Una carovana sulla pista dell'Oregon

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Š 2000 ESG Edizioni Svizzere per la GioventÚ, Zurigo Riproduzione del contenuto o di parte di esso solo con il permesso dell'editore


Una carovana

sulla pista dell'Oregon di Elio Delucchi

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Edizioni Svizzere per la GioventĂš, Zurigo

N2136


Nei primi anni dopo il 1840, gli americani, affamati di terra da coltivare e di avventura, cominciarono a muoversi in lunghe carovane verso le praterie dell'Ovest. Tanti seguivano la pista dell'Oregon. Partivano dalla cittĂ di frontiera di Independence, attraversavano i territori indiani e si inoltravano nella zona delle Montagne Rocciose. Dopo un difficile percorso a nord del Lago Salato, seguivano i fiumi Snake e Columbia per giungere poi nelle fertili vallate dell'Oregon. Era questa una terra destinata a chi voleva coltivarla, adatta per stabilirvi una dimora, allevare bestia me, un luogo davvero ideale per contadini e pionieri.


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ÀLÀ8AMA MISSiSSIPPI Da Independence partivano famiglie intere con animali, semi, piante da frutta, denaro, mobili, ma soprattutto con la speranza di iniziare una nuova vita. John, un ragazzo che con i suoi genitori si è trovato nella necessità di partire con uno di questi convogli diretti verso l'Oregon, ci rac conta la vita della carovana nel suo lento avanzare attra verso le grandi pianure, le gioie e le fatiche del viaggio, le avventure, le scoperte, l'arrivo ai forti militari dopo giorni e giorni di cammino, ma anche il suo interesse verso gli in diani, la loro cultura e il loro sistema di vita...



Independence, 2 maggio 1851 - Oggi, dopo tanto viaggiare, siamo giunti nella città di frontiera chiamata Independence, nello Stato del Missouri. Siamo partiti da Lancaster, nell'Ohio, all'inizio della primavera, col nostro carro coperto di tela bianca trainato da una coppia di robu sti cavalli. Adesso abbiamo bisogno di un po' di riposo, prima di riprendere il lunghissimo viaggio verso l'Ovest, attraverso le gran di pianure, le Montagne Rocciose... fin nell'Oregon, dove il papa ha intenzione di avviare una fattoria e coltivare la "terra più bella del mondo", come dice lui.

Percorriamo la via principale. La città è assai movimentata e s'in contra una moltitudine di gente diversa: cacciatori, cow- boys, cercatori d'oro, emigranti, pionieri. Per riconoscerli basta guarda

re i loro vestiti e osservare i loro cappelli. I cacciatori di pellicce, per esempio, indossano giacche dalle lunghe frange e portano ber retti di pelo di castoro. Calzano mocassini di pelle alti fino al ginoc chio, anch'essi frangiati, e dalla loro cintura pende un grosso col tello. I pionieri, invece, sono vestiti in modo meno appariscente e hanno sempre con loro \a moglie e qualche bambino. Sulla strada uomini a cavallo, carri come il nostro, ma anche più grandi e pesanti per il trasporto delle mercanzie. Ai lati della via una quantità di negozi, saloons, magazzini dalle insegne vivaci infisse sopra le porte d'entrata.

Appena fuori dalla città, sulla sponda di un ruscello, troviamo final mente un posto per accamparci. Disseminati lungo il corso d'acqua vi sono altri accampamenti, con gente che probabilmente attende come noi il giorno della partenza di una carovana diretta verso l'Oregon. Si avverte subito l'odore del fumo, il rumore sordo delle


asce che tagliano la legna, il profumo di pancetta ar rostita sul fuoco. Qualcuno suona l'armoni ca a bocca, altri cantano,

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alcuni bambini giocano a rincorrersi fra l'erba.

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Mentre la mamma si ap presta a cucinare la cena,

aiuto papa a sistemare il carro e a mettere le pa stoie' ai cavalli perché pos sano pascolare liberamen te vicino a noi. La sera avanza lentamente

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nella prateria: a poco a poco scompaiono i promontori più lontani, colorati di rosso dal sole che tramonta. Nel cielo brillano le prime stelle e sugli accam pamenti scende l'oscurità.

Restiamo ancora un po' vicino al fuoco a goderci il calore della fiamma, poi ci corichiamo tutti e tre all'interno del carro. M'addormento guasi subito, cullato dai mille rumori della notte...


Independence, 7 maggio 1851 - Stasera papa è ritornato dalla città agitatissimo: - Ci siamo! - ha gridato da lontano - In città si sta formando una carovana che partirà fra una settimana! Quando finalmente ci raggiunge ci informa di tutto, senza trala sciare il minimo particolare. -Ascoltate... per il viaggio in Oregon si sono già annunciati ven ticinque carri e con il nostro fanno ventisei. Appena raggiunto il numero sufficiente si partirà, perché più la carovana è numerosa, meno pericoli si incontreranno durante il viaggio. A guidarla sarà il capitano Lowe che per quattro volte ha già condotto gente sull'Óregon Trail2 con pieno successo. Dovremo anche cambiare carro e acquistarne uno più leggero, adatto alla prateria e alle montagne che incontreremo. Ci servirà anche una coppia di cavalli di riserva come cambio per quelli che saranno stanchi! Mentre parla, gli si legge in faccia il grande entusiasmo che lo anima dentro. Anch'io sono contento. Partiamo tutti verso una

nuova vita, in una terra lontana e sconosciuta, ma tanto ricca di promesse...

AVA Abbiamo appena finito di cenare quando il capitano Lowe viene a visitare il nostro accampamento. Lowe è un uomo sulla cin quantina, dal viso asciutto, alto e robusto come una roccia. Veste

come un cacciatore, ma in testa porta un cappello da cow-boy dalla tesa larga. Dalla cintura, che gli cinge la vita sopra la giacca, pende una fondina con la pistola. Con un inchino un po' bizzarro saluta la mamma, ma poi, sen tendosi osservato, viene verso di me e mi mette una mano sulla spalla.

- Ecco qui un vero pioniere pronto a partire per il West!3 - escla ma con voce seria. Quindi si allontana dal cerchio del fuoco e va a parlare con mio padre. Le parole non mi giungono distinte, ma capisco che gli sta dando una quantità di consigli e di raccoman dazioni per il viaggio. Dopo qualche tempo si stringono la mano, poi l'uomo scompare tra i carri degli altri accampamenti. Aiuto la mamma ad asciugare i piatti usati per la cena e a prepa rare la legna per il mattino seguente, quindi, come tutte le sere, vado a lavarmi al fiume. Il cielo comincia ad imbrunire e già si vede qualche stella luccica re qua e là. L'ululato lamentoso dei coyotes4 in lontananza mi fa rabbrividire...


