XXXIV STAGIONE CONCERTISTICA _14_15
Concerto di Pasqua
SPERANZA SCAPPUCCI direttore
LAURA CLAYCOMB soprano
GAIA PETRONE mezzosoprano
fondazione orchestra regionale toscana
Direttore generale
Marco Parri
Direttore servizi musicali
Paolo Frassinelli Consiglio di Amministrazione
Direttore comunicazione
Claudio Martini Presidente Daniela Misul Vicepresidente
Ufficio sviluppo e fundraising
Marta Blasi Stefanelli Ricciotti Corradini Rita Cucè Alda Giannetti Giancarlo Nutini Adriano Tintori Riccardo Zucconi
Collegio dei Revisori dei Conti
Roberto Giacinti Presidente Rino Cacciamani Paolo Formichi
Riccardo Basile Elisa Bonini
Amministrazione
Simone Grifagni, Cristina Ottanelli Ufficio del personale
Patrizia Brogioni, Andrea Gianfaldoni Segreteria
Stefania Tombelli | Direzione Generale Tiziana Goretti | Direzione Artistica Ambra Greco | Area Comunicazione Simona Capristo | Play It! Servizi tecnici Orchestra
Francesco Vensi, Angelo Del Rosso OspitalitĂ e sala Teatro Verdi
Fulvio Palmieri, Paolo Malvini Palcoscenico Teatro Verdi
Alfredo Ridi, Walter Sica, Carmelo Meli, Sandro Russo, Alessandro Goretti
 O IC
stituzioni
oncertistiche
rchestrali
XXXIV stagione concertistica direttore artistico direttore principale
Giorgio Battistelli Daniele Rustioni
direttore e compositore in residence Tan Dun direttore onorario Thomas Dausgaard
Concerto di Pasqua
SPERANZA SCAPPUCCI direttore
LAURA CLAYCOMB soprano GAIA PETRONE mezzosoprano
GIOVANNI BATTISTA PERGOLESI
Stabat Mater, per soli e orchestra I. Stabat mater dolorosa II. Cujus animam gementem III. O quam tristis et afflicta IV. Quae moerebat et dolebat V. Quis est homo VI. Vidit suum dulcem natum VII. Eja mater fons amoris VIII. Fac, ut ardeat cor meum IX. Sancta mater, istud agas X. Fac ut portem Christi mortem XI. Inflammatus et accensus XII. Quando corpus morietur
WOLFGANG AMADEUS MOZART
Divertimento in fa maggiore K.138 PISA, TEATRO VERDI
martedì 31 marzo 2015 ore 21.00 PIOMBINO, TEATRO METROPOLITAN
Allegro Andante Presto
mercoledì 1 aprile 2015 ore 21.00
***
Firenze, Teatro Verdi*
WOLFGANG AMADEUS MOZART
giovedì 2 aprile 2015 ore 21.00 figline valdarno, teatro garibaldi
venerdì 3 aprile 2015 ore 21.00 *concerto fiorentino trasmesso in differita da Rete Toscana Classica Registrazioni e produzioni audio a cura di SoundStudioService
Sinfonia n.41 in do maggiore K.551 'Jupiter' Allegro vivace Andante cantabile Menuetto - Allegretto Molto allegro
SPERANZA SCAPPUCCI
Nominata “Nuovo artista del mese” lo scorso novembre da Musical America, Speranza Scappucci ha fatto recentemente il suo debutto a New York con una produzione de Il turco in Italia con la Julliard School Lincoln Center, affermandosi rapidamente come uno dei piú interessanti e versatili direttori d'orchestra della nuova generazione. Tra i suoi prossimi impegni ricordiamo La Cenerentola alla Washington Opera, nuove produzioni di La fille du regiment alla Santa Fe Opera, Norma al
Theater St.Gallen, La Bohème alla Los Angeles Opera ed il debutto alla Wiener Staatsoper di Vienna. Inoltre dirigerá concerti sinfonici con la Netherlands Radio Philharmonic al Concertgebouw, e con i South Denmark Philharmonic. Nel 2013 ha diretto una produzione in scena del brano in programma, lo Stabat Mater di Pergolesi, al Festival di Glimmerglass e ha inaugurato la stagione della Scottish Opera di Glasgow con una nuova produzione del Don Giovanni, opera ripresa alla Finnish
National Opera di Helsinki. Recentemente ha diretto Norma al Teatro Sao Carlos di Lisbona, La Traviata al Macerata Opera Festival 2014, L'equivoco stravagante di Rossini al Teatro Arriaga di Bilbao e un concerto sinfonico con Royal Liverpool Philharmonic Orchestra che racchiudeva lo Stabat Mater di Rossini. Nel novembre 2013 è uscita la sua prima incisione discografica, per la Warner Classics, di un programma di arie mozartiane con la Royal Liverpool Philharmonic Orchestra e il soprano Marina Rebeka, definito dal noto critico tedesco Manuel Brug “uno dei dischi mozartiani piú belli in tempi recenti”. Speranza Scappucci, nata a Roma, si é diplomata presso il Conservatorio di Musica Santa Cecilia e si è perfezionata alla prestigiosa Juilliard School di New York. Ha lavorato come pianista e maestro collaboratore in prestigiosi teatri come la Wiener Staatsoper, Metropolitan Opera di New York, Chicago Lyric Opera, Teatro dell'Opera di Roma, Festival di Salisburgo, Glyndebourne Festival, Santa Fe Opera, Glimmerglass Opera e New York City Opera. Come direttore d'orchestra ha fatto il suo debutto alla Yale Opera con Così fan tutte seguito da una produzione di I Capuleti e Montecchi.
