In Altum

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Pubblicazione bimestrale durante l'anno scolastico da Settembre a Giugno - Poste Italiane Sped. in A.P. art. 2 comma 20/c L. 662/96 - Bergamo - Aut. Trib. BG n. 427 del 15.5.1964 - NUOVA SERIE - N. 145 - ANNO 31 - Maggio-Giugno 2013 PERIODICO DELLE SUORE ORSOLINE DI SAN GIROLAMO IN SOMASCA - DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: 24128 BERGAMO - VIA BROSETA, 138 - TEL. 035250240 - FAX 035254094 - e-mail: inaltum@orsolinesomasca.it - www.orsolinesomasca.it

Indica a tutti, Signore, la tua strada perché nel tuo tempo infinito possiamo trovarti e cantarti con l’innocenza del giorno del Battesimo, il mondo spalancato su un mare di sereno. Noi ombre affamate di sole.

(Orassiù, da “Réssoi”, pag. 34)

Elisa Faga Plebani


Redazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Anno della Fede a cura di don Davide Rota

Fede vera e fede falsa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Segni dei tempi a cura di Roberto Alborghetti

Un “uomo venuto dalla fine del mondo” per volontà dello Spirito Santo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I ragazzi e i giovani scrivono di Papa Francesco

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Immigrati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giovani generazioni: storie, volti, musica... per dire la fede a cura di Suor Barbara Ferrari e Mauro Barisone

Conta le stelle se puoi e... vivi la città! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Una storia vera... anzi inverosimile! a cura di Cecilia

Il cammino continua, illuminato da “bellissime” anche se faticose tappe... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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“Bergamaschi DOC” a cura di Assunta Tagliaferri

Padre Girolamo Lazzaroni - Colere (BG)

Direttore responsabile: Anna Maria Rovelli Redazione: Pasquale Diana, Chiara De Ponti, Elisa Faga Plebani, Maria Marrese, Veneranda Patelli, Concetta Rota Bulò. Hanno collaborato a questo numero: Ada Aielli, Amparo Tavares , Angela Pellicioli, Angelo Bonaiti, Anna Coppolino, Antonella Mosconi, Arturo Urbani, Assunta Tagliaferri, Barbara Ferrari, Cecilia Mangili, Chiara Beretta, Concetta Rota Bulò, Davide Rota, Edilza Reis, Ellen Joy Cajegas, Eraldina Cacciarru, Felicina Arisci, Gaetano Saracino, Giovanna Linares, Giusi Vartiato, Imma Signoretta, Innocenza Freri, Ione Ferreira, Yultiana Murni, Kelly Borge, Maria Marrese, Maria Saccomandi, Maria Teresa Pirovano, Massimiliano Eleonori, Massimo Orsini, Maurilia Pellicioli, Mauro Barisone, Nicola Ferrigni, Oreste Fratus, Pierina Peroni, Roberto Alborghetti, Rosalia Caminita, Teresa Forti, Teresa Schiavello, Teresinha Dias Tavares, Walter Michieletto. Realizzazione: STUDIO EFFE - Mozzo (BG) Stampa: PRESS R3 - Almenno San Bartolomeo (BG)

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156° anniversario del ritorno al Padre della Beata Caterina Cittadini . . . . . . . . . . . . . . . .

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1933-2013 80° anniversario della presenza delle Suore Orsoline di Somasca nel Quartiere di Valmelaina di Roma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Voci di casa nostra Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Belgio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Filippine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Libri in vetrina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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a cura di Maria Marrese


Redazionale

“Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano”.

C

(Atti 2, 1-2)

arissimi amici lettori fra tutte le notizie che ogni giorno, attraverso TV, Web… ci riempiono di idee e di confusione perché sempre meno “luminose” e tranquillizzanti, ce n’è una di cui dobbiamo far tesoro: la notizia della presenza sempre viva, sempre confortante dello Spirito Santo, come ci ricorda la Festa di Pentecoste, da poco celebrata. Come non riferirci alla semplice, ma sempre incisiva parola, di Papa Francesco per rivivere il grande significato, per noi cristiani, di questa ricorrenza? “L’evangelista ci riporta a Gerusalemme, al piano superiore della casa nella quale sono riuniti gli Apostoli. Il primo elemento che attira la nostra attenzione è il fragore che improvviso viene dal cielo, «quasi un vento che si abbatte impetuoso» e riempie la casa; poi le «lingue come di fuoco» che si dividevano e si posavano su ciascuno degli Apostoli. Fragore e lingue infuocate sono segni precisi e concreti che toccano gli Apostoli, non solo esteriormente, ma anche nel loro intimo: nella mente e nel cuore. La conseguenza è che «tutti furono colmati di Spirito Santo», il quale sprigiona il suo dinamismo irresistibile, con esiti sorprendenti: «Cominciarono a parlare in altre lingue nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi». Si apre, allora, davanti a noi un quadro del tutto inatteso: una grande folla si raduna ed è piena di meraviglia perché ciascuno sente parlare gli Apostoli nella propria lingua. Tutti fanno un’esperienza nuova, mai accaduta prima: «Li udiamo parlare nelle nostre lingue». E di che cosa parlano? «Delle grandi opere di Dio». Alla luce di questo brano degli Atti, vorrei riflettere su tre parole legate all’azione dello Spirito: novità, armonia, missione. 1. La novità ci fa sempre un po’ di paura, perché ci sentiamo più sicuri se abbiamo tutto sotto controllo, se siamo noi a costruire, a programmare, a progettare la nostra vita secondo i nostri schemi, le nostre sicurezze, i nostri gusti. E questo avviene anche con Dio. Spesso lo seguiamo, lo accogliamo, ma fino ad un certo punto; ci è

