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Elisabetta Girelli
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ANNO XX
Due donne un carisma
Maddalena Girelli
marzo 2015
gsh Sommario 1) 2015: Anno della Vita Consacrata. Anno Montiniano.............................................pag. 3 2) La Parola del Signore nella vita del consacrato.................................................pag. 5 3) Papa Francesco: guardare al passato con gratitudine...............................................pag. 7 4) Vita Consacrata: speranza della vita cristiana verso il suo compimento................................pag. 8 5) Paolo VI e le Girelli. Una conoscenza antica..................................pag. 10 6) Lettera di Francesca Buffali Montini a Marietta Girelli..........................................pag. 14
Pubblicazione sulla spiritualitĂ delle sorelle Girelli - Anno XX, 2015, n. 1 a cura della Compagnia S. Orsola Via F. Crispi, 23 - 25121 Brescia Tel. 030 295675 - 030 3757965 Direttore Responsabile: D. Antonio Fappani
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gsh 2015: Anno della Vita Consacrata Anno Montiniano È da poco iniziato un anno tutto particolare che propone ai consacrati di mettersi in ascolto della loro vocazione, cioè della risposta a quella voce di Dio che ha tracciato la strada della loro vita, e invita anche a riflettere sulla nostra appartenenza alla Chiesa, mentre viene onorata la santità di uno dei figli della Chiesa bresciana. Per questo anno speciale papa Francesco ha indicato ai religiosi tre obiettivi: guardare il passato con gratitudine, vivere il presente con passione, abbracciare il futuro con speranza, nonostante i numeri ridotti e la povertà delle proprie risorse. Ci proponiamo - in questo e nei successivi numeri del nostro fascicolo – di “guardare al passato con gratitudine” e scopriremo di trovare un ottimo sostegno per il presente e di raccogliere semi di fiduciosa speranza per il futuro. Per costruire questo nostro cammino ci serviremo del volumetto “Gesù Cristo salvatore e maestro” di Elisabetta Girelli in cui si possono trovare, come corredo alle meditazioni sulla vita di Gesù, delle riflessioni di Paolo VI e alcuni pensieri di Maddalena Girelli, opportunamente scelti e inseriti da don Mario Trebeschi. Le riflessioni di Paolo VI, a commento del brano successivo, sono tolte dai volumi “Insegnamenti di Paolo VI” (Tipografia Vaticana), sempre esplicitamente citati. Per iniziare, sembra opportuno partire dal commento a Matteo 9,9, che presenta appunto la chiamata di Matteo (“Gesù Cristo” 7, 46 – 47). Riguardo alla vocazione, Paolo VI annota: “La vocazione è un impegno serio, che esige una disponibilità, un’attitudine interiore, e diciamo pure un rischio, una rottura con ogni progetto di calcolo e di umana prudenza sia da parte dei chiamati, sia di quanti li circondano”. Elisabetta Girelli resta colpita dall’immediatezza della risposta di Matteo: “Seguimi - disse Gesù più al cuore che alle orecchie di Matteo: e questa sola parola bastò per strapparlo all’istante dall’amore delle terrene ricchezze e renderlo bramoso di possedere Gesù Cristo come unico suo bene... Or 3
gsh come avrebbe potuto un uomo non ancora conosciuto, anzi appena veduto, accattivarsi tanto il cuore di un gabelliere tutto dedito ai guadagni da persuaderlo all’istante ad abbandonare ogni cosa per seguire un maestro poverissimo di ogni bene della terra? Ammiriamo i portenti della divina misericordia, e l’efficace potenza della parola di Dio”. A seguito della pagina evangelica del figliol prodigo (che Elisabetta Girelli intitola “Il figlio ritrovato”) viene commentato il brano che riguarda il discorso di Gesù sulla verginità (Gesù Cristo 57,189): Elisabetta si sofferma soprattutto su una frase: “Chi può capire, capisca”, e così la commenta: “Questa parola fu il seme prezioso che fece nascere il pensiero della castità verginale: pensiero nobile, bello, fecondo, efficace, che fece risplendere le più nobili virtù, che ispirò i più magnanimi sacrifici, popolò i chiostri, e contribuì non poco a rendere più puri gli affetti domestici e coniugali”. Ancora prosegue Paolo VI: “L’immolazione celibataria e verginale non spegne la fiamma del