Programma Rustioni/Dego | Stagione 15_16

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XXXV STAGIONE CONCERTISTICA

DANIELE RUSTIONI direttore

FRANCESCA DEGO violino


FONDAZIONE ORCHESTRA REGIONALE TOSCANA

Direttore generale

Marco Parri

Direttore servizi musicali

Paolo Frassinelli

Direttore comunicazione

Riccardo Basile

Ufficio sviluppo e fundraising

Elisa Bonini

Amministrazione

Simone Grifagni, Cristina Ottanelli Ufficio del personale

Patrizia Brogioni, Andrea Gianfaldoni Segreteria

Stefania Tombelli | Direzione Generale Tiziana Goretti | Direzione Artistica Ambra Greco | Area Comunicazione Servizi tecnici Orchestra

Francesco Vensi, Angelo Del Rosso Consiglio di Amministrazione

Maurizio Frittelli presidente Francesca Bardelli vice presidente Elisa Burlamacchi Nazzareno Carusi Claudio Martini Revisore Unico

Vittorio Quarta

* Il Consiglio di Amministrazione e il Revisore unico si

sono insediati il 3 dicembre 2015 e resteranno in carica per 5 anni, come previsto dallo Statuto.

OspitalitĂ e sala Teatro Verdi

Fulvio Palmieri, Paolo Malvini Palcoscenico Teatro Verdi

Alfredo Ridi, Walter Sica, Carmelo Meli, Sandro Russo, Alessandro Goretti Personale di sala

Lisa Baldi, Martina Berti, Anastasiya Byshlyaha, Tommaso Cellini, Lorenzo Del Mastio, Massimo Duino, Enrico Guerrini, Chiara Giglioli, Alessandro Iachino, Michele Leccese, Pasquale Matarrese, Jibril Sheikh Oyaye, Mario Venneri, Giuseppe Zarcone


XXXV STAGIONE CONCERTISTICA direttore artistico

Giorgio Battistelli

direttore principale Daniele Rustioni direttore e compositore in residence Tan Dun direttore onorario Thomas Dausgaard

 O IC

stituzioni

oncertistiche

rchestrali


DANIELE RUSTIONI

GIOACHINO ROSSINI

FRANCESCA DEGO violino

NICCOLÒ PAGANINI

direttore

L'Italiana in Algeri, ouverture

Concerto n.1 in re maggiore per violino e orchestra op.6 Allegro maestoso Adagio Rondò: Allegro spiritoso

***

ROBERT SCHUMANN

Sinfonia n.3 in mi bemolle maggiore op.97 'Renana' POGGIBONSI, TEATRO POLITEAMA

mercoledì 18 maggio 2016 ore 21.00 FIRENZE, TEATRO VERDI *

giovedì 19 maggio 2016 ore 21.00 SIENA, TEATRO DEI RINNOVATI

venerdì 20 maggio 2016 ore 20.30 FIGLINE VALDARNO, TEATRO GARIBALDI

sabato 21 maggio 2016 ore 21.00

* concerto trasmesso in differita da Rai Radio 3

Rai Radio

Registrazioni e produzioni audio a cura di

Lebhaft (Vivace) Scherzo. Ser mässig (Molto moderato) Nicht schnell (Lento) Feierlich (Misterioso) Lebhaft (Vivace)


DANIELE RUSTIONI A 32 anni, è uno dei direttori d’orchestra più interessanti della sua generazione, avendo ricevuto il premio come «Best newcomer of the Year» all’International Opera Awards già nel 2013. Dallo scorso anno è direttore principale dell’ORT, dopo aver ricoperto il ruolo di direttore ospite principale al Teatro Michajlovskij di San Pietroburgo e di direttore musicale al Petruzzelli di Bari. Ha studiato a Milano, dove si è diplomato giovanissimo in organo, composizione e pianoforte. Ha proseguito gli studi di direzione d’orchestra con Gilberto Serembe, continuando la sua formazione alla Chigiana di Siena sotto la guida di Gianluigi Gelmetti e alla Royal Academy of Music di Londra. Nel 2007 Gianandrea Noseda diventa il suo mentore, e lo avvia alla carriera direttoriale con l’opportunità di debuttare al Regio di Torino, mentre alla Royal Opera House (Covent Garden di Londra) è stato assistente di Antonio Pappano, che lo ha seguito nei primi passi. Oggi dirige regolarmente nei migliori teatri italiani, dal Regio di Torino, alla Fenice di Venezia, ospite del Maggio Musicale Fiorentino e del Rossini Opera Festival a Pesaro. Nell'ottobre 2012 ha debuttato al Teatro alla Scala con La bohème; vi è tornato per due stagioni consecutive con la nuova produzione di Un ballo in maschera nell’ambito delle celebrazioni del bicentenario verdiano e per una ripresa de Il

trovatore nel febbraio 2014, registrata in video dalla RAI. Nel marzo 2011 aveva già debuttato con Aida alla Royal Opera House, dove è tornato lo scorso autunno con una produzione dell’Elisir d’amore di grande successo. Sempre nel Regno Unito ha diretto all’Opera North ed è stato ospite della Welsh National Opera per una serie di progetti, tra cui una nuova produzione di Così fan tutte e due opere belcantiste di Donizetti, Anna Bolena e Roberto Devereux, accolte da un clamoroso successo della critica.