difficile abbandonarci a Lui con piena fiducia, lasciando che sia lo Spirito Santo l’anima, la guida della nostra vita, in tutte le scelte; abbiamo paura che Dio ci faccia percorrere strade nuove … La novità che Dio porta nella nostra vita è ciò che veramente ci realizza, ciò che ci dona la vera gioia, la vera serenità, perché Dio ci ama e vuole solo il nostro bene… 2. Nella Chiesa l’armonia la fa lo Spirito Santo. Lui è proprio l’armonia. Solo Lui può suscitare la diversità, la pluralità, la molteplicità e, nello stesso tempo, operare l’unità. Anche qui, quando siamo noi a voler fare la diversità e ci chiudiamo nei nostri particolarismi, nei nostri esclusivismi, portiamo la divisione; e quando siamo noi a voler fare l’unità secondo i nostri disegni umani, finiamo per portare l’uniformità, l’omologazione. Se invece ci lasciamo guidare dallo Spirito, la ricchezza, la varietà, la diversità non diventano mai conflitto, perché Egli ci spinge a vivere la varietà nella comunione della Chiesa… 3. La missione. I teologi antichi dicevano: l’anima è una specie di barca a vela, lo Spirito Santo è il vento che soffia nella vela per farla andare avanti, gli impulsi e le spinte del vento sono i doni dello Spirito. Senza la sua spinta, senza la sua grazia, noi non andiamo avanti… Quanto avvenuto a Gerusalemme quasi duemila anni fa non è un fatto lontano da noi, è un fatto che ci raggiunge, che si fa esperienza viva in ciascuno di noi. La Pentecoste del Cenacolo di Gerusalemme è un inizio che si prolunga. Lo Spirito Santo è il dono per eccellenza di Cristo risorto ai suoi Apostoli, ma Egli vuole che giunga a tutti…” (Omelia Pentecoste, 19 maggio 2013). Che cosa aggiungere a quanto Papa Francesco, nel suo stile semplice e profondo insieme, ci ha invitato a sentire viva in noi la presenza dello Spirito? E’ con questo invito a lasciarci guidare dallo Spirito nelle immancabili fatiche di ogni giorno, che auguriamo a tutti un sereno periodo estivo. La Redazione

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Anno della Fede

Fede vera e Nessuno è immune dalla possibilità di perder la fede o di praticare una fede falsa, neppure i battezzati… non si sa più cosa voglia dire credere e cosa comporti la fede…

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a quando la gente non ritiene più necessario rifarsi alla Chiesa e all’autorità del suo Magistero per capire cosa sia “fede”, succede che chiunque si senta autorizzato a sostenere in proposito le opinioni “màs disparatadas”, per cui tutto, e il contrario di tutto, alla fine è legittimato. Eppure il Vangelo mette in guardia contro coloro che (come ammoniva Péguy) “siccome non amano nessuno, credono di amare Dio”.

Vediamone tre:

A) LA FALSA FEDE DEI DEMONI Nel Vangelo di Marco, quando Gesù inizia il ministero pubblico, il demonio si fa vivo da ogni parte: – rimase quaranta giorni nel deserto tentato da Satana (1, 12); – nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare dicendo: “Che vuoi da noi Gesù nazareno?” (1, 23-24); – “Gesù scacciò molti demoni…” (1, 34); – “Gli spiriti impuri quando lo vedevano cadevano ai suoi piedi e gridavano “Tu sei il Figlio di Dio” (3, 11) l’indemoniato di Gerasa (5, 1)… Insomma! l’apparizione dell’inviato di Dio provoca l’entrata in campo del “principe di questo mondo” che, di solito, ha tutto l’interesse a passare inosservato: è evidente che sente minacciato il suo dominio. Ma, dove il demonio rivela appieno la sua identità, è nelle tentazioni (Mt 4, 1-11; Lc 4, 1-13), dalle quali si evince che:

Esiste, infatti, accanto alla vera fede, anche una “fede falsa”, un modo falso di vivere la fede che ha, però, le apparenze del vero per cui occorre un notevole discernimento per distinguere l’uno dall’altro. Il Vangelo, a questo proposito, offre precise indicazioni.

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• Satana è molto, anzi! tutto spirituale: in lui non c’è un solo grammo di materia! Lo spiritualismo disincarnato che lo caratterizza ha, però, generato in lui superbia e invidia che l’hanno rovinato. Satana, perché superbo, è invidioso dell’uomo: “Lucifero pieno di sapienza e bellezza ha saputo che un giorno ci sarebbero stati uomini che sarebbero pervenuti a una gloria simile alla sua…” e ha trovato la cosa insopportabile, afferma San Bernardo;


Anno della Fede

fede falsa Eva per indurli a peccare. E, dove Dio si rivela per un bene, Satana si fa presente per un male: così Betlemme, il luogo di nascita del Figlio di Dio, è anche il luogo di strage degli innocenti; • non esita ad insinuarsi ovunque, anche là dove il bene trionfa, tanto che San Luigi di Francia ammoniva “La dannazione è al centro della benedizione”.