cuore; essa è anzi l’atmosfera dell’amore, della carità. L’anima votata a Dio lo cerca, lo serve, lo ama con tutto il cuore: una concentrazione unitaria e tutta convergente sull’infinito Iddio, reso a noi per qualche verso accessibile, si produce nel nostro spirito; una continua ricerca rimane sempre vigilante; ed insieme una inalterabile pace occupa tutto il suo spazio interiore”. Alla fine riportiamo l’invocazione di Maddalena Girelli: “Rinnovo con gran confidenza il mio voto perpetuo di verginità: il gioiello sì caro all’anima mia, la sua rocca di difesa, il suo legame nuziale che la unisce a Voi! Non permettete giammai che io me ne renda indegna ed abbia a mancarvi”. Irma Bonini Valetti
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gsh La Parola del Signore nella vita del consacrato I Vangeli sono la luce nella vita di ogni uomo; a maggior ragione, quindi, ogni consacrato deve farne la sorgente della propria vita interiore. Un Padre della Chiesa paragonava la Sacra Scrittura a un grande, maestoso fiume ricco di acque, tale però che un topo non vi annega e un elefante vi può nuotare. L’immagine pittoresca spiega efficacemente come ciascuno possa trarre dal Vangelo quell’alimento che è necessario alla sua anima, in qualunque condizione essa si trovi. Elisabetta Girelli si sofferma a questo proposito sulla semplicità del linguaggio usato dal Signore: “Il tempo in cui Gesù si fermò nelle campagne di Galilea lo volle esclusivamente dedicare all’istruzione dei suoi nuovi Apostoli nonché dei discepoli e del popolo che veniva a Lui dalle città e dai villaggi circostanti. Lungi dallo strepito del mondo Egli andava esponendo quella celeste dottrina, che vuol essere ascoltata e meditata nel silenzio e nel raccoglimento” (Gesù Cristo 15, 68 -70). D’altra parte anche Paolo VI sottolinea come Gesù esponga verità sublimi con frasi e immagini chiare, accessibili, che rivelano alla meditazione grandissime ricchezze: “Il Signore usa parole semplici per farci acquisire verità immense. Basta essere un po’ attenti e si scorgerà che espressioni in apparenza dimesse posseggono incalcolabile vigore espressivo, ricchezza di contenuto, larghezza di applicazioni, profondità teologica e umana, una Verità che realmente si manifesta in tutta la sua essenza divina”. La profondità del Vangelo si evidenzia soprattutto in quel completamento dell’antica legge che coinvolge tutta la persona umana con il comandamento dell’amore: esso raggiunge le più alte vette della dedizione e del sacrificio, ma si declina per tutti nella semplicità della vita quotidiana. Elisabetta ricorda quelle parole gravi di Cristo che spiegano come si fa ad amare ogni giorno, nella banalità di situazioni e contrasti che si ripetono: “Perdonate e vi sarà perdonato; non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati”. Un serio esame di se stessi permetterà assai spesso di trovare in sé quei vizi che condanniamo nel prossimo: 5
gsh “...insieme sforziamoci di emendarci, anziché riprenderli duramente”. È la migliore partenza per una vita autenticamente cristiana e per una vocazione religiosa realizzata in pienezza. Di fronte alle incertezze, alle difficoltà del percorso che il precetto della carità fa incontrare a chi desidera seguirlo, non c’è che una preghiera fiduciosa e umile, come quella di Maddalena Girelli posta alla fine del brano commentato dalla sorella: “Mio Dio, vi offro tutto quello che posso: accettate la mia volontà e unitela perfettamente alla vostra santissima... Fate che io viva d’ora innanzi animata da quella fede che vi degnaste di infondermi nell’anima col Santo Battesimo e che deve dirigere e santificare tutte le mie azioni”. Irma Bonini Valetti
