Rommel Panzergruppe Afrika

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ANGELO R. TODARO

ROMMEL

PANZERGRUPPE AFRIKA Italiani e Afrika Korps in Nordafrica

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Dallo scoppio della guerra alla prima ritirata dalla Cirenaica (giugno 1940 febbraio 1942)

AT DIGITAL PUBLISHING


ANGELO R. TODARO

Italiani e Afrika Korps in Nordafrica Dallo scoppio della guerra alla prima ritirata dalla Cirenaica (giugno 1940 - febbraio 1942)

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Prefazione I fatti che si svolsero in Africa settentrionale, dall’inizio della 2ª guerra mondiale in poi, hanno l’impronta del carro armato. Il generale Graziani, alla testa dei suoi fanti, fu schiacciato dai cingoli del Matilda, il possente carro armato inglese che sicuramente apparve ai soldati italiani come un enorme mostro indistruttibile. Fu subito evidente che un nudo pedone nulla poteva contro un cavaliere corazzato; perciò all’inizio del ‘41 arrivò in Libia un altro cavaliere corazzato, che si affiancò al pedone italiano e mosse alla conquista delle terre perdute l’anno precedente. Erwin Rommel, il teorico della guerra di movimento, ed i suoi potenti panzer, bilanciarono la tenzone. Ma, come disse egli stesso, in questo nuovo modo di fare la guerra neppure il più bravo soldato è efficace senza carri armati, cannoni e veicoli. L’equilibrio che si era venuto a formare, quindi, mutò spesso a seconda del materiale acquisito dall’una e dall’altra parte, o delle caratteristiche dei mezzi usati nella contesa. Nella guerra mobile – disse Rommel – ogni sforzo si concentra sulla distruzione del materiale nemico. Ma se questo era pur vero, nelle battaglie tra mezzi che si svolsero in Africa settentrionale le perdite umani furono notevoli e spesso drammatiche ed insostituibili. Rommel esercitò l’azione di comando e manovrò le sue truppe con maggiore sicurezza e tempestività del nemico (anche se alcune sue

decisioni lo portarono in contrasto con i comandanti italiani e persino con Hitler), e i soldati tedeschi si mostrarono indubbiamente superiori a quelli britannici e americani. Gli italiani divennero, per gli Inglesi, avversari da non sottovalutare; molte furono le azioni eroiche individuali, compiute specialmente dai bersaglieri, dai paracadutisti e dai carristi dell’Ariete e della Centauro. L’M13 e l’M14, i carri armati italiani, erano indubbiamente inferiori al più piccolo carro inglese, tuttavia le nostre divisioni corazzate in più di un’occasione resistettero a forze superiori e a volte le “dettero di santa ragione”. Nel 1941 Tedeschi e Italiani riuscirono a riprendere l’intera Cirenaica: solo la piazzaforte di Tobruk, l’unico vero porto della zona, restava in mani britanniche. L’assedio delle truppe dell’Asse fu incessante, ma gli Inglesi gettarono sul campo sempre più uomini e mezzi a compensare le enormi perdite subite. Alla fine dell’anno Rommel e i Comandi italiani, pur avendo vinto sul campo le più importanti battaglie, furono costretti a retrocedere, abbandonando Tobruk e la Cirenaica: mancavano infatti i rifornimenti di mezzi, uomini e carburante, che dall’Italia non potevano affluire in quantità sufficiente perché il nemico controllava le rotte del Mediterraneo. Le capacità dell’Armata britannica di rigenerarsi, invece, sembravano inesauribili. L’anno successivo Rommel ritentò la conquista della Cirenaica e la


sua offensiva procedette inizialmente senza molte difficoltà. Ma nella primavera del ‘42 si pose all’Asse un dilemma strategico: Malta o Tobruk? Il Comando Supremo italiano ne era ossessionato e le due Marine dell’Asse premevano continuamente perché si tentasse la conquista dell’isola britannica. Anche Rommel sembrava convinto che la conquista di Malta fosse prioritaria. Ma poiché Hitler era troppo impegnato sul fronte russo e Mussolini non credeva di poter affrontare la conquista con le sole forze italiane, sia pure con molti dubbi, la piazzaforte libica fu scelta come primo obiettivo. E Tobruk fu presa. La strepitosa vittoria spinse Rommel a puntare oltre il confine, al deserto egiziano, ad Alessandria. Caddero Bardia, Sidi el Barrani, Marsa Matruh. Ma ad el Alamein caddero anche le illusioni, proprio quando la vittoria sembrava a portata dell’Asse. I Britannici subirono un primo attacco, poi un secondo. Rommel aveva il problema della mancanza di carburante, inutilmente atteso. Montgomery, invece, aveva a disposizione una gran quantità di materiali, i nuovi potenti carri americani e una fortissima aviazione. La terza battaglia fu fatale all’Asse. Aveva ragione Rommel a tentare l’operazione in Egitto? Il gen. Cavallero riteneva l’avanzata possibile a condizione che i rifornimenti via mare fossero garantiti. Ma la presenza di Malta non lo permetteva. Il gen. Bastico invece credeva necessario fermarsi al confine egiziano. Hitler, inizialmente poco interessato alla faccenda africana, alla fine aveva dato il suo consenso per la corsa verso Alessandria. Per l’8ª Armata fu una grande ed importante vittoria. Churchill

affermò: “Prima di el Alamein non avevamo mai vinto. Dopo el Alamein non abbiamo più perso”. Così effettivamente avvenne. Durante la continua ritirata, prima attraverso la Cirenaica, poi in Tripolitania, infine in Tunisia, ci furono ancora numerosi scontri di carri armati e di fanteria, con risultati alterni. L’intervento degli americani, con la loro potenza industriale che consentì di sbarcare sulle coste africane un’ingente quantità di materiale, segnò la svolta decisiva in favore degli Alleati. Eppure, in alcuni momenti della guerra, sembrò ancora possibile per l’Asse rigettare in mare le divisioni nemiche. Se si fosse superato il problema di sempre: quello dei rifornimenti. Molti, infatti, furono i carri armati (sia tedeschi che italiani) abbandonati per mancanza di carburante, oppure i cannoni per mancanza di munizioni; ancora, gli aerei distrutti sulle piste di volo per mancanza di benzina o di pezzi di ricambio, e le lunghe ed estenuanti marce compiute a piedi dalle truppe (specialmente quelle italiane) per mancanza di autocarri, inseguite ossessivamente dalle autoblindo del nemico. Quel che rimane di questa storia è il contributo di eroismo di soldati e aviatori che, d’ambo le parti, sopportarono il peso delle tremende battaglie nelle sabbie del deserto. Quelle sabbie sotto cui essi riposano. Ma non è neanche da dimenticare il contributo dei marinai che tentarono di rifornire la Libia in ogni modo, persino con l’utilizzo delle veloci navi da guerra e dei sottomarini, oppure di quelli che tentarono di impedire che questo avvenisse. Molti di essi giacciono ancora in fondo al mare.

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La prima denominazione delle forze dell’Asse in Africa fu quella di Panzergruppe Afrika. Così fu chiamata fino al 23 gennaio 1942, quando Rommel si presentò al Comando italiano informandolo che per ordine di Hitler il Panzergruppe Afrika diventava la Panzerarmee Afrika, in virtù anche del fatto che Rommel era stato promosso generale d’armata. Tale denominazione continuava a comprendere tutte le forze italo-tedesche, sia quelle corazzate che di fanteria.  Si pensava di essere ormai sufficientemente numerosi e potenti da far ritenere possibile la definitiva conquista dell’Egitto.

©2012 - Angelo R. Todaro www.angelotodaro.it – info@angelotodaro.it Coordinamento editoriale: Mario Lazzarini Progetto grafico e impaginazione: PuntoLinea

Copertina

Prima edizione 2012 – ISBN: 978-88-97894-03-2

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CAPITOLO 1

Il territorio conteso Allo scoppio della guerra sia Italiani che Inglesi considerano importante il possesso della penisola cirenaica

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Per un periodo di circa due anni dopo l’entrata in guerra dell’Italia (giugno 1940), la fascia d’Africa mediterranea che si stende tra el Agheila, al centro della Sirtica in Libia, ed Alam el Halfa, in territorio egiziano e ad una settantina di chilometri da Alessandria, fu teatro di violenti combattimenti, per lo più di mezzi corazzati, tra le armate dell’Italia di Mussolini (alla quale si aggiunsero presto quelle della Germania di Hitler) da una parte e l’armata dell’Impero Britannico dall’altra. Entrambe attribuivano rilevante importanza strategica a questa fascia di territorio. Anzi, in special modo alla Cirenaica, e in particolare alla zona collinosa e relativamente fertile di Gebel Akhdar che si estende tra Bengasi e il golfo di Bomba; per la sua forma caratteristica era denominata “la protuberanza”. Gli Inglesi ne ritenevano importante il possesso 34


La zona delle prime operazioni.

perché eventuali loro aeroporti in questa zona avrebbero potuto fornire migliore protezione aerea ai convogli in navigazione tra Malta e Alessandria d’Egitto. Invece la stessa Malta, crocevia del traffico marittimo inglese tra Gibilterra e il Mediterraneo orientale, in quel momento era circondata dal traffico marittimo italiano e quindi in pericolo. Inoltre, se gli Inglesi avessero addirittura potuto occupare la Libia, avrebbero potuto anche raggiungere e liberare l’Africa Settentrionale Francese, in quel momento sotto il controllo del Governo del collaborazionista Pétain che aveva accettato l’armistizio imposto dalla Germania. Per gli stessi motivi gli italo-germanici cercarono di mantenere il controllo di quel territorio. Aerei di base in Cirenaica (e poi anche a Creta) potevano impedire agli Inglesi l’accesso a Malta da est. Inoltre era preferibile usare il porto di Bengasi per rifornire le truppe avanzate in Cirenaica, anziché quello di Tripoli, sia perché le navi in partenza dall’Italia avrebbero compiuto una rotta più diretta per il fronte, al confine con l’Egitto, sia perché Malta si sarebbe venuta appunto a trovare al centro del traffico marittimo dell’Asse e quindi resa inerme senza doverla necessariamente occupare. La Libia era stata conquistata dall’Italia già dal 1912 con la guerra italo-turca e, nel 1939, l’occupazione aveva visto la sua definitiva sistemazione politica con la costituzione di quattro province libiche: Tripoli, Bengasi (capoluogo della Cirenaica), Misurata e Derna, considerate parte integrante del territorio italiano. Gli Inglesi, invece, occupavano militarmente l’Egitto già dal 1882, anche se si trattava formalmente di un regno indipendente e, nella 2ª guerra mondiale, neutrale. Quando nel 1935 l’Italia iniziò la campagna d’espansione coloniale in Etiopia, l’Inghilterra vide il pericolo di un accerchiamento dell’Egitto da parte delle truppe di Mussolini e rafforzò le sue guarnigioni in quel territorio; inoltre fortificò la frontiera con la Cirenaica costruendo numerosi forti, anche all’interno del deserto, con campo d’atterraggio, depositi di 35


Deserto di sale, bianco e duro.

Nella piana di Giza, in Egitto, le millenarie piramidi egizie sono ormai costantemente sorvolate da aerei della RAF inglese.

benzina, acqua e munizioni. E questo nell’ipotesi che gli Italiani, muovendo dalla Cirenaica per la conquista del Canale di Suez, potessero rinunciare alla via litoranea per lanciarsi in una manovra d’aggiramento attraverso il deserto e piombare alle spalle del Cairo e Alessandria. Quindi fu concepita anche una doppia linea di sbarramento lungo il confine: una, da Sollum, doveva seguire il confine cirenaico in direzione nord-sud giù fino all’oasi di Siwa; l’altra dall’oasi di Siwa all’oasi di Bahariya in direzione ovest-est. Nell’interno del poligono che si veniva a formare tra le linee di sbarramento, il Cairo e Alessandria, una massa di manovra sarebbe stata pronta a spostarsi verso il settore più minacciato. Questo piano tuttavia non fu completato per l’incanzare degli avvenimenti. All’inizio della seconda guerra, nel giugno del 1940, gli Inglesi avevano nel deserto libico, e precisamente a Mersa Matruh, la 7ª divisione corazzata, in realtà composta di

vecchi carri armati Rolls-Royce della prima guerra, e, in appoggio, la Desert Air Force, con una squadriglia di caccia e tre da bombardamento. Per quanto la “protuberanza” potesse far gola agli Inglesi, i comandanti in capo che si succedettero al Cairo ritenevano che bisognava tentarne l’occupazione quando ci fossero state forze sufficienti non solo per impadronirsene, ma anche per tenerla saldamente; era evidente che l’occupazione di Mersa Brega avrebbe sbarrato qualunque accesso alla zona orientale, mentre quella di Tobruk, che occupava una posizione chiave quale unico porto riparato tra Bengasi ed Alessandria, avrebbe consentito l’attracco di navi di grossa stazza e quindi rifornimenti. Nonostante il tentennamento inglese, i carri armati dell’11° Ussari attraversarono il confine della Cirenaica per attaccare postazioni italiane. 36


Un luogo inospitale ma affascinante

A parte la zona delle oasi, il territorio libico era quasi tutto desertico. Ecco qui a destra il piatto deserto libico lungo la costa, con pochi ciottoli sparsi e sabbia a perdita d’occhio. In primo piano uno scheletro di cammello che il sole imbianca e polverizza in poco tempo.

Qui sotto: aridi altipiani si affacciano sul Mediterraneo. PiĂš a destra: un punto di osservazione italiano nel deserto.

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Una carovana raggiunge gli archi naturali di roccia nel versante orientale del Tassili d’Agger, in una zona tra il Sud Libico e il territorio delle oasi.

In basso a sinistra: piÚ all’interno il deserto di sabbia, attraversato soltanto da nomadi a dorso di cammelli. Qui sotto: la sabbia del Sahara, formata dall’erosione di rocce arenarie: piccoli e rotondi granelli sempre in movimento per effetto del vento.

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IN PARTICOLARE

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Egitto inglese Ismail pascià, primo khedive d’Egitto favorì il progresso tecnico del paese, ma subì anche l’influenza di potenze europee, in special modo dell’Inghilterra.

Il 17 agosto del 1869 fu inaugurato ufficialmente il egiziano giunto a 100 milioni di sterline (dell’epoca) e i canale di Suez, che metteva finalmente in modesti introiti derivanti dall’uso del canale comunicazione il Mediterraneo con il Mar Rosso. portarono in breve la Compagnia Universale Il canale era stato voluto fortemente da sull’orlo del fallimento; ne approfittò l’Inghilterra Ferdinand M. de Lesseps, ex console per acquistare, nel 1875, il pacchetto francese ad Alessandria, a capo della azionario egiziano nella Compagnia, Compagnia Universale appositamente salvando sì l’Egitto dalla bancarotta, ma costituita con capitali franco-egiziani. imponendo da quel momento la presenza L’autorizzazione era stata concessa, nel di funzionari europei (inglesi e francesi) 1854, da Said pascià, khedivé (viceré) all’interno del governo egiziano con compiti d’Egitto per conto del Sultano di di controllo. Ismail fu deposto e sostituito Costantinopoli; infatti l’Egitto faceva dal figlio Tawfiq, controllato da Londra. nominalmente ancora parte dell’Impero L’umiliante situazione provocò nel 1882 una Ottomano, anche se con larga autonomia. violenta rivolta tra le forze armate sostenute All’inaugurazione del canale presenziò però dal popolo; il colonnello Ahmed ‘Orabi bey ne Ismail pascià, nuovo khedivé ed erede della prese il comando, col nome di battaglia di Aràbi pesante situazione debitoria creata dal suo pascià, ponendosi a capo di un nuovo governo predecessore: le spese di costruzione nazionale. Ma una poderosa flotta inglese, erano andate ben oltre il preventivato, e la con alcune navi francesi, si presentò Il diplomatico francese Ferdinand de Lesseps desiderò propensione allo sperpero di Ismail a tutti i costi portare a termine la costruzione del minacciosa nel porto di Alessandria peggiorò le cose. Il debito pubblico canale di Suez. chiedendo perentoriamente la destituzione 39


De Lesseps presenta il progetto del canale di Suez che sarà aperto in due anni.

di Aràbi e il ripristino della situazione precedente. Ottenuto un diniego, alle 7 del mattino dell’11 luglio 1882 iniziò un violento cannoneggiamento della città, che provocò moltissime vittime e lo smantellamento di tutti i forti difensivi. Aràbi fuggì al Cairo ma fu poi arrestato e condannato a morte; graziato, finì i suoi giorni in esilio a Ceylon. Le truppe inglesi e indiane di sir Garnet Wolseley sbarcavano intanto a Suez e Ismailia iniziando quella occupazione militare “temporanea” dell’Egitto che durò in pratica fino al 1956, quando il presidente della repubblica Nasser ottenne per il suo paese l’effettiva indipendenza. L’Inghilterra aveva così raggiunto il suo duplice scopo: tenere sotto controllo il canale di Suez, via strategica fondamentale per i suoi collegamenti con le colonie d’Asia, e utilizzare l’Egitto come base per la lotta contro i Dervisci che infestavano il Sudan. Allo scoppio della I Guerra Mondiale il Sultano di Costantinopoli si schierò con gli Imperi Centrali; il khedivé egiziano Abbas II, che

Il sogno di Lesseps si avvera con l’inaugurazione del canale (disegno di M.  Riou).