• è ottimo conoscitore della Bibbia: “Satana è un biblista. Potrebbe dare addirittura dei punti a docenti del Seminario e, meglio di loro, addentrarsi nei dettagli di un problema di traduzione o di una disputa su una parola… La ‘tentazione nel deserto’ consiste nel sapere tutto del verbo scritto per poter meglio perdere il Verbo vivente” (F. Hadjadj, La fede dei demoni, pag. 27); • è pedagogo sopraffino e usa i migliori metodi pedagogici per indurre al peccato: “La tentazione che viene dal nemico consiste in un suggerimento: ora un suggerimento non viene dato a tutti allo stesso modo, ma ad ognuno secondo le sue tendenze e disposizioni” (San Tommaso d’Aquino); • è “simia Dei” scimmia di Dio, cioè scimmiotta Dio: “Diventerete come Dio” dice ad Adamo ed

Per concludere: Satana si presenta come persona di fede, tanto che “conosce Dio e crede in lui”…, ma non l’ama, anzi lo odia e lo detesta. Siccome è padre della menzogna, non è facile capirne i comportamenti, ma possiamo dire che la “fede satanica” è falsa perché non viene da Dio, non è dono suo e non induce alla conversione.

B) LA FALSA FEDE DELL’UOMO RELIGIOSO (Scribi, Farisei…) Non tutti sanno che in greco ὑποκριτής - ipocrita vuol dire attore: il che aiuta a capire perché Gesù accusi di ipocrisia proprio le persone più religiose del suo tempo, gli Scribi e i Farisei, contro le quali il Cristo ha parole durissime (Mt. 23, 13ss e l’inquietante affermazione di Mt. 21, 31: “In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio”). Alcune parabole di Gesù ci aiutano a capire meglio in cosa consista la falsa fede di quei religiosi:

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Anno della Fede

• Matteo 21, 28-31: parabola dei due figli che il padre invia nella vigna. Chi è il non credente?

Paradossalmente è quello che dice di sì, il figlio che dice sì, ma non fa la volontà del padre, anzi pretende che il padre faccia la sua volontà, rovesciando la petizione del Padre Nostro.

piti d’essere come il fariseo, che giustificava se stesso e disprezzava il pubblicano. E se, esaminandoti, troverai che hai peccato molto (e lo troverai, perché sei uomo), usa le parole del pubblicano: “Dio, abbi pietà di me peccatore“. Chi è il non credente nella prospettiva della parabola? E’ chi non bada a se stesso, vede la pagliuzza nell’occhio altrui e non la trave nel proprio. • Luca 16, 19-31: parabola del figliol prodigo. Chi è il non credente? Non è il figlio minore che ritorna a casa e si converte, sia pure dopo molti sbagli, ma incredibilmente il maggiore che rimane sempre in casa ed esegue tutte le norme, ma non conosce né misericordia, né perdono.

• Luca 18, 9-14: parabola del fariseo e del pubblicano. San Basilio: “Bada a te stesso; sii sobrio, ascolta i consigli; non trascurare il presente e non t’illudere d’aver già il futuro, che forse non si avvererà mai. Perché questa è la malattia di chi, leggero di mente, crede di avere già le cose che spera, il vizio dell’ignavo che vede da svegli gli oggetti del sogno. Per reprimere questa sfrenatezza di mente, la Bibbia ammonisce: “Pensa a te stesso“ perché non ti ca-

La fede è ipocrisia quando pretende di sostenere un ruolo senza che corrisponda una reale adesione di cuore e mente, quando pretende di piegare la volontà di Dio ai propri desideri. Essa è la falsa sicurezza di chi punta il dito contro chi sbaglia perché è convinto di non aver fatto peccati gravi; è mancanza di pietà, di misericordia, di umiltà, capacità di perdono, riconoscimento delle colpe…

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Anno della Fede

C) LA FALSA FEDE DEI CRISTIANI Il poeta tedesco Hölderlin scriveva: “Dove c’è ciò che salva, là cresce anche il pericolo”. Nel Nuovo Testamento è continuo il richiamo ai cristiani affinché non si illudano di avere la fede e invece non l’hanno. • “Guardatevi dai falsi profeti… Dai loro frutti li riconoscerete” (Mt. 7, 15-16). La fede non si misura su parole e sentimenti, ma sui frutti, sulle opere concrete… • “Non chi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo scacciato demoni?... Ma allora Io dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità” (Mt. 7, 21-23). Sant’Agostino così attaccava gli eretici: “l’orrendo e occulto veleno del vostro errore è che pretendiate di far consistere la grazia di Cristo nel Suo esempio e non nel dono della Sua persona”.

Nel resto del N. T., poi, le esortazioni ad evitare la falsa fede sono ancora più pressanti: • “Se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla” (1 Cor. 13, 2). La vera fede non è sola, ma accompagnata da carità e speranza che, non a caso, sono sempre citate insieme. • “A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere la fede, ma non ha le opere? Quella fede può, forse, salvarlo?” (Gc. 2, 14). La fede disincarnata non è cristiana. • “Conosco le tue opere; tu non sei né freddo, né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo, né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Ap. 3, 15-16). Tremenda ammonizione ai “battezzati tiepidi”!

