Programma Fisch

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2013/14

XXXIII stagione concertistica

asher fisch

direttore e pianoforte


Direttore generale

Marco Parri

Direttore servizi musicali

Paolo Frassinelli

Direttore comunicazione

fondazione orchestra regionale toscana

Riccardo Basile

Ufficio sviluppo e fundraising

Elisa Bonini

Amministrazione

Simone Grifagni Cristina Ottanelli

Ufficio del personale

Patrizia Brogioni Andrea Gianfaldoni Segreteria

Consiglio di Amministrazione Claudio Martini Presidente Daniela Misul Vicepresidente Marco Bertini Marta Blasi Stefanelli Ricciotti Corradini Rita Cucè Alda Giannetti Giancarlo Nutini Giulio Cesare Ricci Adriano Tintori Riccardo Zucconi Collegio dei Revisori dei Conti Roberto Giacinti Presidente Rino Cacciamani Paolo Formichi

Stefania Tombelli | Direzione Generale Tiziana Goretti | Direzione Artistica Ambra Greco | Area Comunicazione Simona Capristo | Play It! Servizi tecnici Orchestra

Francesco Vensi Angelo Del Rosso

OspitalitĂ e sala Teatro Verdi

Fulvio Palmieri Paolo Malvini

Palcoscenico Teatro Verdi

Alfredo Ridi Walter Sica Carmelo Meli Sandro Russo Alessandro Goretti


XXXIII stagione concertistica direttore artistico direttore principale direttore ospite principale

Giorgio Battistelli Daniel Kawka Daniele Rustioni


Asher Fisch direttore e solista al pianoforte

Wolfgang Amadeus Mozart

Concerto n.20 in re minore per pianoforte e orchestra K.466 Allegro Romance Allegro assai

***

Arnold Shönberg

Kammersymphonie n.2 op.38 Adagio Con fuoco

Gustav Mahler

Adagio dalla ‘Sinfonia n.10’ versione per orchestra da camera di Cliff Colnot

Giovedì 20 febbraio 2014

Firenze, Teatro Verdi ore 21.00

concerto trasmesso in differita da Venerdì 21 febbraio 2014

Livorno, Teatro Goldoni ore 21.00 Sabato 22 febbraio 2014

Figline Valdarno, Teatro Garibaldi ore 21.15


Asher Fisch

Asher Fisch collabora regolarmente con i maggiori teatri europei e americani e con complessi sinfonici di prestigio. Significative sono le sue collaborazioni con la Israel Philharmonic Orchestra, la Chicago Symphony Orchestra, la NHK Symphony Orchestra, i Münchner Philharmoniker, la Mozarteum Orchester, la NDR Hamburg Orchestra, l’Orchestre National de Lyon, l’Orchestre Philharmonique de Radio France, la Philharmonia Hungarica, la Western Australian Symphony Orchestra, le orchestre sinfoniche di Atlanta, Detroit, Bergen e Seattle. È stato direttore musicale della New Israeli Opera e direttore musicale della Volksoper di Vienna; spesso è invitato alla Staatsoper di Vienna (Parsifal, Fidelio, Tosca, Evgenij Onegin) alla Staatsoper di Berlino (Il flauto magico), alla Royal Danish Opera (Tristano e Isotta), Bayerische Staatsoper (Don Giovanni) e