Oregon Trail, 14 maggio 1851 - Questa mattina la carovana ha cominciato a muoversi lungo la pista. È formata di trentanove carri trainati da buoi e da cavalli che procedono lentamente allo stesso passo. A poco a poco si è spiegata in tutta la sua lunghez za ed è diventata simile ad una lunga striscia bianca che taglia in due la prateria. La pista si snoda a perdita d'occhio, giallastra ed esposta al vento. Ai suoi lati la prateria si stende fino all'orizzonte, bella e selvaggia, d'un colore verde-grigiastro che si perde lonta no fino a confondersi con il cielo.

-Hai notato come tutti sono contenti? - mi dice papa che siede a cassetta accanto a me. -È vero, sembra una gran festa! - gli rispondo. - Probabilmente

era un bel po' di tempo che aspettavano di poter partire! -Vedi John... oltre le grandi pianure... oltre le montagne... ci

sono l'Oregon e la California, con tante possibilità di lavoro e di ricchezza. E questo il sogno di ogni pioniere: scoprire nuove terre, lavorare, costruire una fattoria, coltivare, allevare bestiame... tirar

su una buona famiglia. È la speranza che rende felici questi uomi ni e queste donne. E ciò vale anche per noi.

Da quando siamo partiti abbiamo percorso una quindicina di miglia5 e Independence sembra già un lontano ricordo. La prate ria ci ha inghiottiti, isolati dal resto del mondo.


Dappertutto il paesaggio appare piatto ed infinito. Ogni tanto, nell'erba alta in prossimità della pista, sbucano conigli selvatici, cani della prateria6 e uccelli dalla lunga coda rossiccia. Quando ormai il sole sta per tramontare abbiamo percorso diciot to miglia e il capo-carovana, galoppando in senso inverso alla direzione dei carri, da a tutti l'ordine di fermarsi. Il posto, nascosto in una depressione del terreno, si rivela ben scelto, con erba in abbondanza. Gli uomini staccano buoi e cavalli per lasciarli pasco lare nei recinti costruiti con le corde. La gente è indaffarata: chi procura la legna, chi accende i fuochi, chi controlla i carri, chi rizza le tende, mentre le donne preparano la cena. Ben presto però, tutto questo trambusto cessa e la quie te scende sull'accampamento. Attorno ai fuochi si formano cerchi di persone intente a mangiare, lo ho una fame da lupi e divoro tutto quello che mi passa la mamma: pane di mais, pancetta affu micata arrostita sulla fiamma e una ciotola di fagioli. A poco a poco l'oscurità cala sulla prateria e cancella ogni cosa. Le sentinelle del primo turno di guardia hanno già raggiunto il loro posto e tutti si ritirano nelle tende. Non vedo l'ora di avvol germi in una coperta e di addormentarmi... sono stanco morto.

Oregon Trail, 21 maggio 1851 - Sono passati sette giorni da quando abbiamo lasciato Independence e ogni giorno abbiamo percorso circa venti miglia. Il paesaggio è sempre piatto e la pra teria senza fine. Un caldo opprimente e un cielo limpido hanno accompagnato questa prima parte del viaggio. Ieri sera, verso l'imbrunire, è stata avvistata una piccola mandria

di bisonti e alcuni cacciatori sono partiti a cavallo per ucciderne qualcuno, e ci sono riusciti... così tutti abbiamo potuto mangiare

carne fresca cotta sulla brace. A dir la verità, a me

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non è piaciuta granché perché puzzava di selvati co. Il capitano Lowe ha poi detto a mio papa che a giorni probabilmente incontreremo il grosso della mandria e allora si dovrà fare molta attenzione a non spaventarla perché gli ani mali potrebbero travolgere l'intera carovana.


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Oregon Trail, 24 maggio 1851 - Lowe aveva proprio ragione. Stamattina, dopo qualche miglio di marcia, li abbiamo visti. Dap prima come una sottile linea marrone all'orizzonte, poi, a mano a

mano che i carri si avvicinavano, si poteva avvertire il movimento di migliaia e migliaia di bisonti che attraversavano la pista da est a ovest.

Il capitano ha ordinato agli uomini della carovana di fermarsi, poi ha aggiunto in modo perentorio: -Tenete fermi i cavalli e che nessuno si azzardi a sparare un colpo di fucile! Rimanete tranquilli sui vostri carri! E così siamo rimasti tutti quieti sui nostri carri ad osservare quelle migliaia di corna, di gobbe, di grossi musi irsuti che attraversava no la pista, gli uni vicini agli altri, come un fiume che lentamente scorre verso il mare.

La carovana è rimasta bloccata per più di otto ore, cosicché per oggi il viaggio può considerarsi terminato.

ATA Stasera siamo in aperta prateria senza la possibilità di trovare un posto più nascosto a ridosso di qualche promontorio o al riparo in qualche zona alberata. Perciò i carri sono stati disposti in cerchio con due aperture opposte, in modo da formare un ampio recin to. Cavalli e buoi sono stati lasciati all'esterno a pascolare affidati alla guardia di alcuni uomini, ma al calar della notte saranno fatti rientrare in questa specie di fortezza. Mentre aiuto papa a sistemare la tenda vicino al carro, gli chiedo: -Papa... pensi che verranno gli indiani?

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- È meglio essere prudenti! Lowe dice che dietro ad ogni mandria di bisonti in migrazione ci sono sempre indiani... magari solo cac ciatori... ma tante volte anche intere tribù. L'importante è che non

abbiano intenzioni cattive! E anche da parte nostra dobbiamo rispettare il loro sistema di vita... questo è il loro paese e noi vi transitiamo soltanto. Comunque il capitano sa come trattare con loro... perciò non preoccupiamoci più del necessario...

ATA La mamma stasera ha preparato una buonissima cena con carne di coniglio selvatico cotta sulla brace e focacce di farina salata. Quando l'aiuto a rigovernare mi dice di fare attenzione a non con sumare troppa acqua perché le riserve sono quasi esaurite. Mentre ci ritiriamo nella tenda sento il capitano che organizza i turni di guardia per la notte. C'è nell'aria una tensione nuova...

forse perché siamo isolati in questa prateria che non ha fine e anche perché un possibile incontro con gli indiani sembra immi nente. E per tutti è un'incognita.

Attraverso il telo vedo i lumi delle altre tende che a poco a poco si spengono. Anche la mamma, dopo avermi dato un bacio, spe-

gne la candela e mi augura la buona notte. Papa invece è fuori con gli altri, di guardia. Oregon Trail, 27 maggio 1851 - Quanto il capitano aveva previsto si è verificato e stamattina all'alba le guardie hanno avvistato un'intera tribù di indiani in trasferimento sulla pista del bisonte. Senza commettere impruden ze hanno avvertito Lowe,

quindi sono rientrate all'inter no del cerchio dei carri. Abbiamo atteso per ore prima di poter distinguere le loro sagome a circa un miglio. Lowe, che da qualche tempo li sta osservando col cannoc

chiale, ci tranquillizza: - Sono Sioux, della tribù dei Santee, e vivono in pace con i 11


bianchi, perciò non avranno cattive intenzioni. Vediamo cosa vogliono! - osserva con calma.

