Due donne un carisma 1 - 2017

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Elisabetta Girelli

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ANNO XXII

Due donne un carisma

Maddalena Girelli

febbraio 2017


gsh Sommario 1) Maria Teresa Pezzotti...................................pag. 3 2) Le umili realtà domestiche nei Vangeli.....pag. 4 3) Le attività femminili nell’opera delle sorelle Girelli......................................pag. 6 4) Le opere delle Girelli per le chiese povere e la buona stampa..............................pag. 8

Pubblicazione sulla spiritualità delle sorelle Girelli - Anno XXII, 2017, n. 1 a cura della Compagnia S. Orsola Via F. Crispi, 23 - 25121 Brescia Tel. 030 295675 - 030 3757965 Direttore Responsabile: D. Antonio Fappani

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gsh Maria Teresa Pezzotti Maria Teresa Pezzotti fu molto a lungo superiora delle “Figlie di Sant’Angela”. Come tale io la conobbi ed ebbi modo di costruire una certa familiarità con lei e di apprezzare così la gentilezza dei modi, lo zelo per quel “buon odore di Cristo” di cui spesso parlava, l’amore per il suo istituto. Profondamente legata alla fondatrice, vedeva la modernità della sua intuizione sul ruolo della donna consacrata nel mondo. La meditazione sulla Regola la portava a cercare di capirne sempre meglio il carisma e di declinarlo in un mondo tanto mutato. Proprio da questo derivava in lei una sorta di dissidio interiore tra la necessità di rivivere lo spirito di maternità così evidente negli scritti e nello stile di sant’Angela e il dovere di essere una guida ferma per le sue figlie. Questo talvolta la faceva soffrire molto e tale sofferenza la rendeva più umana e vicina a chi la accostava e trovava in lei comprensione e conforto. Desiderosa di far conoscere la figura di sant’Angela, ne proponeva la vita e le opere alla città tutta, organizzando incontri e convegni di studio aiutata dai suoi collaboratori, con i quali riusciva a lavorare per costruire nella città una più approfondita conoscenza di quella concittadina vissuta tanti secoli prima del nostro e pure presente con una traccia preziosa nella storia della spiritualità bresciana: l’attenzione posta alla figura e al ruolo della donna e all’educazione dei giovani, particolarmente cara al cuore dei Bresciani. Maria Teresa ebbe anche frequenti contatti con le comunità delle Angeline sparse per il mondo e questo dava a lei e a tutti noi la possibilità di una grande apertura verso il mondo esterno. A noi che eravamo collaboratori e amici è venuta con lei a mancare una delle figure di riferimento nella vita della nostra città che grazie a opere come quelle della Compagnia di santa Angela si è arricchita di una maggior attenzione ai valori spirituali. 3


gsh Le umili realtà domestiche nei Vangeli Nelle pagine del Vangelo colpisce, fra le molte cose più importanti, un particolare che, soprattutto per il mondo femminile, non è di poco conto. Nella descrizione della passione del Signore c’è un’annotazione da parte di Giovanni: “I soldati, quand’ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e anche la tunica. Ma la tunica era senza cucitura, tessuta nella parte superiore tutta d’un pezzo. Dissero dunque fra di loro: ‘Non dividiamola, ma tiriamo a sorte di chi sarà’. (Giovanni, 19, 23 - 24)”. La tunica, indossata da colui “che non aveva una casa in cui riposare” rivela una amorosa cura alla sua persona e a noi piace pensare che quell’abito bello fosse opera delle mani materne di Maria. Si tratta di un piccolo particolare che introduce in pagine così drammatiche il pensiero della presenza viva di una realtà familiare. Spesso si parla dei banchetti a cui Gesù partecipava, da quello di Cana all’Ultima Cena; amava andare a pranzo nella casa dell’amico Lazzaro, a Cafarnao era ospite di Pietro, non disdegnava sedersi a tavola con i pubblicani, tanto da suscitare le critiche dei farisei. Quando Egli parla del regno dei cieli usa spesso l’immagine del sereno pranzo che riunisce a tavola gli amici: in una riunione conviviale si vive un momento di amicizia, si discute cordialmente, si ragiona in modo tranquillo di questioni che riguardano i rapporti familiari. Dai Vangeli emerge anche la disciplina che dovrebbe essere rispettata quando ci si siede a tavola: l’attenzione all’ospite, a cui si lavano i piedi, la preparazione accurata del cibo, la collocazione di ciascuno nel posto giusto, la sollecitudine per chi non ha di che mangiare (si veda la parabola del ricco epulone, Luca, 16, 19- -28) l’abbigliamento adatto alla festa, le lampade accese in attesa del banchetto. In molte pagine evangeliche questa realtà familiare offre immagini suggestive e costituisce lo spunto di tante parabole, nelle quali si esprime l’insegnamento del Signore: la donna che spazza la casa per ritrovare la moneta perduta e poi condivide con le amiche la gioia di averla ritrovata, il granello di senape da cui nascerà un grande albero, il lievito, piccola cosa che farà 4


