Programma Fisch | Stagione 15_16

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XXXV STAGIONE CONCERTISTICA

ASHER FISCH direttore


fondazione orchestra regionale toscana

Direttore generale

Marco Parri

Direttore servizi musicali

Paolo Frassinelli

Direttore comunicazione

Riccardo Basile

Ufficio sviluppo e fundraising

Elisa Bonini

Amministrazione

Simone Grifagni, Cristina Ottanelli Ufficio del personale

Patrizia Brogioni, Andrea Gianfaldoni Segreteria

Stefania Tombelli | Direzione Generale Tiziana Goretti | Direzione Artistica Ambra Greco | Area Comunicazione Servizi tecnici Orchestra

Francesco Vensi, Angelo Del Rosso Consiglio di Amministrazione

Maurizio Frittelli presidente Francesca Bardelli vice presidente Elisa Burlamacchi Nazzareno Carusi Revisore Unico

Vittorio Quarta

* Il Consiglio di Amministrazione e il Revisore unico si

sono insediati il 3 dicembre 2015 e resteranno in carica per 5 anni, come previsto dallo Statuto.

OspitalitĂ e sala Teatro Verdi

Fulvio Palmieri, Paolo Malvini Palcoscenico Teatro Verdi

Alfredo Ridi, Walter Sica, Carmelo Meli, Sandro Russo, Alessandro Goretti Personale di sala

Lisa Baldi, Martina Berti, Anastasiya Byshlyaha, Tommaso Cellini, Lorenzo Del Mastio, Massimo Duino, Enrico Guerrini, Chiara Giglioli, Alessandro Iachino, Michele Leccese, Pasquale Matarrese, Jibril Sheikh Oyaye, Mario Venneri, Giuseppe Zarcone


XXXV stagione concertistica direttore artistico

Giorgio Battistelli

direttore principale Daniele Rustioni direttore e compositore in residence Tan Dun direttore onorario Thomas Dausgaard

 O IC

stituzioni

oncertistiche

rchestrali


ASHER FISCH direttore

GYÖRGY LIGETI

Melodien, per orchestra (1971)

GUSTAV MAHLER

Sinfonia n.5 versione per orchestra da camera di Klaus Simon (2014) I Abteilung 1. Trauermarsch. In gemessenem Schritt. Streng. Wie ein Kondukt (Marcia funebre, Con andatura misurata, Severamente, Come un corteo funebre)

2. Stürmisch bewegt, mit grösster Vehemenz livorno, Teatro goldoni

lunedì 11 gennaio 2016 ore 21.00 pisa, Teatro Verdi

martedì 12 gennaio 2016 ore 21.00 Firenze, Teatro Verdi *

mercoledì 13 gennaio 2016 ore 21.00 poggibonsi, Teatro politeama

giovedì 14 gennaio 2016 ore 21.00

(Tempestosamente mosso, Con la veemenza più grande)

II Abteilung 3. Scherzo. Kräftig, nicht zu schnell (Scherzo, Vigoroso, non troppo presto)

III Abteilung 4. Adagietto. Sehr langsam (Adagietto, Molto lento)

5. Rondo- Finale. Allegro. Allegro giocoso. Frisch (Rondo-Finale, Allegro, Allegro giocoso, Brioso)

* concerto trasmesso in differita da Rete Toscana Classica

Registrazioni e produzioni audio a cura di SoundStudioService

non è previsto intervallo


ASHER FISCH È ospite regolare nei maggiori teatri europei e americani e nei complessi sinfonici di prestigio. Significative sono le sue collaborazioni con orchestre quali la Israel Philharmonic Orchestra, Chicago Symphony Orchestra, NHK Symphony Orchestra, Münchner Philharmoniker, Mozarteum Orchester, NDR Hamburg Orchestra, Orchestre National de Lyon, Orchestre Philharmonique de Radio France, Philharmonia Hungarica, Western Australian Symphony Orchestra, le orchestre sinfoniche di Atlanta, Detroit, Bergen e Seattle. È stato direttore musicale della New Israeli Opera e della Volksoper di Vienna, dove ha diretto con enorme successo Die Meistersinger von Nürnberg e Der König Kandaules di Zemlinsky.

