

ciato a russare che l'aria si mise di nuovo ad agitarsi. Gli uccelli si zittirono così come le scimmie e tutti gli altri animali della foresta. Il sole scomparve. Il vento si fece così forte che l'isola e il drago presero a scuotersi come una nave in mezzo a un ciclone.


Sul cielo oscuro e pesante dell'isola si raduna rono tutte le nubi della Terra. L'aria si fece color del piombo e lampi e fulmini e tuoni diventarono luci e musica per uno spettacolo da fine del mondo. Dragone, un po' barcollante ma in piedi, avrebbe dato volentieri di stomaco; poi, dopo quel diluvio, ecco di nuovo l'arcobaleno: una


lunga striscia che aveva dentro di sé tutti i colori dell'isola e che questa volta lo portò su una terra di cemento e vetro.

Su quella terra, che assomigliava molto alle nostre città, niente più fiori né frutti né uccelli, ma solo palazzi alti come alberi e senza foglie, su cui gravavano un fumo di zolfo e un caldo che ricordavano Monte Pelato.



In quel mondo pieno di case e di cose, un andirivieni di donne uomini e bambini che camminavano senza stancarsi mai.



Dragone, appollaiato come un uccellacelo delle tempeste sul braccio di una gru, in preda a una nausea mai provata, guardò con cura

quella terra. E vide cortili dentro i quali giocavano alle strette bambini e bambine.


Ne raccolse i sogni, i desideri e le voglie e poi, spinto da una furia incontenibile, cominciò a colpire con le sue lingue di fuoco quel concentrato di brutte costruzioni.

Ben fatto!





Poi, sempre più eccitato e sempre più di cattivo umore, si mise a sputare fiori foglie e alberi. E, a mano a mano che il suo stomaco si svuotava, alle costruzioni della città si andarono sostituendo aiuole profumate e sentieri di foglie tra /aghetti azzurri e stradine di terriccio rosso. In quel paradiso, che a poco a poco acquistò i profumi di una gelateria, si ritrovarono a giocare tutti i bambini, anche perché dei cortili non c'era più ombra. Alla fine non si vide più una casa, un palazzo, un'insegna, tanto che le persone, soprattutto

i grandi, se ne andavano camminando come robot, senza saper bene che direzione prendere.





// luogo diventò una specie di città delia domenica che adesso aveva un custode brutto ma buono; e generoso, come sappiamo.

Dragone aveva trovato nei bambini qualcosa di sé. O forse solo le sue stesse paure di fronte al futuro. Così, soddisfatto e solidale, cominciò a fare quello che fanno i bambini veri. A ridere quando è il caso e a piangere quando serve. Se tornate alla pagina precedente lo vedrete

aggirarsi stupito fra i tronchi ballerini di quel parco dei divertimenti che è diventata la città.


Forse è soddisfatto del lavoro compiuto o forse sta solo trattenendo a fatica la voglia di gioco e tutta la felicità contagiosa dei cuccioli d'uomo. Infatti, ogni tanto, quando proprio non ce la fa più, accetta perfino di portare a spasso i bambini più o meno comodamente seduti sul suo dorso, come fosse un cammello con tante gobbe.



L'autore

Ho insegnato per piĂš di trent'anni alla scuola media. Ho letto e leggo molto, anche per lavoro. Ho scritto e scrivo su giornali e riviste e collaboro alla Rete 2 della Radio della Svizzera Ita liana quando ho qualcosa da dire. Ho pubblicato due raccolte di letture per la scuola elementare, due libretti ESG e altre pic cole cose. Insomma, ho una certa confidenza con il raccontare storie. Ecco, forse, le ragioni di Occhio matto e cuore tenero. Ma stavolta non ho proprio dovuto raccontare niente. Ve l'as sicuro. Ho solo cercato di mettere le parole a una storia che ha raccontato, con le sue matite, la mia amica Adelaide.

L'illustratrice Da molti anni e per alcuni giorni alla settimana ho fatto la maestra di educazione visiva in diverse scuole medie del no stro Cantone. Insegno tuttora. Ho disegnato e colorato sem pre, per divertimento, immergendomi in un mondo speciale e pulito come il vostro. Non ho libri alle mie spalle, ma solo illustrazioni colorate con le quali ho sognato nelle mie giornate da grande. Da ragazza ho frequentato la Scuola Magistrale e la Scuola d'arte a Milano. Ora vivo a Maroggia con mio figlio Berto e con quella grandona di mia figlia Nausicaa. Ah, dimenticavo; sono curiosa e osservo attentamente ogni spettacolo della natura.


Claudio Origoni, Adelaide Sonego Occhio matto e cuore tenero

Serie: Racconti da 6 anni I draghi - si sa - sono fatti di fuoco. Vivono al caldo, evitano l'acqua e preferiscono il buio. Serpentoni innocui, freddi o caldi, strisciano, camminano e a volte

volano.con ali da pipistrello. Ma il Dragone di questa storia, pur essendo un drago caldo, è speciale,

intelligente. (A proposito, lo sapevate

-Mail: office@sjw.ch


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