Nessuno è immune dalla possibilità di perdere la fede o praticare una fede falsa, neppure i battezzati: oggi la trasmissione (traditio) della fede da una generazione all’altra (un tempo quasi automatica) sembra essersi inceppata; non si sa più cosa voglia dire credere e cosa comporti la fede; si è separata la fede dalle opere, la fede dalla vita; si è sostituita la figura del discepolo di Gesù con quella del bravo ragazzo, ma soprattutto si fa

• “Tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me” (Mt. 25, 45) è l’esplicitazione concreta dell’unico Comandamento: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore… e il prossimo come te stesso” dove l’amore al prossimo è presentato come garanzia dell’autenticità della fede professata.

consistere la fede nelle opere buone, nel comportamento corretto e “non nell’amore, nella sequela e nell’adesione a Gesù”. Don Davide Rota

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Segni dei tempi

Uno dei segni più significativi e incisivi di questo tempo non può che essere l’elezione al Pontificato di un “uomo venuto dalla fine del mondo”: infatti, fin dal primo giorno non fa che suscitare stupore e ammirazione in tutti ma, soprattutto, freschezza ed entusiasmo nel cuore dei giovani.

Un “uomo venu per volontà dello MISERANDO ATQUE ELIGENDO (motto di Papa Francesco) G

“Lo guardò con misericordia e lo scelse”.

“Tu sei Pietro e su questo pietra edificherò la mia Chiesa”. (Matteo 16, 18)

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esù vide un uomo umile, chiamato Jorge Mario Bergoglio, e gli disse: “Seguimi”. Vide non tanto con lo sguardo degli occhi del corpo, quanto con quello della bontà interiore. Vide un uomo e, siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: “Seguimi”. “I Cardinali sono andati a prenderlo alla fine del mondo, ma siamo qui”: così Papa Francesco esordiva il 13 marzo dal balcone della Basilica di San Pietro. Sono passati circa tre mesi da quando “quel Papa venuto dalla fine del mondo” stupì in pochi istanti il mondo intero. Da quel giorno abbiamo iniziato a riscoprire la tenerezza, la misericordia, il perdono, la speranza, la semplicità. E’ come un genitore: una paternità vestita di bianco, fatta di carezze, sorrisi, abbracci, incoraggiamenti. Immagini che hanno commosso, che hanno portato umanità in questo mondo da umanizzare. D’altronde lui è Pietro, il Vicario di Cristo nel mondo. Ma di fronte a questa chiamata, anche il Santo Padre si interroga su cosa significhi essere il perpetuo e visibile fondamento dell’unità della Chiesa. Chi è Pietro? Nel Vangelo Gesù Cristo

ha dato un potere a Pietro, ma di quale potere si tratta? Alla domanda dell’Apostolo segue l’invito: prenditi cura delle mie pecorelle, pasci i miei agnelli. “Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più, in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla croce e deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede e aprire le braccia per custodire il popolo di Dio e accogliere tutta l’umanità, specialmente i più poveri i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, chi è straniero, nudo, malato, in carcere” (Santa Messa inizio Ministero Petrino). Papa Francesco accende l’entusiasmo di essere cristiani perché ritorna all’origine della nostra fede, facendo eco alle parole di Gesù: “Chi tra voi vuole essere il primo, deve essere l’ultimo, deve essere il servo di tutti”. Non dimentichiamo che Papa Gregorio Magno si definì il “servo dei servi”. Il Papa è quello: il servo dei servi e, ribadirlo, fa bene a tutti, alla gente che riscopre la Chiesa e alla Chiesa che riscopre in questo modo la dimensione essenziale della sua vita e quindi ciò per la quale è stata chiamata: servire il mondo in un segno di unità e


Segni dei tempi

to dalla fine del mondo” Spirito Santo

umiltà: “Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri”. Papa Francesco non ha inventato parole nuove, ha usato quelle antiche del Vangelo; ma è proprio questo il miracolo, perché quelle stesse parole sono suonate nuove e vere: arrivano dritte al cuore di ognuno, senza mediazioni: “Chiediamo la grazia di non stancarci di chiedere perdono, perché Lui non si stanca mai di perdonare”. Ha iniziato una riforma profonda del Papato, senza affiggere manifesti teologici e ontologici. Si definisce “Vescovo” di Roma, “Sacerdote di Cristo”, rifiuta di vivere in una “gabbia dorata”, preferisce una stanza a “Sancta Marta” anziché l’appartamento storico dei Papi. Mette sotto sopra le abitudini curiali, ma con una forza tranquilla, come fosse il gesto più normale del mondo. Con i suoi modi sorprendenti e familiari, ha risvegliato l’interesse di tante persone, ha colpito tanti cuori. E’ riuscito a conquistare tutti perché dietro la “semplicità” delle sue parole e dei suoi atteggiamenti, si celano la profondità del suo pensiero e la grandezza del suo credo, tratti talmente ardenti che finiscono per incendiare i cuori di tutti.

Chi, infatti, potrebbe dimenticare le parole-cardine della prima omelia: un cristiano deve “camminare, edificare, confessare”. Pare la sinteticità di uno slogan pubblicitario. Eppure, i tre momenti della vita sono riassunti in questi tre verbi: camminare, perché la nostra vita è un cammino, edificare, cioè costruire la propria vita sulle fondamenta salde del Vangelo, confessare, cioè riconoscere e dichiarare Cristo concretamente. Sembrano ancora parole tanto semplici? Inoltre questo Papa, certo è affabile, simpatico, cattura le folle, proprio come Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Ma questi due rimanevano Sommi Pontefici, lui invece sta cambiando la natura del Pontificato. La notte in cui si è presentato alla folla, ha detto che la Chiesa di Roma “presiede con la carità il rapporto con le altre Chiese”, usando una vecchia formula di sant’Ignazio di Antiochia; sta smontando l’icona simbolica del Papato imperiale e sta cambiando, quello che è un centro di potere, in un centro pastorale. Non è una cosa di poco conto. Ci ha parlato di misericordia e speranza, di pazienza e di perdono. Ha esortato i giovani, i ragazzi e le ragazze ad aiutare tutta la Chiesa ad avere un cuore giovane, le donne a continuare a testimoniare la Risurrezione, i deboli e gli emarginati a non sentirsi esclusi, i lontani a non aver paura di tornare. Sta gettando le basi di un percorso nuovo. Vorrei concludere citando un passo di don Primo Mazzolari, tratto dal libro