In fretta e furia salgo sul carro più vicino, quindi, sdraiato sul fondo, mi metto in posizione per vedere quanto succede,

guardando da una fessura della sponda. Ora gli indiani sono fermi a circa trecento metri, immobili sui loro cavalli pezzati, le piume ondeggianti al vento. Trascorre un buon quarto d'ora poi, improvvisamente,

cinque guerrieri si staccano dal gruppo e vengono verso di noi al galoppo, fermandosi ad una quarantina di metri. Ora, così vicini, li posso vedere bene: quello che sembra il capo cavalca un cavallo nero con chiazze bianche. Sul petto porta un pettorale luc cicante ornato di perline colorate, indossa pantaloni di pelle di daino e nelle trecce dei capelli sono infilate tre penne d'aquila che ricadono sulla spalla destra. Gli altri quattro sono a petto nudo e cavalcano cavalli più piccoli, ma incutono ugualmente timore. Intanto anche il capitano Lowe è uscito dal cerchio dei carri con altri quattro uomini e si porta a poca distanza da loro. Che pec cato! Non riesco a sentire una parola di ciò che dicono. Vedo Lowe alzare una mano in segno di saluto e parlare accom pagnando le parole con ampi gesti delle braccia. L'indiano che gli sta di fronte porta lui pure una mano al petto e alza l'altra, ricam biando il saluto, quindi prende la parola. Mentre parla lo vedo indicare la prateria, poi la tribù ferma lassù, sul crinale, quindi la pista, i carri, e le tracce del passaggio dei bisonti... Ecco... ora ha smesso di parlare... arretra di qualche metro... si

ferma ad aspettare la risposta. Passano alcuni minuti carichi di incertezza, poi il capitano Lowe ordina qualcosa ai tre uomini che ha di fianco i quali rientrano nel cerchio. Si avvicinano al carro delle provviste, vi salgono e poi ridiscendono con tre sacchi, uno di farina, uno di zucchero e uno di caffè e li portano come dono agli indiani, che riman gono impassibili, ritti sulle loro cavalcature, come se tutto ciò fosse loro dovuto.

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Sistemati i sacchi sul garrese7 dei cavalli, il drappello dei parla mentari si volta lentamente e, come era venuto, ritorna al galop

po verso la tribù. I nostri uomini aspettano finché tutti gli indiani sono scomparsi verso ovest, lasciandosi dietro una nuvoletta di polvere... poi final mente, certi che tutto sia finito, rientrano.

All'interno del cerchio la tensione che si era accumulata durante le trattative si dilegua improvvisamente: gli uomini escono dai loro nascondigli coi fucili in mano, le donne scendono dai carri e nella carovana scompare la paura.

Aspetto un po' prima di scendere dal carro: tremo ancora tutto per l'emozione. Mio padre mi raggiunge... c'è anche la mamma...

e mi accorgo che si erano preoccupati perché mi avevano perso di vista per tutto il tempo. Adesso la carovana ha ripreso il viaggio verso ovest. Prima di sera dovremmo raggiungere il North Piatte per poi proseguire in dire zione di Fort Kearney, dove ci fermeremo per qualche giorno...

Oregon Trail, 31 mag gio 1851 - Dopo l'incon tro con gli indiani la caro vana ha proseguito il suo viaggio senza altri inci denti, seguendo il corso del North Piatte, il fiume che dovrebbe tenerci compagnia fino a Fort

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Laramie.

La sera, quando i carri si fermano e al campo co minciano i preparativi soli ti per la notte, ne appro fitto per correre fino alla riva a pescare. Ci sono

trote grasse che abbocca no facilmente alla mia lenza perché all'amo ag gancio appetitose caval lette e altri insetti che trovo tra l'erba della pra teria...

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Oregon Trail, 2 giugno 1851 - ...finalmente verso mezzogiorno

arriviamo a Fort Kearney, una stazione di collegamento costruita soprattutto per la sicurezza delle carovane in transito sulla pista tra Independence e Fort Laramie. Quando lo vediamo, ancora lonta ni, un urlo di gioia si alza dalla carovana. Tutti gridano, si abbrac ciano, si baciano. L'entusiasmo esplode e c'è chi salta dai carri per improvvisare un ballo sull'erba.

Fort Kearney è una costruzione solida, circondata da alte palizza te di legno e adagiata in una bella vallata ricca di alberi. Un drap pello di soldati esce velocemente dal portone principale e galop pa verso di noi. Fermiamo la carovana nei pressi del forte, poi tutti scendono dai carri... Ora possiamo finalmente goderci due giorni di riposo e dormire sicuri, protetti dai soldati che presidiano l'a vamposto militare. Durante la giornata gli uomini approfittano per controllare le ruote dei carri e riparare le parti rotte o logore. All'interno del forte c'è la possibilità di rifornirsi delle principali derrate alimentari, ma niente altro...

Oregon Trail, 5 giugno 1851 - Stamattina presto la gente della carovana ha salutato i soldati di Fort Kearney poi, lentamente, in mezzo a un frastuono di voci, grida di saluto, cigolìi di ruote e nitriti di cavalli, la fila di carri si è dispiega ta sulla pista che porta a Laramie.

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Questa vita avventurosa mi affascina: mi piace alzarmi presto il mattino e vedere i colori dell'alba, sentire il verso degli ani mali che comincio a rico noscere, guidare il carro

per lunghi tratti quando papa deve fare altro, pulire e strigliare i cavalli alla sera, andare a pescare

quando posso, aiutare la mamma nelle faccende domestiche. Mi piace, quando ci si trova accanto al fuoco del bivacco, ascol tare i racconti dei cacciato ri, le loro avventure in que ste terre selvagge... ma soprattutto m'interessano

le notizie sugli indiani, sui loro villaggi, sulle loro usanze.

- Quando giungeremo a Fort Laramie li potrai vede re da vicino! - mi dice papa - perchĂŠ Sioux e Cheyennes saranno lĂ a vendere o scambiare le loro pelli... ma per ora pensa a guidare il carro...

e soprattutto fai molta attenzione. La pista in que sto tratto mi sembra piut tosto sconnessa e occorre

evitare in tutti i modi di far subire alle ruote urti trop po violenti. Tengo le redini fino a sera, poi, quando finalmente posso sdraiarmi tra le coperte, m'addormento pesantemente...