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I cannoni e i mortai del forte Ada ridotti al silenzio dalle artiglierie navali inglesi.

Carta dell’Egitto. Il progetto inglese di sbarramento difensivo contro un eventuale attacco italiano.

nominalmente dipendeva sempre dall’Impero Ottomano, proclamò quindi la guerra santa contro gli infedeli anglosassoni, ma la reazione inglese non si fece attendere: l’Egitto fu dichiarato unilateralmente indipendente e posto sotto protettorato inglese, mentre Abbas II veniva deposto e sostituito con Husayn Kamal cui spettò il titolo di Sultano d’Egitto. Il protettorato ebbe ufficialmente termine nel 1936, ma fu subito stipulata un’alleanza militare ventennale che lasciava in pratica invariata la situazione: l’Inghilterra, impegnandosi a proteggere l’Egitto, avrebbe presidiato il canale e conservato le sue basi marittime, aeree e terrestri, particolarmente nelle zone di Alessandria, il Cairo, Ismailia. Il canale di Suez viene oggi attraversato da navi di ogni genere. In primo piano, la nave da sbarco San Marco, della Marina italiana, lo attraversa. 41


LE ARMI LEGGERE TEDESCHE

Il fucile Mauser K98 e MP43

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Anche per la Germania iniziò la seconda guerra con un fucile di vecchia concezione, ma sulla base dell’esperienza degli utilizzatori durante gli anni di guerra furono sviluppate altre armi meglio assemblati e con materiali eccellenti. Il Mauser era il fucile standard dell’esercito tedesco dal 1898, noto già da allora come il Gewehr 98. Fu certamente l’arma a cui tutti i costruttori di fucili si ispirarono nel realizzare i loro modelli, senza contare che molti paesi si armarono con fucili Mauser, o con copie di questi o ne utilizzarono delle parti. Qualcuno obiettò che il motivo della popolarità del Mauser dipendesse più dall’abilità dei venditori che dalle virtù intrinseche dell’arma. Tuttavia era certamente un fucile accurato e robusto, ma con un otturatore difficoltoso da armare e da pulire, caratteristiche negative per un buon fucile da combattimento. Il Mauser era, nella sua versione originale, lungo e pesante, così come la maggior parte dei modelli del 1890. Fino al 1903 era normale in tutto il mondo produrre due modelli dello stesso fucile, uno lungo per la fanteria ed un altro più corto per la cavalleria; la versione più corta era chiamata carabina (dragoon rifle, in inglese). All’inizio del ventesimo secolo entrambi i modelli Mauser furono soppiantati da un altro più corto,

chiamato Karabiner 98 oppure Kar 98 o K98. Per diversi anni il disegno di base del Kar 98 rimase inalterato, a parte piccole modifiche esteriori per adattarlo alle nuove e migliorate munizioni. Altre nazioni, dopo la prima guerra mondiale, presero il Kar 98 come loro modello, producendone delle proprie versioni; ad esempio, il cecoslovacco Modello 1924, o il belga Modello 1922. La Wehrmacht cominciò il secondo conflitto con un totale di 2.769.533 fucili Kar 98k. Il ritmo di fuoco di quest’arma era di 15 colpi al minuto. Il costo per ogni Mauser era di 70 marchi. Nel periodo di 10 anni in cui fu prodotto, il fucile subì diverse varianti nel tentativo di ridurne i costi e aumentarne 
 la produzione; fu raggiunto Fucile Mauser Kar 98k il totale di 14 milioni di fucili Calibro: 7,92
 lunghezza totale: 1.110 mm
 costruiti. peso (scarico): 3,92 kg
 lunghezza canna: rigature canna: alimentazione: velocità del proiettile:

600 mm
 4 destrorse
 serbatoio da 5 colpi
 745 m/sec.

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LE ARMI LEGGERE TEDESCHE

Un fante tedesco spara col suo Mauser K98.

Kit di pulizia del Mauser.

In Germania ci furono anche tentativi di produrre un fucile automatico. La cartuccia Mauser da 7-92mm, priva di bordo, bene si adattava ad un’arma automatica e, visto il successo del fucile automatico Garand americano ed il successo apparente del Tokarev russo, i Tedeschi decisero di produrre un proprio modello. Nel 1940 iniziò la progettazione di un fucile automatico; l’anno seguente erano pronti due modelli in prova, il Gewehr 41 della Walther ed il Gewehr 41 della Mauser, due fucili che tuttavia non ebbero molto successo, cosa piuttosto insolita per l’industria bellica

tedesca. Della versione Mauser furono prodotte diverse migliaia ed inviate per essere sperimentate sul fronte Orientale nel 1942-3. Non fu mai un fucile soddisfacente; era mal equilibrato, difficile da usare, si inceppava facilmente ed era anche difficile da pulire, tanto che la sua produzione fu arrestata. I fucili prodotti, ovviamente, continuarono ad essere usati fino alla fine della guerra. Si cominciò pertanto a studiare un nuovo modello che potesse usare la pallottola standard 7-92mm. Le compagnie Haenel e

Lanciagranate (Schiessbecher).

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LE ARMI LEGGERE TEDESCHE Walther si impegnarono a produrre un prototipo di “fucile d’assalto”, un modello che fosse facilmente producibile in grande quantità. I prototipi furono pronti nel 1942 e denominati Maschinen Karabiner 42 (H) e 42 (W). Cinquemila esemplari di ciascun modello furono dati in prova sul fronte russo, col risultato che fu deciso di abbandonare la versione Walther per mettere in produzione massiccia quello della Haenel. Ma quando l’ordine di produzione fu sottoposto all’approvazione di Hitler, costui lo rifiutò, asserendo che la fanteria aveva piuttosto bisogno di una cartuccia potente e con tiro più lungo, in base all’esperienza personale fatta durante la prima guerra. I promotori della nuova arma restarono spiazzati, ma capirono cosa dovevano fare: ribattezzarono l’arma Machine Pistol 43 (MP43) e la misero in produzione, come se fosse la naturale evoluzione di un arma già esistente. Ciò nonostante l’arma primaria della fanteria per l’intero conflitto restò il fucile Kar 98k.

Pistola Luger P08 DWM era una sigla nata dalla fusione di due ditte differenti tedesche: Ludwig Loewe e Deutsche Metallpatronenfabrik. All’inizio del XX secolo questa azienda si occupava di tutti gli aspetti concernenti le armi da fuoco e loro munizioni. Aveva interesse e partecipazioni in diverse importanti fabbriche di armi da fuoco di tutta Europa, come la Fabrique Nationale belga o la Vickers britannica. Ma anche la Mauser aveva partecipazioni nella DWM. Del suo staff tecnico erano molto conosciuti Hugo Borchardt e Georg Luger: entrambi avevano realizzato un modello di pistola,

Luger P08

ma mentre la pistola Borchardt fu un completo fallimento commerciale, quella ideata da Georg Luger piacque molto ed ebbe grande successo commerciale. La Luger datata 1898 rappresentò il risultato finale di un lungo e laborioso processo di miglioramento; questa pistola si è poi evoluta gradualmente in tutti gli anni seguenti lasciando comunque immutata la struttura di base iniziale. La DWM era quindi la proprietaria di tutti i brevetti riguardanti questa pistola. La Luger 1900 iniziò la serie di una grande famiglia di pistole. L’esercito svizzero fu il primo ad adottare quest’arma come dotazione regolare. Il calibro era allora il 7.65 mm Parabellum, con la canna lunga 120 mm e calcio in legno. Caratteristico il suo sistema di caricamento della cartuccia: il carrello di estrazione del 48


LE ARMI LEGGERE TEDESCHE a 100 mm. Nel 1908 l’esercito tedesco adottò la Luger calibro 9, pistola che divenne nota come P08. Dal 1911 in poi, la pistola fu prodotta dall’Erfurt Arsenal. Ogni pistola riportava incisa la data di fabbricazione e diversi altri marchi testimonianti controlli ed ispezioni. La “Luger Artiglieria”, con canna più lunga, fu adottata dall’esercito tedesco il 3 luglio 1913. È un bel pezzo da collezione, anche in considerazione del fatto che Erfurt Arsenal l’ha prodotta soltanto nel 1914. DWM assicurò la produzione della Luger per tutta la durata della prima guerra mondiale, realizzando anche una versione per la marina.

Pistola Luger P08

bossolo era articolato, Calibro: 9 mm
 anziché slittare indietro lunghezza totale: mm 222
 aveva uno snodo e si peso (scarico): 0,855 kg
 lunghezza canna: mm 103
 piegava in due verso alimentazione: caricatore da 8 colpi
 l’alto. Sulla parte velocità del proiettile: 350 m/sec. superiore del carrello spiccava il marchio di fabbrica DWM. Nel 1902 DWM creò la famosa cartuccia 9 mm Parabellum in uso ancora oggi. La pistola subì molte modifiche strutturali per adattarla al nuovo calibro. La lunghezza della canna fu accorciata

La Luger era un’arma ben fatta e robusta, ma non fu mai considerata un’ottima pistola da combattimento, poiché il suo funzionamento dipendeva in buona parte dalla qualità delle munizioni. Con cartucce non perfettamente registrate poteva incepparsi. Dopo la sconfitta tedesca nella prima guerra, con il trattato di Versailles gli alleati assegnarono alla ditta Simson la produzione esclusiva della Luger per equipaggiare i militari e le forze di polizia tedesche autorizzate dal trattato (100.000 uomini). Questa situazione andò avanti fino al 1932, con la costruzione di 25.000 Luger. La Luger Simson adottò un marchio specifico (con il nome intero oppure la lettera S, verso la fine della produzione). Già nel 1930 la produzione della Luger era stata affidata anche alla Mauser, che la interruppe nel 1942 per sostituirla con la più affidabile Walther P38. La Luger fu adottata da molti paesi, anche se qualche volta si trattò soltanto di alcune centinaia di pezzi.

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LE ARMI LEGGERE TEDESCHE che, oltre alla ditta Walther, anche la Mauser ha giocato un ruolo importante nella produzione di questa arma durante la seconda guerra. Tra il 1942 e il 1946, Mauser produsse circa 380.000 esemplari di questo tipo, mentre Walther ne produsse circa 580.000 tra il 1940 e il 1945. Nel 1935 l’esercito tedesco iniziò la ricerca di una pistola alternativa alla vecchia Luger, anche in virtù del fatto che il costo di produzione della P08 e relative munizioni era piuttosto alto. Diversi noti fabbricanti tedeschi entrarono in competizione per progettare la nuova arma: Sauer & Sohn, Berlin-Suhler Waffenfabrik e Mauser col suo modello HSv. Ma tutte le loro pistole furono respinte dal Heereswaffenamt preferendo la proposta della Walther. Dopo alcuni cambiamenti riguardo al suo nome, MP (militaerpistole), AP (armeepistole), and HP (heerespistole), e Walther P38

La Luger Krieghoff Per la sua eccellente reputazione di costruttore d’armi da fuoco sportive, Heinrich Krieghoff si assicurò un contratto di produzione di 10.000 pistole Luger per la Luftwaffe. Tuttavia la sua ditta non divenne nota come fabbrica di pistole, poiché in seguito fu ingaggiata per produrre mitragliatrici per aerei. Tuttavia costruì 14.000 Luger fino alla fine della guerra.

Pistola Walther P38 La pistola Walther P38 è molto conosciuta, ma non tutti sanno

Nella foto la P38 Totenkopf, che riportava inciso un teschio.

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Il gen. Erwin Rommel.

CAPITOLO 4

Arriva Rommel Vista la difficile situazione Mussolini è costretto a chiedere l’intervento tedesco in Libia. Hitler invia immediatamente il generale Rommel e l’Afrika Korps

A

All’inizio di febbraio 1941 il tenente generale Erwin Rommel si trovava in Germania, nel villaggio di Herrlingen, in una stretta valle ad 8 chilometri da Ulm. Vi era arrivato due giorni prima per riposarsi delle fatiche della campagna di Francia, dove aveva comandato con successo la 7ª divisione Panzer che, partita dalla frontiera belga, dopo quaranta giorni aveva ottenuto la resa di Cherbourg. Improvvisamente il trillo del telefono interruppe il suo riposo: veniva immediatamente convocato a Berlino. Il giorno seguente una lunga Mercedes della We h r m a ch t a n d ò a p r e n d e r e i l ge n e r a l e all’aeroporto di Staatsen e lo condusse al quartier ge n e r a l e d e l l ’ O . K . W. ( O b e r ko m m a n d o d e r Wehrmacht) dove lo attendeva il maresciallo von Brauchitsch, comandante in capo delle Forze Armate. Costui lo mise subito al corrente della nuova missione. Rommel fu introdotto da Hitler 90


Korps. Sono certo che saprete adattarvi benissimo alle condizioni particolari della guerra in Libia. Tornate a trovarmi fra sei settimane: mi riferirete su quello che avete visto». Con questo incarico l’11 febbraio Rommel raggiunse Roma, in compagnia del suo ufficiale d’ordinanza Aldinger e del colonnello Scmundt, primo aiutante in campo di Hitler, dove passò la mattinata. Si presentò subito al generale Guzzoni, capo di stato maggiore del Comando supremo, ed ottenne subito l’autorizzazione a stabilire la linea del fronte nel golfo della Grande Sirte, che appariva più adatto alla difesa della Tripolitania. Nel pomeriggio Rommel raggiunse in volo Catania, dove incontrò il gen. Geissler, comandante del 10° Corpo aereo tedesco. Da costui ottenne notizie sul fronte libico non proprio rassicuranti: gli Italiani si sentivano sbandati, dopo che la loro ultima divisione corazzata era stata sconfitta il 6 febbraio nel tentativo di difendere Bengasi. Il maresciallo Graziani, scoraggiato anch’egli, aveva chiesto al Duce di rinunciare al Oberkommando der Wehrmacht, alto comando dell’esercito: Hitler e Brauchitsch elaborano piani di attacco.

che continuò a fare un’esposizione minuziosa, durata due ore, della situazione in Africa e di quello che ci si aspettava da lui. Era impensabile, gli disse, che Mussolini potesse perdere la Libia: sarebbe stato un danno irreparabile al suo prestigio. Per questo, un corpo di spedizione tedesco, composto di due divisioni corazzate, stava per essere inviato laggiù ad arginare la falla. La missione di questo Deutsch Afrika Korps era molto semplice: spalleggiare le truppe italiane, ormai demoralizzate, e impedire che gli Inglesi potessero raggiungere Tripoli. In seguito, a fine autunno, si sarebbe potuto pensare ad un’offensiva per riconquistare la Cirenaica. Per il momento occorreva unicamente proteggere la Tripolitania. Hitler concludeva: «Rommel, vi affido il comando dell’Afrika

La rotte navali per raggiungere i porti libici. 91


Il generale von Tintelen, addetto militare germanico in Roma, qui fotografato tra il Feldmaresciallo Kesselring e Umberto di Savoia.

atterrò all’aeroporto di Castel Benito, a venti chilometri a sud di Tripoli. Dall’alto il generale tedesco aveva avuto modo di ammirare il paesaggio libico: la campagna era tutta verdeggiante, coperta da migliaia di palme da dattero; a sud, una linea di montagne raggiungeva i 900 metri d’altitudine, mentre all’orizzonte s’intravedeva la fine sabbia del Sahara. Il tutto, comunque, dava l’impressione di ordine e prosperità che contrastava alquanto con quanto gli era stato raccontato. Dall’alto, la città di Tripoli appariva come una grande città europea, con grandi viali alberati, vaste piazze, imponenti edifici pubblici, risultato dell’immenso sforzo compiuto dai colonizzatori italiani. In contrasto si elevava la mole del castello turco fiancheggiato dalla città araba, ancora circondata da un muro medievale con le sue quattro porte monumentali. Giunto a Tripoli, Rommel si recò dal gen. Gariboldi, che era suo superiore diretto, per metterlo al corrente della missione affidatagli da Hitler e da Mussolini. Fu necessario l’intervento del gen. Roatta, capo di stato maggiore dell’esercito, per convincere il demoralizzato Gariboldi a lasciare al generale tedesco la difesa della Tripolitania.

comando, che era passato al suo capo di stato maggiore, generale Gariboldi. «Se avanzano con questo ritmo gli Inglesi saranno a Tripoli ancor prima che le truppe tedesche possano sbarcare in Africa», concluse Geissler. Non restava, obiettò Rommel, che ritardare l’avanzata inglese bombardando il porto di Bengasi e le colonne inglesi in trasferimento a sudovest della città. Geissler era restio a questa ipotesi, poiché gli Italiani lo avevano pregato di non bombardare Bengasi, dove molti funzionari ed ufficiali possedevano case. Rommel non volle accettare quelle motivazioni e fece pervenire l’autorizzazione all’attacco dal quartiere generale del Führer. Poche ore dopo i bombardieri tedeschi lasciarono il suolo italiano per andare a bombardare i convogli di rifornimento per Bengasi ed il suo porto. Quella stessa mattina Rommel, in volo anch’egli per la Libia,