alla Hamburgische Staatsoper (Cavalleria rusticana, Pagliacci). Ha debuttato al Covent Garden di Londra nel 1996 in occasione del “Gold and Silver Gala” con Placido Domingo mentre il suo debutto americano è avvenuto un anno prima alla Los Angeles Opera con Der fliegende Holländer; successivamente è stato invitato alla Lyric Opera di Chicago, al Metropolitan di New York e alla Houston Grand Opera. Ha inoltre diretto Tosca al Théâtre de la Monnaie di Bruxelles, Les contes d’Hoffmann all’Opéra Bastille di Parigi e alla Deutsche Oper di Berlino, Tristano e Isotta e Wozzeck alla Semperoper di Dresda, e ospite al Savonlinna Festival, alla New Israeli Opera, alla Seattle Opera, e produzioni a Monaco, Berlino e Vienna. Ha inaugurato con Parsifal la stagione 2007/2008 al Teatro San Carlo di Napoli e ha debuttato al Teatro alla Scala con La vedova allegra; nel 2009 ha diretto i Berliner Philharmoniker e ha inaugurato la stagione 2010 del Teatro dell’Opera di Roma con Falstaff con grande successo di pubblico e critica. Il suo repertorio parte dalle opere mozartiane e si sofferma a più riprese sulle opere di Wagner, di Richard Strauss, Janacek, con ampio spazio al teatro d’opera di Verdi, Puccini, Mascagni. La sua registrazione del ciclo completo di Der Ring des Nibelungen per Melba Records è designata come “CD of the month” sia da BBC Classical che da FM Classical Magazine nel Regno Unito. OPUS Magazine commenta così la registrazione: “But above all, it was the


conducting of Asher Fisch that made this Ring so special. It is not going too far to say that he ranks among the finest Ring conductors of our time.” (Ma soprattutto, è stata la conduzione di Asher Fisch che ha reso questo Ring così speciale. Non è esagerato dire che si posiziona tra la miglior conduzione di Der Ring des Nibelungen del nostro tempo.) Asher Fisch svolge attività concertistica anche come pianista; con Daniel Barenboim ha eseguito La sagra della Primavera nella versione a quattro mani. Tra gli impegni più recenti segnaliamo: Les Contes d’Hoffmann a Nagoya; Un Ballo in maschera a Chicago; Tristano e Isotta, Parsifal e Fidelio a Seattle; Salomè a Montecarlo; Tosca ed Aida alle Terme di Caracalla; Il flauto magico, Turandot, Hänsel e Gretel,

Don Carlo, Carmen alla Bayerische Staatsoper di Monaco; La Vedova allegra all’Opera National de Paris; Greek Passion e Der Koenig Kandaules al Teatro Massimo di Palermo; Cavalleria Rusticana e Pagliacci a Vienna. Ha diretto la Chicago Symphony Orchestra e la Cleveland Orchestra e concerti sinfonici a Bari, Bologna, Palermo, Bolzano, Copenaghen, New York, con il plauso di pubblico e critica. Nei prossimi mesi sarà impegnato a Monaco di Baviera con Salomè, Parsifal, Ariadne auf Naxos e La Forza del Destino, e in vari concerti sinfonici a Perth, Bruxelles, Cincinnati, Melbourne e Saarbrücken in Germania. Nel frattempo ritorna all’ORT, dopo l’ultima esibizione nel maggio 2012 con la formazione toscana e l’Orchestra Giovanile Italiana.


Wolfgang Amadeus Mozart

(Salisburgo 1756 – Vienna 1791) Concerto n.20 in re minore per pianoforte e orchestra K.466 durata 32 minuti circa

Il Concerto per pianoforte K.466 fu composto da Mozart nel 1785, ed è il decimo dei Concerti scritti dopo il trasferimento a Vienna, avvenuto nel 1781. Nei quattro anni successivi alla rottura con la corte salisburghese Mozart si era affermato rapidamente presso il pubblico della capitale dell’impero, nella veste però non tanto di compositore quanto di pianista, come virtuoso alla moda. Il ristretto circolo di aristocratici e facoltosi borghesi che onorava della sua presenza le “accademie” organizzate dal giovane salisburghese, veniva irresistibilmente attratto dagli aspetti di novità del pianismo mozartiano, dalla scorrevolezza brillante e non cembalistica, dalle inedite escursioni dinamiche, dai controllati effetti percussivi del tocco. Tali caratteristiche infatti rispondevano perfettamente al gusto effimero e disimpegnato della maggior parte degli ascoltatori; e il concerto per pianoforte e orchestra era considerato come genere di intrattenimento e svago per eccellenza. Non deve stupire dunque che nei primi concerti viennesi preoccupazione