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Oregon Trail, 8 giugno 1851 - Da qualche ora il tempo sta cam biando: sottili strati di nuvole vengono spinti da una brezza insi stente nella volta del cielo e si ammucchiano uno sopra l'altro fino ad oscurare il sole. -Aspettiamoci un bel temporale! - mi dice papa un po' preoccu pato - In questi giorni è stato troppo caldo e nell'aria si è accu mulata parecchia elettricità. Mi accorgo che i cavalli avvertono il cambiamento del tempo: sono nervosi, difficili da tenere e il loro pelo ha perso la lucentez za ed è ispido, quasi sollevato... In poco tempo il cielo è diventato livido e il vento comincia a sof fiare sulla prateria, muovendo l'erba in tutte le direzioni. In lonta nanza si sente un brontolio di tuoni senza tregua che si avvicina sempre di più. Piove. Ma non come nell'Ohio: qui la pioggia cade con tanta vio lenza che pare voglia sommergere ogni cosa e sbatte sui carri con tali scrosci da farli tremare, mentre il vento soffia così impetuoso da strapparmi le redini dalle mani. La voce del capitato Lowe ci giunge da lontano in mezzo a quel frastuono assordante: -Alt! Fermate la carovana e coprite i cavalli. Lasciamo passare questo diluvio! Intanto che papa cerca di mettere una coperta di protezione sui cavalli, mi ritiro con la mamma all'interno del carro. Le forze della natura si stanno scatenando e un rumore assordante copre ogni cosa, mentre i fulmini squarciano il cielo divenuto color piombo. Anche papa si ritira nel carro: è fradicio e gronda acqua da tutte le parti. Aspettiamo un paio d'ore, immobili e increduli, poi, a poco a poco, il cielo si rischiara, la pioggia cessa d'intensità e tra le nubi compare un'occhiata di sole. Il temporale s'allontana verso sud accompagnato dal brontolìo dei tuoni che va spegnendosi. Nella prateria torna il sereno, ma la pista si è trasformata in un pantano...

Oregon Trail, 15 giugno 1851 - Tante volte penso proprio di essere un ragazzo fortunato. Questo viaggio nel West si rivela un'avventura che mi permette di fare tante cose, di sentirmi libe ro, ma soprattutto di vivere momenti emozionanti e indimentica bili. Come l'altra mattina, quando il carro di una famiglia di agri coltori si è rovesciato per il cedimento di una ruota. La carovana si è fermata e alcuni uomini hanno aiutato i malcapi tati a raddrizzare il carro per cercare di riparare la ruota. Purtroppo 16


non è stato possibile perché il mozzo8 era completamente disinte grato, cosicché si è dovuto svuotare il "conestoga"9 di tutto quan to conteneva e abbandonarlo a lato della pista. Alcune famiglie hanno ospitato gli sfortunati viaggiatori sui loro carri e anche mamma e papa hanno voluto mettere a disposizio ne uno spazio per il bambino più grandicello e qualche cassa di suppellettili. Il ragazzo si chiama Bryan ed è molto simpatico. Ha un ciuffo di capelli neri e la risata sempre pronta. Per tutta la giornata è stato a cassetta con me e abbiamo fatto subito amicizia. Gli ho inse gnato a tenere le redini, a rallentare o accelerare l'andatura dei cavalli a seconda delle difficoltà della pista. -Sai Bryan... in poco tempo hai fatto grandi progressi... hai capi

to subito come si fa. Sei proprio un ragazzo in gamba. -Ti regalo questa! - mi risponde lesto mentre tira fuori dalla tasca della giacca una punta di freccia. - L'ho trovata sulla pista, vicino al forte. Mio padre dice che è una di quelle che gli indiani usano per la caccia... Sai, le fanno così, lunghe e affusolate, per poterle

estrarre senza difficoltà dall'animale ucciso. Tienila... è per te! Mentre osservo la punta della freccia, il mio pensiero corre avan ti, lungo la pista. Alla mia mente si affacciano nomi strani, uditi tante volte attorno ai fuochi del bivacco: Fort Laramie, Fort Bridger, Fort Hall, Fort Boise, Fort Walla Walla. Ma dove sarà que sto benedetto Oregon? E quando vi giungeremo? -Carovana alt!

Il grido giunge im provviso e si ripete di carro in carro. Come

ogni sera ognuno guida i propri cavalli fino a formare il cer chio. Bryan mi saluta e raggiunge la sua famiglia per aiutare il padre a montare la tenda. -A domani - gli dico.

Poi stacco i cavalli, li spazzolo, controllo gli zoccoli e li porto al pascolo...

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Fort Laramie, 27 giugno 1851 - Finalmente! Da qualche ora lo vediamo, quasi interamente circondato dal fiume che porta lo stesso nome. Vi arriviamo verso le tre del pomeriggio sotto un sole accecante che batte implacabile sulla pista polverosa. Una pattu glia di soldati ci viene incontro per indicarci dove fermare la caro vana.

Fort Laramie è come un paese. Attorno alla piazza d'armi vi sono tante costruzioni: caserme, scuderie, palazzine e tutto quel che serve a una grande guarnigione di soldati. Intorno non ha paliz zate di protezione come gli altri, ma è una fortificazione impo nente, posta al centro di un territorio immenso e selvaggio, luogo d'incontro importante tra bianchi e pellerossa. A sud del forte vi sono tante tende indiane di Sioux e Cheyennes venuti qui per scambiare pellicce e animali. Fermiamo i carri nei pressi di un'insenatura del fiume, poco dopo l'ultima costruzione. I cavalli vengono liberati e lasciati pascolare lì vicino, mentre quasi tutte le famiglie di coloni si dirigono verso il forte per rifornirsi delle cose più necessarie e per far visita alla guarnigione. Siamo ricevuti al centro del piazzale dal comandan te in persona che ci da il benvenuto e fornisce alcune disposizio ni che regolano la vita al forte. Anche il capitano Lowe rimane ad ascoltare l'ufficiale, poi con un'insolita espressione distesa e sorri dente, ci raggiunge e chiede a mio padre: - Col suo permesso, vorrei portare i due ragazzi a conoscere gli indiani accampati laggiù... - e indica con la mano le tende siste mate vicino a un boschetto di pioppi. - So che John ci tiene tanto e vorrei accontentarlo, assieme al suo amico Bryan...

Il papa acconsente e allora ci dirigiamo di buon passo verso il campo indiano. Al di là del fiume un gruppo a cavallo si appresta a guadare le acque basse del Laramie. Sono guerrieri e quando ci passano vicino li posso osservare bene: ritti sui loro cavalli pezza18


ti, i corpi lucenti sotto i riflessi del sole, imponenti e sicuri, i vestiti ornati di perline, frange e penne d'aquila. Il capitano Lowe ci conduce vicino al campo dove alcuni indiani vendono pelli conciate, mocassini, cavalli. Un po' più lontano vedo bambini seminudi che giocano a rincorrersi tra le tende per poi dirigersi al fiume e buttarsi in acqua. Alcuni vecchi sono sedu ti per terra davanti alle proprie tende, intenti a fabbricare qualche utensile. Dal bosco ritornano donne con fasci di legna sulle spal le: portano lunghe gonne di pelle di daino con frange che scen dono fin quasi a toccare terra. Sono persone che mi affascinano, forse per le abitudini molto diverse dalle nostre, forse per la loro maniera di vivere, o per que gli abiti così vivaci e quei capelli neri raccolti a treccia, legati con nastri colorati. È gente libera, temprata dal contatto stretto con la natura e fedele alle tradizioni tramandate di generazione in gene razione.