Le prime due unità leggere tedesche (il 3° gruppo esplorante e il 39° gruppo Panzerjäger) giunte a Tripoli il 14 febbraio, dettero il via all’Operazione Girasole. Rommel le inviò subito al fronte, all’altezza di Sirte, che in quel momento era presidiato da un solo reggimento italiano. Poco tempo prima aveva raggiunto il fronte, sull’orlo del collasso, la divisione corazzata Ariete, comandata dal generale Baldassarre, che però disponeva di 60 carri leggeri di modestissimo significato bellico; gli Inglesi avrebbero potuto raggiungere facilmente Tripoli lungo la costa, ed anzi varie pattuglie avevano fatto puntate di assaggio e si pensava che fossero avanguardie delle grandi unità. Ora Rommel si trovava a fronteggiare il nemico sul confine del deserto e non poteva sapere che in realtà gli Inglesi avevano esaurito il loro sforzo, anzi quasi tutte le truppe 92


britanniche esperte di guerra nel deserto erano 130 erano dei più potenti modelli III e IV. La 5ª ritornate sul delta del Nilo o smistate su altri leichte Division (divisione leggera) che si stava fronti. Anche la RAF aveva lasciato in tutta la formando contava un totale di 9.300 uomini, zona soltanto una squadriglia di caccia. Rommel 2.000 automezzi, 111 pezzi anticarro. e i soldati tedeschi erano comunque preoccupati La forza italiana presente alla data del 20 anche delle insidie del deserto, di quella febbraio era composta, oltre che dalla Ariete, superficie arida e rossa macchiata qua e là da dalle divisioni di fanteria Pavia e Bologna al ciuffi di driff, una specie di erba molto secca, fronte, resti della divisione di fanteria Sabratha terra caldissima di giorno e al contrario fredda in retrovia e dalle divisioni di fanteria Savona e di notte (alle quattro del mattino sembrava di Brescia a Tripoli; ammontava in totale a 5.900 stare sulle Alpi, commentavano i soldati ufficiali e 123.000 sottufficiali e truppa (con un italiani), dove la vegetazione cresceva soltanto paio di mesi di viveri), 3.700 automezzi nelle zone bonificate dagli italiani, lungo la efficienti e 209 carri armati, con scorte di costa e nelle principali città. carburante per quattro mesi. Le forze aeree Occorreva portare con sé tutto l’occorrente, italiane presenti in Libia, durante l’avanzata di Il generale von Brauchitsch. acqua compresa, poiché nell’interno soltanto O’Connor, avevano subito la stessa sorte di piccole oasi con pozzi venivano in aiuto ai viaggiatori. Inoltre quelle terrestri: 400 aerei distrutti. Ne restavano solo un in tutto il territorio c’era una sola strada autocarrabile lungo centinaio efficienti, ma a fine febbraio, con i nuovi arrivi e il la costa, realizzata dagli italiani, e numerose piste incerte recupero di quelli in riparazione, l’Aeronautica italiana all’interno, non sempre conosciute; il resto erano scarpate, ricostituiva la 5ª Squadra Aerea. La situazione dei velivoli paludi salate, enormi distese di sabbia cedevole, spesso efficienti in Nordafrica (tra italiani e tedeschi) era la sconvolte da tempeste di vento; inoltre i miraggi ostacolavano seguente: (bombardieri) 20 SM 79, 70 Ju 87, 20 Me 110; l’orientamento e l’avanzata. (caccia) 35 G 50, 50 CR 42. Di questa situazione era ben consapevole il gen. Gariboldi; Il 24 febbraio si verificò il primo scontro con gli Inglesi a egli cercò di frenare l’impazienza di Rommel ed anzi lo aveva Nofilia, 120 chilometri oltre Sirte; furono distrutti alcuni spinto, appena giunto in Tripolitania, ad effettuare egli mezzi corazzati britannici e fatti tre prigionieri, tra i stesso un giro di ricognizione. In effetti il 13 febbraio quali un ufficiale. Rommel si era recato al fronte della Sirte Poi giunse a Nofilia il resto della 5ª divisione accompagnato dal Sottocapo di Stato Maggiore leggera al comando del gen. Johannes Streich. dell’Esercito, gen. Roatta, per rendersi conto Il 2 marzo Rommel scriveva all’OKW: “Gli italiani della situazione. sono ottimi camerati, bravi e valorosi soldati: se Hitler aveva ordinato al generale tedesco di avessero i nostri mezzi e la nostra disciplina tenersi sulla difensiva e aspettare l’arrivo del potrebbero gareggiare con le nostre migliori resto delle truppe tedesche per attaccare: infatti truppe”. un’altra divisione Panzer, la 15ª, era attesa per Ma dopo un esame delle condizioni dell’armamento maggio, e in quel momento Rommel disponeva italiano, scriveva: “L’antiaerea è costituita da soltanto di 185 carri armati, di cui soltanto Logo della divisione corazzata Ariete. vecchissimi Skoda da 75 mm che risalgono alla 93


guerra ‘15-’18.Ho visto persino dei mortai in leggeri e un gruppo di sostegno; bronzo, antiquati già nell’esercito austro-ungarico. – la 6ª divisione australiana era completamente Gli aerei italiani sono logori e non vengono equipaggiata, non aveva subito perdite e perciò sostituiti; i piloti devono fare miracoli. Gli era la più agguerrita; apparecchi da ricognizione sono vecchi Caproni, – la divisione neozelandese era bene addestrata ed inermi e lenti, micidiali solo per chi ci vola… Gli equipaggiata; aerosiluranti sono empirici e rudimentali. L’unica – la 6ª divisione inglese, addestrata per operazioni cosa viva è il valore ed il coraggio dei piloti; un di sbarco contro il Dodecaneso italiano, mancava nostro aviatore rifiuterebbe di volare con certi di artiglieria e armi di accompagnamento; apparecchi che qui, a ragione, chiamano «casse da – la brigata polacca non era al completo dei morto»…”. materiali. E in seguito: “I fucili italiani si chiamano Rommel tentò più volte, e inutilmente, di «modello 91» perché risalgono all’anno 1891. Gli provocare gli avversari, ma la riluttanza inglese al italiani non possiedono mitra; i carri armati da 3 contrattacco lo convinse che non ci sarebbe stata tonnellate sono semplicemente ridicoli…”. alcuna avanzata nemica ad occidente. Ne era così Il generale Streich. Il 13 marzo faceva presente al generale convinto che il 19 marzo si recò personalmente a Gariboldi che, per un redditizio impiego, la Berlino per chiedere ad Hitler il permesso di divisione Ariete doveva essere attrezzata e rinforzata, entro attaccare per riconquistare la Cirenaica e poi avanzare verso quattro settimane, in modo da avvicinarsi all’efficienza di una il Canale di Suez. Con un’accoglienza fredda gli fu ordinato di divisione corazzata tedesca. Gariboldi rispose piuttosto desistere e di attendere l’arrivo delle truppe a maggio. Per seccato che praticamente l’Ariete andava bene così com’era, e Hitler e von Brauchitsch il fronte africano era di relativa che un altro battaglione di carri M13 era in avanzata importanza in quel momento, impegnati com’erano a costituzione in Italia e presto avrebbe raggiunto il fronte. preparare l’operazione Barbarossa per l’invasione dei Balcani Da parte inglese, grazie ad una relazione trasmessa dal e della Russia; questi piani, comunque, vennero taciuti a generale Archibald Wavell, Comandante in Capo delle Forze Rommel. Il 23 marzo, nel viaggio di ritorno, si fermò a Roma e Armate Britanniche in Medio Oriente (che comprendeva anche durante un colloquio con il gen. Guzzoni, sottosegretario alla truppe dislocate in Palestina e in Africa Guerra e sottocapo di Stato Maggiore Orientale Italiana) al Segretario di Stato Generale, e il gen. von Rintelen, ebbe una per la Guerra veniamo a sapere che: parziale approvazione. – La 7ª divisione corazzata era (continua) meccanicamente incapace di muovere ulteriormente e doveva essere considerata non disponibile come unità combattente; – la 2ª divisione corazzata si componeva di due reggimenti carri Distintivo dei carristi Il logo dell’Afrika pesanti Cruiser, due reggimenti carri italiani. Korps. 94


Convoglio per la Libia

Soldati italiani posano per una foto ricordo su una nave diretta il Libia. Napoli, 16 marzo 1941: truppe italiane si imbarcano sulla Calitea per raggiungere la Libia.

Le navi italiane entrano nel porto di Tripoli. Sono visibili i segni della guerra: una nave è fortemente inclinata su una fianco, colpita durante una precedente incursione aerea britannica.

Il convoglio è pronto e lascia Napoli con destinazione Tripoli.

La nave Calitea sbarca a Tripoli le truppe italiane. 95


Arrivano Rommel e le truppe tedesche Il maggiore generale Rommel al fianco destro di Hitler, attento alle spiegazioni di von Brauchitsch. Ultimo nella foto il grandammiraglio Keitel.

Rommel, atterrato con un He 111 nell'aeroporto di Castel Benito viene ricevuto da un ufficiale italiano. Il DAK sfila a Napoli mentre è in partenza per Tripoli.

Rommel (al centro) giunge a Tripoli il 12 febbraio 1941. In compagnia di Gariboldi, ufficiali italiani.

Rommel ad Hafen, nei pressi di Tripoli.  Indossa ancora la divisa europea.

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Nonostante la minaccia britannica al confine con la Cirenaica, sembrano giorni di festa. Per le vie di Tripoli sfila la fanfara. Il 14 febbraio giungono a Tripoli le prime truppe combattenti tedesche e sono passate in rassegna da Rommel e dal colonnello von dem Borne, capo di stato maggiore di Rommel. Nella stessa giornata le truppe raggiungeranno Misurata e poi Sirte.

Rommel visita il bunker di Um er Rzem.

Il gen. Gariboldi e Rommel sfilano in auto per le vie di Tripoli. 97


La situazione in Nordafrica all’arrivo di Rommel

I Britannici dal 7 febbraio al 15 luglio 1941.

Forze dell’Asse al 24 febbraio 1941.

Le piazzaforti di Tripoli, di Homs e delle oasi al 24 febbraio 1941.

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CARRO ARMATO ITALIANO M13/40

D

Dopo l’esperienza fatta nella guerra civile spagnola l’Italia reputò necessario dotarsi di un carro migliore del modesto L3 da 3 ton. ed ordinò alla Fiat la costruzione di un nuovo carro di tipo medio. Nacque l’M11/39 del peso di 11 ton. e dotato di un cannone da 37 mm. Ma a causa dell’insolita sistemazione del suo armamento (2 mitragliatrici cal.  8 mm. erano nella torretta girevole ed il cannone nello scafo), il progetto fu un fallimento, anche perché risultò essere poco adatto al deserto. Nel settembre del 1939, quando la Germania invase la Polonia, il carro armato tedesco assunse un ruolo importante ed un aspetto imponente. Perciò i progettisti italiani tornarono, con l’M13/40, al sistema di armamento tradizionale, cioè il cannone in torretta e le mitragliatrici nella corazza, dando vita al primo carro moderno dell’esercito italiano. Con la divisione Ariete fece la sua comparsa in Libia nel febbraio del 1941 e vi restò, con continui miglioramenti, nei restanti anni di guerra nel deserto. Alcuni di questi carri furono catturati e usati dai britannici. Il 6° Australian Cavalry Regiment e il 6° Royal Tanks inglese (denominati Topi del deserto) li usarono contro gli italo-tedeschi, principalmente in azioni difensive, fino all’estate del 1941. Finita la guerra, l’M13/40 restò ancora in servizio, ma quando arrivarono all’esercito italiano i carri armati americani, fu prima destinato ad altro uso e poi completamente eliminato nel 1950.

Formazione dei carri italiani.

Carro armato M11/39.

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CARRO ARMATO ITALIANO M13/40 
 Carro armato M13/40 Peso: Equipaggio: Armamento: Corazza: Motore: Velocità: Autonomia:

14 t
 4 uomini
 1 pezzo da 47/32 in torretta
 1 mitr. Breda cal. 8 mm coassiale 
 2 mitr. cal. 8 mm. in casamatta
 frontale 42 mm
 laterale 14,5 mm
 Diesel da 125 HP
 31,800 km/h su carreggiata
 210 km

-

Carro armato M13/40

111


PANZER KW III 
 Panzer Kw III (Sd Kfz 141)

I

In origine, nel 1936, fu progettato come carro da 15 tonnellate ma finì per pesare, all’inizio dell’offensiva contro la Russia, 22 tonnellate, con una disponibilità di 1500 unità. Il Kw III divenne il carro armato tedesco di più largo impiego. Nel maggio del ‘40 oltre 300 ne furono impiegati in una sola azione nell’invasione della Francia. Anche nella guerra d’Africa fu sempre presente; l’ottimo armamento e una buona velocità fecero del Kw III un eccellente veicolo da combattimento, tanto da riuscire a schiacciare tutte le opposizioni durante la prima metà della guerra. Soltanto il Matilda, per la sua spessa corazza, risultò invulnerabile; per averne ragione lo si attendeva per colpirlo ad una distanza inferiore ai 500 metri. In tutto furono prodotte 12 differenti versioni del panzer Kw III. Nella metà del ‘42, però, risultò inferiore ai nuovi carri armati degli alleati così che fu rimpiazzato, dove possibile, dai più potenti carri Kw IV, presenti anche negli anni precedenti ma in quantità modesta.

Peso: Equipaggio: Armamento: Corazza: Motore: Velocità: Autonomia:

20,3 t
 5 uomini
 1 pezzo da 50/42 mm. (oppure 1 pezzo da 
 75/24 a tiro non rapido)
 2 mitragliatrici cal. 7.92
 frontale 30 mm – laterale 30 mm
 Diesel da 300 HP
 40 km/h su strada - 18 km/h fuori strada
 175 km / 97 km fuori strada

-

Panzer Kw III

112


CAPITOLO 8

Battleaxe I Britannici avviano un nuovo ben più poderoso piano per liberare Tobruk. 
 Si muovono ben 13 divisioni di cui 2 corazzate

Soldati italiani al passo Halfaya. È il posto più “caldo” del momento, perché passaggio obbligato per entrare in Cirenaica lungo la costa, su un terreno compatto. Ma è anche il luogo dove maggiormente i Britannici incontrarono forte opposizione. Non per niente fu da loro soprannominato Hellfire Pass (passo del fuoco infernale).

N

Dopo la cattura di Neame e O’Connor, Wavell aveva chiamato il gen. Noel Beresford-Peirse come nuovo comandante della Western Desert Force e all’inizio di giugno stava preparando un nuovo piano di attacco denominato Battleaxe (ascia di guerra). La forza britannica consisteva in 13 divisioni, di cui due corazzate, che ancora una volta avrebbero sferrato un attacco a tridente: la colonna costiera verso Sollum tramite il passo dell’Halfaya, quella centrale verso la tanto contesa ridotta Capuzzo, mentre quella interna doveva aggirare a sud il fianco occidentale per accerchiare ed interrompere i rifornimenti dell’Asse. Le forze italo-tedesche che gravitavano tra l’assedio a Tobruk e la frontiera consistevano in otto divisioni, di cui 3 corazzate. Alcuni comandanti era stati sostituiti: il gen. Streich con il gen. Johann von Ravenstein; iI comandante della 165


OPERAZIONE BATTLEAXE (15 GIUGNO ‘41)

Un soldato britannico scrive sul retro del mezzo la sua destinazione: Hell-fire Pass!

15ª Panzerdivision, gen. von Esebeck (che aveva sostituito lo sfortunato gen. von Prittwitz, morto appena giunto al fronte), rimasto ferito fu sostituito con il gen. Neumann-Silkow. I vari caposaldi di confine erano stati maggiormente fortificati: il presidio di Halfaya era stato protetto da un campo minato e comprendeva 400 italiani e 500 tedeschi al comando del cap.Wilhelm Bach; a Sollum, priva di una vera fortificazione, c’erano 200 italiani; a Musaid 220 italiani; alla ridotta Capuzzo 180 italiani e 30 tedeschi; al caposaldo di q. 206 c’erano elementi della 5ª leggera; a Bir Hafid un complesso misto italo-tedesco-libico. Al confine manovrava parte della 5ª divisione leggera e la 15ª divisione Panzer che aveva in dotazione, oltre ai cannoni contraerei da 88 (usati come controcarro), i nuovi pezzi controcarro da 50 mm.

