XXXIV STAGIONE CONCERTISTICA _14_15
Concerto di Natale
danielE RUSTIONI direttore
fondazione orchestra regionale toscana
Direttore generale
Marco Parri
Direttore servizi musicali
Paolo Frassinelli Consiglio di Amministrazione
Claudio Martini Presidente Daniela Misul Vicepresidente Marta Blasi Stefanelli Ricciotti Corradini Rita Cucè Alda Giannetti Giancarlo Nutini Giulio Cesare Ricci Adriano Tintori Riccardo Zucconi
Collegio dei Revisori dei Conti
Roberto Giacinti Presidente Rino Cacciamani Paolo Formichi
Direttore comunicazione
Riccardo Basile
Ufficio sviluppo e fundraising
Elisa Bonini
Amministrazione
Simone Grifagni, Cristina Ottanelli Ufficio del personale
Patrizia Brogioni, Andrea Gianfaldoni Segreteria
Stefania Tombelli | Direzione Generale Tiziana Goretti | Direzione Artistica Ambra Greco | Area Comunicazione Servizi tecnici Orchestra
Francesco Vensi, Angelo Del Rosso OspitalitĂ e sala Teatro Verdi
Fulvio Palmieri, Paolo Malvini Palcoscenico Teatro Verdi
Alfredo Ridi, Walter Sica Carmelo Meli, Sandro Russo Alessandro Goretti
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stituzioni
oncertistiche
rchestrali
XXXIV stagione concertistica direttore artistico direttore principale
Giorgio Battistelli Daniele Rustioni
direttore e compositore in residence Tan Dun direttore onorario Thomas Dausgaard
Concerto di Natale
Daniele rustioni direttore
Ludwig van Beethoven
Leonore n.3 in do maggiore op.72, ouverture
Johannes Brahms
Variazione su un tema di Haydn op.56a
Piombino, Teatro Metropolitan
giovedì 18 dicembre 2014 ore 21.00 CastelFiorentino, Teatro del Popolo
venerdì 19 dicembre 2014 ore 21.15 Figline Valdarno, Teatro Garibaldi
sabato 20 dicembre 2014 ore 21.00 Poggibonsi, Teatro Politeama
lunedì 22 dicembre 2014 ore 21.00 Pisa, Teatro Verdi
martedì 23 dicembre 2014 ore 21.00 Firenze, Teatro Verdi
mercoledì 24 dicembre 2014 ore 17.00 concerto registrato e trasmesso in differita da Rete Toscana Classica Registrazioni e produzioni audio a cura di SoundStudioService
Tema - Corale di Sant’Antonio (Andante) Variazione I (Poco più animato) Variazione II (Più vivace) Variazione III (Con moto) Variazione IV (Andante con moto) Variazione V (Vivace) Variazione VI (Vivace) Variazione VII (Grazioso) Variazione VIII (Presto non troppo) Finale (Andante)
***
Antonín Dvořák
Sinfonia n.9 in mi minore op.95 ‘Dal nuovo mondo’ Adagio – Allegro molto Largo Scherzo – Molto vivace Allegro con fuoco
Daniele Rustioni
Talento precoce, a poco più di trent’anni Daniele Rustioni è già una consolidata realtà nel panorama internazionale (The Times “un talento in ascesa destinato a grandi cose”). Premiato come “Best newcomer of the Year” agli International Opera Award di Londra (2013), dallo scorso giugno è passato da direttore ospite a direttore principale dell’ORT, nomina che ha così commentato: “E’ una grande gioia per me poter approfondire la mia relazione con una squadra vincente, dai musicisti alla direzione artistica, dai tecnici all’amministrazione fino alla Presidenza: se l’ORT è una istituzione “sana”, seria e rispettata in Italia e all’estero lo si deve
al loro lavoro e al costante impegno di questa ‘orchestra di persone’ che ho potuto conoscere sempre meglio negli ultimi tre anni. Far parte di questo gruppo fa sentire un po’ più ‘vincente’ anche me”. Diplomato al Conservatorio Verdi di Milano, sua città natale, Daniele Rustioni ha studiato con Gilberto Serembe. Si è perfezionato all’Accademia Musicale Chigiana con Gianluigi Gelmetti mentre Gianandrea Noseda e Tony Pappano sono stati i suoi principali mentori. Dopo un primo apprendistato al Teatro Mikhailovskij di San Pietroburgo, nel 2010 ha debuttato al Teatro alla Scala, dove è tornato
successivamente nell’ottobre 2012 con Bohème, a luglio 2013 per la nuova produzione di Un ballo in maschera nell’ambito delle celebrazioni per il bicentenario verdiano, e a febbraio 2014 con Il trovatore. Ospite regolare della Fenice di Venezia e del Teatro Regio di Torino – presso il quale ha fatto il suo debutto operistico – ha diretto al Maggio Musicale Fiorentino, all’Arena di Verona e al Rossini Opera Festival. È presente nelle maggiori stagioni liriche internazionali: dalla Royal Opera House (Covent Garden) di Londra, dove ha debuttato con Aida e ritornato ospite da poco con L’elisir d’amore, all’Opera north e alla Welsh National Opera, debuttando con una nuova produzione di Così fan tutte e successivamente impegnato con due nuove produzioni di Anna Bolena e Roberto Devereux nell’autunno 2013. Nel corso della scorsa stagione ha debuttato all’Opera Nikkikai di Tokyo, alla Staatsoper di Monaco di Baviera e all’Opéra National de Lyon per la direzione di una nuova produzione di Simon Boccanegra, e in estate alla stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma a Caracalla; per la prossima stagione sono già previsti i debutti all’Opéra National de Paris con Madama Butterfly e alla Staatsoper di Berlino con La traviata. Negli Stati Uniti ha debuttato nell’estate 2011 al Festival di Glimmerglass ed è tornato per una nuova produzione di Norma alla Washington National Opera nella primavera 2013.
