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Elisabetta Girelli
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ANNO XIX
Due donne un carisma
Maddalena Girelli
marzo 2014
gsh Sommario 1) l’esortazione apostolica “evangelii gaudium”........................................pag. 3 2) La gioia del vangelo, anima della vocazione delle Sorelle Girelli............................................» 4 3) Gesù, Vangelo di gioia..........................................» 6 4) Lettera pastorale di Mons. Luciano Monari, Vescovo di Brescia (2013-2014)...........................» 7 5) Gesù cristo è l’esempio infallibile della vera religiosità.........................................» 10 6) Testimonianze di grazie ricevute.....................» 12 7) Il processo di Beatificazione di Angela Merici (1758)........................................» 13
Pubblicazione sulla spiritualità delle sorelle Girelli - Anno XIX, 2014, n. 1 a cura della Compagnia S. Orsola Via F. Crispi, 23 - 25121 Brescia Tel. 030 295675 - 030 3757965 Direttore Responsabile: D. Antonio Fappani
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gsh l’esortazione apostolica “evangelii gaudium” Nella sua ultima esortazione apostolica, papa Francesco ha delineato l’orientamento programmatico del suo pontificato, chiedendo a ogni battezzato di scoprire la bellezza e la gioia del Vangelo: la nuova evangelizzazione si può realizzare solo se non si esaurisce in formule e procedure, ma si costruisce sull’esempio, sulla vita vissuta, sulla coerenza tra le parole e i comportamenti. Il papa sottolinea che la minaccia più grande per la Chiesa è “quel grigio pragmatismo della vita quotidiana nel quale tutto apparentemente procede nella normalità, mentre in realtà la fede si va logorando”. Nessun pessimismo, però: il cristiano sia sempre segno di speranza attraverso “la rivoluzione della tenerezza”. Tutta la riflessione di papa Francesco mette al centro il verbo “uscire”: le chiese con le porte aperte, l’incontro con la gente, l’attenzione affettuosa per il più debole, l’impegno a far crescere la responsabilità dei laici e “allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva per la Chiesa”. A questo proposito il pensiero corre a una presenza ancora così viva nella diocesi di Brescia, quella di sant’Angela Merici, che bene incarna questo ideale del Vangelo vissuto giorno per giorno, con un impegno forte e instancabile: “Fate, muovetevi, credete, sforzatevi, sperate, gridate a Lui nel vostro cuore e senza dubbio vedrete cose mirabili” (Ricordi, prologo, 17 – 18). Gli scritti di Angela traboccano di tenerezza materna verso le sue figlie perché ciascuna di loro “sia lieta e sempre piena di carità e di fede e di speranza in Dio” (Ricordi, IX). Coloro che sono preposte alla Compagnia devono andare a trovare le consorelle “per confortarle e aiutarle qualora si trovassero in qualche situazione di discordia o in altre difficoltà sia materiali che spirituali”. Il comportamento di tutte deve essere ispirato ad amabilità, dolcezza e benevolenza, pur nella necessaria e chiara fermezza. E infine le sollecitazioni di sant’Angela si pongono sulla stessa linea dell’esortazione papale anche per l’invito alla concordia, alla fraternità tante volte ripetuto. Anche papa Francesco sollecita le comunità ecclesiali a superare invidie e gelosie: “Chi vogliamo evangelizzare con questi comportamenti?” L’invito a una Chiesa povera tra i poveri, a una Chiesa coraggiosa e umile bene si adatta alla scelta della Merici e fa meglio comprendere la particolarità di donne consacrate che rimangono però nel loro ambiente e cercano, con l’aiuto dello Spirito, di coinvolgersi fino in fondo: nella prospettiva di papa Francesco esse camminano per le strade del mondo di oggi, sforzandosi di guardarlo con l’attenzione amorosa con cui lo avrebbe guardato il Signore. Irma Valetti Bonini