La mattina del 15 giugno l’attacco britannico prese il via. La punta d’attacco di destra si diresse verso Halfaya suddivisa in due colonne di carri seguiti da fanteria; quella sulla costa, comprendente la 4ª divisione indiana, fu accolta da un pesantissimo fuoco di sbarramento che la bloccò. I carri Matilda si vennero a trovare all’interno del campo minato: quattro saltarono in aria e gli altri due si arrestarono sparando. L’altra colonna, comprendente l’11a brigata indiana, procedette contro il passo con uno schieramento a ventaglio dei carri. Al presidio dell’Halfaya genieri italiani, al comando del maggiore Pardi, avevano piazzato una batteria da 88, una batteria da 100/17 e una batteria da 155, preda bellica francese. Quando i Matilda giunsero a tiro e l’88 contraereo entrò in funzione lanciando una grandine di perforanti, undici dei dodici Matilda andarono in fiamme. L’ultimo Matilda, un carro leggero e la fanteria arretrarono restando per due giorni inchiodati sulla 166


Due cambi al vertice del DAK: (da sinistra) il gen. von Ravenstein subentra al comando della 5ª Leichtedivision; il gen. Neumann-Silkow al comando della 15ª Panzerdivision; il terzo, cap. Bach (qui in divisa da maggiore) comanda il Gruppo Bach che presidia l’importante passo di Halfaya.

difensiva. Così ebbe termine l’attacco all’Halfaya che in seguito gli inglesi avrebbero chiamato Hellfire Pass (passo del fuoco infernale). La punta d’attacco centrale, invece, comprendente la 4ª brigata corazzata e la 22ª Guard Brigate, si allargò su un fronte di 25 chilometri puntando sulla ridotta Capuzzo. I Matilda irruppero nel caposaldo intorno a mezzogiorno, lasciando sul terreno cinque carri. Un primo contrattacco della Panzerjäger venne respinto sia pure con la perdita di altri tre carri e la lotta si spostò verso Musaid, nei pressi di

Sollum. Alle 17 il caposaldo italiano fu assalito da alcuni Matilda e un battaglione delle Guardie, ma resistette. I Britannici si fermarono, poi si diressero verso Bardia. Giunti in periferia si trovarono di fronte un pezzo da 88 e due panzer IV dotati di pezzo da 75. Nello scontro sei Matilda ebbero la peggio. Comunque Capuzzo restava in mano inglese. Anche il caposaldo di q. 206 veniva espugnato. La punta d’attacco di sinistra, costituita dalla 7ª divisione corazzata con 38 cruiser di vario tipo e 50 Crusader (i nuovi carri arrivati col convoglio Tiger), con un percorso più lungo tentò di aggirare i Tedeschi, ma cadde sotto un terribile fuoco di pezzi controcarro. Negativo 
 battesimo del fuoco per i nuovi OPERAZIONE BATTLEAXE (16 GIUGNO ‘41) Crusader: undici carri distrutti e sei danneggiati. L’intervento di un battaglione del 5° Panzerregiment respinse l’avanzata distruggendo una ventina di cruisers. La prima giornata si concluse quindi per gli Inglesi con la perdita di 60 carri e senza aver ancora incontrato il grosso dei panzer. La mattina del 16 la 15ª Panzer con 80 carri attaccò Capuzzo su due lati, ma le cose si misero male e a mezzogiorno fu costretta a ripiegare. (continua)

167


Ci si prepara ad una nuova offensiva

Gli Inglesi non tarderanno, è sicuro. Nella postazione difensiva italiana si tengono gli occhi aperti sull’orizzonte. A destra: uno Stuka in una base aerea in Cirenaica.

Anche gli artiglieri tedeschi dei cannoni da 88 scrutano l’orizzonte in attesa dell’arrivo dei carri britannici. 168


IN PARTICOLARE

Il Mammut di Rommel

Q

Questo veicolo divenne famoso perché fu adoperato anche da Rommel, dopo che, ovviamente, era stato sottratto agli Inglesi. Il Mammut era un veicolo corazzato, la cui vera denominazione era AEC Armoured Command Vehicle 4x4 ( Ve i c o l o C o m a n d o C o r a z z a t o ) m a e r a s t a t o soprannominato Dorchester dalle truppe britanniche. Veniva costruito dalla A.E.C. /Associated Equipment Company), che produceva anche il trattore per artiglieria il Mammut viene qui usato dai Tedeschi per trainare alcuni cannoni inglesi catturati. Matador. Fu usato in Africa dai comandi delle divisioni corazzate braccia degli italo-tedeschi. Entrambi furono portati al Quartier britanniche dal 1941 in poi. Almeno tre di questi veicoli furono Generale di Rommel. Quando Rommel atterrò con il suo Storch ad catturati dai Tedeschi all’inizio della campagna africana e usati dal el Mechili per controllare i due veicoli, trovò in uno di essi un paio DAK con grande soddisfazione. di occhiali in perspex, del tipo usato dagli inglesi per proteggersi Furono catturati durante l’azione lampo di Rommel ad aprile del dal sole e dalla sabbia. Come riporta H.W. Schmidt nel suo libro 1942, nei pressi di el Mechili. Appartenevano al gen. Con Rommel nel deserto il generale tedesco disse: «Suppongo Gambier-Parry, comandante della 2ª divisione corazzata, al gen. che impossessarsi di un bottino sia permesso, anche ad un generale». Neame e al gen. O’Connor, rispettivamente comandante e vice Gli occhiali di protezione divennero il simbolo di Rommel; sono comandante dell’8ª Armata. Due Mammut furono bloccati quando i loro conducenti nel quelli che spesso nelle foto li vediamo indossati sulla visiera del fuggire sbagliarono direzione e andarono a finire proprio fra le suo berretto. 183


britannico d’identificazione del veicolo, mentre il numero tedesco “WH-819-834” comparve sulla parte inferiore del cofano. L’altro veicolo lo chiamarono Max. Per entrambi questi nomi i tedeschi trassero ispirazione da una storia per bambini di Wilhelm Busch. Alcune foto di quel periodo dimostrano che uno di questi veicoli fu usato dal generale Crüwell (forse uno dei due originali dati a Rommel): infatti esso riporta il contrassegno di comando della 21ª divisione Panzer sul parafango anteriore (ex 5ª divisione leggera). Il Moritz fu, per un breve periodo, usato da Rommel nelle sue condizioni originali. Poi venne dipinto con il color sabbia tedesco, con l’aggiunta di strisce mimetiche in grigio chiaro e in blu. Tuttavia, la parte posteriore del veicolo rimase nei colori originali britannici: sabbia, in primo piano un SdKfz 222; dietro si vede il veicolo corazzato britannico catturato durante la prima blu-chiaro e blu scuro. Grandi croci tedesche avanzata in Cirenaica, rinominato Mammut e ora usato da Rommel, che vediamo nel gruppo sullo furono aggiunte sulla parte anteriore, sui lati e sfondo. sulla parte posteriore. Il simbolo a rombo della In considerazione della possanza e mole i Tedeschi chiamarono compagnia carri fu posto sul parafango anteriore destro, mentre il veicolo Mammut. Infatti il corrispondente di guerra tedesco Fritz sul lato opposto del paraurti fu inserito il simbolo della 21ª Lucke lo descrive come «una scatola corazzata grande come un Panzerdivision, con sotto la palma del DAK. bus, posta su ruote grandi e grosse come quelle di un aereo (continua) Junkers da trasporto. Le fiancate sono senza finestre e mimetizzate con colori blu-grigio. Soltanto il conducente ed il suo aiutante hanno il parabrezza, che è protetto da visiere corazzate». Uno di questi Mammut fu soprannominato Moritz dagli ufficiali di Rommel: mostrava l’emblema di comando nero-bianco-rosso dell’Afrika Korps sul parafango anteriore, insieme al simbolo nero con la palma del DAK. Il nome Moritz fu verniciato sopra il numero 184


La baia di Sollum, vista dal passo Halfaya, è costantemente sotto controllo per evitare sorprese da parte di carri armati nemici.

CAPITOLO 11

Operazione Crusader Parte un nuovo massiccio attacco britannico in combinata: dalla frontiera egiziana e dalla cerchia di Tobruk

L

La notte del 17 novembre era fredda, ventosa e la pioggia cadeva fitta. Le cattive condizioni del tempo e l’assoluto divieto di usare la radio avevano favorito l’avvicinamento alla frontiera della forza d’assalto britannica, mentre tra Bardia e Tobruk avvenivano bombardamenti a scopo diversivo. Il maltempo aveva anche tenuto a terra gli aerei da ricognizione dell’Asse, per cui quando all’alba del 18 le brigate corazzate entrarono in Cirenaica dirigendosi velocemente verso Tobruk, protette da un ombrello di caccia, Rommel era totalmente inconsapevole di quanto stava accadendo. Soltanto verso le 10 avvenne un contatto col DAK; si trattava del 33° gruppo esplorante tedesco che, dopo un breve scontro si ritirò dando l’allarme. Ad 8 km a sud di Bir el Gobi, l’11° Ussari si imbatté in due plotoni carri dell’Ariete che imposero loro una battuta d’arresto fino a circa le 12,30. 220


Il Quartier Generale di Rommel sulla via Balbia.

L’avanzata riprese e all’imbrunire ogni reparto britannico aveva raggiunto la posizione prestabilita. Cunnigham, che aveva viaggiato insieme con Norrie per essere continuamente aggiornato sull’evolversi della situazione, era perplesso. Si aspettava una reazione più consistente del nemico, che invece sembrava non esistere: ciò non gli consentiva di prendere decisioni in merito alla mossa seguente. Infatti in un rapporto dei comandanti, il 29 ottobre, aveva detto: «Dalle sue reazioni (di Rommel) comprenderemo quello che l’avversario propone di fare; fin dalla prima sera conosceremo le sue intenzioni e potremo prendere una decisione». In effetti da parte italiana qualche provvedimento era stato preso e avrebbe portato sviluppi il giorno successivo. Da parte tedesca il gen. Ravenstein inviò una compagnia di carri di rinforzo al 33° gruppo esplorante. Il gen. Crüwell era indeciso sul da farsi; pensò di avviare durante la notte il 5°Panzerregiment verso Gabr Saleh, ma raggiunse Rommel

per avere la sua approvazione. «Non dobbiamo mostrare troppo presto le nostre intenzioni al nemico», gli rispose Rommel. E fissò una riunione per il giorno seguente alle 12. Alle prime ore del 19 Norrie ordinò alla 22ª brigata corazzata di Scott-Cockburn di procedere verso Bir el Gobi, alla 7ª di puntare su Sidi Rezegh, mentre la 4ª brigata corazzata doveva rimanere sulle posizione raggiunte per proteggere il fianco destro della divisione e quello sinistro del 13°corpo. A Bir el Gobi l’Ariete stava apprestando la linea difensiva. Il gen. Mannerini, in funzione di vicecomandante del corpo d’armata di manovra, giunse al Comando per prendere visione dello schieramento. Su questa posizione era ormai in movimento la 22ª brigata corazzata inglese con l’ordine di attaccare l’Ariete, nella convinzione ormai di togliere dalla scena la divisione italiana senza grossa spesa. Alle 11 i carri inglesi s’imbatterono in una compagnia di M13 ma, dopo una breve lotta, i carri italiani si ritirarono con gli Inglesi alle costole. Quando la brigata giunse in vista dei capisaldi, gli Inglesi scoprirono che erano ben fortificati, circondati da una cortina di opere difensive, che invece risultarono finte ma comunque ben protette da cannoni interrati. Due squadroni di carri si lanciarono all’attacco l’uno contro le posizioni del V/8°bersaglieri, l’altro contro quella che sembrava una colonna di trasporti meccanizzati in sosta. Ma anche questi veicoli risultarono finti. Sotto il fuoco dei pezzi da 47/32 e i 75/27 i Crusader comunque avanzavano. Ma alcuni di essi caddero nelle trappole: si trattava di larghe strisce di sabbia rimossa e impastata con olio che faceva impantanare i cingoli. Anche i carri che riuscirono a venirne fuori riportarono comunque danni ai cingoli e alcuni dovettero essere abbandonati. Il XII bersaglieri riuscì a respingere l’assalto, ma il III, che aveva contro di sé la maggior parte dei carri della 22ª brigata, si trovò fuori gioco e si crearono diversi varchi. D’improvviso l’Ariete lanciò il contrattacco sul fianco e sul tergo del nemico 221


OPERAZIONE CRUSADER (19 NOVEMBRE ‘41)

e il duello tra corazzati ebbe inizio. A distanza ravvicinata i cannoni dei carri italiani lasciavano il segno. I Crusader si scompaginarono e soltanto la loro velocità consentì alla 22ª brigata di ripiegare. L’Ariete, rimasta padrona del campo, segnalò la perdita di 49 carri, 4 pezzi da 75 e 8 da 47/32. I britannici persero effettivamente 25 carri, ma ne indicarono 82. Il dato fu esagerato dallo stesso reparto poiché nel rapporto vennero inclusi anche i danneggiati e quelli che avevano subito guasti meccanici, per avvalorare la necessità e l’urgenza di rinforzi. Intanto, il 4° reggimento autoblindo sudafricano del 30° corpo d’armata di Norrie alle 14 raggiungeva facilmente il ciglione di Sidi Rezegh e dall’alto osservavano l’aeroporto; quando sopraggiunsero i carri del 6° Royal Tanks gli aerei sul

campo erano in fase di decollo. Si trattava di 50 caccia italiani G50 del 20° gruppo che erano atterrati per far rifornimento. Quando gli Inglesi si lanciarono all’attacco soltanto 3 aerei riuscirono a levarsi in volo e, poiché l’aeroporto era indifeso, al comandante del gruppo non restò altro da fare che portare in salvo i piloti e il personale con gli automezzi. Tutto ciò avvenne sotto gli occhi dei Tedeschi che, dislocati su un rilievo a pochi chilometri dall’aeroporto, non potettero intervenire; anzi, sulla scia del successo, gli Inglesi puntarono verso di essi ma, a causa di una violenta reazione di fuoco, desistettero dall’impresa. Più ad est la situazione era più complicata. Il 3° reparto esplorante si era scontrato con le autoblindo della King’s Dragoon Guards; durante la lotta sopraggiunsero in aiuto i carri della 3° Royal Tanks. Entrambi tallonarono i Tedeschi in ritirata, ma non si accorsero che stavano spingendosi troppo a nord, finché non videro il mare dal ciglione sovrastante Bardia. Nel frattempo Crüwell, dopo una consultazione con Rommel, aveva composto un gruppo con 85 Panzer kw III e IV, 45 Panzer kw II, venti obici da 105 e quattro pezzi da 88, al comando del ten. col. Stephan. Il reggimento, che per l’appunto venne denominato “gruppo Stephan”, avanzò verso sud e arrivò come una freccia sull’8° Ussari. Si contrapposero la potenza dei Panzer alla velocità degli Stuart. Questi ultimi, che mancavano dello schermo protettivo delle autoblindo e dei carri del 3° Royal Tanks che si trovavano troppo al nord, dovettero ripiegare a sud, e l’intervento del 5° Royal Tanks giunto in soccorso evitò il peggio. Gli Inglesi persero 11 Stuart (altri 12 danneggiati furono messi in efficienza in due giorni) e dichiararono d’aver distrutto 19 carri tedeschi; in realtà si trattava di due Panzer III e di un Panzer II. Queste informazioni esagerate da parte degli Inglesi contribuirono a formare un quadro falso della reale consistenza delle forze tedesche. (continua) 222


CAPITOLO 14

Indietro a Tobruk Le perdite notevoli e una nuova avanzata dei Britannici a nord fanno ritenere a Rommel più prudente ritornare a Tobruk

A

A volte Rommel usa un’autoblindo come punto mobile di osservazione nel deserto.

