Due donne un carisma 4 - 2014

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Elisabetta Girelli

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ANNO XIX

Due donne un carisma

Maddalena Girelli

dicembre 2014


gsh Sommario 1) L’apostolato delle Sorelle Girelli in campo educativo.........................................pag. 3 2) La Famiglia nel cuore di Papa Francesco............................................pag. 5 3) Beatificazione di Paolo VI Dall’omelia a di papa francesco.................pag. 8 4) Il Card. Montini e la Famiglia.....................pag. 9 5) Anno Montiniano a Brescia: La famiglia Montini e le Sorelle Girelli.........................pag. 13

Pubblicazione sulla spiritualità delle sorelle Girelli - Anno XIX, 2014, n. 4 a cura della Compagnia S. Orsola Via F. Crispi, 23 - 25121 Brescia Tel. 030 295675 - 030 3757965 Direttore Responsabile: D. Antonio Fappani

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gsh L’apostolato delle Sorelle Girelli in campo educativo Nel tormentato cammino per la scelta della loro vocazione le sorelle Girelli, dopo aver pensato al convento, furono costrette dalle concrete situazioni della vita a valutare come realizzare nell’ambito della loro famiglia la consacrazione a Dio. La forte tensione verso la carità sia in casa sia in parrocchia le guidò a scoprire l’importanza dell’apostolato nella vita quotidiana. Questa decisione le portò a organizzare una fitta rete di opere, che la loro biografia registra e che non possono non suscitare ammirazione. Ma vogliamo qui soffermarci su uno degli aspetti fondamentali della loro attività di apostolato, quello che riguarda la catechesi delle giovani, a cui si dedicarono per tutta la vita. Furono catechiste a Sant’Agata, alla Pace e a San Giovanni, ma anche nelle case per operaie e per studenti da loro fondate si spesero tempo e energie per l’istruzione religiosa delle giovani, non disgiunta mai da una preparazione culturale che permettesse di affrontare con discernimento le tante difficoltà quotidiane anche in ordine alla vita sociale e lavorativa. Maddalena sottolineava l’importanza attribuita a tale impegno: “Procurerò questo in modo speciale con il buon esempio, con la diffusione di buoni libri e con l’adempiere con diligenza i doveri che mi sono assunta”. Questo orientamento venne ribadito dal vescovo Verzeri nel discorso pronunciato alla professione delle prime Figlie di Sant’Angela (1866): dopo aver sintetizzato le caratteristiche fondamentali della Compagnia, egli si soffermò in particolare sul campo dell’attività di apostolato, il mondo femminile giovanile: “Il mondo in questi lacrimevoli tempi ha più che mai bisogno di questo apostolato di carità, che voi potete e dovete compiere osservando le vostre Regole. Giacché Sant’Angela con mirabile sapienza, anzi con divina ispirazione, vi ha tracciato la via sicura di quella vera e soda pietà che coll’esempio e con l’opera può giovare grandemente a due classi del vostro sesso che hanno bisogno di aiuto e di riforma, cioè le giovani trascurate d’ogni cultura spirituale e quelle che seguono una falsa devozione. Riguardo alle prime, dovete cercare di guadagnarle con prudenza, con dolcezza, col buon esempio e con amorevoli parole..... E se pur le trovaste indocili, caparbie e insolenti, non vi stancate di esortarle con pazienza e carità”. 3