E’ tempo di credere: “Le strade obbligate della divina carità non hanno nulla che richiami le strade obbligate della nostra frettolosa e corta sapienza. Così le strade della Chiesa, che son fuori completamente da ogni previsione di umana saggezza. Il Papa non conduce la Chiesa con senso umano. Egli è l’interprete sicuro di quello che lo Spirito viene preparando e attuando nella Chiesa, e ne segue le impronte. Il “Seguimi” è soprattutto per Lui. C’è una rotta già tracciata da un Timoniere invisibile, la quale si disvela man mano la nave veleggia. Se vogliamo consolidarci nella speranza dei destini della Chiesa, il quotidiano della sua vita va accettato con umiltà paziente e virile anche da chi presiede. Quante volte il Papa nella sua umanità sensibile e passionata al pari della nostra, sarebbe tentato di volgersi piuttosto a destra che a sinistra, risparmiarsi questa o quella prova! Ma la strada è segnata: il Pastore precede, il Pastore segue. La speranza più alta è nella fedeltà più piena. Tu, sequere me”. La divina Carità ci ha donato Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Giovanni Paolo II ci ha insegnato la speranza, Benedetto XVI la fede. La strada è tracciata: ora tocca a Francesco. Comunque lui ci ha insegnato già una grande virtù: la carità. Angelo Bonaiti

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Segni dei tempi

I ragazzi e i giovani scri Intervista ad alunni della Scuola Secondaria

È

“un Papa speciale”, “aperto a tutti”, “generoso e socievole”, “una persona molto umile”, “un Papa rivoluzionario”, “un Papa fantastico”…

aspettative che un “campione” di giovanissimi ripone nei confronti del Santo Padre. Le impressioni prevalenti riguardano gli atteggiamenti e lo stile con i quali Papa Bergoglio si è presentato fin dai primissimi momenti del suo Pontificato.

Sentiamo cosa ci dicono gli studenti FEDERICO: “Sembra simpatico e sta davvero dando l’esempio di essere generoso”.

GIORGIA: “Francesco è un Papa particolarmente speciale: si accontenta di poco, è umile, generoso e considera tutti: grandi, piccoli, ricchi e poveri”. Dunque: semplicità, umiltà, povertà. Sono questi i termini a cui i ragazzi ricorrono per esprimere e comunicare il proprio pensiero su Papa Francesco. C’è anche chi mette l’accento su alcuni segni e gesti; Paolo, ad esempio, confida di essersi commosso quando a Pasqua ha visto in televisione il Papa abbracciare “un ragazzo disabile e anche

GIULIA: “E’ molto simpatico, dolce e generoso, ma la cosa che mi piace di più è l’umiltà”. Sono, queste, soltanto alcune delle numerose espressioni spontanee che, come in una sorta di gioco-indagine, abbiamo raccolto su Papa Francesco, tra gli studenti di alcune Classi della Scuola Secondaria di primo grado, per verificare quali fossero i pensieri, i sentimenti e gli stati d’animo di ragazzi e ragazze, nei confronti di Papa Bergoglio il quale, a tre mesi dalla sua elezione, ha già ampiamente dimostrato di saper conquistare il cuore della gente, dei fedeli e anche dei non credenti. Le risposte degli studenti sono state tutte molto dirette e immediate, raccolte su fogli di protocollo passati di banco in banco. Nella loro simpatia e semplicità, offrono un quadro singolare non solo di “come” Papa Francesco è percepito ai loro occhi, ma anche delle

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LORENZO: “E’ un Papa buono, dolce e simpatico che aiuta i poveri e da’ l’esempio a tutti”. CRISTINA: “E’ aperto a tutti, generoso e socievole; non ha paura di dimostrare la sua solidarietà”. CHIARA: “E’ semplice e spontaneo verso tutti. E’ un grande esempio perché si basa sulla povertà”. EDOARDO: “E’ un Papa rivoluzionario che ci fa capire come deve essere la Chiesa: umile e povera”. OMAR: “E’ semplice, generoso, umile e un esempio da seguire”. CARLOTTA: “E’ molto dolce ed è soprattutto umile”. PAOLO: “Mi ha colpito quando ha chiesto a tutti i fedeli di pregare per lui”.

quando al primo Angelus ha salutato e baciato tutti i fedeli uno a uno”. C’è anche chi, come Alessandro, mette in rilievo la generosità di Papa Francesco ricordando l’invito che egli rivolse ai suoi connazionali – quando venne eletto Papa – di non spendere soldi per il viaggio a Roma, ma di donarli alle persone indigenti di Buenos Aires. La scelta di vita della carità è un altro dei temi che ricorre nei commenti dei ragazzi. NADIA: “Questo Papa ha dimostrato di


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vono di Papa Francesco di primo grado essere un Papa caritatevole e sempre pronto ad aiutare gli altri”. PAOLO: “Papa Francesco è, e spero sarà, un grande Papa: umile, caritatevole, buono e molto vicino ai cristiani”. GIORGIA: “E’ un Papa veramente buono e affettuoso”. MARGHERITA: “E’ umile come il Santo a cui si è ispirato”. FEDERICA: “E’ molto umile e buono con tutte le persone”. CHIARA: “Ha dimostrato la sua umiltà e la sua saggezza”. FRANCESCA: “Papa Francesco, sin dal primo momento, si è dimostrato una persona molto rispettosa e gentile”. ALESSIA: “Sin dall’inizio Papa Francesco mi è sembrato una persona umile e determinata”. Altri studenti cercano, invece, di scavare dentro il significato di un Pontificato che, per molti fattori, già appare straordinario. C’è, infatti, chi sottolinea termini e ambiti del servizio apostolico del nuovo Pontefice, il suo ruolo all’interno della Chiesa e della società mondiale.

fare testimone del cambiamento della Chiesa a un modo di vivere umile e semplice”.

