Eos­ Collana di Studi Numismatici diretta da Giuseppe Colucci, II

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EOS COLLANA DI STUDI NUMISMATICI diretta da Giuseppe Colucci

II



EOS COLLANA DI STUDI NUMISMATICI diretta da Giuseppe Colucci

II ATTI DEL 2° CONGRESSO NAZIONALE DI NUMISMATICA Bari, 13-14 Novembre 2009

La monetazione pugliese dall’età classica al Medioevo (2)

Le monete della Peucezia La monetazione sveva nel regno di Sicilia

BARI 2010


© 2010 Circolo Numismatico Pugliese. Idea e progetto: Giuseppe Colucci Impaginazione: Angelo R. Todaro Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro, senza l’autorizzazione scritta del Circolo Numismatico Pugliese. Il dipinto nella pagina precedente è l’Aurore di William-Adolphe Bouguereau (1825-1905)


INDICE

Autori …………………………………………………………………………………………………………………………………

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Presentazione di GIUSEPPE COLUCCI ……………………………………………………………………………………..

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La monetazione deLL’antica PugLia: sessant’anni doPo ALDO SICILIANO ……………………………………………………………………………………………………………………

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i PaRte - Le monete deLLa Peucezia La Peucezia. inquadRamento stoRico-toPogRafico MARIA LUISA MARCHI …………………………………………………………………………………………………………… 31 L’inizio deLLa monetazione a RuBi e dintoRni GIUSEPPE LIBERO MANGIERI …………………………………………………………………………………………………… 47 Le monete di BaRi, cegLi e dintoRni ALBERTO D’ANDREA ……………………………………………………………………………………………………………...

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Le monete dauno-Peucete neL medagLieRe deL museo nazionaLe di naPoLi TERESA GIOVE ………………………………………………………………………………………………………………………

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La monetazione deLLa Peucezia: concLusioni MARIA CACCAMO CALTABIANO ……………………………………………………………………………………………… 121

ii PaRte - La monetazione sveva neL Regno di siciLia La monaRchia sveva: Luci ed omBRe PASQUALE CORSI …………………………………………………………………………………………………………………… 133 L’oRo svevo da enRico vi a manfRedi: i taRì GIUSEPPE RUOTOLO ………………………………………………………………………………………………………………… 143 L’augustaLe FRANCESCO PUNZI ………………………………………………………………………………………………………………… 189

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Le zecche “minoRi” di amaLfi, gaeta e saLeRno in ePoca sveva ALFREDO MARIA SANTORO ……………………………………………………………………………………………………. 211 denaRi e fRazioni di fedeRico ii hohenstaufen neL Regno di siciLia GIUSEPPE COLUCCI ………………………………………………………………………………………………………………… 223 Le monete sveve di monte iato CHRISTIAN WEISS …………………………………………………………………………………………………………………… 263 Le monete sveve deLLe zecche d’itaLia extRa Regnum MICHELE CHIMIENTI ……………………………………………………………………………………………………………… 271 Le monete tedesche dei Re di siciLia MICHAEL MATZKE ………………………………………………………………………………………………………………… 299 L’anaLisi comPosizionaLe non distRuttiva deLLe Leghe metaLLiche mediante fLuoRescenza Rx GIOACCHINO TEMPESTA, EUGENIO SCANDALE, MARIANNA SANTIGLIANO …………………………………… 315 La monetazione sveva neL Regno di siciLia: note concLusive e RifLessioni stoRiogRafiche LUCIA TRAVAINI …………………………………………………………………………………………………………………… 325 iii PaRte – vaRie i Pesi vitRei svevi FRANCESCO D’ANGELO …………………………………………………………………………………………………………. 333 fedeRico ii e La scuLtuRa neL Regno meRidionaLe MARIA STELLA CALÒ MARIANI ……………………………………………………………………………………………… 341 comunicazioni i denaRi di enRico vi e vaRianti inedite CANDIDA COLUCCI ………………………………………………………………………………………………………………… 373 su aLcuni taRì svevi CORRADO MINERVINI …………………………………………………………………………………………………………….. 381 La iaPigia destinataRia PRiviLegiata deLLa monetazione magno-gReca? ROSA SCAVINO ………………………………………………………………………………………………………………………. 391 L’harpa e La lyra, gLi stRumenti PRediLetti neLLe monete antiche FRANCESCO SCODITTI ……………………………………………………………………………………………………………. 403

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AUTORI

maRia steLLa caLò maRiani Prof. Ordinario di Storia dell’Arte Medievale e Moderna, Università degli Studi – Bari maRia caccamo caLtaBiano Prof. Ordinario di Numismatica greca e romana, Università – Messina micheLe chimienti Accademia Italiana di Studi Numismatici – Bologna candida coLucci Circolo Numismatico Pugliese – Bari giusePPe coLucci Circolo Numismatico Pugliese – Bari PasquaLe coRsi Prof. Ordinario di Storia Bizantina, Università degli Studi – Bari aLBeRto d’andRea Architetto, Roseto degli Abruzzi (CH) fRancesco d’angeLo Accademia Italiana Studi Numismatici – Palermo teResa giove Direttore Archeologo Coordinatore Responsabile del Medagliere del Museo Nazionale Archeologico – Napoli giusePPe LiBeRo mangieRi Direttore Archeologo Coordinatore Responsabile del Servizio Centrale di Numismatica, Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia – Taranto maRia Luisa maRchi Catt. Topografia Antica, Dip. Scienze Umane, Università – Foggia

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michaeL matzke Konsetvator Münzkabinett Historisches Museum – Basilea coRRado mineRvini Circolo Numismatico Pugliese – Bari fRancesco Punzi Circolo Numismatico Pugliese – Lecce giusePPe RuotoLo Accademia Italiana Studi Numismatici – Bari maRianna santigLiano ARCOGEM S.r.l. - Advanced Research and Characterization of Ornamental and Gemmological Materials aLfRedo maRia santoRo Laboratorio per l’Archeologia Medievale N. Cilento, Università degli Studi – Salerno eugenio scandaLe Prof. Ordinario di Mineralogia, Università degli Studi – Bari fRancesco scoditti Dipartimento Studi Classici e Cristiani, Università degli Studi – Bari aLdo siciLiano Prof. Ordinario di Numismatica, Università del Salento – Lecce gioacchino temPesta Dip. Geominaralogico, Università degli Studi – Bari Lucia tRavaini Prof. Associato di Numismatica Medievale e Moderna, Università – Milano chRistian Weiss Lic. Phil. Archeologia e Storia, Università – Zurigo

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PRESENTAZIONE

Questa Collana di Studi Numismatici ha avuto il suo nome: Eos (Ήώς). La dea dell’aurora, figlia di due titani, Iperione e Teia, sorella di Helios e di Selene, moglie di Astreo, amata da molti e molti lei amò per divino castigo,madre affettuosa che piange sempre la morte di suo figlio Memnone e ogni notte cosparge la terra delle sue lacrime-rugiada. Come l’alba che annuncia il giorno, segno di rinnovamento e di rinascita, Eos ci è sembrata una madrina bella e ben augurante per questa nuova e speriamo lunga vita della Collana e del Circolo Numismatico Pugliese. Questo II volume riporta i lavori del 2° Congresso nazionale di Numismatica che si è svolto a Bari il 13-14 novembre 2009, e che ha trattato delle Monete della Peucetia e della Monetazione sveva nel Regno di Sicilia. Contributi scientifici di altissimo livello ed una iconografia eccellente garantiscono il successo di questo volume, e mi piace ringraziare tutti gli Esperti che hanno con entusiasmo partecipato a questa iniziativa. Sono altresì convinto che questo volume rappresenterà una fonte primaria di informazioni sia per gli studenti, sia per gli specialisti e anche per tanti numismatici “amatoriali” che rappresentano una componente non secondaria nel vasto mondo della numismatica. Ringrazio i Magnifici Rettori delle Università pugliesi che non hanno fatto mancare la loro vicinanza alla nostra attività, il Direttore del dipartimento di Studi classici e cristiani dell’Università di Bari, il Preside della Facoltà di lettere, e tutti i Relatori che con la loro disponibilità hanno reso possibile questo volume. Inoltre, devo ringraziare la Fondazione Caripuglia per il tradizionale sostegno economico, unitamente alla Banca Popolare di Bari, alla NAC, al Goim e alla segreteria organizzativa Agorà. Un saluto affettuoso al Presidente della Società di Storia patria per la Puglia, C. D’Angela, e al Consiglio direttivo tutto. Un arrivederci al 3° Congresso nazionale che si svolgerà a Bari il 12-13 novembre 2010 e che tratterà della Monete della Messapia e della Monetazione angioina del Regno di Napoli. Giuseppe Colucci Presidente del Circolo Numismatico Pugliese

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CERIMONIA DI PREMIAZIONE E CONSEGNA DELLA MEDAGLIA D’ORO QUALE “MAESTRO DI NUMISMATICA” AL PROF. ATTILIO STAZIO

Ha ritirato il premio e ha svolto la relazione iniziale il Prof. A. Siciliano


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ATILIO STATIO INTEGERRIMO AC PRAESTANTISSIMO VIRO HVMANITATIS STVDIIS ALTISSIME PRAEDITO QVI NVMMORVM DOCTRINAE PRINCEPS AC PRAECLARVS MAGISTER INTER OMNES ENITVIT MAXIMA CONSILIORVM SAGACITATE AC EGREGIIS OPERIS ITALICAE SCHOLAE DE NVMMORVM DISCIPLINA RECTOR AC COLLEGII MAGNAE GRAECIAE PRAEFECTVS APVLIENSIS SOCIETATIS NVMMARIAE REI PERITORVM CONDITOR CONVENTVVM AD DOCTRINAM PERTINENTIVM IMPIGER AVCTOR CERTVS DVCTOR SOCIORVM OMNIVM QVI HONORIS CAVSA NVMMORVM SCIENTIAE MAGISTRVM EVM NOMINANT PRO MERITIS PLANE PERCEPTIS IN DISCIPLINA SVMMA DILIGENTIA ADHIBITA AC MAXIMA SAPIENTIA SEMPER VBICVMQVE LARGITA SECVNDI CONGRESSVS PRIMO DIE ANIMO MAGIS MAGISQVE GRATO HOC MVNVS EI DEFERVNT AMICI CATHEDRATICI OMNESQVE SODALES BARII IDIBVS NOVEMBRIBVS MMIX

(A. LuISI SCRIPSIT)

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AD ATTILIO STAZIO INTEGERRIMO uOMO DI RARISSIME QuALITÀ PROFONDO E INSIGNE uMANISTA EGLI CHE IN QuALITÀ DI PIONIERE DEGLI STuDI NuMISMATICI E DI ILLuSTRE CATTEDRATICO SI È SEGNALATO TRA TuTTI PER LA PERSPICuITÀ DI INTuIZIONI STRAORDINARIE E PER I CONTRIBuTI SCIENTIFICI ESEMPLARI È PRESIDENTE DELL’ISTITuTO ITALIANO DI NuMISMATICA PRINCIPE DELLA SOCIETA’ MAGNA GRECIA FONDATORE DEL CIRCOLO NuMISMATICO PuGLIESE FECONDO ANIMATORE DI INCONTRI CuLTuRALI GuIDA SICuRA DEI SOCI DEL CIRCOLO I QuALI HONORIS CAuSA GLI CONFERISCONO IL TITOLO DI MAESTRO DI NuMISMATICA PER LE ALTE BENEMERENZE CONSEGuITE NELLA DISCIPLINA uSATA SEMPRE CON LuCIDA INTELLIGENZA E DISPENSATA OVuNQuE CON PROFONDA DOTTRINA NEL PRIMO GIORNO DEL SECONDO CONGRESSO CON INFINITA E PERENNE GRATITuDINE QuESTO DONO OFFRONO GLI AMICI I COLLEGHI I SOCI DEL CIRCOLO BARI 13 NOVEMBRE 2009

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Premio “Maestri di Numismatica” al prof. Attilio Stazio

LA MoNetAzioNe deLL’ANticA PugLiA: SeSSANt’ANNi doPo Un ricordo del grande Maestro ALDO SICILIANO

Ringrazio gli organizzatori per l’invito rivoltomi. Significativo che i lavori del 2° congresso Nazionale di Numismatica, organizzati dal circolo Numismatico Pugliese, sezione della Società di Storia Patria per la Puglia, si svolgano in una sede universitaria, presso il dipartimento di Studi classici e cristiani. Lieto di incontrare colleghi ed amici a cui sarò sempre grato per aver contribuito alla mia formazione negli anni di insegnamento presso

16 luglio 2007, consegna del Diploma di I Classe con Medaglia d’Oro ai Benemeriti della Cultura dell’Arte.