Attorno a Tobruk la Bologna aveva respinto ripetuti attacchi britannici perdendo 45 ufficiali e un migliaio di uomini tra sottufficiali e truppa. Ciò indusse il gen. Enea Navarini a rinforzare i reparti con unità della Pavia. Intanto si cercava di fronteggiare la minaccia della 2ª divisione neozelandese di Freyberg che dalle posizioni conquistate si mosse per rompere il blocco e riunirsi alla guarnigione di Tobruk. Freyberg disponeva di oltre 50 Matilda e Valentine efficienti e pensava di aver superato le maggiori difficoltà, anche se sulla sua linea dei rifornimenti si era posto il DAK. A fronteggiarlo c’era un gruppo piuttosto eterogeneo al comando del gen. Boettcher che aveva inglobato nei reparti di artiglieria parte della fanteria della divisione Afrika. A questi si aggiunsero il 9° bersaglieri, guidato da un ufficiale tedesco, e il II/21° artiglieria della Trieste che si 249


posero sul costone di Sidi Rezeg. E proprio in questi, la mattina del 26 novembre, si imbatterono le truppe avanzanti britanniche che, accolte con un fuoco di sbarramento, dovettero arrestarsi. Anche i Tedeschi aprirono un intenso fuoco di artiglieria distruggendo 7 Matilda. Freyberg non capiva da quale zona provenisse il tiro di artiglieria tedesco e richiese l’intervento aereo. Alle 11 la pressione neozelandese era diminuita e sul fronte di Tobruk c’era pausa. Gambara, Navarini e Westphal, che si era riuniti ad el-Adem, pensarono che i neozelandesi avrebbero iniziato quanto prima un ripiegamento verso sud e si apprestarono ad inseguirli. A mezzogiorno scattò il dispositivo d’attacco da Tobruk: la 32ª brigata carri di Willison, la 14ª brigata fanteria di Chappel, rinforzate dal I battaglione Essex e dal 1° artiglieria a cavallo, puntarono verso el Duda dove si trovava l’esile semicerchio dei capisaldi della Bologna e della Afrika. L’avanzata britannica continuò sotto un fuoco di artiglieria fino a 500 metri da el-Duda. A questo punto sopraggiunsero gli aerei richiesti da Freyberg: 18 Maryland sudafricani scaricarono le loro bombe sui «carri, automezzi, e truppe» che trovarono a nord di el-Duda, praticamente sugli stessi Britannici. Ciò nonostante tra la 32ª brigata carri che scendeva da Tobruk e la 4ª brigata neozelandese dislocata a sud c’era una distanza di appena 3 chilometri, ma al momento ciò era ignorato da entrambe. P r e o c c u p a t o d e g l i av ve n i m e n t i Westphal inviò un messaggio allarmante a Rommel: 60 carri inglesi era apparsi sulla Strada dell’Asse e si trovavano a meno di un chilometro dal Comando della Bologna. Il gen. Gloria fece

frettolosamente distruggere i documenti classificati e spostare il Comando, mentre la Trieste muoveva contro gli avversari. A sera il fronte di Tobruk era stato squarciato per un’ampiezza di 8 chilometri.Da sud il 19° battaglione britannico rinforzato da un squadrone di Matilda mosse all’attacco; un ora dopo aveva preso contatto con il I Essex a el Duda e passava agli ordini di Willison. Sul ciglione di Sidi Rezegh il 9° bersaglieri resisteva, ma la situazione era disperata, tanto che Boettcher decise il suo ripiegamento a tergo della Trieste. All’alba del 27 novembre i Neozelandesi occupavano il ciglione di Sidi Rezegh. A nord-est la Bologna era ormai isolata e preparava una linea di contenimento con quattro capisaldi e un paio di batterie. Nel pomeriggio un nuovo attacco britannico costrinse ad un ulteriore arretramento e i resti della divisione si posero su una nuova linea; rimanevano 2 compagnie del 39° fanteria, 2 del 40°, 2 compagnie guastatori, 8 carri leggeri, 2 batterie e alcune unità armi di accompagnamento: in totale 2.200 uomini e 110 ufficiali. La mattina del 27 Westphal prese una coraggiosa decisione ordinando a NeumanSilkow di tornare sul fronte di Tobruk. La situazione era grave. Neuman-Silkow non attendeva altro e immediatamente si mosse con l’8°Panzereggiment e il 200° fanteria. Nella zona di Sidi Azeiz vi fu un violento scontro con la 5a brigata neozelandese che in parte fu disfatta, con la perdita un centinaio di uomini; 700 furono presi prigionieri, tra i quali il comandante, gen.Hargest. Qui accorse subito Rommel; convalidando l’ordine di Westphal inviò verso Tobruk la 15ª Panzer ma spedì il 33° 250


battaglione genio contro Capuzzo, pensando che tutta la 5a brigata neozelandese fosse stata eliminata. Invece qui erano dislocati ancora il 23° e il 24° battaglione neozelandesi che assorbirono l’attacco dei Tedeschi ed anzi ne misero fuori combattimento la metà. Anche von Ravenstein si scontrò con il 22° battaglione neozelandese. Dopo uno scontro durato quattro ore, con inutili tentativi di sfondamento, giunse l’ordine di Crüwell di sganciarsi e proseguire aggirando la posizione. Lo stesso Crüwell si diresse verso Sidi Azeiz per contattare di persona Rommel; lungo la strada incontrò il Comando dell’Ariete e ordinò loro di dirigersi su Tobruk. Gli Inglesi capirono l’intenzione del DAK di rientrare verso Tobruk. Norrie decise di concentrare la 7ª divisione corazzata a nord-ovest e a coprire loro le spalle inviò la 1a brigata sudafricana. Alle Jock Columns, più precisamente alla 4ª e alla 22ª brigate corazzate, dette incarico di attaccare le unità italo-tedesche che tornavano dalla frontiera. La 15ª Panzer trovò così la strada sbarrata dalla 7ª divisione corazzata; per la prima volta i carri britannici attendevano i panzer su un terreno conosciuto e la cosa era vista dai comandi inglesi con notevole ottimismo. Si iniziò con uno scontro tra 42 Crusader della 22ª brigata e 50 Panzer dell’8° reggimento. Ma in appoggio c’erano 8 pezzi inglesi da 25 libbre contro 24 obici da 105 e 8 da 150 mm. L’inferiorità dell’artiglieria era evidente, ma i Britannici riuscirono a trattenere i carri tedeschi e il sopraggiungere della 4ª brigata corazzata mise in pericolo la colonna germanica. Crüwell sollecitò l’intervento della 21ª Panzerdivision. Per la prima volta le forze inglesi erano riuscite a concentrarsi contro quelle tedesche e la situazione era loro favorevole, avendo sbarrato la strada a Rommel e praticamente impedito di intervenire su Tobruk. Ma anziché approfittare del momento, all’imbrunire, stranamente, abbandonarono il campo di battaglia; forse sulla decisione pesò l’arrivo casuale di 9 panzer che le officine tedesche avevano intanto riparato, e il sopraggiungere di qualche pezzo

OPERAZIONE CRUSADER (28 NOVEMBRE ‘41)

da 88. Neumann-Silkow vide con sollievo le due brigate britanniche che si ritiravano, lasciando sul terreno 19 carri distrutti. La mattina del 28 novembre vedeva gli Inglesi impegnati a tenere aperto il corridoio con Tobruk, ma Freyberg non riusciva a riunire le proprie forze con quelle di Scobie, né voleva fare dietro front, per cui restava allungato in una stretta fascia nord-sud. La 21ª Panzer riprendeva la marcia verso Tobruk, così come stava facendo l’Ariete; la 15ª Panzer era in attesa di rifornimenti e in suo appoggio si andava spostando il gruppo Boettcher. situazione, raggiunse el Adem. Un colloquio con Rommel 251


Anche durante la battaglia occorre far sosta per il rancio.

chiarì la situazione e dette buone speranze per il giorno seguente. Durante tutta la giornata gli spostamenti di truppe videro scontri isolati e di scarso risultato. Un grave episodio iniziò la mattina del 29: von Ravenstein, mentre si recava al rapporto, si imbatté in un posto di guardia del 21° battaglione neozelandese e fu fatto prigioniero; il fatto più grave era che aveva con sé tutte le carte topografiche segnate. Il comando della sua divisione fu affidato temporaneamente al ten. col. Knabe. Alle 13 la 15ª Panzer entrò in campo partendo con i carri in testa contro i Britannici. L’urto fu violento e l’Essex ne uscì semidistrutto. La resistenza accanita degli Inglesi comunque bloccò l’avanzata tedesca e Neumann-Silkow preferì consolidarsi sulle posizioni raggiunte. La 21ª Panzer invece aveva a che fare con la 2a divisione neozelandese che si era sistemata alla meglio per resistere agli attaccanti. L’Ariete ebbe una giornata movimentata; prima si scontrò con la 4ª brigata corazzata che, benché superiore, pare abbia subito una “spazzolata”; poi gli Italiani, pensando che q. 175

Nelle due foto in alto, Rommel e il suo Stato Maggiore.

fosse in mano tedesca, vi si diressero senza alcuna precauzione. La posizione invece era occupata da tempo dal 21° battaglione neozelandese, che però, avvistati i carri, scambiò le alte torrette degli M13 per quelle delle autoblinde sudafricane che attendeva con impazienza. Quando si accorsero dell’equivoco era troppo tardi. All’imbrunire l’Ariete teneva saldamente q. 175 e gli avversari erano ridotti a poco più di 200 uomini. Vennero anche liberati 200 prigionieri tedeschi della 21ª Panzer. Un’altra colonna dell’Ariete (132° carristi) occupò q. 167 facendo altri prigionieri. La giornata si chiuse con vari attacchi degli Inglesi che l’Ariete, benché inferiore per numero e qualità dei mezzi, ripetutamente respinse. Fu l’unica unità a chiudere la giornata in attivo. (continua)

252


Un carro Bren indiano si avvicina ad un panzer Mark III in fiamme.

L'ispezione dei britannici ad uno dei tanti temuti Panzer III della 15ª divisione. I numeri sulla torretta mostrano che si tratta di un carro della 1ª compagnia, I° reparto dell'8° reggimento.
 Nell’espressione e nell’atteggiamento di questi soldati traspare il loro timore reverenziale nei riguardi di questo mostro d’acciaio. Una conferenza nel deserto tra Rommel e gli uomini del suo staff. È deciso: si torna indietro. 253


L’ARMAMENTO PESANTE BRITANNICO

I

Il carro di fanteria MKII Matilda, con ottima corazzatura (78 mm frontale e 16 mm laterale), fu il miglior carro inglese nei primi diciotto mesi di guerra. Ma per il mediocre cannone da 40 mm e la bassa velocità (inoltre si conoscevano ormai tutti i suoi punti deboli) si trovò a non essere più competitivo con le nuove versioni dei carri tedeschi; ciò spinse i Britannici a sostituirlo man mano con i nuovi arrivi e scomparve del tutto nella battaglia di el Alamein. All’inizio del ‘42 erano presenti in Cirenaica: il carro MKVI Crusader, dotato di buona corazzatura (51 mm frontali), di un cannone di 40 mm, ma una velocità doppia del Matilda; l’MKII Valentine, un carro leggero incrociatore con un pezzo da 40 mm; l’MK 5 Stuart, di costruzione americana, 67 mm. di corazza frontale, un cannone da 37 mm, e l’ottima velocità di 57 km/h, il più veloce del momento. Nel frattempo era giunto il primo scaglione di un nuovo carro americano: l’M3 Grant, che sparava speciali proietti ad alto esplosivo e perforanti, con possibilità di tiro a distanza superiori agli altri mezzi britannici. Nonostante alcuni difetti (bassa velocità sul terreno marmarico, congegno di puntamento delicato e torretta soggetta a bloccaggi), era al momento il miglior carro usato dai Britannici, tant’è che fu dato in dotazione ad ogni reggimento. Per quanto riguarda i pezzi controcarro, il più diffuso era ancora lo scarso cannone da 2 libbre (40 mm); erano giunti comunque un centinaio di pezzi da 6 libbre (57 mm) e un altro centinaio da 8 libbre, superiori al 50 mm tedesco. Era usato anche in funzione controcarri il pezzo da

campagna da 25 libbre; inizialmente, contro i carri corazzati nemici, si fece affidamento solo sulla potenza d’urto del proietto, ma in seguito si utilizzarono speciali munizioni perforanti. Tutti questi cannoni erano Ordnance, Q.F. (Quick Firing, cioè tiro rapido). Carro armato M3 Grant Mk1 Peso: Equipaggio: Armamento: Corazza: Motore: Velocità: Autonomia: Dimensioni: -

27,24 t.
 6 uomini
 1 cannone da 75 mm in casamatta
 1 cannone da 37 mm
 1 mitr. coassiale da 7,62 mm nella torretta
 max 50 mm - minimo 12 mm
 Continental R-975-EC2 radiale a benzina, da 340HP
 42 km/h su strada
 193 km su strada
 Lungh. m 5,64; Largh. m 2,72; Alt. m 3,12

294


Auchinleck Claude

Sir Claude John Eyre Auchinleck nacque il 21 giugno 1884 in Aldershot, si laureò al Sandhurst Academy. Nella seconda guerra mondiale comandò il corpo Home forces in Norvegia, fino al dicembre 1940. Nel gennaio 1941 Auchinleck fu richiamato in India (aveva già servito nella British Indian Army) per diventare comandante in capo dell'esercito indiano, venendo nominato anche al Consiglio esecutivo del governatore generale dell’India; nel mese di aprile fu nominato generale ADC General to King (nomina onoraria per alti generali dell'esercito britannico), posizione che mantenne fino al gennaio 1947, quando fu promosso a maresciallo di campo. Dal 2 luglio 1941 divenne il nuovo comandante in capo delle truppe britanniche in Medio Oriente, andando a sostituire il gen. Wavell, colpevole di due operazioni d’attacco andate a vuoto. Auchinleck, al momento, sembrò rappresentare per Churchill l’uomo giusto per portare avanti la guerra in Africa. Era un estroverso, con una condotta di vita estremamente spartana, come d’altronde doveva essere sulla linea del fronte, dove vi si recò spesso per controllare l’opera dei propri comandanti. Curò particolarmente l’aspetto umano delle relazioni tra ogni comandante ed i suoi uomini, con l’intento di guadagnarne il rispetto, ma nello stesso tempo seppe sfruttare ogni risorsa umana disponibile per motivare positivamente gli uomini e renderli responsabili ed autonomi in ogni compito venisse loro affidato. Il suo motto era: una volta che hai dato un compito ad un uomo, lascialo libero di operare. Senza interferire. Auchinleck non ebbe un ruolo diretto nella battaglia decisiva ad el Alamein, dal momento che anch’egli subì l’onore di essere sostituito da un altro generale. Tuttavia il suo ruolo fu importante, in quanto riuscì comunque ad arrestare l’avanzata dell’Asse verso Alessandria e il tanto sospirato petrolio del Medio Oriente.

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Badoglio Pietro

Pietro Badoglio nacque a Grazzano Monferrato, oggi Grazzano Badoglio, il 28 settembre 1871 da una famiglia di agricoltori. Il 5 ottobre 1888 fu ammesso all’Accademia Reale di Torino, da dove ne uscì col grado di tenente il 7 agosto 1892. Nel febbraio 1896 fu inviato in Eritrea e partecipò alla spedizione su Adigrat per liberarla dall'assedio. Al rientro in Italia fu promosso capitano il 13 luglio 1903 e partecipò fin dall'inizio alla guerra italo-turca del 1911-12, alla fine della quale fu decorato al valor militare. All'inizio della prima guerra mondiale, Pietro Badoglio era Tenente colonnello e fu assegnato allo Stato Maggiore della 2ª Armata e al comando della 4ª divisione. Nell'aprile 1916 Badoglio fu promosso colonnello e divenne capo di Stato Maggiore del 6º corpo d'armata. Il 6 agosto 1916 fu promosso maggior generale per merito di guerra, e, in novembre, prese il comando della brigata Cuneo. Sempre per meriti di guerra Badoglio ottenne i gradi di tenente generale e il comando del 27º corpo d'armata. Al termine della I guerra mondiale fu nominato Senatore (24 febbraio 1919) e il 13 settembre successivo divenne commissario straordinario militare per la Venezia Giulia. In questo periodo Gabriele D'Annunzio avviò l’Impresa di Fiume. Il 2 dicembre 1919 Badoglio fu promosso capo di stato maggiore dell’Esercito, succedendo ad Armando Diaz fino al 3 febbraio 1921. Nel 1923, dopo l’insediamento del fascismo, fu nominato ambasciatore in Brasile. Successivamente, il 4 maggio 1925, ebbe la carica di capo di stato maggiore generale, che mantenne fino al 4 dicembre 1940, carica collegata a quella di capo di stato maggiore dell'Esercito. Il 25 giugno 1926 fu promosso maresciallo d'Italia, grado istituito per gli ufficiali che si erano particolarmente distinti durante la guerra mondiale. Il 1º febbraio 1927 lasciò l'incarico di capo di stato maggiore dell'Esercito. Ma Il 18 dicembre 1928 fu nominato governatore unico della Tripolitania e della Cirenaica. Quella in Libia fu un’esperienza pienamente positiva, poiché la colonia fu pacificata e fu anche avviato uno sviluppo con l’attuazione di un ampio programma di opere pubbliche. Rientrato in patria alla fine del 1933, a nel novembre del 1935 fu inviato in Eritrea come Comandante supremo. Al termine della guerra all'Etiopia, Badoglio lasciò la reggenza e rientrò in Italia, dove, il 1º novembre 1937, fu nominato presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche succedendo allo scomparso Guglielmo Marconi. Il suo nome appare tra i firmatari del Manifesto della razza in appoggio all'introduzione delle leggi razziali fasciste. Il 29 maggio 1940 Benito Mussolini comunicò al maresciallo Badoglio e allo stato maggiore dell'esercito la decisione di entrare in guerra a fianco della Germania; pur contrario Badoglio non ebbe il coraggio di abbandonare l’incarico di Capo di Stato Maggiore Generale. La guerra fu effettivamente dichiarata il 10 giugno successivo, mentre Vittorio Emanuele III firmava il decreto che conferiva a Benito Mussolini il comando operativo di tutte le Forze Armate. Dopo l'attacco alla Francia insieme ai Tedeschi, il 24 giugno Badoglio presiedette la Commissione d'armistizio con la Francia a Villa Incisa, all'Olgiata, presso Roma. Ma le prime cocenti sconfitte in Africa Settentrionale ed in Grecia fecero di Badoglio il capro espiatorio. I fascisti gli mossero accuse di incompetenza, per cui Badoglio preferì dare le dimissioni. Ma a seguito degli eventi successivi Badoglio fu avvicinato da alcuni uomini politici antifascisti che chiesero la sua disponibilità ad assumere la Presidenza del Consiglio per porre fine alla guerra. Caduto Mussolini, il 25 luglio 1943 Badoglio divenne Presidente del Consiglio ed in tale carica dovette gestire le fasi dell’armistizio. Dopo l’annuncio dell’armistizio, Badoglio si recò a Brindisi con il re, ma rimase alla Presidenza del Consiglio fino alla liberazione di Roma. L’8 giugno 1944 cedette l’incarico ad Ivanoe Bonomi, che era già stato primo ministro dal luglio 1921 al febbraio 1922. Ritiratosi a vita privata, morì a Grazzano il 10 novembre 1956.