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gsh Papa Francesco: guardare al passato con gratitudine Per la celebrazione dell’anno dei consacrati, papa Francesco ha scritto una lettera apostolica, in cui tra l’altro afferma: “Occorre guardare il passato con gratitudine”. Ogni nostro Istituto viene da una ricca storia carismatica. Alle sue origini è presente l’azione di Dio che, nel suo Spirito, chiama alcune persone alla sequela ravvicinata di Cristo, a tradurre il Vangelo in una particolare forma di vita, a leggere con gli occhi della fede i segni dei tempi, a rispondere con creatività alle necessità della Chiesa. Raccontare la propria storia è indispensabile per tenere viva l’identità, così come per rinsaldare l’unità della famiglia e il senso di appartenenza dei suoi membri. Non si tratta di fare dell’archeologia o di coltivare inutili nostalgie, quanto piuttosto di ripercorrere il cammino delle generazioni passate per cogliere in esso la scintilla ispiratrice, le idealità, i progetti, i valori che le hanno mosse, a iniziare dai Fondatori, dalle Fondatrici e dalle prime comunità. È un modo anche per prendere coscienza di come è stato vissuto il carisma lungo la storia, quale creatività ha sprigionato, quali difficoltà ha dovuto affrontare e come sono state superate. Si potranno scoprire incoerenze, frutto delle debolezze umane, a volte forse anche l’oblio di alcuni aspetti essenziali del carisma. Tutto è istruttivo e insieme diventa appello alla conversione. Narrare la propria storia è rendere lode a Dio e ringraziarlo per tutti i suoi doni. Sia quest’Anno della Vita Consacrata un’occasione anche per confessare con umiltà, e insieme con grande confidenza in Dio Amore (cfr 1 Gv 4,8), la propria fragilità e per viverla come esperienza dell’amore misericordioso del Signore; un’occasione per gridare al mondo con forza e per testimoniare con gioia la santità e la vitalità presenti nella gran parte di coloro che sono stati chiamati a seguire Cristo nella vita consacrata”. 7
gsh Vita Consacrata: speranza della vita cristiana verso il suo compimento Dall’omelia del vescovo Luciano Monari nella giornata mondiale di preghiera per la vita consacrata (2 febbraio 2015). “Vale per tutti i fedeli battezzati la fede nell’amore di Dio, la speranza della vita eterna, il comandamento dell’amore fraterno fino a sacrificio di sé; vale per chi ha la vocazione al matrimonio, per chi sente il desiderio di fare una carriera umanamente soddisfacente, per chi è mosso a operare per la trasformazione della società nelle dimensioni della politica, della cultura, dell’economia. Ma questo impegno laicale, prezioso e necessario, non esaurisce l’ambito della testimonianza cristiana e, se rimane solo, si rivela insufficiente. Abbiamo ascoltato, nelle letture delle ultime domeniche, san Paolo che, scrivendo ai cristiani di Corinto, raccomandava loro la scelta della verginità come scelta capace di testimoniare con particolare chiarezza la speranza e la proiezione della vita cristiana verso il suo compimento oltre il mondo; come scelta che, orientando tutto il proprio desiderio verso l’obiettivo di “piacere a Dio”, dice quanto Dio possa essere presente nella nostra esperienza e quanto possa determinare scelte concrete e impegnative. Nello stesso modo abbiamo bisogno di testimonianze di povertà per potere dire che il vangelo è notizia di salvezza e di gioia per i poveri. Se chi annuncia il vangelo è ricco, la sua esperienza non può evidentemente dimostrare che il vangelo rende felici i poveri; ma se chi annuncia il vangelo è povero e nello stesso tempo è felice, allora le parole con cui egli annuncia il vangelo hanno una forza unica di convincimento. Infine, il sì dell’obbedienza religiosa e consacrata diventa invito a tutti a dire il sì difficilissimo alla vita anche quando la vita diventa pesante e, dal punto di vista mondano, senza prospettive. Uno dei tanti 8
gsh paradossi della nostra società: abbiamo accarezzato l’ideale di una libertà senza limiti, abbiamo predicato che solo la libertà arbitraria è libertà piena e il risultato di questo sforzo di emancipazione sono tutte le diverse forme di dipendenza che ci umiliano e che sembrano allargarsi a dismisura nel mondo d’oggi. Dipendenze dolorose e nello stesso tempo umilianti: ci sottomettiamo da noi stessi alle cose più stupide, come i videogiochi o la pornografia, come anche a quelle più pericolose, come l’alcool o la cocaina. Tocchiamo con mano quanto l’uomo abbia bisogno di sostegno e di guida nel suo cammino nel mondo. L’obbedienza a Dio, quando è autentica, è sorgente di vera libertà così come l’obbedienza alla giustizia, alla verità, al bene, così come la fedeltà alle promesse, la perseveranza e la costanza nei progetti”.