STEFANO: “Papa Francesco è il Papa migliore che abbia mai conosciuto”.

FEDERICA: “Penso che porterà nuovo vigore alla Chiesa”.

FRANCESCO: “Papa Francesco ci aiuterà a uscire dalla crisi attraverso la preghiera e la fede in Dio”.

SARA: “Penso che Papa Francesco sia in grado di rappresentare al meglio la Chiesa”.

MATTEO: “Papa Francesco non pensa ai beni materiali, ma alla fede in Dio e alla preghiera”.

ALBERTO: “Credo che possa portare la Chiesa a un livello superiore e che convertirà molti religiosamente incerti”.

GABRIELE: “Riuscirà a fare della Chiesa non un centro di ricchezze, ma un centro di fede.

DAVIDE: “Papa Francesco sarà in grado di rivoluzionare la Chiesa che negli ultimi decenni si è allontanata dal modo di vivere annunciato nel Vangelo”.

ALBERTO: “Papa Francesco sta a contatto con la gente, è un Papa del popolo; inoltre, venendo dall’Argentina è molto legato alla povertà”.

ILARIA: “Papa Francesco vuole portare cambiamento e rinnovare la Chiesa dando per primo l’esempio, rifiutando il superfluo. E’ una persona concreta, che guarda in faccia alla realtà, non prova a nasconderla, ma la affronta. Ama stare a contatto con i fedeli”.

LORENZO: “Credo e spero che il nuovo Papa, con la luce divina di Dio, rischiari l’oscurità provocata dalla corruzione”.

ALESSANDRA: “Al Papa piace stare vicino alla gente”.

ANDREA-CHIARA: “E’ un Papa fantastico, sicuro dei suoi ideali e pronto a superare ogni ostacolo che gli si presenterà davanti”.

ANNA: “Papa Francesco ama stare con il popolo e ama trasmetterci la sua fede”. MARTA: “Papa Francesco è sicuro di sé, ma allo stesso tempo molto comprensivo”.

DAVIDE: “Grazie a lui e al suo esempio, la Chiesa si rinnoverà diventando più semplice e fedele al Vangelo”.

ILENIA: “Papa Francesco è umile e buono”.

ELENA: “Credo che Papa Francesco possa cambiare in meglio la Chiesa”. STEFANO: “Penso che in quest’epoca di importanti cambiamenti siano necessari per il mondo cristiano, una guida e un esempio concreto di vita cristiana. Dall’inizio del suo mandato Papa Francesco ha sempre richiesto una grande preghiera per il cristianesimo. Si vuole

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Segni dei tempi

Intervista a studenti della Scuola Secondaria QUALE IMPRESSIONE HAI AVUTO SUL NUOVO PONTEFICE IN RAPPORTO ANCHE AI SUOI GESTI? MARIO: “Sono stato piacevolmente colpito dalla sua semplicità, dal suo rifiuto di quelle ricchezze e comodità garantitegli dal suo essere Capo della Chiesa. Sono stato molto colpito anche dalla stretta sintonia che è subito riuscito ad instaurare con i fedeli e mi piace molto anche nel suo rapportarsi con bambini e ragazzi, anche tramite affettuosi gesti che contribuiscono a farcelo sentire, in qualche modo, più vicino”. ANDREOTTO: “Il Sommo Pontefice fin dalla sua prima apparizione mi è sembrato una persona di grande cuore, umana e disponibile perché molto vicino alla gente comune”.

confrontano, ma si completano a vicenda”. La stessa sera mi colpì il fatto di chiedere la benedizione su di Lui alla folla, prima che fosse lui a benedire tutti noi”. LAURA: “Papa Francesco mi è sembrato simpatico per il suo sorriso”.

QUALE FRASE TI HA COLPITO DI PIÙ E PERCHÉ? MARIO: “«Come vorrei una Chiesa povera per i poveri». È questa credo la frase che mi ha colpito di più!, oltre che rappresentare in maniera significativa la sua persona. Penso, infatti, che sia una risposta forte a tutte quelle persone che, osservando le ricchezze ecclesiastiche, perdono la fede nella Chiesa vedendola corrotta e troppo legata ai beni materiali. MAURY: “Impressione positiva”. MARIA: “Ho avuto un’ottima impressione”. SARA: “La prima impressione è stata molto positiva. Con il saluto stesso rivolto ai fedeli e il suo “buonasera” dopo la nomina, ha dimostrato fin dal principio la sua profonda umiltà e semplicità”. PATRI: “Le impressioni avute la sera della proclamazione a “Vescovo di Roma”, come Lui ha precisato subito, sono state molto positive e una “ventata di aria fresca” è entrata subito nel mio cuore; questo, però, non voleva dire metter da parte i Suoi predecessori; infatti, qualcuno disse: “I Papi non si