LAURA CLAYCOMB Vincitrice di numerosi premi, il soprano Laura Claycomb, di origini texane, si è ormai stabilmente affermata come una delle voci più interessanti della sua generazione grazie alla sua impeccabile musicalità, i suoi acuti eterei, e alla sua eccellente presenza scenica e drammatica. Ospite nei teatri di tutto il mondo, e diretta dai più importanti direttori d'orchestra, si è cimentata in titoli quali Rigoletto (nel ruolo di 'Gilda' che le è valso il Premio Maria Callas 2011), Arianna a Nasso, Serse, Lucia di Lammermoor, I conti di Hoffmann, Il ratto del serraglio, e in ambito sinfonico Carmina Burana, Brentano Lieder di R.Strauss, e il Concerto per soprano di coloratura op.82 di Glière con la Russian National Orchestra. Si è imposta alla ribalta internazionale nel ruolo di ‘Giulietta’ ne I Capuleti e i Montecchi all’Opera di Ginevra, dimostrando la propria versatilità nell'interpretazione di più di 75 ruoli in opere di numerosi compositori, da Monteverdi a Messiaen. Di recente è stata solista in Ein deutsches Requiem di Brahms, Messiah di Händel, Requiem di Fauré, Missa Solemnis di Beethoven, Messa Lutarna di Bach, Le martyre de St.Sébastien di Debussy e molti altri. È considerata una delle migliori interpreti delle Sinfonie di Mahler, protagonista nella Seconda, Quarta e Ottava Sinfo-
nia con la Giovanile Simón Bolívar del Venezuela, la Sinfonica di Londra e di San Francisco. Sempre con l'Orchestra di San Francisco, diretta da Michael Tilson Thomas, ha registrato rispettivamente la Quarta e l’Ottava Sinfonia, aggiudicandosi con quest’ultimo lavoro tre Grammy Award nel 2009. È inoltre molto impegnata nel fornire supporto alle giovani generazioni di cantanti lirici, consulente del Bolshoi Young Artist Program e del Centre for Operatic Studies di Sulmona, dividendosi tra gli Stati Uniti e la sua casa torinese.
GAIA PETRONE La formidable e giovane mezzosoprano si è formata all'Accademia di S.Cecilia di Roma e al Royal Conservatory dell'Aia. Dopo il primo premio al Concorso Internazionale di Canto Barocco "Provenzale" e al Concorso Lirico Internazionale "Gentile", il suo nome si sta rapidamente affermando sul palcoscenico sia operistico che concertistico. La sua carriera professionale è iniziata quando, ancora studente, ha eseguito i ruoli di Apollonia (La Canterina) al Festival dell'Intermezzo e dell'Opera Buffa, Dorina (La finta cameriera) di Latilla al
Festivalatilla, e Lisetta (Il mondo della luna) al Teatro Bonci di Cesena. In ambito sinfonico, si è esibita nel Gloria di Vivaldi con il Gruppo d'Archi Veneto, e con la Wiener Kammesymphonie al Musikverein di Vienna, nel Dixit Dominus di Händel, nel Magnificat di Vivaldi e nel Musikalische Exequien di Schutz diretta da Peter Neumann. Ha inciso una registrazione dal vivo de Il mondo della luna di Haydn, per Bongiovanni Records, e la trascrizione di Czerny del Requiem di Mozart per Naxos. Nel 2012, insieme al giovane ensemble del Theater an der Wien ha eseguito con grande successo ruoli come Clarina (La cambiale di matrimonio), Medoro (Orlando), Sibari (Semiramide riconosciuta) e Sesto (La Clemenza di Tito). Nella scorsa stagione ha fatto il suo debutto nel ruolo di Cenerentola: "Il clou vocale della serata è stata Gaia Petrone. Ha cantato una Angelina quasi impeccabile, con coloratura agile e una bella controllata, morbida voce di mezzo" (Die Presse). Hanno seguito poi i debutti negli Stati Uniti (Rosina, Il Barbiere di Siviglia) e in una produzione del Theater an der Wien con Placido Domingo e James Conlon (Pisana, I due Foscani). Per questa stagione sono previsti una tournée in Francia, il ritorno di Cenerentola in Svezia e il debutto nel Messiah di Händel in Gran Bretagna.