Molto intensa anche l’attività sinfonica: nell’ambito della felice collaborazione con l’ORT, che nel maggio 2013 ha guidato al KKL di Lucerna, ha diretto tre programmi ogni anno, presentati, oltre che a Firenze, nei teatri della Toscana guadagnandosi la crescente affezione del pubblico e l’attenzione della critica per il suo rigoroso percorso interpretativo. In Italia ha diretto l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano, la Sinfonica Nazionale della RAI, l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia; in Europa l’Orchestra della Svizzera Italiana, la Filarmonica di Helsinki, la BBC Philharmonic, la London Philharmonic e la Filarmonica di Montecarlo. Nel corso della Stagione 2014/15 farà il suo debutto con la Filarmonica del Teatro La Fenice, con la Bournemouth Symphony, con la Filarmonica della Scala, con l’Orchestra Sinfonica di Tenerife e con la Netherlands Symphony Orchestra menre nel giugno 2016 dirigerà per la prima volta la Tokyo Symphony Orchestra. Ha registrato per Sony Classical l’album di Arie del basso Erwin Schrott con l’Orchestra Sinfonica della Radio Austriaca.
Ludwig van Beethoven
(Bonn 1770 – Vienna 1827)
Leonore n.3 in do maggiore op.72, ouverture durata 15 minuti circa
L’unica opera di Ludwig van Beethoven – che non era uomo di teatro, sapeva trattare poco con le voci e quindi faticò abbastanza a tirarne fuori le gambe – ha avuto tre versioni, due titolazioni diverse e quattro ouverture. Oggi la conosciamo come Fidelio, ma in origine si chiamava Leonore. Con tale titolo, tre atti su libretto di Joseph Ferdinand Sonnleithner ispirato a un soggetto operistico francese di qualche anno prima, debuttò al Theater an der Wien di Vienna il 20 novembre 1805. Restò in cartellone appena tre sere in una città occupata dalle truppe napoleoniche cui questa musica risultò assai indigesta. Convintosi dall’insuccesso a modificarne la struttura, Beethoven si affidò all’amico Stephan von Breuning per risistemare il libretto. La seconda versione di Leonore, in due atti, venne rappresentata il 29 marzo 1806 di nuovo al Theater an der Wien, ma dopo la seconda recita il compositore ritirò la partitura. L’avrebbe ripresa in mano nel 1814, rielaborandola radicalmente grazie all’aiuto del librettista Georg Friedrich Treitschke per proporla in due atti, con il nome di Fidelio, al Kärnterthortheater di Vienna il 23 maggio di quell’anno.
Leonora e Fidelio, nell’opera, sono la stessa persona. Infatti Leonora è travestita da uomo, facendosi chiamare Fidelio, per lavorare come inserviente nel carcere dove crede venga tenuto prigioniero l’amato sposo Florestano, colpevole di essersi opposto all’autorità dispotica di Don Pizarro. Accertatasi che il marito si trova proprio lì, Leonora cerca di liberarlo mentre il crudele Pizarro tenta di farlo fuori. Fortunatamente a punire l’oppressore e a far uscire di galera i detenuti politici arriva, al momento buono, il ministro del re. La giustizia trionfa sulla tirannia: tema caro a Beethoven, che si riconosceva negli ideali libertari della Rivoluzione francese, e anzi aveva salutato in Napoleone il solo capace di diffonderli all’intera Europa, perlomeno finché anche lui non si era lasciato prender la mano dall’ambizione del potere assoluto. Le tre versioni dell’opera Leonore/ Fidelio portano ouverture differenti – l’ouverture è una pagina orchestrale che prepara al clima espressivo dell’opera, da suonarsi prima dell’apertura del sipario. Beethoven ne scrisse ogni volta una nuova perché in realtà nessuna gli andava veramente a genio.