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Balbo Italo

Nato nel 1896 a Quartesana (Fe), appena conseguita la licenza liceale partecipò come volontario sottotenente degli alpini alla Grande Guerra; si laureò poi in scienze politiche e sociali a Firenze e fu parte attiva del movimento fascista in Emilia Romagna. Organizzatore militare del fascismo e primo comandante generale della Milizia, ammesso di diritto nel Quadrumvirato della rivoluzione (composto da Italo Balbo, Emilio De Bono – comandante della Milizia, Cesare Maria De Vecchi – un generale non sgradito al Quirinale, Michele Bianchi – segretario del partito fascista e fedelissimo di Mussolini), partecipò alla “marcia su Roma” nell’ottobre 1922, la manifestazione organizzata dal Partito Nazionale Fascista (PNF) di Benito Mussolini, il cui successo ebbe come conseguenza il definitivo scioglimento dello Stato liberale, già in crisi, e l’ascesa al potere del partito fascista in Italia. Nominato da Mussolini prima sottosegretario per l’Economia, poi dell’Aeronautica, dal ‘29 al ‘33 fu ministro dell'Aeronautica e il vero creatore della moderna aviazione italiana. Acquistò in quegli anni vastissima notorietà internazionale per le ardimentose crociere aeree con idrovolanti da lui organizzate e dirette personalmente: crociera nel Mediterraneo (1928); crociera da Taranto a Odessa (1929); crociera di 12 idrovolanti da Orbetello a Rio de Janeiro (1931); la crociera celebrativa del decennale della rivoluzione fascista, con 24 idrovolanti sulla rotta Roma-New York-Roma, gli fruttò un clamoroso trionfo in America e la nomina a Maresciallo dell'Aria in Italia (1933). Nominato Governatore Generale della Libia nel gennaio del ‘34 iniziò una vigorosa opera di colonizzazione: fu l'artefice della strada litoranea libica, organizzò l’Ente Turistico e Alberghiero della Libia per incentivare il turismo nella colonia, fondò a Tripoli la Scuola Superiore di Cultura Islamica per una politica di apertura verso i mussulmani, creò il Museo Archeologico di Tripoli nell'antico castello sede anche del Governo. Ma l’opera più grandiosa fu il piano di colonizzazione demografica: organizzato l’Ente della Colonizzazione della Libia, fatti scavare 2000 pozzi di cui un centinaio artesiani, avviò la costruzione dei villaggi agricoli per i coloni lungo tutto l’arco costiero. Quando nell’ottobre del ‘38 da Genova, Napoli e Palermo partirono i piroscafi della “migrazione dei ventimila”, con i quali famiglie contadine d’ogni regione d’Italia s’avviavano verso un nuovo destino nei campi di Libia, sulla prima nave c’era anche Balbo. L'anno seguente altri 15.000 contadini partirono da Venezia per i nuovi poderi coloniali. Tentò inutilmente di convincere Mussolini a non entrare in guerra e tantomeno accanto alla Germania (Balbo era anti-tedesco): poi obbedì.

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Bastico Ettore

Nato a Bologna nel 1876, prese parte, come ufficiale dei bersaglieri, alla campagna di Libia e alla I Guerra Mondiale come capo di Stato Maggiore della 25ª divisione. Era generale di divisione quando partecipò alla guerra italo-etiopica e fu comandante del corpo di spedizione italiana alla guerra di Spagna. Nel 1937 fu promosso generale designato d’armata e due anni più tardi generale d’armata. Nel 1940 fu nominato governatore generale dell’Egeo italiano e successivamente destinato al Comando Superiore delle Forze Armate dell’Africa Settentrionale con il titolo di governatore generale della Libia. Il 12 agosto del 1942 fu promosso Maresciallo d’Italia (dopo le grandi vittorie di Gazala e Tobruk) per il suo brillante stato di servizio, ma anche per controbilanciare la nomina a feldmaresciallo di Rommel. Rientrò in Italia dalla Libia il 5 febbraio 1943, al momento dello scioglimento ufficiale del Comando Superiore in Libia. Quattro anni più tardi lasciò il servizio attivo e si ritirò quindi a vita privata. Al termine della seconda guerra mondiale scrisse delle opere sulla storia militare. Morì a Roma il 2 dicembre 1972.

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Beresford-Peirse Poer

Sir Noel Monson de la Poer Beresford-Peirse nacque il 22 dicembre 1887. Egli studiò al Wellington College, Berkshire, e al Royal Military Academy di Woolwich. Beresford Peirse fu arruolato nella Royal Artillery nel 1907. Partecipò alla prima guerra mondiale in Mesopotamia, Francia e, per breve tempo, in Belgio e Francia. Fu premiato con la Distinguished Service Order nel 1918. Dopo la prima guerra mondiale, fino al 1929, ebbe diversi comandi nella Royal Artillery in Francia e Gran Bretagna e in diverse zone amministrate dal Regno Unito fino al 1935. Nel 1937, Beresford Peirse fu inviato in India per "funzioni particolari" e successivamente lavorò due anni come istruttore presso la scuola ufficiali a Belgaum, in India. Durante il 1939 e il 1940 era Brigadiere nella Royal Artillery al Comando dell'India meridionale, e poi aiutante di campo di re Giorgio VI nel 1939 e 1940. All'inizio della seconda guerra mondiale Beresford-Peirce era comandante d'artiglieria della 4ª divisione di fanteria indiana, che all’epoca aveva base in Egitto. Fu promosso al comando della divisione nell’agosto del 1940, e la condusse in Cirenaica durante l’Operazione Compass. Fu inviato anche in Sudan per la campagna dell'Africa orientale. Nel marzo 1941 egli fu nominato Comandante Cavaliere dell’Impero britannico (KBE) e il 14 aprile 1941 ottenne il comando della Western Desert Force (in seguito rinominata XIII Corpo) fin quando fu sostituito dal tenente generale Alfred Reade Godwin-Austen. Da ottobre 1941 ad aprile 1942 fu messo al comando del XV Corpo indiano e comandò le forze britanniche in Sudan, poi l’Esercito Meridionale in India. Beresford Peirse fu generale anche del Comando India tra il 1945 e il 1946. Si ritirò il 13 giugno 1947 e morì nel 1953.

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Gambara Gastone

Gastone Gambara nacque a Imola il 10 novembre 1890. Entrò nella scuola sottufficiali e divenne ufficiale grazie ad un corso speciale (ottobre 1911-gennaio 1913) presso l'Accademia Militare di Modena. Ne uscì sottotenente e prese servizio presso il Battaglione Ceva del 3º Reggimento Alpini. Nel maggio 1915 il suo battaglione raggiunse il fronte e nel gennaio del 1916 Gambara fu promosso capitano. Ferito sul Monte Cengio fu poi impiegato nelle retrovie. Nell'aprile 1917 ritornò al fronte con il 6° Alpini. Promosso al grado di maggiore, fu spostato al 1º Reggimento Alpini. Nel 1918 Gambara comandò il 29º Reparto d'Assalto degli Alpini, dove in poco meno di un anno guadagnò tre medaglie d'argento al valore militare. Da agosto 1935 al 19 gennaio 1937 Gambara prese parte alla guerra d’Etiopia, guadagnandosi la promozione a colonnello e l’onorificenza di Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia. In Spagna comandò il Cuerpo de Ejercito Legionario durante l’offensiva di Catalogna e l’offensiva finale della guerra civile spagnola. Il 30 marzo le sue truppe occuparono Alicante. Finita la guerra civile in aprile, da luglio 1939 al giugno 1940, Gambara fu nominato Dirigente della Regia Ambasciata d’Italia a Madrid, con credenziali di Ambasciatore. Nella seconda guerra mondiale Gambara assume il comando del XV Corpo d’Armata impegnato contro la Francia. Poi, dopo l'attacco alla Grecia, partì per l’Albania con l’incarico di comandante facente funzioni dell’VIII Corpo d'Armata, ottenendo la promozione a generale di Corpo d’Armata. L'11 maggio 1941 Gambara fu trasferito a Tripoli, dove assunse le funzioni di capo di stato maggiore del Comando Superiore Forze Armate Africa Settentrionale, e poi come anche di comandante del Corpo d'Armata di Manovra (Gruppo RECAM, divisioni Ariete e Trieste). Nel febbraio del 1941 intervennero le truppe tedesche del generale Rommel, che con Gambara non ebbe mai buoni rapporti. Gli scontri verbali tra Tedeschi e Italiani furono numerosi e Gambara era oggetto di continue pesanti critiche. Gambara effettivamente si trovava in una situazione "strana". Era superiore a Rommel in quanto capo di stato maggiore del teatro nordafricano, ma nello stesso tempo era subordinato a Rommel come comandante dell’Ariete e della Trieste. Rommel accusava Gambara di non essere mai presente quando necessario. Effettivamente in due occasioni, quando si presentò la possibilità di circondare le truppe britanniche (la notte del 28 novembre a el Duda e il 1° dicembre 1941 nella seconda battaglia di Sidi Rezegh) le truppe italiane rimasero ferme e si misero in marcia solo dopo un intervento personale di Rommel, ma troppo tardi perché i Britannici si erano già messi in salvo. Il fallimento dell’offensiva, dopo 3 settimane di continue vittorie che avevano messo in forte crisi le truppe Alleate, costrinse Rommel ad ordinare la ritirata dalla Cirenaica. Il 6 marzo 1942 Gambara fu richiamato in Italia e in settembre assunse il comando dell’XI Corpo d’Armata di stanza nei Balcani, dove restò fino al 5 settembre 1943. Il giorno dell'armistizio, 8 settembre, Gambara era a Roma e lasciò subito la città, mentre all’alba del 9 settembre il comando dell’XI armata a Lubiana fu preso prigioniero dai Tedeschi. Gambara raggiunse Fiume, assunse il comando della città e costituì un "raggruppamento" di nuova formazione. Ma fu raggiunto da un rappresentante tedesco e con lui si impegnò a difendere la città dai partigiani che ormai la stavano assediando. L’11 settembre, raggiunto dai primi reparti tedeschi che stavano rapidamente occupando l’Istria, Gambara consegnò la città ai Tedeschi senza combattere, cedendone pure il comando. Sotto protezione tedesca fu trasferito a Trieste. In seguito decise di aderire alla Repubblica Sociale Italiana. Il 20 ottobre 1943 fu nominato Capo di Stato Maggiore dal generale Rodolfo Graziani, che era ministro della Difesa nazionale della RSI. Gambara fu preso prigioniero dagli Alleati e internato nel campo di concentramento di Coltano. Fu congedato il 20 giugno 1945 e reintegrato il 23 febbraio 1952. Morì a Roma il 27 febbraio 1962.

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Capitolo 14 - Indietro a Tobruk


Gariboldi Italo

Italo Gariboldi nacque a Lodi il 20 aprile 1879. Dopo gli studi in Accademia, nel 1899 fu nominato ufficiale e partecipò alla campagna di Libia del 1911-1913 ed alla prima guerra mondiale. Fu promosso due volte per meriti di guerra. Dalla fine della prima guerra mondiale, nel periodo tra le due guerre, Gariboldi restò nei ranghi militari tenendo comandi reggimentali e a livello di brigata. Nel 1935, Gariboldi comandò la 30° divisione di fanteria Sabauda sul fronte settentrionale durante la seconda guerra d’Etiopia (chiamata allora Abissinia). La sua divisione era parte del Corpo d'Armata di base in Eritrea. Durante la guerra etiopica fu governatore di Addis Abeba e capo di S.M. dell’Africa Orientale. Dopo che l’Italia sconfisse l’Etiopia nel 1936, i tre stati di Eritrea, Etiopia e Somalia italiana furono unite a formare la colonia dell’Africa Orientale Italiana. Dal 1939 al 1941, Gariboldi era un comandante dell’esercito del Comando supremo Africa del Nord del maresciallo Italo Balbo. Quando l’Italia dichiarò guerra all’Inghilterra e Francia, Gariboldi comandava la 5ª Armata italiana che era al confine con la Tunisia francese. Quando si concluse la battaglia di Francia, la 5ª Armata cedette il XXIII Corpo d'Armata (uomini e mezzi) alla 10ª Armata che si trovava in Libia al confine con l’Egitto. La 5ª Armata ebbe i suoi reparti schierati nel campo trincerato di Tripoli e in Cirenaica a difesa della via Balbia. Nel dicembre 1940, quando gli Inglesi lanciarono l’Operazione Compass, Gariboldi era al comando temporaneo anche della 10ª Armata perché il suo comandante, generale Mario Berti, si trovava in congedo per malattia. Ma nel precedente settembre Berti era al comando della 10ª Armata durante l’invasione italiana dell’Egitto, ma si era dovuto fermare a Sidi Barrani (a circa 100 km dopo il confine libico) per problemi logistici, dove aveva schierato le sue unità avanzate in una serie di capisaldi fortificati. Il 23 dicembre il generale Giuseppe Tellera sostituì Berti, e quindi anche Gariboldi, in qualità di comandante della 10ª Armata. Ma Tellera morì in combattimento a Beda Fomm. Cosicché Gariboldi ebbe ancora il comando della 10ª Armata, dopo che era stata praticamente distrutta, in sostituzione del generale Tellera ucciso in azione. Il 10 febbraio 1941 il Maresciallo Rodolfo Graziani veniva rimpatriato per ordine del Duce e il 25 marzo Gariboldi fu promosso al suo posto governatore generale della Libia. Ma il 19 luglio, Gariboldi rinunciò all'incarico a causa dei continui disaccordi con Rommel, che non condivideva l’intenzione di Gariboldi di trincerarsi a Tripoli. Il generale Ettore Bastico prese il suo posto. Dal 1942 al 1943, Gariboldi comandò l’esercito italiano in Russia (Armata Italiana in Russia o ARMIR, o 8ª Armata italiana) in sostituzione del gen. Giovanni Messe; costui era stato destituito da Mussolini a causa delle sue continue polemiche e del pessimismo. Gariboldi era al comando dell’esercito italiano in Russia durante la sua distruzione nella battaglia di Stalingrado. Nel 1943, Gariboldi si trovava in Italia quando il re Vittorio Emanuele III e il maresciallo Pietro Badoglio, destituito Benito Mussolini, firmarono un armistizio con gli Alleati. Come molti membri delle forze armate italiane, Gariboldi fu fatto prigioniero di guerra dai Tedeschi. Nel 1944 fu condannato da questi come traditore a dieci anni di prigione. Ma poco dopo Gariboldi fu liberato dagli Alleati. Morì a Roma nel 1970 e fu seppellito a Lodi nella tomba di famiglia.

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Capitolo 4 - Arriva Rommel


Graziani Rodolfo

Rodolfo Graziani nacque nel 1882 a Filettino, presso le sorgenti dell’Aniene. Studiò legge all’Università, ma nello stesso tempo frequentò il corso per allievi ufficiali di complemento. Nel 1905, col grado di sottotenente dei granatieri, fu in Eritrea, dove rimase otto anni, e di qui in Libia. Allo scoppio della I guerra mondiale fu chiamato al fronte italiano e promosso capitano. Per meriti di guerra al termine del conflitto era colonnello. Due anni dopo, Graziani era in Tripolitania a combattere contro i Turchi per la riconquista della Libia. Terminava gli otto anni di guerra col grado di generale di corpo d’armata e Vice Governatore. Dopo una pausa, nel 1935 tornò in prima linea nella guerra d’Etiopia. Da Governatore della Somalia trascinò le truppe italiane e somale e, improvvisando i trasporti con mezzi di fortuna, mosse all’attacco in un territorio dove non esistevano strade, ma solo deserti, foreste, paludi, fiumi e montagne: espugnò Dolo, annientò l’armata abissina a Neghelli, conquistò Harrar e Dire Daua. Viceré d’Etiopia nel 1936-37, nel 1939 Graziani era capo di Stato Maggiore Generale e nel 1940, alla morte di Italo Balbo, fu nominato Governatore della Libia. Sconfitto dal generale inglese Wawell dopo il tentativo di avanzata in Egitto, rientrò in Italia ritirandosi a vita privata. Nei mesi seguenti l’8 settembre 1943 accettò la nomina a Ministro della Difesa nella Repubblica Sociale Italiana, e a fine guerra, catturato dagli Alleati, fu condannato per collaborazionismo da un tribunale militare italiano nel 1948. Morì a Roma nel 1955, quando era presidente onorario del Movimento Sociale Italiano.

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Navarini Enea

Dal 1939 al 1941 Enea Navarini aveva comandato la 56ª divisione Casale in Grecia. Poi venne in Libia, dove sostituì il generale Gloria al comando del XXI Corpo d’Armata italiano, il giorno successivo all’arrivo di Rommel. Praticamente fu uno dei pochi ufficiali italiani stimati da Rommel. Infatti divenne uno degli uomini di fiducia di Rommel e anche capo di Delease, un organismo coloniale del Comando Supremo delle Forze Armate italiane di stanza a Tobruk che raccordava il comando tattico dell’Armata corazzata italo-tedesca – ACIT– con il Comando Supremo italiano a Roma. A luglio 1943 il generale Enea Navarini rimpatriò a Roma, ma ritornò velocemente in Nordafrica nell’imminenza della seconda battaglia di El Alamein per sostituire il generale Gastone Gambara alla testa del XXI corpo d’armata. Dopo l’8 settembre 1943 si schierò con la Repubblica Sociale Italiana.

