Programma Stockhammer

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XXXIV STAGIONE CONCERTISTICA _14_15

jonathan stockhammer direttore

lilya zilberstein pianoforte


fondazione orchestra regionale toscana

Direttore generale

Marco Parri

Direttore servizi musicali

Paolo Frassinelli Consiglio di Amministrazione

Direttore comunicazione

Claudio Martini Presidente Daniela Misul Vicepresidente

Ufficio sviluppo e fundraising

Marta Blasi Stefanelli Ricciotti Corradini Rita Cucè Alda Giannetti Giancarlo Nutini Giulio Cesare Ricci Adriano Tintori Riccardo Zucconi

Collegio dei Revisori dei Conti

Roberto Giacinti Presidente Rino Cacciamani Paolo Formichi

Riccardo Basile Elisa Bonini

Amministrazione

Simone Grifagni, Cristina Ottanelli Ufficio del personale

Patrizia Brogioni, Andrea Gianfaldoni Segreteria

Stefania Tombelli | Direzione Generale Tiziana Goretti | Direzione Artistica Ambra Greco | Area Comunicazione Simona Capristo | Play It! Servizi tecnici Orchestra

Francesco Vensi, Angelo Del Rosso OspitalitĂ e sala Teatro Verdi

Fulvio Palmieri, Paolo Malvini Palcoscenico Teatro Verdi

Alfredo Ridi, Walter Sica, Carmelo Meli, Sandro Russo, Alessandro Goretti


 O IC

stituzioni

oncertistiche

rchestrali

XXXIV stagione concertistica direttore artistico direttore principale

Giorgio Battistelli Daniele Rustioni

direttore e compositore in residence Tan Dun direttore onorario Thomas Dausgaard


jonathan stockhammer direttore

lilya zilberstein pianoforte

bÉla bartÓk

Danze popolari rumene Joc cu bâtă (danza col bastone, regione di Maros-Torda) Molto moderato Brâul (regione di Torontál) Allegro Pe loc ('Il pestello' regione di Torontál) Moderato Buciumeana (danza di Butschum, regione di Torda-Aranyos) Andante Poargă românească (polka rumena, regione di Bihar) Allegro Mărunţel 1 e 2 (due danze veloci, regioni di Bihar e di Torda-Aranyos) Allegro – Allegro vivace

ludwig van beethoven

Concerto n.3 in do minore per pianoforte e orchestra op.37 Allegro con brio Largo Rondò (Allegro)

Firenze, Teatro Verdi*

giovedì 12 marzo 2015 ore 21.00

***

mauricio kagel

10 Märsche, um den Sieg zu verfhlen (1978-79) livorno, teatro goldoni

venerdì 13 marzo 2015 ore 21.00 figline valdarno, teatro garibaldi

1.Allegro 2.Allegro 3.Vivace 4.Vivace 5.Moderato-Allegro-Moderato 6.Allegretto 7.andantino 8.Vivace 9.Wie ein Kondukt. Marcia funebre 10.Allegro

sabato 14 marzo2015 ore 21.00 *concerto fiorentino trasmesso in differita da Rai Radio3 Registrazioni e produzioni audio a cura di SoundStudioService

franz joseph haydn

Sinfonia n.100 in sol maggiore Hob.I:100 ‘Militare’ Adagio-Allegro Allegretto Minuetto (Moderato) Finale (Presto)


jonathan stockhammer

Per Jonathan Stockhammer, uno dei più versatili direttori d’orchestra dell’ultima generazione, che unisce una vasta esperienza nel campo della musica contemporanea a un approccio appassionato con il repertorio classico, è la prima volta sul podio dell'ORT. Si è formato in composizione e direzione d'orchestra nella sua città natale Los Angeles e, durante i suoi studi, ha eseguito una serie di concerti con la Los Angeles Philharmonic, giungendo in seguito la nomina di assistente al direttore principale Esa-Pekka Salonen. Successivamente si trasferisce in Germania dove collabora strettamente con vari gruppi da camera come l'Ensemble Modern,

MusikFabrik e l'Ensemble Recherche. Fondamentale, per il lavoro di Stockhammer, è l'opera. Nel suo repertorio sono compresi titoli quali Carmen, L'opera da tre soldi, Una tragedia fiorentina di Zemlinsky, Luci mie traditrici di Sciarrino, Monkey: Journey to the West di Albarn, Interzone di Poppe, Child of the Moon di Krause, e Twince Through the Heart di Turnage; titoli che lo identificano come un direttore d'orchestra che accoglie e padroneggia le difficoltà presentate da partiture complesse e speciali. Fin dal 1998 è stato ospite regolare dell'Opéra di Lione, dove ha condotto nella scorsa stagione la prima francese