Soltanto con quella del Fidelio, nel 1814, riuscì a trovare la quadratura del cerchio. Le altre, che adesso vivono come pezzi sinfonici autonomi intitolandosi tutte Leonore, erano troppo lunghe, complesse, e soprattutto anticipavano il momento clou della vicenda, quando gli squilli di tromba fuori scena annunciano l’arrivo del ministro e di conseguenza la salvezza per i carcerati. Episodio di forte tensione emotiva che deve sorprendere lo spettatore facendogli tirare un sospiro di sollievo, ma se è già stato ascoltato prima, nell’ouverture, l’effetto sorpresa si azzera. Beethoven giudicò inadeguata la cosiddetta Leonore II composta per la rappresentazione del 1805, cosicché per la versione 1806 dell’opera ne approntò un adattamento (la Leonore III in programma stasera) che, tuttavia, non si discosta molto dalla precedente se non per essere più compatta e rifinita. A noi è giunta pure una terza ouverture, la Leonore I, a lungo creduta precedente alle altre due (ecco il perché della numerazione), invece concepita verso il 1807 per una progettata ripresa praghese dell’opera, mai avvenuta. Dunque la Leonore III, pagina percorsa dall’ardore eroico tipico del Beethoven
di quegli anni, pare voler sintetizzare in sé la trama dell’opera, evocando di passaggio, nelle prime battute dell’Adagio introduttivo, il tema della grande aria di Florestano in catene, ma specialmente inserendo nel cuore del pezzo il richiamo di tromba che avvisa dell’arrivo del ministro, insperato deus ex machina. Delle tre Leonore questa è la più bella e popolare, tanto che spesso i direttori d’orchestra scelgono di suonarla anche durante il Fidelio: la piazzano a mezzo del secondo atto, accogliendo una tradizione esecutiva che si fa risalire a Gustav Mahler. Gregorio Moppi
Johannes Brahms
(Amburgo 1833 – Vienna 1897) Variazioni su un tema di Haydn op.56a durata: 17 minuti circa
Le Variazioni op.56a sono datate 1873 e situate, nel quadro delle opere orchestrali di Brahms, fra le sue Serenate e la Prima Sinfonia. In qualche modo esse anzi costituiscono l’ultima puntigliosa verifica prima del confronto con la grande forma sinfonica coinvolgendo radicalmente tanto la tecnica compositiva quanto quella orchestrale e raggiungendo un esito di straordinaria compiutezza artistica. Maestro della variazione Brahms aveva già al suo attivo i grandi cicli pianistici su temi di Schumann (op.9), Haendel (op.24) e Paganini (op.35). Non volle derogare neanche in questo caso dalla sistematica meticolosità di progressione che contrassegnò tutta la prima fase della sua esistenza e dunque di queste Variazioni su un tema di Haydn egli, parallelamente a quella orchestrale, elaborò anche una versione per due pianoforti (op.56b) che tuttora rimane come un capolavoro di quel repertorio. Curiosamente il riferimento a Haydn subisce un doppio equivoco chiarito solo di recente: il tema utilizzato da Brahms, detto Corale di Sant’Antonio, non è in alcun modo di Haydn ma appartiene piuttosto al repertorio
popolare dei pellegrini e anche il Divertimento settecentesco in cui esso è citato era stato attribuito ad Haydn erroneamente. Dopo l’esposizione del tema da parte dei legni e corni sui pizzicati degli archi gravi – un tema evidentemente ideale, nella sua formulazione armonica e ritmica, per essere elaborato – la successione delle variazioni comincia a snodarsi proprio sullo spunto delle ultime battute del tema. Cinque volte era risuonato il si bemolle a chiudere l’introduzione, cinque volte si propone ora mentre gli archi intrecciano un contrappunto doppio e speculare nel movimento fra l’acuto e il grave. La complessità della scrittura e del gioco di contrapposizione si fa via via più densa nella seconda variazione (sul piano dinamico e ritmico) nella terza (sul piano polifonico e armonico). Dalla quarta variazione comincia un percorso di progressivo allontanamento della fisionomia originaria del tema che tocca dapprima la sfera melodica, poi quella ritmica (l’ambigua scansione del 6/8 nella quinta variazione), poi quella espressiva (la perentoria vivacità e la flessibilità modulante della sesta) per raggiungere infine l’originalità
Antonín Dvořák
(Nelahozeves 1841 – Praga 1904) Sinfonia n.9 in mi minore op.95 ‘Dal nuovo mondo’ durata: 40 minuti circa