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Aldo Siciliano

l’Ateneo barese. Sono convinto che l’impegno degli organizzatori sarà ripagato dai risultati scientifici. Rallegramenti alla collega Maria caltabiano, qui presente, ed ai suoi allievi, per l’incarico prestigioso di organizzare in italia, a taormina, nel 2015 il prossimo congresso internazionale di Numismatica. importante riconoscimento per la numismatica italiana. ci sentiamo tutti impegnati. cara Maria, conta, se lo riterrai, sulla nostra collaborazione. Attilio Stazio invia un saluto affettuoso ed un grato abbraccio a tutti voi. un piccolo problema di salute lo ha costretto a rimanere a Napoli. compito gradito questo attribuitomi ora, presentarvi un grande uomo, uno studioso al quale l’organizzazione ha deciso di conferire il premio “Maestri di Numismatica”. una persona che si è distinta nel campo degli studi numismatici, nella promozione e divulgazione della cultura. con orgoglio e commozione vi leggo un breve curriculum del mio, e di tanti presenti, maestro: – Nato a Napoli il 18/6/1923. – Laureato in Lettere classiche all’università di Napoli nel 1943 (110 e lode), a venti anni (n.d.r.). – diplomato presso la Scuola di Perfezionamento in Filologia classica e in discipline Storico-Archeologiche dell’università di Napoli nel 1947. – Assistente di Letteratura Latina e successivamente di Archeologia classica presso l’università di Napoli (1946-1963). – in servizio presso la Soprintendenza alle Antichità della campania a partire dal 1952 con funzioni di direttore del Medagliere e, successivamente, del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. – Soprintendente alle Antichità della Puglia dal dicembre 1963 al gennaio 1968. – Libero docente di Numismatica greca e Romana dal 1960. – incaricato dell’insegnamento di Numismatica greca e Romana presso la Scuola di Perfezionamento in Archeologia e Antichità classiche dell’università di Napoli (1960-1961) e successivamente presso la Facoltà di Lettere dell’università di Bari (1961 segg.) e presso la Scuola di Perfezionamento in Archeologia dell’università di catania (1962 segg.),

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La monetazione dell’antica Puglia: sessant’anni dopo

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incaricato dell’insegnamento di Archeologia presso la Facoltà di Lettere dell’università di Lecce (1966-1968) e di Antichità greche e Romane presso la Facoltà di Lettere dell’università di Napoli (1980-1981). dal 1968 al 1970 è stato titolare della cattedra di Numismatica e direttore dell’istituto di Archeologia presso la Facoltà di Lettere dell’università di Lecce. dal 1969 al 1973 è stato Preside di detta Facoltà. dal 1974 è stato titolare della cattedra di Numismatica presso la Facoltà di Lettere dell’università di Napoli. È stato direttore dell’istituto di Archeologia di detta università dal 1974 al 1983. È stato coordinatore del dottorato di ricerca in Archeologia della Magna grecia, fra le università di Napoli, Bari, Lecce, Salerno, torino. È socio del deutsches Archaeologisches institut, della Società Numismatica Rumena, dell’istituto italiano di Preistoria e Protostoria, membro della commissione per le iscriptiones italiae dell’unione Accademica Nazionale, dell’Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli, del centro Studi Salentini di Lecce, dell’American Numismatic Society di

27 Settembre 2008, conferimento della cittadinanza onoraria di Taranto al prof. Stazio.

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Aldo Siciliano

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New York, della Real Accademia di Bones Letres di Barcelona, della Royal Numismatic Society di Londra. dal 1961 si occupa dell’organizzazione dei convegni di Studio sulla Magna grecia, che si tengono annualmente a taranto. È stato Segretario ed è attualmente Presidente dell’istituto per la Storia e l’Archeologia della Magna grecia, con sede in taranto. È direttore del centro internazionale di Studi Numismatici, con sede in Napoli. È Presidente dell’istituto italiano di Numismatica, con sede in Roma. È Presidente del circolo Numismatico Napoletano, nell’ambito della Società di Storia Patria di Napoli. È membro del consiglio Scientifico del centro universitario europeo per i Beni culturali. È stato membro del consiglio Nazionale dei Beni culturali e Presidente del comitato di Settore per l’Archeologia. È stato membro del consiglio direttivo della icoMoS italiana. È stato Vice-Presidente della c.A.V. (commissione di Alta Vigilanza) sul progetto F.i.o. Pompei-ercolano, finanziato con fondi B.e.i., e Presidente di analoga c.A.V. per il Sistema Museale Romano. È insignito del diploma di i classe con medaglia d’oro per i Benemeriti della cultura e dell’Arte. È cittadino onorario di taranto.

È autore di studi su argomenti di: • storia dell’arte greca; • antichità greche e romane; • archeologia dell’italia Antica, specialmente della Magna grecia; • numismatica greca, specialmente della Magna grecia e della Sicilia; • numismatica italica e romana, soprattutto di età repubblicana; • numismatica bizantina. Stazio ha connotato la storia degli studi di numismatica negli ultimi sessant’anni. Sempre forte il suo legame scientifico con la Puglia, qui numerose sue ricerche in campo numismatico. tra i suoi lavori citiamo:

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La monetazione dell’antica Puglia: sessant’anni dopo

1958

I medaglieri di Puglia per la conoscenza della storia della storia della regione, in Atti del IV Congresso Storico Pugliese, “ASP”, Viii (1958), pp. 39-47

1970

Problemi monetali dell’antico Salento, in Centenario del Museo Provinciale S. Castromediano di Lecce, galatina 1970, pp. 107-120

1971

Aspetti e momenti della monetazione tarantina, in Taranto nella civiltà della Magna Grecia, Atti del X convegno di Studi sulla Magna grecia (taranto, 4-11 ottobre 1970), Napoli 1971, pp.147-182

1972

Per una storia della monetazione dell’antica Puglia, “ASP”, XXV (1972), pp. 3947

1973

Monetazione e circolazione monetale dell’antico Salento, in Atti del Secondo Convegno dei Comuni Messapici Peuceti e Dauni (Brindisi 14-15 giugno 1969), Bari 1971, pp.61-90 (ripubblicato in “Annali dell’università di Lecce, Facoltà di Lettere e Filosofia”, V (1969-1971), galatina 1973, pp. 71-99)

1989

Moneta ed economia nell’antica Puglia, in Il Mediterraneo, i luoghi e la memoria, Mostra archivistica, archeologica e numismatica promossa in occasione del primo centenario dell’Arsenale Militare Marittimo di taranto (taranto, castello Aragonese, 19 ottobre-15 novembre 1989), Roma 1989, pp.15-19

1991

La moneta nell’area messapica. Premessa, in I Messapi, Atti del XXX convegno di Studi sulla Magna grecia (taranto-Lecce, 4-9 ottobre 1990), taranto 1991, pp. 221-223

1992

Monetazione e circolazione monetaria, in Principi imperatori vescovi. Duemila anni di storia a Canosa, catalogo della mostra (Bari, Monastero di Santa Scolastica, 27 gennaio - 5 aprile 1992), Venezia, 1992, pp.553-554

egli si stacca da una tradizione antiquaria, fondamentalmente derivata da un sia pur nobilissimo, secolare collezionismo, ed affronta la moneta come fonte fondamentale per la conoscenza di innumerevoli aspetti, storici, antiquari, giuridici, economici, sociali del mondo antico, e forse solo secondariamente artistici. come per la Sua maestra Laura Breglia, la moneta è un elemento dinamico che va indagato nel suo continuo trasformarsi in rapporto alle mutazioni della vita stessa. di qui la necessità di non fermarsi all’esame dei suoi aspetti estrinseci e quindi secondari. La ricerca numismatica relativa alla Puglia ha ricevuto in tempi recenti un vivace impulso. La documentazione, ora più ampia, con rinvenimenti so-

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Aldo Siciliano

prattutto da scavi archeologici condotti scientificamente, consente di cogliere e delineare un quadro sempre più articolato fa rilevare nuovi orizzonti problematici, nuove direttrici di indagine e nuovi strumenti metodologici e interpretativi. Si è tentato di tener presenti le zecche attive nei vari periodi; l’esame della distribuzione geografica dei rinvenimenti non può prescindere dalla qualità e quantità delle monete anche rispetto agli stessi elementi nella produzione. Per la Puglia, sono state condotte diverse ricerche sulla circolazione, e monetazione, da parte di studiosi italiani e stranieri. una overview chiara delle emissioni, che sono state prodotte dalle città diverse di Puglia, è stata recentemente fornita dal volume di Historia Numorum per l’italia (pubblicato, a cura di K. Rutter, nel 2001 a Londra). Questo manuale offre una bibliografia ed un commento sulle singole zecche e sulle ipotesi cronologiche, con tavole che illustrano la maggior parte delle emissioni. Si può considerarlo, certamente, non come un’ultima parola su questo argomento, ma come un riassunto comodo dello ‘stato della questione’. in merito alla monetazione di taranto, dobbiamo citare il monumentale studio di W. Fischer-Bossert (Chronologie der Didrachmenprägung von Tarent 510-280 v. Chr., Berlin/New York 1999): lo studioso ha avuto il grandissimo merito di raccogliere tutta l’evidenza sinora disponibile sulle emissioni di didracme dalle origini sino all’età pirrica, fornendo un imprescindibile punto di partenza per ogni futura indagine. in realtà per la Puglia sussistono incertezze per l’attribuzione di emissioni a singoli centri, incognite sulla produzione monetale, in alcuni casi sulla stessa identificazione dei centri cui le emissioni si riferiscono, sulle occasioni di coniazione, sui motivi di emissione, sulla funzione, sul significato economico e sociale. La più volte lamentata assenza di Corpora ha indotto chi vi parla a cercare di ovviarvi: ho quasi completato la raccolta della documentazione sulla produzione monetale di tutte le zecche indigene della regione, cercherò di rendere al più presto fruibile a tutti gli studiosi questo utile corpus sia in formato cartaceo che digitale. tale risultato è il frutto di un’attività di ricerca che la cattedra di Numismatica della Facoltà di Beni culturali dell’università del Salento ha strutturato su due linee di indagine: l’esame dei dati strutturali relativi alle

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La monetazione dell’antica Puglia: sessant’anni dopo

monetazioni dell’antica Puglia e l’analisi dei dati relativi ai rinvenimenti (tipologia di rinvenimento, dati di contesto, dinamiche di diffusione sul territorio, incidenza di serie monetali nei ritrovamenti). il corpus degli esemplari raccolti, frutto dello spoglio sistematico dell’edito e, laddove possibile, della schedatura dell’inedito, è stato ordinato attraverso strumenti software, in particolare mediante la creazione del database “thesauròs”, realizzato dal Laboratorio delle evidenze Letterarie, epigrafiche e Numismatiche dell’università del Salento, strumento in via di continuo aggiornamento. Alle metodologie di indagine più tradizionali stiamo affiancando l’applicazione delle più aggiornate metodologie di analisi fisiche non distruttive, al fine di individuare i componenti primari delle monete, la tessitura e gli elementi minoritari ed ottenere così una serie di informazioni che costituiscono un valido aiuto negli studi riguardanti la tecnologia di lavorazione dei metalli e dei coni, lo stato di conservazione, la composizione della lega e le variazioni in relazione a manipolazioni di carattere finanziario. La collaborazione in corso con il cedad (centro di datazione e diagnostica) e con il dipartimento di Scienze dei Materiali dell’università del Salento, oltre che con il dipartimento di ingegneria chimica dei Materiali e dell’Ambiente dell’università di Roma “La Sapienza”, ha permesso di porre in essere filoni di ricerca sulla composizione elementare delle monete (analisi dei componenti maggioritari e minoritari) e sulla morfologia superficiale mediante microscopia elettronica a scansione (analisi della struttura fine della tessitura: forma, dimensione e orientazione cristallografica dei grani). Per rimanere in tema di Peucezia, a giugno si è svolto, presso l’università di Bari, il convegno sul tema “La Puglia centrale dall’età del bronzo all’alto Medioevo”: in tale occasione è stato tracciato (a cura di A. travaglini e V. camilleri, dell’università del Salento) un quadro della produzione e circolazione monetale nell’area peuceta e delle presenze monetali, attraverso l’integrazione dei dati di rinvenimenti isolati ed in ripostiglio, dalle prime attestazioni (Vi-V sec. a.c.) al iii sec. a.c.. Sono trascorsi pochissimi mesi dalla data del congresso in cui ho avuto l’incarico di presentare il professor Stazio in occasione della consegna del premio “Maestri della Numismatica”. Sembra ieri. oggi invece il nostro maestro non è più tra noi fisicamente, perché è deceduto all’età di 87 anni, il 7