gsh lievitare tutta la massa, il sale che dà sapore alle vivande, l’uomo che teme, alzandosi per lasciar entrare l’amico, di disturbare i suoi figli che dormono con lui. Ci sono tanti accenni alla vita dei campi, agli alberi - dal fico sterile all’ulivo, al sicomoro di Zaccheo - al lavoro degli agricoltori, dei pastori disposti sempre ad andare alla ricerca della pecora smarrita, al seminatore e al suo gesto largo e generoso nello spargere la semente. Certamente i trent’anni trascorsi nella sua casa a Nazaret hanno arricchito l’umanità di Gesù di quella cultura della vita che ciascuno dovrebbe respirare nel clima affettuoso della famiglia e hanno costituito le premesse della sua vita pubblica, secondo il tracciato di una linea di cui tutti i nostri giovani dovrebbero fare esperienza. È opera altamente meritoria cercare di riflettere su queste verità dell’esperienza di ciascuno e poi trasmetterle nell’opera educativa rivolta ai genitori e ai giovani. Si tratta di accostare il Vangelo nelle sue pagine più legate alla vita e per questo più facilmente accessibili: è il segreto della capacità comunicativa di papa Francesco.

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gsh Le attività femminili nell’opera delle sorelle Girelli Maddalena ed Elisabetta Girelli ebbero in famiglia un’educazione assai concreta. I loro genitori le tennero sempre al corrente della conduzione e delle decisioni riguardanti il loro ricco patrimonio familiare, ed esse ne mantennero la gestione anche quando lo destinarono a opere caritative e sociali. Ma anche nella gestione della casa furono sempre presenti e oculate. Di loro si ricordano, fra le tante attività di apostolato religioso e sociale, due iniziative che offrirono una bella testimonianza cristiana. Furono infatti antesignane con le “cucine economiche” delle tante iniziative di pranzi per i poveri oggi così diffuse nelle nostre diocesi: esse avevano compreso, infatti, l’importanza di un pranzo caldo per chi non

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gsh poteva permetterselo; spesso andavano di persona a portarlo agli ammalati sia a casa loro sia all’ospedale, non dimenticando mai parole di conforto e di incoraggiamento. Ugualmente importante fu l’“Opera per le chiese povere”. Dopo gli espropri dell’età napoleonica, che avevano spogliato del loro patrimonio artistico tante chiese e monasteri, e le leggi del Regno d’Italia contrarie alla religione, che avevano provocato un ulteriore impoverimento del patrimonio ecclesiastico molte chiese italiane avevano perso il loro tesoro di arte e di cultura, oltre ai possedimenti di case e terreni. Erano rimasti in dotazione solo pochi arredi sacri e paramenti, spesso consunti e sciupati. Le Girelli iniziarono una paziente opera di restauro o di confezione dei paramenti; per la realizzazione si rivolsero ad amiche e conoscenti e poi a chiunque volesse unirsi a questo gruppo nella loro casa di via Cairoli per condividere l’iniziativa. Nel laboratorio così allestito si trovarono a lavorare insieme donne della nobiltà, borghesi e donne del popolo nel rispetto reciproco, acquisendo una abilità concreta sotto la guida di Elisabetta Girelli. Il loro impegno venne anche premiato con un riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa: l’opera si dimostrò meritoria per tanti motivi: innanzi tutto era positivo questo lavorare insieme in gruppo da parte di persone di diversa estrazione sociale, inoltre il contatto con arredi sacri forniva lo spunto per tante osservazioni in campo religioso, una vera catechesi, insomma. Non ultima anche l’acquisizione dei fondamenti di un’antica arte femminile, quella del cucito e del ricamo: si può dire che il lavoro d’ago è un piccolo patrimonio nelle mani di una donna, che lo utilizzerà per la sua famiglia o, in caso di necessità, come strumento di lavoro e di guadagno. Certamente le sorelle Girelli non si prefiggevano tutti questi scopi, ma essi fiorirono tra le loro mani e divennero una attività meritoria sotto molti aspetti. Irma Bonini Valetti