assoluta nella sottigliezza del linguaggio armonico e nello squisito fascino del ritmo di siciliana della settima variazione. L’austero e misterioso linguaggio contrappuntistico dell’ottava prepara degnamente la mirabile Passacaglia finale in cui il basso ostinato di cinque battute corrisponde a quello del tema d’apertura. In essa sono riconoscibili almeno cinque episodi che nel loro crescendo di intensità verso la grandiosa conclusione non ubbidiscono a una logica spettacolare, ma piuttosto all’oggettività di un disegno classico delineato magistralmente dalla mano di un autore romantico. Claudio Proietti
Correva l’anno 1888 quando la signora Jeanette Thurber, moglie di un facoltoso commerciante di generi coloniali, fondò a New York il National Conservatory of Music con l’intento di favorire la nascita di una tradizione di compositori e strumentisti statunitensi. Gli studenti erano principalmente afroamericani e nel curriculum scolastico figuravano lo studio degli inni religiosi, degli spiritual e del repertorio dei nativi americani. Ciò che serviva a questa nuova istituzione era un musicista di gran nome come direttore; e costui non poteva che essere europeo, giacché nella giovane America di musicisti prestigiosi non ne era cresciuto ancora nessuno. Però occorreva anche che questo gran nome credesse nella forza comunicativa dell’espressione nazionalistica in note e che, perdipiù, fosse capace di svilupparla nei propri studenti. Dapprincipio si era pensato al finlandese Jean Sibelius: solo che la docente inviata in Europa per avvicinarlo perse fatalmente l’occasione dell’incontro. Allora Mrs.Thurber si rivolse al cèco Antonín Dvořák, un compositore serio di impronta brahmsiana (quindi devoto ai generi di derivazione classica tipo sinfonie,
concerti e quartetti) che tuttavia era solito bagnare la sua ispirazione nelle melodie popolari della terra natia. Cosa chiedere di meglio? Il fatto è che, malgrado l’allettante offerta di 15 mila dollari annui, sulle prime Dvořák rifiutò, e se non fosse stato per la cocciuta insistenza della Thurber non avrebbe mai lasciato l’adorata Boemia. Invece partì. Ottenuti due anni di congedo dal Conservatorio di Praga dove insegnava dal 1890 (e dove guadagnava cinque volte meno di quanto gli avevano prospettato da New York), sistemati quattro dei sei figli nella sua residenza estiva di Vysoká, il 15 settembre 1892 salpava verso gli Stati Uniti con la moglie Anna, i figli Ottilie e Anton, e l’allievo, amico, segretario Joseph Kovářík. In America, Dvořák venne trattato con ogni riguardo. Stima, ammirazione, rispetto lo accompagnavano ovunque andasse. A lui però lo stile di vita d’oltreoceano non andava troppo a genio. Caos, stress, poco tempo per meditare. Perciò nell’estate del 1893 sentì il bisogno di ritemprarsi in un luogo che gli rammentasse un po’ casa, ossia nella cittadina di Spillville,
Iowa, sede della più antica comunità cèca d’America nonché paese d’origine di Kovářík; mentre l’anno successivo, torturato dalla nostalgia della patria, non poté fare a meno di rivedere almeno per qualche mese la Boemia, dove decise di rientrare definitivamente nella primavera 1895. Del Conservatorio di New York Dvořák curò tanto la gestione artistica quanto quella amministrativa. Gli studenti lo introdussero al folklore locale. Uno di loro, l’afroamericano Harry T.Burleigh, era solito intonargli spiritual, e il maestro se ne entusiasmò a tal punto da crearne lui stesso, su quei modelli, di nuovi. Tanto che ai suoi allievi additò il canto dei neri come fondamento su cui erigere una scuola compositiva autenticamente americana. “Sono melodie toccanti, tenere, appassionate, malinconiche, solenni, religiose, coraggiose, allegre, festose”, scriveva il 21 maggio 1893 sul «New York Herald». “È una musica che si adatta a qualunque umore o proposito. Non c’è nulla nell’intero ambito della composizione che non possa venir realizzato con temi provenienti da questa fonte”. Idee che allora Dvořák stava in parte
