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ARCHITETTURA E DANZA SI MUOVONO IN CITTA’: VERSO UN APPROCCIO INTERDISCIPLINARE

Premessa

Il dialogo tra Architettura ed Arte nella città contemporanea è oggetto di analisi del mondo della ricerca internazionale; si parte da un presupposto, ossia che la valorizzazione dello spazio urbano si possa anche realizzare nel dialogo tra questo ed un linguaggio artistico “fisico” e “non”, generando spettacolo per la collettività.

L’articolo approfondisce, in particolare, il tema della comunicazione artistica “del” e “intorno” alla facciata architettonica come possibile forma di fruizione artistica per lo spettatore nello spazio urbano. Come campo privilegiato di applicazione, viene scelto il binomio Architettura/Danza in relazione alla facciata architettonica, a voler superare la classica contrapposizione tra staticità fisica dell’architettura e dinamismo della danza.

A seguire, l’analisi si dilata all’ecosistema digitale, con un focus conclusivo che indaga sull’espressione artistica “intorno” alla facciata, tra “percezione sensoriale” e “tecnologia innovativa” in un ambiente urbano cognitivamente performante.

Le domande a cui si intende rispondere sono:

• La relazione Architettura/Danza potrebbe ampliare la comprensione multidisciplinare del progettare, moltiplicare i punti di vista?

• Come la struttura urbana potrebbe operare sul corpo umano che danza e viceversa, nel mondo contemporaneo?

L’obiettivo principale è quello di far emergere il valore della interdisciplinarità e intermedialità attraverso il dialogo circolare Architettura/Danza in ambito urbano, ampliandolo al nuovo “spazio virtuale”.

Lo scopo del presente articolo è prevalentemente descrittivo ed esplorativo, incentrando riflessioni su possibili relazioni tra spazio strutturato/virtuale e movimento coreutico/virtuale nello spazio urbano. La trattazione permette varie scale di lettura; nello specifico, si predilige un approccio analitico in ambito architettonico-coreutico e tecno-antropologico, non approfondendo aspetti economici, logistici o della sicurezza che richiederebbero un’ampia trattazione a parte.

I casi di studio individuati sono in relazione al concetto di movimento “della” facciata nel Technorama Facade (2002) dell’Artista Ned Kahn e di movimento “sulla” facciata nel Man Walking Down the Side of Building (1970) della Coreografa Trisha Brown. La trattazione prosegue nel nuovo scenario artistico digitale, sul movimento “intorno” alla facciata architettonica attraverso i modelli comunicativi più diffusi ( Visual mapping, Digital performance, Interactive Projection mapping).

La peculiarità dell’elaborato consiste nell’individuare le caratteristiche fondamentali del binomio Architettura/Danza nello spazio urbano contemporaneo attraverso il ruolo comunicativo della facciata in “movimento”, aprendosi in seguito al coinvolgimento emozionale dello spettatore nello spazio virtuale contemporaneo.

L’Architettura incontra la Danza. Riflessioni introduttive

Il mondo della formazione accademica internazionale si pone tra i principali obiettivi la ricerca di tematiche che possano sviluppare un interesse interdisciplinare; tale approccio dovrebbe portare i professionisti a voler sviluppare, nel rispetto delle relative competenze, una maggiore sensibilità eclettica in un contesto lavorativo soggetto a continua metamorfosi. Nel guardare la formazione di un Ingegnere come luogo sperimentale di identità in un ambiente condiviso da differenti professionalità, si favorisce la possibilità di pianificare un progetto attraverso la sinergia di figure apparentemente lontane tra loro (Coreografi, Artisti, Informatici, Psicologi…). Su tali premesse, si intende portare una riflessione introduttiva sul tema centrale dell’elaborato, ossia sulle interrelazioni possibili tra Architettura e Danza un ambito urbano.

La relazione Architettura/Danza potrebbe ampliare la comprensione multidisciplinare del progettare, moltiplicare i punti di vista?

Si sceglie di rispondere a questa prima domanda attraverso le citazioni teoriche di due grandi personalità, il Coreografo belga Frédéric Flamand e l’Architetto-Designer Riccardo Blumer, riflessioni alla base dell’articolata percezione dello spazio contemporaneo.

Considerazioni generalmente condivise dalla letteratura internazionale, si ritrovano nelle teorie di Frédéric Flamand (Bruxelles 1946), docente presso la facoltà di Design dell’Università IUAV di Venezia, considerato il pioniere della interdisciplinarità tra due “arti dello spazio”, ossia tra Architettura e Danza. Flamand insiste sull’opportunità di «ibridazione e sfaldamento progressivo di frontiere, etichette e di codici linguistici: cercare nuove aperture, canoni alternativi per sorprendere con i nuovi spettacoli». Sostiene la necessità che «persone provenienti da diversi ambiti disciplinari, s’incontrino per esplorare nuove forme di espressione, alla ricerca di strutture e risposte diverse»1 Risulta interessante nella professione di un Ingegnere progettista, tentare un dialogo trasversale con quell’architettura che genera spettacoli come continua riflessione del corpo contemporaneo. Guardando allo spazio “scenico” di una architettura, si tende a progettare qualcosa che rappresenti un’apertura mentale nell’arte del progettare, pensando allo spazio come una possibile scenografia in movimento. Come dichiara F. Flamand: «Lavorando nei luoghi extra teatrali viene messo in discussione non solo il contenitore, ma la visione frontale tipica del teatro, ossia visione che privilegia l’occhio di alcuni spettatori».