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gsh La gioia del vangelo, anima della vocazione delle Sorelle Girelli Nel lungo cammino che le ha portate alla scelta della loro vocazione e all’approdo alla Compagnia di Sant’Orsola, Elisabetta e Maddalena Girelli si sono orientate sulla base del desiderio di realizzare due punti fondamentali: la consacrazione della loro vita a Dio pur restando nel mondo, e l’attenzione ai poveri, ai più deboli, a quanti andavano sostenuti nelle loro difficoltà. Questo pensiero di una scelta di carità all’interno della loro scelta vocazionale appare di grande profondità e del tutto adatto a sostenere quello che sarà l’impegno di tutta la vita. E se è vero che una delle caratteristiche della vocazione religiosa (potremmo dire anche di ogni vita condotta alla luce del Vangelo) è la missionarietà, è altrettanto certo che questa apertura verso gli altri si realizza nella carità. Lo precisa papa Francesco nella sua esortazione: “Può essere missionario solo chi si sente bene nel cercare il bene del prossimo, chi desidera la felicità degli altri...Se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita”. Questo ideale anima le sorelle Girelli nelle tante loro attività caritative, che vengono intraprese come risposta precisa e tempestiva alle richieste della società del tempo. Esse si assunsero compiti più o meno onerosi, sempre svolti con generosa disponibilità e con tutta l’attenzione dovuta a ogni opera come fosse la sola. Basta pensare al catechismo a cui si dedicarono per tutta la vita secondo le antiche tradizioni della Compagnia, o alla casa di Marone, un luogo adatto e accogliente per le convittrici, perché vi potessero vivere come a casa propria. E così in tutte le altre numerose iniziative, nelle quali si rendeva concreta la scelta di “fare del bene” indicata da Maddalena, e l’indirizzo prevalente della scelta stessa: “la cultura spirituale dei giovani, il bene che si può fare nelle case dei poveri, e una cura speciale della fanciullezza pericolante”, come scriveva Elisabetta. In primo piano, dunque, appare quella sensibilità educativa che è il tipico carisma mericiano. 4
gsh C’è poi un’altra consonanza tra l’operato delle Girelli e l’esortazione “Evangelii gaudium”. Papa Francesco sottolinea con molta chiarezza che nella nostra società è importante mettere al primo posto l’annuncio della speranza offerta da Dio attraverso il Figlio. Maddalena ed Elisabetta fecero di questo annuncio il messaggio espresso dalle tante iniziative di carità per le giovani operaie, per le studenti, per le malate di Casa Moro, per i bambini della scuola materna di Poncarale, per i numerosi poveri che venivano a bussare alla loro porta; attraverso l’aiuto materiale e spirituale si apriva un orizzonte di speranza per i più deboli colpiti da sofferenze e umiliazioni, sostenendoli in un cammino sicuro e ben costruito. Irma Valetti Bonini
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gsh Gesù, Vangelo di gioia Nel Vangelo è espressa una realtà che a me sta molto a cuore: “Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. Scopo del Vangelo è di riempirci il cuore di gioia. Quando, qualche volta, sento parlare delle esigenze del Vangelo, del dovere di osservarle, mi pare che non prendiamo proprio le giuste proporzioni, perché il Vangelo è prima di tutto gioia, apertura, certezza di essere amati al di là di quanto noi possiamo immaginare o sperare e, quindi, speranza di dare alla nostra vita, pure se umile, povera, nascosta, un significato di amore e di servizio. Speranza di fare della nostra vita qualcosa di bene per gli altri, per tutti coloro che aspettano di ricevere la manifestazione