Il suo repertorio parte dalle opere mozartiane e si sofferma a più riprese sulle opere di Wagner, di Richard Strauss, Janacek, con ampio spazio al teatro d’opera di Verdi, Puccini, Mascagni. È stato invitato alla Staatsoper di Vienna (Parsifal, Fidelio, Tosca, Evgenij Onegin), alla Staatsoper di Berlino (Die Zauberflöte), alla Royal Danish Opera (Tristan und Isolde), alla Bayerische Staatsoper (Don Giovanni) e alla Hamburgische Staatsoper (Cavalleria rusticana, Pagliacci). Ha debuttato al Covent Garden di Londra nel 1996 in occasione del “Gold and Silver Gala” con Placido Domingo (concerto pubblicato in CD dall’etichetta EMI), per poi tornarvi a dirigere Il barbiere di Siviglia. Da marzo 2014 è direttore principale presso la West


Australian Symphony Orchestra a Perth ed è direttore principale ospite presso l'Opera di Seattle. Il suo debutto americano è avvenuto nel 1995 alla Los Angeles Opera con Der fliegende Holländer; successivamente è stato invitato alla Lyric Opera di Chicago (Madama Butterfly, Macbeth, Die Fledermaus), al Metropolitan di New York (La vedova allegra, Madama Butterfly) e alla Houston Grand Opera (Kat’a Kabanova). Ha inoltre diretto Tosca al Théâtre de la Monnaie di Bruxelles, Les contes d'Hoffmann all’Opéra Bastille di Parigi e alla Deutsche Oper di Berlino, La forza del destino, Otello, Norma e Macbeth al Savonlinna Festival. Nelle ultime stagioni ha diretto Don Carlo, Der Rosenkavalier e una nuova produzione del Trittico (giugno/luglio 2007), alla New Israeli Opera, Tristan und Isolde e Wozzeck alla Semperoper di Dresda, Der Rosenkavalier e Der Fliegende Holländer alla Seattle Opera, oltre che produzioni a Monaco, Berlino e Vienna. Ha inaugurato con Parsifal la stagione 2007/08 al San Carlo di Napoli e ha debuttato alla Scala con La vedova allegra, successivamente ricordiamo i concerti con la Dallas Symphony Orchestra, al George Enescu International Festival,

a Londra con la London Symphony Orchestra e il suo debutto nel 2009 con i Berliner Philharmoniker oltre ai concerti sinfonici a Bari, Palermo, Bolzano, Copenaghen, New York. Ha inaugurato la stagione 2010 del Teatro dell’Opera di Roma dirigendo Falstaff. Sempre per il repertorio operistico è stato poi ospite alla Bayerische Staatsoper di Monaco, alla Semperoper di Dresda, a Vienna, a Nagoya, a Chicago, a Seattle, a Palermo, a Bologna, alle Terme di Caracalla a Roma, all’Opera National de Paris e ad Amburgo. Continua la sua stretta collaborazione con la Bayerische Staatsoper di Monaco dove ha recentemente diretto La Bohème, Turandot, Salome, Parsifal, Ariadne auf Naxos, La Forza del Destino, Werther. Tra i prossimi impegni sono previste produzioni a Monaco di Baviera, Dresda, Perth, New York e Torino. La sua registrazione del ciclo completo di Der Ring des Nibelungen per Melba Records è stata acclamata dalla critica internazionale. Asher Fisch svolge attività concertistica anche come pianista; con Daniel Barenboim ha eseguito La sagra della Primavera nella versione a quattro mani. È ospite regolare sul podio dell'Orchestra della Toscana da circa 20 anni.