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Aldo Siciliano

marzo 2010. Anche domani il professore “maestro” rimarrà con noi grazie alla sua eredità: muore solo chi nulla ha significato per la ricerca e nulla ha creato. Lo ricordiamo con gratitudine. ci ha lasciato un indimenticabile maestro, personalità unica e straordinaria nel campo della cultura. Lo ricordiamo anche per la concretezza, modestia, straordinaria capacità organizzativa, chiarezza di obiettivi, lungimiranza, coerenza. commozione ed orgoglio di essere suo allievo e di aver collaborato in tante sue iniziative. un grande, modesto come tutti i veri grandi, che si è distinto nel campo degli studi, nella promozione e divulgazione della cultura, un uomo di grande cultura e grande senso pratico: due qualità che difficilmente appaiono congiunte. Rem tene, verba (et nummi, aggiungerei personalmente anche rimanendo nel nostro campo) sequentur: ha conseguito risultati straordinari, anche se a volte contrastato, grazie alla chiarezza di finalità e di metodi, nonché tenacia e continuità. Nato a Napoli, cittadino onorario di taranto, in realtà cittadino del mondo intero. Persona colta e raffinata, ricca di variegati interessi ma nello stesso tempo schiva e riservata, volitiva, di signorile semplicità aperta al rapporto interpersonale. La fine intelligenza, l’onestà intellettuale, l’acutezza, la capacità di cogliere immediatamente il nocciolo delle questioni sono aspetti che rendono la sua scomparsa pesante in campo scientifico, dolorosa nel campo personale. L’autorevolezza unanimemente riconosciutagli faceva sì che non ci fosse mai la necessità di alzare il tono della voce per far conoscere le sue idee: oikistes, promotore culturale, fondatore di strutture che vivono e debbono continuare al di là di Stazio, perché ben impostate, sempre con un respiro internazionale. Ha creato nuovi spazi più che occuparne. Non sono sempre gli incarichi che danno prestigio alle persone, a volte sono le persone che rendono significativi gli incarichi. Ha avuto un rapporto straordinario con il territorio in cui ha operato coinvolgendo le comunità, e tutti lo ricordiamo sempre con stima e gratitudine. in Puglia, nel corso di convegni o conferenze, tutti chiedono di Stazio. chi non lo conosceva! Anche le persone più semplici. onora essere stato allievo

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La monetazione dell’antica Puglia: sessant’anni dopo

di un Maestro da tutti amato e stimato ovunque. La sua scomparsa non chiude un periodo particolarmente felice, al contrario impegna i suoi eredi e continuatori, gli enti istituzionali, a proseguire e se possibile ad intensificare ed arricchire la ricchissima eredità che ci ha lasciato. Lo ricordiamo come studioso, come docente (con Laura Breglia e Attilio Stazio furono attivate le prime cattedre di Numismatica, ed oggi in tutte le principali università italiane, nei corsi di Laurea in Lettere e Beni culturali, anche grazie a Stazio l’insegnamento di questa materia è floridamente attivo). effettuò le dovute pressioni sugli organi competenti per ottenere che le Soprintendenze fossero dotate di ispettori numismatici. Nel suo discorso di commiato per il pensionamento, così affermava: “ Non so se ho saputo insegnare in maniera adeguata, però sarei egualmente soddisfatto se mi si riconoscesse di aver insegnato e mostrato, soprattutto con l’esempio, che essere docenti significa: serietà nell’impegno, lealtà e correttezza nel comportamento, coraggio nelle opinioni, disprezzo per ogni forma di ossequio servile e supina acquiescenza, a qualsiasi costo, anche se a costo di rinunce, di amarezze, magari di emarginazione. in altre parole, insegnare agli allievi uno stile di vita”.

Attilio Stazio e Aldo Siciliano.

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Aldo Siciliano

come organizzatore ricordo che è stato Soprintendente Archeologo della Puglia, Presidente dell’istituto italiano di Numismatica, direttore del centro internazionale di Studi Numismatici di Napoli, Presidente del circolo Numismatico Napoletano, membro del consiglio Nazionale dei Beni culturali e Presidente del comitato di settore per l’archeologia. Ma soprattutto voglio far riferimento a due dei suoi più significativi impegni in Puglia: – l’istituto di Storia Antica ed Archeologia dell’università di Lecce – l’organizzazione dei convegni tarantini sulla Magna grecia, e la fondazione dell’omonimo istituto: da 50 anni tutti i massimi studiosi della Magna grecia sparsi per il mondo si raccolgono a taranto, insieme con una nutrita schiera di studenti vincitori di borse di studio messe a disposizione da enti locali, creando così una opportunità di crescita e di ricambio generazionale. Professore carissimo, a nome di tutti grazie di tutto. Sarà impossibile tradire la sua azione ed il messaggio che ci ha trasmesso. credo non sia chiaro se ci ha scelto Lei o se ognuno di noi, conoscendola, l’ha seguita. Possono morire gli uomini ma non le idee. La civiltà magno-greca continuerà a vivere grazie a grandi suoi figli. ovunque egli sia stato, ha lasciato una traccia, seminato, creato, come il vento inarrestabile e capace di modificare il paesaggio, una forza della natura. La numismatica ha perso un grande uomo, rimane il Maestro, un “Maestro di Numismatica”. un ultimo caloroso applauso al professor Stazio, come quelli che gli venivano riservati al termine dei convegni di Magna grecia, in segno di riconoscimento e di riconoscenza. con grande affetto, firmato coloro che le hanno voluto bene e la porteranno sempre nel cuore e nella mente… tutti. ALdo SiciLiANo

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La monetazione dell’antica Puglia: sessant’anni dopo

eLeNco deLLe PuBBLicAzioNi di ARgoMeNto NuMiSMAtico* 1947

Bigati e argentum oscense, “Numismatica”, Xiii 1-3 (1947), pp. 11-13.

1948

Nummus in Plauto, “Numismatica”, XiV, 1-3 (1948), pp. 19-23.

1948

Ancora su bigati e argentum oscense, “Numismatica”, XiV, 1-3 (1948), p. 60.

1954

L’apporto delle monete ad un problema di archeologia: il santuario di Mefite nella valle d’Ansanto, “AiiN”, i (1954), pp. 25-38.

1954

Ripostigli monetali del Museo Nazionale di Napoli, “AiiN”, i (1954), pp. 113-126.

1954

Il Congresso Internazionale di Numismatica (Parigi, 6-11 luglio 1953), “AiiN”, i (1954), pp. 177-179.

1954

Arte e moneta: annotazioni di metodo, “AiiN”, i (1954), pp. 193-195.

1955

Rapporti fra Pompei ed Ebusus nelle Baleari alla luce dei rinvenimenti monetali, “AiiN”, ii (1955), pp. 33-57.

1955

Progressismo e conservatorismo negli studi sulla più antica monetazione romana, “AiiN”, ii (1955), pp. 233-241.

1956

La monetazione arg ti per una vecchia teoria: novità sul problema del denarius, “AiiN”, V-Vi (1958-1959), pp. 344-347.

1959

Bisanzio, Roma 1959.

1960

Un ripostiglio monetale da Cales e la monetazione campano-sannitica del IV secolo a.C., “PdP”, LXXii (1960), pp. 225-228.

1961

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I PARTE Le monete della Peucezia



LA PEUCEZIA. INQUADRAMENTO STORICO-TOPOGRAFICO MARIA LUISA MARCHI

Presentare un panorama archeologico esauriente della Peucezia è impresa ardua e questo lavoro si propone di offrire essenzialmente il quadro dell’evoluzione del sistema insediativo attraverso l’analisi di alcuni abitati, cercando di ricostruire il lento processo di urbanizzazione che in questa area sembra realizzarsi progressivamente tra l’età arcaica e l’ellenismo1. La Peucezia occupava l’area centrale del territorio pugliese più o meno corrispondente all’attuale provincia di Bari (fig.1). I limiti del compresorio abitato dai Peucezi, popolazione che apparteneva all’ampio raggruppamento degli Iapigi2, giungevano verso Nord-Ovest fino al territorio dei Dauni, tra il Tavolerie e il comprensorio melfese e premurgiano, a Sud-Ovest fino a quello di enotri, choni e lucani mentre a Sud-Est fino a quello dei messapi3. I limiti geografici sono definibili con una certa approssimazione anche attraverso gli elementi naturali, pur essendo in proposito scarse le fonti, rappresentati dal mare Adriatico con i centri di Egnazia, Bari, e nell’entroterra Ruvo, Bitonto e Ceglie, mentre la zona più interna brulla e collinare, delimitata dalle Murge gravitava intorno ai centri di Gravina e Monte Sannace, la zona a Nord del basso Bradano, situata tra la chora tarantina e quella metapontina, includeva anche insediamenti più interni come Montescagliaso e Timmari. Tali confini dovevano essere, nell’età del Ferro, piuttosto sfumati quando ancora non appare, nell’area tra le attuali Puglia e Basilicata, una vera distinzione etnica e le produzioni ceramiche dei centri di Bari–S. Sco1 2 3

DE JULIIS 1988, p. 99. DE JULIIS 1988, pp.43-47; DE JULIIS 1989, pp. 39-46. FIORELLO 2003, p. 32; CIANCIO 2002; DE JULIIS 1988.

31


Maria Luisa Marchi

Fig. 1 – L’area peuceta.

lastica, Gravina, Monte Sannace, Rutigliano sono analoghe a quelle di Cozzo Presepe, Monte Irsi, Garaguso e Timmari4. Si ritiene infatti che le popolazioni peucete abbiano sviluppato una cultura autonoma, rispetto alle limitrofe aree dei Dauni e dei Messapi, piuttosto tardi, non prima della metà del VII secolo, con l’acquisizione di una certa autonomia che si manifesta principalmente nelle produzioni ceramiche5. Le fonti che riguardano i Peucezi sono alquanto scarse, spesso legate a leggendarie e mitiche origini, oppure riferite al periodo compreso tra il V e il III sec. a.C. quando le popolazioni Iapige entrano in contatto con il mondo coloniale greco e sono coinvolte nelle vicende belliche tra Taranto e Metaponto e successivamente quando iniziano i rapporti con il mondo romano6. Gli autori antichi indicano, come 4 5 6

CIANCIO 1989, pp. 49-51. DE JULIIS 1988, p. 43; DE JULIIS 1989, p. 39. Gli autori che danno queste notizie sono comunque risalenti ad epoca romana.