di questo dono. La gioia cristiana è apertura delle nostre possibilità, è respiro, entusiasmo. Da qui nasce, evidentemente, tutto il rigore dell’osservanza evangelica: perché amati molto da Dio ci sentiamo spinti ad amare molto gli altri. “Caritas Christi urget nos”, la carità di Cristo ci sospinge, ci mette dentro un’esigenza che diventa anche uno stile di vita, un impegno, una morale, un costume cristiano, che sarà esigente nelle sue manifestazioni, ma è sempre, continuamente, rinfocolato da questa gioia del Vangelo. Quando, invece, noi fissiamo gli occhi sulle esigenze morali cristiane separandole dalla gioia evangelica, esse ci appaiono pesanti, difficili; diventa difficile spiegarci sino a che punto il Vangelo ci porta ad amare. E finiamo per metterci sulle spalle un peso che neanche noi potremmo portare, se non ci fosse il grande braciere del Vangelo acceso dentro di noi. è per questo che la via dell’osservanza morale ha, mi pare, la sua gradualità; soltanto lentamente noi riusciamo a comprendere le minute esigenze della vita cristiana, dello stile cristiano, e possiamo capirle a mano a mano che il Vangelo si fa chiarezza in noi fino a cogliere l’immensità dell’amore di Dio che si manifesta nel Cristo crocifisso. Di fronte alla scoperta dell’amore di Dio si può capire una vita spesa per gli altri in un’esigenza di rigore, di servizio, di rinuncia, che di per sé fa paura e resta umanamente inspiegabile. Card. Carlo Maria Martini 6
gsh Lettera pastorale di Mons. Luciano Monari, Vescovo di Brescia (2013-2014)
La missione degli apostoli Nello stesso modo in cui Gesù viveva nel mondo come mandato da Dio, anche i discepoli debbono vivere nel mondo come mandati da Gesù. Come Gesù, vivendo nel mondo, era però rivolto al Padre dal quale e per il quale viveva, anche i discepoli, vivendo nel mondo, sono però rivolti a Gesù dal quale e per il quale vivono. Come Gesù, vivendo per il Padre, rendeva testimonianza all’amore del Padre, così i discepoli, vivendo per Gesù, rendono testimonianza all’amore di Gesù e quindi all’amore del Padre attraverso Gesù... Le espressioni potrebbero moltiplicarsi, ma l’essenziale è detto: la missione dei discepoli è la continuazione coerente della missione di Gesù; quello che la missione di Gesù ha immesso nelle vene del mondo (l’amore di Dio), la missione dei discepoli deve continuare a immetterlo nelle vene del mondo. La missione di Gesù e quella dei discepoli è un’unica identica missione; la differenza è che la missione dei discepoli dipende in modo strutturale dalla missione di Gesù che la precede, la fonda, la motiva, le dà forma. Se questo è vero, si capisce anche come i discepoli rendano effettivamente testimonianza a Gesù. Lo fanno con la parola, parlando di Gesù e del vangelo; lo fanno con le opere nella misura in cui sono opere di bene come quelle compiute da Gesù lo fanno con tutta la vita, nella misura in cui la toro vita è vissuta in Gesù, con Gesù, per Gesù e quindi nella misura in cui la loro vita è animata dall’amore di Gesù e ha una forma simile alla vita di Gesù. Parole, opere e vita vanno necessariamente insieme: la parola perché interpreta e spiega le opere che altrimenti rimarrebbero oscure e incomprensibili; le opere perché danno un contenuto alla parola che altrimenti 7