GYÖRGY LIGETI

(Târnăveni 1923 - Vienna 2006) Melodien per orchestra (1971) durata 13 minuti circa Ligeti è tra i protagonisti della musica del secondo Novecento. Le sue misteriose, esoteriche o grottesche atmosfere parlano all'ascoltatore con una forza immaginifica che gli valse, tra l'altro, l'attenzione di Stanley Kubrick, che nel 1968 impiegò per la colonna sonora dell'epocale 2001 Odissea nello spazio – senza il consenso di Ligeti che poi gli avrebbe intentato causa - frammenti di Atmosphères per orchestra, di Lux Aeterna per sedici voci soliste e del grandioso Requiem. Nato nella Transilvania allora ungherese, oggi romena, ebreo, costretto per questo a interrompere gli studi al conservatorio di Kolozsvár (oggi Cluj) e condannato ai lavori forzati mentre la sua famiglia andava incontro ad un ben più terribile destino nei campi di sterminio, Ligeti poté riprendere gli studi musicali nell'Ungheria comunista, su basi linguistiche influenzate da Bela Bartók - di cui per certi aspetti è in effetti l'erede, come dimostra la serie pianistica Musica Ricercata, 1951-1953 - ma tagliato fuori dagli sviluppi musicali europei su cui poteva saltuariamente aggiornarsi solo ascoltando in segreto la radio. Fino a quando, dopo la repressione sovietica della rivoluzione ungherese di Imre Nagy nel 1956, riuscì a fuggire a Vienna, legandosi poi alla cerchia dei novatori rigoristi di Darmstadt, di cui più tardi avrebbe rinnegato gli astratti furori, paragonando le fazioni di Darmstadt

alle lotte intestine e liquidazioni naziste e staliniste e accusando la cerchia di Darmstadt di “assassinio di personalità”. Ma in quegli anni Ligeti poté comunque accostare la musica elettronica, Kagel, Xenakis (a cui si sarebbero in seguito aggiunti gli apporti del minimalismo americano di Riley e Reich ), sviluppando ciò che sarebbe poi diventato il suo linguaggio più proprio: una micropolifonia costituita dal sovrapporsi di linee e una progressiva saturazione dello spazio sonoro per mezzo di eventi che si succedono senza soluzione di continuità e in un incessante moto spiraliforme. Fiorisce inoltre in Ligeti, fin dagli anni Sessanta, una vocazione al grottesco, al nonsense, al comico, con pezzi come Aventures-Nouvelles Aventures per voci e strumenti, e soprattutto nel grandioso esito della sua opera, il Grand Macabre (Stoccolma 1978), uno dei rari, durevoli, grandi successi del teatro musicale della seconda metà del Novecento. Melodien è un brano per orchestra scritto nel 1971 su commissione della città di Norimberga per i cinquecento anni della nascita di Albrecht Dürer, e proposto in prima esecuzione dall'orchestra sinfonica della città tedesca con la direzione di Hans Giester il 10 dicembre dello stesso anno. Melodien è un pezzo all'incirca coevo della Quindicesima di Šostakovič e di Vox Balenae di Crumb, di Agnus di Berio e di Persepolis di Xenakis, dei I semi di Gramsci


GUSTAV MAHLER

(Kaliště 1860 – Vienna 1911) Sinfonia n.5, versione per orchestra da camera di Klaus Simon (2014) durata: 65 minuti circa di Bussotti e di An imaginary Landscape di Harrison Birtwistle, della terza suite per violoncello di Britten e di Heavy Metal di Adams, di Tempus destruendi / Tempus aedificandi di Dallapiccola e di Ludwig van di Kagel, di Cummings ist der Dichter di Boulez e di Como una ola de fuerza y luz di Nono ... e tanto basti a dare l'idea del ventaglio di esperienze e di poetiche, quantomai aperto e variegato, di questi anni, fra novità, recuperi, diaspore, continuità, nuovi scenari e nuove tematiche, in cui Ligeti seppe guadagnarsi un ruolo di rilievo. Il titolo deriva dal fatto che la struttura armonica profonda del pezzo genera linee melodiche che si sviluppano, acquistano autonomia, si espandono e si contraggono, sprizzando da un veloce ed energico gesto iniziale di veloci guizzi ascendenti per poi placarsi in un andamento più disteso e quindi riaccendersi e nuovamente quietarsi. Queste linee orizzontali acquistano e poi subito abbandonano una valenza tematica, e si addensano occasionalmente in misteriosi eventi consonanti, ma tutto si ricrea e si rifrange nel gioco degli incastri ritmici fra linee procedenti per valori diversi, e ancor più nelle rifrazione di una stupenda e nitida tavolozza timbrica, caratterizzata da aggregati originali di corde, fiati e percussioni leggere, in tinte insieme variegate e rarefatte. Elisabetta Torselli