Ha debuttato negli Stati Uniti al Glimmerglass Festival con una nuova produzione della Medea di Cherubini; vi è poi tornato per il debutto alla Washington National Opera nel 2013 e per un tour con l’Orchestra dell’Accademia della Scala nel dicembre dello stesso anno. Debutterà al Met nella stagione 2016/17. Nella stagione 13/14 ha fatto il suo debutto in Giappone con la Nikikai Opera, all’Opéra National de Lyon con una nuova produzione di Simon Boccanegra, alla Bayerische Staatsoper con Madama Butterfly e alla stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma alle Terme di Caracalla, mentre la passata stagione ha visto il primo podio allo Staatstheater di Stoccarda, al San Carlo di Napoli e alla Staatsoper di Berlino oltre il ritorno al Regio di Torino. Durante il prossimo autunno farà la sua prima apparizione all’Opéra National de Paris e all’Opernhaus di Zurigo. Rustioni svolge un’intensa attività sinfonica: oltre alla collaborazione con l’ORT, ha già diretto le migliori orchestre

sinfoniche italiane come l’Orchestra dell’Accademia di S.Cecilia, l’Orchestra Sinfonica della RAI e la Filarmonica della Fenice. Ha inoltre diretto la BBC Philharmonic, l’Orchestra della Svizzera Italiana (a Lugano e in tournée), la Helsinki Philharmonic, la London Philharmonic, l’Orchestre Philharmonique di Montecarlo e la Kyushu Symphony Orchestra in Giappone. Vi tornerà nel giugno 2016 per i debutti allo Hyogo Performing Arts Center e con la Tokyo Symphony Orchestra. Durante la scorsa stagione ha debuttato con la Bournemouth Symphony Orchestra, dove sarà di nuovo ospite nell’aprile 2017. Per Sony Classical ha registrato un album di Arie dal basso con Erwin Schrott alla guida dell’Orchestra Sinfonica della Radio di Vienna. È stato nominato direttore principale de l'Opéra National de Lyon: il prestigioso incarico decorrerà dal 1° settembre 2017 ed avrà durata quinquennale. Nella città francese dirigerà almeno due produzioni operistiche a stagione oltre ad un ricco programma di concerti sinfonici.


FRANCESCA DEGO Nata a Lecco nel 1989, è considerata una fra le migliori interpreti italiane di oggi. A seguito dell'immediato successo del suo disco di debutto per Deutsche Grammophon con i 24 Capricci di Paganini, suonati sul Guarneri del Gesù appartenuto a Ruggiero Ricci, ha inciso l'integrale delle Sonate per violino e pianoforte di Beethoven. Vincitrice di numerosi concorsi internazionali, nel 2008 è stata la prima violinista italiana ad entrare in finale al Premio Paganini di Genova dal 1961 aggiudicandosi il premio speciale "Enrico Costa" al più giovane finalista. Debutta da solista a soli 7 anni in California con un concerto di Bach; in Italia a 14 con Beethoven; a 15 esegue la Sinfonia Concertante di Mozart con Shlomo Mintz al Teatro di Tel Aviv e il Concerto di Brahms alla Sala Verdi di Milano. Da allora si esibisce con le più importanti orchestre tra cui i Cameristi della Scala, l'Orchestre Philharmonique de Nice, la European Union Chamber Orchestra, Thailand Philharmonic, Verdi di Milano, Sinfonica Arturo Toscanini, Philharmonique du Liban, Orchestra Sinfonica del Teatro Colon di Buenos Aires, Sofia Festival Orchestra, Orquestra Sinfonica Portuguesa, Solisti di Rostov, Sinfonica del Comunale di Bologna, Israel Sinfonietta, Haydn di Trento e Bolzano, Filarmonica di Torino, Orchestra di Padova e del Veneto, Orchestra del Carlo Felice di Genova, Orchestra

dell'Arena di Verona, Sinfonica del Verdi di Trieste, Opera North Symphony Orchestra di Leeds, Orchestra del Petruzzelli di Bari. Collabora al fianco di solisti e direttori del calibro di Salvatore Accardo, Christopher Hogwood, Gianluigi Gelmetti, Joel Levi, Donato Renzetti, Gabriele Ferro, Bruno Giuranna, Paul Goodwin, Peter Halffter, Derrik Inouye, Julian Kovatchev, Wayne Marshall,