gsh Si può dire che nel nostro tempo, in apparenza tanto più evoluto di quello delle Girelli, alle Figlie di Sant’Angela viene richiesta la stessa paziente opera di ricostruzione di coscienze devastate dal disorientamento di una società priva di punti di riferimento, la stessa attenzione a sostenere i timidi segni di vita cristiana pur presenti in alcuni giovani. Per tutta una serie di circostanze ben note, l’attuale difficoltà di comunicare, di ascoltare, di farsi carico dei problemi altrui si è ripercossa gravemente sul mondo giovanile, spesso supponente e sfrontato, ma fragile e insicuro, in una deriva preoccupante verso esperienze trasgressive. Occorre una scelta educativa che si contrapponga a una mentalità distruttiva; ancora attualissima è perciò l’esortazione del vescovo Verzeri: “L’opera del Samaritano pietoso che raccoglie le anime ferite e morenti sulla strada del cielo è la vostra: compitela a gloria del Signore e per vantaggio del prossimo vostro”. E le Girelli furono fedeli alla consegna ricevuta, fondando il loro specifico apostolato educativo sulle solide basi di una approfondita preparazione cristiana, di una buona cultura continuamente aggiornata e di una perspicace ricchezza di viva umanità. Irma Bonini Valetti

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gsh La Famiglia nel cuore di Papa Francesco Lo scorso venerdì 14 febbraio il Santo Padre ha ricevuto in piazza San Pietro i fidanzati in cammino verso il matrimonio, convenuti da tutto il mondo. Le esortazioni di papa Francesco sono state presentate come risposta alle tre domande con cui i giovani avevano sintetizzato le loro incertezze e i loro problemi. La prima domanda riguardava l’obbiezione assai comune oggi circa la fedeltà per tutta la vita, che appare “ un’impresa troppo difficile”. “È possibile oggi amarsi per sempre?” Il papa ha insistito sulla visione dell’amore che sta alla base del matrimonio anche in un tempo in cui la comune mentalità rifugge da quanto è stabile e definitivo. L’amore coniugale è invece “una relazione, ...una realtà che cresce, e possiamo dire a modo di esempio che si costruisce come una casa. E la casa si costruisce assieme, non da soli! ...Voi vi state preparando a costruire questa casa per vivere insieme per sempre. Non vogliate costruirla sulla sabbia dei sentimenti che vanno e vengono, ma sulla roccia dell’amore vero che viene da Dio. La famiglia nasce da questo progetto di amore che vuole crescere, come si costruisce una casa che sia luogo di affetto, di aiuto, di sostegno, di speranza”. E ha concluso: “Non dobbiamo lasciarci vincere dalla cultura del provvisorio che oggi invade tutti”. Come dunque “si cura questa paura del per sempre? Si cura giorno per giorno affidandosi al Signore Gesù in una vita che diventa un cammino spirituale quotidiano”. A questo cammino si riferiva la seconda domanda, nella consapevolezza che bisogna imparare ad amarsi, realizzando uno stile personale di vita di coppia. L’arte del vivere insieme è “un cammino paziente, bello e affascinante”. “Questo cammino di ogni giorno ha delle regole che si possono riassumere in queste tre parole che ho ripetuto tante volte alle famiglie; permesso, grazie e scusa” “Permesso è la richiesta gentile di poter entrare nella vita di un altro con rispetto e attenzione. 5


gsh Grazie: nella vita matrimoniale è importante tenere viva la coscienza che l’altra persona è un dono di Dio e ai doni di Dio si dice grazie. Scusa: impariamo a riconoscere i nostri errori e a chiedere scusa”. Sono le tre piccole parole che papa Francesco ha suggerito in tante delle sue catechesi. Infine la terza domanda riguardava lo stile della celebrazione del matrimonio. “È bene che il vostro matrimonio sia sobrio e faccia risaltare ciò che è veramente importante”. I segni esteriori della festa sono cosa buona “solo se sono capaci di indicare il vero motivo della vostra gioia: la benedizione del Signore sul vostro amore. Fate in modo che come il vino di Cana i segni esteriori della vostra festa rivelino la presenza del Signore e ricordino a voi e a tutti l’origine e il motivo della vostra gioia”. Nella sua grande saggezza papa Francesco indica il valore profondo di quanto è solo apparentemente semplice e piccolo. Le sue parole stanno acquistando grande risonanza nelle persone anche lontane dalla pratica cristiana perché esprimono una umanità nella quale tutti possiamo ritrovarci. Far leva su questa umanità è il mezzo più importante per giungere poi a una visione cristiana sia del matrimonio che della vita in genere. Ma non sempre è facile attingere a questa ricchezza profonda che per molti è sepolta sotto strati di indifferenza, ignoranza, passioni contrastanti. Occorre una paziente opera di educazione che raggiunga tutti perché vengano riscoperti valori di gentilezza, di solidarietà, di comprensione, di mitezza. È un’educazione della cui necessità spesso non ci si rende conto e che anzi a volte è contrastata: è prevalente infatti in tante famiglie la preoccupazione che i figli si affermino nella vita, riescano a farsi valere, a conquistare il tanto ambito successo. A quale prezzo? Le dolorose vicende di violenza, di immoralità, di disumano egoismo di cui troppo spesso siamo testimoni devono farci comprendere come occorra ricostituire una trama di vita buona sin dalla prima infanzia. Senza pretese e anzi con molta umiltà, le Figlie di Sant’Angela si impegnano ancora una volta in questo campo d’azione, sollecitate a mettersi all’opera con la preghiera, l’esempio, la diffusione di una catechesi attenta, l’accoglienza serena. È un invito che Sant’Angela avvertì come mezzo per realizzare la propria specifica vocazione e che, dopo di lei, le Girelli 6