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ANDREOTTO: “La frase che mi ha colpito di più è stato il suo saluto d’esordio il 13 marzo: «Cari fratelli e sorelle: buonasera», perché sincero e diretto al cuore della gente. MAURY: “Il «buonasera» della sera in cui fu eletto”. MARIA: “La frase che mi ha colpito di più è stata «vengo da lontano» perché mi ha fatto pensare ad un ultimo e all’umiltà”. SARA: “Ogni discorso e ogni frase pronunciati dal Pontefice sono motivo di riflessioni sia per credenti che non. Una frase che mi è rimasta impressa è: «Non dobbiamo avere paura


Segni dei tempi

di secondo grado

mento che egli si è proposto di attuare nella Chiesa. Ma è anche un Papa attento ai giovani e soprattutto alla povertà e, come tanti hanno già proposto, lo definirei il «Papa dei poveri»”. della bontà e neanche della tenerezza» perché è una frase molto semplice e ricca di potenza”. PATRI: “Dopo aver sentito per anni l’esempio del Buon pastore e del suo gregge da parte di molti Consacrati, Papa Francesco uscì con la frase di «Essere pastori con l’odore delle pecore, in mezzo al proprio gregge», il che voleva dire «annullare le distanze», voleva dire tuffarsi in mezzo al gregge sentendone fino in fondo le difficoltà e non osservarlo solo dall’alto di una montagna, la montagna del potere spirituale”. LAURA: “Le parole che mi hanno colpito di più sono state; «Non dobbiamo mai avere paura della bontà», perché sono l’invito a ritrovare un cuore nobile”.

LA STORIA DÀ, A VOLTE, DEI SOPRANNOMI AI PONTEFICI (Papa Giovanni XXIII, il “Papa buono”, Papa Giovanni Paolo I, il “Papa del sorriso” ...). TU COME DEFINIRESTI QUESTO PONTEFICE? MARIO: “Per quanto riguarda il soprannome può forse apparire banale e scontato, ma secondo me «Papa povero» è molto azzeccato, non solo per il rifiuto dei fasti derivanti dalla condizione di Capo della Santa Sede, bensì anche per l’umiltà dimostrata fin dal primo discorso da Pontefice quando chiese ai fedeli in Piazza San Pietro di pregare Dio perché lo benedicesse: Papa in terra, ma povero come tutte le genti davanti al Signore”.

PATRI: “Papa Francesco è stato già soprannominato il Papa semplice; se volessi aggiungere un altro appellativo direi «Papa inaspettato» o «Papa pastore»”. LAURA: “Un «Papa misericordioso», un «Papa pieno di amore»”.

QUALE MESSAGGIO TRASMETTE A NOI GIOVANI? MARIO: “Ad un’udienza generale il Papa spronò i giovani a non sotterrare i propri talenti, ma ad investirli nei grandi ideali in cui credono. Credo che sia questo il più grande insegnamento che dobbiamo apprendere dal Papa, quello appunto di coltivare i nostri ideali più nobili ed esserne difensori e testimoni!”. ANDREOTTO: “Il Sommo Pontefice ci insegna a non abbandonare mai la Chiesa perché ci fa capire che Gesù è sempre presente e che noi abbiamo bisogno di Lui”. MAURY: “Essere umili”. MARIA: “A noi giovani il Pontefice insegna la speranza e il coraggio di andare controcorrente”. PATRI: “Il Santo Padre ci insegna a vivere secondo il vangelo per costruire un mondo migliore”.

MARIA: “Il soprannome che darei è «Papa povero»”.

SARA: “Molti giovani si allontanano dalla religione a causa della rigidità delle Istituzioni e della poca chiarezza della Chiesa in determinate situazioni; credo che questo Papa possa riuscire a riavvicinare molti ragazzi poiché è in grado di trasmettere i messaggi più belli che costituiscono i fondamenti della chiesa”.

SARA: “Pensando a Papa Francesco, partendo dal nome non possono non venire in mente le parole cambiamento, rinnova-

LAURA: “A noi giovani insegna la bontà, la fedeltà, la generosità e il vero Bene”.

ANDREOTTO: “Papa umile”. MAURY: “Papa dei poveri”.

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Segni dei tempi

Intervista ad alcune studenti universitarie 1. COSA PENSI DI PAPA FRANCESCO? – “E’ una persona carismatica, molto comunicativa, alla mano. Sembra che viva in prima persona il Vangelo che professa”. – “Persona molto preparata; conosce bene la persona di Gesù, il suo messaggio e vuole trasmetterlo a tutta la gente con profonda spiritualità”. – “E’ molto umile e semplice; sono convinta che può cambiare molto delle situazioni interne della Chiesa”. – “Ogni volta che parla mi commuove e le sue parole mi scuotono la coscienza ed entrano in me”. – “E’ un altro Cristo; si cala nell’umanità”.

2. COME VEDI LA SUA PERSONA IN RAPPORTO ALLA GENTE? – “E’ una persona di grande comunicazione. Si fa uno di noi; scende dal piedistallo ed evita i formalismi”. – “Comunica grande entusiasmo; vuole conoscere la gente e le loro situazioni; è sempre sorridente”. – “E’ un Papa che vuole il contatto con tutte le persone: il povero, il malato, il giovane, il bambino…”. – “Cerca di capire il bisogno dell’altro”. – “E’ un tutt’uno con le persone che incontra; mi dà l’idea che scenda negli “inferi” dell’umanità e la voglia riscattare”. – “Sa rapportarsi con i giovani ed è sempre pronto al dialogo”.