32


La Peucezia. Inquadramento storico-topografico

si riscontra per l’ambito dauno, il popolo e non la regione, si riscontra quindi l’uso dell’etnico Peuchetioi o Pediculi. Strabone ci riferisce che i Tarantini combatterono contro i Messapi per Eraclea, avendo come alleati il re dei Dauni e il re dei Peucezi7. Pausania fa invece riferimento al donario inviato a Delfi dai tarantini ricavato dal bottino sottratto ai Peucezi8. Giustino racconta che Alessandro il Molosso chiamato dai tarantini per respingere l’attacco dei Lucani e dei Messapi, durante la sua spedizione in Italia meridionale, stipulò un accordo con Metapontini, Pediculi e Romani9. La fonte più antica relativa all’espansione romana nell’area peuceta è data da Diodoro10 che ci riferisce dell’assedio, da parte dei consoli Quinto Marcio e Publio Cornelio nell’anno 306 a.C., di Σιλβι′ον occupata da un presidio sannita e che egli definisce πο′λις11. Un noto passo di Strabone12 descrive i percorsi che possono seguire i viaggiatori provenienti dalla Grecia che giungono a Brindisi diretti a Roma uno è la Via Appia e l’altro è una via che attraversa il territorio dei Peucezi, dei Dauni e dei Sanniti fino a Benevento: su di essa sorgono le città di Egnazia, Kailia [Ceglie], Netion, Canosa ed Herdonia, offrendo un quadro significativo per la ricostruzione topografica degli insediamenti della regione in età romana. Sono le fonti Itinerarie che hanno consentito di conoscere ed individuare alcuni abitati peuceti e soprattutto hanno fornito informazioni sulla loro condizione in età romana. Gli elenchi pliniani13 ci indicano per la Peucezia più di una quindicina di città passate dallo stato di sociae a quello di municipi14, numero senza dubbio cospicuo se raffrontato con la vicina Daunia15. Fu dunque il bellum sociale, al quale i popoli peuceti parteciparono solo marginalmente16, a determinare l’adesione dei centri peuceti al sistema istituzionale romano, anche se è lecito ritenere che un lento processo di romanizzazione o

7

STRABO, VI, 3,4, 281 PAUSANIA, 10. 13, 10 9 IUST., 12, 2, 12 10 DIOD. XX,80,1 11 GRELLE 1989, p. 111. 12 STRABO,VI, 3, 7, 282-283 13 PLIN., Nat.Hist.,III, 11, 102 14 GRELLE 1989, p.113. 15 CIANCIO 2002, pp.4-11. 16 Appiano ricorda infatti che il generale Cosconio ricondusse rapidamente all’obbedianza i Paediculi: APP. b.c. 1, 227-230. 8

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Maria Luisa Marchi

comunque di avvicinamento alla cultura romana fosse già avviato a partire dal III sec. a.C.17 . Ma va ricordato che la Peucezia è l’unica regione dell’area apula a non essere interessata dalla fondazione di colonie romane, elemento non irrilevante nella ricostruzione del quadro storico-archeologico dell’area. La forma urbana si afferma infatti in tutti centri attraverso un’evoluzione lenta ma graduale che vede a partire dal VI secolo a.C. il passaggio dal villaggio all’insediamento e all’interno di questo, nell’ambito di nuovi programmi edilizi, dalla capanna alla casa. Molti insediamenti, come Ceglie, Azetium, Monte Sannace, Sidion (Gravina) (fig. 2), pur non raggiungendo livelli di organizzazione interna basati su criteri di pianificazione urbana regolare, possono ugualmente essere definiti città; essi presentano infatti una distribuzione funzionale degli spazi ed una definizione di questi secondo i parametri ispirati dall’esperienza greca e tipologie architettoniche importate dal mondo coloniale. Il contatto con il mondo greco, perlopiù assente o assolutamente marginale in Daunia, nei centri della Peucezia risulta piuttosto eviFig. 2 – I principali insediamenti della Peucezia dente e sembra rilevarsi attraverso, (da Ciancio 1990). non solo gli elementi della cultura materiale, come la presenza di ceramica attica a Monte Sannace18, ma anche attraverso l’emergere di elementi ideologici che vengono assimilati dai gruppi eminenti ed economicamente rilevanti e che si riflette nel costume funerario attraverso le ricche tombe monumentali (a Ceglie, Rutigliano Ruvo, Botromagno)19. Sempre a 17

Sulla romanizzazione in area apula VOLPE 1990; MARCHI 2000; MARCHI 2009; TORELLI 1984; TORELLI 1990, TORELLI 1992a; TORELLI 1992b; per il dettaglio nell’area Peuceta: CIANCIO 1990, pp. 237-242; GRELLE 1989, pp. 111-116; RICCIARDI 1999, pp. 29-49; GRELLE 2010. 18 CIANCIO 1989, pp. 55-56. 19 CIANCIO 1989, pp. 58-60.

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La Peucezia. Inquadramento storico-topografico

Monte Sannace ritroviamo esempi di edifici con impianti planimetrici e tecniche costruttive di tipo greco a dimostrazione degli influssi del mondo coloniale nell’edilizia e nell’urbanistica di questi centri. Il IV secolo a.C. rappresenta per questi abitati il momento di massimo fulgore sia dal punto di vista demografico che insediativo con un fitto popolamento delle campagne e lo sviluppo dei centri fortificati come riferimento economico e militare20. In questo periodo quasi tutti gli insediamenti si doteranno di possenti mura in opera quadrata, le ritroviamo a Ceglie, Azetium, Sidion, Monte Sannace, Altamura21. Questi centri si connotano come abitati di altura, situati in posizione rilevante e di controllo della pianura circostante, che in genere risulta essere particolarmente fertile e adatta alle colture agricole. La loro posizione in prossimità di corsi d’acqua permetteva facili collegamenti con le coste soprattutto con i punti di approdo sull’adriatico, una rete di tratturi assicurava i collegamenti interni.

Fig. 3 – Monte Sannace: area dell’abitato da foto aerea.

20

DE JULIIS 1989, pp. 39-43; CIANCIO 2002, pp. 4-5. Secondo alcuni si tratta di un fenomeno che si riallaccia a quanto accade anche in Lucania a Serra di Vaglio, Torretta di Pietragalla e Torre di Satriano in un intento comune di creare un sistema di difesa unitario, predisposto dalle popolazioni indigene della Iapigia e della Lucania contro la pressione tarantina e successivamente dell’avanza romana: CIANCIO 1989, p. 63. 21

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Maria Luisa Marchi

Fig. 4 – Monte Sannace: ortofoto.

Gli schemi insediativi si possono ricostruire attraverso la lettura dell’evoluzione dei centri principali. A monte sannace, certamente il più noto per la lunga tradizione di scavi22, l’abitato antico sorgeva sulla sommità di un colle strategicamente elevato che domina lo spartiacque tra Adriatico e Ionio e un’ampia area pianeggiante favorevole all’agricoltura (figg. 3, 4). L’insediamento, documentato a partire dal IX secolo a.C., occupava una collina, che in età classica si connotava come acropoli, e un’area sottostante in pianura. Il nucleo più antico, costituito da capanne occupava solo la parte alta, affiancato da altri nuclei documentati nella pianura circostante23. Tra VII e VI secolo a.C. l’abitato si concentra sull’acropoli, occupata probabilmente dal nucleo principale e sicuramente meglio difeso. Ma è a partire dal VI secolo che l’abitato assume fisionomia urbana e vengono realizzati edifici di rilievo, polifunzionali, e le tombe aristocratiche, talvolta monumentali, con ricchi corredi che presentano anche oggetti di importazione greca24. 22 23 24

SCARFÌ 1962; CIANCIO, DE JULIIS, RICCIARDI 1989; CIANCIO et alii 2001. CIANCIO 2003, pp.20-22. CIANCIO 1989, pp. 51-60.

36


La Peucezia. Inquadramento storico-topografico

La definizione di città può essere confermata, a partire dal VI e nel corso del V secolo a.C., dall’esistenza di edifici e spazi destinati ad un utilizzo pubblico (l’agorà circondata da un portico colonnato) che vengono realizzati sull’acropoli, in base a precisi criteri di distribuzione urbanistica. L’abitato vero e proprio si sviluppa nell’area pianegFig. 5 – Monte Sannace: pianta dell’insediamento giate ad Ovest dell’acro(da Ciancio 2003). poli con gli isolati occupati da edifici abitativi inseriti in una rete stradale poco regolare ma ugualmente pianificata, all’interno di essa infatti si distribuiscono anche le aree comuni, quelle artigianali e commerciali secondo una precisa distribuzione funzionale che però ancora vede il sorgere delle aree di necropoli affiancate a quelle abitative e all’interno delle mura, secondo la tradizione indigena. Nell’ambito dell’edilizia privata, alle case di tradizione locale a due o tre ambienti aperti su un cortile si affiancano abitazioni più complesse con peristili ed elementi sia strutturali che decorativi di spiccata tradizione ellenica, una di esse, rinvenuta sull’acropoli conserva un raro esempio di stanza da bagno, del tipo diffuso in alcune città della Magna Grecia ma non documentato nei centri indigeni della Puglia25. Tra IV e III secolo la città ha probabilmente il momento di massima floridezza, si dota di solide opere difensive ampliate progressivamente in concomitanza dell’arrivo dei vari condottieri greci (Archidamo di Sparta, Alessandro il Molosso, Cleonimo di Sparta) chiamati dai tarantini contro le popolazioni indigene. In quegli anni l’area dell’agorà viene ristrutturata e ampliata con nuovi portici, l’acropoli diviene sede di edifici pubblici e di sepolture monumentali. Cambiamenti nella struttura sociale sembrano trapelare dal sorgere in quest’area di edifici privati di alto livello che invadono spazi pubblici e obliterano alcune tombe monumentali.

25

CIANCIO 1989, pp. 61-62.

37


Maria Luisa Marchi

Fig. 6 – Ceglie peuceta: ortofoto.

Un cambiamento radicale, dettato dalla presenza romana, e basato su nuove concezioni urbanistiche, produrrà una chiara distinzione tra spazi urbani e cimiteriali. Più scarsa la documentazione per ceglie, centro noto dalle fonti con il nome di Kailia26 o Caelia (fig. 6). La testimonianza più antica del nome proviene dalle monete coniate dalla città in argento e bronzo. La fase più consistente dell’abito peuceta si deve ricollegare al V-IV secolo a.C. Il centro ancora in vita in età romana come segnalato dalla sua presenza negli Itinerari27, conserva attualmente il ricordo in un modesto borgo agricolo a breve distanza da Bari. Le indagini condotte in passato perlopiù negli anni ’70 del secolo scorso, basate sulla lettura della foto aerea e sulle prospezioni topografiche 28, e solo in tempi recenti

26 27 28

STRABO, VI, 3, 7. Tabula Peutingeriana, 6, 5; Anonimo Ravennate, Cosmographia, 4, 35, 282-283. MARIN 1981.

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La Peucezia. Inquadramento storico-topografico

su indagini archeologiche29, hanno permesso la ricostruzione dell’insediamento che sorgeva su un pianoro delimitato da due torrenti il Picone e la Fitta (fig. 7). L’abitato conserva comunque tratti di mura in grossi blocchi sbozzati. Nel circuito murario sono ipotizzate almeno quattro porte in corrispondenza delle due vie principali che si pensa attraversassero l’abitato una da Nord a Sud e l’altra da Est ad Ovest. Della viabilità N-S che attraversava l’abitato longitudinalmente si sono rinvenuti alcuni tratti con tracce dei solchi di carri. L’altro percorso in uscita dall’abitato doveva corrispondere con la mulattiera descritta da Strabone che da Fig. 7 – Ceglie peuceta: pianta (da Marin 1982). Brindisi attraversava Egnazia, Azetium, e quindi passando per Ceglie giungeva a Canosa e arrivava fino a Benevento, da molti identificata con la via Minucia. Il rinvenimento all’interno dell’area delimitata dalle mura di molte tombe attesta come per gli altri centri peuceti la stretta connessione tra abitati e necropoli secondo il consueto costume delle popolazioni Iapige. Ma i seppur scarsi rinvenimenti ridotti “a pochi elementi di strutture murarie, pavimenti, cisterne ed opere idrauliche”30 consentono di ipotizzare l’avvio di un processo di urbanizzazione al quale si possono ricollegare anche alcuni elementi architettonici relativi ad edifici, forse monumentali, purtroppo non individuati e di ricostruire i passaggi evolutivi dell’abitato, dagli edifici con pavimenti in ciottoli della fase preromana a quelli musivi della città romana. A quest’ultima si ricollegano i resti di strutture in opera reticolata segnalati dal Roppo sotto le strutture della torre medievale31. Un cambiamento nell’assetto urbano si ebbe probabilmente nel III secolo a.C. quando il centro entra nell’orbita romana, con un possibilie restringemento della città ed una pianificazione urbana che preve29 30 31 32

CIANCIO, RICCIARDI 2005, pp. 57-84; CIANCIO 2009, pp. 308-310. MARIN 1982, p.36 ROPPO 1921, p. 26. RICCIARDI 1991; RICCIARDI 1999, p. 33.

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Giuseppe Libero Mangieri

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LE MONETE DI BARI, CEGLIE E DINTORNI ALBERTO D’ANDREA

Oggetto dell’intervento sarà l’esame della produzione monetaria di tre centri: 1) Barium – Bari 2) Butuntum – Bitonto 3) Kailia – Ceglie del Campo (facendo anche un accenno alla diatriba che in passato ha visto la doppia attribuzione a due centri che avevano lo stesso nome, la Ceglie sopra riportata e Ceglie Messapica). Prima di passare ad esaminare i tre centri in particolare, è il caso di analizzare la geografia dei luoghi che vide la nascita e l’affermazione di queste città: si trovano infatti ad una distanza relativamente breve fra di loro, due sulla costa ed uno, Kailia, nel primo entroterra, in un territorio che era solcato da importanti strade che nei secoli veicolarono uomini, merci e, purtroppo, anche truppe. La regione, prima della definitiva conquista romana, era molto ricca e prospera, dedita ad un’agricoltura altamente redditizia, all’artigianato (spiccava soprattutto la produzione di vasi) e all’allevamento. Il periodo di massima crescita ed espansione di questi centri si avrà fra il IV secolo a.C. e l’inizio della Seconda Guerra Punica quando, come tutta l’Apulia, risentirà pesantemente delle devastazioni cartaginesi. Il primo centro che esamineremo per la sua monetazione sarà Bari: la produzione non è particolarmente abbondante, e vede l’emissione di tre tagli monetali: biuncia, oncia e semuncia. Da un esame stilistico ed iconografico possiamo tranquillamente inquadrarle nelle produzioni di tipo “romano delle colonie apule”.