Nel panorama accademico internazionale, si sperimentano diversi approcci didattici per interpretare la dimensione architettonica spazio/tempo in relazione alla complessa disciplina della Danza. Un contributo significativo nel mondo universitario viene riconosciuto all’Architetto Riccardo Blumer (Bergamo 1959) che, sperimentando la Danza come luogo di esperienza architettonica, afferma: «Danzare e costruire hanno una relazione evidentemente fisica con lo spazio e il tempo. Se il luogo è un interstizio tra corpi, il tempo lo è tra momenti. Riconoscere un luogo è l’esperienza di costruire il tempo. La sequenza e quindi specularmente il luogo, è la grande sfida del progetto, procedura umana dell’una e dell’altra disciplina»2 (Figura 1)

La danza in città, la città nella danza. Tra corpo e spazio fisico

Si propone una lettura introduttiva, per proseguire nei successivi paragrafi alla disamina dei casi di studio ed aprirsi al nuovo scenario digitale, rispondendo alla seconda domanda: Come la struttura urbana potrebbe operare sul corpo umano che danza e viceversa, nel mondo contemporaneo?

Condivisa da gran parte della ricerca è la “coreografia site specific”, ossia una modalità unica di produzione dello spazio che incentra l’attenzione sul movimento corporeo in uno specifico luogo urbano. In questa ottica, ripensare la Danza nello scenario urbano (Danza Urbana), presuppone uno sguardo attento su fenomeni sociali, antropologici e climatici. Il risultato di queste interdipendenze mette in luce la complessità del danzare in uno spazio urbano e la funzione della Danza come “reimmaginazione” di una facciata architettonica e dello spazio antistante.

Per comprendere la diretta influenza su come percepiamo il nostro corpo nella città, si propone come rappresentativo l’approccio del già citato Coreografo F. Flamand. Le fasi principali della sua ricerca teorica sono incentrate su: Corpo, Corpo immagine, Corpo urbano. Le tematiche ruotano intorno al rapporto uomo-tecnologia, artigianale-industriale, mondo del lavoro-industria, corpo-città; trovano espressione nelle installazioni teatrali create per la danza, attraverso la progettazione di elementi rappresentativi della città: pareti, impalcature, cilindri, ponti o rampe dialogano nello spazio teatrale.

Si ricordano alcune realizzazioni teatrali di F. Flamand con gli Architetti Jean Nouvel e Zaha Hadid:

• Body Work e Body Work/Leisure (J.Nouvel, F.Flamand), una micro architettura dove far svolgere il movimento coreografico a più livelli, creando configurazioni sempre differenti rispetto al punto di vista degli spettatori. Si rappresenta il dinamismo del mondo lavorativo metropolitano; danzatori scendono e salgono liberamente, affrontano i vincoli che la struttura verticale vuole imporre.

• Metapolis II (Z.Hadid, F.Flamand) (Figura 2), dispositivi scenici e strutture flessibili sembrano estendere la Danza in “quattro dimensioni”, guardando alla visione problematica della città contemporanea, tra forze in gioco e continui movimenti che la attraversano.3

La facciata in movimento: casi di studio.

Da Ned Kahn a Trisha Brown

Storicamente, sembrano esserci due direzioni teoriche principali che tendono a definire lo spazio dell’abitare umano; la prima, avendo come funzione fondatrice “il muro”, rimanda ad un limite oggettivo, la seconda direzione, ossia il “tetto”, rinvia ad una valenza protettiva. Nello spazio urbano contemporaneo, l’evoluzione tecnologica riflette nuove filosofie dell’abitare, facendo emergere un’architettura che sembra voler sfuggire a rigorose definizioni spaziali.

I casi di studio selezionati, aprono ad una riflessione sulle potenzialità comunicative del “dinamismo” di facciata nello spazio urbano, anticipando una visione contemporanea del movimento “intorno” alla facciata nel nuovo spazio virtuale, strategica per approfondire le nuove forme di comunicazione artistica del binomio Architettura/Danza nella città contemporanea.

A voler superare la classica contrapposizione tra staticità fisica dell’architettura e dinamismo della danza, l’elaborato individua come rappresentativo il confronto tra due casi di studio; il primo analizza il movimento “della” facciata nel Technorama Facade (Winterthur 2002) dell’Artista-Designer Ned Kahn, il secondo il movimento “sulla” facciata nel Man Walking Down the Side of Buiding (New York 1970) della Coreografa-Visual Artist Trisha Brown.