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gsh Le opere delle Girelli per le chiese povere e la buona stampa Le Girelli diedero il loro sostegno, assieme alla Compagnia, alle attività di culto e delle chiese povere, per le quali furono chiamate ad operare direttamente dal vescovo Verzeri.

La Pia Opera dell’Adorazione perpetua al S. Sacramento

A Bruxelles, nel 1848, si era avviata una Istituzione, denominata Pia Opera dell’Adorazione perpetua al S. Sacramento e delle Chiese Povere, allo scopo di diffondere la devozione all’eucaristia. L’iniziatrice era Anna De Meeûs (1823-1904), fondatrice delle Suore Adoratrici Perpetue, che avevano come scopo l’adorazione del S. Sacramento ed il soccorso delle chiese povere. Alla Congregazione era unita l’Associazione della Pia Opera: i suoi membri dovevano tenere un’ora di adorazione almeno, al mese, o singolarmente o in gruppo parrocchiale, per riparare gli oltraggi al S. Sacramento; collegate con questa attività spirituale vi erano le opere di soccorso alle chiese povere. L’Associazione trasferì la sua sede a Roma nel 1879 e il papa ne approvò il regolamento il 12 gennaio 1880, costituita in Arciassociazione. Colui che fece da tramite per la fondazione di una sezione della Pia Opera, a Brescia, fu il missionario bresciano Daniele Comboni, che nei suoi viaggi in Africa e in Europa, aveva occasione di incontrare moltissime persone. Tra queste vi fu anche la De Meeûs. Il Comboni, che amava Brescia, sua “diletta patria”, come egli la chiamava, anche se era stato educato a Verona nel collegio di d. Nicola Mazza, e conosceva le Girelli e la Compagnia, fece incontrare la De Meeûs con ambienti ecclesiastici bresciani. Il motivo della necessità dell’impianto dell’Opera anche a Brescia era dovuto al fatto che qualche parrocchia bresciana aveva chiesto aiuti all’Arciassociazione di Roma a favore della propria chiesa, in paramenti 8


gsh e altri oggetti sacri, per cui i superiori centrali della stessa ritenevano conveniente stabilire un centro anche nella città bresciana. Era l’epoca in cui l’indemaniazione dei beni ecclesiastici ad opera dello Stato aveva impoverito le chiese. Il Comboni venne direttamente in Casa Girelli e parlò al vescovo Verzeri dell’iniziativa. La nascita dell’opera è raccontata sinteticamente da una delle due Girelli nel quindicesimo di fondazione della stessa (1895) in una breve nota storica i cui elementi trovano riscontro in apposita documentazione. “L’Associazione per l’Adorazione del SS. Sacramento ed Opera per le Chiese Povere ebbe principio fra noi nel 1880. Suggerita a Monsignor Vescovo Verzeri dal compianto Monsignor Comboni, il quale condusse seco a Brescia la Reverenda Madre Anna De Meus, Fondatrice e propagatrice dell’Opera prima nel Belgio, poi in Francia indi in Italia. Nel 1881 la pia Associazione venne a stabilirsi in Città, nominandosi una zelatrice in ciascuna Parrocchia, tenendosi unita alla primaria di Roma, e diede qualche sussidio a dieci Chiese Povere. Nel 1882 cominciò ad essere conosciuta e propagata in alcuni paesi della diocesi, ove si stabilì anche la pubblica adorazione”.