gsh rimarrebbe vuota; la vita perché si capisca che parole e opere esprimono l’identità di una vita nuova, trasformata. Non è possibile un’esistenza cristiana che non si esprima in parole e quindi in forme di comunicazione; reciprocamente non è possibile un annuncio cristiano che non interpreti una vita, un’esperienza reale (e non solo immaginata o sognata). La missione cristiana deve superare da una parte il rischio della mutezza e dall’altra il rischio della vacuità. Una piccola sottolineatura. Gesù rende testimonianza al Padre scrivendo sulle righe della storia l’amore del Padre. Ma, naturalmente, Egli può scrivere questo amore perché ne vive. Gesù è amato dal Padre, sa di essere amato, accetta liberamente di essere amato; tutto questo fa sì che l’amore del Padre non rimanga fuori di lui, come un valore che si ammira da lontano; piuttosto l’amore del Padre è operante nei suoi pensieri, nei suoi desideri, nelle sue scelte e quindi nelle sue azioni. La testimonianza di Gesù nel mondo è davvero sua nel senso che scaturisce dalla sua coscienza e dalla sua libertà umana; ma nello stesso tempo - senza contraddizioni - la testimonianza di Gesù è una forma di vita che il Padre suscita e rende operante dentro di lui attraverso il suo amore. Lo stesso dobbiamo dire della testimonianza dei discepoli (cioè della nostra testimonianza). Si tratta davvero di una testimonianza che il discepolo produce liberamente e consapevolmente; ma nello stesso tempo questa testimonianza è resa possibile, anzi è plasmata pienamente dall’amore di Gesù nel suo cuore. Possiamo rendere testimonianza all’amore perché siamo stati preceduti dall’amore del Signore che ci ha cercati, raggiunti, perdonati, consolati, rigenerati. L’amore di Gesù suscita in noi sentimenti e desideri nuovi; sono sentimenti realmente nostri, ma dei quali siamo debitori a Lui, al Signore. Se ad Auschwitz Massimiliano Maria Kolbe può letteralmente “dare la vita” scegliendo liberamente di morire al posto di un altro, perché un padre di famiglia possa vivere, è perché Massimiliano Kolbe è amato da Gesù, sa di essere amato da Gesù, ha dentro di sé l’amore di Gesù che ha dato la sua vita per lui e questo medesimo amore prolunga dentro di lui il dinamismo che ha dominato la vita di Gesù. Così, come Gesù ha dato la vita per Massimiliano, Massimiliano può dare la vita per un’altra persona. A sua volta, se Gesù può dare la sua vita per gli uomini, è perché è amato 8
gsh dal Padre, sa di essere amato, porta dentro di sé l’amore con cui il Padre lo ama e questo amore lo spinge a scelte di amore oblativo, generoso, gratuito. Ne viene allora che l’amore di padre Kolbe, l’amore di Gesù, l’amore del Padre costituiscono insieme una grande catena di amore; questa catena tende a coinvolgere tutte le persone che, raggiunte dall’amore, scelgono liberamente di credere nell’amore, si lasciano riempire dall’amore, accettano che questo amore dia forma e forza alle loro scelte. Dall’amore trinitario eterno ai piccoli, concreti gesti di amore che illuminano la vita quotidiana di una persona c’è una distanza immensa, ma c’è anche una reale continuità. Non si può forse dire che i nostri gesti di amore sono divini, ma si deve dire che i grandi gesti divini di amore (la creazione, la redenzione) generano, danno forma e sostengono i nostri piccoli gesti di amore.
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gsh Gesù Cristo è l’esempio infallibile della vera religiosità Lessi nella vita del padre Pietro Fabro, della Compagnia di Gesù, che una volta si presentò a lui un tale, che voleva esser tenuto per molto devoto e santo, senza però pigliarsi le fatiche di mortificare le passioni e coltivare l’interno, e gli chiese ammaestramenti e consigli, per arrivare alla perfezione cristiana. Il servo di Dio non gli rispose che queste parole: Se vi sta a cuore veramente di diventare prefetto, tre volte al giorno confrontate la vostra vita con quella di Gesù Cristo, che è il compendio di ogni perfezione; e postovi ai piedi del crocifisso dite: Gesù povero ed io ricco! Gesù spogliato ed io ben vestito! Gesù digiuno, assetato e abbeverato di fiele, ed io sazio di ogni delizia. Dapprima rise quel falso devoto del semplicissimo insegnamento, perché forse credeva che da quel gran maestro di