2002 (Figure 3 e 4) in collaborazione con gli Architetti During e Rami, ossia una facciata cinetica che segue il movimento del vento, plasmandosi in composizioni differenti e riflettendo la luce naturale. La facciata è composta da 50.000 piccoli pannelli in alluminio fissati ad una maglia metallica, che si muovono a seconda delle diverse correnti d’aria. La peculiarità di tale opera è quella di essere riuscita a restituire l’eleganza tra leggerezza e movimento, generando sorpresa anche nello spettatore. In generale, Kahn divide i suoi lavori a seconda del modello e principio studiato: Vento, Nebbia, Fuoco/Luce e Sabbia. Nella sua architettura cinetica, le facciate in movimento creano una scenografia urbana che esalta la percezione dei fenomeni atmosferici, con l’intento sperimentale di rivelare “visibili” fenomeni invisibili.

• Trisha Brown, partendo dall’emblematica performance Man Walking Down the Side of Building del 1970 (Figura 5) crea la Danza Verticale, complessi movimenti coreografici su facciate di fabbriche, teatri o grattacieli. Nella storica performance sperimentale, il ballerino Joseph Schlichter cammina perpendicolarmente alla facciata di un edificio di sette piani, scendendo dall’alto verso il basso. Tale esibizione richiede al performer un grande controllo fisico, in quanto il ballerino sfida la gravità mantenuto da una rudimentale attrezzatura. Si osserva nel movimento un andamento quasi naturale, come se camminasse su un piano orizzontale in un contesto del tutto innaturale, rappresentando il ripensamento dell’equilibrio corporeo e dello spazio circostante. La facciata sembra assumere un “doppio ruolo”, ossia palcoscenico e scenografia; il performer cammina e dialoga con lo spazio urbano circostante, ribaltando il proprio asse corporeo. La storica dell’arte Susan Rosenberg scrive: «Vedere la partitura che compone le creazioni di Trisha Brown è come vedere un’architettura astratta in cui si compiono movimenti effimeri in base a procedure strutturate». (Figura 6)

La facciata architettonica nella nuova scena digitale. Visualmapping, Audio visualmapping, Interactive Projection mapping

Il particolare linguaggio nato dall’esigenza di Wvoler comunicare nello spazio urbano con il “movimento”, sembra superare il proprio confine e la dimensione reale di uno spazio fisico. Nel panorama contemporaneo, nuove sperimentazioni artistiche tendono a riprodurre uno spazio virtuale “intorno” alla facciata architettonica, rimodulando la dialettica Danza/Architettura in ambito urbano.

Quando l’evento fisico diviene “virtuale”, quali implicazioni avrebbe? La facciata di un edificio potrebbe da scenografia dinamica o palcoscenico divenire spazio virtuale? Come unire il reale al virtuale per creare spettacolo intorno alla facciata?

Queste domande multiformi ed altre ancora sollevano questioni complesse, a cui ricercatori e artisti più visionari tentano di proporsi con nuove risposte. Atteggiamento che dimostra come progettazione, tecnologia e coreografia sono contaminate dalle scienze cognitive, aprendosi alla nuova scena digitale nella città. Dallo “spazio virtuale” deriva un approccio multidisciplinare partecipato che, attraverso lo “spettacolo digitale”, mette in sinergia gli spettatori con il sistema urbano e con la facciata architettonica.

Visualmapping, Audio Visualmapping, Interactive Projection mapping, rappresentano questa nuova comunicazione “artistica” tra spazio costruito e spettatore, amplificandone aspetti percettivi ed emozionali. A seguire, si schematizzano le principali caratteristiche:

• Visualmapping, permette la fusione tra animazione visiva e morfologia dell’edificio, progettando un evento “visivo” nello spazio urbano; tecnicamente, risulta fondamentale che il contenuto da proiettare venga studiato appositamente per poter interagire con le geometrie della specifica superficie architettonica mappata in 2D o 3D. Le principali tecnologie nel progetto di mapping sono software specifici per la creazione di contenuti visivi e proiettori video ad alta prestazione installati e calibrati accuratamente. Il progetto visivo basato sul concept creativo si lega alla superfice mappata. L’ambito di riferimento è l’augmented reality in cui avviene la sovrapposizione di una struttura fisica della facciata con un rivestimento virtuale, trasformando la percezione visiva nello spettatore che guarda incuriosito lo spettacolo. Il mondo digitale di queste proiezioni diviene l’elemento “destrutturante” delle forme statiche dell’architettura: sequenze animate rappresentano frammentazione, scomposizione o clothing digitale attraverso un rivestimento virtuale che aderisce e si distacca.

• Audio visualmapping, garantisce un maggior coinvolgimento emozionale e sensoriale negli spettatori attraverso spettacoli visivo-musicali, con scenari in movimento tra suono e immagine. Una modalità diffusa è rappresentata dallo spettacolo serale Son et lumière, in cui gli edifici storici nella semioscurità divengono schermi resi sofisticati dalla tecnologia 3D mapping, in armonia con la musica. La facciata animata con la musica diviene un moltiplicatore di suggestioni, abbandonando il solo ruolo scenografico.