GIOVANNI BATTISTA PERGOLESI
(Jesi 1710 - Pozzuoli 1736)
Stabat Mater, per soli e orchestra
durata 50 minuti circa
La bellissima e toccante sequenza mediolatina nota come Stabat Mater, in venti strofe tristiche di dimetri trocaici di cui i primi due rimanti e il terzo tronco (secondo lo schema metrico XXy), illustra poeticamente l'inscindibile nesso di sofferenza e redenzione, dolore e finitezza da una parte, speranza ultraterrena dall'altra, che costituisce il significato più profondo dell'immagine cristiana della croce, affiancandole la dimensione tutta umana della maternità. Questo testo fu attribuito in passato a San Gregorio Magno, a San Bernardo, a Innocenzo III, a San Bonaventura, ma oramai lo si assegna quasi con certezza a Jacopone da Todi (1235 - 1306), possente personalità in lotta perenne con la chiesa ufficiale (scomunicato e incarcerato da Bonifacio VIII dopo l'aspra battaglia che oppose quest'ultimo ai francescani "spirituali" cui Jacopone apparteneva); ma anche e soprattutto grande poeta, capace di coniugare formazione letteraria e adesione istintiva alla religiosità popolare e ai suoi modi d'espressione. La sua celeberrima lauda Donna de Paradiso tratta infatti, ma in volgare, con maggior sviluppo e più drammatici accenti, la stessa scena della Madonna ai piedi della croce che troviamo nello Stabat Mater in latino. La finalizzazione liturgica di questa sequenza come inno per gli uffici (primo vespro, mattutino, laudi) del tempo di Passione o per alcune feste mariane
come l'Addolorata, e, in epoca successiva, la stessa bellezza del testo, raccomandarono e raccomandano questa sequenza all'attenzione dei compositori, ed è realmente sorprendente il numero di Stabat Mater che senza esitazioni possiamo assegnare all'ambito dei capolavori della musica, a partire dai grandi 'Stabat Mater' polifonici fra cui spicca il gioiello palestriniano a otto voci, per arrivare agli 'Stabat Mater' novecenteschi di Szymanowski, Thompson, Poulenc, Penderecki, Arvo Pärt, passando naturalmente, oltre che per Pergolesi, per Haydn, Boccherini, Rossini con la sua intonazione grandiosamente teatrale e flamboyante, Verdi, Dvořák. Nella sua intonazione per soprano, contralto, archi e basso continuo, Pergolesi divide il testo in dodici episodi tra arie solistiche e duetti, più l'Amen finale (Stabat mater duetto, Cujus animam aria per soprano, O quam tristis duetto, Quae moerebat aria per contralto, Quis est homo duetto, Vidit suum dulcem natum aria per soprano, Eja mater aria per contralto, Fac ut ardeat duetto, Sancta Mater duetto, Fac ut portem aria per contralto, Inflammatus duetto, Quando corpus morietur duetto, Amen duetto), e lo tratta ovviamente nello stile italiano e napoletano del suo tempo, cioè nello stile di cantata, con il largo spazio accordato ad una vocalità bella e fiorente anche sotto il velo penitenziale, e con le relative varietà di andamento
che differenziano, ad esempio, la gravità dell'episodio iniziale e la vorticosa espressione di affetti dell'Inflammatus. Il lavoro fu quasi certamente commissionato a Pergolesi da Marzio IV duca di Maddaloni, protettore del musicista negli ultimi anni della sua vita, per la Confraternita di S.Luigi di Palazzo sotto il titolo della Vergine dei Dolori (e Cavalieri della Vergine dei Dolori di Napoli si nominavano appunto i suoi membri): è probabile che la commissione avesse lo scopo di aggiornare il repertorio musicale di quella confraternita nelle occasioni liturgiche richieste, fornendo un'alternativa a Stabat Mater precedenti, come quello di Alessandro Scarlatti per lo stesso organico. Morto ventiseienne di tisi nel marzo del 1736, lo sfortunato compositore non poté però gioire dello straordinario successo europeo - postumo, ma di poco - della Serva Padrona e dello Stabat Mater, quest'ultimo ultimato pochi giorni prima della morte nel monastero dei Cappuccini di Pozzuoli. Il tuttora popolarissimo intermezzo che ha come protagonisti Uberto, Serpina e il muto Vespone, nato come farcitura comica del dramma serio Il prigionier superbo (Napoli 1733), divenne, com'è noto, il casus belli della Querelle des Bouffons, quando la troupe italiana capeggiata da Eustachio Bambini portò in tournée, in Francia e finalmente a Parigi, La Serva Padrona (1752: ma, per fare un esempio, la si era già data a Dresda nel 1740), con altri lavori del repertorio italiano e segnatamente napoletano, scatenando una bagarre che vide gli enciclopedisti