-Mi piacciono! - dico a Lowe mentre ci allontaniamo - Sono fieri, forti e agili nel medesimo tempo... -È vero... ma purtroppo, a poco a poco, stiamo invadendo i loro

territori, tagliamo le piste dei loro bisonti. È la civiltà che avanza, nel bene e nel male... Sapete ragazzi, conosco bene alcune tribù

che popolano la prateria tra Fort Laramie e le Montagne Rocciose e posso dirvi che le condizioni di vita per queste popolazioni sono peggiorate negli ultimi tempi. Le mandrie di bisonti vanno scom parendo perché i bianchi le annientano sistematicamente coi loro

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fucili. Fra non molto queste tribù non avranno più carne da man giare... e allora la pista dell'Oregon non sarà più così sicura.

Anche i forti, che ora vi sembrano solidi, così isolati e distanti uno dall'altro, non resisteranno a lungo in caso di conflitto e spero pro prio che noi tutti saremo tanto intelligenti da evitare tutto questo! Anche Bryan, che cammina accanto a me, è rimasto pensieroso alle parole del capitano...

Oregon Trail, 1. luglio 1851 - A Fort Laramie siamo rimasti accampati per diversi giorni. La famiglia di Bryan ha potuto acqui stare una piccola goletta10 e continuare il viaggio in modo un po' più indipendente. Bryan, però, ha preferito stare con noi e così da qualche giorno posso cavalcare uno dei cavalli di scorta, anche perché la pista dopo Laramie è abbastanza pianeggiante. Mio padre mi ha sellato il cavallo più mansueto e il primo giorno l'ho trascorso cercando di prendere confidenza con l'animale,

tenendolo al passo dietro al carro. Stamattina però ho potuto accompagnare la carovana cavalcando su un lato della pista. È bello! Tutto cambia: prima vedevo solo le schiene dei miei cavalli e il carro che ci precedeva, adesso invece tutto diventa più inte ressante. Con mia sorpresa scopro tante donne con le redini in mano: mamme coi loro figli accanto, giovani ragazze, perfino nonne si alternano nel lavoro di guida. E non tutti sono sui carri, tanti seguono a piedi la lenta andatura del convoglio per sgranchirsi un po' le gambe ^

e non pesare sui carri

già troppo carichi di mercé. Ma anche la

prateria appare diver sa e quando mi allon tano un centinaio di metri e mi volto a guardare la carovana,

questa diventa picco la, inghiottita dall'erba alta, fragile striscia tre molante che faticosa mente avanza in que sto immenso territorio verso una meta che a

volte sembra troppo lontana.

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Ma avanza... avanza... avanza sempre. E allora ti accorgi che Fort

Laramie è già lontano e presto saremo a Fort Bridger, sul fiume Green. È così... Lowe, che ha dimostrato di essere una buona

guida, dice che non bisogna mai forzare il passo e permettere sempre a cavalli e buoi di ritemprarsi, affinchè non perdano quel le forze che saranno necessarie soprattutto sulle Montagne Rocciose...

Oregon Trail, 12 luglio 1851 -Avevo detto che saremmo giunti pre sto a Fort Bridger, ma mi devo subito ricredere. Infatti ho scoperto che questo è il percorso più lungo tra un forte e l'altro e, come se non bastasse, passa attraverso il territorio dei Sioux, degli Arapahos, dei Cheyennes e dei Soshoni. Un territorio a volte montagnoso, che si spinge per miglia e miglia fino al South Pass, dove si separano le piste per l'Oregon e per la California. Dicono che ci vorrà un mese per coprire questo tratto... e non sarà certamente una passeggiata.

Ce ne siamo già accorti stamattina, quando, per valicare un pro montorio dal fondo roccioso, tutti quanti siamo stati costretti a scendere dai carri e a spingerli. Gli uomini incitavano gli animali con alte grida, tirandoli per le briglie. Le ruote, costrette a rima nere nei solchi tracciati dalle carovane precedenti, non potevano più uscire dalle carreggiate. I ferri degli zoccoli dei cavalli scivola vano sulle pietre, sprizzando scintille. Raggiunto il punto più alto, ci siamo sdraiati esausti per prender fiato, ma il riposo è durato poco perché abbiamo dovuto control lare minuziosamente lo stato dei cerchi delle ruote. Non tutti sono

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risultati ben saldi e per qualche famiglia saranno guai seri prima di arrivare a Fort Bridger. Ora la pista scorre nuovamente tra l'erba alta della prateria, ma la catena di montagne ci viene sempre più incontro anche se non ci si accorge di salire. A dir la verità, per quanto faccia degli sforzi, non riesco proprio a capire da dove passeremo...

Oregon Trail, 16 luglio 1851 - Sono ormai trascorsi quindici giorni da quando siamo partiti da Fort Laramie e il mio sguardo si è abituato a questi grandi spazi, a questo paesaggio senza case, senza gente. La natura qui ti appare sempre nella sua immensità: cielo, montagne, pianure, colline si fondono tra di loro e ti abbrac ciano da ogni parte. A volte mi capita di pensare al villaggio dell'Ohio dove sono cresciuto, con la sua chiesetta in fondo alla strada, l'albergo, le case e le botteghe, la scuola e i compagni di gioco. Un altro mondo, un altro modo di vivere che ormai abbia mo lasciato alle spalle ma che ogni tanto ricordo con nostalgia. Al termine della giornata ci fermiamo in un avvallamento a lato della pista. A circa mezzo miglio una fila di alberi e l'erba più verde segnano il corso di un ruscello. Più lontano si ergono le monta gne che da qualche giorno sembrano sbarrarci il passo. Sistemiamo il carro, stacchiamo i cavalli e li conduciamo al pasco lo poi, mentre papa e mamma rizzano la tenda, mi allontano con Bryan verso il ruscello, con la speranza di pescare qualche bella trota.

Ci facciamo strada nell'erba alta fino agli alberi più vicini. Da lì il terreno scende rapidamente verso il corso d'acqua, tra sassi e

cespugli bassi. Ci muoviamo lentamente perché non ci sono sen tieri e il terreno è scivoloso. Mentre sto per voltarmi per indicare la strada a Bryan, vedo qual cosa che si muove laggiù vicino al fiume. Gli faccio cenno con la mano di fermarsi e ci nascondiamo cercando di non far rumore. - Cosa c'è? - m'interroga con gli occhi.