sviluppando nella Sinfonia in mi minore, l’opera più significativa concepita durante il soggiorno negli States, che debuttò il 16 dicembre 1893 alla Carnegie Hall con Anton Seidl sul podio della New York Philharmonic. A rigore si tratterebbe della sua nona – e ultima – sinfonia; tuttavia, avendo l’autore già ripudiato le prime quattro, questa venne presentata come quinta. «Dal Nuovo Mondo» recita il sottotitolo pensato soprattutto per il pubblico europeo, cui la partitura doveva suonare come un souvenir su pentagramma spedito da una località esotica: qualcosa di vagamente bizzarro, poiché seducenti melodie dal profilo insolito (per l’orecchio europeo del tempo, che non si era ancora cibato né di jazz né di colonne sonore western) spuntano fuori qua e là da un’architettura familiare in quattro movimenti sviluppata e strumentata secondo le buone regole della tradizione austro-tedesca. Quindi, benché gli statunitensi considerino la Sinfonia «Dal Nuovo Mondo» come il primo capolavoro nazionale (la sera della première a Dvořák vennero tributati onori degni d’un re), di americano non
si trova in essa che la patina superficiale, giacché il trattamento, l’organizzazione del materiale musicale e la sua veste timbrica lussureggiante seguono una logica costruttiva, grandiosa e contrappuntistica, estranea al materiale stesso. Dvořák, cioè, interpreta l’America con l’occhio del visitatore di passaggio che non si identifica con l’oggetto del suo sguardo, anche perché non possiede i mezzi culturali per farlo: l’etnomusicologia è ancora una scienza infante. La sua inclinazione nazionalistica, insomma, si mostra istintiva, non intellettualistica. Del resto anche con il melos cèco Dvořák lavora nel medesimo modo, inserendolo in intelaiature formali indifferenti al suo spirito, nel senso che la citazione letterale di canti popolari è rara, e il color locale è ottenuto, piuttosto, attraverso la riformulazione soggettiva di schemi melodici caratteristici di quei canti. Né, secondo quanto affermava il compositore, sono autentiche le melodie di neri e pellerossa che compaiono nella Sinfonia «Dal Nuovo Mondo», ma ne ricalcano semplicemente i profili originari. Reinventare il vero, non copiarlo: in ciò consiste l’arte di Dvořák.
Il primo movimento della Sinfonia si apre con un breve «Adagio» intinto nel rimpianto. Al suo interno, nei bassi, si fa largo un motto dall’andamento serpentino: più o meno dissimulato e modificato, ricorrerà pure nei movimenti successivi alla stregua di un Leitmotiv wagneriano, di una catena che voglia tenerli legati tutti assieme. Questa introduzione sfocia immediatamente in un «Allegro molto» basato su due idee melodiche principali. La prima è il motto anzidetto, enunciato dalla voce calda e pastosa dei corni, poi dagli oboi e dal gruppo degli archi, che si tramuta subito, per espansione, in un’aria dal sapore folk. La quale a sua volta conduce alla seconda idea principale, detta dal flauto, che secondo alcuni evoca lo spiritual Swing Low, Sweet Chariot. Celeberrimo è il secondo movimento della Sinfonia, «Lento», romanza in forma a b a in cui il corno inglese canta un tema struggente, evocativo di sconfinate praterie solitarie, che pare uno spiritual ma non lo è. O meglio, lo è diventato tre decenni dopo allorché William Arms Fisher, un allievo di Dvořák, l’ha fornito di un testo e pubblicato come Goin’ Home.
Invece il tema della sezione b esibisce addirittura tratti slavi, ed è come un’eco della patria lontana. Per questo movimento e per il successivo Scherzo (il cui incipit cita nitidamente quello dello Scherzo della Nona Sinfonia di Beethoven), il compositore dichiarò d’aver tratto ispirazione narrativa dal poema epico di soggetto indiano Hiawatha di Henry Wadsworth Longfellow. Molti dei temi ascoltati fin qui si danno convegno nella sontuosa, sfolgorante perorazione conclusiva della Sinfonia: il quarto movimento, «Allegro con fuoco». Gregorio Moppi
NOVITÀ I PODCAST DELL’ORT - L’arte di ascoltare Ascoltare è un’arte
Quest’affermazione può sembrare azzardata o compiacente, ma corrisponde invece a una realtà che molti di noi hanno intuito da tempo, pur nel generale scetticismo; una realtà che ci viene oggi confermata anche dalla ricerca scientifica. Le attività musicali sono tra quelle che maggiormente attivano le diverse aree del cervello umano, il che non significa solo il nostro pensiero, ma anche le nostre passioni e le nostre emozioni; qualcuno sostiene addirittura che nessun’altra attività possa far di meglio. Oggi sappiamo che anche l’ascolto è un’attività musicale: indagato dagli scienziati, il nostro cervello dimostra che chi sosteneva la natura passiva dell’ascoltatore (purtroppo, anche tanti autorevoli musicisti) aveva semplicemente torto. Ascoltare, però, è un’arte molto particolare. Ascoltare è un’arte di cui tutti siamo capaci