farsene fautori entusiasti, a detrimento del solenne e panneggiato repertorio francese: una battaglia di cui ben si avverte l'eco polemica nel divertentissimo Nipote di Rameau di Diderot, scritto negli anni Sessanta del Settecento. Ma un cammino non meno sorprendente lo stava, nel frattempo, percorrendo lo Stabat Mater; ed è infatti ancora il nostro nipotino degenere di Rameau, geniale e sboccato com'è, lo stesso che nell'invenzione di Diderot esalta gli accenti di verità e le emozioni della musica italiana contro i conservatori dell'Académie Royale de Musique, a prendere momentaneamente le difese dei compositori suoi connazionali, spiazzati e travolti dal genio pergolesiano, affermando perentoriamente: "Si dovrebbe vietare con un'ordinanza di polizia a qualsiasi persona, di qualunque qualità e condizione, di far cantare lo Stabat di Pergolesi. Si doveva farlo bruciare per mano del boia, quello Stabat. Parola mia, ci hanno dato una bella fregatura!" (ma anche Alberto Basso, nella sua monumentale monografia bachiana Fra Musika, documenta da par suo la rapida ed eccezionale fortuna dello Stabat Mater pergolesiano, poiché è appunto una rielaborazione di esso la cantata bachiana Tilge, Hoechster, meine Suenden classificata fra i mottetti e pubblicata nella Neue Bach Ausgabe II/9). La prima edizione a stampa sembra essere quella parigina "Aux Adresses Ordinaires" del 1740, ma il lavoro circolava anche in un gran numero di copie manoscritte in tutta Europa (il rifacimento bachiano si collocherebbe entro
il 1746-'47), compresa - anzi particolarmente entusiasta - l'Europa protestante, dove il testo latino era magari sostituito con parafrasi bibliche (in Bach, il Salmo 51), testi di corali tradizionali e simili: e si arrivò ad eseguirlo fin sulle soglie della remota Lapponia, a Turku! Ci sembra che basti questo a dimostrare l'estensione strabiliante di questo cammino, in cui davvero lo Stabat Mater pergolesiano ci appare spinto, fino agli estremi lembi di civiltà musicale, da quel calore comunicativo e patetico, da quell'immediatezza, da quella capacità di suscitare una risposta emotiva subitanea, per così dire rettilinea, che sono il contrassegno della grande musica italiana da Monteverdi a Rossini a Verdi a Puccini. Questo calore, quest'immediatezza non significano che siano non mediate, ingenue, non calcolate dalla scienza musicale, le strategie compositive e di retorica musicale messe in atto (tutt'altro, e non per niente abbiamo citato Monteverdi, Rossini, Verdi, Puccini). Si osservino ad esempio le dissonanze poste e risolte dagli archi e poi dalle voci nel disegno ascendente delle parti strumentali e vocali dell'episodio d'apertura: sono stilemi d'origine colta, dallo stile severo "a durezze e ligature" passato per osmosi naturale dal mottetto alla toccata organistica, alla sonata e al concerto "da chiesa" (per esempio attraverso la mediazione del Corelli di certi concerti della fortunatissima op. VI, e di una scuola napoletana più austera e strumentale, come in Francesco Durante, maestro di Pergolesi al Conservatorio dei Poveri di
Gesù Cristo). Li ritroviamo, drammaticamente e veementemente velocizzati, nello straordinario duetto Fac ut ardeat, forse il vertice espressivo della grande creazione pergolesiana; mentre il fiammeggiare della vocalità, le perentorie inquadrature così tipicamente pergolesiane stabilite dall'orchestra nell'Inflammatus, così come la plastica e patetica curvatura melodica del Quando corpus morietur, hanno, pur nella continua mescolanza con quegli stilemi da stile severo, una derivazione operistica più evidente, e invitano a mettere lo Stabat Mater in parallelo con i capolavori teatrali pergolesiani come l'Adriano in Siria e l'Olimpiade. Ma è lo storico, il commentatore, a cogliere queste continuità, a stabilire queste distinzioni. La risposta immediata della ricezione ne coglie d'acchito la luttuosità, meditativa o drammaticamente scossa, e le oasi di speranza luminosa, situazioni sempre cariche di un profondo appello, e, come accadde al pubblico di tutta Europa due secoli e mezzo fa, trasforma questi dati tecnico-linguistici di dottrina e di retorica musicale in pura emozione d'ascolto. Elisabetta Torselli
stabat mater
di Jacopone da Todi
I. soprano e mezzosoprano Stabat mater dolorosa iuxta crucem lacrimosa dum pendebat filium.
VI. soprano Vidit suum dulcem natum moriendo desolatum dum emisit spiritum.
II. soprano Cuius animam gementem contristatam et dolentem petransivit gladius.
VII. mezzosoprano Eia, mater. fons amoris, me sentire vim doloris fac ut tecum lugeam.
III. soprano e mezzosoprano O quam tristis et afflicta fuit illa benedicta mater unigeniti!
VIII. soprano e mezzosoprano Fac ut ardeat cor meum in amando Christum Deum ut sibi complaceam.
IV. mezzosoprano Quae moerebat et dolebat et tremebat dum videbat nati poenas incliti.
IX. soprano e mezzosoprano Sancta mater, istud agas, crucifixi fige plagas cardi meo val ide. Tui nati vulnerati tam dignati pro me parti poenas mecum divide. Fac me vere tecum fiere, crucifixo condolere donec ega vixero. luxta crucem tecum stare, te libenter sociare in planctu desidero. Virgo virginum praeclara, mihi iam non sis amara, fac me tecum piangere.
V. soprano e mezzosoprano Quis est homo, qui non fleret Christi motrem si videret in tanto supplicio? Quis non posset contristari, piam matrem contemplari dolentem cum filio? Pro peccatis suae gentis vidit Jesum in tormentis et flagellis subditum.