della versione in forma di concerto di Faustus, the Last Night di Pascal Dusapin, e dal 1994 torna ogni anno alla Norway Opera Vest, dirigendo la scorsa estate L'uomo che scambiò sua moglie con un cappello di Nyman. Nel 2009, ha debuttato con Proserpina di Wolfgang Rihm sul podio della Stuttgart Radio Symphony Orchestra, e diretto l'orchestra anche nel Deus Passus sempre di Rihm. Nel 2010, è stato ospite dell'Orchestre Philharmonique de Radio France nella produzione di A Little Night Music di Sondheim al Théâtre du Châtelet di Parigi, e nel 2013 ha fatto il suo debutto alla New York City Opera con Powder Her Face di Thomas Adès, produzione quest'ultima che, ricevendo un grande successo di pubblico e critica, è stata subito replicata al Festival d'opéra de Québec nell'agosto dello stesso anno. In ambito sinfonico lo vediamo salire sul podio di numerose orchestre quali la Filarmonica di Oslo, NDR Symphony Orchestra di Amburgo, la Filarmonica Ceca e la Sydney Symphony Orchestra, e ospite al Festival di Salisburgo, Festival di Lucerna, Donaueschingen Music Days e Wien Modern. Oltre a condurre capolavori classici e romantici, e opere contemporanee, ama approfondire la musica che “sfuma i confini” tra classica, rock, pop e hip-hop. A tal proposito, di particolare successo è stata la sua collaborazione con l'artista poeta rapper Saul Williams in Said the Shotgun to the Head, con musica composta da Thomas

Kessler. Le sue esplorazioni nel genere pop/rock includono poi il cd Greggery Peccary & Other Persuasions con musiche di Frank Zappa, vincendo il premio Echo Klassik, e l'incisione di una nuova colonna sonora per il film del 1925 di Eisenstein La corazzata Pot’emkin, composta ed eseguita con i Pet Shop Boys e i Dredner Sinfoniker. Mentre per quanto riguarda il mondo del jazz, è da ricordare la registrazione dal vivo di The New Crystal Silence, con Chick Corea e Gary Burton alla Sydney Opera House nel maggio 2007 (aggiudicandosi un Grammy). In questa stagione, farà il suo debutto alla Biennale di Venezia, tornerà ospite sul podio dell'Orchestre National de France, Munich Symphony, Stuttgart Radio Symphony Orchestra, la NDR Orchestra Sinfonica di Amburgo e, insieme all'Ensemble Modern, al festival tedesco di musica contemporanea Donaueschingen Music Days. Jonathan Stockhammer è stato nominato direttore in residence del Collegium Novum Zurigo dall'anniversario nel 2013/14 del celebre complesso svizzero. La loro prima stagione insieme, accolta con entusiasmo, sarà ora seguita da una stagione con numerose prime mondiali e anteprime svizzere, nonché da una spettacolare opera del recente passato, In vain (2000) di Georg Friedrich Haas.


lilya zilberstein Lilya è una pianista completa, naturalissima, grandissima. Per fortuna non era concorrente quando ho partecipato al concorso, sarebbe stato un osso troppo duro Martha Argerich (La Repubblica, 25 Agosto 2011) Lilya Zilberstein è salita alla ribalta internazionale nel 1987, vincendo il Concorso Busoni di Bolzano. Fu una vittoria sensazionale e ci vollero 5 anni prima che il premio fosse nuovamente assegnato. Da allora la pianista, moscovita di nascita e ora tedesca d’adozione, non ha smesso di girare tutta l’Europa, il Nord e il Sud d’America e l’Asia. Ha cominciato lo studio del pianoforte a 5 anni prima con Ada Traub alla Scuola Gnessin di Mosca e poi all’omonimo Istituto con Alexander Satz, fino al diploma nel 1988. Nel 1985 ha vinto il Concorso Russo e il Concorso PanSovietico di Riga.

È stata invitata dai Filarmonici di Berlino e Claudio Abbado per la prima volta nel 1991, e successivamente hanno collaborato insieme più volte e registrato per Deutsche Grammophon i Concerti n.2 e 3 di Rachmaninov. Ospite di molte orchestre prestigiose, quali Chicago Symphony Orchestra, Orchestra Sinfonica Čajkovskij di Mosca, London Symphony e Royal Philharmonic Orchestra, l’Orchestra della Scala a Milano, Staatskapelle di Dresda, è stata diretta da grandi nomi come John Axelrod, Paavo Berglund, Semyon Bychkov, Gustavo Dudamel, Christoph Eschenbach, Vladimir Fedoseyev, Alun Francis, Leopold Hager, Dmitrij Kitajenko, James Levine, Wassili Sinajski, Michael Tilson Thomas, Jean-Pascal Tortellier, Marcello Viotti e Antonin Witt. Nel 1998, le è stato attribuito a Siena il Premio Internazionale Accademia Musicale Chigiana e dal 2011 è titolare


della classe di pianoforte della prestigiosa Accademia senese. Ha registrato 8 cd per Deutsche Grammophon, con programmi di pianoforte solo e, con orchestra, il Concerto di Grieg con Järvi e la Gothenburg Symphony Orchestra, e molti altri. Ha partecipato alla registrazione dell’opera omnia di Chopin pubblicata da DGG nel 1999 e, tra le numerose incisioni più recenti, la Sonata di Brahms per due pianoforti con Martha Argerich per EMI e un cd Clementi, Mussorgsky e Rachmaninov pubblicato da Hänssler Classic. Negli anni scorsi, ospite regolare dei grandi festival internazionali e delle più prestigiose orchestre negli USA, Asia, Sud America, Italia, Gran Bretagna, Francia, Svezia, Spagna, Polonia e Islanda, si è esibita molto spesso con il violinista Maxim Vengerov, ed è tornata, per la prima volta dopo 16 anni, a Mosca accolta da un grande successo. Nel 2009 ha festeggiato i suoi primi venti anni di carriera con una lunga tournée europea in duo con Martha Argerich, collaborazione che continua tuttora ogni anno. In Italia, l'anno successivo la vittoria al Concorso Busoni, debuttò con immediato grande successo al Maggio Musicale Fiorentino del 1988, tenendo da allora più di 200 concerti per le più impor-