Perché nasciamo dotati delle strutture necessarie e perché fin da prima della nascita siamo esposti a degli stimoli musicali; stimoli che sviluppano in noi, senza che ce ne accorgiamo, una competenza musicale. Questa competenza inconscia è indispensabile; tuttavia, da sola, non basta a far di noi dei veri artisti dell’ascolto. Ascoltatori si diventa
Esistono, in musica, tanti livelli di complessità. Come in letteratura. Come in pittura. E come si impara a leggere Dante o a guardare Michelangelo senza
bisogno di saper scrivere un endecasillabo o tenere in mano un pennello, così si può imparare ad ascoltare Beethoven senza essere musicisti. Non è la promessa di una strada facile: si impara a leggere Dante o a guardare Michelangelo grazie a un percorso. La scuola italiana però (ma giungono suoni sinistri anche dal resto dell’Europa) non ritiene di doversi far carico di un analogo percorso rivolto a Beethoven (o a Bach, o a Verdi, o a Debussy). Senza ascoltatori, la grande musica non ha futuro
Dunque si deve correre ai ripari. Questi podcast sono un tentativo di dimostrare che è possibile iniziare ai segreti dell’arte di ascoltare anche coloro che non possiedono un bagaglio di esplicite conoscenze tecniche: quando servono, i termini tecnici si apprendono strada facendo. Tentativo riuscito? Ho costruito i podacst sulla base delle lezioni che, da tanti anni, tengo nelle scuole superiori fiorentine grazie alla sensibilità dell’ORT e al suo progetto Invito alla musica. Coi ragazzi ha funzionato, e continua a funzionare: perché non provarci? Buon ascolto!
Marco Mangani
visita il nostro sito: ascolta e scarica i PodCast www.orchestradellatoscana.it Menù > Edu > PodCast
VIOLINI PRIMI
violoncelli
CORNI
Andrea Tacchi * Daniele Giorgi * Paolo Gaiani ** Angela Asioli Gabriella Colombo Marcello D’Angelo Paolo Del Lungo Alessandro Giani Susanna Pasquariello Marco Pistelli
Luca Provenzani * Andrea Landi** Augusto Gasbarri ** Stefano Battistini Giovanni Simeone
Andrea Albori * Paolo Faggi * Giulia Montorsi Eolo Pignattini
VIOLINI SECONDI
Clara F. Schotensack * Clarice Curradi * Francesco Di Cuonzo ** Damiano Babbini Patrizia Bettotti Stefano Bianchi Marian Elleman Chiara Foletto
TROMBE CONTRABBASSI
Amerigo Bernardi * Luigi Giannoni ** Yamila Ahmed Pedrosa Simone Prando FLAUTI
TROMBoni
Diego Di Mario * Stefano Bellucci Sergio Bertellotti
Fabio Fabbrizzi * Michele Marasco * Elisa Cozzini
basso tuba
OBOI
timpani
Alessio Galiazzo * Flavio Giuliani *
Riccardo Tarlini * Morgan M.Tortelli * percussioni
VIOLE
Stefano Zanobini * Giulia Panchieri * Caterina Cioli ** Elena Favilla Alessandro Franconi Pier Paolo Ricci
Donato De Sena * Guido Guidarelli *
CLARINETTI
Marco Ortolani * Mariafrancesca Latella * FAGOTTI
Paolo Carlini * Umberto Codecà * Corrado Barbieri
Dario Varuni *prime parti **concertino
Ispettore d’orcheStra e archivista
Alfredo Vignoli
L’Orchestra della Toscana si è formata a Firenze nel 1980 per iniziativa della Regione Toscana, della Provincia e del Comune di Firenze. Nel 1983, durante la direzione artistica di Luciano Berio, è diventata Istituzione Concertistica Orchestrale per riconoscimento del Ministero del Turismo e dello Spettacolo.
Interprete duttile di un ampio repertorio che dalla musica barocca arriva fino ai compositori contemporanei, l’Orchestra della Toscana riserva ampio spazio a Haydn, Mozart, tutto il Beethoven sinfonico, larga parte del barocco strumentale, con una particolare attenzione alla letteratura meno eseguita.
Composta da 44 musicisti, che si suddividono anche in agili formazioni cameristiche, l’Orchestra realizza le prove e i concerti, distribuiti poi in tutta la Toscana, nello storico Teatro Verdi (di cui è proprietaria), situato nel centro di Firenze. Le esecuzioni fiorentine sono da molti anni trasmesse regolarmente da Rai Radio 3 e da Rete Toscana Classica.
