Programma Paredes - Khachatryan

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XXXV STAGIONE CONCERTISTICA

DIETRICH PAREDES direttore

SERGEY KHACHATRYAN violino


fondazione orchestra regionale toscana

Commissario straordinario *

Amministrazione

Direttore generale

Ufficio del personale

Direttore servizi musicali

Segreteria

Maurizio Frittelli Marco Parri

Simone Grifagni, Cristina Ottanelli Patrizia Brogioni, Andrea Gianfaldoni

Direttore comunicazione

Stefania Tombelli | Direzione Generale Tiziana Goretti | Direzione Artistica Ambra Greco | Area Comunicazione

Ufficio sviluppo e fundraising

Francesco Vensi, Angelo Del Rosso

Paolo Frassinelli Riccardo Basile Elisa Bonini

Servizi tecnici Orchestra

OspitalitĂ e sala Teatro Verdi

Fulvio Palmieri, Paolo Malvini Palcoscenico Teatro Verdi

Alfredo Ridi, Walter Sica, Carmelo Meli, Sandro Russo, Alessandro Goretti Personale di sala

* al momento in cui è andato in stampa questo

programma, il nuovo Consiglio di Amministrazione non era ancora insediato.

Lisa Baldi, Martina Berti Tommaso Cellini, Lorenzo Del Mastio Massimo Duino, Enrico Guerrini Michele Leccese, Pasquale Matarrese


XXXV stagione concertistica direttore artistico

Giorgio Battistelli

direttore principale Daniele Rustioni direttore e compositore in residence Tan Dun direttore onorario Thomas Dausgaard

 O IC

stituzioni

oncertistiche

rchestrali


dIETRICH PAREDES direttore

SERGEY KHACHATRYAN violino

LUDWIG VAN BEETHOVEN Egmont op.84, ouverture

MAX BRUCH

Concerto n.1 in sol minore per violino e orchestra op.26 Preludio Adagio Finale

*** massa, teatro guglielmi

martedì 1 dicembre 2015 ore 21.00 in collaborazione con

PËTR IL'IČ ČAJKOVSKIJ

Sinfonia n.5 in mi minore op.64 Andante - Allegro con anima Andante cantabile, con alcuna licenza Valse - Allegro moderato Finale - Andante maestoso

Firenze, Teatro Verdi

mercoledì 2 dicembre 2015 ore 21.00*

* concerto trasmesso in differita da Rete Toscana Classica Registrazioni e produzioni audio a cura di SoundStudioService


DIETRICH PAREDES

È il direttore musicale dell'Orchestra Giovanile di Caracas, una delle orchestre principali del El Sistema, il famoso modello didattico musicale, ideato e promosso in Venezuela da José Antonio Abreu (ovvero un sistema di educazione musicale pubblica, diffusa e capillare, con accesso gratuito e libero per bambini di tutti i ceti sociali). Dietrich Paredes collabora al progetto venezuelano dal 2008 e, da allora, ha tenuto con questa Orchestra tournée in Sud America, Asia ed Europa, includendo tappe al Festival di Salisburgo nel 2013, al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, al Festival Dvořàk di Praga, al Beethovenfest di Bonn, al Festival di Ravello in Italia nel 2014, così come Zurigo, Amburgo, Parigi, Budapest, Vienna, Göteborg e Zagabria. Per la stagione 2012/13 è stato assistente

alla direzione della Los Angeles Philharmonic, collaborando con direttori del calibro di Esa-Pekka Salonen, Vasily Petrenko, John Adams e Gustavo Dudamel in un lungo tour in Europa. Nato nel 1980, ha studiato violino sotto la guida di Ruben Cova, Ulises Ascanio, Santiago Garmendia e José Francisco del Castillo. Ha partecipato a numerose masterclass tenute da eccezionali violinisti quali Agustin Dumay, Olivier Charlier, Virginie Robilliard, Aaron Rosand, Maurice Hasson, Yossy Zivoni, Daniel Stabrawa, Eugene Fudor e Igor Oistrach. All'età di soli 11 anni ha vinto il Concorso Encuentro Internacional de Niños y Jóvenes Solistas Instrumentistas di Córdoba, Argentina. Nel 1997 ha suonato nelle fila dei violini primi dell’Orchestra Sinfonica Simón