Matheuz, Antonio Meneses, Domenico Nordio, Daniele Rustioni, Yole Levi, Jan Lisiecki, Peter Stark , Boian Videnoff, Lorenzo Viotti e Xian Zhang. È regolarmente ospite dei più prestigiosi festival e stagioni concertistiche in tutto il mondo, a Londra, Shanghai, Pechino, Mosca, San Pietroburgo, Buenos Aires, Lisbona, Messico, Reims, Libano, Lima. È stata solista ai Concerti per la Vita e per la Pace a Betlemme e Gerusalemme con l’Orchestra Giovanile Italiana diretta da Nicola Paszkowski, al Concerto per il Giorno della Memoria 2014 al Parco della Musica di Roma, trasmessi dalla RAI in mondovisione, e nel giugno 2014 ha aperto i Mondiali di Calcio in Brasile con un recital al Teatro Municipal di Rio de Janeiro. Previsti i debutti con l'Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo, Orchestra Filarmonica di Oviedo, Tokyo Symphony Orchestra, alla Suntory Hall, Kyushu Symphony, Orchestra Filarmonica Armena, Tarstastan State Symphony Orchestra, Fresno Philharmonic, Reno Chamber Orchestra, Sinfonica de Guanajuato, Wyoming Symphony, Orchestra da Camera di Mantova, Northern Czech Philharmonic, Wuhan Philharmonic, Grosses Orchester Graz la New Philharmonia Orchestra, la

Mannheim Philharmoniker Orchestra a Mannheimer, un tour di 6 esecuzioni in Olanda con la Netherland Symphony Orchestra Concertgebouw Amsterdam, la Birmingham Symphony, l’Orchestre de Chambre de Paris, la Guerzenich Orchestra Koeln sotto la direzione di Sir Robert Norrington, e a fine maggio una tournée in Sudamerica con l'Orchestra della Toscana, diretta da Daniele Rustioni. La sua registrazione del concerto di Beethoven è stata usata per il film documentario americano The Gerson Miracle, vincitore della Palma d’Oro 2004 al prestigioso Beverly Hills Film Festival, e altre incisioni nel film The Beautiful Truth del celebre regista americano Steven Kroschel. Diplomata con lode e menzione speciale al Conservatorio di Milano sotto la guida di Daniele Gay, si è perfezionata con Accardo all’Accademia Stauffer di Cremona e alla Chigiana di Siena, e con Itzhak Rashkovsky al Royal College of Music a Londra. Suona un prezioso violino Francesco Ruggeri (Cremona 1697) e il Giuseppe Guarneri del Gesù ex-Ricci (Cremona 1734) per gentile concessione della “Florian Leonhard Fine Violins” di Londra.


GIOACHINO ROSSINI

(Pesaro 1792 – Passy de Paris 1868) L'Italiana in Algeri, ouverture durata: 9 minuti circa Come ben si sa, nell'universo complesso e ricco di sensi plurimi costituito dall’opera rossiniana, già la Sinfonia rappresenta in sé un fenomeno. Vera e propria macchina di implacabile efficacia, essa, pur non avendo spesso niente in comune con ciò che precede, ne rappresenta perfettamente "in anteprima" l'essenza geometrica di gioco a incastri, ne sublima - attraverso l'insistenza capricciosa dei suoni, la mutevolezza dei disegni, l'incisività dei colori - la vitalità del rapporto parola­suono, ne esalta la motricità condensando nei proverbiali "crescendo" tutti i procedimenti di un meccanismo perfetto. Autonoma, almeno fino a quella per La gazza ladra (1817), dal materiale musicale, drammaturgico e espressivo dell'opera (tanto da sostenere senza affanni i famosi traslochi "di sana pianta" da un dramma a un’opera buffa) la Sinfonia rossiniana deve la sua fortuna anche all'individuazione di un modello: forma, spirito, relazioni tematiche, sviluppi furono riprodotti decine di volte senza mai smentirli, ma anche nutrendoli costantemente di una fantasia senza limiti, sì che il pubblico ne era rassicurato e al tempo stesso elettrizzato al punto giusto per

godersi la novità in arrivo. Prototipo di questo modello fu, nel 1813, L’Italiana in Algeri. Qui per la prima volta appare lo schema infallibile: introduzione lenta; primo tema, in tempo binario, vitalistico e piuttosto ampio; secondo tema più ammiccante ed espressivo; grande crescendo di travolgente forza dinamica; ripresa quasi letterale dal tema principale e coda finale di dimensioni variabili. Solo dopo il 1817, come s'è detto, questo modello sarà progressivamente e cautamente abbandonato, fino a che, con la Sinfonia del Guglielmo Tell (1829), non ci troviamo di fronte ad un oggetto completamente nuovo: un vero e proprio poema sinfonico diviso in quattro distinti episodi che annunciano l'ambiente dell'opera, danno il senso dell'azione e ne condensano gli snodi fondamentali. Essa costituisce, però, un "unicum" che, pur segnando un clamoroso punto di svolta rispetto ai precedenti, non ebbe possibilità di sviluppi nel catalogo rossiniano (giacché proprio con quel titolo, com' è noto, nel 1829 si esaurì l'esperienza teatrale del maestro) divenendo piuttosto un prezioso riferimento per altri autori nei decenni successivi. Dunque L’Italiana in Algeri (prima