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Capitolo 14 - Indietro a Tobruk


Neame Philip

Philip Neame nacque a Faversham il 12 dicembre 1888. Educato al Cheltenham College, all’età di 26 anni era tenente nel corpo dei Royal Engineers, durante la Prima guerra mondiale. In Francia, sotto un intenso fuoco nemico, affrontò da solo i Tedeschi lanciando bombe a mano, uccidendone e ferendone un certo numero; in tal modo riuscì a trattenere il nemico consentendo il recupero di molti feriti. Per questa azione fu insignito della Victoria Cross il 19 dicembre 1914 a Neuve Chapelle, in Francia. In seguito ricevette l’investitura a Sir e l’Ordine dell’Impero Britannico. Fu membro della squadra olimpica nel 1924 a Parigi. All’inizio della seconda guerra mondiale Neame aveva il grado di tenente generale.
 Nel 1941 durante la campagna del Nord Africa fu incaricato del comando delle forze britanniche schierate in Cirenaica al posto del gen. Richard O’Connor che era rientrato in Egitto dopo il felice esito dell’Operazione Compass, che aveva consentito il possesso britannico della Cirenaica. Ma Neame fu sorpreso dalla imprevista controffensiva dell’Afrika Korps di Erwin Rommel, venendo catturato dai Tedeschi insieme ad O’Connor, appena ritornato in Cirenaica per affrontare i Tedeschi, e altri due generali inglesi. Durante la prigionia in Italia, prima a Villa Orsini nei pressi di Sulmona, poi al Castello di Vincigliata vicino a Firenze, tentò più volte la fuga con altri ufficiali, tra cui il generale O’Connor, il tenente generale Sir Adrian Carton de Wiart (altro militare insignito della Victoria Cross) e il brigadier generale John F.B. Combe. Neame infine riuscì nel suo intento fuggendo con altri sei ufficiali attraverso un tunnel nell’aprile 1943. Servì come luogotenente-governatore di Guernsey dal 1945 al 1953. Morì a Selling il 28 aprile 1978.

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Capitolo 8 - Battleaxe


Neumann-Silkow Walter

Nacque il 10 aprile 1894. Entrò nell’esercito imperiale tedesco il 1° febbraio 1912 come un Fanjunkare. Il 5 ottobre 1916 fu promosso primo tenente. Fu ferito durante la prima guerra mondiale e ricevette entrambe le Croci di ferro. Il 29 marzo 1940 era comandante dell’8ª Schutzen-Brigade, che condusse nella battaglia di Francia fino al 25 maggio 1940. Il 5 agosto 1940 ricevette anche la Croce di cavaliere della Croce di ferro. Il 21 febbraio 1941 prese il comando della divisione 8ª Panzerdivision, che era in Francia, ma in aprile fu spostata in Iugoslavia. Nella campagna nei Balcani Neumann-Silkow ottenne la promozione a maggiore generale. Il 26 maggio 1941 prese il comando della15ª Panzerdivision. Ma il 6 dicembre 1941 Neumann-Silkow fu ferito dal fuoco di artiglieria presso Bir el Gobi. Fu portato in un ospedale militare a Derna, ma il 9 dicembre 1941 morì. Fu promosso postumo tenente generale.

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Capitolo 8 - Battleaxe Capitolo 14 - Indietro a Tobruk


O’Connor Richard

O'Connor nacque a Srinagar, Kashmir, India, il 21 agosto 1889. Suo padre era maggiore nella Royal Irish Fusiliers, e sua madre era la figlia di un ex governatore delle province centrali dell’India. Frequentò il Tonbridge Castle School nel 1899 e il Towers School a Crowthorne nel 1902. Poi la Royal Military Academy Sandhurst nel 1908. All’inizio della seconda guerra mondiale era già un ufficiale esperto, impegnato nel comando di una brigata leggera nell’India nord-occidentale, e poi al comando delle forze britanniche nella Palestina meridionale. Nel giugno 1940 fu riassegnato dal Comando Medio Oriente alla guida della Divisione Mobile schierata con reggimenti blindati leggeri a difesa dell’Egitto, in vista di una possibile minaccia italiana. Il suo reparto meccanizzato fu subito rinforzato con nuovi mezzi blindati pesanti inviati dall’Inghilterra e ridenominato 7ª Divisione corazzata (conosciuti come Topi del Deserto). Fu assegnato al comando dell’Operazione Compass, nel corso della quale le truppe britanniche della Western Desert Force, mobilissime ed efficienti, sbaragliarono facilmente le forze italiane schierate in Nordafrica, le quali, sia pure numericamente superiori, erano però scarsamente equipaggiate di armamenti moderni. Dopo la vittoria, O’Connor ritornò al Cairo per riorganizzare le sue forze ormai esauste. Ma la successiva controffensiva di aprile 1941 da parte delle forze tedesche dell’Afrika Korps del generale Rommel colse totalmente impreparate le forze britanniche lasciate in Cirenaica, le quali cominciarono a ripiegare nuovamente in Egitto perdendo tutto il terreno conquistato, tranne Tobruk che era difesa dalla tenace 9ª Divisione fanteria australiana. Il generale Archibald Wavell, comandante supremo del Teatro del Medio Oriente, decise di inviare nuovamente O’Connor sul fronte a tamponare la falla, ma appena giunto con i suoi collaboratori nei pressi di Derna il generale fu catturato, pare per un errore di direzione da parte del suo autista, da una pattuglia tedesca la notte del 7 aprile 1941. Il generale O’Connor trascorse oltre due anni in un campo italiano di prigionia, prima a Villa Orsini nei pressi di Sulmona, poi al Castello di Vincigliata vicino a Firenze, dal quale fu liberato solo dopo l’8 settembre 1943, rifugiandosi negli Appennini romagnoli con altri generali ed ufficiali britannici. Con l’aiuto dei partigiani O’Connor riuscì a rientrare in Inghilterra nel dicembre del 1943; nel 1944 riprese le sue funzioni di generale ottenendo il comando dell’VIII Corpo d’Armata in Normandia. Dopo la fine della guerra, nel 1945, O’Connor divenne Governatore dell’India Orientale ed infine Governatore dell’India Settentrionale. Morì a Londra il 17 giugno 1981 all’età di 91 anni.

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Capitolo 4 - Arriva Rommel Capitolo 8 - Battleaxe


Rommel Erwin

Erwin Johannes Rommel nacque il 12 novembre 1891 a Heidenheim nel regno di Wurttemberg. Suo padre, Erwin senior, era insegnante a Heidenheim. Sua madre Helene von Luz (che visse fino al 1940) era figlia del locale Regierungs-Prasident (Presidente del governo locale). L’Impero tedesco era stato proclamato nel 1871 a seguito della vittoria riportata nella guerra Franco-Prussiana. Tutti i nobili, re, duchi, ecc., giurarono fedeltà al re di Prussia che divenne l’imperatore della Germania. Le truppe del regno di Wurttemberg andarono a formare il XIII Corpo dell’Esercito Imperiale tedesco, comandato da uno staff Imperiale, i cui antenati erano i grandi Prussiani della guerra per l’indipendenza, Scharnhorst e Gneisenau; la maggior parte di questi componenti riconobbero il Kaiser come Comandante Supremo. L’esercito assunse un ruolo importante nella vita tedesca di allora per via delle continue ostilità tra la Germania e le nazioni a lei vicine: Russia e Francia. Il popolo rispettava, ammirava e amava il proprio esercito, convinto che fosse il solo che potesse proteggere la Germania dai possibili invasori. In questa atmosfera militaresca crebbe il giovane Erwin Rommel, che fu temprato sia accademicamente che atleticamente. Durante l’adolescenza egli fu attratto dalle scienze matematiche (sia il padre che il nonno erano entrambi distinti matematici); quando fu costruito il primo aeroplano della storia si mise a studiarne i principi costruttivi. Si appassionò a tal punto che, dopo il liceo, Rommel pensava di andare a lavorare nella fabbrica Zeppelin a Friederichshafen, ma suo padre, ex ufficiale di artiglieria, lo spinse invece ad entrare nell’esercito. Nel luglio 1910, Rommel diveniva cadetto del 124° Reggimento di fanteria Württemberg, inquadrato nella 26ª Divisione di Fanteria dell’esercito tedesco imperiale. Ma a marzo un’operazione all’ernia lo mise fuori gioco per quattro mesi. Cosicché decise di frequentare l’accademia militare della prestigiosa Konigliche Kriegsschule a Danzica. Il corso durò otto mesi, fino alla fine di novembre 1911, terminandolo col grado di sottotenente. In quel periodo incontrò la donna della sua vita, Lucia Maria Mollin, alla quale avrebbe scritto ogni giorno preziose lettere durante la II Guerra Mondiale. A gennaio del 1912, il piccolo e vivace giovane sottotenente Erwin Rommel ritornò nel 124° R.f. Fino all’estate del 1914, servì nell’artiglieria che si esercitava nei pressi di Ulm. Il 28 luglio 1914 avveniva l’assassinio di Franz Ferdinand che dava avvio alla I Guerra Mondiale. Rommel fu impegnato come tenente comandante di una compagnia cacciatori da montagna, il Konigliche Wurttemberg Gebirgsbatallion, composto di 6 compagnie di fucilieri e sei plotoni di mitraglieri, che dovette muovere all’Arlberg in Austria per l’addestramento allo sci. Il 30 dicembre 1915 il battaglione si spostò in un settore meridionale della prima linea Occidentale. Era responsabile di un fronte di 10 chilometri, ma qui la guerra si svolgeva in maniera completamente differente. Nessuna trincea, solo una difesa mobile, condizione adatta per le incursioni. Con azioni veloci e furiosi Rommel attaccava i Rumeni portandosi indietro numerosi prigionieri. Con un’operazione brillante riuscì a conquistare e difendere dal contrattacco dei Russi il Monte Cosna, subendo poche perdite. A novembre 1916 sposò Lucie Marie a Danzica. Nel 1917 Rommel prese parte allo sfondamento del fronte italiano a Caporetto. Per la conquista di Matajur ad ottobre ricevette il grado di capitano e la massima ricompensa al valore, la croce dell’ordine “pour le mérite”. Finita la guerra, persa dalla Germania, Rommel fu rispedito al suo originale 124° Reggimento Wurttemberg. Non avrebbe ingaggiato battaglia per altri 20 anni. Il Reichswehr divenne il nuovo esercito nazionale che la Germania era stata autorizzata a tenere: 100.000 uomini e solo 4.000 ufficiali. Dei 46.000 ufficiali in attività allo scoppio della guerra, 34.500 era ancora vivi. Era chiaro che la maggior parte di questi avrebbero smesso di indossare la divisa. Il comandante von Seeckt, nello scegliere gli ufficiali del suo nuovo esercito, pensò che convenisse addestrare quelli che sarebbero stati in grado di occupare due o tre posizioni più in alto quando l’esercito tedesco sarebbe stato ricostruito. Cosicché il decorato Rommel conservò il suo grado di capitano. Nel 1924, Rommel fu messo al comando di una compagnia di mitraglieri. A settembre del 1929 fu inviato come istruttore alla scuola di fanteria a Dresden e due anni dopo pubblicava il suo libro Infanterie greift (La fanteria attacca) dove teorizzava una guerra veloce, dinamica e senza trincee. Ad aprile del 1932, all’età di 40 anni, Rommel fu promosso al grado di maggiore e ad ottobre del 1933 entrò a far parte della fila dei tenente colonnello, andando a comandare il 3° Jaeger Battalion, 17° reggimento di fanteria, a Goslar. A settembre del 1934 Rommel incontrò per la prima volta Hitler, quando costui era già Cancelliere del Reich. Pensò che fosse un buon uomo, mosso dall’orgoglio patriottico, e che stesse lavorando per il bene della Germania. Hitler restò impressionato dal carattere di Rommel che ottenne presto il grado di colonnello e poi di maggiore generale, andando a comandare la Guardia personale del Führer, un compito di prestigio. All’inizio della II guerra mondiale, il 4 settembre 1939, Rommel attraversava il confine polacco con le truppe del Quartier Generale del Führer. Durante queste operazioni iniziali Rommel notò il successo e i vantaggi che le colonne di panzer ottenevano in aperto terreno; vide come i nemici nulla potevano contro quei mostri d’acciaio. Rommel prestò attenzione alla loro velocità e all’armamento. In quei giorni restò sempre insieme ad Hitler, dato che lo accompagnava ovunque. Dopo la resa della Polonia Rommel confidò ad Hitler che gli sarebbe piaciuto comandare una divisione corazzata. Poiché godeva dei suoi favori, all’inizio di febbraio 1940 Rommel fu nominato comandare della 7ª Panzerdivision, in quel momento di stanza a Godesberg. La 7ª Panzerdivision faceva parte del “Gruppo A” dell’esercito, al comando del gen. Kluge, che consisteva di un Panzerreggiment (25° reggimento), su tre battaglioni carri per un totale di 218 panzer, ed un battaglione corazzato; due reggimenti di fucilieri, ciascuno di tre battaglioni; un battaglione di motociclisti ed un battaglione di motoristi; una divisione di artiglieria con un reggimento da campo (9 batterie, 36 cannoni) ed un battaglione anticarro con 75 pezzi. La divisione non era stata corazzata fino a quell’inverno, e lo divenne soltanto dopo le insistenze del generale Guderian (il teorico della guerra lampo fatta coi carri armati) e di Rommel, che volevano fossero composte più divisioni corazzate. Metà dei panzer di Rommel erano i poco corazzati carri cecoslovacchi, mentre l’altra metà era costituito dai PzKw III e dagli eccellenti PzKw IV. Il 10 maggio 1940, i primi elementi del 7ª Panzerdivision di Rommel iniziava l’avanzata invadendo la Francia attraverso i boschi delle Ardenne, destinato a giocare un ruolo importante durante la blitzkrieg (guerra lampo). La Luftwaffe, con 1500 aerei, sosteneva dall’alto il “Gruppo A”. Già il giorno seguente il 7ª Panzerdivision attraversava il fiume Ourthe a Hotton, guadagnando 64 chilometri. Ventiquattro ore più tardi Rommel aveva superato altri 93 chilometri e il 12 maggio raggiungeva la Mosa, cercando un punto in cui attraversarlo. La brigata motociclisti di Rommel fu la prima a superare la Mosa attraverso un vecchio ponte di pietra. Le forze francesi cercarono di intervenire per bloccare l’avanzata ma l’attacco tedesco guidato da Rommel fu inarrestabile; riuscì a sfondarle senza tante difficoltà ed a proseguire. Dopo diverse battaglie il 28 maggio, mentre i soldati francesi si arrendevano, gli Inglesi si erano asserragliati a Dunkerque dove cercavano di imbarcarsi per rientrare in patria. A quel punto l’intero comando di Rommel restò bloccato per sei giorni per un ordine di Hitler, che intendeva favorire la Luftwaffe ma dava invece al nemico la possibilità di fuga. A Rommel dispiacque molto di quella pausa che aveva ridotto il valore della vittoria. In quei giorni la 7ª Panzerdivision venne chiamata, sia dagli Alleati che dagli stessi tedeschi, Gespensterdivision (Divisione Fantasma) perché Rommel non aveva mai comunicato con il Comando centrale in tutta la campagna francese. Tuttavia la sua impresa meravigliò: aveva catturato 7.000 uomini e 20 carri, e distrutto oltre 300 carri, inclusi 18 “potenti” carri francesi che i contemporanei avevano definito come imbattibili. Nel giorno in cui gli Inglesi concludevano l’evacuazione dalla costa francese Adolf Hitler si recava in visita al comando di Rommel, dimostrandosi entusiasta del suo operato; poi gli chiese di accompagnarlo per il resto della giornata. Fu il solo comandante divisionale che egli andò a trovare sul campo. Quando restarono soli, Hitler gli disse: «Eravamo tutti molto preoccupati per lei!», un piccolo appunto che sembrò più un gesto d’ammirazione che un rimprovero. Nonostante la sua impresa in Francia, quando Rommel si presentò sul teatro libico il 12 febbraio 1941, col grado di generale di divisione, era pressoché sconosciuto sia agli Italiani che agli Inglesi. Inizialmente il suo piglio deciso e forte suscitò ostilità da parte dei massimi vertici militari italiani; del resto era già visto con antipatia anche da molti suoi colleghi e comandanti della Wehrmacht. Ma, in meno di un mese, il suo nome rimbombò sia in Nordafrica che in Europa. Divenne ammirato e temuto, giudicato audace, ottimo tattico, buon stratega ma anche mediocre logista. Tuttavia si rivelò il miglior comandante per la guerra nel deserto, tanto da meritarsi l’appellativo di “volpe del deserto” datogli dai suoi soldati e ripetuto dai suoi nemici. A gennaio del 1942, Rommel veniva promosso generale d’armata, e il Panzergruppe Afrika diveniva Panzerarmee Afrika. Da improvvisatore qual era si adattò costantemente alle nuove situazioni con decisioni rapide e spesso vincenti. Era sempre presente sul fronte, si spostava continuamente con un aereo o una camionetta, recandosi là dove maggiormente era richiesta la sua presenza: tutto ciò galvanizzava le truppe, anche quelle italiane, nonostante fosse giudicato un comandante esigente, duro, che pretendeva anche troppo dall’alleato italiano (specialmente dalla divisione Ariete). Ed infatti Rommel non sempre era obiettivo, o generoso, nel giudicare il comportamento degli italiani che purtroppo erano male armati (in prevalenza con carri M13 che risultarono insufficienti contro i grossi carri inglesi) e con scarsa esperienza bellica nella guerra di movimento. Ma non esitava ad elogiare quei reparti che si erano particolarmente distinti in combattimento; in realtà Rommel non criticava le truppe bensì il comportamento dei capi militari e degli uomini di stato italiani che, a suo parere, avevano scarso interesse per quella guerra. Occorre dire che anche Hitler non dette al suo generale grandi aiuti, impegnato com’era a preparare continue invasioni. Per cui, quando Rommel studiava nuove tattiche di attacco, doveva fare affidamento principalmente sull’utilizzo dei suoi panzer e sui pezzi da 88, che conosceva bene e che avevano fatto già esperienza di combattimento in Francia contro gli stessi avversari. Tuttavia l’abitudine ad essere sempre in prima linea non sempre gli consentiva di avere un quadro completo dello scontro. E per molti questo fu il più grande difetto di Rommel. Alla fine dell’avventura nel deserto, nel maggio del 1943, Rommel rientrò in Germania. Qui, raccogliendo le lettere che aveva scritto spesso alla moglie Lucie Marie (ma erano piuttosto un diario), redasse un memoriale sulla guerra in Africa dal titolo Krieg ohne hass (Guerra senza odio), pubblicato dalla moglie cinque anni dopo la sua morte. Nell’estate del ‘43 era in Italia; al sopraggiungere dell’armistizio dell’8 settembre, suggerì ad Hitler di abbandonare l’Italia centro-meridionale e di arroccare le forze tedesche sulla Linea Gotica. Ma ciò non fece altro che agevolare l’avanzata degli Alleati. Nel 1944 fu trasferito in Francia per dirigere le difese della costa. Ma, quando avvenne lo sbarco alleato in Normandia, Rommel era assente: era a Berlino per festeggiare il compleanno della moglie. Il 14 ottobre 1944, accusato di aver partecipato all’attentato contro Hitler (avvenuto il 20 luglio), fu costretto al suicidio. Morì in auto con una pastiglia di cianuro, a Herrlingen, dov’è sepolto, a 10 km ad ovest di Ulm. La mattina del 18 ottobre 1944 si svolse l’imponente funerale di Stato ordinato da Hitler in suo onore.