X. mezzosoprano Fac ut portem Christi mortem, passionis fac consortem, et plagas recolere. Fac me plagis vulnerari, cruce hac inebriari ob amorem filii. XI. soprano e mezzosoprano lnflammatus et accensus, per te, virgo, si m defensus in die iudicii. Fac me cruce custodiri, morte Christi praemuniri, confoveri gratia. XII. soprano e mezzosoprano Quando corpus morietur, fac ut animae donetur paradisi gloria. Amen
WOLFGANG AMADEUS MOZART
(Salisburgo 1756 - Vienna 1791)
Divertimento in fa maggiore K.138
durata 12 minuti circa
Di ritorno dal suo secondo viaggio in Italia, il sedicenne Mozart si fermò qualche mese nella nativa Salisburgo, e qui, agl'inizi del 1772, si dedicò alla composizione dei Divertimenti per archi K.136, K.137 e K.138. I tre lavori vennero scritti per due parti di violino, per viola e per violoncello, ma la destinazione cameristica del quartetto d'archi oggi viene solitamente esclusa; così come la classificazione di "Divertimenti", per quanto presente sul manoscritto, viene ritenuta inadatta ad indicare queste composizioni, che in effetti mancano dei consueti minuetti richiesti dalla forma del Divertimento: si tratterebbe in realtà, e la scrittura stessa lo denuncia, di sinfonie per archi in miniatura, forse pensate per la terza tournée italiana che Mozart avrebbe intrapreso di lì a poco. E proprio privilegiando l'aspetto sinfonico, l'odierna prassi esecutiva tende ad affidare i tre Divertimenti alle voci di un'orchestra d'archi. I riferimenti stilistici per queste pagine giovanili rimangono quelli offerti da Franz Joseph Haydn e dal fratello Michael, ma è indubbio che Mozart abbia guardato anche all'esperienza squisitamente italiana di Giovanni Battista Sammartini, fra i più importanti autori di musica strumentale del tempo, elaborando così un'accattivante commistione d'influenze e di spunti, da collocare a metà strada fra gusto austriaco ed italiano. Se ne ha già traccia evidente nel Divertimento K.136, avviato da un Allegro spigliato e pieno di slancio che
nella sezione dello sviluppo si tinge di un tenue patetismo. Segue l'Andante, d'intonazione così tipicamente italiana per la grazia degli accenti e la cantabilità, mentre la lezione degli Haydn è ben presente nel Vivace Presto, dove la canonica forma del Rondò accoglie anche episodi in rigoroso stile fugato. Il Divertimento K.138 pare invece svincolarsi con più disinvoltura dai modelli tenuti sott'occhio, ritagliandosì così un suo spazio particolare all'interno della serie. Del resto, la personalità della scrittura mozartiana si fa avvertire già nel brillante Allegro d'inizio, dove la freschezza della melodia si sposa all'abilità nell'intessere il dialogo fra violini primi e secondi. Ancor più sorprendente è poi l'Andante di mezzo, in do maggiore, che nel canto sussurrato dei violini su pulsazioni di piccoli motivi delle altre parti si propone come un momento di pura meditazione, facendo oltretutto trasparire alcune inflessioni che paiono preludere al gusto romantico di certe pagine di Schubert. Il movimento conclusivo è ancora costruito sulla struttura di uno spiritato Rondò, ma è l'unico fra i finali dei tre Divertimenti a non essere presentato in forma sonata: vi domina, infatti, un vivace episodio con ritornello che si ripete per ben cinque volte, introducendo ad ogni ripresa un secondo episodio caratterizzato da un sottile ed elegantissimo gioco contrappuntistico. Francesco Ermini Polacci
Sinfonia n.41 in do maggiore K.551 'Jupiter'
durata 29 minuti circa
Nel suo diario di viaggio, l’editore inglese Vincent Novello così riferisce di una conversazione da lui avuta con Franz Xaver Mozart: “Il figlio di Mozart disse di considerare il finale della sinfonia in do maggiore del padre – battezzata Jupiter da Salomon – come il vertice trionfale della composizione strumentale, e io sono d’accordo con lui”. Pare dunque che il nome col quale l’ultima sinfonia composta da Mozart è passata alla storia si debba all’impresario Johann Peter Salomon, il committente delle sinfonie “londinesi” di Haydn; la denominazione fu comunque universalmente accolta, tanto che nel 1823 Clementi, pubblicando la sinfonia, giunse ad accoglierla nel frontespizio. Il richiamo alla massima divinità del mondo antico è certamente legato all’idea del “sublime”, una categoria estetica dominante nella seconda metà del Settecento, alla quale il lavoro mozartiano, coi suoi squarci di vertiginosa inafferrabilità, parve attagliarsi come nessun altro. Nel corso dell’Ottocento, poi, fu celebrato un vero e proprio mito avente per oggetto la Jupiter: descrizioni dense di linguaggio figurato, adesioni entusiastiche, analisi rigorose (soprattutto del finale) si avvicendarono, consegnando al Novecento (una volta oltrepassato l’affievolimento dell’estrema stagione tardo romantica), una messe di materiali imprescindibili. Come tutti i miti, anche quello della Jupiter finì per creare alcuni travisamenti: primo fra tutti, quello di un Mozart che, immerso in un mondo ingrato e inca-