gsh ripresero con fedeltà, così come ricordava il vescovo Verzeri nel centenario di Sant’Angela: “Vedendo essa con dolore la gioventù del suo sesso esposta ai pericoli e alle seduzioni dell’errore e del vizio, concepì il disegno tutto apostolico di associarsi una eletta schiera di vergini, consacrate a istruire le giovinette di qualunque condizione nelle sante verità della fede; a educarle, coll’esempio e con l’opera, alla rettitudine e castità della vita; ad apprendere loro le discipline muliebri proprie della condizione e della vocazione di ciascuna. Al fine di tenere perennemente ricordato a se stessa e alle sue figlie che questa opera esige una vita di sacrificio per il bene delle anime, volle porre la sua congregazione sotto gli auspici e il nome della invitta vergine e martire Sant’Orsola”. Irma Bonini Valetti

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gsh Beatificazione di Paolo vi Dall’omelia di Papa Francesco Durante la messa di beatificazione di Paolo VI, del 19 ottobre 2014, Papa Francesco ha ricordato così il papa bresciano: “Nei confronti di questo grande Papa, di questo coraggioso cristiano, di questo instancabile apostolo, davanti a Dio oggi non possiamo che dire una parola tanto semplice quanto sincera ed importante: grazie! Grazie nostro caro e amato Papa Paolo VI! Grazie per la tua umile e profetica testimonianza di amore a Cristo e alla sua Chiesa! Nelle sue annotazioni personali, il grande timoniere del Concilio, all’indomani della chiusura dell’Assise conciliare, scrisse: “Forse il Signore mi ha chiamato e mi tiene a questo servizio non tanto perché io vi abbia qualche attitudine, o affinché io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualche cosa per la Chiesa, e sia chiaro che Egli, e non altri, la guida e la salva” (P. Macchi, Paolo VI nella sua parola, Brescia 2001, pp. 120-121). In questa umiltà risplende la grandezza del Beato Paolo VI che, mentre si profilava una società secolarizzata e ostile, ha saputo condurre con saggezza lungimirante - e talvolta in solitudine - il timone della barca di Pietro senza perdere mai la gioia e la fiducia nel Signore. Paolo VI ha saputo davvero dare a Dio quello che è di Dio dedicando tutta la propria vita all’“impegno sacro, solenne e gravissimo: di continuare nel tempo e sulla terra la missione di Cristo” (Omelia nel Rito di Incoronazione: Insegnamenti I, 1963, p. 26), amando la Chiesa e guidando la Chiesa perché fosse “nello stesso tempo madre amorevole di tutti gli uomini e dispensatrice di salvezza” (Lett. enc. Ecclesiam Suam, Prologo).