tanti istituzioni musicali: nel 1999 ha debuttato, sotto la direzione di Semyon Bychkov, all'Orchestra Filarmonica della Scala, teatro che l'ha applaudita più volte con grande entusiasmo. È titolare della cattedra di pianoforte alla MDW-Universität für Musik und darstellende Kunst di Vienna, all’Accademia Chigiana di Siena e tiene master-classes in tutto il mondo. Torna all'ORT cimentandosi nel Terzo Concerto per pianoforte di Beethoven.


bÉla bartÓk

(Sânnicolau Mare 1881 - New York 1945) Danze popolari rumene

durata 6 minuti circa

Nell’epoca attuale, che vede riaffacciarsi minaccioso lo spettro dell’orgoglio identitario (regionale, etnico, o religioso che sia), un intellettuale come Béla Bartók sarebbe di grande aiuto. Ungherese di nascita, dotatissimo per la musica, Bartók subì in varia misura le influenze di Brahms, di Richard Strauss e di Debussy. Per molti versi decisivo era stato tuttavia l’incontro con la musica di Franz Liszt, della quale ammirò sempre le qualità compositive, anche se giunse ben presto a rimproverarle l’assenza di quella genuina marca folklorica cui pure essa pretendeva di ispirarsi. Nel 1905, all’età di 24 anni, Bartók iniziò perciò un’attività sistematica di studio delle tradizioni popolari, affiancato dall’amico Zoltán Kodály, limitandosi in un primo momento all’area linguistica magiara. Un’ulteriore decisiva tappa sarebbe stata poi raggiunta nel 1907, con l’affidamento della cattedra di pianoforte presso la Reale Accademia Musicale Ungherese di Budapest, che gli permise di proseguire le sue indagini sul folklore, allargando il campo di ricerca alle zone che, pur trovandosi sul territorio dell’impero austro-ungarico, ospitavano popolazioni di lingua slovacca a rumena. Con la svolta determinatasi nella sua produzione a seguito di tali acquisizioni, iniziò per Bartók un periodo difficile: le sue composizioni, eseguite tra l’altro da

compagini non all’altezza del compito, erano disprezzate, e il suo tentativo di fondare una Nuova Società Musicale Ungherese naufragò miseramente. Nel 1912 Bartók si ritirò dunque dalla vita musicale pubblica: nel 1913 condusse una ricerca sulla musica araba nell’oasi nordafricana di Biskra, mentre i terribili anni della prima guerra mondiale furono dedicati ad alcune indagini nelle poche zone del territorio ungherese rimaste disponibili. Dopo la guerra, l’Ungheria conobbe un breve periodo di sconvolgimenti: la repubblica democratica instaurata nel ’18 da Mihály Károlyi fu rovesciata nel marzo 1919 da un’insurrezione guidata dal comunista Béla Kun (che, per inciso, sarebbe caduto vittima delle purghe staliniane nel 1939). Il 1920 fu un anno fatale: i vincitori della Grande Guerra, con il famigerato trattato del Trianon, privarono l’Ungheria dei territori della Croazia, della Slovacchia e della Transilvania; in quello stesso anno, l’ammiraglio Miklós Horthy von Nagybánya rovesciò il governo di Kun, ripristinò la monarchia e instaurò un regime autoritario che, nel 1940, si sarebbe schierato a fianco della Germania di Hitler. Per Bartók, che era stato cooptato dal governo di Kun in un direttorio musicale, iniziò un periodo di progressivo distacco dal proprio paese: grazie alla raggiunta fama internazi-


onale, intrattenne con l’estero rapporti sempre più frequenti, fino a trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti proprio nel 1940. Morì là nel ’45, senza esser riuscito a risolvere le proprie difficoltà economiche, nonostante l’attività universitaria e l’accresciuta notorietà come compositore. I problemi che Bartók ebbe con il regime di Horthy venivano da lontano: la realtà è che il musicista si era ben presto allontanato dalla prospettiva del nazionalismo, che pure aveva impresso alle sue ricerche l’impulso iniziale, convinto della necessità di indagare le tradizioni popolari a tutto campo e senza preconcetti ideologici. La sua ostinazione nel voler andare oltre le radici ungheresi della musica di Transilvania, e in particolare il cercarne gli ascendenti rumeni, gli avevano inimicato fin da subito gli ambienti nazionalisti, privi ormai di ogni reminiscenza liberale e divenuti vere e proprie incubatrici di razzismo. Proprio in un saggio intitolato polemicamente Musica e razza pura, Bartók avrebbe invece sostenuto che ogni radice autenticamente popolare è intrinsecamente commista, e si sviluppa proprio grazie ad apporti sempre nuovi, provenienti dalle diverse etnie che vi entrano in contatto. È in questa prospettiva che vanno considerate le Danze popolari rumene per pianoforte, che videro la luce nel 1915 e furono pubblicate