Il coinvolgimento delle Girelli

Il vescovo Verzeri incaricò il segretario mons. Carminati di provvedere al progetto; questi ricorse alle Girelli, scrivendo, il 27 gennaio 1880 la seguente lettera a Maddalena: “Illustrissima Signora, Ho bisogno d’un suo consiglio e forse dell’opera sua. Monsignor Comboni e la Nobile Signora Superiora della Pia Congregazione della Perpetua Adorazione di Gesù in Sacramento e delle Chiese povere, pressano una lettera per istituzione della Pia Congregazione in questa città e Diocesi. Non hanno torto, perché alcune parrocchie delle nostre valli ebbero ricorso alla Congregazione centrale ed ebbero soccorso di sacri arredi. Si aggiunge il bisogno che si fa ogni dì più grave, dopo la demaniale dilapidazione del patrimonio sacro amministrato dalle fabbricerie, e le ingenti tasse straordinarie imposte alle prebende, alcune chiese alpestri mancano dello stretto necessario al decoro del culto di Gesù Sacramentato. 9


gsh Una congregazione a sé, o come suol dirsi autonoma, non vedrei come poterla costituire, e sarebbe meno utile: senza dire che l’affare andrebbe in lungo. Consiglio migliore, e, a parer mio unico, si è quello di affidare l’opera ad una Congregazione già esistente e ben organizzata. Se ho ben compreso, tale mi parve il parere anche di Sua Eccellenza Monsignor Comboni e della Signora Superiora ch’era con Lui. Anzi Mons. Comboni non dissimulò che contava sulle Figlie di S. Angela e la loro ottima Superiora. Nulla di meglio: io esitai solo per timore che questo nuovo impegno incagliasse il loro principale scopo. Prima di far segnare a Sua Eccellenza Monsignor Vescovo il decreto di erezione, affine di associare questa Congregazione diocesana alla Centrale, ho bisogno del suo consiglio. La Congregazione a cui affidarla con maggior fiducia la si crede codesta sua delle Figlie di S. Angela: crede Vostra Signoria Illustrissima di poterla assumere? Senta l’ottima sorella, le anziane, i Reverendissimi Superiori e risponda liberamente. Nel caso affermativo Le farò avere le istruzioni che furono qui spedite: in caso negativo abbia la bontà di indicarmi come potrei provvedere altrimenti. Mi perdoni se le riesco importuno: anche nostro Signore, se non avesse avuto le Pie Donne, non avrebbe avuto tutti quegli aiuti dei quali si è degnato di volere aver bisogno”. Le Girelli risposero subito affermativamente e il 30 gennaio 1880 mons. Carminati ringraziò Maddalena Girelli, inviandole stampe relative alla Pia Opera, provenienti da Roma. Direttore della nuova Associazione era p. Chiarini; volle, tuttavia, tenere il discorso di inaugurazione mons. Demetrio Carminati (febbraio 1881); nel 1894 divenne direttore d. Pietro Falcina, prevosto di S. Lorenzo; nel 1898 era direttore p. Antonio Cottinelli.

L’inizio dell’opera

Le Girelli si misero subito all’opera e il 16 giugno 1881 il vescovo Verzeri si rallegrò con loro, ringraziandole, insieme alle zelatrici, “per la copia e bellezza” dei paramenti preparati. Leopoldina de Robiano, che era superiora dell’Associazione a Roma, in una missiva del 15 luglio 10