spirito, che era il Fabro, ne dovesse venire più alta dottrina ed un lume più sfolgorante di cristiana sapienza; ma postosi in seguito a praticarlo, conobbe a prova non potersene trovare altro migliore di questo. Nel confrontare la sua vita con quella di Gesù Cristo conobbe tutti i difetti della sua falsa devozione e quelle parole suggeritegli dal Fabro gli penetrarono così dentro al cuore, che non gli lasciarono più ritrovare pace, finché dato un addio al mondo non si dedicò totalmente al servizio di Dio entrando in convento. Usiamo anche noi questa pratica così salutare. Diciamo spesso a noi stessi: In questa occasione che cosa ha fatto, che cosa ha detto Gesù Cristo?, e subito ci si presenterà alla mente chiara e precisa l’idea della vera virtù. Gesù ha cercato sempre la gloria dell’Eterno Padre, e noi cosa cercheremo? Forse le lodi degli uomini, il nostro interesse, e nostre soddisfazioni? Egli è stato sempre obbediente, e noi così ostinati e capricciosi, sebbene non ci tocca obbedire come lui fino alla morte di croce!... Egli così povero, e noi così amanti delle cose della terra... 10
gsh Egli così dolce, così caritatevole con i poveri peccatori, e noi, perché ci crediamo a posto, non ci facciamo quasi scrupolo a disprezzare il prossimo, a straziarlo con tante critiche e mormorazione, ad offenderlo, con pungenti parole! Quale abuso facciamo noi talvolta della religione, facendola servire quasi di manto per coprire la nostra poca carità col prossimo! Vediamo alcuni a sbagliare? Ci vien subito una gran voglia di raccontarlo a tutti; ed invece di compatirlo e correggerlo con caritatevole dolcezza, corriamo agli altri e diciamo loro: Il tale ha detto e fatto questo male; preghiamo piuttosto il Signore che lo converta e poi guardiamoci dal diventare cattivi al pari di lui. E qui la descrizione dei difetti altrui; ma Dio non voglia che non passino il limite della verità con esagerazioni e calunnie. Ma non vedete che grande inganno della superbia in questo procedere? Per raccomandare alle preghiere altrui una persona traviata non c’è bisogno di dire chi sia, né che abbia fatto di male; e se avessimo carità vera, noi non dovremmo cavare materia di un dilettevole discorso dalla peggiore disgrazia, che possa accadere al nostro prossimo, cioè un peccato. Certamente non fece così Gesù Cristo per i peccatori. Egli venne al mondo, pianse, pregò, patì tanto e si ridusse a morire in croce. Agli apostoli che lo consigliavano di mandare il fuoco sopra un’ingrata città, Gesù Cristo rispose parole di dolce rimprovero e di salutare istruzione: voi non sapete da quale spirito siete animati. E voleva dire che quello spirito che li spingeva allo sdegno, al desiderio della vendetta, alla durezza di cuore verso il prossimo non era lo spirito suo tutto dolce, benevolo e misericordioso. Da questo spirito deve prendere vita la nostra religiosità, se vogliamo che ella riesca cara a Dio ed al prossimo. Ogni altro spirito, che non sia la carità di Gesù Cristo, ci formerebbe ipocriti, ma non devoti. (Da E. GIRELLI, Indirizzo e pascolo alla pietà delle giovani)
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gsh Testimonianze di grazie ricevute Abbiamo ricevuto queste due lettere di testimonianze su grazie ricevute per intercessione delle sorelle Girelli. “Sono una mamma di due ragazze di 25 e 20 anni. La seconda ragazza era in cerca di lavoro da 1 anno. Pregando le venerate sorelle ogni giorno, da due anni ha ricevuto la grazia di un lavoro modesto, anche se il titolo di studio non è servito. Va bene lo stesso, grazie a Dio e alle sorelle Elisabetta Girelli e Maddalena Girelli. Mi dispiace che i libretti non si trovano; e io li ho sino a ottobre 2012. Mi piacerebbe averli. Avete qualche associazione? Mi piacerebbe farne parte. Io