rappresentazione al Teatro San Benedetto di Venezia il 22 maggio 1813) si apre con una mirabile ambientazione strumentale. È un Andante, introdotto dall'incedere cauto e carico di tensione del pizzicato di tutti gli archi. La tensione si scarica su un accordo di do maggiore a tutta orchestra, ma non si scioglie nonostante la dolcezza sentimentale e maliziosa delle frasi dell'oboe, tant'è vero che ben presto, sull'incidere di accordi ribattuti, l'ostinato disegno rotatorio dei violini conduce a un altro climax. Tutto si ferma. Ancora qualche balbettio, ammiccamenti dell'oboe, pizzicati in sospensione e finalmente ecco lo scatto repentino dell'Allegro. La sua vitalistica matrice ritmica è irresistibile, sottolineata dal perenne gioco a note ribattute, dal beffardo botta e risposta fra legni e piena orchestra, dal rimbalzare qua e là nello spazio sonoro della cellula ritmica fondamentale. L'organismo sonoro si compatta su un tappeto di accordi ribattuti, sul quale volteggiano rapide scale o incidono piccoli sberleffi, che conduce diritti al segnale col quale violoncelli e contrabbassi annunciano l'apparire del secondo episodio. Ancora una volta tocca alla voce ambigua dell'oboe (che non si sa se piange o

prende in giro) ricamare deliziosamente la frase per poi scambiarsela con gli altri e insieme ad essi tuffarsi nel fatidico crescendo. Ferrea scansione del tempo da parte dei bassi, perfetto disegno dell'impianto ritmico, inesora­ bile simmetria della condotta armonica, frenetico vorticare della dialettica domanda-risposta: questi ne sono gli ingredienti, come sempre irresistibili. A questo punto la ripetizione di tutto l'Allegro, con le inevitabili modificazioni tonali e qualche mutevolezza timbrica, non è altro che un piacere gentilmente concesso. Claudio Proietti


NICCOLÒ PAGANINI (Genova 1782 – Nizza 1840)

Concerto n.1 in re maggiore per violino e orchestra op.6 durata: 35 minuti circa Molti tra i suoi contemporanei erano convinti che il talento per il violino, strepitoso e inaudito, fosse stato concesso a Niccolò Paganini da chissà quale potenza diabolica manifestatasi magari durante una lunga reclusione. Aveva infatti ucciso una donna, si mormorava: ecco il perché del soggiorno in carcere. Aveva trafficato troppo con il soprannaturale: altrimenti come spiegare il fascino incantatorio sprigionato dal suo strumento su cui sembrava riuscire a far davvero tutto quello che gli passava per il capo, anche ciò che natura e anatomia non sembrerebbero permettere? Intorno a Paganini si è sempre sentito odor di zolfo. Lui stesso, d'altra parte, con studiata civetteria propagandistica amava circondarsene e alimentarlo. Perciò forse non si sarebbe lamentato della decisione del vescovo di Nizza, la città in cui morì, di negargli la sepoltura in terra consacrata. Donne però non ne aveva mai uccise, e la galera (sette giorni soltanto, a dispetto delle chiacchiere) gli era stata comminata per aver rapito e ingravidato una minorenne, del resto consenziente e per nulla inerme. C'è stato perfino chi ha tentato di motivare il fenomeno Paganini come il risultato di un difetto fisiologico paradossalmente provvido, il morbo di Mar-

phan, che insieme a un'elasticità delle dita e a una mobilità della mano non comuni gli avrebbe procurato pure una fisionomia spiacevole, disturbi alla vista e l'afonia degli ultimi anni. Comunque, quali ne siano state le cause, un'esistenza e un'arte, le sue, fuori dell'ordinario, l'una che nutriva e penetrava nell'altra facendo della vita un'arte e dell'arte vita. E, con il suo giro europeo di concerti del 1828-34, il merito di aver dato il 'la' a un'intera generazione di musicisti, quella dei nati attorno agli anni Dieci dell'Ottocento. A Robert Schumann, per esempio, che dopo averlo ascoltato decise di darsi anima e corpo alla musica. A Franz Liszt, suo erede autentico, colui ne trasferì nei bollori parasinfonici del pianoforte romantico gli impervi rovelli virtuosistici, tutto sommato in Paganini ancora legati pervicacemente a un classicismo di marca operistica. Senza contare gli effetti benefici su Felix Mendelssonh e Fryderyk Chopin e su chi, pur non avendolo potuto incontrare per ragioni anagrafiche, non poté tuttavia evitare d'esserne ammaliato (come il Brahms delle Paganini-Varationen per piano e Rachmaninov). Rammentando inoltre la commovente generosità nei confronti di Hector Berlioz, cui il violinista geno-