La Quinta rimane ancora oggi la sinfonia più nota di Gustav Mahler, vuoi anche per l’azzeccatissimo uso che Luchino Visconti fece dell’Adagietto (il quarto movimento) per accompagnare le pulsioni di vita e morte, l’anelito all’ideale di una pura bellezza, le atmosfere struggenti che scandiscono le vicende dello scrittore Ascenbach e dell’adolescente Tadzio in Morte a Venezia. Visconti fu lungimirante, perché la Sinfonia n.5 gronda del malessere, degli umori decadenti, delle inquietudini morbose e nevrotiche che furono della Vienna fra la fine del secolo e i primi anni del Novecento: la Vienna vissuta da Mahler come direttore d’orchestra e responsabile di quella che oggi è la Wiener Staatsoper, ma conosciuta anche grazie alla futura moglie, Alma Schindler, e al cenacolo di artisti (fra i quali il pittore Gustav Klimt) che intorno a lei orbitava. A quelle atmosfere che avvolgono così eloquentemente la partitura della Quinta si aggiunga poi la componente autobiografica, che ha una parte tutt’altro che marginale nel guidare la creatività di Mahler. Quando inizia a stendere le prime idee della sua nuova sinfonia, nell’estate del 1901 (durante il consueto soggiorno a Maiernigg, sul lago Wörthersee, in Carinzia), Mahler ha da poco rischiato di morire in seguito ad un’emorragia intestinale. L’aver visto la morte in faccia non fa altro che acuire la predisposizione del suo carattere all’inquietudine, alle insicurezze e


all’umor tetro. Poi conoscerà Alma, di vent’anni più giovane, quella che dicevano essere la più bella ragazza di Vienna; la sposerà nel 1902, ma il loro sarà un legame burrascoso e animato dalle incomprensioni generate da due forti personalità. È a questi eventi che si accompagna la stesura della Quinta, che Mahler riprende in mano nell’estate del 1902 e termina, nella sua stesura definitiva, nel 1903. La prima esecuzione, diretta dallo stesso autore, avverrà a Colonia il 18 Ottobre 1904, incontrando esiti contrastanti, fischi e consensi. Mahler continuerà però a riprendere in mano la partitura fino agli ultimi anni di vita, ritoccandola soprattutto dell’orchestrazione. Questa gestazione lunga e tormentata la dice lunga sull’esigenza di perfezione formale che assillava il musicista, che proprio in questa partitura volle tornare a una struttura sinfonica puramente orchestrale, rinunciando ai testi liederistici intonati da voci e ai programmi esplicativi che avevano caratterizzato la sua produzione sinfonica fino ad allora. Il modello da seguire diventa allora quello della sinfonia di Beethoven, con le sue strutture ben definite, i suoi discorsi consequenziali: «Sarà una sinfonia in piena regola, in quattro movimenti, ciascuno dei quali sarà in sé conchiuso, e legato agli altri unicamente da una medesima atmosfera», confida Mahler, subito dopo aver iniziato a concepire la Quinta.