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Alberto D’Andrea

Biunce:

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Le monete di Ceglie, Bari e dintorni

Once:

Semunce:

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Alberto D’Andrea

Andando ad esaminare il piede ponderale, riscontriamo i seguenti pesi:

per cui possiamo affermare che tutta la produzione monetaria rientra appieno nella riforma sestantale (difatti, prendendo, ad esempio, la biuncia, avremo che 4 scrupoli x 6 biunce = 24 scrupoli). Oltre al peso teorico dell’asse, si evince anche come la divisione dello stesso fosse quella duodecimale, tipica del sistema propriamente romano. Dall’esame del peso si può ricavare anche la datazione, ovvero fra il 216 ed il 212 a.C., negli anni, quindi, più critici della Seconda Guerra Punica. Non tutti gli studiosi, però, sono concordi nel fissare questa data: alcuni la pongono in un periodo immediatamente successivo, cioè fra il 208 ed il 202 a.C., altri, tra cui il Rutter, ipotizzano addirittura che la serie fu approntata nel 181 a.C., quando la città divenne un’importante base navale per operazioni militari contro i pirati dell’Adriatico. La monetazione di Bitonto presenta caratteristiche completamente differenti da quelle di Bari: si va infatti a collocare in quella che generalmente viene classificata come di tipo “magno-greco”. Anche questa, però, è poco abbondante e vede l’emissione di un ridotto numero di tagli: l’obolo e l’emiobolo.

1

La media non è ottenuta solo analizzando il valore minimo e quello massimo, ma è determinato dal valore medio di tutti gli esemplari esaminati, compresi quelli di collezioni private messe a nostra disposizione.

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Le monete di Ceglie, Bari e dintorni

Obolo:

Emiobolo:

L’analisi del piede ponderale è molto più semplice ed immediata: abbiamo infatti che l’obolo del primo tipo oscilla da 5,39 a 8,80 grammi circa, quello del secondo da 2,85 a 4,50 grammi circa; il peso dell’emiobolo va da 2,18 a 3,49 grammi circa. Il periodo di emissione si attesta alla metà del III secolo a.C., anche se il calo di peso medio dell’obolo potrebbe far supporre due periodizzazioni, una successiva all’altra, nella coniazione di questo taglio. La questione della produzione dell’antica zecca di Kailia è invece molto più complessa, a cominciare dall’attribuzione di queste monete. Nell’antica Apulia, difatti, esistevano due centri con questo nome: il primo localizzato nella Peucezia (l’odierna Ceglie del Campo), il secondo nella Messapia (Ceglie Messapica). Sebbene la maggior parte delle monete provenisse dai dintorni del primo centro, alcuni studiosi ipo-

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Alberto D’Andrea

tizzarono che la moneta con il guerriero e la trozzella potesse essere stata coniata dal secondo centro, ed a sostegno di tale tesi argomentavano che l’alfabeto usato nell’etnico fosse, appunto, quello messapico2.

Ad oggi sappiamo con sicurezza che tutte le monete furono prodotte nell’odierna Ceglie del Campo; riguardo all’alfabeto non deve meravigliarci la cosa, in quanto, comunque, queste erano pur sempre terre di confine dove, lungo le vie commerciali e militari, penetravano anche cultura, usi e linguaggi. La produzione monetaria è di due diversi tipi: magno-greco e romano delle colonie apule; la prima tipologia, a sua volta, si divide in due diverse emissioni (per semplicità chiameremo quindi le tre diverse coniazioni SERIE A, SERIE B e SERIE C). La SERIE A si mette in stretto parallelo con alcune produzioni di altri centri apuli:

difatti notiamo una stretta analogia fra le produzioni di Kailia, Arpi e Rubi (tra l’altro il tema di Ercole che soffoca il leone Nemeo viene ripreso direttamente da Taranto). 2

Il primo numismatico che l’attribuì al centro peuceta fu il Magnan, seguito dal Minervini, dal Carelli, dal Sambon, dal Garrucci e dall’Head; il Ribezzo riteneva invece fossero emissioni di Ceglie Messapica (probabilmente

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Le monete di Ceglie, Bari e dintorni

La SERIE A, nel suo complesso, vede l’emissione di due tagli monetali, il diobolo e l’obolo

Il peso medio della prima oscilla fra 0,91 e 1,07 grammi, quello della seconda è invece sconosciuto. Il periodo di emissione si attesta fra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C. Anche la SERIE B può essere messa a confronto con le monete di centri limitrofi.

In questo caso è evidente l’analogia fra Kailia e Rubi (si potrebbe addirittura pensare ad una monetazione di alleanza). La SERIE B, nel suo complesso, vede l’emissione di un solo taglio monetale, l’obolo, conosciuto in due varianti.

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Alberto D’Andrea

Il peso medio è abbastanza regolare, attestandosi su 0,50 grammi circa; il periodo di emissione si colloca nella metà del III secolo a.C. La SERIE C è quella di tipo “romano delle colonie apule” e vede la produzione di tre diversi nominali: biunce, once e semunce.

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Le monete di Ceglie, Bari e dintorni

Biunce:

I pesi presentano una grande difformitĂ ; infatti abbiamo, rispettivamente dalla prima alla quarta variante, i seguenti valori: 4,20-8,27 gr. circa 2,79-8,20 gr. circa 3,19-6,80 gr. circa 4,42-6,27 gr. circa

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Alberto D’Andrea

Once:

Anche in questo caso l’oscillazione del peso è notevole, variando con i seguenti valori: 2,73-6,40 gr. circa 1,10-3,70 gr. circa 2,43-4,31 gr. circa 2,11-4,20 gr. circa

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Le monete di Ceglie, Bari e dintorni

Semunce:

I pesi conosciuti sono: 1,39-3,00 gr. circa3 0,97-2,03 gr. circa 1,39-3,00 gr. circa 1,95-2,10 gr. circa L’analisi del piede ponderale della SERIE C di Kailia è molto piĂš complessa, per via delle notevoli oscillazioni di peso che ogni tipologia riporta. Andando a redarre una tabella schematica avremo infatti

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Alberto D’Andrea

Ad un primo rapido esame sembrerebbe che la produzione afferisca a tre riforme monetarie (la sestantale, l’unciale e la semunciale), però, se andiamo a considerare che da un esame stilistico emerge che tutte le monete furono realizzate in breve tempo, possiamo affermare che tutte le emissioni rientravano ufficialmente nella riforma sestantale e che poi, a causa del precipitare degli eventi bellici (non va dimenticato che quella di Kailia fu una delle aree che subì le più pesanti devastazioni da parte delle milizie di Annibale), fu introdotta una specie di sestantale ridotta dove le nuove emissioni avevano, rispetto alle precedenti, valore fiduciario (a differenza delle precedenti nelle quali il valore era quello intrinseco). Terminata la trattazione delle singole zecche è il caso, ora, di spendere alcune parole sui temi iconografici. Per quanto riguarda la zecca di Bari la produzione è caratterizzata dal valore facciale rappresentato con le stelline (oltre che con i classici globetti, tipici delle emis-

3

Questa moneta (la prima riportata nella serie) potrebbe essere una sesquioncia. Dato che non esistono pesi teorici pari a 3 scrupoli per le biunce, il peso viene approssimato per eccesso al valore più vicino (e non per difetto, in quanto si considera questa un’emissione di emergenza), e cioè a 4 scrupoli. 5 Dato che non esistono pesi teorici pari a 6 scrupoli per le biunce, il peso viene approssimato per eccesso al valore più vicino (e non per difetto, in quanto si considera questa un’emissione di emergenza), e cioè a 8 scrupoli. 4

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LA MONETAZIONE DELLA PEUCEZIA CONCLUSIONI MARIA CACCAMO CALTABIANO

L’approccio investigativo – distinto su basi etniche e per aree geografiche – della monetazione antica dell’attuale Puglia, programmato dagli organizzatori del Convegno nell’arco di un triennio, mette in luce un’esigenza di approfondimento che costituisce la premessa indispensabile per l’interpretazione del fenomeno monetale che si intende esaminare. Se non avremo prima ricostruito (così come è stato fatto in anni recenti per Rubi da MANGIERI 2007, che in questa sede ha riproposto i risultati delle sue indagini in un’ampia ottica comparatistica) il Corpus della monetazione di ciascuna città, in tutti i suoi aspetti intrinseci e formali, dai metalli utilizzati ai pesi, dalle iconografie e dallo stile alle iscrizioni che le contraddistinguono, non saremo in grado di pervenire ad una adeguata storicizzazione del fenomeno monetale nella Puglia antica. Per ciascuna emissione è necessario valutare nel loro insieme i quantitativi pervenuti, distinguendo per quanto possibile il numero dei conii impiegati, e quindi i tempi necessari per la loro realizzazione. I pesi degli esemplari vanno invece considerati singolarmente: peso massimo e peso minimo non debbono essere appiattiti in un peso medio che finisce per obliterare vistosi fenomeni di svalutazione e di degradazione ponderale, che – se realizzati in archi temporali molto brevi – denunciano già di per sé difficoltà economiche e spese straordinarie da correlare nella maggior parte dei casi ad eventi bellici e ai frequenti pagamenti del soldo quotidiano alle guarnigioni militari. Per quanto possibile, inoltre, le monete vanno analizzate nella loro natura di “sistema” fatto di multipli e di sottomultipli, di esemplari in metallo prezioso e/o in metallo non nobile, con riferimento ad un valore reale in dipendenza del metallo contenuto, o ad un valore fiduciario imposto dall’autorità emittente a prescindere dal prezzo intrinseco della moneta. In quest’ottica io desidererei proporre che, anziché porci il problema di quando

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Maria Caccamo Caltabiano

rispettivamente avrebbero avuto inizio nella Peucezia la moneta in argento e quella in bronzo, e se la moneta in bronzo si fosse sostituita a quella in argento, considerassimo innanzitutto la coesistenza di due differenti realtà economico-monetali: l’una consistente in un monometallismo bronzeo fatto di esemplari pesanti contrassegnati dai segni di valore, ad analogia di quanto accade sulla monetazione romana; l’altra costituita da monete in bronzo leggero, emesse da zecche che hanno coniato contemporaneamente anche in metallo prezioso, e che negli anni della seconda guerra punica si sono schierati dalla parte di Annibale. In sintesi: il problema che desidero porre è se la valuta fiduciaria in bronzo sia potuta esistere in Apulia solo perché garantita dalla “copertura” metallica assicuratale dalla contemporanea emissione di moneta in argento dal valore reale. Fra tutte le zecche della Peucezia solo due, Rubi e Caelia, hanno coniato sia in argento che in bronzo, e in tutta l’Apulia possiamo aggiungervi solo Arpi, Canusium e Teate. Fra queste ultime solo Arpi e Teate hanno emesso una limitata serie di stateri, le altre zecche hanno coniato solo piccole frazioni in argento, solitamente identificate come oboli e dioboli. Questi nominali non si prestavano certo a sostenere quella che – in termini moderni – definiremmo un’economia monetaria, che dalle città apule non era percepita evidentemente come necessaria alle loro esigenze, pur all’interno di una società diversificata nelle sue componenti e molto attiva, come dimostrano i prodotti delle fabbriche protoapule e apule e come è emerso dalla relazione di M.L. Marchi. A livello esemplificativo vorrei concentrare l’attenzione sulla monetazione di Rubi, proprio perché – essendo quella di cui possediamo il Corpus, – sembra oggi la zecca maggiormente in grado di offrirci chiavi di lettura del manifestarsi del fenomeno monetale in Peucezia. cronologia iniziale delle monete di Rubi Comincerei con l’osservare che l’ipotesi che ne fa risalire l’esordio al 325 a.C., subito dopo l’impresa di Alessandro il Molosso in Magna Grecia, si basa essenzialmente sull’adozione del tipo della testa di Helios frontale sulle frazioni in argento più leggere (figg. 4-5). L’immagine viene confrontata con quella presente sulle frazioni auree (fig. 1) e sui dioboli in argento (fig. 2) coniati dalla zecca di Taranto a nome del sovrano epirota, e sui piccoli aurei emessi dalla città a nome proprio (fig. 3). Un attento confronto fra le iconografie evidenzia, tuttavia, come l’Helios di Alessandro, dal capo nimbato e radiato, mostri un deciso orientamento del volto di tre quarti verso sinistra o verso destra (figg. 1-3), che non trova riscontro nell’Helios di Rubi rappresentato in uno schema più decisamente frontale. Esso modifica la forma del nimbo innalzandolo sulla testa, e non riproduce i grossi riccioli delle monete della zecca tarantina.