pace di cogliere la sua arte, non sarebbe mai riuscito ad ascoltare un’esecuzione delle sue ultime tre sinfonie, ivi compresa la Jupiter: oggi moltissimi indizi, e qualche prova, ci inducono a ritenere che quasi certamente Mozart poté udire questi suoi lavori. L’anno della Jupiter, il 1788, in sé prolifico, fu il primo di una serie di tre che videro una progressiva crisi nell’attività creativa mozartiana: giungeva dopo il fatidico '87 (l’anno del Don Giovanni) ed era segnato da circostanze esterne sfavorevoli, prima fra tutte la dichiarazione di guerra ai turchi, che condusse Vienna a una crisi economica con forti ripercussioni sulle attività musicali pubbliche e private. Proprio al 1788 datano le prime lettere di Mozart all’amico (e fratello massone) Micheal Puchberg, lettere che, con le loro pressanti richieste di prestiti, sono una testimonianza delle difficoltà economiche nelle quali si dibatteva il compositore con la sua famiglia. Le tre sinfonie di quell’anno, (n.39 in mib maggiore, n.40 in sol minore e n.41 in do maggiore) che, stando al catalogo autografo mozartiano, videro tutte la luce nel giro di due mesi e mezzo (dal 25 giugno al 10 agosto) erano intese per una delle stagioni concertistiche dalle quali Mozart si attendeva consistenti entrate (e la possibilità di far fronte ai debiti con Puchberg); è probabile, tuttavia, che la rapidità della composizione fosse stata dettata anche dal progetto di un viaggio a Londra, progetto che si protraeva da almeno due anni, ma che
non trovò mai realizzazione. Comunque sia, molti elementi ci fanno supporre che Mozart avesse concepito le tre sinfonie come un ciclo unitario, una sorta di excursus attraverso tre differenti istanze espressive, sul modello dei cicli haydniani: non è improbabile, anzi, che l’ascendente diretto del ciclo mozartiano sia da ricercare nelle prime tre sinfonie “parigine” di Haydn (82, 83, 84), edite da Artaria nel dicembre 1787, che, tra le altre somiglianze, sono impostate nelle medesime tre tonalità, anche se in ordine inverso (do maggiore, sol minore e mib maggiore rispettivamente). Comporre delle sinfonie per un ciclo di manifestazioni concertistiche significava al tempo di Mozart andare incontro ad aspettative molto precise. È opportuno tener presente che la struttura della serata musicale era all’epoca assai diversa da quella che si è imposta negli ultimi decenni, quando andare ad un concerto è venuto a significare, in un certo senso, recarsi in visita ad un ideale museo di capolavori del passato: nel secondo Settecento un concerto era una vera e propria rassegna di generi, forme e stili, nell’ambito della quale spettava alla sinfonia il compito di iniziare e finire con la dovuta solennità. Il fatto che tante sinfonie si aprono con dei gesti di richiamo potenti ed elementari (non fa eccezione l’inizio di Jupiter) ci rinvia alla necessità di attirare l’attenzione di spettatori altrimenti distratti sul prosieguo della serata: è quello che il musicologo László Somfai ha definito effetto “noise-
killer” (lett. ammazzarumori). Lo stile sinfonico, di conseguenza, era caratterizzato da gesti melodici ampi e solenni, laddove lo stile di sonata, cameristico e intimo, ammetteva elaborazioni, sfumature e dettagli. Nessuna meraviglia, dunque, se Mozart intese coronare il suo ciclo di tre sinfonie con un lavoro estremamente sbilanciato sul versante retorico-oratorio, e caratterizzato da una magniloquenza evidente fin nella scelta della tonalità: il do maggiore, grazie anche all’apporto timbrico delle trombe in do, era universalmente considerato come la tonalità solenne per eccellenza. Questo tratto della Jupiter era ancora evidente a un raffinato esegeta mozartiano come l’aristocratico russo Aleksandr Ouilibicheff, che nel 1843 scriveva: “Verrebbe da pensare che la Jupiter sia stata destinata a glorificare… una vittoria estremamente lieta e degna d’eterna memoria”. Recentemente, alcuni studiosi hanno messo in relazione questo aspetto della sinfonia proprio con la guerra iniziata quell’anno dall’Austria contro i turchi, dato anche che il successivo numero nel catalogo mozartiano è costituito dal Lied Beim Auszug in das Feld (“La partenza per il campo”). In ogni caso, se un tratto veniva percepito come sinonimo di stile elevato al tempo di Mozart, questo era il ricorso alla scrittura del contrappunto rigoroso: l’irrompere di un fugato nel contesto stilistico “galante” aveva l’effetto di una vera e propria figura retorica, di un richiamo inequivocabile. L’interesse per il
contrappunto severo, del resto, non era mai venuto meno in area austro-tedesca. Se tuttavia fughe conclusive di lavori strumentali non erano in precedenza mancate (è il caso di tre dei sei quartetti dell’op.20 di Haydn), ora, nel corso degli anni Ottanta, per Haydn e Mozart si trattava di compiere un’operazione più complessa: si trattava di far convivere le procedure della scrittura fugata con l’intelaiatura formale tipica dello stile classico. Si adottarono, a questo proposito, soluzioni varie: nel finale della sinfonia n.70 di Haydn (1779), ad esempio, le diverse esposizioni dei tre soggetti di una fuga corrispondono alle parti di una forma sonata. Mozart adotta una soluzione differente già nel primo dei sei quartetti dedicati a Haydn (K.387, 1782), il cui finale “sdoppia”, per così dire, ogni sezione della forma: ciascuna area tematica è divisa in un ”a” rigorosamente fugato e in un “b” lieve e galante. Ma nessuna di queste soluzioni è paragonabile a quella adottata dal finale della Jupiter. Qui tutto il movimento (che, a differenza di quanto avviene nel quartetto K.387, non si apre con la scrittura fugata, ma la introduce in un secondo momento) si svolge a partire da un materiale tematico assolutamente unitario, ma articolato in cinque soggetti, che sono di volta in volta trattati tanto in contesti “galanti” quanto in contesti rigorosamente fugati, dando luogo ad una complessa forma sonata, culminante in una coda dove i soggetti sono presentati simultaneamente.