dalla casa viennese Universal nel 1918. Dedicati all’amico Ioan Buşiţia, che aveva guidato Bartók nelle sue indagini in ambito rumeno, i sette brevi brani (l’ultimo movimento è una successione di due diverse danze) sono armonizzazioni di altrettante melodie popolari: furono orchestrati nel 1917, ed è questa la versione che li ha resi universalmente noti. Si è già detto come Bartók nutrisse fin da subito seri dubbi sulla natura autenticamente popolare dell’ispirazione ungherese di Liszt: essa si basava infatti sulla tradizione del verbunkos, l’esecuzione delle danze per il reclutamento dei militari da parte di professionisti gitani. Anche in questo caso, tuttavia, la natura davvero ibrida dello stile verbunkos non impedì a Bartók di farvi riferimento in più occasioni, ad esempio organizzando le sue rapsodie per violino e pianoforte secondo lo schema lento – veloce, corrispondente all’accoppiata di danze lassu – friss tipica del verbunkos. Marco Mangani


ludwig van beethoven

(Bonn 1770 - Vienna 1827)

Concerto n.3 in do minore per pianoforte e orchestra op.37

durata 34 minuti circa

Sono contrastanti i giudizi sul Terzo Concerto in do minore op.37 per pianoforte e orchestra di Beethoven. L'autore lo reputava uno spartiacque nella sua produzione, un netto passo avanti formale e stilistico rispetto ai due concerti precedenti, guardati ormai con distacco, se non addirittura rinnegati in quanto prove di scarso valore, semplicemente brillanti e convenzionali. "Il concerto lo metto soltanto 10 ducati perché non lo considero tra i miei migliori", scriveva infatti nel 1801 all'editore Hoffmeister, offrendogli alcune composizione tra cui il Concerto in si bemolle maggiore (dopo un precoce esperimento adolescenziale, il primo 'maturo' da lui composto, sebbene pubblicato per secondo come op.19), cui queste righe si riferiscono. Ribadiva così un concetto già espresso poco prima: "i migliori [concerti] li tengo ancora per me quando farò io stesso un viaggio". Tra questi migliori vi era di certo il Terzo, che Beethoven avrebbe portato a compimento solo qualche tempo dopo, nel 1803, anno della sua prima esecuzione pubblica, a Vienna. Qualcuno invece giudica il Terzo in ben altra maniera. Per esempio Giovanni Carli Ballola, che nella sua ancora imprescindibile monografia beethoveniana ne parla come di "un capolavoro mancato", contestandogli una rilassatezza e un'improbabilità espressiva colpevoli

di "trasformare gli eroici furori in pugni nell'aria". Più o meno dello stesso parere era il bizzarro pianista canadese Glenn Gould, che disapprovava soprattutto la schematicità dell'architettura del primo movimento, mentre del secondo non tollerava il carattere soporifero da notturno. Ciononostante tutti i grandi divi otto-novecenteschi della tastiera l'hanno avuto in repertorio insieme ai due concerti successivi, il superbo Quarto e il grandioso Quinto, detto L'Imperatore. Come al solito la ragione sta nel mezzo. Il Terzo infatti si lascia definitivamente alle spalle il modello mozartiano che aveva vegliato sulle precedenti prove concertistiche di Beethoven per imboccare una via innovativa, di forte originalità, quindi del tutto personale. Benché, come sovente accade nelle vicende artistiche, in momenti cruciali di trapasso espressivo il risultato finale possa non risultare adeguato agli obiettivi, magari perché la sfrenata urgenza espressiva non è ancora in grado di temperarsi in un persuasivo equilibrio strutturale. Ecco uno degli appunti più o meno condivisibili mossi a una pagina comunque di proporzioni ambiziose (basti pensare alle dimensioni dei movimenti estremi, fuori dell'ordinario a questa altezza cronologica) e vigorosa nella scrittura (l'orchestrazione robusta e la richiesta di un bell'affondo pianistico, ma anche l'emergere a tratti di


un solido sostrato contrappuntistico), che malauguratamente, su un piano di rigore e coerenza di stile e linguaggio, non regge il raffronto per esempio con il Beethoven delle sonate pianistiche coeve. L'Allegro con brio iniziale difetta di compattezza, si dice. Non vi è una autentica contrapposizione dialettica tra i due temi. E di conseguenza, nello sviluppo, neppure una loro sintesi convincente. Il do minore d'impianto, tonalità portatrice di un forte segno tragico in Beethoven (si pensi al tempo iniziale della Sonata Patetica o alla Quinta sinfonia), qui sarebbe svuotato di carattere. Tutto vero, all'analisi. All'ascolto però si riconoscono pur sempre i muscoli e il sangue del Beethoven più autentico, quello che di lì a poco avrebbe compiuto l'Eroica e, più tardi, la Quinta. Alla resa dei conti, perciò, il tempo d'apertura non è affatto privo di una certo impeto drammatico, espresso sia dalla combattiva irruenza con cui si presenta il pianoforte (dopo una lunga introduzione orchestrale che esibisce tutto il materiale tematico poi di nuovo replicato dal solista: e proprio tale doppia esposizione-fotocopia viene additata come una delle peggiori cadute di tensione costruttiva all'interno del pezzo), sia da certi spunti ritmici e melodici di spiccata marca beethoveniana (il tema principale, nient'altro che un accordo disteso; o l'articolata cadenza inseritavi