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La monetazione della Peucezia: conclusioni

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 4

Fig. 5

Fig. 6

Fig. 7

Fig. 8

Fig. 9

Fig. 10

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Maria Caccamo Caltabiano

Uno schema iconico maggiormente confrontabile con quello di Rubi presentano, invece, un’emissione in bronzo di Metapontum (fig. 6) e un’oncia di norma semilibrale di Roma (fig. 7), databile nel 217-215 a.C. Ad un orizzonte cronologico immediatamente successivo appartengono alcune moFig. 11 nete in bronzo con testa di Helios frontale emesse da Velecha (sestanti dai 20 ai 10 g. ca.) (fig. 8) e da Atella (once di g. 6 ca) (fig. 9) alleate di Annibale, più una sescuncia di Venusia (fig. 10) di 3 g. ca.1 Tali emissioni riflettono le riduzioni ponderali che, da una norma superiore alla trientale, degradano alla quadrantale, e a Venusia raggiungono anche la norma onciale. Della fortuna del tipo dell’Helios frontale nella seconda metà del III sec. a.C. sono inoltre testimoni i bronzi emessi dalla città arcade di Clitore (fig. 11), senza tener conto della decisa frontalità acquisita dalla testa di Helios sui didrammi e sulle hemidracme in argento coniati dall’importante centro commerciale di Rodi verso la fine del III sec. a.C. Luoghi di produzione e cronologia relativa Sulle monete di Rubi l’utilizzo di legende intere o variamente abbreviate, e che impiegano talora caratteri grafici differenti, è stato visto come indizio di più fasi di emissione. In due serie énee la legenda PYΨ utilizza la famosa lettera a “tridente”, ritenuta di origini messapiche; un’altra, scritta in greco, è costituita dalle prime due o da quattro lettere del nome della città, in una sola serie Rubasteinon è scritto per intero. Le ultime due emissioni in bronzo, caratterizzate dalla legenda RVB in caratteri latini, recano i segni di valore del triens (quattro globetti) e del semis (lettera S). Pur nell’estrema esiguità degli esemplari superstiti, la confrontabilità dei loro pesi2 sembra suggerire che in tempi molto brevi il potere d’acquisto della moneta, coniata inizialmente come triens (quattro once), sarebbe stato innalzato col medesimo peso a quello di semis (sei once). I valori ponderali dei due nominali consentono di porli in rapporto con i bronzi romani di fase onciale ed onciale ridotta, databili alla fine del III sec. a.C., data ultima delle emissioni rubastine. La varietà della grafia delle legende si accompagna a Rubi all’utilizzo di tipi solo in parte diversi; i pesi sembrano potersi organizzare in un sistema di valori decrescenti, e ciascuna serie presenta la medesima e forte escursione fra peso massimo e peso minimo dei suoi esemplari. Tali caratteristiche credo pongano il problema di 1 2

Vicende storiche e ricostruzione delle norme ponderali sono già presenti in THOMSEN 1961, pp. 111-130. MANGIERI 2007, p. 46: triens g. 6.70, semis g. 6.77 e 5.79.

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La monetazione della Peucezia: conclusioni

una parziale contemporaneità delle emissioni in bronzo, realizzate – in assenza di un controllo centralizzato – probabilmente da due officine ubicate in luoghi differenti (una forse nella chora di Rubi), come sembrerebbe suggerire sia l’uso di legende in greco (ΡΥΒΑΣΤΕΙΝΩΝ e ΡΥΒΑ) che quello di legende con lettera di tradizione locale ΡΥΨ, probabilmente abbreviata in ΡΥ, vista la comunanza del tipo di Zeus al diritto delle serie 1 e 3 della nostra Tabella I. La realizzazione di queste serie sarebbe avvenuta sotto l’urgenza di spese immediate e in situazioni di difficoltà economiche, denunciate dalle drastiche riduzioni ponderali e dalle forti differenze di peso che si registrano fra gli esemplari della medesima emissione. Nella tabella che segue, che riproduce i raggruppamenti di MANGIERI 2007 proponendo una diacronia solo in parte diversa da quella prospettata dallo studioso, le serie 1 e 2 stanno in un rapporto reciproco di unità e metà, gerarchicamente evidenziato dai tipi del diritto: Zeus, il padre di tutti gli dei sul nominale maggiore; Eracle, l’eroe divinizzato, su quello minore. La serie 3, ancora con testa di Zeus al D/, potrebbe rappresentare il prosieguo della serie 1 in una logica di riduzione ponderale del medesimo nominale. La serie 4 – su cui ritorneremo in seguito – presenta al R/ le lettere ΛΙ, corrispondenti a mio avviso all’abbreviazione di litra, ipotesi già contemplata ma scartata da RUTTER 20013 e non considerata da MANGIERI 2007.

obolo o litra? I nominali in argento di Rubi sono stati interpretati come oboli e dioboli. La presenza delle lettere ΛΙ sul R/ della serie bronzea con legenda Rybasteinon (fig. 12) pone tuttavia il problema se le emissioni sia in argento che in bronzo non siano piut3 4

RUTTER 2001, p. 91 n. 818. M. = MANGIERI 2007.

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Maria Caccamo Caltabiano

tosto delle litre. Il caso richiama la questione già da me affrontata nelle Conclusioni dello scorso anno5. Abbiamo già ricordato come Aristotele (Tarantinon politeia, fr. 590 Rose, apud Pollux, Onomasticon IV 174-175; IX 80-81) definisca nomos lo statere didrammo di Taranto rappresentante Taras sul delfino di Poseidon. Il nomos viene equiparato dal filosofo a uno statere dekalitros, definizione che ne evidenzia la divisione in dieci unità inferiori o litre. Nell’arco di poco più di un secolo il nomos statere in argento di Taranto di g. 8.70 si sarebbe ridotto nella Apulia settentrionale a nummus di bronzo di soli 36 g., come dimostrano le emissioni di Teate (fig. 13) e Venusia contrassegnate dalla lettera N6. Sui bronzi di Venusia tale lettera è accompagnata da una (fig. 14) , o due astine (fig. 15) nel caso del doppio nummus, cioè dai medesimi segni numerali presenti sull’asse e sul dupondio di Roma. La loro comparsa, in corrispondenza della fase di riduzione dell’asse romano compresa fra la norma sestantale e quella onciale, ufficializza l’avvenuta equiparazione fra l’asse di Roma e l’unità monetale locale, il nomos/nummus. Da questo momento in poi il nuovo nummus equiparato all’asse, assumerà la divisione duodecimale che era stata tipica della litra e che era comune alla libbra romana, come dimostrano i bronzi più recenti di Rubi con i Fig. 13 segni di valore del triens e del semis.

Fig. 14 5 6

Fig. 15

CACCAMO CALTABIANO 2009, 156-157. RUTTER 2001, n. 703 e nn .718-719. Per Venusia vd. anche SICILIANO 1994.

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Fig. 12


L’AUGUSTALE FRANCESCO PUNZI

Nell’agosto 1231 Federico presenta a Melfi il Liber Augustalis, codice di leggi conosciuto come Costituzioni Melfitane che, novello Giustiniano, lo laureano principe della legalità in un epoca dominata dall’arbitrio. Ne sono coartefici Roffredo da Benevento, Benedetto da Isernia, Taddeo da Sessa e Pier delle Vigne. Agli ultimi due Federico riserverà un posto d’onore sulla porta di Capua. Mentre i suoi funzionari leggevano ad alta voce i decreti Federico sedeva su un trono tempestato di gemme in una sala del castello denominata “sala delle tre scodelle” per le volte che ne formano il soffitto e che la tradizione popolare considera la sala delle promulgazioni. Come naturale conseguenza dei nuovi ordinamenti Federico si occupa egualmente della riforma delle monete d’oro. Colui che aveva voluto riformare le leggi del regno, mutator mundi, si trasformava in mutator monetae! È quasi certamente nella primavera-estate del 1231 che l’imperatore ordina di coniare gli augustali visto che i pagamenti enumerati nel Liber Augustalis sono già tutti in termini di once d’oro, augustali e mezzi augustali. Riccardo di San Germano, notaio imperiale1, ci fa sapere che fu dato ordine alle zecche di Messina e Brindisi di cominciare il conio degli augustali:“Nummi aurei qui augustales vocantur de mandato imperatoris in utraque sicla Brundusii et Messane cuduntur”. È però in errore quando pone al dicembre 1231 l’ordine di coniare augustali. La distribuzione degli augustali comincia invece nel giugno 1232: “Mense Iunii

1

GARUFI 1937-1938.

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Francesco Punzi

…novam monetam auri, que augustalis dicitur ad Sanctum Germanum detulit distribuendam…et expendatur pro quarta uncie…”. Fino al 1231 la moneta aurea corrente nel regno di Sicilia e diffusa nel bacino mediterraneo era il Tarì (e suoi multipli), di peso variabile, con un titolo di 16,33 carati e contenente 0,61 grammi di oro puro. L’unico problema era l’uso barocco di coniare tarì a caso, su tondini di peso ineguale, che si spendevano a peso (cioè facendo uso della bilancia) e non a numero, con il solo controllo del peso complessivo dell’oncia. Pertanto il tarì non era solo una moneta ma un entità di peso. Nel 1266 Carlo d’Angiò tenterà senza successo di far spendere i tarì a numero coniando tarì di peso esattissimo e senza multipli (“Ita quod triginta tareni ex.ipsis in numero expendatur”). Ma Federico era sufficientemente impaziente per differire la soluzione del problema. Per l’impresentabilità del tarì e per andare incontro alle necessità monetarie egli sentì dunque il bisogno di procedere all’introduzione di una nuova moneta d’oro, favorito dalla grande disponibilità di oro che gli derivava non solo dalla politica di accaparramento del prezioso metallo (avviata da Enrico VI ed intensificata da Federico soprattutto dopo il 1220) ma anche grazie all’oro trans-sahariano di Pagliola, proveniente dalle sabbie dei fiumi auriferi del Senegal e dai giacimenti del Ghana, che arrivava in Sicilia ridotto in polvere, quale tributo aureo offerto nel 1231 dal sultano Hafsida di Tunisi. Altro oro lo avevano Bisanzio, gli stati islamici e le monarchie cristiane della penisola iberica in contatto col mondo arabo. Il vero scopo di Federico era di aumentare il potere d’acquisto della moneta d’oro del regno, diffonderla anche oltre i confini del regno (ove non esistevano monete paragonabili per tecnica e qualità), finanziare le campagne militari e, non ultimo, presentarla come moneta di propaganda paragonabile ai cammei di stato. Essa era dunque espressione di quello stesso spirito imperiale che si riscontra nelle lettere e nella legislazione. La riforma del 1231 non consisteva solo in un miglioramento del valore nominale della moneta d’oro ma in nuove condizioni di peso (5,31 grammi), di titolo (20 ½ carati), di contenuto d’oro (4,33 grammi) e specialmente nel miglioramento del tipo, onde renderlo meno esposto alle frodi ed alla tosatura. L’augustale era costituito da una lega ternaria con oro all’85,5% (cioè 20,5 carati), argento al 10,9% e rame al 3,6%. Al contrario del tarì si poteva spendere a numero e non più a peso. Inoltre, per il diverso titolo di fino fra le suddette monete, un augustale equivaleva da un lato a 7,5 tarì e ad ¼ di oncia – moneta; dall’altro equivaleva a 6 tarì e ad 1/5 di oncia – peso. Esemplificando per converso: un’oncia – moneta, costituita da 18 gr. di fino, equi-