prioritaria dell’autore fosse quella di confezionare dei prodotti in cui egli stesso potesse figurare, come solista, nel modo più accattivante possibile; ma poi, progressivamente, Mozart trasformò il genere del concerto in un vero e proprio laboratorio di sperimentazioni formali, linguistiche, contenutistiche. L’esito fu quello di una nuova concezione del rapporto fra pianoforte e compagine orchestrale come confronto di diverse individualità, in un ottica che precorre quella del concerto beethoveniano e poi romantico. Proprio in questa prospettiva il Concerto in re minore K.466, eseguito e diretto dall’autore l’11 febbraio 1785, apre nuove frontiere, forzando il virtuosismo verso una “drammatizzazione” che tende a un coinvolgimento emotivo dell’ascoltatore e non è certo un caso se questo concerto fu l’unico fra quelli di Mozart a rimanere in repertorio durante il romanticismo. La stessa tonalità minore esclude a priori la componente più facilmente brillante ed esteriore del virtuosismo. L’intero brano è improntato ad una tragicità quasi teatrale, splendidamente calibrata su una dialettica di contrasti interni, formali, tonali, fra “solo” e “tutti”. Nel primo movimento la drammaticità del primo tema, subito evidenziata dal ritmo sincopato che agita l’introduzione orchestrale, viene attenuata da un secondo tema cantabile; l’ingresso del pianoforte avviene però con un terzo tema che, nel corso del tempo, verrà ripreso solo dallo strumento solista; il conflitto


fra quest’ultimo e l’orchestra assume insomma una veste anche tematica. La cadenza che, come di consueto, precede la coda del movimento, non ci è stata lasciata dall’autore; per tradizione si usa eseguire quella appositamente scritta da Beethoven per le proprie esecuzioni della partitura. Forte è il contrasto con il secondo tempo, una Romance basata su una melodia semplicissima, intonata dal pianoforte e ripresa dall’orchestra; e un nuovo contrasto viene a crearsi con la sezione centrale del movimento che, ricca di esiti drammatici e complessi equilibri strumentali, ottiene l’effetto di evidenziare il carattere del tema principale quando questo si ripresenta. Con il Finale, in forma di rondò, torniamo all’ambientazione iniziale, accentuata dall’incalzare del ritmo e dalla frequente oscillazione fra minore e maggiore; questo clima si converte però nella coda, che suggella in Concerto con un sorprendente re maggiore. Si tratta di una conclusione che è stata variamente interpretata, ed anche aspramente criticata come concessione al pubblico; ma essa costituisce in realtà, con coerenza estrema, l’ultima risposta a quella logica di contrapposizioni che anima la drammaticità dell’intera partitura. Arrigo Quattrocchi

Arnold Schönberg

(Vienna 1874 - Los Angeles 1954 ) Kammersymphonie n.2, op.38 durata 21 minuti circa

Arnold Schönberg è, con Igor Stravinskij, il fondatore del Novecento musicale. Mentre il russo persegue una poetica del mascheramento, del gioco sul passato apparentemente più facile e vantaggiosa, il viennese Schönberg conduce a esiti ineluttabili il processo di disgregazione linguistica e sintattica innescato dall’esperienza wagneriana. Due modi diversi e opposti di concepire il fatto musicale: Stravinskij il restauratore, Schönberg il progressista, secondo fortunate definizioni ideologiche del passato che miravano alla svalutazione dell’uno attraverso l’esaltazione dell’altro. Oggi invece guardiamo ai due ‘rivali’ come a due facce legittime e ugualmente valide del secolo scorso, nonostante che ormai la “Nuova Musica” germogliata dal tronco schönberghiano sia stata definitivamente vinta dall’altra. Dalla tonalità alla sua dissoluzione fino all’approdo al nuovo ordine dodecafonico, l’itinerario creativo e concettuale di Schönberg si può con facilità suddividere in quattro periodi. Il primo si inscrive appieno nel decadentismo europeo: difficile sottrarsi al magnetismo wagneriano, non ammirare la rigogliosa