Bolívar e nel 2002 è stato selezionato come primo violino dell’Orchestra Giovanile delle Americhe. Parallelamente alla sua formazione come violinista, ha studiato direzione d’orchestra sotto la guida di José Antonio Abreu, affermandosi rapidamente come uno dei più promettenti giovani maestri emergenti del Venezuela, e dirigendo numerose orchestre del suo paese, tra cui la Simón Bolívar e le Orchestre Sinfoniche di Mérida, Tachira, Monagas e Falcon. Collabora anche con molte orchestre sudamericane, tra cui l’Orchestra Carlos Chávez in Messico, l’Orchestra Sinfonica Giovanile di Montevideo e l’Orchestra Centroamericana di El Salvador.

Dopo aver debuttato con l'Orchestra della Toscana nell'estate 2014 al Cortona Mix Festival, Paredes ritorna sul podio della formazione toscana con due produzioni inserite nella Stagione Concertistica 15/16. Sempre a Firenze, è stato protagonista con l'Orchestra Giovanile Italiana per il concerto in memoria di Carlo Maria Giulini alla scorsa edizione del Maggio Musicale Fiorentino. Altri importanti appuntamenti in programma per questa stagione sono i concerti con la RTE National Symphony of Ireland, l'Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, l'Opera di Roma, e l'Orchestra Sinfonica di Tolone in Francia.


SERGEY KHACHATRYAN Classe 1985, nato a Yerevan in Armenia, Sergey Khachatryan arriva per la prima volta all'Orchestra della Toscana. È stato vincitore al VIII concorso internazionale Jean Sibelius di Helsinki nel 2000, diventando il più giovane vincitore di sempre nella storia della manifestazione, e nel 2005 al Concorso Queen Elisabeth di Bruxelles. Nelle ultime stagioni, ha suonato con i Bamberger Symphoniker, Munich Philharmonic, Swedish Radio Symphony, Mariinskij Orchestra e l'Orchestre de Paris, diretto da Herbert Blomstedt, Jonathan Nott, James Gaffigan, Juraj Valcuha, Valerij Gergiev, Andris Nelsons. Ha inoltre collaborato in Europa con i Berliner Philharmoniker, la Royal Concertgebouw Orchestra, Amsterdam Sinfonietta, Rotterdam Philharmonic, Orchestre National de France, London Symphony, London Philharmonic, Philharmonia Orchestra; in Australia con la NHK Symphony, Sydney Symphony e la Melbourne Symphony e negli Stati Uniti con la Seattle Symphony diretta da Ludovic Morlot, e la National Symphony Orchestra a Washington, condotto da Vasily Petrenko. Si è esibito, sempre in America, con la New York Philharmonic, la Boston Symphony, la Philadelphia Orchestra, la Cleveland Orchestra e la San Francisco Symphony, così come il Ravinia, Blossom e Mostly Mozart Festival. La scorsa stagione lo ha visto interprete del Concerto di Beethoven, al

Festival di Lucerna con i Wiener Philharmoniker e Gustavo Dudamel, come ultimo vincitore del Credit Suisse Young Artist Award, e protagonista con la Gewandhausorchester di Lipsia, la Munich Philharmonic, la Hamburg Symphony, la Filarmonica di Rotterdam, Toronto Symphony e NHK Symphony. Suona in trio con il violoncellista Narek Hakhnazaryan e la sorella pianista Lusine Khachatryan, esibendosi al Concertgebouw di Amsterdam, Vienna Konzerthaus e Mariinsky Concert Hall. Sempre con la sorella Lusine Khachatryan, ha tenuto recital alla Wigmore Hall,