Tutto ciò arriva dopo tre movimenti che, com’è stato messo in luce dalle analisi più recenti, preparano in vario modo, attraverso molteplici elementi, la sostanza musicale del finale. Con questo lavoro dunque, oltre a toccare il vertice dello stile sinfonico del suo tempo e ad attingere a quel sublime che aveva impegnato le penne di Burke e di Kant, Mozart apriva anche una nuova era: quella della sinfonia non più sbilanciata verso il primo movimento, ma orientata verso il finale; l’Ottocento, da Beethoven in poi, ne avrebbe fatto tesoro. Marco Mangani
VIOLINI PRIMI
violoncelli
CORNI
Andrea Tacchi * Daniele Giorgi * Paolo Gaiani ** Gabriella Colombo Francesco Di Cuonzo Marian Elleman Susanna Pasquariello Marco Pistelli
Augusto Gasbarri * Andrea Landi ** Stefano Battistini Giovanni Simeone
Paolo Faggi * Francesco Meucci *
VIOLINI SECONDI
FLAUTO
Chiara Morandi * Patrizia Bettotti ** Stefano Bianchi Marcello D'Angelo Chiara Foletto Alessandro Giani
Michele Marasco *
VIOLE
Stefano Zanobini * Caterina Cioli ** Alessandro Franconi Sabrina Giuliani
CONTRABBASSI
Amerigo Bernardi * Luigi Giannoni **
OBOI
Alessio Galiazzo * Chiara Telleri FAGOTTI
Paolo Carlini * Umberto Codecà
TROMBE
Donato De Sena * Guido Guidarelli * timpani
Morgan Tortelli * ORGANO
Simone Ori *
*prime parti **concertino Ispettore d’orcheStra e archivista
Alfredo Vignoli
Fondata nel 1980, l’ORT ha sede al Teatro Verdi di Firenze e oggi è considerata una tra le migliori orchestre in Italia. È formata da 45 musicisti, tutti professionisti eccellenti che sono stati applauditi nei più importanti teatri italiani come il Teatro alla Scala, l’Auditorium del Lingotto di Torino, l’Accademia di Santa Cecilia di Roma, e nelle più importanti sale europee e d’oltreoceano, dall’Auditorio Nacional de Musica di Madrid alla Carnegie Hall di New York. La sua storia artistica è segnata dalla presenza di musicisti illustri, primo fra tutti Luciano Berio. Collabora con personalità come Salvatore Accardo, Martha Argerich, Rudolf Barshai, Yuri Bashmet, Frans Brüggen, Myung-Whun Chung, Gianluigi Gelmetti, Daniel Harding, Eliahu Inbal, Yo-Yo Ma e Uto Ughi. Interprete duttile di un ampio repertorio, che dalla musica barocca arriva fino ai compositori contemporanei, l’Orchestra ha da sempre riservato ampio spazio alla ricerca musicale al di là delle barriere fra i diversi generi (Haydn, Mozart,
tutto il Beethoven sinfonico, larga parte del barocco strumentale, con una particolare attenzione alla letteratura meno eseguita), sperimentando possibilità inedite di fare musica e verificando le relazioni fra scrittura e improvvisazione. Accanto ai grandi capolavori sinfonicocorali, interpretati con egregi musicisti di fama internazionale, si aggiungono i Lieder di Mahler, le pagine corali di Brahms, parte del sinfonismo dell’Ottocento, con una posizione di privilegio per Rossini, e l’incontro con la musica di Franco Battiato, Stefano Bollani, Richard Galliano, heiner Goebbels, Butch Morris, Enrico Rava, Ryuichi Sakamoto. Una precisa vocazione per il Novecento storico, insieme a una singolare sensibilità per la musica d’oggi, caratterizzano la formazione toscana nel panorama musicale italiano. Il festival “Play It! La musica fORTe dell’Italia” è il manifesto più eloquente dell’impegno dell’orchestra verso la contemporaneità. Incide per Sony Classical, Emi, Ricordi, Agorà e VDM Records.