vivo con la mia famiglia in provincia di Brescia. Affidiamo la nostra Italia, i sacerdoti, e le famiglie alle venerabili sorelle. Grazie. Per un mondo di bene. In questo mondo difficile e di crisi. Preghiamo la Madonna costantemente con devota fiducia, speriamo”. Gabriella, di Gardone Valtrompia. “Milano, 18 febbraio 2014. Sono una devota delle Venerabili Serve di Dio Maddalena ed Elisabetta Girelli. Con grande gioia e devozione porto a vostra conoscenza di aver ricevuto una grazia per me e mio figlio Stefano molto importante. Cioè la ditta dove tuttora lavora Stefano si trovava in difficoltà, tanto da dover ridurre il personale. Io ho tanto pregato e supplicato le Venerabili affinché mio figlio non perdesse il lavoro (sta per sposarsi). Ebbene è ancora nell’azienda e io non mi dimenticherò mai quanto le venerabili mi hanno aiutato; non ho parole per ringraziarle e chiedo tramite loro di aiutare sempre mio figlio per il lavoro, per il suo imminente matrimonio e per tutte le altre grazie che continuo a domandare. Ringrazio infinitamente e vi prego di accendere un cero”. Cordiali saluti, Graziella di Cesano Boscone (MI). 12
gsh Il processo di Beatificazione di Angela Merici (1758)
Sabato 8 dicembre è stato presentato a Casa S. Angela di Brescia il libro “Il processo ordinario di Brescia di beatificazione della Serva di Dio Angela Merici”. I due volumi contengono la trascrizione del processo di beatificazione di Sant’Angela Merici, tenutosi a Brescia nel 1758. Sant’Angela Merici era originaria di Desenzano. Desiderosa di perfezione cristiana venne a Brescia nel 1517 circa e si stabilì in una casa vicino alla chiesa di Sant’Afra. Fu conosciuta in breve tempo da tutta la città per la sua semplicità, umiltà, carità e spirito di preghiera. Nel 1535 fondò la Compagnia di Sant’Orsola, tuttora esistente, una congregazione di donne che vivevano secondo l’ideale di religiose, ma restando nelle proprie case, svolgendo le loro occupazioni quotidiane, ma senza formarsi una famiglia. Sant’Angela morì il 27 gennaio 1540 e la sua congregazione, approvata dalla Chiesa, si diffuse a poco a poco in Europa, in America e si divise in vari rami, che costituirono gli istituti delle suore Orsoline oggi diffusi in tutto il mondo. Angela Merici ricevette subito dopo la morte, gli onori di Santa, anche se non era ancora stata né beatificata né canonizzata dall’autorità ecclesiastica. Si onorava Angela Merici partendo da Brescia, dove esisteva, e esiste tuttora, nella chiesa di S. Afra, oggi santuario della Santa, il suo corpo come reliquia, esposto alla venerazione dei fedeli. Il culto si esprimeva in varie forme, con preghiere alla sua tomba, ricordando il giorno della sua morte, nei conventi, con digiuno e comunione, con la pittura di quadri in varie chiese. Il culto proseguì così senza riconoscimento, finché nel 1754 una suora orsolina di Roma, Maria Luisa Schiantarelli, prese l’iniziativa di mettersi in contatto con le Orsoline del mondo e con i vescovi di Roma e di Brescia, per raccogliere testimonianze sul culto attribuito alla Merici, onde farlo approvare ufficialmente dall’autorità ecclesiastica. Per far questo occorreva iniziare un processo, in cui si raccoglievano le deposizioni dei testimoni, per costatare la fama di santità della Merici. 13