gsh 1881, diede alcuni consigli alle Girelli per il buon andamento dell’Opera: le parrocchie, cioè, dovevano fare regolare domanda degli oggetti di cui avevano bisogno, in modo che nelle stesse maturasse la consapevolezza della necessità di mantenere il decoro della chiesa; i doni dovevano avvenire sempre a nome dell’Associazione; le benefattrici dovevano dichiarare apertamente che l’intenzione della beneficenza erano la fede e l’amore al S. Sacramento e che i beneficiati dovevano unirsi per l’ora di adorazione mensile. L’Opera si avviò, sotto la sorveglianza di mons. Carminati, il quale cominciò a farsi tramite delle richieste dei parroci (1881). Direttrice e sostenitrice fu Elisabetta Girelli. In Casa Girelli, via Cairoli, avevano sede l’Opera e il laboratorio, dove le consorelle e altre persone di buona volontà erano in piena attività, trasformando stoffe e biancheria comperate e date in dono, in tovaglie d’altare, pianete, stole e altri oggetti di ornamento liturgico. Momento di riunione e di verifica dell’attività svolta era la festa annuale degli associati nella chiesa delle Ancelle Adoratrici. Le Girelli, presentavano al vescovo arredi sacri e offerte; il 2 gennaio 1882 e l’8 giugno 1882 il vescovo ringraziò per quanto aveva ricevuto; così, più volte, anche mons. Carminati (1882-1883).

I vescovi Verzeri e Corna Pellegrini

Il 18 febbraio 1883 il vescovo Verzeri emanò una circolare, presentando l’Opera alla diocesi, descrivendone gli inizi e raccomandandola ai parroci. L’Opera per le Chiese Povere si diffuse in molte parrocchie, con soddisfazione del vescovo; il 23 maggio 1883 il Verzeri scrisse alle Girelli, entusiasta del loro lavoro: “Mi fu presentato l’elenco dei sacri Arredi che la pia associazione delle chiese povere da Loro presieduta, ha fornito alle parrocchie bisognose di questa Diocesi, nel solo breve periodo da Giovedì santo alla imminente solennità del Corpus Domini di questo anno. Il loro zelo e delle buone Figlie di S. Angela è superiore ad ogni encomio e solo il Signore può ricompensarle condegnamente. È una vera consolazione per me il vedere come ad onta di tanti altri bisogni ai quali soccorre la privata carità, sì è erogato in due mesi un migliaio di lire per decoro del Divin culto nelle chiese povere della 11


gsh Diocesi. Di questa consolazione, dopo Dio, ne devo esser grato alla loro pietà industriosa e a tutti quelli che hanno cooperato al Loro zelo, sia colle offerte sia coi travaglio”. In occasione del giubileo sacerdotale ed episcopale del vescovo Corna si raccolsero, in diocesi, offerte per le chiese povere e altre opere pie. “Il Cittadino di Brescia” ne riportò l’elenco, a cominciare dal 21 febbraio 1900. Al 2 maggio 1900 erano state raccolte L. 13.291,94. Anche il vescovo Corna Pellegrini espresse a più riprese il suo ringraziamento per tale attività.

La collaborazione delle Figlie di S. Angela

L’Opera ebbe grande sviluppo e, con le Girelli, erano coinvolte molte Figlie di S. Angela, tra cui anche Livia Corbolani, sorella di Emilia, moglie del beato Giuseppe Tovini. Oltre Casa Girelli, divenne luogo di lavoro Casa S. Angela. Quanto allo spirito con cui Bettina Girelli esercitava tale compito è interessante una sua lettera all’amica Teresina Rota, di Chiari. Il 6 gennaio 1887 le scriveva: “Con poche righe ma di gran cuore ti ringrazio della generosa offerta speditami per le Chiese Povere. Fu proprio l’oro dei Magi alla culla del Re Divino fatto povero per nostro amore, e per eccitare l’amor nostro a provvedere alla squallida indigenza che lo circonda in tante povere Chiese… Ti confesso che dacché mi passano per le mani tanti sacri cenci, lo sfarzo e la superfluità del mondo mi addolorano… Quanti potrebbero fare santo uso delle ricchezze e non hanno lume per conoscerne il più bello e santo uso!”.