scrittura di Strauss e Mahler; fortuna che a mitigare il tutto c’è un serio scrupolo formale derivatogli da Brahms. Nel secondo, con l’adesione all’estetica dell’espressionismo, avviene l’uscita da quel sistema tonale che per quattro secoli era stato alla base della musica occidentale: a partire dai Tre pezzi per pianoforte op. 11 del 1909, la cosiddetta “emancipazione della dissonanza” (il rifiuto dei principi di ordinamento gerarchico e di relazione reciproca fra le note) porta all’atonalità. Per molti artisti il primo dopoguerra è un’epoca di ritorno all’ordine. Anche per Schönberg: lo sviluppo della dodecafonia (il “metodo di comporre con dodici suoni che non stanno in relazione che fra loro”, impiegato integralmente nella Suite per pianoforte op. 25, 1921), gli garantisce il controllo razionale dell’intera costruzione musicale. Nella quarta fase della sua produzione, che prende avvio dopo la forzata emigrazione negli Stati Uniti (1934), l’impiego del nuovo metodo compositivo non è così radicale come nell’allievo-amico-collega Webern, anzi si stempera nel frequente ritorno alla tonalità e a forme musicali del passato. A una commissione americana si deve il completamento della seconda Sinfonia da camera op. 38, partitura incompiuta da decenni che Schönberg tirò fuori dal cassetto per fornire un pezzo nuovo a Fritz Stiedry e alla sua orchestra newyorkese dei New Friends of Music (prima esecuzione: 15 dicembre 1940). Nata a seguito della prima Sinfonia da

camera op. 9 ma interrotta per rispondere a più urgenti istanze espressive, la gran parte della composizione risaliva infatti all’agosto 1906. Ripresa in mano nell’11 e nel ‘16, orchestrato il primo movimento nel ‘35, nel 1939 la richiesta di Stiedry convinse il compositore a rielaborarla aggiungendovi pure un secondo tempo - e poi perfino a trascriverla per due pianoforti. Certo non fu operazione facile per Schönberg recuperare la tonalità allargata tardoromantica e riprodurre il suo stile di trent’anni prima, ancora debitore a Wagner. Tuttavia il risultato è assolutamente omogeneo, fasciato com’è da quella salda nervatura contrappuntistica che, insieme alla parsimonia tematica, ne assicura coerenza e rigore formale. Riflesso della cultura viennese primonovecentesca è la pressione emotiva gravante sull’Adagio armonicamente sfuggente. Nel movimento successivo (“Con fuoco”) quel qualcosa di impressionista delle prime battute si perde immediatamente tra lo sberleffo alla Till Eulenspiegel e la trasfigurazione di una danza dai contorni triviali che da ultimo, dopo aver sovrapposto e alternato metri di 6/8 e 2/4, si frantuma in un epilogo dolente. Gregorio Moppi


Gustav Mahler

(Kalischt 1860 – Vienna 1911) Adagio dalla ‘Sinfonia n.10’ versione per orchestra da camera di Cliff Colnot durata 25 minuti circa

Per quanto avesse cercato, spinto da una tendenza alla superstizione, di gabbare il destino intitolando Das Lied von der Erde (‘Il Canto della Terra’, 1908) quella che in sostanza è la sua penultima sinfonia, anche Gustav Mahler vedrà interrompere il suo percorso sinfonico una volta giunto alla Nona (1908-09), a quel numero che prima di tutti si era rivelato ‘fatale’ per Beethoven. La sua Sinfonia n.10 ci è giunta incompiuta, o meglio sotto forma di abbozzi, talvolta davvero sommari, di cinque movimenti, stesi pressoché di getto nell’estate del 1910, come di consueto trascorsa a Dobbiaco: ma solo uno, il grande e intenso Adagio, è il più vicino di tutti allo stadio di elaborazione finale, al punto da poter essere eseguito così com’è scritto. Mahler, affetto da quella che troppo tardi si era rivelata una grave forma di endocardite, morirà prima di poter dare una forma compiuta quanto a idee e orchestrazione alla sua Decima Sinfonia. Dopo la sua morte, anche compositori come Schönberg e Sostakovic vennero incaricati di portare a completamento il gigantesco lavoro,