• Interactive Projection mapping, rappresenta il passaggio successivo, ossia l’interazione concreta tra spettacolo e pubblico. L’obiettivo è introdurre nello spazio virtuale oggetti e persone, generando livelli complessi di comunicazione con il danzatore o musicista. Il corpo reinterpreta lo spazio fisico antistante, collaborando alla trasformazione digitale dell’evento. Ad esempio, gli spettatori sperimentano l’Interactive Projection mapping attraverso il proprio movimento letto dalla Kinect (sensibile al movimento) che ne stabilisce l’interazione, parlando e cantando con microfoni o utilizzando IPad per scegliere alcuni effetti da proiettare sulla facciata architettonica. Innovativi sensori provenienti dal mondo della realtà virtuale garantiscono quindi nuove funzioni interattive: sensori di movimento riescono ad intercettare i gesti negli spettatori ed a codificarli, modificando il contenuto visivo da proiettare a partire da essi.

Projection mapping e Dance performance.

Protagonisti nella scena internazionale

Il binomio Architettura/Danza entra in scena nel nuovo spazio virtuale: Projection mapping e Dance performance si incontrano “intorno” alla facciata architettonica, evidenziando relazioni pluridirezionali e dinamiche che caratterizzano entrambe le forme comunicative. In tale ambito, tra Sponsor e finanziamenti, si muovono le creazioni digitali di alcuni “protagonisti” nella scena internazionale:

• Mirjam Stuppek, considerata il pioniere nella specie dell’Urban digital surfaces, ha coniato il termine Urban screen; proprio “Urban screen” (2005 Germania) è il nome di un gruppo di architetti e artisti specializzati nel settore della Visual art, che uniscono digital video e digital performance in aree urbane internazionali. Tra le molteplici realizzazioni nel mondo, ricordiamo “Jump!”4 (2018 Germania) (Figura 7) in cui la facciata di un edificio storico diviene una parete di free climbing per ballerini che si arrampicano o si nascondono intrecciandosi tra le finestre dell’edificio e “Digital Dialogues”5 (2021 Brema), spettacolo di Dance projection, in cui cinque coppie di danzatori provenienti da tutto il mondo hanno ballato, mostrando le proiezioni ingigantite dei loro movimenti su dieci facciate nella città di Brema.

• Architecture Dancing 3D, (Parker-Compagnie di Danza-Video Mapping 3D) realizzato da Tech Graphic Project e PromoPromia che unisce architettura animata, Parker e Danza contemporanea, creando scenari sospesi nella città.

• Apparati Effimeri, gruppo di professionisti nato nel 2008 in Italia e affermato in ambito internazionale, crea spettacoli multimediali innovativi.6

• Clemence Debaig, designer, dotata di competenza artistica, tecnologica e coreografica, emerge per il valore che ha attribuito alla “interdisciplinarità” nella transizione digitale. Debaig ha fondato l’Atelier du Lampadaire (2012), un collettivo multidisciplinare (ballerini, ingegneri del software, architetti e designer) per imporsi nella nuova scena digitale. Nella sua realizzazione, “Adita” (Figura 8), tra Interactive projection e Performance, esplora il mutamento del tempo, ossia come il nostro passato stia influenzando chi siamo nel presente, abbracciandone la contemporaneità.

Kinect/Dance/Proiezione Tecnologie per la realizzazione

Per mettere in scena un “Interactive Projection dance”, il dialogo circolare che unisce danza, immagine, musica si concretizza attraverso le tecnologie utilizzate (Figura 9), al fine di una corretta esecuzione. A seguire, si schematizzano queste tecnologie attraverso esempi rappresentativi.

• “KINECT” per PC (Figura 10), fotocamera con sensori di rilevamento di profondità, controlla il movimento dei corpi danzanti attraverso sensori di movimento; si interfaccia catturando i movimenti danzanti in 3D. In particolare, Azure Kinect DK è stata creata di recente per la realtà mista utilizzando i sensori di intelligenza artificiale. Il tracciamento a 3 gradi di libertà

(sia a terra che in aria per Aerial Dance o Vertical Dance) può essere realizzato con Marker IR. Il riconoscimento dei passi danzanti, in genere, viene effettuato utilizzando un modello HMM (Hidden Markov Models) per la precisa mappatura dei movimenti su grafica e suono. Si tende a scegliere una fotocamera RGB con il flusso ottico di ritorno per creare una griglia di vettori. Tali vettori vengono utilizzati per modificare la grafica individuale. La maschera è creata dall’immagine di profondità Kinect con la sottrazione dello sfondo. Per mappare questi vettori di flusso sul corpo dei ballerini si utilizza un metodo di calibrazione (es. Kimchi And Chips). Successivamente, molteplici effetti visivi si possono ottenere selezionando il corpo del ballerino in base alle informazioni di profondità, permettendo la proiezione di immagini separate sullo sfondo.

Come esempio rappresentativo, si richiama “Adita” di Clemence Debaig. Nella performance, la ballerina viene seguita con una Kinect posizionata nella parte anteriore dello spazio danzante; i dati video vengono inseriti in un buffer al fine di rappresentare il movimento; i dati di posizione sono utilizzati per generare gli elementi visivi in tempo reale. Il progetto è realizzato usando il semplice openFrameworks, un open source (scritto in C++) specifico per la programmazione creativa. Computer vision e framebuffer permettono alla proiezione di seguire il corpo danzante, mentre interpreta col movimento il suo passato attraverso un viaggio mentale sino al presente.