LUDWIG VAN BEETHOVEN (Bonn 1770 - Vienna 1827) Egmont op.84, ouverture durata 9 minuti circa Konzerthaus di Dortmund, Theatre des Champs Elysees e Cité de la Musique (Parigi), Auditorium Nacional di Madrid, Concertgebouw di Amsterdam, Palais des Beaux Arts (Bruxelles), Philharmonie Luxembourg, Carnegie Hall e Alice Tully Hall (New York) e Herbst Theater (San Francisco). Il duo è stato coinvolto in un grande tour di recital nella primavera del 2014 con le tre Sonate per violino e pianoforte di Brahms. La discografia di Khachatryan su Naïve Classique comprende i concerti di Sibelius e Chačaturjan con la Sinfonia Varsovia e Emmanuel Krivine, i Concerti di Šostakovič con l'Orchestre National de France e Kurt Masur, una registrazione delle Sonate per violino e pianoforte di Šostakovič e Franck e le Sonate e Partite per violino solo di Bach. Un disco delle Sonate per violino e pianoforte di Brahms è stato pubblicato nel giugno 2013. Nel 2015 è previsto un disco di musiche armene. Sergey suona un violino Guarneri “Ysaye” del 1740 messo a disposizione dalla Nippon Music Foundation. È destinatario del Credit Suisse Young Artist Award 2014.

Delle undici Ouvertures composte da Beethoven fra il 1801 e il 1822, e destinate ad introdurre, oltre che la sua unica opera Il Fidelio, balletti e lavori teatrali di autori diversi, alcune appaiono oggi regolarmente nei programmi delle Stagioni sinfoniche, sebbene solo con l’opera 115 Per l’onomastico si prefiguri quell’autonoma Ouverture da concerto che si consoliderà con il Romanticismo. Le Creature di Prometeo, le Leonore (nelle tre differenti versioni), il Coriolano e l’Egmont stessa sono infatti tutte legate strettamente all’argomento del balletto o del dramma cui si riferiscono. Così l’Egmont, che prevede altri nove brani dopo l’Ouverture, composto fra il 1809 e 1810 come musica di scena per il testo di Goethe, ne ricalca grandiosamente la trama: gli aneliti e le lotte per la libertà, infine vittoriosa e riscattata dalla cruenta morte del protagonista. La struttura musicale è data da un Allegro in forma-sonata, con un’introduzione lenta e grande coda finale (similmente a come Beethoven aveva già fatto per il Prometeo), e si distacca in tal modo, prendendo a modello quelle di Mozart, dalle Ouvertures dei secoli precedenti, quelle in stile italiano o francese, semplicemente tripartite con i due tempi estremi e gemelli che racchiudevano un movimento centrale di carattere contrastante.


MAX BRUCH

(Colonia 1838 – Berlino 1920) Concerto n.1 in sol minore per violino e orchestra op.26 durata: 26 minuti circa "I tedeschi hanno quattro grandi concerti per violino. Il più grande, privo della minima concessione, viene da Beethoven. Quello di Brahms, nella sua severità, emula Beethoven. Il più ricco, il più magico, lo ha scritto Max Bruch. Quello con più intimità, il gioiello del cuore, ci viene da Mendelssohn". Sono parole del grande violinista Joseph Joachim, dedicatario e primo esecutore del concerto di Max Bruch (1868) prima che di quello di Brahms (1878), in ambedue collaboratore e "revisore tecnico" della par­te del solista. Il giudizio di Joachim è da leggere forse come carezza consolatoria al povero Bruch, che ebbe solo un decennio per gioire del successo della sua creatura migliore e più popolare, il primo dei suoi tre concerti per violino, prima di vederla esposta al confronto con Brahms. Apprezzato come direttore e come didatta, autore di un copioso catalogo che si proietta addirittura fino al 1919 (musica da camera, tre sinfonie, musica corale, opere, oratori fra cui fu assai ammirato Odysseus, 1872) inse­gnante all'Accademia di Berlino dal 1893 al 1911 dove ebbe come allievo anche Ottorino Respighi, Max Bruch è visto erroneamente come un epigono brahmsiano; in realtà si mantenne fedele ancora in pieno Ventesimo seco­lo alla sua formazione