successivamente). All'incanto sonoro del secondo movimento, inscritto nella semplice forma aba, segue il Rondò, momento tradizionalmente leggero e sbrigliato, che come al solito in Beethoven assume un carattere un po' più burbero del necessario - vi è addirittura un episodio fugato, pendant di un tema sognante 'alla Schubert' espresso dal clarinetto - che da ultimo, grazie alla mutazione di metro e di modo successiva alla cadenza (da 2/4 a 6/8, e da do minore a maggiore), si distende in movenze da commedia. Gregorio Moppi


Mauricio kagel

(Buenos Aires 1931 - Colonia 2008) 10 Märsche, um den Sieg zu verfhlen (1978-79)

durata 16 minuti circa

Nella sua aurea sintesi delle vicende dell'avanguardia musicale 1949 – 1976, Oltre l'avanguardia – Un invito al molteplice, Armando Gentilucci raccontava come i rigori dello strutturalismo musicale estremo fossero stati messi in crisi e superati da atteggiamenti compositivi nuovi e diversi, e metteva esattamente al centro del discorso, e dell'asse cronologico lungo cui si sviluppava la sua sintesi, un brano del 1961 destinato a fare epoca, scritto da un giovane compositore argentino da poco trasferitosi in Europa: Hétérophonie di Mauricio Kagel, costruito su materiali di Debussy, Schönberg, Ravel, Stravinskij, Varèse, Stockhausen, Boulez, Cornelius Cardew. Quest'ultimo non aveva ancora scritto il suo famoso Stockhausen serves Imperialism... ma il rimescolamento delle carte e l'eterodossia di certi accostamenti era comunque già notevole, a illustrazione di una “tendenza centrifuga documentata da procedimenti stilistici e compositivi tra loro contrastanti” (Enzo Restagno) tipica di Kagel. Dopo gli studi di musica, letteratura e filosofia a Buenos Aires e dopo essersi messo in luce come giovanissimo compositore, direttore, direttore di coro, figura di punta della nuova musica argentina, nel '57 Kagel si trasferì in Germania per svolgervi con più serenità

la propria ricerca artistica (l'Argentina si trovava allora soggetta, ricordiamolo, ad un regime militare che aveva costretto all'esilio il dittatore precedente, Juan Domingo Perón). Poté tessersi così un singolare destino di apolide musicale dalle molte inclinazioni, compresa una cifra gestuale e ironica, ascrivibile al dadaismo, al surrealismo, al teatro dell'assurdo, ma anche forse ad una nuova metafisica senza consolazioni, alla Samuel Beckett: ecco il gioco iconoclasta di Ludwig van (1969) ma anche l'obliquo omaggio di Fürst Igor, Stravinskij (1982) e della Passione secondo Bach (1985), il rapporto senza soggezione con le nuove tecnologie, il gusto per ogni sorta di rumore, suono deformato, attrezzeria sonora e modalità di “musica concreta”, l'inclinazione per il dramma radiofonico allora in gran voga con tutte le sue potenzialità. Intanto Kagel acuiva la propria decisa vocazione per azioni musicali-gestuali come Tremens, Camera obscura e Staatstheater, variamente intese a creare una sorta di antiteatro in verità molto teatrale (un'ossessione dell'epoca, pensiamo alle Aventures di Ligeti), teso a mettere in luce i paradossi della trasmissione culturale, della rappresentazione, dell'ascolto. Le Dieci Marce per Fallire la Vittoria (1978-1979) per strumenti a fiato e per-


franz joseph haydn

(Rohrau 1732 - Vienna 1809)

Sinfonia in sol maggiore Hob.I:100 'Militare'

durata 28 minuti circa cussioni si riferiscono al fortunatissimo Tribuno, nato come radiodramma ma sopravvissuto – bel caso di Nuova Musica che si rifiuta di invecchiare – sulle scene, tanto è l'estro comico-satirico che ha suscitato e suscita in attori e registi (così che se ne ricordano alcune realizzazioni sceniche più o meno recenti anche a Firenze e in Toscana); e tuttavia, le Marce, avvalorate dall'autore anche nella loro autonomia di pezzo da concerto per organici variamente modulabili. Nel contesto del Tribuno, esse costituiscono l'intelaiatura musicale in cui si inseriscono i proclami e i deliri del dittatoredemagogo, in un'immaginaria piazza popolata da una folla plaudente... o piuttosto dalle camionette della polizia in tenuta antisommossa? Ma basta la loro carica evocativa a trasmettere con i soli mezzi della musica un retaggio di musica militare dal Settecento a Mahler, i cui colori e caratteri, dalle sonorità della banda di villaggio, alle marce funebri, ai più tipici squilli beethoveniani, appaiono evocati e quasi miniaturizzati con ironia e fantasia. Elisabetta Torselli