• “VIDEOPROIETTORI” (Figura 11), per proiezione architetturale ad altissima luminosità e per Interactive Experience. Come esempio rappresentativo, si sceglie la messa in opera del recente Visual mapping sulla “ Scalinata di Trinità dei Monti” (Figura 12), finanziato dall’azienda Bulgari che ha donato 1,5 milioni di euro per consentirne anche il restauro, in occasione dei 130 anni della Maison. Tre settimane sono state impiegate come tempi di realizzazione, dal sopralluogo alla esecuzione del Visual mapping. Dopo aver fatto un rilievo fotografico, mappatura dell’area e progettato il relativo piano di azione, si è stabilito di impiegare 42 videoproiettori Panasonic serie PT-DZ21k progettati per un sistema a quattro lampade. Il videoproiettore della gamma PTDZ 21K ha una luminosità elevata e dispone anche di specifico software per il Visual mapping, pesa circa 43 kg e prevede contenitori con piano di appoggio inclinato per resistere alle intemperie. I videoproiettori lavorano in staking, accoppiati a due a due e collegati tra loro attraverso specifici segnali. Per il collegamento, viene utilizzata una rete di fibre ottiche al fine di consentirne la corretta trasmissione dei segnali, collegando ogni videoproiettore con circa 300 metri di fibra. Per dare l’idea della luminosità, ogni area della piazza destinata a ricevere le immagini del Visual mapping, rappresenta un terminale video per un fascio di luce di circa 40mila Ansi Lumen.

Le onde celebrali “danno” spettacolo.

Nuove frontiere

Il rapporto uomo-macchina come nuovo linguaggio espressivo, la mente umana come interfaccia per lo sviluppo delle tecnologie, delineano nuove frontiere nella ricerca artistica contemporanea. Le potenzialità inerenti al corpo umano, danza e tecnologia rivestono un ruolo centrale nel tema della transizione digitale, indagando sulle nostre percezioni sensoriali.

Si scelgono come rappresentative alcune sperimentazioni artistiche dell’Interaction design Daito Manabe, singolari per la connessione tra “attività celebrale”, danza, immagine e suono nel settore dello Stage design/Dance in ambito internazionale. Le sue realizzazioni più recenti, come “Dance with Drones” del 2014, “24 Drones” del 2015, MagicLab “24 drone Flight ” del 2016, incentrano l’attenzione sulle potenzialità interattive tra il corpo danzante ed un apparecchio tecnologico come il drone. In “Robot x Dancer x Lasers” del 2013, lo studio dell’interazione del ballerino con sistemi di illuminazione laser diviene spettacolo; un movimento coreografico in cui bracci meccanici si coordinano con precisione ad un sistema laser di illuminazione che interagisce con i danzatori. In ultimo, con la performance “Dissonant Imaginary ” del 20227, viene indagata la connessione tra “attività cerebrale”, immagine e suono. A tal proposito, come focus conclusivo si intende riportare un’analisi sintetica di Dissonant Immaginary, per comprendere il ruolo della “codifica” dell’attività celebrale nel linguaggio espressivo della New Media Art. Unendo tecnologia avanzata e percezione celebrale, Manabe crea una nuova dimensione ai confini tra reale e virtuale, una nuova frontiera diviene spettacolo visivo per il pubblico. Questa performance comincia con la scansione 3D del cervello, ponendo l’attenzione sul processo di codifica dell’attività celebrale. Generalmente, si riescono a monitorare quattro tipi di onde che il nostro cervello genera:

• onde alpha che provengono dal subcosciente della mente;

• onde beta che nascono dalla mente cosciente, connesse quando l’uomo è concentrato su stimoli esterni;

• onde theta che insieme alle onde delta sono le onde del potere psichico;

• onde gamma che rappresentano quelle dei profondi poteri psichici.

Le evoluzioni scaturite attraverso le diverse stimolazioni sonore vengono decodificate per mezzo della fMRI, ossia attraverso una risonanza magnetica utilizzata in campo neuroradiologico. La ricostruzione di immagini emerse dall’ascolto di musica astratta da parte dei performer viene ricreata attraverso specifiche tecnologie di decodifica celebrale in uno scenario composto da “immagini luminose”.

Al contrario, in diverse performance, specifici software trasformano in “musica” le onde celebrali registrate mentre il performer guarda una successione rapida di immagini, rappresentando una mappatura musicale in tempo reale delle emozioni provate. Un performer viene connesso ad uno strumento che rileva le onde celebrali. La risposta emotiva, in forma di onde celebrali, viene codificata e digitalmente campionata da un computer; le onde celebrali vengono codificate per mezzo di un “copricapo con elettrodi” in grado di registrarle (Figura 13). La codifica delle informazioni sulle onde cerebrali viene usata come controllo di una strategia compositiva algoritmica trasformata in “dati acustici”.

In particolare, durante i primi anni di pandemia Covid, le onde celebrali “danno” spettacolo nella Capitale italiana. Dopo “ Son et lumière” al Pantheon, in cui la codifica dell’attività celebrale del Direttore d’orchestra di Santa Cecilia diviene anch’essa spettacolo visivo sul monumento più famoso dell’Impero Romano, “Dissonant imaginary ” mette in scena questo nuovo linguaggio “artistico” nell’ex area del Gasometro, emblema dell’archeologia industriale di Roma.