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gsh Il Card. Montini e la Famiglia Il card. Montini, nel settembre 1959 tenne un sinodo sulla famiglia a Milano. Le riflessioni di quella assise confluirono nella lettera pastorale della Quaresima del 1960, da cui sono tratti i seguenti brani: “Il tema della famiglia è studiatissimo, è un tema delicatissimo. Questa sorgente della vita umana, che è la famiglia, si trova ora alla convergenza di due correnti contrastanti, l’una che la minaccia con cento insidie e cento profanazioni; l’altra che la difende, la riabilita, la trasfigura, fino a scoprire nel matrimonio cristiano realtà naturali e soprannaturali, che ancora non hanno dato piena misura di sé. La profanazione, fino a livelli più bassi dell’animalità, della slealtà, della delinquenza, degrada da un lato l’istituto dell’umana generazione; la santificazione; fino alle altezze della spiritualità, della pienezza, della vita dell’altro, dà al matrimonio un senso, una coscienza, una bellezza, che forse non ha per l’addietro egualmente conosciuto. L’amore, forza genetica della famiglia, assume come non mai la sua faccia bifronte: di peccato e di grazia. Nel Sinodo minore dello scorso settembre abbiamo proposto alla considerazione del nostro Clero lo stesso tema, sotto il duplice aspetto della preparazione alla famiglia e della fondazione della famiglia, con l’intento d’interessare a questo tema importantissimo la sua successiva riflessione e la sua azione pastorale, in modo che sacerdoti e fedeli, in tutta la diocesi, avessero quest’anno a concentrare pensiero ed attività sopra questa vitale questione. Nostro scopo è quello di richiamare alla mente di tutti, i principi che reggono l’edificio familiare; di riaffermarli nel confronto delle trasformazione della vita moderna e della negazione coperta o palese, parziale o totale, che oggi da tante parti li impugna; e di suggerire qualche criterio per dare alla famiglia la dignità, la consistenza, la bellezza, la funzione che le compete. Il sogno e l’impegno della Chiesa è sempre quello di aspirare ad un’umanità nuova, restituita al suo disegno primigenio, guidata verso uno sviluppo ordinato ed armonico, che celebri la vita nella sua progressiva ascensione e la educhi alla sua vocazione soprannaturale, e che sia così modellata sull’archetipo, Cristo Signore, da risolvere in Lui i suoi problemi, in Lui valorizzare i 9


gsh suoi sforzi ed i suoi dolori, ed in Lui finalmente trovare la sua pienezza e la sua felicità. Non è un sogno veramente: è un programma, che la caducità umana rallenta e sconvolge, ma che la missione della Chiesa continuamente, e perciò anche in quest’ora critica della storia, fiduciosamente riprende. In pratica vorremmo rivolgere alle famiglie cristiane una parola di am­ monimento e di conforto: riprendano esse coscienza della loro dignità e della loro missione, s’impegnino risolutamente alla professione delle virtù specifiche che caratterizzano la società domestica, ritrovino nelle purificate sorgenti del­l’amore cristiano la loro forza e la loro felicità, non temano di servire quelle leggi della vita, che le rendono ministre della perdurante opera creatrice di Dio, sappiano adattate onestamente alle nuove esigenze moderne le abitudini delle loro case, comprendano quale funzione rigeneratrice esse abbiano nella vita civile, e sentano come nella Chiesa esse possano occupare un posto d’ammirabile bellezza. Questo invito si rivolge specialmente ai giovani che pensano alla famiglia come allo stato di vita loro destinato. Vorremmo che il concetto della famiglia prendesse nel loro animo splendore ideale; vorremmo che alla realizzazione di questo ideale portassero limpida e piena la loro forza d’amore; vorremmo che sentissero la vocazione che si nasconde e si pronuncia nell’attrattiva alla fonda­zione di una famiglia; vorremmo che non impuri pensieri e scorretti costumi devastassero la vigilia del loro matrimonio; vorremmo che non calcoli egoistici ed edonistici intristissero i disegni del futuro focolare; vorremmo che la scienza del vero amore loro derivasse da Cristo, che dà la sua vita per la Chiesa sua sposa (cfr. Ef 5, 25; Ap 21, 9) e destinata ad estendersi a tutta l’umanità; e che la grazia del sacramento zampillasse, come inesausta fontana, in ogni giorno della loro vita coniugale. Un tipo di famiglia nuovo noi ci attendiamo dalla generazione giovanile, a cui le tremende esperienze della storia presente devono avere insegnato che solo un cristianesimo autentico e forte possiede la formula della vera vita. E questo diciamo anche al confronto di coloro che alla famiglia non sono chiamati, ma all’amore consacrato a Dio solo, perché avvertano l’eccellenza della loro fortuna, possedendo per privilegiata e diritta vocazione quel sommo ed unico amore che la via comune degli uomini cerca per tramite di amore intermedio e partecipato; perché abbiano verso la famiglia cristiana sentimenti di grande stima e di grande rispetto, e la vogliano assistere, come sia possibile con premurosa carità; e perché infine vogliano augurare 10