Se si considerano le dodici sinfonie cosiddette “Londinesi” (nn.93-104) scritte per le tournées di Haydn a Londra in due riprese tra il 1791 e il 1795 (prima per l’impresario Salomon e poi per l’Orchestra dell’Opera House capeggiata da Giovanbattista Viotti, a definitiva consacrazione di una strabiliante fortuna inglese di Haydn), se ne ammira l’arguta perfezione sempre foriera di sottili e magistrali sorprese, e insieme si osserva come la veemente carica emozionale “Sturm und Drang” di certi trascorsi haydniani – pensiamo a sinfonie come la n.26, Lamentatione, la n.45, Gli Addii, la n.49, La Passione – se sia in qualche modo, ritratta come una piena tornata nei suoi argini. Ma c’è stata, e ha lasciato qualcosa sul terreno: qualcosa da cui fioriranno le suggestioni ormai presaghe della “Stimmung” romantica dell’ultimo Haydn (La Creazione, Le Stagioni), ma che resta attivo anche nelle Londinesi; solo che al dramma protoromantico delle fosche e inquiete sinfonie “Sturm und Drang” si è sostituito un gusto per la commedia, per l’effetto nitido e subito intelligibile che tuttavia scaturisce da soluzioni spesso fini, oblique, curiose, per la capacità di rappresentare il bizzarro e il “caratteristico”. Proprio alla categoria del “caratteristico” rimanda senza dubbio


la marcia del secondo movimento della sinfonia n.100 (1794) a cui è legato il soprannome di “Militare” dato che fin dalle prime edizioni all’intera sinfonia. Nonostante la nota predilezione haydniana per la forma-sonata monotematica, l’Allegro iniziale (introdotto come quasi sempre nelle Londinesi da un Adagio che qui, nelle prime due battute, anticipa l’“ossatura” e l’ambito del primo tema dell’Allegro) ha due temi ben distinti, il primo più arguto e brioso, popolaresco e danzereccio il secondo, che in questa struttura espositiva ha lo scopo di “creare un’atmosfera da banda e contemporaneamente ancorare la musica al suo posto in modo saldo, per squadrare e articolare la forma” (Charles Rosen, “Lo stile classico”) e che troviamo ben attivo nel sapiente sviluppo, ricco di straordinarie trasformazioni delle idee musicali di partenza. Segue l’Allegretto in do maggiore, in cui il tema, articolato in due metà interlocutorie di proposta e risposta mediante modulazione alla dominante, si presenta più volte (la prima, esposto dal flauto e dai violini primi) e con diversi spessori e trattamenti ritmici e armonici. Un intero mondo di musica militare settecentesca con il suo gusto per la spazializzazione e l’effetto vicino-lontano, come di un drappello che passa e se ne va – pensiamo solo alla

celebre Ritirata di Boccherini – rivive in questa pagina che sembra attribuire alla consueta segnaletica musicale militaresca (la punteggiatura armonica delle trombe, l’affilatura timbrica del flauto, l’associazione ai timpani di triangolo, piatti e tamburo grande) il valore di una bonaria e positiva “Aufklärung” in cui gli squilli di tromba che verso la fine dell’Allegretto fanno da cesura al suo “cursus”, sembrano il presagio sorridente dei drammatici squilli fuori scena del Fidelio beethoveniano. Il Menuetto (Moderato, di nuovo in sol maggiore) ripristina l’atmosfera arguta del primo movimento e soprattutto nel ritmo cerimonioso del Trio sembra soprattutto voler prendere le distanze dalla musica militare dell’Allegretto: come sempre nelle sue sinfonie inglesi Haydn sta preparando un gran Finale (Presto, in sol maggiore), magistralmente costruito in una forma-sonata particolarmente ricca di avventure armoniche e di minimi ma vividissimi scarti d’umore, su un’unica e concisa invenzione, limpida e festosa. Elisabetta Torselli


VIOLINI PRIMI

violoncelli

CORNI

Andrea Tacchi * Daniele Giorgi * Paolo Gaiani ** Patrizia Bettotti Stefano Bianchi Marcello D'Angelo Marian Elleman Chiara Foletto Alessandro Giani

Luca Provenzani * Enrico Ferri ** Stefano Battistini Giovanni Simeone

Andrea Albori * Paolo Faggi *

VIOLINI SECONDI

Chiara Morandi * Clarice Curradi * Susanna Pasquariello ** Angela Asioli Gabriella Colombo Francesco Di Cuonzo Marco Pistelli

CONTRABBASSI

Amerigo Bernardi * Luigi Giannoni **

Stefano Zanobini * Pier Paolo Ricci ** Caterina Cioli Alessandro Franconi Sabrina Giuliani