Di nuovo gli raccomando di non muoversi, di aspettare, poi gli indico il punto da osservare. Restiamo immobili così, per qualche minuto. Tutto sembra tran quillo, il silenzio è rotto solo dal fruscio del vento tra le chiome alte degli alberi e dal mormorio dell'acqua che gorgoglia tra i sassi. Poi improvvisamente qualcosa si muove, gli arbusti si scuotono e un grosso alce appare nella penombra della radura. Diverse frec ce sono conficcate nel suo fianco sinistro. È ferito mortalmente e cammina a fatica, trascinandosi verso l'acqua per abbeverarsi.

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Non riesce quasi più a stare in piedi. Dev'essere scampato a un brutto incontro con un cacciatore indiano per venire a morire qui, solo, in questo angolo nascosto della prateria. L'alce avanza barcollando e si piega sulle zampe anteriori. È sfini to... cerca di bere un ultimo sorso d'acqua, ma poi si piega su un

fianco. Rimane per un attimo con la testa alta. Dalla bocca gli esce un lungo, rauco lamento. Le forze lo stanno abbandonando e a poco a poco appoggia la testa sulla terra umida della riva. La vita gli sfugge. Restiamo muti davanti a quella scena così triste, incapaci di pensa re. La quiete del luogo ci fa quasi impressione. È come se la natu ra partecipasse al dolore dell'alce morente. Poi le fronde degli albe ri tornano a sussurrare, il gorgoglìo dell'acqua ricomincia la sua canzone, la luce del sole che tramonta colora la piccola valle e mi ricorda la fiamma delle candele che si accendono nelle chiese. Non abbiamo il coraggio di avvicinarci. Sentiamo le voci che ci chiamano dal campo. È l'ora della cena e i fuochi sono già accesi. Ritorniamo.

Nella piccola valle stanotte arri veranno i predatori e si cibe ranno dell'alce e nutriranno i loro piccoli. È la legge della natura... Di comune accordo

decidiamo di tenere per noi quanto abbiamo visto...

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Oregon Trail, 25 luglio 1851 - Oggi abbiamo raggiunto le montagne. Si ergono su tutta la larghezza dell'orizzonte che volge verso ovest, simili a una barriera impenetrabile. Ma la pista segue un percorso sicuro e si insinua tra i monti sul fondo di una lunga e tortuosa vallata. I primi esploratori che sono passati da qui hanno chiamato questo passaggio "South Pass" (Passo a sud) ed è diventato un percorso obbligato per tutte le carovane dirette verso la California e l'Oregon. Ieri sera due cacciatori provenienti dallo Yellowstone sono venu ti a far visita alla nostra carovana. Li ho guardati bene: vestiti di pelle di daino, i capelli lunghi, la barba incolta, lo sguardo pene trante e sempre attento. Attorno al fuoco del bivacco hanno rac contato storie di indiani, di caccia, di pellicce, di posti mera vigliosi ricchi di selvaggina, lo e Bryan non abbiamo perso una parola di ciò che dicevano, affascinati dal loro modo di parlare e dai continui gesti, un po' come abbiamo visto fare dagli in diani.

Una cosa ci ha colpito più di tutte ed è stato quando hanno con sigliato al capitano Lowe di non passare da Fort Bridger perché negli ultimi tempi il posto era stato teatro di attacchi da parte di tribù Crow ostili. Meglio puntare dritti verso Fort Hall, seguendo una pista appena scoperta, più breve e sicura... anche se certa mente meno comoda.

- Deciderò quando giungeremo sul posto - ha risposto Lowe un po' titubante. - Ho sempre portato le carovane a Fort Bridger...

e in questo momento dover pensare di cambiare pista e affron tare territori sconosciuti non mi garba molto. 24


-Fate come volete - ha insistito il cacciatore - ma se accettate un

consiglio da amico, prendete la strada che vi ho indicato... e ades so scusateci, ma sono due giorni che camminiamo, siamo stanchi e vogliamo riposare un poco prima di riprendere il viaggio. Dopo le ultime parole pronunciate dal cacciatore, un disagio generale è calato improvvisamente sulla gente seduta attorno al fuoco. Nessuno trovava il coraggio di dire qualcosa, di esprime re un'opinione al riguardo. È ancora Lowe che rompe il silenzio: -Per me, una via vale l'altra... e se i due cacciatori hanno rac

contato la verità, sarà meglio seguire il loro consiglio. Per ora non pensiamoci e andiamo a riposare anche noi...

Oregon Trail, 4 agosto 1851 -Al bivio, dove le due piste si separano, il capitano Lowe ha optato per la via più breve che porta direttamente a Fort Hall. Da giorni la carovana avanza len tamente, immersa nel silenzio delle montagne. Costeggiamo boschi di betulle e pioppi dai colori già autunnali. Dalle alture scendono torrenti che si perdono poi nel fondovalle senza intral ciare il nostro passaggio. Ci si accorge poco, ma si sale sempre. Lo si capisce dalla fatica che fanno i cavalli, dal sudore che ema nano, dalla schiuma che si forma per il continuo attrito delle redini sul loro corpo.

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Quando arriviamo al Green River, la situazione cambia in peg gio: il terreno diventa più accidentato e la pista segue un conti nuo saliscendi di promontori e di asperità, i carri ondeggiano sul suolo irregolare e si inclinano pericolosamente prima da un lato poi dall'altro, con paurosi cigolii simili a lamenti. Quasi tutti gli uomini sono impegnati ai lati dei carri e si aiutano con le corde per tenerli in equilibrio. Riusciamo però a passare senza inconvenienti e quando arrivia mo al guado principale tiriamo tutti un sospiro di sollievo. Davanti a noi il fiume che ci taglia la strada si presenta abba stanza quieto e la corrente non è troppo rapida; solo verso il centro si avverte un movimento di onde che increspa la superfi cie liscia dell'acqua. Ci fermiamo ad attrezzare le golette: controlliamo i finimenti, distribuiamo meglio i pesi all'interno, poi, quando tutto è final mente pronto, Lowe da disposizioni per il guado: - I carri passeranno ad uno ad uno, scortati da gruppi di dieci uomini. Altri tre, a cavallo, dovranno assicurare il carro con le

funi in modo da tenere il più possibile la direzione di guado! Coraggio... cominciamo! Avanti il primo!... E state attenti alle

improvvise inclinazioni del carro, specialmente quando sarete verso il centro del fiume! Dopo parecchie ore arriva il nostro turno e mi accorgo di avere nelle gambe una specie di tremarella. Appena entrati in acqua i cavalli affondano fino alla pancia e annaspano sul fondo sab bioso, ma ce la fanno. Papa li incita a gran voce, facendo schioc care le redini con colpi secchi; Bryan si è rannicchiato nel carro assieme alla mamma e non dice una parola, mentre io cerco di farmi coraggio aiutando come posso. La corrente, urtando con tro cavalli e carro, manda in alto spruzzi d'acqua che mi ricado no addosso.