nel solco di Mendelssohn. Tratti mendelssohniani caratterizzano infatti la natura lirica della sua ispirazione, che nei momenti migliori è soavemente e affettuosamente espansa come in certe Romanze senza parole. L'osservazione vale per il giovanile Concerto in sol minore op.26, l'unico pezzo di Bruch oggi sopravvissuto in repertorio, assieme al Kol Nidrei op.47 per violoncello e orchestra su melodie ebraiche. Bruch vi lavorò a lungo, dal 1864 al 1868, e già nel ‘66 ne aveva licenziata una prima versione su cui Joachim sarebbe poi intervenuto per una revisione ulteriore, da lui portata al successo. Il primo tempo è un Preludio (impostato in tempo Allegro moderato) dal carattere libero e soavemente rapsodico, in cui l'ingresso del solista con una sorta di cadenza potrebbe richiamare proprio il modello beethoveniano. Un materiale tematico ricco e vario ma coerente (anche se gli manca quella profonda e motivata dialettica fra solista e orchestra che fa la qualità assoluta dei concerti di Beethoven, Mendelssohn e poi Brahms) tratteggia un paesaggio prevalentemente lirico ma tutt'altro che privo di accensioni eroiche, che trovano un veicolo d'espres­sione ideale nella magniloquenza dei bicordi e tricordi del solista. Il Preludio sfocia direttamente nell'Adagio, soave ed intenso, costruito


PËTR IL'IČ ČAJKOVSKIJ

(Votkinsk 1840 - San Pietroburgo 1893) Sinfonia n.5 in mi minore op.64

durata: 50 minuti circa su un tema nobilmente senti­mentale da Romanza strumentale, non immemore dell'Ada­gio del concerto mendelssohniano, abbastanza ampio da dar luogo ad una struttura articolata di colloquio tra solista e orchestra, in cui l'ampia idea principale intera­gisce con un disegno alternativo breve e vivo, successi­vamente introdotto, che propizia il collegamento diretto con il Finale. Questo è una rivisitazione della tradizio­nale forma di Rondò, però saldamente collegato da affi­nità tematiche ed espressive ai movimenti precedenti. Soprattutto lo slancio cavalleresco di questo Finale, impo­stato su un tema magnificamente ambientato nei bicordi dello strumento solista, ha assicurato al Concerto op.26 l'affetto dei grandi concertisti e la sua permanenza nel repertorio. Elisabetta Torselli

Anche Pëtr ll'ič Čajkovskij mostrò precocemente le sue grandi qualità musicali e fin dall'infanzia rivelò anche la cagionevolezza di salute e il carattere ipersensibile che fecero coniare alla sua governante la famosa definizione di fanciullo di vetro. Nella maturità questa sua fragilità si trasformerà in tendenza alla depressione, con risvolti pesantemente autocritici; anche all'epoca della composizione della Quinta Sinfonia, pur dopo aver ottenuto ripetuti successi trionfali in patria e all'estero, l'insicurezza lo perseguitava: "voglio a tutti i costi dimostrare non soltanto agli amici ma anche a me stesso, che non sono ancora finito. Assai frequentemente ho dubbi su me stesso e mi chiedo: è ora di fermarsi, ho forse sforzato troppo la mia fantasia, può essere che la sorgente si sia inaridita?" scriveva nell'estate del 1888. In quel periodo aveva comunque già superato momenti molto critici, come il matrimonio con una sedicente ammiratrice, deciso da Čajkovskij probabilmente per tacitare le voci circa la sua omosessualità, che si rivelò invece un incubo (la moglie, probabilmente pazza, gli creò infiniti problemi). Nel 1876 era nata invece la positiva amicizia puramente epistolare con la ricca


vedova Nadezda von Meck, che gli assicurò una base affettiva e una sicurezza economica che gli permise di dedicarsi esclusivamente alla composizione. La sua situazione personale era quindi migliorata: aveva finalmente una casa in campagna, l'apprezzamento della famiglia imperiale (che gli attribuì un vitalizio annuo) e molti successi, ma lo stress per i troppi impegni gli causava ancora sintomi nevrotici, mentre la continua ansia di poter mantenere il livello della sua creatività lo rendeva deluso di ogni accoglienza delle sue opere inferiore alle aspettative. La critica, infatti, fu spesso severa nei suoi confronti: già ai suoi tempi, ma soprattutto poi nel Novecento, la sua musica fu bollata come sdolcinata, eccessiva o addirittura volgare, adatta solo a un facile sentimentalismo. In realtà (come spesso accade) alla presa di distanza della critica fa da contrappeso il quasi costante apprezzamento del pubblico, che portò anche a varie strumentalizzazioni della sua immagine. Nell'era zarista Čajkovskij fu considerato quasi un eroe nazionale e questa idea si mantenne anche nel periodo socialista: si giunse anche a nascondere la sua omosessualità (carattere che sarebbe