Solo che se nella Sinfonia n.3 o nella n.5 di Beethoven – quelli che possono essere i più plausibili termini di confronto – la dialettica delle idee e delle forme conduce a esiti affermativi, a certezze che sono etiche oltre che puramente musicali, nella sua Sinfonia n.5 Mahler si apre ad una dimensione soggettiva, segnata appunto da connotati autobiografici, fatta di turbamenti, di disperazioni, di vani aneliti alla serenità, di nichilismo e vitalità, come se l’intero percorso sinfonico lì disegnato alludesse ad una continua lotta fra la morte e la vita. Al punto che l’intera architettura sinfonica, pur rimanendo ben compatta, prende le distanze dai più rigorosi canoni classici: sono cinque i movimenti, non quattro, a loro volta raggruppati in tre parti (i primi due, lo Scherzo, gli ultimi due) e tali da dar vita a una costruzione sinfonica di ampie dimensioni. La Quinta inizia il suo percorso con qualcosa che di un percorso è già la conclusione, un’agghiacciante marcia funebre (Trauermarsch), avviata dall’appello sinistro della tromba, come un gesto disperato ad alzata di sipario. A quel tragico incedere si sovrappone poi una distesa melodia degli archi, un canto desolato eppur struggente che viene punteggiato da ottoni e percussioni, come in una musica da banda di paese, i cui sinistri echi spesso risuonano nella musica di Mahler. Su queste idee si fonda l’intero movimento, tutto


costruito sull’alternanza di lamenti, gesti convulsi e violenti. E su tutto domina l’appello inesorabile della tromba, che riappare di continuo a marcare i vari momenti di un vero e proprio incubo; anche alla fine, prima della secca conclusione affidata ai pizzicati. Il secondo movimento trae nutrimento da spunti e idee del primo, garantendo così una coesione formale alla struttura. Brusco e violento è l’inizio, come una folata improvvisa di vento che però lascia poi il posto a episodi più lirici e introspettivi, a loro volta preludio a uno sviluppo particolarmente concitato. Un sommesso recitativo dei soli violoncelli, quasi implorante, riprende il tema della marcia funebre iniziale per farne un momento di profonda introspezione, mentre è un possente corale a definire la conclusione del movimento: solo che la sua vigorosa compattezza pare sgretolarsi, e perdere così il valore trionfalistico alluso, negli interventi strumentali solistici delle ultimissime battute, rarefatte e spettrali come rovine avvolte dalla nebbia. Lo Scherzo, dalle dimensioni particolarmente estese e che segna la seconda parte della Sinfonia, è caratterizzato da esuberanti toni vitalistici, annunciati fin dall’inizio dalla baldanza del corno. In questo valzer trasfigurato, simbolo della cultura e della civiltà viennesi qui al loro crepuscolo, il tono bonario e spensierato è però solo apparente: il passo danzante è non di rado interrotto da sospensioni,

da cambiamenti di tempo, da episodi bruschi e a volte grotteschi che fanno capire quanto quella serenità sia inutilmente vagheggiata, e che quella danza nasconda in realtà sinistre insidie e porti inesorabilmente, quasi con ghigno diabolico, sull’orlo dell’abisso. A questo Scherzo particolarmente elaborato e formicolante si contrappone l’oasi lirica purissima e dolente dell’Adagietto. Ai soli archi, con il discreto accompagnamento dell’arpa, è affidato il compito di evocare un idillio, per quanto idillio increspato da malinconia, solcato da dolcezza e lacrime. Eloquente la scelta, da parte di Mahler, di affidare l’origine del tema principale alla parte conclusiva del Lied Ich bin der Welt abhanden gekommen (Io sono perduto per il mondo), composto nell’estate del 1901: come a voler comunicare, sottolineandolo, il desiderio tormentato di un distacco dal mondo e l’anelito all’illusione di un rifugio, al di là dello spazio e del tempo, in una dimensione immobile e dolcissima come quella evocata da questa giustamente celebre pagina. Dall’ultima nota prolungata negli archi di questo sogno impossibile, si sprigiona l’esuberanza festosa che segna potentemente il RondòFinale. Prima il corno, poi il fagotto, che citano umoristicamente il Lied Lob des hohen Versandes (Lode dell’alto intelletto) dello stesso Mahler. È un avvio sarcastico, perché il Lied in questione narra di un asino che deve arbitrare