Considerazioni conclusive

Facendo un passo indietro nel tempo, il filosofo Arthur Schopenhaur sembra guardare l’Architettura come una “forma di musica congelata”. Con tale incipit, nell’elaborato viene intrapresa una possibile strada che esalta la potenzialità espressiva del binomio Architettura/Danza nello spazio urbano contemporaneo. Emerge il valore dell’interdisciplinarità nello spazio multimediale; un nuovo dialogo tra Visual mapping e Digital performance sembra assumere il ruolo di co-protagonista dello spazio urbano.

Tendenza alla “remediation”, al riutilizzo delle vecchie tecnologie? Sembra proprio di no.

E mentre Venezia con la Biennale nel 2021 presenta un “artista umanoide AI-DA” e Roma con il Festival della Visione nel 2022 stupisce con una luna nel Gasometro in un’esperienza immersiva, noi spettatori scrutiamo l’orizzonte e le infinite possibilità che il nuovo “spazio virtuale” offre alle città, meravigliandoci.

Note

[1] F.Flamand, F.Cabrini, F.Flamand: il corpo e la città, «Il Calibano», (2005), no.1

[2] R. Blumer, Dance Insights – Incontri sulla Danza di oggi – Danza Effebi, 2015

[3] Si guardi il video Metapolis Ballet- Zaha Hadid Architects, 2010 (https://vimeo.com/12020092)

[4] Si guardi il video Jump -percorso di facciata d’avventura, 2018 (https://www.urbanscreen.com/jump/)

[5] Si guardi il video Digital Dialogues - danceproject per Tanz Brema, 2021 (https://www.urbanscreen.com/digitaldialogues/)

[6] Si guardi il video 2008 – 2018 i nostri primi dieci anni//Video Mapping 3d//Apparati Effimeri (https://vimeo.com/channels/ ilovemapping)

[7] Dissonant Imaginary di Daito Manabe , spettacolo multimediale presentato nel Festival della Visione, Roma- 2022

Bibliogra a

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• Bernard Marcelis, Frédéric Flamant / Jean Nouvel: Centre Pompidou, «Art Press», (2004), no. 298

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• Monteverdi Anna Maria, Leggere lo spettacolo multimediale. La nuova scena tra video Mapping,

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Sitogra a

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• https://apparatieffimeri.com/

• https://bibliolmc.ntv31.com

• https://www.dancehallnews.it

• https://www.interactivearchitecture.org

• https://www.informadanza.com

• https://www.labiennale.org

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• https://trishabrowncompany.org

• http://www.sashawaltz.de/a01.php

• htpps://www.urbanscreen.com a cura di:

Ing. E. Basile, Ing. L. Pollice, Z. Zhu

Con la collaborazione di:

Prof. Ing. P. Gaudenzi, Prof. Ing. M. Eugeni, Ing. A. Mataloni, Ing. P. Carlorosi Dallara, Ing. C. Melzer, Ing. G. Nicolai

Lo scorso 11 marzo si è conclusa la prima conferenza internazionale dedicata all’Advanced Manufacturing per sistemi e manufatti destinati ad operare “on air, space and land” (1st International Conference on Advanced Manufacturing for Air, Space and Land Transportation– ICAM22), organizzata congiuntamente dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e dall’Agenzia Spaziale Americana (NASA) (Figura 1).

L’obiettivo della conferenza è stato quello di promuovere e facilitare la discussione e lo scambio di esperienze relative all’ambito manufacturing tra i membri delle varie discipline ingegneristiche interessate al trasporto aereo, spaziale e terrestre. Ciò ha riguardato però tutto il ciclo di vita del prodotto e non solo la fase di manufacturing, ovvero anche gli aspetti di progettazione, sviluppo, assemblaggio, integrazione e verifica di sistemi complessi, operanti in ambienti estremi e pertanto ad altissime prestazioni. Di recente, volumi di produzione maggiori (ad esempio per le mega-costellazioni satellitari, di cui si parlerà in seguito) stanno beneficiando necessariamente delle tecnologie Industry

4.0, che vuol dire digitalizzazione e automazione della produzione (digital manufacturing), “fabbrica intelligente” (smart factory), produzione additiva (stampa 3D) e avanzata, sicurezza informatica, test virtuali, diagnostica da remoto, sensoristica embedded e controlli di qualità e di processo basati sui big-data, AI e data analytics, machine learning, cloud-computing, digital-twins. Pertanto, numerosi altri domini e strumenti scientifico-tecnologici stanno progressivamente entrando in maniera pervasiva nella catena di approvvigionamento e gestione della produzione tradizionale per cambiarla radicalmente e irreversibilmente.

Dunque, quel che si vuole, come dichiarato nella pagina web ESA di presentazione della conferenza, è “far incontrare e tenere insieme Industry 4.0 e Space 4.0”.