Verso la metà del guado, dove la corrente è più forte, il carro si inclina paurosamente, sprofondando lateralmente con le due ruote nella sabbia del fondale, ma gli uomini a cavallo tengono le corde ben salde, legate al pomo della sella e a poco a poco lo riportano in posizione. Lentamente ci avviciniamo alla riva. Il letto del fiume ora si fa più duro e sassoso, il livello dell'acqua si abbassa, gradatamente i cavalli riemergono e in pochi minuti transitiamo dall'altra parte...

Quando tutti i carri sono passati è ormai notte e una grossa luna si è alzata sopra i crinali delle montagne. Siamo stanchi e bagna ti fino al midollo, ma la carovana è al sicuro, oltre il Green River...

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Oregon Tra il, 12 agosto 1851 - Ci stiamo avvicinando a Fort Hall. Dopo il guado del Green River abbiamo attraversato altri fiumi. La pista, ancora rudimentale, e il terreno accidentato sot topongono le ruote dei carri a vere prove di resistenza. Diverse volte abbiamo dovuto fermarci per riparare mozzi sfasciati, rimettere cerehioni alle ruote, sollevare i carri sprofondati nel fango.

Siamo nel bel mezzo delle Montagne Rocciose e si vede! Viaggiamo in canyons profondi, dalle pareti verticali di un color rosso-mattone che al tramonto sembrano incendiarsi. Tutto qui è severo, specialmente quando cala la notte e cominciano gli ululati dei coyotes e dei lupi. Ci sentiamo come rinchiusi, intrap polati, costretti a procedere verso l'unica via che ci da la spe ranza di giungere al forte. -Speriamo che Lowe abbia avuto buon naso - mi dice il babbo quando lo raggiungo a cassetta - d'altronde i due cacciatori l'ave vano detto: una pista nuova, scomoda, non ancora praticata, ma

più sicura e più corta... perciò non lasciamoci scoraggiare e tenia mo duro. L'Oregon non è più così lontano! E poi, bisogna ricono scere che fin qui non abbiamo avuto brutti incontri. Sto per rispondere, quando dai primi carri che nel frattempo hanno raggiunto la cima della salita s'alzano grida di gioia che riecheggiano tra le pareti del canyon, rimbalzando ora a destra ora a sinistra della vallata. -Fort Hall! Fort Halli... È laggiù!... Lo vediamo!

Mi prende una voglia di piangere e di ridere, di correre, di sal tare, di abbracciare tutti. Anche Bryan, che fino a quel momen to aveva guidato il carro della sua famiglia, mi raggiunge di corsa. È felice.

-John, siamo arrivati! - grida - Siamo arrivati finalmente! 27


Sono le tre del pomerig gio. Un'aquila si stacca da una guglia e plana restando a mezz'aria. È

bellissima e grandiosa con quel ciuffo di penne bianche sulla testa e quel suo modo di volare ad ali aperte, immobile, sospe sa tra cielo e terra.

- Ci porterà fortuna! - mi grida Lowe dal suo cavallo, indicando l'uccello che continua a volteggiare sopra la carovana - E sta probabilmente dandoci il suo benvenuto a Fort Hall.

Oregon Trail, 19 agosto 1851 - Raggiungere Fort Hall è stato come raggiungere l'Oregon, anzi c'è chi dice che siamo già nell'Oregon ... ma secondo Lowe questo accadrà solo sul tratto

di pista che corre tra Fort Boise e Fort Walla Walla. Ci siamo fermati tre giorni e la mamma ha pensato nel frattem po di completare le riserve di cibo comprando farina e carne secca di maiale. Gli uomini si sono occupati soprattutto dei carri, sostituendo le parti avariate o rotte, lubrificando e riparando, così da rimetterli in condizione di poter proseguire. Poi, riposati e risollevati nel morale, siamo ripartiti. La pista ora si snoda di nuovo nella prateria, dapprima costeg giando un grande lago, poi lungo il fiume Snake. Il percorso è agevole e i carri procedono a buon ritmo sul terreno sabbioso.

Di nuovo posso cavalcare liberamente nei pressi della carovana, godere l'aria fresca del mattino, il panorama selvaggio che si sten de verso ovest, stanare conigli selvatici o seguire con lo sguardo incantato le lente evoluzioni di qualche uccello rapace. La sera, quando tutti si ritrovano accanto al fuoco, i discorsi degli uomini hanno un argomento unico: l'Oregon... con tutti i sogni che esso comporta.

È strano come nessuno pensi di condividere la propria vita con i compagni di viaggio. Arrivati là, tutti seguiranno il "loro" sogno, a lungo cullato, gelosamente difeso nel proprio intimo... e con l'aiuto dei soli familiari dissoderanno la terra, costruiranno una fattoria, alleveranno del bestiame e cominceranno una nuova vita...

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Oregon Trail, 31 agosto 1851 - Da un paio di giorni l'aria si è fatta più fresca, specialmente al mattino e alla sera. Anche le giornate sono più corte e, dopo il tramomto, l'oscurità scende rapidamente, avvolgendo ogni cosa.

La carovana sembra avere le ali ai piedi in questo tratto di pista: cavalli e buoi proseguono senza sintomi di stanchezza, come se sapessero che le grandi fatiche sono ormai alle loro spalle. Alcuni bisonti ci osservano da lontano, mentre pascolano tran quillamente sull'altopiano. A Fort Boise giungiamo un giovedì sera, al termine di una tappa di quindici ore, ma la fatica si è dileguata in un baleno quando abbiamo visto la lunga palizzata che difende le costruzioni rac chiuse all'interno del forte. Alcune tende appartenenti alla tribù dei Nasi Forati sono state erette un po' più a nord, ma non rie sco a vedere nessun indiano muoversi nelle vicinanze.

Ci fermiamo solo un giorno e una notte, poi riprendiamo il viaggio: ormai sentiamo la meta vicina e questo ci da coraggio e determinazione... Da un po' di

tempo un coyote ci segue, tenendosi a debita distanza. Ogni tanto si avvicina ai carri, protetto da qualche tronco o da qualche dosso, guardingo e audace nello stesso tempo. Ci accompagna per un bel tratto poi scompare improvvisamente tra l'erba alta, forse spaventato da qualche rumore strano.

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Non sappiamo esattamente quando è stato, ma da qualche giorno la pista ha abbandonato lo Snake per puntare a ovest in direzione di Fort Walla Walla e ha varcato finalmente il confine con l'Oregon.