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Capitolo 4 - Arriva Rommel


Streich Johannes

Nacque in Augustenburg il 16 aprile 1891. Dopo aver lasciato la scuola nel 1911 si arruolò nell’esercito e nel 1913 divenne sottotenente. Partecipò alla prima guerra mondiale e alla fine della guerra era il primo tenente vincitore di due Croci di ferro. Servì nella Reichswehr nel 1921 e prese il comando di una compagnia motorizzata. Nel 1930 lavorò come consulente dell’Ufficio armamento delle forze terrestri. Nel 1933 fu promosso al rango di maggiore. Nel 1935 Streich fu promosso al grado di tenente colonnello e ad ottobre del 1937 fu nominato comandante del 15° Panzerregiment che, costituita nel 1938, prese poi parte alle principali campagne tedesche della seconda guerra mondialem distinguendosi su molti campi di battaglia. In tale veste Streich fu promosso colonnello il 1° aprile 1938. Nella tarda estate del 1939 guidò il suo reggimento nella campagna di Polonia. Anche nella battaglia di Francia, nella primavera del 1940, guidò il 15° Panzerregiment. Il 31 gennaio 1941 fu insignito della Croce di Cavaliere e il 7 febbraio seguente fu promosso al rango di maggiore generale quando ebbe il comando della 5 ° divisione leggera in Nordafrica. Ma il 16 maggio 1941, fallita la sua collaborazione con Erwin Rommel, fu sollevato dal comando. Al suo ritorno in Germania gli fu affidato il comando di un gruppo di battaglia e poi della 16ª divisione di fanteria. Dal 1° giugno 1942 a giugno 1943 era ispettore delle forze meccanizzate e comandante del 2° distretto militare del Reich (Wehrkreis II). Il 1° ottobre 1943 fu promosso al grado di tenente generale e nell’aprile del 1945 egli assunse il comando del 1° distretto militare (Wehrkreis I). Johannes Streich fu catturato dai Russi nel 1945 e poi rilasciato nel 1948; si stabilì ad Amburgo, dove morì il 20 agosto 1977.

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Capitolo 4 - Arriva Rommel Capitolo 8 - Battleaxe


Von Esebeck Hans-Karl

Hans-Karl Asmus Werner Freiherr von Esebeck nacque a Potsdam il 10 luglio 1892. Il 25 settembre 1911 fu arruolato nel 3° Garde-Ulanen-Regiment e nominato alfiere il 19 giugno 1912. Dal 4 maggio 1912 al 18 gennaio 1913 fu assegnato al Kriegsschule Anklam. Successivamente, il 18 febbraio 1913, fu promosso tenente. In tale veste partecipò con il suo reggimento alla prima guerra mondiale. Nel febbraio 1915, per un mese, comandò un battaglione Jaeger. Terminò la guerra come ufficiale aiutante nella 3° Brigata di cavalleria. Durante la seconda guerra mondiale von Esebeck incontrò in Polonia von Stauffenberg (noto per aver poi progettato e condotto l’attentato del 20 luglio 1944 contro Adolf Hitler e il successivo tentativo di colpo di stato nell’Operazione Valchiria) e divennero amici. Dopo la battaglia di Francia, Esebeck era comandante della 6ª Brigata fucilieri e il 4 luglio 1940 fu insignito della Croce di cavaliere della Croce di ferro. Più tardi, egli comandò varie Panzerdivision. Il 13 marzo 1941, assunse il comando della 15ª Brigata fucilieri. Nell’aprile del 1941 fu promosso maggior generale. Dal 13 aprile al 26 maggio 1941 comandò la 15ª divisione Panzer nell’Afrika Korps. Ma fu gravemente ferito prima della presa di Tobruk e trasferito in un ospedale militare, da dove poi passò nella Fuhrerreserve. Il 24 agosto 1941 egli prese il comando della 11ª divisione Panzer, ma lasciò l’incarico nell'ottobre del 1941 per essere riassegnato al Fuhrerreserve. Il 17 febbraio 1942 assunse il comando della 2ª divisione Panzer. In questa veste il 23 agosto 1942 guadagnò la Croce tedesca in oro. Il 20 dicembre 1942 von Esebeck assunse la leadership di vice comandante generale del XXXXVI Panzerkorps fino al gennaio 1943. Successivamente fu trasferito nuovamente alla Fuhrerreserve, poi prese la guida di un gruppo di generali, chiamato Gruppe General von Esebeck, che divenne una specie di serbatoio da cui attingere per la 9ª Armata nella Russia centrale. Il 30 novembre 1943 von Esebeck fu nominato comandante generale della LVI Panzerkorps. Nel luglio del 1944, fu generale dell’Infanterie Albrecht Schubert, che si trovava presso il centro termale in Slovacchia, e poi comandante del XVII distretto militare di Vienna. Egli era a conoscenza della congiura anti Hitler dell’Operazione Valchiria e segretamente la condivideva. Dopo il fallimento del colpo di stato del 20 luglio 1944, fu espulso dalla Wehrmacht, arrestato il giorno seguente e internato in un campo di concentramento. Liberato alla fine della guerra visse il resto della sua vita in condizioni di povertà. Morì il 5 gennaio 1955.

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Capitolo 8 - Battleaxe


Von Prittwitz Constantin Heinrich

Constantin Heinrich von Prittwitz und Gaffron nacque il 4 settembre 1889 nel villaggio di Gut Sitzmannsdorf, presso Ohlau, Niederschlesien, Bassa Slesia. A quel tempo suo padre era un comandante di corvetta e poi fu assegnato al comando dell’incrociatore SMS Alessandrina nel Pacifico meridionale. Prittwitz entrò nell’esercito e dopo lo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914, con il suo Ulanen-Regiment fu impegnato nel teatro orientale di guerra. Divenne primo tenente il 27 gennaio 1915 e poi aiutante di reggimento. Nel marzo del 1917, dopo il ritorno dall’area orientale, fu impegnato come comandante di compagnia in un reggimento in Galizia. Dall’autunno del 1917 all’autunno del 1918 egli era maggiore di una unità sul fronte occidentale e poi passò presso il comando generale del VII Reservekorps. Il 10 novembre 1938 ricevette il comando della 2ª Brigata Panzer della 2ª divisione Panzer, che venne spostata a Vienna insieme ai reggimenti Panzer 3 e 4. Il 21 agosto 1939 von Prittwitz spostò la sua brigata nella zona d’attacco contro la Polonia, che effettuò attraverso il passo di Jablunka in direzione di Cracovia e Varsavia. I suoi carri armati presero parte ai combattimenti fino al 24 settembre 1939 a Lemberg e Tomaszow. Per il suo coraggio gli fu conferita la Croce di ferro di II classe; il 1° ottobre 1939 fu promosso maggiore generale e ricevette la Panzerkampfabzeichen, la medaglia tedesca assegnata alle truppe corazzate. Ritornò in Germania dove per sette settimane la sua Panzertruppe fu rinvigorita, e il 1° dicembre 1939 fu inviata al fronte occidentale. La sua brigata attaccò le difese belghe nell’ambito del Panzergruppe von Kleist, poi si diresse in direzione di Sedan con altre forze. Più tardi prese la città di Boulogne e partecipò all’accerchiamento dell’esercito francese-inglese a Dunkerque. Il 1° ottobre 1940 Prittwitz fu nominato comandante della 15ª Panzerdivision a Dresda, e a fine gennaio 1941 fu spostato per la formazione militare nell’area di Milowitz, vicino a Praga, e infine a Idar-Oberstein. Dopo che il generale Erwin Rommel assunse il comando dell’Afrika Korps, a Prittwitz fu ordinato di portare la 15ª Panzerdivision in Nordafrica. Il 9 aprile Prittwitz condusse un attacco contro Tobruk. Per effettuare una ricognizione del terreno, il 10 aprile 1941 avanzò con la sua Kuebelwagen ma non s’accorse di superare le proprie posizioni e il suo veicolo fu colpito da un cannone inglese. Von Prittwitz e il suo autista rimasero uccisi. Prittwitz fu seppellito nel cimitero degli eroi della città portuale di Derna, Libia, ma poi i suoi resti furono rimossi e sepolti nel memoriale che fu costruito dopo la guerra.

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Capitolo 8 - Battleaxe


Von Ravenstein Johann

Johann "Hans" Theodor von Ravenstein nacque a Strehlen in una famiglia di militari. Nel 1909 Ravenstein si arruolò nel reggimento granatieri Koenig Wilhelm I n. 7 a Liegnitz. Si trasferì presto il 7° Reggimento ovest di fanteria prussiana n. 155 presso Ostrow Wielkopolski, dove fu promosso tenente. Ravenstein iniziò la prima guerra mondiale come ufficiale aiutante di battaglione e fu impegnato sul fronte occidentale, partecipando alle battaglie di Verdun, le Somme e all’offensiva di Champagne. Fu anche decorato. Il 31 marzo 1920 egli lasciò l’esercito e frequentò l’università, dove studiò scienze politiche. Ma nel 1934 ritornò nell’esercito da maggiore presso il 2° battaglione del 60° reggimento di fanteria. Il 1° ottobre 1936 fu promosso tenente colonnello e il 1° agosto 1939 a colonnello. Ravenstein combatté sia nella campagna polacca nel 1939 sia in quella di Francia del 1940, al termine delle quali campagne ricevette la Croce di cavaliere della Croce di ferro. Dopo l’invasione della Grecia nell’aprile del 1941 fu promosso maggiore generale. Dal 20 maggio al 29 novembre 1941 comandò la 21° divisione Panzer nell’Afrika Korps. Il 1° ottobre 1941 fu promosso tenente generale. Fu fatto prigioniero da soldati neozelandesi il 28 novembre 1941, al Punto 175. Quei neozelandesi furono fatti prigionieri lo stesso giorno, ma Ravenstein era stato già portato nelle retrovie e trascorse qualche tempo in campo di prigionia a Pietermaritzburg, nell’Unione del Sud Africa prima di essere trasferito nel Canada. Vi restò prigioniero dal 1942 al 1947, inizialmente a Bowmanville, Ontario, poi a Grandeligne, Quebec, infine al Farnham. Fu rimpatriato in Germania nel novembre 1947. Johann von Ravenstein morì il 26 marzo 1962 a Duisburg, all’età di 74 anni.

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Capitolo 14 - Indietro a Tobruk


Wavell Archibald

Archibald Percival Wavell, I conte di Wavell, nacque a Colchester il 5 maggio 1883 ma spese molto della sua infanzia in India perché suo padre (Graham Archibald Wavell) era un maggiore generale dell’esercito britannico colà dislocato. Dopo essersi laureato alla Royal Military Academy Sandhurst, Wavell l’8 maggio 1901 entrò nei Black Watch, il reggimento reale scozzese, e combatté durante la seconda guerra boera. Nel corso della sua lunga carriera militare divenne un generale di vasta esperienza e notevoli capacità politico-strategiche. Nel luglio 1939 fu nominato comandante in capo del comando del Medio Oriente con il rango di generale. All’inizio della seconda guerra mondiale, il teatro mediorientale rimase tranquillo per i primi mesi, fino alla dichiarazione di guerra dell’Italia nel giugno del 1940. Le forze italiane in Nord ed Est Africa misero in inferiorità numerica gli Inglesi, così la politica di Wavell fu quella del "contenimento flessibile", cioè di guadagnare tempo per costruire le forze sufficienti per passare all’offensiva. Cosicché prima le forze inglesi arretrarono di fronte ai progressi italiani che avanzavano dalla Libia, dall’Eritrea ed Etiopia, poi Wavell iniziò la controffensiva in Libia con l’Operazione Compass nel dicembre 1940, ed in Eritrea e in Etiopia nel gennaio 1941. A febbraio 1941, il Western Desert Force, comandato dal tenente generale Richard O’Connor, sconfisse l’esercito italiano a Beda Fomm, facendo 130.000 prigionieri; sembrava ormai essere in procinto di sconfiggere le ultime forze italiane in Libia. Ma l'arrivò di Rommel rovinò tutto. Nel luglio 1941, dopo la controffensiva italo-tedesca in Cirenaica, Wavell fu trasferito da Churchill al comando delle forze imperiali in India e poi, nel gennaio 1942, fu posto all’effimero comando combinato alleato in Estremo Oriente ABDA. Incapace, per scarsezza di risorse e per oggettive difficoltà operative, di fronteggiare la potente offensiva giapponese, nel marzo 1942 Wavell ritornò al comando in India, dove restò fino alla fine della guerra. Nel 1947 Wavell tornò in Inghilterra e ottenne l’High Steward of Colchester, una onorificenza assegnata dal Colchester Borough Council, Essex, Inghilterra. Nello stesso anno fu creato conte di Wavell e gli fu dato il titolo supplementare di Visconte Keren di Eritrea e Winchester. Wavell morì il 24 maggio 1950 a seguito di una ricaduta dopo un intervento chirurgico addominale subìto il 5 maggio.

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Capitolo 4 - Arriva Rommel


Westphal Siegfried

Siegfried Westphal nacque il 18 marzo 1902 a Leipzig. Entrò il 10 novembre 1918 nella Reichswehr nel 12° reggimento granatieri. Il 1° dicembre 1922 fu trasferito all’11° reggimento Reiter e promosso al grado di tenente. Il 1° settembre 1939 Westphal era primo ufficiale di Stato Maggiore della 58ª divisione di fanteria e il 5 marzo 1940 del XXVII Corpo d’Armata. Durante la guerra del deserto in Nordafrica il ten. col. Westphal servì come responsabile delle operazioni sotto il generale Erwin Rommel. Egli rimase gravemente ferito il 1° giugno 1942. Dopo la sua nomina a colonnello del 1° agosto 1942, il 6 ottobre di quell’anno fu nominato capo di stato maggiore dell’esercito italo-tedesco Panzerarmee Afrika. Promosso poi a maggior generale ebbe la nomina a capo del dipartimento gestione del Comandante in Capo del Sud, il 1° febbraio 1943, poi una promozione a maggior generale, il 1° marzo 1943. A novembre 1943 fu nominato capo di stato maggiore per il Comandante in Capo del Sud-Ovest e il 1° aprile 1944 capo del personale per il Comandante in Capo dell’Occidente. Il 1° febbraio 1945 fu promosso generale di cavalleria. L’8 maggio 1945 cadde prigioniero degli USA e restò tale fino a dicembre 1947, andando poi a lavorare nel servizio stampa della società Ruhrstahl, divenendo un direttore di quell’organizzazione. Si ritirò nel 1972. Siegfried Westphal morì il 2 luglio 1982 a Celle.

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Capitolo 14 - Indietro a Tobruk


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