ANNO DELLA VITA CONSACRATA 2014 / 2016
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gsh Paolo vi e le Girelli. Una conoscenza antica Tra Paolo VI e le sorelle Girelli c’era reciproca conoscenza e stima. Il novello sacerdote d. Giovanni Battista Montini celebrò, nel 1920, una delle sue prime messe nella casa di Maddalena Girelli. Il giovane sacerdote conosceva bene la Girelli, anche perché il papà Giorgio collaborava spesso con lei in opere di carità. D. G. Battista fu subito vicino anche alla Compagnia di S. Angela, celebrando la sua seconda messa nella chiesa di S. Afra il 31 maggio (aveva celebrato la prima al santuario delle Grazie), all’altare di S. Angela, nel giorno della sua festa, che allora si celebrava in quella data. La conoscenza con le sorelle Girelli aveva radici remote, e risaliva alla nonna di Paoalo VI, Francesca Buffali. Questa aveva frequentato il collegio delle Vergini di Castiglione, dove entrarono in educazione anche le sorelle Girelli nel 1848. Nulla si sa della conoscenza tra le giovinette Girelli e la Buffali, a Castiglione, ma sicuramente ci fu. Circa quindici anni dopo troviamo in corrispondenza epistolare la sorella minore delle Girelli, Marietta, con la Buffali. Questa aveva sposato Lodovico Montini (17 ottobre 1857), medico, originario di Sarezzo, abitante a Concesio. Dalla felice unione nacquero: Luigi e Giuseppe, morti infanti; Giorgio (1860-1943); Elisabetta o Bettina (1861-1941); Giuseppe (1867-1953); Agnese Lavinia (1868-1922); Paolina (1869-1919) e Maria (1872-1951). Giorgio sposò Giuditta Alghisi (2 agosto 1895), da cui nacque G. Battista, il futuro Paolo VI (26 settembre 1897). Marietta Girelli , a sua volta, si sposò, il 7 gennaio 1864, col conte Giuseppe Natale Passi, di Calcinate (Bg) ed andò ad abitare, da Brescia, alla cascina Passa di Calcinate. Le due amiche, anche se lontane, si tennero in contatto per lettera. La corrispondenza tra Francesca Buffali e Marietta Girelli è costituita da nove lettere, scritte dalla prima alla seconda tra il 1864 e il 1868, nelle quali compaiono una profonda confidenza tra le due giovani, una stima incondizionata e una edificante condivisione di ideali spirituali e familiari. In occasione del matrimonio di Marietta col Passi, l’amica Francesca 10
gsh le scrive: “Dolentissima di non aver potuto veder te né tua Sorellla questa mattina in causa di lieve indisposizione, mi prendo la libertà di caramente salutarti in iscritto e ringraziarti della memoria che mi serbi. lo non credeva cosi presto il dì delle tue nozze, perciò nol feci in persona negli scorsi giorni. Però col pii affettuoso saluto ti tornino pure accettevoli mille sinceri auguri che faccio all’Altissimo per te in questa solenne circostanza. Essa ti segni il principio di un’era felicissima, ed il Cielo ricolmi di sue più elette benedizioni coppia si degna. Mi prendo pure la libertà di unire il mio ritratto, che ti prego tenere qual mia memoria, quantunque sembri l’immagine della melanconia, alla quale certo io non vado soggetta. Gradisci i fervidi miei voti. Pegni della sincera amicizia che mi lega a te, e alle ottime tue Sorelle, e credili sinceri poiché sono emessi dal cuore della tua affezionatissima Amica”. Francesca apprezza Marietta per la bontà del suo animo ed è fiera della sua amicizia: “Vado proprio superba della tua preziosa amicizia che ti prego a conservarmi e che io ti corrisponderò sempre egualmente di cuore” (Concesio, 9-7-1867). In un’altra lettera scrive: “Sentii vivamente nel cuore quanto sia dolce, cara e sommamente preziosa un’amicizia sicura basata sulla virtù. Doppiamente essa m’è cara in quanto che mi pare impossibile di meritarla, cioè per vero io non la merito, è tutta la bontà del tuo animo che compatisce i miei demeriti che sono pur molti esclusane però la doppiezza e la freddezza nell’amarti, assicurandoti che sei proprio al mio cuore carissima” (Concesio, 1-11-1867). Il 26 maggio 1868, da Concesio: “Quanto più mi conosco di non meritare sì preziosa amicizia, credilo, tanto più ti son grata, ed ogni prova che me ne dai mi torna 11