vese - istigatore dell'Aroldo in Italia e dedicatario della sinfonia drammatica Romeo e Giulietta - donò 20 mila franchi e parole assai lusinghiere che stanno tuttora a dimostrarne la perspicacia critica. Degli otto concerti per violino e orchestra di Paganini oggi ne sopravvivono sei, l'ultimo dei quali, in realtà primo nato verso l'anno 1815, è rispuntato fuori soltanto quarant'anni fa. Il Concerto op.6, conosciuto come numero 1 e databile al 1816, è dunque senza dubbio il secondogenito. Nella versione originale sarebbe in mi bemolle maggiore, ma nell'uso moderno si suona di solito in re maggiore. Anche l'organico non è stabilito irrevocabilmente: in origine era pensato per un'orchestra di stampo classico costituita da archi, flauto, fagotto, trombone, oboi clarinetti corni trombe a coppie; però, laddove si trovassero musicisti in numero adeguato, è accertato che l'autore non disdegnava di aggiungervi, per far più chiasso, un secondo flauto, un secondo trombone, un trombone basso, serpentone e cimbasso (due ottoni ormai in disuso), timpani, piatti, grancassa e banda turca, ossia un roboante armamentario strumentale comprendente anche sonagli, triangolo e altre percussioni. Ciononostante, sulla carta, l'orchestra

paganiniana è del tutto subalterna al violino, tranne che nelle introduzioni e nei momenti di raccordo tra una sezione tematica e l'altra. Per il resto pare di stare all'opera, con un violino-primadonna sempre voluttuosamente al proscenio che sa piegarsi a mille sfumature espressive passando in men che non si dica dal registro patetico alle colorature più impervie. Difatti, sebbene modello architettonico per Paganini sia il concerto di tradizione viennese alla Haydn e alla Mozart (benché solo nell'architettura esterna, poiché i temi vi vengono giustapposti anziché sviluppati), la radice della sua ispirazione sta tuttavia nel belcanto rossiniano: da lì proviene il protagonismo assoluto del solista, il taglio regolare e la qualità melodica dei temi principali, la vernice espressiva dell'insieme e una strumentazione che attinge a piene mani al formulario di tinte emotive e moduli d'accompagnamento tipici del teatro musicale primo ottocentesco. L'“Allegro maestoso” che apre il Concerto op.6 si fonda esclusivamente sullo spicco plastico dei due motivi principali enunciati, dapprima, nella fragorosa introduzione a piena orchestra, poi detti e ridetti dal violino: il primo motivo volteggiante e funambolico, d'arpeggi che


ROBERT SCHUMANN

(Zwickau 1810 – Endenich, Bonn 1856) Sinfonia n.3 in mi bemolle maggiore op.97 'Renana' durata: 31 minuti circa vanno dal grave all'acuto, di scale a note doppie e accordi taglienti; il secondo disteso e cantabile. A poche battute dal termine di questo movimento, secondo l'uso, Paganini lascia libertà al violinista di esibire le sue bravure nella cadenza: momento, allora, di improvvisazione virtuosistica che gli interpreti odierni, incapaci di improvvisare, risolvono perlopiù ricorrendo a cadenze scritte da loro colleghi del passato. Il secondo movimento, “Adagio”, è conosciuto come “aria della prigione” poiché tradizione vuole che a suggerirlo a Paganini sia stata la visione di una scena teatrale nella quale l'attore Giuseppe De Marini invocava, dalla cella, la misericordia di Dio come rimedio alle sue sofferenze. Nel Rondò conclusivo, indicato “Allegro spiritoso” in partitura, un tema saltellante si ripete per diverse strofe alternato a episodi capricciosamente acrobatici che sfruttano l'intera dotazione di tecnica trascendentale appartenente al violinista (compresi gli armonici, che producono un suono flautato). E nel non lasciar trasparire le difficoltà d'esecuzione risiede, qui, l'abilità maggiore dell'interprete. Gregorio Moppi