La volontà delle due principali agenzie spaziali mondiali di riunire la comunità manifatturiera dell’ingegneria spaziale, aeronautica e dei trasporti terrestri, insieme alle autorità di certificazione e standardizzazione nei settori interessati, è un segnale inequivocabile della enorme opportunità di fertilizzazione incrociata, promozione di scambi tecnici e commerciali intersettoriali a livello mondiale e appunto dell’importanza che sta acquisendo il settore. Un mega-evento tecnico, dunque, ma anche di business diretto e trasversale. Tale evento è solo un ulteriore step di un importante e inarrestabile processo di innovazione assolutamente in linea con quanto l’ESA dichiara pubblicamente nella sua roadmap e attraverso i principali canali di comunicazione. Ovvero un processo di sviluppo, in ambito space, impostato correttamente su tre livelli: in primo luogo “Ricerca di base e attività preparatorie”, in secondo luogo “Attività tecnologiche principali” per costruire catene di approvvigionamento sostenibili e infine “Qualificazione, verifica e standard” volti a facilitare l’adozione di queste tecnologie e processi di produzione avanzati sviluppando gli standard, la verifica e la qualificazione necessari. Queste attività accelereranno l’adozione delle tecnologie e processi più avanzati stabilendo un percorso concordato per l’accettazione al volo per componenti, unità e sistemi. Ma più in generale, grazie alle nuove iniziative nel settore della produzione avanzata, si mira a puntare sulle tecnologie di produzione emergenti, che aprono nuove possibilità industriali in termini di libertà di progettazione, fasi di produzione semplificate e costi ridotti, insieme a prestazioni notevolmente migliorate del prodotto finale. Le enormi opportunità, che il settore della produzione in sinergia con gli altri domini (non solo tecnici) può offrire, possono essere indirizzate a cambiare e migliorare il lavoro del settore stesso e non solo, rivedendo e ricostruendo le catene di approvvigionamento industriale e riguadagnando le capacità produttive perdute. La manifattura, pertanto, necessita ormai sempre più di una visione sistemica, multi-dominio e di sostenibilità (economica, ambientale, sociale) e non può più essere vista e affrontata solo da un unico e limitante punto di vista o settore industriale. Basta anche solo leggere i principali temi (da cui i rispettivi panels) della conferenza ESA-NASA (Figura 2) per rendersi conto del notevole cambio di passo rispetto ai consessi internazionali nello stesso ambito di pochi anni fa. Infine, a sottolineare ancora questo cambio di passo, nell’ambito della stessa conferenza, un evento speciale si è tenuto l’11 marzo 2022 dedicato alla “tecnologie immature”, che ha dato a studenti e ricercatori la possibilità di presentare le loro idee super-innovative alla comunità di rappresentanti delle principali agenzie spaziali, industrie e università. I migliori contributi sono stati votati e proposti per future collaborazioni con l’Agenzia. L’Immature Technology

Day mira a sensibilizzare la comunità aerospaziale internazionale sulle tecnologie che sono ancora agli inizi con tutte le sfide tecnologiche associate, ma con molte promesse future.

Pochi mesi prima, il 17 dicembre 2021, a dimostrazione dell’importanza della materia e di una visione lunga e consapevole, presso l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma si è tenuto un seminario dal titolo “Lo Spazio e l’Advanced Manufacturing”, organizzato dalla Commissione Aerospazio dell’Ordine, con lo scopo diretto di stabilire un primo punto di incontro e offrire una panoramica il più possibile ampia e aggiornata tra il settore aerospaziale (e non solo) e quello delle tecnologie più avanzate di manifattura, investigandone più da vicino la sinergica e sempre più indissolubile relazione con i materiali avanzati, i processi, i prodotti e sistemi allo stato dell’arte che è possibile realizzare e le relative metodologie progettuali.

Il seminario, articolato in una decina di presentazioni tenute da realtà industriali e accademiche operanti nel contesto aerospaziale italiano ed internazionale con riconosciuta expertise nell’Advanced Manufacturing, ha affrontato aspetti relativi al settore aerospaziale e di settori affini e ha fornito alcuni esempi di nuove metodologie di design e tecnologie di produzione attualmente in uso per sistemi ed equipaggiamenti. Gli interventi e le relative presentazioni sono state divise in due sezioni, la prima relativa ai materiali compositi e la seconda alla manifattura additiva. Le due parti in cui è stato suddiviso il seminario sono state affrontate specularmente dal punto di vista dello sviluppo dei contenuti: entrambe le sezioni sono state aperte da un’analisi introduttiva generale delle opportunità e criticità per i sistemi e le strutture aerospaziali offerte dalle moderne tecnologie di produzione, per poi descrivere applicazioni specifiche, esperienze progettuali e realizzative e possibili indirizzi futuri in ottica Space 4.0.