gsh tanta più cara conoscendo la bontà dell’animo da cui mi vien fatta”. Francesca chiede lettere all’amica: “Tu scrivimi presto e a lungo, e non dir più che temi le tue lettere sieno troppo lunghe, mi fai proprio un torto poiché invece mi consolano assai, assai e vorrei che la lettura ne durasse sempre di più.” (Concesio, fine 1866). La Buffali dà informazioni sulle vicende quotidiane. Riferisce sulle peripezie della condotta medica del marito Lodovico, a Montichiari dall’1 maggio 1867, supplente di un chirurgo ammalato, ospitato, dapprima da solo e, da metà luglio con la famiglia, in casa del sindaco; poi Lodovico si trasferì a Sarezzo e infine a Concesio alla fine del 1867. Francesca Buffali parla all’amica Marietta dei propri figli. Racconta che il piccolo Giorgio ricorda la bella giornata trascorsa presso i Passi, a Calcinate. Dei propri bimbi la Buffali osserva: “I più grandicelli Giorgio e Bettina sono vispi, veri folletti; tutto ciò che vuoi, dimostrano però buona indole; abbisogno insomma del soccorso celeste onde poterli ben guidare. Il piccolo Giuseppino, che ha cinque mesi poco più, cresce sano e vigoroso, incomincia a sorridermi e puoi ben credere quanto esso pure sia caro a’ suoi genitori” (Concesio, 9-7-1867). E in un’altra lettera: “I figli stanno benissimo e sono lieti di esser uniti al loro papà; qui [a Montichiari] siamo ben accomodati e anche il clima mi pare buono, prova ne sia che vi sono pochi ammalati” (Montichiari, 6-8-1867); “I miei piccoli tesori mi crescono sani, e vispi anche al di là del bisogno. Anche il piccolo Giuseppino mostra di non esser dissimile dagli altri due” (Concesio, 1-11-1867). Francesca comunica all’amica la sua grande gioia per la nascita della piccola Agnese (5-3-1868) e per il battesimo ricevuto: “Non ti so dire qual momento sia per me quello in cui vien portato al sacro Fonte un mio figlio! e qual gioia quando al ritorno mi si dà fra le braccia questo nuovo Angioletto!”. Invita Marietta a unirsi a lei nel ringraziare il Signore e a pregarlo perché aiuti i genitori a ben educare “i carissimi pegni” che egli ha concesso. Francesca chiede notizie a Marietta delle sue sorelle (Elisabetta e Maddalena): “Dammi notizie di te, della tua famiglia e anche delle tue sorelle che è un pezzo che non vedo” (Montichiari, 6-8-1867). In risposta ad una lettera di Marietta, che la conforta per la morte della mamma, Francesca scrive: “Quanto ti sono io mai grata per l’amicizia che mi dimostri nell’attuale mia dolorosissima sventura! Ti dico proprio la verità che fui estremamente com12