Come gran parte dei compositori dell’epoca romantica, anche Robert Schumann visse il confronto con la forma della sinfonia nutrendo le soggezioni e le incertezze di un vero e proprio complesso: scrivere una sinfonia significava necessariamente fare i conti con Beethoven, con quell’autorevolissima quanto gravosa eredità che questi aveva lasciato soprattutto nelle conquiste formali ed espressive della Nona Sinfonia. Un confronto che avrebbe tormentato anche il più celebre pupillo di Schumann, Johannes Brahms. Quel complesso Schumann sarebbe riuscito a superarlo aiutato dal raggiungimento della piena maturità artistica, ma anche grazie ad un evento che su di lui agì come un insopprimibile impulso alla creazione sinfonica: la scoperta e l’ascolto dell’ultima Sinfonia di Franz Schubert, nota come “Grande”, rinvenuta a Vienna in un vecchio cassetto, nel 1839. Non sarà un caso che di lì a poco, nel 1841, si delinea l’anno “sinfonico” per antonomasia nella vita artistica di Schumann, allora poco più che trentenne: è il periodo di numerosi abbozzi e prove sinfoniche, ma soprattutto della Sinfonia n.1, nota come Sinfonia della Primavera, e delle prime idee di quella


che diventerà, dieci anni dopo, la Sinfonia n.4, tale nella numerazione perché in realtà fu l’ultima ad essere pubblicata. Pure la Sinfonia n.2 risalirebbe ad alcune prove di quel fecondo anno, seppur completata nel 1846; mentre la Terza Sinfonia, in programma stasera, fu l’ultima ad essere concepita, venendo oltretutto composta ex novo ed eccezionalmente definita in cinque movimenti, anziché nei canonici quattro. Risale al 1850, anno in cui Robert e la moglie Clara si erano trasferiti a Düsseldorf, a seguito dell’incarico che il musicista aveva ricevuto come direttore dei concerti della città tedesca. Poche settimane impegnarono stavolta Schumann, che della sua nuova sinfonia dirigerà la prima esecuzione proprio a Düsseldorf, il 6 febbraio 1851. E si trattò di un successo calorosissimo, anche perché il pubblico tedesco trovò nella Sinfonia n.3 l’espressione in musica di un festoso orgoglio nazionale nel quale potersi identificare: in quegli anni di felicità creativa e di successi, favorito da un ambiente accogliente, Schumann aveva voluto celebrare quei luoghi e in particolare il fiume Reno, simbolo della civiltà e dell’anima tedesca. Un omaggio a quella terra amatissima, all’incanto

dei paesaggi della Renania: proprio Schumann parlò di un “quadro di vita sul Reno”, e anche quelle parole fecero presto meritare alla Sinfonia n.3 l’appellativo, ancor oggi celebre, di “Renana”. Ironia della sorte, fra quelle stesse acque del Reno Schumann avrebbe cercato la morte, nel 1854, ormai sempre più preda di quelle gravi patologie psichiche che, di lì a due anni, si sarebbero rivelate per lui fatali. Di funeste premonizioni non c’è comunque traccia nella Sinfonia “Renana”, che si apre con un gesto carico di slancio, un tema festoso e allo stesso tempo fiero, romantico e tedesco, cantato a piena orchestra. È un tema sfolgorante, al quale Schumann affida via via i colori orchestrali e i livelli dinamici più diversi, rendendolo il protagonista dell’intero movimento nonostante si affacci, già all’inizio, un secondo tema, più raccolto, esposto ai legni e agli archi. Ha l’incedere disteso e solenne delle acque del Reno il secondo movimento, uno Scherzo dominato da un tema di popolaresca semplicità: possiede in effetti il carattere di un Ländler, una danza tedesca dal passo scorrevole, e viene poi sottoposto a una variazione, secondo una modalità tipica in Schumann. Il principio della


variazione è anche alla base dell’episodio centrale (il Trio), al quale le regole della Sinfonia erano solite attribuire un carattere contrastante e che invece qui pare affiorare, indefinito, da quella placida atmosfera iniziale. Il successivo tempo (Lento) è una breve pagina idilliaca, sospesa e sognante, con un tema principale tratteggiato dai clarinetti e ripiegamenti introspettivi dal sapore schubertiano. Pare un delicato intermezzo, al quale si contrappone il quarto tempo (Maestoso), il momento più sconvolgente dell’intera “Renana”. Qui una spaziosa solennità si unisce a tinte lugubri; tre tromboni, per la prima volta nella Sinfonia n.3, fanno sentire le loro voci austere, modellando un maestoso corale. Ad aleggiare è l’ombra di Johann Sebastian Bach, l’autore da Schumann assiduamente studiato, e che in questo movimento rivive attraverso il canone e tutti gli artifici contrappuntistici della sua arte. Ma ad essere evocate sono le possenti architetture del Duomo di Colonia, dove Schumann, in quello stesso 1850, aveva assistito alla cerimonia di consacrazione a cardinale dell’arcivescovo Johannes von Geissel: non è un caso che, per la prima esecuzione della “Renana”, lo stesso Schumann avesse

annotato “nello spirito di un accompagnamento di un cerimonia solenne”, indicazione poi tolta dall’edizione a stampa. Possenti perorazioni degli ottoni, che paiono anticipare l’ampiezza di respiro e le sonorità che saranno di Bruckner nelle sue sinfonie, concludono il movimento su severi rulli di timpano. E su questa visione potente e maestosa si staglia la luce del Vivace finale, che riafferma lo slancio vitale del primo movimento, riprendendo da quello anche alcune idee tematiche per affermare un desiderio di coerenza e unitarietà nella grande forma sinfonica. Domina il carattere giubilante di una sorta di danza, mossa da una prorompente forza propulsiva del ritmo. Ed è un’apoteosi gioiosa, che accoglie il continuo e liberissimo ritorno circolare dei vari motivi (anche di quello, ora radioso, che ha segnato il movimento precedente), sospinti verso lo slancio finale: una travolgente conclusione, che chiude, nel segno di un Romanticismo tutto tedesco, il cammino sinfonico di Schumann. Francesco Ermini Polacci