gsh A Brescia il processo fu tenuto nel 1758 per ordine del vescovo di allora Giovanni Molino. Si tennero 45 sessioni in quell’anno, nella chiesa di Sant’Orsola di Brescia, per le deposizioni di 10 testimoni, quattro laici, quattro sacerdoti e due orsoline, davanti a tre giudici con presidente don Camillo Martinengo, arciprete della cattedrale. Le deposizioni fecero conoscere quali erano allora i segni del culto attribuito alla Merici. Gli atti del processo mostrano l’entusiasmo che allora regnava attorno alla figura di Angela Merici, venerata sia delle persone semplici, da sacerdoti, religiosi e nobili. Dimostrano anche la serietà e l’assiduità con cui il processo fu condotto nella curia di Brescia, secondo le procedure canoniche. Gli atti dovevano essere verbalizzati da notai approvati dalla curia, poi trascritti, corretti e riletti. Garante della procedura canonica fu un ecclesiastico, dottore in diritto canonico, don Carlo Doneda, che poi scrisse anche una biografia di Sant’Angela Merici. Il processo si concluse con la sentenza dei tre giudici, che riconosceva esistente e legittimo il culto attribuito ad Angela Merici a Brescia e in altri luoghi della diocesi. L’intero incartamento del processo di Brescia, nell’ottobre del 1758, fu inviato alla Sacra Congregazione dei Riti che lo approvò. In seguito, il 30 aprile 1768 Clemente XIII, confermò il culto pubblico, per cui Angela Merici poteva essere venerata ufficialmente come Beata. Si intraprese poi un altro processo sulle virtù eroiche della nuova Beata e sui miracoli, avvenuti per sua intercessione, e la Beata Angela Merici fu poi dichiarata Santa nel 1807 da Pio VII. Quest’opera in due volumi contiene la trascrizione del processo ordinario di Brescia del 1758, di cui una copia si trova in Archivio Segreto Vaticano. Il testo originale era conservato nell’Archivio Vescovile di Brescia, ma per vicende che non conosciamo, è scomparso. La trascrizione perciò di questo libro rappresenta anche la restituzione di un documento archivistico importante alla diocesi di Brescia. Si tratta di un documento, di stile notarile, con parti in latino, in italiano, in francese, che è stato presentato con una nota critica introduttiva, in cui compaiono spiegazioni sulla procedura del processo canonico di beatificazione, sui testimoni e sulle varie sessioni. La trascrizione è stata effettuata avendo cura di premettere alle varie parti delle sessioni delle brevi 14
gsh didascalie, in modo che chi vorrà introdursi nella conoscenza del prezioso documento possa più facilmente orientarsi nella lettura. In certe parti il processo va oltre gli interessi di tipo religioso e canonico in senso stretto e contiene rilievi di carattere artistico e culturale, come quando riporta le testimonianze su opere d’arte dedicate a Sant’Angela. Per questo aspetto sono interessanti la descrizione della chiesa di S. Afra come era nel 1758, dei quadri della chiesa di S. Orsola, del pittore Pompeo Ghitti, e le deposizioni su opere d’arte dei pittori bresciani Francesco Monti, Giovan Bettino Cignaroli, e altri pittori veronesi, di Antonio Calegari, e Angelo Orlandi, lapicidi, di Giovanni Battista Pinchetti e Giovanni Battista Carboni intagliatori. Tutti artisti ben conosciuti a Brescia. don Mario Trebeschi
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s hVenerabili Preghierag alle Sorelle Girelli per ottenere grazie!
Elisabetta Girelli
Maddalena Girelli
O SS. Trinità, sorgente di ogni bene, profondamente Vi adoro e, con la massima fiducia, Vi supplico di glorificare le vostre fedeli Serve Venerabili Maddalena ed Elisabetta Girelli e di concedermi per loro intercessione la grazia... Padre nostro, Ave Maria e Gloria N.B.: 1) Chi si rivolge al Signore con la suddetta preghiera, specie in caso di novena, affidi la propria intenzione all’intercessione di entrambe le venerabili sorelle. 2) Ottenendo grazie per intercessione delle Venerabili Serve di Dio Maddalena ed Elisabetta si prega darne sollecita comunicazione a: Compagnia S. Orsola - Figlie di S. Angela - Via Crispi, 23 - 25121 Brescia. Chi desiderasse avere questo inserto da distribuire in Parrocchia, può richiederlo telefonando allo 030.295675. Supplemento a “La Voce della Compagnia di S. Angela. Brescia”, marzo 2014, n. 1