gsh mossa sì nel leggere la prima che la seconda tua carissima lettera; è proprio vero che è nelle occasioni che si conosce la vera amicizia, ed io che l’ho avuta questa prova da te, te ne sarò sempre grata oltremodo e fin che vivo ne serberò la più cara memoria. Sono stata obbligatissima alle tue care sorelle che appena informate della mia sventura mi visitarono con una carissima loro lettera sorella delle tue” (Montichiari, 28-8-1867). In una lettera della fine del 1866, Francesca ricorda esprime nobilissime considerazioni sul marito Lodovico, chiamandolo “ottimo compagno” e “uomo veramente giusto”. In occasione di un viaggio a Roma effettuato da Marietta in occasione del centenario di S. Pietro, Francesca si rallegra con lei, perché ha potuto vedere il papa e baciare “quella mano paterna che apre a’ suoi figli il Cielo, ed udire la voce del pastore supremo. Certo che ti invidio più quel momento che non tutte le emozioni che avrai provate alla vista dei monumenti della santa città”. La Buffali ringrazia l’amica anche per averle procurato un immagine del papa, e si augura di potersi recare una volta a Roma prima di morire (Montichiari, 6-8-1867). Il desiderio si compì nel 1907, quando la famiglia Montini si recò a Roma, in occasione del centenario di canonizzazione di S. Angela Merici; qui Giorgio Montini, come presidente della commissione per le pubblicazioni, presentò al papa il programma dei festeggiamenti della santa bresciana. A Roma, in quella circostanza, c’era anche il piccolo Giovanni Battista, che aveva ricevuto la prima comunione e la cresima proprio in quell’anno: l’incontro con il papa fu per quel bambino singolare il regalo più bello in quella circostanza. La Buffali cercava il papa a Roma, mentre lo aveva, ancora fanciullo, in casa! In una lettera del 26 maggio 1868, Francesca registra un evento lietissimo: il vescovo Girolamo Verzeri si fermò in casa dei Montini a Concesio, mentre si recava in visita a Sarezzo (3-4 maggio 1868). Il piccolo Giorgio recitò una poesia d’occasione. La felicità di queste relazioni di amicizia tra Francesca Buffali e Marietta Girelli, emersa in maniera così luminosa dagli stralci di queste letteri fu inesorabilmente troncata nel 1871-1872. Il marito Lodovico morì il 4 dicembre 1871 e l’amica Marietta morì di meningite fulminante il 3 luglio 1872, dopo aver dato alla luce un bimbo, l’11 gennaio 1872, morto poco dopo la nascita. 13
gsh Lettera di Francesca Buffali Montini a Marietta Girelli Tra le varie lettere di Francesca Buffali all’amica Marietta Girelli vi è la seguente, scritta in occasione della morte della mamma della scrivente. L’amicizia profonda tra le due è il rimedio necessario per lenire un così grande dolore. (Montichiari, 28-8-1867). “Carissima mia Marietta Quanto ti sono io mai grata per l’amicizia che mi dimostri nell’attuale mia dolorosissima sventura! Ti dico proprio la verità che fui estremamente commossa nel leggere la prima che la seconda tua carissima lettera: è proprio vero che è nelle occasioni che si conosce la vera amicizia, ed io che l’ho avuta questa prova da te, te ne sarò sempre grata oltremodo e fin che vivo ne serberò la più cara memoria. Ne ho scritto fino alla cara mia Zia Marietta dicendole che mi abbisognerebbe tener sempre sotto gli occhi una affettuosissima, religiosissima lettera venutami da te piena di sì soavi conforti e di sentimenti che sollevando l’animo a pensieri celesti infondono in esso il solo conforto che si possa trovare in momenti di un dolore che non può averne di simili. Mia cara Marietta è proprio vero ciò che nell’ultima tua mi scrivi cioè che il dolore per una perdita immensa diventa più profondo, più straziante, passati i primi giorni ne’ quali si resta come sbalorditi. Io lo provo questo vero in tutta la sua estensione e passo dei momenti in cui sono così oppressa che non so dove trovare sollievo. Fin recitando qualche prece mi sembra vedere l’oggetto del mio pianto, e se avesti veduto con che penetrazione, con che raccoglimento essa lo faceva, sembrava proprio che vedesse Dio materialmente; alle volte io mi interrompeva per fissarla. Ora invece il mio pensiero si solleva nel Cielo, ove proprio spero sia arrivata, e mi fermo a parlare con Lei, e poi di nuovo mi trovo qui sola senza la cara, dolcissima sua compagnia! Il Signore ha voluto da me un sacrificio dolorosissimo, almeno fossi buona da farmelo tornar vantaggioso. 14