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L’augustale

valeva a 4 augustali da 4,50 gr. di fino, mentre un’oncia – peso da 26,5 gr. equivaleva a 4 augustali da 5,30 gr. Gli augustali suscitarono a priori fiducia per bellezza e perfezione tecnica. Vero prodigio d’arte per l’epoca, non a caso sono considerati le monete più belle del medioevo o meglio del protorinascimento svevo, il volto numismatico dell’arte di Giotto e Cimabue, i veri predecessori delle monete moderne. La nuova moneta, in virtù di contenuto aureo e peso mutati rispetto al tarì, poteva facilmente rapportarsi alle 2 monete più importanti del bacino mediterraneo: il dinar musulmano e l’iperpero bizantino. Nel Contrasto di Cielo d’Alcamo, databile intorno al 1240, al corteggiatore che paga in augustali (una difensa mettonci di dumilia agostari) replica la donna amata siciliana a suon di iperperi (donna mi son di perperi…). La nuova moneta – sebbene coniata 21 anni prima dei fiorini e genovini d’oro e 53 anni prima dei ducati d’oro veneziani – paradossalmente indusse proprio le città mercantili a convertirsi all’oro e battere le suddette monete con bontà superiore. Ma come si legge nelle cronache vernacolesi del fiorentino Ricordano Malispini “..questa moneta ebbe grande corso al suo tempo” e ne fu conservata memoria nei secoli a venire. Il numero presunto di augustali coniati oscillerebbe da un minimo di 500.000 esemplari (secondo Kowalski) ad un massimo di 1.600.000 esemplari (secondo Brunetti2) pari in tal caso a circa 7 tonnellate di oro puro! Un Augustale veniva cambiato con: – 1 ¼ di fiorino, genovino, ducato veneziano o iperpero. – 1 reale, 1 saluto, 1 pierreale, 1 doppio dinar hafsida. Il diverso rapporto di cambio è spiegabile tenendo conto del peso e soprattutto del contenuto aureo delle monete d’oro del XIII secolo, ovvero: – a 20 ½ carati l’iperpero bizantino, l’alfonsino d’oro di Alfonso VIII di Castiglia ed anche l’oro di Pagliola. – a 23 7/8 carati il penny d’oro di Enrico III, lo scudo d’oro di S.Luigi, il fiorino, il Genovino ed il ducato veneziano.

descrizione degli augustali In proposito così scrive Riccardo di S.Germano: “Figura augustalis erat habens ab uno latere caput hominis cum media facie et ab alio aquilam”. 2

BRUNETTI 1966.

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Francesco Punzi

Il cronista conosceva bene l’imperatore e quindi avrebbe dovuto meglio specificare “caput imperatoris” e non “caput hominis”. Ma qui si tratta di un notaio e la voce “homo” si riferisce senz’altro all’imperatore e non va intesa come “quidam”. E Giovanni Villani, cronista del XIV secolo3, ci dice di essi “E dall’uno lato dell’agostaro improntato era il viso dello imperatore a modo di Cesari antichi” in un sogno di far rivivere l’impero romano e la visione quotidiana di tale effigie, come già Federico aveva detto chiaramente, serviva a rafforzare la fedeltà del suo popolo: “affinché la forma della nuova moneta susciti in voi la memoria del nome nostro e vi tenga dinanzi agli occhi la copia della nostra maestà…così che, guardandola ripetutamente, essa vi rafforzi nella fedeltà e vi infiammi nella devozione”. Quindi gli augustali avevano anche un significato politico e propagandistico paragonabile ai cammei di stato. Al diritto (che è il lato battuto con il conio dell’incudine ed in maggior rilievo) vi è il busto imperiale rivolto a dx. con testa laureata, mantello con 6-7 pieghe, fibia anulare sulla spalla dx. e braccio dx. decorato da bracciale perlinato a fini giri. Intorno, racchiusa in cerchio perlinato,la leggenda “IMP ROM CESAR AVG” con E unciale. Al rovescio vi è l’aquila volta a sin., con ali aperte, testa ruotata a dx., becco pronunciato ed intorno la leggenda “FRIDERICVS” con E latina racchiusa in cerchio perlinato (fig. 1):

Figura 1

Per l’identificazione personale di Federico con l’aquila (circondata dal suo nome) la moneta va intesa come un insieme, con le 2 facce perfettamente integrate, ove la lettura comincia dal rovescio. Secondo il Kowalski la presenza di 2 globetti ai lati della testa dell’aquila caratterizzerebbe gli augustali coniati a Brindisi, mentre la loro assenza orienterebbe per un conio di Messina (fig. 2):

Figura 2 3

VILLANI, ed. G. PORTA (1990-91).

192


L’augustale

Ciò si basa sull’assunto che Messina, in quanto zecca più importante del regno, doveva risultare più produttiva e che proprio gli esemplari senza globetti risultano più comuni. Ma esistono tipi di augustali che si potrebbero definire augustali ibridi (per presenza o assenza di globetti pur con identità del diritto) la cui attribuzione all’una o all’altra zecca apparirebbe quanto meno problematica ed incerta (fig. 3):

Figura 3

Certo è invece il nome del maestro di zecca per Brindisi :”Paganus Balduinus civis messanensis magister monetae Brundusinae”. Quasi sicuramente la moneta fu coniata anche dopo la morte di Federico fino a Manfredi e ciò giustifica la grande varietà dei coni, calcolati a circa 75 per il lato del busto (fig. 4),

Figura 4

193


Francesco Punzi

e 108 per il lato dell’aquila, ove si rileva una chiara evoluzione stilistica con fasi di passaggio da rappresentazioni più stilizzate a rappresentazioni più plastiche e vigorose del rapace (fig 5).

Figura 5

Varia altresì il numero dei globetti sia alla punta dell’ala dell’aquila (da 0 a 2) che al centro della stessa ala (da 3 a 6) (fig. 6).

Figura 6

Oltre all’augustale fu coniato il mezzo augustale di peso ovviamente dimezzato (gr. 2,65) e che è una moneta quattro volte più rara poichè il più elevato costo della loro coniazione obbligava a produrne di meno (fig. 7).

194


L’augustale

Figura 7

A chi si ispirò Federico?: Modelli per il diritto: Risulta grande la somiglianza con il cammeo di Tiberio (inserito nella croce di Lotario ) (fig. 8),

Figura 8

195


Francesco Punzi

e con alcune monete auree di Augusto, che però ci presentano testa e non busto laureato (fig 9).

Figura 9

Ma risultano innegabili le somiglianze (specialmente del drappeggio e del profilo imperiale) con i primi solidi di Costantino e dei suoi figli (Costantino II e Costante), almeno in relazione al tipo arcaico di augustale (fig. 10).

Figura 10

Gli ultimi imperatori prima di Federico II che si sono fatti rappresentare sulle monete a mo’ di Cesari antichi furono Carlo Magno (fig. 11) ed il figlio Ludovico il Pio. Carlo Magno a sua volta si ispirò agli imperatori Bizantini ma in particolare a Costantino.

196


DENARI E FRAZIONI DI FEDERICO II HOHENSTAUFEN NEL REGNO DI SICILIA GIUSEPPE COLUCCI

introduzione All’indomani del suo solenne ingresso in Palermo, nel novembre del 1194, Enrico VI si trovò nella necessità di “dover conciliare la monetazione dei due estremi d’Italia” dovendo tener conto che nel Regno il sistema monetario era basato sull’oro mentre nel nord sull’argento. Già Federico I Barbarossa aveva trasformato il denaro milanese in imperiale ed Enrico VI si comportò in maniera simile, trasformando la medalea tercenaria di Tancredi in un denaro sullo stile di quelli dell’Italia comunale, sia dal punto di vista metrologico che stilistico: abbandonò del tutto i caratteri cufici e fissò la lega ad ¼ (3 once di argento e 9 di rame = 250 millesimi) e il peso a 1 grammo 1. Nel 1194-95, fu coniato il denaro apuliense e successivamente il denaro cosiddetto imperiale con il solo nome dell’imperatore e successivamente,ricordandosi probabilmente che il Regno apparteneva a Costanza, fu aggiunto il nome dell’imperatrice 2. La situazione complessiva della monetazione, corrente e di conto, durante il regno di Enrico VI e per il primo periodo del regno di Federico II è presentato della tabella I.

DESIMONE 1895, pagg 23-26; COLUCCI 1989, pagg 139-42. La prima moneta effettivamente coniata a Palermo, probabilmente a dicembre in occasione della incoronazione di Enrico VI, fu una frazione di Dirhem sullo stesso tipo di quella di Tancredi, mentre la prima moneta in assoluto a nome di Enrico VI fu il follaro coniato a Salerno nel 1191 durante la prima “discesa” nel Regno. Per i denari di Enrico VI vedi il lavoro di C. Colucci in questo volume. 1 2

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Giuseppe Colucci

Tabella I. Sistema monetario svevo con Enrico VI e Federico II (1194-1221). In corsivo sono riportate le monete di conto.

La monetazione di Federico II si è soliti suddividerla in 3 periodi: i periodo: della minorità, sino al 1208; ii periodo: del regno (1208-1220); iii periodo: dell’impero (1220-1250), quest’ultimo periodo si divide, da un punto di vista numismatico, in due frazioni: dal 1220 al 1225 caratterizzato dalla presenza dei titoli imperiale e del Regno (periodo delle 2 corone); dal 1225 in poi compare anche il titolo di re di Gerusalemme (periodo delle 3 corone). In sintesi, nel I periodo vi sono state 2 emissioni (1198, 1204) con 2 tipi; nel II periodo, 3 emissioni (1208,1209,1212) con 5 tipi; nel III periodo delle 2 corone vi sono state 3 emissioni (1220,1221,1222) con 5 tipi, e nel periodo delle 3 corone 12 emissioni con 19 tipi. In totale, nei 52 anni di regno di Federico II vi sono state 20 emissioni di monete di biglione con 32 tipi di denari, 24 mezzidenari e 2 quarti di denaro. Se pensiamo che Federico ha passato oltre 10 anni della sua vita in Germania, nel Regno vi è stata una emissione di denari mediamente ogni due anni! Nel 1222 fu reso forzoso l’uso del denaro e nel 1228 ne divenne forzosa la distribuzione, la quale diventò una delle tasse “indirette” e che con il passar degli anni diventò una colletta che procurava ingenti guadagni alla curia. La colletta generale (generalis subventionis) del 1238 rese 102.000 once d’oro e quella del 1248 bel 130.000, ma non di molto era inferiore la resa della “vendita” dei denari. Dal 1228 quindi i regnicoli pagavano ogni anno (eccetto per il 1229 e 1230) la colletta generale e negli anni delle emissioni monetarie si aggiungeva quest’altra tassa straordinaria, oltre a tutte le tasse sui guadagni. Il sistema fiscale era molto pesante, specie negli ultimi otto anni di regno, e la lettera del giustiziere Tommaso da Gaeta indirizzata a Federico ne è la prova: “Per amore di Dio, o Signore, cessino un po’ le collette; si moderino un po’ le imposizioni di servizio; respiri libero dal peso delle tasse il Regno che

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Denari e frazioni di Federico II Hohenstaufen nel Regno di Sicilia

al tempo di felici re vostri predecessori fioriva di ogni bene… affinchè si risollevino gli animi di tutti che sono colpiti dai frequenti colpi di collette e esazioni” (GENNARO 2005, pag. 112). D’altra parte Federico, come ogni altro monarca medioevale, non riusciva a tenere distinto il concetto di economia nazionale da quella personale, e avendo centralizzato il controllo – e il guadagno – di tutti i mercati e delle dogane bloccò praticamente lo sviluppo di un capitalismo “borghese”, con conseguenze gravi sullo sviluppo economico e sociale del Regno. Questa politica, comunque, ebbe il pregio di essere stato il primo tentativo “di influenzare l’economia mediante interventi statali”. Il guadagno ricavato dalla distribuzione forzosa dei denari derivava, più che dall’abbassamento in sé della lega, dal valore che veniva imposto al denaro in rapporto al tarì. La lega dei denari mantenne inizialmente lo stessa composizione di quelli di Enrico VI e quindi in teoria la lega era di 250/1000 e il peso di circa 0,90 grammi e il rapporto con il tarì di 1 a 16. La Travaini pone un bel punto interrogativo su questo valore di ¼ di argento e, comunque, data pure per vera tale bontà della lega, il numero di denari necessari per 0,61 gr di oro avrebbe dovuto essere di 23,3 (5). Con la IX emissione del 1225 la lega fu abbassata a 166/1000 con un rapporto di 1 a 18, e così rimase anche per la successiva emissione del 1228. Con la XII emissione del 1236, il titolo si abbassò a 125‰ e il cambio aumentò a 20 per 1 tarì; ma tre anni dopo (XII emissione) il titolo calò bruscamente a 83,3‰ rimanendo inalterato il cambio con il tarì! Con la XIV emissione del 1243 la lega scese ancora a 62,2‰ e occorrevano 24 denari per 1 tarì, e la situazione rimase così sino al 1248 (XIX emissione). L’ultima emissione vide la lega a 31,2 millesimi e il cambio immutato a 24. Poiché 24 di questi denari contenevano di argento fino gr 0,599 si arrivava all’assurdo di scambiare questo con i gr. 0,61 di oro presente in 1 tarì. E aggiunge dell’Erba “sembra ciò un assurdo ma pure è una abominevole realtà, la quale addiventa più scandalosa se si considera, come si legge nella Cronaca di Bartolomeo di Neocastro, che essendo a quell’epoca di 1: 11,25 il rapporto commerciale tra l’oro e l’argento, occorrevano 11,25 volte di argento puro per equiparare il gr 0,61 di oro puro contenuto nel tarì, cioè gr. 6,862, e se ne davano soltanto gr, 0,4234…” (DELL’ERBA 1928, pag, 15). La critica è sicuramente giusta ma il rapporto AG/AU di 11,25 era dell’epoca ruggeriana (Desimone ritiene fosse di 1:10) perchè già con Guglielmo II il valore dell’argento era molto aumentato e il rapporto era di 1 a 7 circa, e così rimase con Tancredi. La Tabella II riporta la composizione della lega e il valore dei denari per ogni emissione: i dati provengono dallo studio di A. Sambon che li aveva ricavati dagli Statuta Officiorum e dal Formulario (Chartularium) di Marsiglia, mentre quelli di Travaini dal lavoro del 1993 e da MEC.