gsh e pregare affinché la famiglia cristiana consideri grazia ed onore offrire qualche suo figlio alla verginale immolazione del servizio divino. Accettiamo la bella definizione: “la famiglia è una comunità d’amore (C. Colombo). A patto di riportare questa troppo polivalente parola “amore” al suo vero significato morale, spirituale anzi divino. Bisogna che l’amore umano abbia il suo autentico e degno significato nella sede che sola lo rende legittimo e sacro: il matrimonio. “Nella concezione della Chiesa, l’amore è per il matrimonio e il matrimonio per l’amore, essendo poi l’uno e l’altro per la famiglia... Il matrimonio è la moralizzazione dell’amore, esso è l’istituzione grazie alla quale l’amore diventa un mezzo di salvezza.. e che permette alla massa dei fedeli di salvarsi, di santificarsi...” (Leclercq). Deviazione fatale è spostare l’amore fuori dal matrimonio: non è più amore, ma passione, disordine, vizio. E quale sia l’amore coniugale, elevato da Cristo a dignità di sacramento, è facile sapere, se ricordiamo e meditiamo le celebri parole di S. Paolo, che danno le due misure massime e tipiche di quell’amore: “Come le proprie per­ sone” (Ef. V, 28); amore naturale; “come Cristo amò la Chiesa” (Ef. V, 25): amore cristiano. Questo amore “sponsale” di Cristo traccia l’esempio, che il sacramento del matrimonio ripro­duce come grazia negli sposi e dà loro capacità di rendere virtù vissuta l’espe­rienza della loro vita familiare. Amore totale, amore santificatore, amore uni­ficante, amore fecondo, ci spiegherà egregiamente la teologia contemporanea (C. Colombo). Amore radicalmente caratteriz­zato, come lo fu quello di Cristo per l’umanità che volle salvare, cioè per la Chiesa, dal più generoso e dal più eroico dono di sè, amore sacrificale. “L’amore cristiano si presenta veramente in tale luce sacrificale; cioè: le sue reali fecondità dipendono dal grado di accettazione di quella legge che tutto il Cristianesimo sintetizza ed esprime: chi acconsente a dare la vita, la trova; chi si accanisce a ritenere la vita, la perde”. Dunque si dovrebbe studiare come l’amore naturale diventa cristiano. Non è solo per la linea morale che la grazia del sacramento imprime all’amore naturale, e che è già grande beneficio, perché lo obbliga a svolgersi secondo un disegno di onestà e di bellezza, che nulla toglie e tutto avvalora del suo nativo valore; ma anche per la santificazione che gli infonde, e che, innanzi tutto, lo purifica. Purificare l’amore: grande cosa! La grazia, se assecondata, a questo conduce: le varie componenti dell’amore naturale: istinto, fantasia, sensibilità, passione, sensualità, razionalità, sono ordinate e governate da un’insita e supe­riore spiritualità che le unifica e le eleva ad un’espressione soprannaturale (Casti Connubii. n. 14). L’amore naturale, così proclive a tante 11