Accanto ai grandi capolavori sinfonicocorali si aggiungono i Lieder di Mahler, le pagine corali di Brahms, parte del sinfonismo dell’Ottocento con una posizione di privilegio per Rossini. Una precisa vocazione per il Novecento storico, insieme a una singolare sensibilità per la musica d’oggi, caratterizzano la formazione toscana nel panorama musicale italiano.
Il festival “Play It! La musica fORTe dell’Italia” è il manifesto più eloquente dell’impegno dell’orchestra verso la contemporaneità. Ospite delle più importanti Società di Concerti italiane, si è esibita con grande successo al Teatro alla Scala di Milano, al Maggio Musicale Fiorentino, al Comunale di Bologna, al Carlo Felice di Genova, all’Auditorium “Giovanni Agnelli” del Lingotto di Torino, all’Accademia di S.Cecilia di Roma, alla Settimana Musicale Senese, al Ravenna Festival, al Rossini Opera Festival e alla Biennale di Venezia. Collabora con personalità come Salvatore Accardo, Martha Argerich, Rudolf Barshai, Myung-Whun Chung, Gianluigi Gelmetti, Daniel Harding, Eliahu Inbal, Yo-Yo Ma e Uto Ughi.
Numerose le sue apparizioni all’estero a partire dal 1992: più volte nei teatri della Germania, del Giappone, del Sud America, e poi a Cannes, Edimburgo, Hong Kong, Madrid, New York, Parigi, Salisburgo, Strasburgo. Incide per Emi, Fonè, Agorà, Ricordi, Bongiovanni, VDM Records e, da quest’anno, per Sony Classical con un progetto triennale dedicato ad alcuni protagonisti del ‘900 storico italiano come Ghedini, Casella e Petrassi.
EXIT ENTER AL TEATRO VERDI Il Verdi di Firenze ha compiuto 160 anni. Era infatti il 10 settembre del 1854 quando nell’allora Teatro Pagliano il sipario si aprì per la prima volta sulle note dell’opera verdiana Il Viscardello che sarebbe poi diventato Rigoletto. Diventato Teatro Verdi nel 1901, è dal 1998 proprietà della Fondazione ORT e sede stabile dell’Orchestra della Toscana. Da allora ad oggi questo spazio ha conservato la sua vocazione originaria, ovvero quella di essere un grande teatro popolare nel centro della città che ama ospitare generi diversi. Un teatro con un importante passato che ama però guardare al futuro. Per questo motivo abbiamo deciso di promuove giovani artisti contemporanei emergenti che vivono e lavorano nel
nostro territorio, mettendo a disposizione lo spazio del foyer per presentare alcune loro opere. Primo artista ospitato è Exit Enter, il personaggio di cui più si è parlato a Firenze nell’ultima stagione, il cui lavoro ha suscitato una grande attenzione. Tre le opere esposte, così introdotte dall’autore: “l’arte è l’uscita da questo mondo per entrare in un altro. Quando avanti ad un foglio bianco inizio a spargere colore e a muovere linee, io sono in uscita (EXIT). L’atto creativo è fuori dal mondo materiale e dal tempo ordinario; se l’immaginazione è creare una proiezione, un pensiero nella mente, con i miei disegni vorrei stimolare le fantasie dello spettatore per farlo entrare (ENTER) in quel momento di distacco che è l’atto creativo.”
I prossimi appuntamenti
GIOVANNI SOLLIMA violoncello e concertatore
14
musiche di Sollima Haydn
GENNAIO
mercoledì ore 21.00
28
GENNAIO
mercoledì ore 21.00
JOHN AXELROD direttore Andrea lucchesini pianoforte musiche di Beethoven
7e 8
FEBBRAIO
sab e dom ore 16.30
Prevendita
Biglietteria Teatro Verdi Via Ghibellina 97 Firenze tel. 055 212320
Tutti al Teatro Verdi!!!
CARMEN
CARLOMORENO VOLPINI direttore in collaborazione con Venti Lucenti
COMUNICAZIONI PER IL PUBBLICO LE OFFERTE DE LA FENICE
TUTTI AL TEATRO VERDI !!!
Dopo la grande conferma di pubblico per Il Pupazzo di Neve (The Snowman), cartone animato con voce recitante e musica dal vivo, è in arrivo un nuovo appuntamento del sabato pomeriggio per bambini, ragazzi e famiglie. Sabato 7 e domenica 8 febbraio 2015 (eccezionale replica), Carmen nella versione di Clare Grundman, realizzata in collaborazione con Venti Lucenti. I biglietti sono già disponibili alla vendita e possono essere acquistati presso la biglietteria del Teatro Verdi. Prezzo speciale di € 8,00 per gli adulti e solo € 5,00 per i bambini. Un’ottima occasione per stare insieme a figli e nipoti. è consigliato l’acquisto in prevendita. Tutto il materiale informativo è in distribuzione in teatro, e sul nostro sito alla pagina EDU. Il ciclo si concluderà a marzo con lo spettacolo Bustric e il magico Piccolo Principe, libero adattamento dal racconto di Antoine de Saint Exupèry.