una gara fra un usignolo e un cuculo, e sceglie quest’ultimo perché il suo canto si ascolta più facilmente e per questo gli ricorda un corale ben scritto. E così, Mahler, ironizzando sui luoghi comuni dell’orecchiabilità che deve avere la musica, costruisce anche lui il suo corale, un inno dalla melodia semplice originato da un vorticoso e ben costruito caleidoscopio di suoni e motivi, alcuni già ascoltati (anche dall’Adagietto), governato dai principi del contrappunto, da sviluppi che ricordano l’immenso finale della Sinfonia n.41 “Jupiter” di Mozart, da una robusta estroversione non dissimile da quella dei Maestri cantori di Norinberga di Wagner. Un finale poderoso e trionfante, che però presenta nel suo tragitto non pochi elementi deformati dalla lente di un gusto grottesco; e se a ciò si aggiunge che i toni giubilanti sono anche troppo insistiti, ecco che alla fine si dubita di tutto questo ottimismo ostentato, e si troverà nell’ambiguità la chiave di lettura forse più plausibile per entrare nel tormentato mondo di Mahler. Il concerto di oggi presenta la Sinfonia n.5 di Mahler nella versione per orchestra da camera realizzata nel 2014 da Klaus Simon, già artefice di analoga operazione con le Sinfonie nn.1, 4 e 9. Un adattamento che, nel rispetto del significato musicale ed espressivo

dell’originale, si ispira alle riduzioni che Arnold Schönberg proponeva nell’ambito del Verein für musikalische Privataufführungen, l’associazione musicale privata da lui stesso creata, a Vienna nel 1918, per far conoscere e rendere più facilmente fruibile la musica di quel tempo. La Sinfonia n.5 di Mahler nell’adattamento di Klaus Simon è stata eseguita per la prima volta a Friburgo, il 25 novembre 2014, dalla Holst Sinfonietta. L’Orchestra della Toscana è la prima formazione italiana ad eseguirla. Francesco Ermini Polacci


Fondata nel 1980, l’ORT ha sede al Teatro Verdi di Firenze e oggi è considerata una tra le migliori orchestre in Italia. È formata da 45 musicisti, tutti professionisti eccellenti che sono stati applauditi nei più importanti teatri italiani come il Teatro alla Scala, l’Auditorium del Lingotto di Torino, l’Accademia di Santa Cecilia di Roma, e nelle più importanti sale europee e d’oltreoceano, dall’Auditorio Nacional de Musica di Madrid alla Carnegie Hall di New York. La sua storia artistica è segnata dalla presenza di musicisti illustri, primo fra tutti Luciano Berio. Collabora con personalità come Salvatore Accardo, Martha Argerich, Rudolf Barshai, Yuri Bashmet, Frans Brüggen, Myung-Whun Chung, Gianluigi Gelmetti, Daniel Harding, Eliahu Inbal, Yo-Yo Ma e Uto Ughi. Interprete duttile di un ampio repertorio, che dalla musica barocca arriva fino ai compositori contemporanei, l’Orchestra ha da sempre riservato ampio spazio alla ricerca musicale al di là delle barriere fra i diversi generi (Haydn, Mozart,

tutto il Beethoven sinfonico, larga parte del barocco strumentale, con una particolare attenzione alla letteratura meno eseguita), sperimentando possibilità inedite di fare musica e verificando le relazioni fra scrittura e improvvisazione. Accanto ai grandi capolavori sinfonicocorali, interpretati con egregi musicisti di fama internazionale, si aggiungono i Lieder di Mahler, le pagine corali di Brahms, parte del sinfonismo dell’Ottocento, con una posizione di privilegio per Rossini, e l’incontro con la musica di Franco Battiato, Stefano Bollani, Richard Galliano, heiner Goebbels, Butch Morris, Enrico Rava, Ryuichi Sakamoto. Una precisa vocazione per il Novecento storico, insieme a una singolare sensibilità per la musica d’oggi, caratterizzano la formazione toscana nel panorama musicale italiano. Il festival “Play It! La musica fORTe dell’Italia” è il manifesto più eloquente dell’impegno dell’orchestra verso la contemporaneità. Incide per Emi, Ricordi, Agorà e VDM Records.