I prossimi appuntamenti
10
aprile
venerdĂŹ ore 21.00
25
aprile
sabato ore 21.00
DANIELE RUSTIONI
direttore ANDREA ALBORI violino
musiche di Ghedini, R.Strauss, Schumann
25 aprile in concerto
NIENTE DI NUOVO ALL'OVEST proiezione del film con musica dal vivo
29
aprile
mercoledĂŹ ore 21.00
Prevendita
Biglietteria Teatro Verdi Via Ghibellina 97 Firenze tel. 055 212320
igudesman & Joo
violino e pianoforte nuovo spettacolo UpBeat prima assoluta
mercoledĂŹ 29 aprile | ore 21.00 www.igudesmanandjoo.com
COMUNICAZIONI PER IL PUBBLICO IL CONCERTO DEL 25 APRILE
Torna l’appuntamento promosso dall’Assessorato alla Cultura della Regione Toscana per la Festa della Liberazione. A 100 anni esatti dall’inizio della Prima Guerra Mondiale (per noi italiani), l’Orchestra della Toscana propone la proiezione del film americano All’ovest niente di nuovo, diretto da Lewis Milestone nel 1930, vincitore di due premi Oscar come miglior film e miglior regista. Tratto dal romanzo dello scrittore tedesco Erich Maria Remarque, L'ORT al maggio
L’ORT è presente al 78° Maggio Musicale Fiorentino con una coproduzione dal titolo Concerto per Firenze Capitale in programma giovedì 14 maggio (ore 21.00) al Teatro Verdi. Sul podio salirà Daniele Rustioni per lo Stabat Mater di Rossini. Interpreti: Edgardo Rocha, Marina Comparato, Gianluca Margheri, sul palco l’Orchestra della Toscana ed il Coro del Maggio Musicale Fiorentino. BEETHOVEN AL PIANOFORTE
L’Integrale dei concerti per pianoforte di Beethoven, realizzata con il contributo della Banca di Credito Cooperativo di Cambiano, si conclude con Federico Colli solista al piano nel Concerto n.2, diretto da Stanislav Kochanovsky (8 maggio).
è considerato universalmente un classico dell’antimilitarismo, nonché una denuncia delle atrocità della guerra.
Al Teatro Verdi verrà proposto nella sua versione integrale, accompagnato dall’Orchestra della Toscana diretta da Richard Schumann, che eseguirà le musiche scritte per il film da Manfred Knaak nel 2011. Gli inviti in distribuzione gratuita saranno disponibili a partire da lunedì 13 aprile presso la biglietteria di via Ghibellina 97.
SOSTENENDO L’ORT SARà TUTTA UN’ALTRA MUSICA
Crediamo che la cultura rappresenti un volano di sviluppo del territorio, arricchisca la società e assicuri la crescita consapevole delle nuove generazioni. Siamo convinti che la musica possa nutrire lo spirito e il corpo, che contribuisca a far crescere le nuove generazioni attraverso un ascolto consapevole dell’affascinante mondo musicale in cui viviamo, un mondo in continua trasformazione.
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La nostra proposta musicale è rivolta a tutti e suggerisce una libertà di ascolto che spazia nel tempo, dal passato al presente. Lavoriamo con impegno e passione perchè siamo convinti che con una musica intelligente e bella si possa vivere meglio. Cerchiamo amici disposti a condividere il nostro lavoro, affiancandoci nel percorso e sostenendoci nella nostra visione di una città più armoniosa.
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Sul sito www.orchestradellatoscana. it è possibile scoprire tutti i vantaggi riservati ai nostri sostenitori. Il proprio contributo può essere comodamente donato con bonifico bancario sul conto corrente E anche per le aziende che vorranno essere partner dell’ORT, saremo lieti di costruire le opportunità migliori. Inoltre destinando il 5 PER MILLE all’Orchestra della Toscana si potrà contribuire ai progetti didattici, alle iniziative scolastiche e provinciali organizzate dall’ORT: basta mettere la propria firma nell’apposito spazio della dichiarazione dei redditi riservato e riportare il codice fiscale della nostra fondazione: 01774620486 Ufficio sviluppo sviluppo@orchestradellatoscana.it
CoNTATTI FONDAZIONE ORCHESTRA REGIONALE TOSCANA
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proGramma di sala a cura di
Ufficio Comunicazione ORT IMPAGINAZIONE
Ambra Greco TEATRO VERDI
Via Ghibellina, 99 - 50122 Firenze Biglietteria Via Ghibellina, 97 - 50122 Firenze orari dal lun al sab 10-13 e 16-19 festivi chiuso tel. (+39) 055 212320 fax. (+39) 055 288417 www.teatroverdionline.it info@teatroverdionline.it
progetto grafico
kidstudio.it Foto
Silvia Lelli (copertina, 5, 6) | Sergio Valente (7) | Marco Borrelli (18, 22) Davide Cerati (19) | Julia Wesely (20) stampa
Nuova Grafica Fiorentina (Firenze)
25 APRILE IN CONCERTO
All Quiet on the Western Front (1930)
di Lewis Milestone | musiche originali di Manfred Knaak (2011) 25
APRILE IN CONCERTO
proiezione del film con musica dal vivo
Orchestra della Toscana | direttore Christian Schumann
Graphic design Elisa Basile
sabato 25 aprile 2015 ore 21.00
proiezione dei film con musica dal vivo SHOULDER ARMS (1918)
musiche di Charlie Chaplin nella versione per piccola orchestra di Timothy Brock (2004)
THE IMMIGRANT (1917)
musiche originali di Timothy Brock (2012)
ORCHESTRA DELLA TOSCANA
Ingresso libero ad invito fino ad esaurimento disponibilità Gli inviti sono disponibili da lunedì 14 aprile presso la Biglietteria del Teatro Verdi via Ghibellina 97 Firenze tel. 055 21.23.20 orario da lun a sab : 10,00-13,00 16,00-19,00
TIMOTHY BROCK direttore
venerdì 25 aprile 2014 ore 21.00
INgREssO APERTO Ad INvITO. Gli inviti sono disponibili da lunedì 13 aprile presso la Biglietteria del Teatro Verdi via Ghibellina 97, Firenze info Fondazione ORT con orario da lunedì a sabato 9.00-13.00 e 16.00-19.00 tel. 055.2340710
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