Donato De Sena * Guido Guidarelli * timpani

Morgan Tortelli * FLAUTI

Fabio Fabbrizzi * Michele Marasco * OBOI

Flavio Giuliani * Marco Del Cittadino CLARINETTI

VIOLE

TROMBE

Marco Ortolani * Fabio Lo Curto FAGOTTI

Paolo Carlini * Riccardo Papa

percussioni

Ivan Pennino Josè Luis Carreres Matteo Manzoni

*prime parti **concertino Ispettore d’orcheStra e archivista

Alfredo Vignoli


Fondata nel 1980, l’ORT ha sede al Teatro Verdi di Firenze e oggi è considerata una tra le migliori orchestre in Italia. È formata da 45 musicisti, tutti professionisti eccellenti che sono stati applauditi nei più importanti teatri italiani come il Teatro alla Scala, l’Auditorium del Lingotto di Torino, l’Accademia di Santa Cecilia di Roma, e nelle più importanti sale europee e d’oltreoceano, dall’Auditorio Nacional de Musica di Madrid alla Carnegie Hall di New York. La sua storia artistica è segnata dalla presenza di musicisti illustri, primo fra tutti Luciano Berio. Collabora con personalità come Salvatore Accardo, Martha Argerich, Rudolf Barshai, Yuri Bashmet, Frans Brüggen, Myung-Whun Chung, Gianluigi Gelmetti, Daniel Harding, Eliahu Inbal, Yo-Yo Ma e Uto Ughi. Interprete duttile di un ampio repertorio, che dalla musica barocca arriva fino ai compositori contemporanei, l’Orchestra ha da sempre riservato ampio spazio alla ricerca musicale al di là delle barriere fra i diversi generi (Haydn, Mozart,

tutto il Beethoven sinfonico, larga parte del barocco strumentale, con una particolare attenzione alla letteratura meno eseguita), sperimentando possibilità inedite di fare musica e verificando le relazioni fra scrittura e improvvisazione. Accanto ai grandi capolavori sinfonicocorali, interpretati con egregi musicisti di fama internazionale, si aggiungono i Lieder di Mahler, le pagine corali di Brahms, parte del sinfonismo dell’Ottocento, con una posizione di privilegio per Rossini, e l’incontro con la musica di Franco Battiato, Stefano Bollani, Richard Galliano, heiner Goebbels, Butch Morris, Enrico Rava, Ryuichi Sakamoto. Una precisa vocazione per il Novecento storico, insieme a una singolare sensibilità per la musica d’oggi, caratterizzano la formazione toscana nel panorama musicale italiano. Il festival “Play It! La musica fORTe dell’Italia” è il manifesto più eloquente dell’impegno dell’orchestra verso la contemporaneità. Incide per Sony Classical, Emi, Ricordi, Agorà e VDM Records.


AL TEATRO VERDI BLUB “l’arte sa nuotare” Al Teatro Verdi di Firenze si rinnova lo spazio che abbiamo voluto dedicare all’arte figurativa contemporanea. In occasione dei 160 anni dall’inaugurazione del teatro, la Fondazione ORT, proprietaria dello spazio dove ha sede stabile l’Orchestra della Toscana, ha deciso infatti di promuove giovani artisti contemporanei emergenti che vivono e lavorano nel nostro territorio, mettendo a loro disposizione lo spazio del foyer per presentare alcune opere. Dopo avere ospitato con grande successo Exit Enter, uno tra i protagonisti dell’ultima stagione,

è arrivato adesso al Teatro Verdi il lavoro di Blub. L’anonimo street artist ha preso alcune delle icone più importanti del nostro panorama artistico, aggiungendo la maschera ed il boccaglio, come sintesi di quello che è il suo slogan, ovvero “L’arte sa nuotare”, una modalità espressiva che rifiuta di annegare nella crisi attuale. “La mia idea rappresenta proprio l’andare controcorrente al pensiero della crisi commenta Blub - una crisi che sta nelle menti, nelle parole, nei fatti e poi nelle azioni, dilaga e penetra ovunque. Se non ci fermiamo di fronte al muro della crisi, possiamo trovare una porta che ci apre altri scenari. Voglio vederla così … quindi metto la maschera a ciò che rappresenta l’arte, la cultura o la scienza, e la vedo dietro ad un oblò, come un mondo parallelo. E seguire il cammino dell’arte non è stata per me una decisione ma una conseguenza naturale della vita. Firenze ha alle spalle un valore inestimabile per quanto riguarda l’arte, ma guardare avanti permette di crearne ancora.”


I prossimi appuntamenti

26

SALVATORE ACCARDO direttore e violino laura gorna

marzo

violino

giovedì ore 21.00

2

aprile

giovedì ore 21.00

musiche di Mozart, Spohr, Schönberg Concerto di Pasqua

SPERANZA SCAPUCCI

direttore laura claycomb soprano gaia petrone mezzosoprano

musiche di Pergolesi, Mozart

10

aprile

venerdì ore 21.00

Prevendita

Biglietteria Teatro Verdi Via Ghibellina 97 Firenze tel. 055 212320

daniele rustioni direttore andrea albori corno

musiche di Ghedini, R.Strauss, Schumann


COMUNICAZIONI PER IL PUBBLICO FUORI ABBONAMENTo

È programmato il prossimo 29 aprile il grande ritorno della coppia Igudesman & Joo per un appuntamento fuori stagione. Dopo la performance A Big Nightmare Music del 2011, il duo formato dal violinista russo Aleksey Igudesman e dal pianista anglo-coreano Richard Hyung-ki Joo, questa volta si presenta con un nuovo spettacolo dal titolo UpBeat, in prima assoluta. L'ORT al maggio