gsh ignobili decadenze, viene nobilitato e acquista funzione di canale della grazia stessa, che così lo pervade e lo informa da fargli assumere immagine del più grande amore, che sia mai stato, l’amore, dicevamo, di Gesù Cristo per la Chiesa. Amore nuovo, amore puro, amore vivo, amore santo. E, di più, bisogna ricordare che il Sacramento pone nel cuore degli Sposi un germe, che deve poi svilupparsi ed investire tutta la vita, in modo che tutti i suoi aspetti (attività domestica, lavoro, divertimento, tribolazioni, ecc.) siano sempre più modellati da un atteggiamento d’amore: d’amore vicendevole fra i coniugi, e d’amore domestico per i figli. Si riverbera su queste forme quotidiane della vita l’amore di Dio per gli sposi e per i figli. Per questo si richiede un lungo sforzo per sottomettere l’amore naturale alle esigenze dell’amore cristiano; non basta aver offerto un impegno sacro al vero amore; bisogna rinnovarlo ogni giorno; bisogna in modo particolare ridargli piena freschezza nelle occasioni più importanti (nascita d’un bimbo, un anniversario, una croce, ecc.); bisogna vincere continuamente, per lo più dopo qualche anno di matrimonio, le tenta­zioni dello scetticismo, della delusione rassegnata, della stanchezza, del ripiegamento su di sé, dell’egoismo. La famiglia sa costruire spiritualmente ogni giorno; ed il suo valore è dato dalla fedeltà quotidiana al primitivo impegno dell’amore benedetto. Osiamo dunque pronunciare una grande parola: carità è diventato l’amore. Questo sacro impegno d’amore vivificato dalla grazia è infatti carità: coniugale, paterna e materna; quella carità, che genera ed esige l’incremento di tutte le virtù, non solo di tutta la vita cristiana, ma anche della vita familiare (I Cor. 13, 4-7). Donde nasce il dovere per gli sposi cristiani di studiare la Vita spirituale, propria del loro stato; corrispondente dovere del Clero di farsene un’idea adeguata e di illustrarla ai fedeli”.

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gsh Anno Montiniano a Brescia La famiglia Montini e le Sorelle Girelli Tra le conoscenze giovanili di G. Battista Montini, Paolo VI, vi è anche quella delle sorelle Girelli. Non sappiamo quando l’uno e le altre si siano conosciuti direttamente incontrati; ma sicuramente il giovane G. Battista ne sentì parlare in famiglia, ancora prima di diventare prete, sia perché le venerabili sorelle erano ben conosciute nell’ambiente bresciano, ma soprattutto perché la nonna Francesca Buffali Montini conosceva molto bene le Girelli. Il ricordo che Paolo VI fece delle due