VIOLINI PRIMI

VIOLONCELLI

CORNI

Andrea Tacchi * Virginia Ceri ** Angela Asioli Gabriella Colombo Paolo Del Lungo Francesco Di Cuonzo Alessandro Giani Susanna Pasquariello Marco Pistelli Gianluca Stupia

Augusto Gasbarri * Andrea Landi ** Stefano Battistini Ilaria Sarchini Giovanni Simeone

Andrea Albori * Paolo Faggi * Alberto Bertoni Alessandro Saraconi

VIOLINI SECONDI

FLAUTI

Chiara Morandi * Clarice Curradi * Marian Elleman ** Damiano Babbini Patrizia Bettotti Chiara Foletto Angela Tomei

Fabio Fabbrizzi * Silvia Marini OBOI

VIOLE

CLARINETTI

Stefano Zanobini * Agostino Mattioni * Pier Paolo Ricci ** Caterina Cioli Alessandro Franconi Giulia Panchieri

TROMBE CONTRABBASSI

Amerigo Bernardi * Luigi Giannoni ** Mauro Quattrociocchi

Donato De Sena * Guido Guidarelli * TROMBONI

Paolo Masi * Stefano Bellucci Gabriele Tonelli TIMPANI

Alessio Galiazzo * Nicola Patrussi *

Morgan M.Tortelli * PERCUSSIONI

Tommaso Ferrieri Caputi Ivan Pennino

Marco Ortolani * Alfredo Vena *

* prime parti ** concertino

FAGOTTI

ISPETTORE D’ORCHESTRA E ARCHIVISTA

Umberto Codecà * Corrado Barbieri

Alfredo Vignoli


I CONCERTI D'ESTATE 2016 Tutti gli appuntamenti in Toscana da Giugno a Settembre sul nostro sito

www.orchestradellatoscana.it

POSTER DESIGN: Mattia Vegni

Firenze | Massa Marittima | Pistoia Gambassi Terme | Tavarnelle in Val di Pesa | Montaione | Siena San Marcello Pistoiese | Santa Fiora | Cortona | CittĂ di Castello Portogruaro


Fondata nel 1980, l’ORT ha sede al Teatro Verdi di Firenze e oggi è considerata una tra le migliori orchestre in Italia. È formata da 45 musicisti, tutti professionisti eccellenti che sono stati applauditi nei più importanti teatri italiani come il Teatro alla Scala, l’Auditorium del Lingotto di Torino, l’Accademia di Santa Cecilia di Roma, e nelle più importanti sale europee e d’oltreoceano, dall’Auditorio Nacional de Musica di Madrid alla Carnegie Hall di New York. La sua storia artistica è segnata dalla presenza di musicisti illustri, primo fra tutti Luciano Berio. Collabora con personalità come Salvatore Accardo, Martha Argerich, Rudolf Barshai, Yuri Bashmet, Frans Brüggen, Myung-Whun Chung, Gianluigi Gelmetti, Daniel Harding, Eliahu Inbal, Yo-Yo Ma e Uto Ughi. Interprete duttile di un ampio repertorio che dalla musica barocca arriva fino ai compositori contemporanei, l’Orchestra ha da sempre riservato ampio spazio alla ricerca musicale al di là delle barriere fra i diversi generi (Haydn,

Mozart, tutto il Beethoven sinfonico, larga parte del barocco strumentale, con una particolare attenzione alla letteratura meno eseguita), sperimentando possibilità inedite di fare musica e verificando le relazioni fra scrittura e improvvisazione. Accanto ai grandi capolavori sinfonicocorali, interpretati con egregi musicisti di fama internazionale, si aggiungono i Lieder di Mahler, le pagine corali di Brahms, parte del sinfonismo dell’Ottocento, con una posizione di privilegio per Rossini, e l’incontro con la musica di Franco Battiato, Stefano Bollani, Richard Galliano, Heiner Goebbels, Butch Morris, Enrico Rava, Ryuichi Sakamoto. Una precisa vocazione per il Novecento storico, insieme a una singolare sensibilità per la musica d’oggi, caratterizzano la formazione toscana nel panorama musicale italiano. Il festival “Play It! La musica fORTe dell’Italia” è il manifesto più eloquente dell’impegno dell’orchestra verso la contemporaneità. Incide per Sony Classical, Emi, Ricordi, Agorà e VDM Records.