Le richieste dei parroci

Le richieste di aiuto arrivavano da ogni parte della diocesi e molte parrocchie poterono usufruire della generosità delle Girelli e delle Figlie di S. Angela. C’era chi aveva fatto ricorso alla carità delle Girelli ancor prima che sorgesse l’Associazione. Il curato di Grevo, d. Bartolomeo Rizzi, facente funzione di parroco, il 19 aprile 1869, chiese a Maddalena Girelli un aiuto per la spesa dei paramenti per il presbiterio e il coro, per i quali 12


gsh occorrevano L. 300 (sperava di ottenere qualcosa “dalla cattolica città di Brescia”); l’auspicio del Rizzi era di dimostrare, tramite l’abbellimento del tempio “che la Chiesa quando è perseguitata sempre vince, e quando è spogliata (come sarebbe ora la nostra del Demanio) è sempre più ricca ed addobbata” (d. Rizzi a Maddalena Girelli, 24 maggio 1869). Le domande dei sacerdoti giunsero copiose negli anni successivi alla fondazione dell’Associazione. P. Marino Rodolfi, per conto del parroco di Lavino, d. Domenico Turinelli, chiese a Maddalena Girelli (28 ottobre 1882) un’offerta per l’acquisto di quattro tunicelle e un piviale (spesa complessiva di L. 200). D. Arcangelo Saleri, parroco di Cimmo, informò Maddalena Girelli (26 giugno 1883) che essendoci già altre associazioni, nella sua parrocchia tanto piccola, con suo rincrescimento non si sentiva di ammettere anche quella delle Chiese Povere; era, però, d’avviso di creare un gruppo di giovinette, che nelle domeniche e altri giorni in tempo libero si dedicassero al lavoro di pulitura degli arredi e di recupero di biancheria della chiesa e di fabbrica di nuova, come facevano ora le Figlie di S. Angela; il Saleri chiedeva se l’appartenere a questo Associazione, senza offerta, bastasse per poterne godere le annesse indulgenze. Il parroco di Canè, d. Pio Felice Poli, alla fine del 1883, riuscì a riunire nella sua parrocchia “veramente miserabile”, 9 associati, con relativa offerta di iscrizione, i quali tenevano l’adorazione ciascuno privatamente. La sostituta di Edolo, Laurina Sinistri, tra il 1885 e il 1886, dopo aver mandato l’offerta per l’Associazione di Edolo, chiese, a nome del parroco, una pianeta giardino a fondo bianco. Vi erano iscritte a Sonico, che nel 1887 inviarono alle Girelli la quota di iscrizione di L. 11,85. Iscritti c’erano a Mazzuno, che, all’inizio del 1887, versarono la quota di L. 27: qui il parroco d. Omobono Pedersoli non poteva contribuire maggiormente con i suoi parrocchiani, perché aveva dovuto sostituire interamente il concerto di cinque campane, per una spesa di L. 5000: chiedeva, anzi, per questo, un soccorso. A Maderno vi era un gruppetto di 11 iscritti. D. Alberto Martinazzoli, parroco di Bienno, spedì a Maddalena Girelli una tovaglia, chiedendo un ombrellino per il servizio delle comunioni (12 giugno 1889); in altre occasioni chiese anche un contributo per la visita pastorale (29 maggio 1890) e ringraziò per aver ricevuto un conopeo per pisside (4 marzo 1896). Il parroco di Bargnano, d. Giusep13


gsh pe Marzocchi, domandò alla Girelli la provvista di una continenza e di una pianeta per la sua “poverissima Parrocchia” (18 gennaio 1893). D. Giuliano Avanzini, parroco di Prestine, ricevette una pianeta bianca per la sua chiesa. A motivo delle “notabili ed inestimabili offerte” fatte dai suoi iscritti (in numero di 34) il parroco di Darfo, d. Giuseppe Daniele Morosini insistette per essere sovvenuto nelle sue necessità, specialmente per le due contrade delle Fucine e di Pellalepre, dove mancava la pianeta per le celebrazioni da morto (la precedente era stata sospesa nella visita pastorale, perché troppo logora). Anche il parroco di Berzo Demo, d. Antonio Bianchini, si appellò alla propria costanza nell’aver versato offerte all’Associazione di Brescia, per essere provvisto di un manto per la Madonna del Rosario (22 luglio 1900, a Maddalena Girelli). La richiesta di d. Pietro Testorelli, curato di Sacca, di una pianeta rossa e di un piviale bianco per la chiesa di questa frazione è una supplica: “Abbia dunque pietà di questo tempietto”. Idro ricevette un baldacchino per le processioni delle terze domeniche del mese. Il curato di Ponte Caffaro d. Pietro Torri, mentre chiedeva una pianeta nera, espresse la sua riconoscenza (9 aprile 1907) alle Girelli, perché aveva sempre trovato appoggio in loro per la sua chiesa “trovata sì diseredata”, mandando un obolo della grata popolazione, nonostante fosse stata colpita da una “inondazione rovinosa”, nel precedente novembre; egli era ricorso anche alle contesse Lodron, per ottenere broccati e damaschi da inviare a Brescia, perché venissero trasformati in paramenti sacri.