ma declinarono di fronte al timore di confrontarsi con il lascito di un indiscusso gigante. Il musicologo inglese Deryck Cooke è stato il primo che ha approntato, partendo da uno studio accurato di quegli abbozzi e di quegli appunti, una versione della Decima destinata all’esecuzione musicale, che ha avuto la sua edizione definitiva nella pubblicazione a stampa (1976). Ma se l’esecuzione della Decima della versione di Cooke, pur avendo avuto una certa fortuna in sala d’incisione, è abbastanza difficile da ascoltare in concerto ancora oggi, ben più popolare è rimasto l’Adagio, probabile primo movimento della sinfonia. Nacque, come del resto tutto il lavoro nella sua concezione generale, come risposta creativa alla disperazione di Mahler innanzi alla scoperta della relazione fra la moglie Alma e il giovane architetto Walter Gropius. Un avvenimento che sconvolse la già fragile natura nervosa di Mahler, al quale Alma, una volta scoperta, non esiterà a rinfacciare i divieti e le privazioni fino a quel momento imposti dal marito, e perfino l’impotenza sessuale. E da quel momento Mahler sarà divorato dai sensi di colpa. Ma non sono la rabbia o lo sdegno a guidare la sua mano di compositore, piuttosto la disperazione di perdere per sempre l’amata Alma: «Per te vivere, per te morire, Almschi!» è scritto di suo pugno, per ben due volte, negli schizzi del movimento finale della Sinfonia. Quest’esteso Adagio, perfetto quanto ad elaborazione musicale ed espressività, può allora rivelarsi all’ascolto


(e il discorso potrebbe idealmente essere esteso all’intera Sinfonia) anche come un vibrante e tormentato ultimo gesto d’amore di Mahler nei confronti di Alma, come un’implorazione disperata a lei rivolta. È una pagina dall’esteso respiro sinfonico, memore in questo degli ampi adagi di Bruckner, ma screziato da quelle armonie cangianti e spettrali che sono tipiche di Mahler. Ad avviarla è un tema sommesso, affidato alle sole viole (Andante), che procede quasi misteriosamente finché non lascia spazio a un nuovo motivo (dal quale inizia l’Adagio vero e proprio): un gesto appassionato, ricco di calore e slancio, stavolta annunciato soprattutto da violini, viole e violoncelli. Segue subito un terzo tema, dal carattere più leggero e sorretto dal pizzicato dei violoncelli. Sono queste tre idee principali ad essere sottoposte a un inesauribile gioco di trasformazioni, diluendosi in un flusso ininterrotto dei più diversi colori strumentali, fra aperture cantabili, guizzi grotteschi e accenni di tensioni febbrili. Un caleidoscopio di metamorfosi continue, che culmina in un fragoroso accordo dissonante, organistico nella sua possenza: squarcia il fluttuante tessuto timbrico con il tono assertivo di una rivelazione. Da qui, da questa potente lacerazione, riprendono lentamente vita i temi già ascoltati, che delineano un panorama di spettrale irrealtà. Sono però ora come addolciti, ed è soprattutto il tema che ha aperto l’Adagio a procedere, impalpabile a ancor più lirico, verso il silenzio assorto del pianissimo finale,

dove si spegne fra estatici pizzicati. Come un commiato dolcissimo, ultimo anelito all’amore e alla vita dell’uomo Gustav Mahler. Francesco Ermini Polacci


VIOLINI PRIMI

Andrea Tacchi * Daniele Giorgi * Patrizia Bettotti** Francesco Di Cuonzo Marian Elleman Chiara Foletto Marco Pistelli VIOLINI SECONDI

Chiara Morandi * Stefano Bianchi ** Gabriella Colombo Marcello D’Angelo Alessandro Giani Susanna Pasquariello VIOLE