Una bella realtà ... AUMENTATA!

Grande successo per la nuova iniziativa dell'ORT che offre al pubblico un tipo di esperienza sensoriale inedita, ovvero stare seduti durante il concerto in mezzo all'Orchestra, cambiando il tradizionale punto di vista (e soprattutto d’ascolto). Ringraziamo tutti i protagonisti di questa stagione, scelti tra gli abbonati: Susan Anderson, Mauro Annese, Giovanni Bernetti, Giovanni Blasich, Angela Maria Brusini Nerattini, Giovan Paolo Calloud,

Alessandro Camussi, Laura Conti, Maria Cupelli, Concetta De Simone, Carlo Degl’Innocenti, Amato Dessì, Antonio Di Giovanni, Laura Fabbrini, Carla Fabiani, Riccardo Falugi, Enrico Ferrari Bravo, Antonella Fragnoli Gallerini, Maurizio Frittelli, Anna Gallenga, Benedetta Gallerini, Umberto Gelli, Mauro Giannelli, Mario Claudio Guacci, Kathleen Julien, Emanuela Leprini, Loredana Maccabruni, Enrico Marone, Enrico Martinelli, Liliana Masini, Fabiano Mori, Francesco Nardoni, Luciana Natali, Gianpaolo Orsini, Michele Padovano, Eleonora Pagni, Paolo Pampaloni, Simonetta Pampaloni, Giliola, Paoletti, Riccardo Paoletti Perini, Luca Pellegrini, Aldo Perasole, Suzanne Scheridan Pitcher, Milvia Luisa Racchi, Giovanna Reggioli, Maria Pia Sabatelli, Mauro Sbordoni, Vanna Van Straten. Per info sviluppo@orchestradellatoscana.it


Un'Orchestra di Persone


Stagione 2015 | 2016


SOSTENENDO L’ORT SARÀ TUTTA UN’ALTRA MUSICA

Crediamo che la cultura rappresenti un volano di sviluppo del territorio, arricchisca la società e assicuri la crescita consapevole delle nuove generazioni. Siamo convinti che la musica possa nutrire lo spirito e il corpo, che contribuisca a far crescere le nuove generazioni attraverso un ascolto consapevole dell’affascinante mondo musicale in cui viviamo, un mondo in continua trasformazione.

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La nostra proposta musicale è rivolta a tutti e suggerisce una libertà di ascolto che spazia nel tempo, dal passato al presente. Lavoriamo con impegno e passione perchè siamo convinti che con una musica intelligente e bella si possa vivere meglio. Cerchiamo amici disposti a condividere il nostro lavoro, affiancandoci nel percorso e sostenendoci nella nostra visione di una città più armoniosa.

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Il tuo contributo potrà arricchire l’attività e i progetti di formazione e di educazione all’ascolto rivolti ai più giovani.

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Sul sito www.orchestradellatoscana. it è possibile scoprire tutti i vantaggi riservati ai nostri sostenitori. Il proprio contributo può essere comodamente donato con bonifico bancario sul conto corrente E anche per le aziende che vorranno essere partner dell’ORT, saremo lieti di costruire le opportunità migliori. Inoltre destinando il 5 PER MILLE all’Orchestra della Toscana si potrà contribuire ai progetti didattici, alle iniziative scolastiche e provinciali organizzate dall’ORT: basta mettere la propria firma nell’apposito spazio della dichiarazione dei redditi riservato e riportare il codice fiscale della nostra fondazione: 01774620486 Ufficio sviluppo sviluppo@orchestradellatoscana.it


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Segreteria info@orchestradellatoscana.it Direzione Generale direzionegenerale@orchestradellatoscana.it Direzione Artistica direzioneartistica@orchestradellatoscana.it Area Comunicazione ortstampa@orchestradellatoscana.it Ufficio Sviluppo sviluppo@orchestradellatoscana.it Ufficio del Personale ufficiopersonale@orchestradellatoscana.it Amministrazione direzioneamministrativa@orchestradellatoscana.it Servizi Tecnici ufficiotecnico@orchestradellatoscana.it

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TEATRO VERDI

Via Ghibellina, 99 - 50122 Firenze Biglietteria Via Ghibellina, 97 - 50122 Firenze orari dal lun al sab 10-13 e 16-19 festivi chiuso tel. (+39) 055 212320 fax. (+39) 055 288417 www.teatroverdionline.it info@teatroverdionline.it

Ambra Greco PROGETTO GRAFICO

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Davide Cerati (copertina, 5, 7, 8) Marco Borrelli (6, 18, 19, 20, 21, 22) STAMPA

Grafiche Martinelli (Firenze)



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