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gsh sorelle in un famoso incontro nel 1966 a Castel Gandolfo con le Figlie di S. Angela, in cui il papa lodò le venerabili, augurandosi che fossero riconosciute finalmente beate, non fu semplicemente una reminiscenza storica di eccellenti figure bresciane, ma la testimonianza di una frequentazione diretta tra persone delle famiglie Montini e Girelli, sia pure con intensità diverse e a secondo delle epoche, che risaliva a più di cento anni prima. Infatti Francesca Buffali (1835-1921), nonna di Paolo VI, in gioventù era stata compagna in educandato, nel collegio delle Vergini di Gesù in Castiglione delle Stiviere, delle sorelle Girelli, entrate rispettivamente, Maddalena nel 1848, ed Elisabetta nel 1849. La Buffali conobbe anche la sorella minore delle due Girelli, Marietta (1846-1872), anch’essa in educazione a Castiglione nel 1856. La Buffali andò sposa (17 ottobre 1857) a Lodovico Montini, medico, originario di Sarezzo, ma abitante a Concesio; ebbe i figli: Luigi e Giuseppe, morti infanti; Giorgio (n. 30 giugno 1860, m. 12 gennaio 1943); Elisabetta o Bettina (1861-1941); Giuseppe (1867-1953); Agnese Lavinia (1868-1922); Paolina (1869-1919) e Maria (1872-1951). Giorgio sposò Giuditta Alghisi (2 agosto 1895), da cui nacque G. Battista, Paolo VI (26 settembre 1897). La conoscenza della Buffali delle tre sorelle Girelli si espresse in lettere di amicizia con la minore di loro, Marietta. Questa, il 7 gennaio 1864, si sposò, nella propria parrocchia di S. Agata, col conte Giuseppe Natale Passi (1842-1924) di Calcinate (Bg), ma andò poi ad abitare alla villa Passa in quella località. Il distacco tra le due recò loro qualche sofferenza, come rivela il fatto che la Buffali si mantenne in contatto epistolare con Marietta (possediamo nove lettere), dal 1864 al 1868: la conoscenza tra le due era ben più che sporadica, e si connotava di amicizia vera e intensa, come risulta da varie espressioni delle lettere e dalla confidenza su vicende quotidiane della famiglia della Buffali. Riprendiamo in queste note alcuni passi di queste lettere già pubblicati nella rivista “Istituto Paolo VI” (notiziario n. 57). In occasione del matrimonio di Marietta col Passi, 6 gennaio 1864, l’amica Francesca le scrive: “Col più affettuoso saluto ti tornino pure accettevoli mille sinceri auguri che faccio all’Altissimo per te in questa 14


gsh circostanza” (Brescia, 5 gennaio 1864). Francesca apprezza Marietta per la bontà del suo animo ed è fiera della sua amicizia: “Vado proprio superba della tua preziosa amicizia che ti prego a conservarmi e che io ti corrisponderò sempre egualmente di cuore” (Concesio, 9 luglio 1867). In un’altra lettera scrive: “Sentii vivamente nel cuore quanto sia dolce, cara e sommamente preziosa un’amicizia sicura basata sulla virtù. Doppiamente essa m’è cara in quantoche mi pare impossibile di meritarla, cioè per vero io non la merito, è tutta la bontà del tuo animo che compatisce i miei demeriti che sono pur molti, esclusane però la doppiezza e la freddezza nell’amarti, assicurandoti che sei proprio al mio cuore carissima” (Concesio, 1 novembre 1867). Il 26 maggio 1868, da Concesio: “Quanto più mi conosco di non meritare sì preziosa amicizia, credilo, tanto più ti son grata, ed ogni prova che me ne dai mi torna tanta più cara conoscendo la bontà dell’animo da cui mi vien fatta”. Francesca chiede lettere all’amica: “Tu scrivimi presto e allungo, e non dir più che temi le tue lettere siano troppo lunghe, mi fai proprio un torto poiché invece mi consolano assai, assai e vorrei che la lettura ne durasse sempre di più” (Concesio, s.d., ma fine 1866). (continua) A cura di don Mario Trebeschi

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s hVenerabili Preghierag alle Sorelle Girelli per ottenere grazie!

Elisabetta Girelli

Maddalena Girelli

O SS. Trinità, sorgente di ogni bene, profondamente Vi adoro e, con la massima fiducia, Vi supplico di glorificare le vostre fedeli Serve Venerabili Maddalena ed Elisabetta Girelli e di concedermi per loro intercessione la grazia... Padre nostro, Ave Maria e Gloria N.B.: 1) Chi si rivolge al Signore con la suddetta preghiera, specie in caso di novena, affidi la propria intenzione all’intercessione di entrambe le venerabili sorelle. 2) Ottenendo grazie per intercessione delle Venerabili Serve di Dio Maddalena ed Elisabetta si prega darne sollecita comunicazione a: Compagnia S. Orsola - Figlie di S. Angela - Via Crispi, 23 - 25121 Brescia. Chi desiderasse avere questo inserto da distribuire in Parrocchia, può richiederlo telefonando allo 030.295675. Supplemento a “La Voce della Compagnia di S. Angela. Brescia”, dicembre 2014, n. 4


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