risultato "decadente") e le sue posizioni zariste, pur di non perdere quello che il realismo socialista considerava un "grande classico russo!". Negli anni '60 a impadronirsi della sua storia furono invece le correnti omosessuali e il film a lui dedicato da Ken Russel nel 1971 continuò a far parlare della sua vicenda biografica. Nei decenni successivi dilagò invece l'interesse per il giallo della sua morte: Čajkovskij infatti morì di colera, secondo le fonti ufficiali, nel 1893, pochi giorni dopo la prima esecuzione della Sesta Sinfonia (Patetica), accolta tiepidamente. Secondo le testimonianze di Alexandra Orlova, invece, sarebbe stato costretto al suicidio dagli ex compagni della prestigiosa Scuola di Giurisprudenza dove Čajkovskij aveva studiato, perché non si collegasse la sua omosessualità a quell'ambiente d'élite. Ulteriori recenti ricerche di Alexander Poznansky tendono oggi comunque a confutare questa tesi, dato che l'omosessualità era diffusa e tollerata nell'aristocrazia russa del tempo. Al di là della vicenda biografica, comunque, il pubblico occidentale, che ancora oggi conosce poco la produzione operistica di Čajkovskij, ha sempre mostrato di apprezzare molto sua musi-


ca, soprattutto i balletti e la produzione sinfonica. Le sinfonie di Čajkovskij si collocano negli anni '70-'80 dell'Ottocento in una stagione di nuova fioritura di questa forma: verso la metà del secolo, infatti (dopo le sinfonie di Schubert, Mendelssohn, Schumann), il genere più innovativo era stato considerato il poe-ma sinfonico, formalmente più libero e nutrito di evocazioni extramusicali, ma negli anni '70 si assiste a una ripresa di interesse per la sinfonia con le opere di Brahms, Bruckner, Borodin, Čajkovskij, Dvohik, Franck. Si tratta spesso di opere imponenti, monumentali per molti aspetti, in cui sovente si cerca di inserire elementi che possano collegare insieme estese campate formali in un organismo unitario. Anche nella Quinta di Čajkovskij vi è una ricerca in questo senso: la sinfonia si apre con un tema, chiaramente enunciato nell'Andante introduttivo alla maniera di un segnale, che verrà ripreso in tutti i movimenti. Negli schizzi della sinfonia esso è associato a un significato programmatico: "sottomissione totale davanti al destino, o, che è lo stesso, davanti alla predestinazione ineluttabile della provvidenza". Il movimento vero

e proprio, Allegro con anima, presenta un altro tema, anch'esso ben scandito e un po' solenne, con carattere quasi di marcia. La tipica cantabilità Čajkovskiana, morbida e sentimentale, si rivelerà solo più avanti con un tema su ritmo di valzer lento. Il secondo movimento, Andante cantabile con alcuna licenza è considerato, a ragione, uno dei più belli nella produzione sinfonica di Čajkovskij: il timbro ovattato del corno presenta in un lungo assolo una melodia semplice e dolente; gli risponde l'oboe solo con un canto più espanso e non meno toccante. Tutto il brano è organizzato poi in un crescendo espressivo alla maniera di una scena d'opera, che porta alle perorazioni cantate a voce piena da tutta l'orchestra: momenti di liricità distesa e sincera che contrastano con la ripresa, a tratti, del minaccioso "tema del destino" iniziale. Nell'Allegro moderato seguente la carica sentimentale accumulata si scioglie in movimento di danza: si tratta di uno di quegli affascinanti Valses che sono spesso presenti nella musica di Čajkovskij, non solo nei balletti ("sinfonia con tre valzer", è stata definita la Quinta). È condotto con la consueta eleganza e leg-