L’opera dopo le Girelli

L’attività della Compagnia a favore delle chiese povere continuò, anche dopo le Girelli, da parte delle superiore Erminia Passi (fu presidente dell’Associazione), Adele Portieri, Emma Arata. Lettere di ringraziamento per forniture si susseguono fino a metà del Novecento. Quanto ai risultati dell’attività dell’Associazione sono significativi i bilanci della stessa. Nel 1881 l’Associazione disponeva di L. 1724, 54 e distribuì sussidi a 10 parrocchie. Nel 1882 si diffuse in altre parrocchie, dove si cominciò l’adorazione mensile; la cifra raccolta, in quell’anno, fu di L. 2372 e furono beneficiate 18 chiese. Nel 1883 era stabilita in più di 30 parrocchie, dove vi si teneva l’adorazione mensile; la contribuzione 14


gsh raggiunse L. 4.000. Nel 1895 operava in 60 parrocchie e il provento totale fu di L. 36.608, di cui 29.467 in denaro e L. 6.141 in oggetti donati per il culto, senza contare i lavori eseguiti gratuitamente da persone pie. Nel centenario dell’Associazione centrale, 1948, un consuntivo enumera le opere eseguite a Brescia. Dal 1880 erano state beneficiate 2.362 chiese (evidentemente certe chiese erano state beneficiate più volte), senza contare i cappellani militari, provvisti di tutto il necessario per la celebrazione della messa. Le prime benefattrici furono sempre le Figlie di S. Angela, che diffusero anche la pratica dell’adorazione mensile.

La Buona Stampa

Un’altra Opera sostenuta dalle Girelli e dai gruppi locali della Compagnia fu l’Associazione di S. Francesco di Sales, per la diffusione della buona stampa. L’attività in questo campo era stata raccomandata dall’enciclica di Leone XIII “Etsi nos” (15 febbraio 1882), sulla situazione della Chiesa in Italia, in difesa dei principi cristiani osteggiati dall’anticlericalismo. Nelle lettere di sacerdoti e delle Figlie di S. Angela alle Girelli si accenna a questa Associazione, al numero degli iscritti e alle quote inviate alle Girelli stesse, che sostenevano l’Opera. A Astrio vi erano 102 iscritti nel 1879, scesi a 34 nel 1893; a Mazzunno, nel 1874, vi erano 104 associati, tra uomini e donne; d. G. Maria Pojatti, parroco di Gorzone, inviò a Maddalena Girelli L. 11.50 come importo degli associati (28 dicembre 1872). L’associazione esisteva in vari paesi. a cura di don Mario Trebeschi

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s hVenerabili Preghierag alle Sorelle Girelli per ottenere grazie!

Elisabetta Girelli

Maddalena Girelli

O SS. Trinità, sorgente di ogni bene, profondamente Vi adoro e, con la massima fiducia, Vi supplico di glorificare le vostre fedeli Serve Venerabili Maddalena ed Elisabetta Girelli e di concedermi per loro intercessione la grazia... Padre nostro, Ave Maria e Gloria N.B.: 1) Chi si rivolge al Signore con la suddetta preghiera, specie in caso di novena, affidi la propria intenzione all’intercessione di entrambe le venerabili sorelle. 2) Ottenendo grazie per intercessione delle Venerabili Serve di Dio Maddalena ed Elisabetta si prega darne sollecita comunicazione a: Compagnia S. Orsola - Figlie di S. Angela - Via Crispi, 23 - 25121 Brescia. Chi desiderasse avere questo inserto da distribuire in Parrocchia, può richiederlo telefonando allo 030.295675. Supplemento a “La Voce della Compagnia di S. Angela. Brescia”, febbraio 2017, n. 1

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