Stefano Zanobini * Midori Maruyama * Pier Paolo Ricci ** Caterina Cioli Chiara Foletto Alessandro Franconi

FLAUTI

Fabio Fabbrizzi * Michele Marasco * OBOI

Alessio Galiazzo * Flavio Giuliani * CLARINETTI

Marco Ortolani * Emilio Checchini FAGOTTI

Paolo Carlini * Umberto Codecà * CORNI

Andrea Albori * Paolo Faggi * TROMBE

Donato De Sena * Guido Guidarelli * TROMBONE

VIOLONCELLI

Luca Provenzani * Enrico Ferri ** Stefano Battistini Giovanni Simeone CONTRABBASSI

Amerigo Bernardi * Gianpietro Zampella * Luigi Giannoni **

Stefano Bellucci * TIMPANI

Morgan M.Tortelli * ARPA

Cinzia Conte *

*prime parti **concertino Ispettore d’orcheStra e archivista

Alfredo Vignoli


I PROSSIMI APPUNTAMENTI

MARIA CASSI direttore SERGIO ALAPONT regia LEONARDO CANTELLI musiche di Mendelssohn, Mozart, Rossini, Bizet, Beethoven, Bernstein, J.Strauss

4 MARZO

Prevendita

Biglietteria del Teatro Verdi via Ghibellina 97 | Firenze tel. 055 212320

martedì ore 21.00

8

APRILE martedì ore 21.00

PAOLO CARIGNANI direttore LAURA POLVERELLI mezzosoprano

musiche di Beethoven, Schubert

16

APRILE mercoledì ore 21.00

DANIEL SMITH direttore CHLOË HANSLIP violino

musiche di Beethoven, Adams, Ives, Schubert


SOSTENENDO L’ORT SARà TUTTA UN’ALTRA MUSICA

Crediamo che la cultura rappresenti un volano di sviluppo del territorio, arricchisca la società e assicuri la crescita consapevole delle nuove generazioni. Siamo convinti che la musica possa nutrire lo spirito e il corpo, che contribuisca a far crescere le nuove generazioni attraverso un ascolto consapevole dell’affascinante mondo musicale in cui viviamo, un mondo in continua trasformazione. La nostra proposta musicale è rivolta a tutti e suggerisce una libertà di ascolto che spazia nel tempo, dal passato al presente. Lavoriamo con impegno e passione perchè siamo convinti che con una musica intelligente e bella si possa vivere meglio. Cerchiamo amici disposti a condividere il nostro lavoro, affiancandoci nel percorso e sostenendoci nella nostra visione di una città più armoniosa. Il tuo contributo potrà arricchire l’attività e i progetti di formazione e di educazione all’ascolto rivolti ai più giovani.

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Direzione Generale direzionegenerale@orchestradellatoscana.it Direzione Artistica direzioneartistica@orchestradellatoscana.it Area Comunicazione ortstampa@orchestradellatoscana.it Ufficio Sviluppo ufficiosviluppo@orchestradellatoscana.it Ufficio del Personale ufficiopersonale@orchestradellatoscana.it Amministrazione direzioneamministrativa@orchestradellatoscana.it Servizi Tecnici ufficiotecnico@orchestradellatoscana.it Segreteria Play It! playit@orchestradellatoscana.it

proGramma di sala a cura di

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Via Ghibellina, 99 - 50122 Firenze Biglietteria Via Ghibellina 97 - 50122 Firenze orari dal lun al sab 10-13 e 16-19 festivi chiuso tel. (+39) 055 212320 fax. (+39) 055 288417 www.teatroverdionline.it info@teatroverdionline.it

impaginazione

Mattia Vegni Foto

Chris Gonz (copertina, 5, 6 ) James O’Mara (13) Marco Borrelli (14) stampa

Nuova Grafica Fiorentina (Firenze)


LA MUSICA FORTE DELL’ITALIA F E ST I VA L

I I I E DI Z ION E

26-27-28-29 MARZO 2014 2014 27-28-29 MARZO FIRENZE FIRENZE

TEATROVERDI VERDI TEATRO

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