gerezza, ma integrato in questo contesto ancora una volta dall'enunciazione del cupo tema iniziale della sinfonia. Con il medesimo tema, ma in una luce diversa (mutato in modalità maggiore), si apre anche il Finale, Allegro maestoso: si tratta di un movimento vasto, dai toni solenni e a volte pomposi, tra la processione e l'inno, che solo a tratti lascia trapelare qualche abbandono cantabile. Nella generosa abbondanza tematica si sentono richiamati anche altri motivi della sinfonia, a ulteriore suggello del carattere ciclico della sua forma. Nel suo solito impeto autocritico Čajkovskij definì questa sinfonia "troppo eterogenea, massiccia, insincera e prolissa", ma essa invece gode oggi di notevole favore presso il pubblico. In particolare il malinconico tema del secondo movimento è diventato anche il song Moon Love (di David-Costenlanez-Davis), celebre ad esempio nella struggente interpretazione di Chet Baker. Maria Grazia Sità


VIOLINI PRIMI

VIOLONCELLI

CORNI

Andrea Tacchi * Daniele Giorgi * Paolo Gaiani ** Angela Asioli Patrizia Bettotti Gabriella Colombo Francesco Di Cuonzo Marian Elleman Marco Pistelli Gianluca Stupia

Luca Provenzani * Augusto Gasbarri * Andrea Landi ** Stefano Battistini Giovanni Simeone

Andrea Albori * Paolo Faggi * Alberto Bertoni Eolo Pignattini

VIOLINI SECONDI

Chiara Morandi * Chiara Foletto ** Stefano Bianchi Marcello D'Angelo Paolo Del Lungo Alessandro Giani Alessia Pallaoro Susanna Pasquariello

VIOLE

Stefano Zanobini * Pier Paolo Ricci ** Caterina Cioli Alessandro Franconi Sabrina Giuliani Hildegard Kuen

TROMBE CONTRABBASSI

Amerigo Bernardi * Luigi Giannoni ** Lucio Corenzi Simone Prando FLAUTI

Fabio Fabbrizzi * Michele Marasco * Angela Camerini OBOI

Flavio Giuliani * Marco Del Cittadino

Donato De Sena * Guido Guidarelli * TROMBONI

Paolo Masi * Stefano Bellucci Sergio Bertellotti BASSO TUBA

Riccardo Tarlini * TIMPANI

Morgan M.Tortelli *

CLARINETTI

Marco Ortolani * Francesco Giardino

* prime parti ** concertino

FAGOTTI

Paolo Carlini * Umberto Codecà * Ispettore d’orcheStra e archivista

Alfredo Vignoli


CoNTATTI

FONDAZIONE ORCHESTRA REGIONALE TOSCANA

Via Verdi, 5 - 50122 Firenze tel. 055 2342722 | 2340710 fax 055 2008035 www.orchestradellatoscana.it

Segreteria info@orchestradellatoscana.it Direzione Generale direzionegenerale@orchestradellatoscana.it Direzione Artistica direzioneartistica@orchestradellatoscana.it Area Comunicazione ortstampa@orchestradellatoscana.it Ufficio Sviluppo sviluppo@orchestradellatoscana.it Ufficio del Personale ufficiopersonale@orchestradellatoscana.it Amministrazione direzioneamministrativa@orchestradellatoscana.it Servizi Tecnici ufficiotecnico@orchestradellatoscana.it proGramma di sala a cura di

Ufficio Comunicazione ORT IMPAGINAZIONE

TEATRO VERDI

Via Ghibellina, 99 - 50122 Firenze Biglietteria Via Ghibellina, 97 - 50122 Firenze orari dal lun al sab 10-13 e 16-19 festivi chiuso tel. (+39) 055 212320 fax. (+39) 055 288417 www.teatroverdionline.it info@teatroverdionline.it

Ambra Greco progetto grafico

kidstudio.it Foto

Marco Borggreve (copertina, 7) Nohely Oliveros (5, 6) stampa

Grafiche Martinelli (Firenze)



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