I processi produttivi presentati non sono stati in generale considerati sostitutivi bensì alternativi delle più tradizionali e consolidate tecniche di lavorazione dei materiali, produzione di strutture e progetto di sistemi, e sono state pertanto esplorate sinergie, criticità e metodologie di design avanzato e multidisciplinare, per prodotti tecnicamente ed economicamente competitivi nel settore aerospaziale. Infine, in linea con quanto visto per la conferenza ESA-NASA, sono state in qualche modo anticipate e presentate alcune delle tematiche più avanzate, attraverso alcuni lavori di ricerca dedicati, relative al Digital Manufacturing, al Systems and Concurrent Engineering applicato al manufacturing e all’out-of-Earth manufacturing. Di recente si è delineato un nuovo panorama commerciale dell’industria spaziale: società private come Virgin Galactic e Blue Origin hanno appena dimostrato di avere la capacità e le risorse per portare clienti paganti a quote suborbitali a prezzi a loro accessibili. OneWeb e SpaceX continuano a realizzare i loro ambiziosi piani per portare l’accesso a Internet a banda larga in tutto il mondo fino a zone remote utilizzando migliaia di satelliti in serie. Questi ultimi, insieme ad altre decine di aziende private, hanno concretizzato il concetto di mega-costellazioni. A seguire i due apripista si sono lanciati nuovi investitori, su tutti Amazon con il progetto Kuiper che sta per ora lavorando alla realizzazione dei primi satelliti, nel complesso oltre 3.000 che inizieranno ad essere messi in orbita non prima del 2022. Tra i nuovi arrivati ci sono anche la canadese Telesat, che ha commissionato a Thales

Alenia Space la realizzazione di 298 satelliti per la costellazione a banda larga denominata Lightspeed che sarà operativa non prima del 2024. Guardando poi anche all’Italia, si pensi al progetto Platino (costellazione di satelliti SAR), al progetto della più grande costellazione italiana di Osservazione della Terra, IRIDE, che sarà realizzato con fondi PNRR entro il 2026 e infine l’idea di una costellazione di piccoli satelliti che garantisca la continuità del 5G via satellite mediante Rete non Terrestre (NTN) necessaria soprattutto per applicazioni governative e per supporto a missioni all’Estero del nostro corpo Diplomatico e delle nostre Forze Armate (sempre con fondi PNRR). Ricordiamo le performance e i successi rispettivamente delle costellazioni a bassa orbita (LEO) CosmoSkyMed per osservazione della terra con tecnologia SAR (prima e seconda generazione in funzione dal 2010 ed attualmente operative) e Globalstar per telefonia e dati a bassa velocità (operativa dal 1999 fino al 2011).

Qui di seguito sono riportati dei brevi approfondimenti per alcune delle principali presentazioni che hanno costituito il seminario.

Applicazioni Industria 4.0 per Mega-costellazioni

a cura di:

Prof. Ing. P. Gaudenzi, Prof. Ing. M. Eugeni (Università di Roma “La Sapienza”)

Seguendo questa tendenza di Mega-Costellazioni, l’industria della produzione di satelliti ha dovuto tenere il passo di queste tecnologie innovative e dirompenti rispetto al precedente status di mercato aumentando esponenzialmente la produzione. Al fianco delle metodologie tradizionali si sono dunque ricercati nuovi approcci per ottimizzare i processi produttivi. Per consentire una serializzazione economicamente sostenibile sono necessari costi inferiori, tempi di consegna più brevi, produttività più elevate e una maggiore personalizzazione. In questo quadro, la Quarta Rivoluzione Industriale con la sua Industria 4.0, o Smart Manufacturing (SM), fornisce le soluzioni concettuali e tecnologiche necessarie al cosiddetto paradigma Space 4.0 o New Space Economy per migliorare i cicli di integrazione e test di fabbricazione di veicoli spaziali

(Manufacturing Assembly Integration and TestingMAIT). Le fabbriche intelligenti possono eventualmente essere realizzate integrando le Tecnologie Operative e Informatiche attraverso l’applicazione di Cyber-Physical-Systems (CPS). CPS (Figura 3) riproducono in tempo reale il processo produttivo in un ambiente virtuale e permettono di monitorarlo con una costante analisi dei dati (Figura 4).

Il lavoro di ricerca, che vede la collaborazione tra l’Università di Roma “La Sapienza” (come prime contractor del progetto ESA), Thale Alenia Space e Beyond Gravity (ex RUAG Space), ha avuto lo scopo di costruire un Proof-of-Concept (PoC) di un CPS applicato a un complesso processo MAIT satellitare (Figura 4). In primo luogo, il processo di produzione del pannello sandwich RUAG Space è stato selezionato come caso di studio dopo una valutazione basata sulla revisione dello stato dell’arte dei concetti SM più promettenti per applicazioni spaziali. In secondo luogo, è stato sviluppato un modello CPS che integra i concetti SM di Digital Twin (DT), Internet of Things (IoT) e Intelligenza Artificiale (AI) sulla base di set di dati simulati e reali. Il PoC può raccogliere i dati dei sensori di processo, analizzarli, raggrupparli e mostrarli in formati tempestivi e digeribili su una dashboard del computer di facile utilizzo (Figura 5). Un migliore monitoraggio del processo e previsione dei risultati, nonché la capacità di fornire controllo e ottimizzazione automatizzati del processo rappresentano i principali vantaggi del CPS rispetto allo scenario industriale. I benefici (Figure 6 e 7) aumentano con l’aumento del numero di satelliti da produrre.

Gli sviluppi futuri dello studio potrebbero includere la costruzione e il test del modello fisico. Data una missione di costellazione di satelliti, i costi-benefici del modello potrebbero essere calcolati su una base più affidabile implementando il concetto come pilota fisico per il processo di produzione della missione. Il ritorno sull’investimento simulato potrebbe quindi determinare la decisione di adattare il progetto pilota all’intero processo.

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