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Giuseppe Colucci

Tabella II. Emissioni, titolo della lega e valore dei denari con relativo rapporto AG/AU durante il regno di Federico II. dati ottenuti da A. SAMBON su saggi fatti eseguire dallo stesso (SAMBON 1896). TRAVAINI MEC 1998, pag 16; indica il numero di denari che si sarebbero dovuti dare nel rispetto del rapporto argento/oro dell’epoca. Le piccole differenze nel rapporto AU/AG rispetto a Travaini 2005 si giustificano forse per il peso ideale da me considerato che è un poco superiore. *

**

N.B. I dati sulla quantitĂ di argento e sul rapporto AR/AU sono stati calcolati con denari del peso ideale di gr 0,90 sino alla X emissione (1228) e del peso di 0,80 dalla XI emissione sino alla fine.

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Denari e frazioni di Federico II Hohenstaufen nel Regno di Sicilia

cataLogo* 1

denari della minorità (1198-1208) 1198 i emissione messina

D/ +fRideRicvs ; nel campo: aquila di fronte volta a sin R/ +Rex•siciLie ; nel campo: croce patente; cont. cordonati mi (250‰), gr 0,55, Ø 14 (R3) sp 55; tr 10

È il primo denaro coniato da Federico come re di Sicilia. Fu presentato per la prima volta nel 1974 da R. Sphar, che lo assegnò all’ultimo periodo della minorità 3. Ma alcune considerazioni storiche, stilistiche ed epigrafiche lo hanno correttamente assegnato nel 1198, molto probabilmente nel lasso di tempo che andò dall’incoronazione del piccolo re (17 maggio) alla morte di Costanza (27 novembre 1198) 4. A lato, l’aquila staufen del regno di Sicilia.

SPHAR 1974, pag 187, n° 55. COLUCCI 1983, pagg. 18-21. Diverse considerazioni sia archeologiche che storiche mi portarono a questa datazione: l’esemplare da me presentato era stato rinvenuto in un tesoretto insieme a denari di Enrico VI (Sp 32), e federiciani del 1208 e 1209 (Sp 86 e 90) e, ancor più importante, la legenda così chiara, senza abbreviazioni e con il solo titolo siciliano (non comparirà mai il rex romanorum) è del tutto simile a quella che troviamo sul tarì amalfitano che porta la data del 1198 (Sambon 1112 e 1113). Su questo tarì è riportata la data sia dell’era cristiana (1198) sia secondo l’Egira (595): il 595 cominciò il 3 novembre 1198 e giacchè Costanza morì il 27 dello stesso mese significa che questa moneta fu coniata nel mese di novembre 1198 (TRAVAINI 1994). Inoltre, la frazione di dirhem (Kharruba) coniata per l’occasione porta nel diritto il nome di Federico in cufico e il titolo islamico di “al-mu-‘azzam” (il sublime), proprio dei re normanni. 3 4

*Le monete presentate, salvo diversa indicazione, fanno parte di una collezione privata. tra parentesi, accanto ai dati metrologici, viene indicato il grado di rarità, secondo la mia opinione. inoltre, per i mezzi-denari ho indicato la stessa lega del denaro, ma è noto che la lega delle frazioni era sempre inferiore a quella dei denari, talvolta con una riduzione anche del 50%. ho riportato solo le varianti più significative e ho escluso quelle che differicono per la presenza o meno di punti o apex nelle legende. Per motivi di leggibilità, le monete presentate non rispettano le dimensioni originali.

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Giuseppe Colucci

1204

2

ii emissione

Palermo

d/ grande croce patente nelle cui braccia: •f•/R/e/x • ; nel campo: globetto nei canti 1 e 4 e una stella nei canti 2 e 3 R/ +•siciLie• ; nel campo: aquila di fronte volta a sin; contorni cordonati mi (250‰), gr 0,59 Ø 17 (R3) sp-- ; tr 13

2a var.

idem… nei canti della croce una stella nei canti 1 e 4, e un globetto nei canti 2 e 3 mi (250‰) gr 0,65 Ø 16 (R3) sp-- ; tr 14

Pubblicato da F. D’Angelo nel 1981 questo esemplare è caratterizzato da una grande croce avente nei canti F.REX e nel rovescio l’Aquila. Sicuramente è una coniazione del I periodo, e ritengo si possa delimitare meglio il periodo di emissione. Con la morte, a Patti nel settembre del 1202, di Marcovaldo (Markward von Anweiler) scomparve uno degli attori principali del disordine in cui era precipitato il Regno dopo la morte di Costanza (1198). Di lì a poco, Gualtiero di Pagliara,già vescovo di Troia e cancelliere, trovò opportuno accordarsi con Innocenzo III verus imperator, il quale poteva così ritenere di avere sotto controllo il meridione d’Italia, potendo contare anche sulla fedeltà di Gualtiero di Brienne (che aveva sposato Albiria figlia di re Tancredi) e successivamente anche su quella di Dietpoldo di Acerra. In Sicilia,essendo morto nello stesso anno l’inviato di Filippo di Svevia, Corrado di

228


Denari e frazioni di Federico II Hohenstaufen nel Regno di Sicilia

Urslingen, il potere passò nella mani di Guglielmo Capparone, un condottiero tedesco fedele di Enrico VI prima e di Marcovaldo poi, il quale conquistata Palermo si proclamò subito “custode del re e gran capitano di Sicilia”. Si rendeva conto però che la sua situazione era precaria senza un accordo con il papa, il quale autorizzò il 4 ottobre 1204 il legato pontificio della Sicilia, Gerardo di S. Adriano, a trattare la pace. Fu tolta la scomunica al Capparone che giurò di riconoscere la tutela di Innocenzo su Federico II e che la sua reggenza derivava dal papa. In seguito a tale accordo, Capparone insieme al legato entrò solennemente a Palermo e governò in nome del papa (STURNER 1998, pagg.103-05). In questa situazione di relativa pace e di momentanea armonia tra i due poteri, è probabile sia avvenuta la coniazione di questo denaro: la grande croce che occupa tutto il diritto della moneta poteva alludere al ristabilito dominio completo della Chiesa che aveva tra le sue braccia il piccolo Federico, nel rovescio l’Aquila degli Hoenstaufen per soddisfare la parte tedesca. Anche la constatazione che i pochi esemplari noti appaiono incisi con una certa cura (anche se nel rovescio la S è coricata e ricorda quella dei primi denari di Enrico VI) su un buon tondello e con un metallo con un apparente buon tenore di argento indica che si volle coniare una moneta migliore della precedente, quindi più gradita ai sudditi, e celebrativa della pace raggiunta e del potere della Chiesa. Le analisi non distruttive sulla composizione della lega di questo esemplare hanno dato il seguente risultato: Ag = 25÷30%, Cu = 69÷74% e Pb = 0,5÷0,8 (vedi commento all’esemplare n° 12).

3 1208

denari della regalità (1208-1220) iii emissione messina

D/ fRedeRic‫׳‬Rex ; nel campo: aquila di fronte volta a sin con crescente lunare sulla testa in doppio contorno perlinato; R/ +RgnisiciLie ; nel campo: stella a 6 raggi con globetti nei canti, mi (250‰), gr 0,58 Ø 16 sp 90; tr 11

229


Giuseppe Colucci

3a var.

D/Idem R/ Idem, ma la stella (fiore) ha 8 raggi e altrettanti globetti mi, gr 0,69 Ø 16 (R) sp 91; tr 12

È da rilevare che questa prima emissione di Federico divenuto “maggiorenne” (26 dicembre 1208) presenta un denaro senza la croce. Questa dimenticanza molto probabilmente non fu involontaria perchè Federico volle da subito affermare una sua piena autonomia rispetto alla curia papale. Questa ipotesi sembrerebbe avvalorata anche dal fatto che il giovane re provvide anche a nominare l’arcivescovo di Palermo senza approvazione papale. Inoltre, non poteva non essere a conoscenza degli accordi che si stavano facendo tra Innocenzo III e Ottone IV, conclusisi con la incoronazione imperiale di quest’ultimo il 4 dicembre 1208. A proposito della maggiore età, “in realtà con il compimento del quattordicesimo anno di età, Federico uscì dalla tutela feudale del papa. Egli non divenne “maggiorenne”, ma entrò nella pubertas, una minorità dotata di limitata capacità giuridica che terminava con il diciottesimo anno di età” (HOUBERT 2009, pagg. 20-21). Questo denaro fu decritto per la prima volta da G. Sambon (SAMBON 1912, n°1126) ma per le mediocri condizioni di conservazione non lesse la parola precedente SICILIE; nel 1928 dell’Erba su un esemplare della collezione Catemario lesse ROM per cui da allora questo esemplare è stato collocato dopo il 1213. Fu Arturo Sambon (SAMBON s.d.) che lesse correttamente RGNI. Fu considerato da Giulio Sambon di tale rarità che gli fu dato il costo di 30 lire, come il denaro del 1212 con REX, n° 9 di questo catalogo!

230


Denari e frazioni di Federico II Hohenstaufen nel Regno di Sicilia

4

1209

iv emissione

messina

D/ •fRedeRicRe•x ; nel campo: aquila di fronte coronata volta a sin, un crescente lunare su ciascuna ala e un globetto sotto; R/ grande croce gigliata, tra le braccia: •+: c•/•Re•/•gi•/•na•; nei canti: crescente lunare e globetto mi (250‰), gr 0,59 Ø 15 sp 86; tr 15

5

mezzodenaro D/ come il Denaro R/ come il Denaro mi, gr 0,34 Ø 13 (R4)

6

1209

iv emissione

sp 87; tr 15a

Brindisi

D/ +fRedeRicvs R• ; nel campo: aquila araldica di fronte volta a sin e 3 globetti nell’ala e 1 anelletto nella coda; contorno cordonato R/ +constancia°R° ; nel campo: croce patente in 4 semiarchi fioriti, nei canti globetto e triangolo; cont cordonato mi (250‰), gr 0,78 Ø19 sp 88; tr 16

231


Giuseppe Colucci

7

mezzodenaro D/ +fRedeRicvs•R•; nel campo: aquila araldica ma 1 solo globetto nell’ala, contorno cordonato R/ idem mi, gr 0,40 Ø 14 (R5) sp -- ; tr--

8

1209

iv emissione

Palermo

D/ fRedeRic‫׳‬Rex ; nel campo: globo crucigero con un anelletto ai lati, contorno cordonato R/ +•c•Regina ; nel campo: crescente lunare con fiore a 8 foglie mi (250‰), gr 0,70 Ø 16 (R2) sp -- ; tr 17

8a var. D/ idem ma senza gli anelletti laterali R/ idem (R5)

sp -- ; tr --

8b var.

D/ idem, ma nel globo vi sono otto raggi R/ idem, mi, gr 0,89 Ǿ Ø 14 (R5)

232

sp -- ; tr --



Finito di stampare nel mese di settembre 2010 da StampaSud S.p.A. – Mottola (Ta) per conto della Scorpione Editrice – Taranto


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