gsh Quanto poi ti sono grata per il gentile delicato tuo pensiero di mandarmi l’Immagine di Chi vorrei imitare nel portare la mia Croce quantunque pesante, nulla però a confronto della Sua! Anche questo tuo pegno d’amicizia sincero non dimenticherò mai, e te ne rendo quante grazie posso. Voglio farla mettere in una piccola cornice e poi appenderla al mio letto a tua perpetua memoria. E quante cose non mi dirà Essa mai! Ricevine di nuovo le mie grazie più vive. Sento con sommo dolore della grave malattia anche dell’ottima tua zia Elena, che so quanto affetto vi abbia sempre portato. Confortati però che so aver Essa superato tante malattie che speriamo si rimetterà in breve anche da questo, e tu per la sua guarigione offri a Dio il sacrificio di non poterla per ora vedere; sei sicura che è in buone mani essendo assistita dalle buone tue sorelle che avranno per lei ogni premura. Sono stata obbligatissima alle tue care sorelle che appena informate della mia sventura mi visitarono con una carissima loro lettera sorella delle tue. Tu non mancare di informarmi dello stato della tua cara ammalata, e scrivendo alle suddette tue sorelle salutale cordialmente per me. Sarà facile che per qualche affare debba fra pochi giorni recarmi a Brescia e ti dico il vero che quasi lo desidero perché cosa vuoi? Mi sembra trovare un conforto nel vedere i luoghi altra volta rallegrati da una dolcissima e cara presenza, e non ti posso dire qual sacrificio sia stato per me nel dovermi allontanare dopo però 5 giorni dalla nostra casa di Concesio ove io la vedeva per tutto e più dalla camera dalla quale essa passò al Cielo; sono ben diversa da tanti che pare fuggano appena morto qualche lor caro, io invece ritraeva un mesto sì, ma dolce conforto nel guardare ciò che Essa guardava tante volte, nel toccare ciò che essa tante volte aveva fra mani… E poi io non l’ho più qui né potrò più vederla!... Perdona se in tutta la lattera non ho fatto che parlare di Lei, tu sei buona, tu mi sei amica e non dubito mi compatirai. Non la finirei più di scrivere, mi pare che mi si sollevi l’animo discorrendola con te che se potessi vederti e averti vicina! Compensami collo scrivermi a più a lungo che puoi; prega per me, amami e credimi sempre. Tua Obbligatissima Affezionatissima Amica Franceschina Montini”. A cura di don Mario Trebeschi 15
s hVenerabili Preghierag alle Sorelle Girelli per ottenere grazie!
Elisabetta Girelli
Maddalena Girelli
O SS. Trinità, sorgente di ogni bene, profondamente Vi adoro e, con la massima fiducia, Vi supplico di glorificare le vostre fedeli Serve Venerabili Maddalena ed Elisabetta Girelli e di concedermi per loro intercessione la grazia... Padre nostro, Ave Maria e Gloria N.B.: 1) Chi si rivolge al Signore con la suddetta preghiera, specie in caso di novena, affidi la propria intenzione all’intercessione di entrambe le venerabili sorelle. 2) Ottenendo grazie per intercessione delle Venerabili Serve di Dio Maddalena ed Elisabetta si prega darne sollecita comunicazione a: Compagnia S. Orsola - Figlie di S. Angela - Via Crispi, 23 - 25121 Brescia. Chi desiderasse avere questo inserto da distribuire in Parrocchia, può richiederlo telefonando allo 030.295675. Supplemento a “La Voce della Compagnia di S. Angela. Brescia”, marzo 2015, n. 1