VIOLINI PRIMI

CONTRABBASSI

TIMPANI

Andrea Tacchi * Daniele Giorgi * Paolo Gaiani ** Stefano Bianchi Marcello D'Angelo Chiara Foletto Alessandro Giani Susanna Pasquariello

Amerigo Bernardi * Luigi Giannoni **

Morgan M.Tortelli *

VIOLINI SECONDI

Chiara Morandi * Marian Elleman ** Patrizia Bettotti Gabrella Colombo Francesco Di Cuonzo Marco Pistelli VIOLE

Stefano Zanobini * Pier Paolo Ricci ** Caterina Cioli Alessandro Franconi

PERCUSSIONI FLAUTo

Fabio Fabbrizzi * OBOe

Alessio Galiazzo *

Ivan Pennino pianoforte/celesta

Simone Ori * arpa

Cinzia Conte * CLARINETTI

Marco Ortolani * Emilio Checchini *

fisarmonica

Massimo Signorini *

FAGOTTo

Paolo Carlini * CORNI

Andrea Albori * Paolo Faggi * TROMBa

Guido Guidarelli *

VIOLONCELLI

TROMBONe

Luca Provenzani * Augusto Gasbarri ** Stefano Battistini Giovanni Simeone

Giorgio Bornacina *

* prime parti ** concertino

BASSO TUBA

Riccardo Tarlini * Ispettore d’orcheStra e archivista

Alfredo Vignoli


I prossimi appuntamenti

DIETRICH PAREDES direttore

Edicson Ruiz

29

gennaio

venerdì ore 21.00

contrabbasso Busoni_

Lustspiel op.38, ouverture

Rota_

Divertimento Concertante per contrabbasso e orchestra (1968-73)

Beethoven_

Sinfonia n.3 op.55 'Eroica'

10

FEBBRAIO

mercoledì ore 21.00

Concerto di Carnevale

timothy brock direttore

musiche di Gershwin, Anderson, Rota, Musorgskij

18

FEBBRAIO

giovedì ore 21.00

andrew gourlay direttore

benjamin grosvenor pianoforte chiara morandi violino musiche di Silbelius, Mozart, Takemitsu, Prokof'ev


CoNTATTI FONDAZIONE ORCHESTRA REGIONALE TOSCANA

Via Verdi, 5 - 50122 Firenze tel. 055 2342722 | 2340710 fax 055 2008035 www.orchestradellatoscana.it

Segreteria info@orchestradellatoscana.it Direzione Generale direzionegenerale@orchestradellatoscana.it Direzione Artistica direzioneartistica@orchestradellatoscana.it Area Comunicazione ortstampa@orchestradellatoscana.it Ufficio Sviluppo sviluppo@orchestradellatoscana.it Ufficio del Personale ufficiopersonale@orchestradellatoscana.it Amministrazione direzioneamministrativa@orchestradellatoscana.it Servizi Tecnici ufficiotecnico@orchestradellatoscana.it

proGramma di sala a cura di

Ufficio Comunicazione ORT TEATRO VERDI

Via Ghibellina, 99 - 50122 Firenze Biglietteria Via Ghibellina, 97 - 50122 Firenze orari dal lun al sab 10-13 e 16-19 festivi chiuso tel. (+39) 055 212320 fax. (+39) 055 288417 www.teatroverdionline.it info@teatroverdionline.it

IMPAGINAZIONE

Ambra Greco progetto grafico

kidstudio.it Foto

Marco Borrelli (12,14) stampa

Grafiche Martinelli (Firenze)



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