All’interno del Teatro Verdi, ormai da molti anni, ospitiamo il negozio La Fenice che allestisce con cura e passione un piccolo punto di promozione e vendita musicale. Insieme abbiamo deciso di formulare in esclusiva per i nostri abbonati alcune promozioni. Per l’inizio della nuova stagione viene proposta un’offerta “in tema” ovvero due incisioni dell’ORT (Schubert e Cherubini) su etichetta Arts ad un prezzo davvero speciale. Informazioni nel foyer del teatro o in negozio. UN ALBERO DI PALLONI
Quest’anno l’albero di Natale del Teatro Verdi è stato realizzato da Ballon Express Shop, lo storico marchio specializzato in bouquet colorati, composizioni originali e scenografie fantastiche, tutte ottenute con i palloncini. Balloon Express Shop ha oltre 40 punti vendita in Italia. A Firenze è in via Lanza 22/26R (tel. 055 66 77 04).
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AUDIO SU SOUNDCLOUD
Qui sono raccolte tutte le informazioni che riguardano l’Orchestra della Toscana. Trovate il calendario, le news con gli aggiornamenti, le anticipazioni, le foto gallery ed i dettagli di tutte le nostre inziative. è anche il punto di partenza per i nostri canali social (Facebook, Twitter, You Tube e Pinterest). Si possono scaricare materiali informativi ed inviti ad iniziative speciali: www.orchestradellatoscana.it
Sono disponibili sulla piattaforma di condivisione audio Soundcloud materiali che ci riguardano come le introduzioni ai concerti, gli interventi didattici e una selezione di brani dall’ultimo Play It! Ci trovate a questo indirizzo: soundcloud.com/orchestradellatoscana
I PROGRAMMI SU ISSUU
Tutti i programmi di sala, come questo che state leggendo, vengono pubblicati con qualche giorno di anticipo sul portale Issuu a questo indirizzo: issuu.com/orchestradellatoscana Chi vuole può dunque prepararsi all’ascolto in anticipo e comodamente da casa. Il link è disponibile anche nel nostro sito internet. I programmi resteranno a disposizione del pubblico per tutta la stagione.
LE FOTO DI QUESTO CONCERTO
Sulla nostra pagina Facebook è possibile vedere un’ampia galleria fotografica che documenta i giorni di prova del Concerto di Natale diretto da Daniele Rustioni. Più in generale sul nostro sito trovate una ricca foto gallery su tutta l’attività dell’Orchestra della Toscana.
SOSTENENDO L’ORT SARà TUTTA UN’ALTRA MUSICA
Crediamo che la cultura rappresenti un volano di sviluppo del territorio, arricchisca la società e assicuri la crescita consapevole delle nuove generazioni. Siamo convinti che la musica possa nutrire lo spirito e il corpo, che contribuisca a far crescere le nuove generazioni attraverso un ascolto consapevole dell’affascinante mondo musicale in cui viviamo, un mondo in continua trasformazione.
Scegli il tuo sostegno all’ORT!
La nostra proposta musicale è rivolta a tutti e suggerisce una libertà di ascolto che spazia nel tempo, dal passato al presente. Lavoriamo con impegno e passione perchè siamo convinti che con una musica intelligente e bella si possa vivere meglio. Cerchiamo amici disposti a condividere il nostro lavoro, affiancandoci nel percorso e sostenendoci nella nostra visione di una città più armoniosa.
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Il tuo contributo potrà arricchire l’attività e i progetti di formazione e di educazione all’ascolto rivolti ai più giovani.
MY ORT SOSTENITORE AMICO ELITE
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Sul sito www.orchestradellatoscana. it è possibile scoprire tutti i vantaggi riservati ai nostri sostenitori. Il proprio contributo può essere comodamente donato con bonifico bancario sul conto corrente E anche per le aziende che vorranno essere partner dell’ORT, saremo lieti di costruire le opportunità migliori. Inoltre destinando il 5 PER MILLE all’Orchestra della Toscana si potrà contribuire ai progetti didattici, alle iniziative scolastiche e provinciali organizzate dall’ORT: basta mettere la propria firma nell’apposito spazio della dichiarazione dei redditi riservato e riportare il codice fiscale della nostra fondazione: 01774620486 Ufficio sviluppo sviluppo@orchestradellatoscana.it
CoNTATTI FONDAZIONE ORCHESTRA REGIONALE TOSCANA
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