Quando il capitano Lowe lo ha annunciato a gran voce svento lando il suo cappello, grida di gioia si sono levate da tutti i carri e dopo cena uomini e donne hanno ballato e cantato fino a tardi. La mamma, per l'occasione, ha cucinato frittelle dolci con

la marmellata. Una vera ghiottoneria! Nei giorni successivi incontriamo nuovamente qualche difficoltà: il percorso si fa a tratti più aspro, con frequenti salite e profonde depressioni, tanto da mettere a dura prova la resistenza di caval li e buoi. Poi la vallata si spalanca gradatamente e ci troviamo davanti a un paesaggio grandioso, dove salta all'occhio la costruzione del forte, posta nei pressi della congiunzione tra il fiume Snake e il suo più grande fratello, il Columbia. 30


Oregon Trail, 16 settembre 1851 - II viaggio può considerar si quasi concluso. Raggiungendo Fort Walla Walla abbiamo la sciato indietro miglia e miglia di pista, il caldo soffocante delle Grandi Pianure, le fatiche sulle Montagne Rocciose, i guadi dei fiumi, i tanti momenti di gioia, di tristezza e di paura. Independence, Fort Kearney, Fort Laramie, Fort Hall, Fort Boise non

sono più che un lontano ricordo e i nostri pensieri sono già rivol ti verso il futuro.

Come consuetudine ci siamo fermati un paio di giorni, poi la carovana, seguendo il corso del Columbia, si è diretta verso la parte centrale dell'Oregon, ricca di terre vergini da coltivare, pa scoli e foreste immense.

Ormai non si parla d'altro. Ognuno pensa a dove potrà inse diarsi e sistemare la propria famiglia; tutti sono consapevoli che non sarà tanto facile e si dovrà lottare e faticare a lungo, ma la fiducia e l'entusiasmo sembrano cancellare ogni dubbio. Durante quest'ultima tappa, qualche famiglia ha abbandonato in anticipo la carovana per cercare fortuna nelle invitanti vallate che si estendono tra i monti rivolti a sud. Sono momenti tristi e gioiosi nello stesso tempo, durante i quali ci si accorge di per dere l'affetto di amici o compagni con i quali si sono vissuti momenti di grande fraternità...

Noi proseguiamo ancora per qualche giorno fino a Portland, una piccola città che si sta formando. La carovana si ferma in uno spiazzo dopo aver percorso tutta la via principale tra due file di case di legno, in parte ancora in costruzione, e una folla festante che ci saluta agitando cappelli e fazzoletti. Come aveva fatto spesso alla fine della giornata, il capitano Lowe da l'ordine di staccare i cavalli, controlla per l'ultima volta la posizione di ogni carro e quindi scende dalla sua cavalcatura. Allora tutti gli si fanno attorno: c'è chi lo saluta, chi gli stringe la 31


mano, chi lo abbraccia, chi gli esprime riconoscenza e gratitudi ne per averci condotti alla meta con tanta sicurezza. La sua figu ra resterà per lungo tempo nel ricordo di tutti: donne, uomini, raqazz\. Col suo esempio, giorno dopo giorno, ci ha indicato quali doti occorrono per vivere in questo paese: coraggio, sag gezza, volontà, tenacia.

Non so perché, ma io me ne sto in disparte appoggiato al carro; una grande tristezza m'impedisce di partecipare alla gioia degli altri. Per non piangere mi metto ad armeggiare con i finimenti dei cavalli... ma senza uno scopo preciso. Resto lì per qualche

tempo senza voltarmi, quando mi sento toccare a una spalla. Mi giro e mi trovo davanti il signor Lowe. - Ciao John!... - dice chinandosi verso di me. - Sono venuto a

salutarti... La pista ormai è terminata e nei prossimi giorni tuo padre troverà un magnifico posto dove potrai crescere sano e forte con la tua famiglia... Vedi... questo paese ha bisogno di

ragazzi come te e Bryan, onesti e coraggiosi!... Guarda la città: la stanno costruendo ora, e presto avrà una chiesa, una scuo la... altre ne nasceranno, perché qui c'è posto per tutti...

Mi stringe la mano e io non trovo la voce per dire una sola paro la. Resto lì, attonito, mentre si allontana con quel suo passo mol leggiato che ci è tanto familiare, poi, vincendo l'emozione, gli grido: -Addio capitano Lowe!... e grazie di tutto!... Non vi dimenti

cherò! Due cavalli passano al galoppo lungo la via, sollevando nuvole di polvere. Quando l'aria ridiventa limpida Lowe è già scom parso.

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L Autore Elio Delucchi è un appassionato di quell'epoca avventurosa in cui ebbe inizio la grande nazione americana. È l'epoca delle carovane che si spingono verso l'Ovest, alla ricerca di migliori fortune; degli indiani che difendono le loro terre e le loro usanze dalla continua avanzata dei bianchi; della corsa all'oro e alle ricchezze di una terra inesplorata. L'Autore si è recato in questi luoghi per osservare di persona le tracce di questa civiltà, visitare i forti militari, percorrere parte delle piste un tempo seguite da ogni sorta di avventurieri. Que

sto libretto si aggiunge ai due precedenti racconti ambientati negli stessi luoghi: Luca e il nonno nelle terre degli indiani d'Ame rica (N 2119) e Gli indiani del bisonte (N 2068).

Note: ' Pastoie: laccio di corda applicato alle zampe anteriori dei cavalli per non farli scappare 2Oregon Trail: pista verso la regione dell'Oregon 3West: Ovest: con questo termine venivano indicate genericamente le terre non ancora colonizzate 4Coyotes: animali della prateria simili ai lupi 5Miglio: misura di lunghezza, (circa km 1,6). 6 Cani della prateria: animali simili a scoiattoli 1 Garrese: parte anteriore del dorso del cavallo, corrispondente all'attaccatura del collo 8Mozzo: parte centrale della ruota entro la quale gira il perno 9Conestoga: tipo di carro munito di tendone usato dai pionieri '"Goletta: carro più leggero del conestoga usato nelle carovane


Elio Delucchi: Una carovana , % ' %

sulla pista dell'Oregon Serie: Narrativa Da 9 anni

# *t

Verso la metà del 1800 ebbe inizio la grande avanzata degli americani Verso le regioni inesplorate dell'Ovest. •

Spinte dal sognò di terre fertili e da spirito di avventura, molte famiglie

affrontarono lunghi viaggi attraverso i territori indiani. Le loro carovane tracciarono una pista che venne chiamata Oregon

Trail, sulla quale transitarono migliaia di carri e di cavalli. John, un ragazzo di circa dieci anni, ci racconta il suo viaggio attraverso queste terre selvagge.

Edizioni Svizzere per la Gioventù Hotzestrasse 28, Casella postale, 8042 Zurìgo Telefono 01 -362 24 00 E-mail: office@siw.ch www.sjw.ch


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