L’ORT è presente al 78° Maggio Musicale Fiorentino con una coproduzione dal titolo Concerto per Firenze Capitale in programma giovedì 14 maggio (ore 21.00) al Teatro Verdi. Sul podio salirà Daniele Rustioni per lo Stabat Mater di Rossini. Interpreti: Edgardo Rocha, Marina Comparato, Gianluca Margheri, sul palco l’Orchestra della Toscana ed il Coro del Maggio Musicale Fiorentino. Diritto di prelazione e sconto del 10% per tutti gli abbonati ORT fino al 16 marzo. Altre info su www.orchestradellatoscana.it BEETHOVEN AL PIANOFORTE

L’Integrale dei concerti per pianoforte di Beethoven, realizzata con il contributo della Banca di Credito Cooperativo di Cambiano, si conclude con Federico Colli solista al piano nel Concerto n.2, diretto da Stanislav Kochanovsky (8 maggio).

Esilaranti nel trasformare gli evergreen della musica in sbalorditivi sketch comici attraverso cui smitizzano la ritualità ingessata del concerto classico, suggeriscono al pubblico che bisogna avvicinarsi ai grandi autori del passato non con timore reverenziale, ma lasciandosi prendere completamente dalle emozioni che le loro melodie suscitano. Da non perdere l’appuntamento con l’ORT, acquistando i biglietti presso la biglietteria del Teatro, nei punti del circuito BoxOffice oppure online. Biglietti già in vendita a partire da € 14,00.


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SITO INTERNET

AUDIO SU SOUNDCLOUD

Qui sono raccolte tutte le informazioni che riguardano l’Orchestra della Toscana. Trovate il calendario, le news con gli aggiornamenti, le anticipazioni, le foto gallery ed i dettagli di tutte le nostre inziative. è anche il punto di partenza per i nostri canali social (Facebook, Twitter, You Tube e Pinterest). Si possono scaricare materiali informativi ed inviti ad iniziative speciali: www.orchestradellatoscana.it

Sono disponibili sulla piattaforma di condivisione audio Soundcloud materiali che ci riguardano come le introduzioni ai concerti, gli interventi didattici e una selezione di brani dall’ultimo Play It! Ci trovate a questo indirizzo: soundcloud.com/orchestradellatoscana

I PROGRAMMI SU ISSUU

Tutti i programmi di sala, come questo che state leggendo, vengono pubblicati con qualche giorno di anticipo sul portale Issuu a questo indirizzo: issuu.com/orchestradellatoscana Chi vuole può dunque prepararsi all’ascolto in anticipo e comodamente da casa. Il link è disponibile anche nel nostro sito internet. I programmi resteranno a disposizione del pubblico per tutta la stagione.

LE FOTO DEL CONCERTO

Sulla nostra pagina Facebook sarà possibile vedere nei prossimi giorni un’ampia galleria fotografica che documenta questo concerto. Più in generale, sul nostro sito trovate una ricca foto gallery su tutta l’attività dell’Orchestra della Toscana, realizzata da Marco Borrelli.


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Crediamo che la cultura rappresenti un volano di sviluppo del territorio, arricchisca la società e assicuri la crescita consapevole delle nuove generazioni. Siamo convinti che la musica possa nutrire lo spirito e il corpo, che contribuisca a far crescere le nuove generazioni attraverso un ascolto consapevole dell’affascinante mondo musicale in cui viviamo, un mondo in continua trasformazione.

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La nostra proposta musicale è rivolta a tutti e suggerisce una libertà di ascolto che spazia nel tempo, dal passato al presente. Lavoriamo con impegno e passione perchè siamo convinti che con una musica intelligente e bella si possa vivere meglio. Cerchiamo amici disposti a condividere il nostro lavoro, affiancandoci nel percorso e sostenendoci nella nostra visione di una città più armoniosa.

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Sul sito www.orchestradellatoscana. it è possibile scoprire tutti i vantaggi riservati ai nostri sostenitori. Il proprio contributo può essere comodamente donato con bonifico bancario sul conto corrente E anche per le aziende che vorranno essere partner dell’ORT, saremo lieti di costruire le opportunità migliori. Inoltre destinando il 5 PER MILLE all’Orchestra della Toscana si potrà contribuire ai progetti didattici, alle iniziative scolastiche e provinciali organizzate dall’ORT: basta mettere la propria firma nell’apposito spazio della dichiarazione dei redditi riservato e riportare il codice fiscale della nostra fondazione: 01774620486 Ufficio sviluppo sviluppo@orchestradellatoscana.it


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TEATRO VERDI

Via Ghibellina, 99 - 50122 Firenze Biglietteria Via Ghibellina, 97 - 50122 Firenze orari dal lun al sab 10-13 e 16-19 festivi chiuso tel. (+39) 055 212320 fax. (+39) 055 288417 www.teatroverdionline.it info@teatroverdionline.it

kidstudio.it Foto

Marco Borggreve (copertina, 5), Josef-Stefan Kindler (7), Roberto Mora (8) Marco Borrelli (17, 18, 22), Andrea Micheli (19), Julia Wesely (20) stampa

Nuova Grafica Fiorentina (Firenze)



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