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Forse rifletteranno gli echi mediatici, forse anche le conversazioni in famiglia, ma è indubbio che questi “pensieri in libertà” su Papa Francesco da parte dei giovanissimi sono anche stimolo per interrogarci sullo straordinario momento che la Chiesa sta vivendo… E per essergli vicini con la preghiera. Del resto, ce l’aveva discretamente chiesto egli stesso, non appena si era presentato al mondo dalla loggia della Basilica di San Pietro, in quella storica serata del 13 marzo 2013. Roberto Alborghetti


Segni dei tempi

Immigrati Il Papa “venuto dalla fine del mondo”, appartenente a una famiglia emigrata in Argentina dall’Italia agli inizi del XX secolo, non può non essere considerato alla pari di chi, come gli immigrati, fanno un viaggio contrario al suo: dal mondo all’Italia.

HAMID SH (Iran)

iscrivermi alla Scuola per Infermieri, lavoro che faccio tutt’ora. E’ stato un periodo duro e impegnativo soprattutto nel condividere mentalità e nel superare pregiudizi, ma adattandomi, mi sono trovato bene e ho superato questo periodo con esito positivo. Ai miei familiari in Iran ho potuto finalmente dire: “State tranquilli per me, anche se ho nostalgia di voi e, forse anche del caos di quella megalopoli che è la nostra Teheran”.

M

i chiamo Hamid: Sh sono solo le iniziali del mio cognome. Vengo dall’Iran e mi trovo in Italia da vent’anni. In Iran facevo il contabile presso un privato e non mi trovavo male, ma desideravo conoscere il mondo per cui sono partito. Ho vagato un po’, adattandomi a gente e luoghi. In Italia sono giunto quasi per caso, ma in Pavia avevo alcune conoscenze e mi ci sono fermato. Intanto era maturato in me il desiderio di continuare gli studi, pur avendo, però, molte possibilità sull’indirizzo da scegliere; fu solo dopo molte esitazioni che decisi di

Forse, però, è perché noi iraniani siamo fantasiosi e sognatori. Se però rifletto, debbo dirvi che non si può sognare tutta la vita: il quotidiano è uguale per tutti, dovunque, si può riassumere nel potere di sbarcare il lunario. – Mi pare di intuire in lei una persona che, anche per i suoi trascorsi, tende al pratico, pur sen-

za incorrere nel materialismo. E’ guidato da un’idea religiosa? Quale? Un’idea sì, anche se non la posso chiamare appartenenza a una religione specifica. – E’ sereno nella sua condizione attuale e la condivide con qualche persona che le è cara? Sono sereno. Condivido la mia vita con Natalia. – Se qualcuno le chiedesse consiglio per migrare in Italia, che cosa risponderebbe? Per visitare i luoghi sì. Per il resto, di fare prima un’attenta valutazione, considerando bene che cosa ci si aspetta, non dimenticando che, in qualsiasi luogo e in qualsiasi situazione, la vita è una cosa meravigliosa. La vita è bella. Direi che essere positivi e ottimisti è un dovere, oltre che una forza. – Vorrebbe tornare in Iran? Non credo, perché la mia vita l’ho costruita in Italia: praticamente sento l’Italia come la mia seconda Patria e mi mancherebbe… l’Italia è bellissima e mi è cara. Elisa Faga Plebani

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Giovani generazioni: storie, volti, musica... per dire la fede

Conta le ste L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli

d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello. La città è a forma di quadrato. Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo. I basamenti delle mura della città sono adorni di ogni specie di

pietre preziose. E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente. In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte. Non entrerà in essa nulla d’impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello. L’angelo mi mostrò poi un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni. (Apocalisse, capitoli 21 e 22)

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Giovani generazioni: storie, volti, musica... per dire la fede

lle se puoi e...

vivi la città! C

arissimi,

questa volta la rubrica si vestirà d’un abito differente rispetto ai precedenti. Abbiamo deciso di concludere il percorso annuale con una riflessione sulla cittadinanza, riflessione che vuole aprire spazi di pensiero e volontà per costruire, iniziando dal piccolo, un futuro possibile, che sia pienezza di vita per tutti e ciascuno. Dopo aver parlato di sogni, dei sogni di alcuni giovani, di sogni che si sono misurati con una realtà non sempre rosea e appagante, del sogno di libertà che abita l’uomo e che lo spinge all’esodo, dei sogni che vengono rivoluzionati o procrastinati perché non ci sono le condizioni umane per poterli realizzare, ora approdiamo al Sogno di Colui che sogna. Forse più noi: al sogno di Dio. Un sogno palpabile, tangibile, non etereo, non “tre metri sopra il cie-

lo”, un sogno che ha bisogno delle nostre volontà, ma che tuttavia le precede. Un sogno paradossale forse, ma - diteci - c’è qualcosa o qualcuno che possa definirsi Paradosso e Dramma più di Dio stesso? Il nostro Dio, il Dio di Gesù Cristo, è il Dio fedele alle Sue promesse, come ci ha testimoniato la vicenda di Abramo. Il Dio che compie i sogni donando la terra, la città, il futuro, la discendenza … Nel brano dell’Apocalisse, con il quale abbiamo aperto la nostra riflessione, e che potrebbe essere la rilettura dell’esperienza di Abramo, dell’esperienza di ogni uomo, credente o meno, di ogni giovane in ricerca, leggiamo che il futuro sostenibile, che si concreta nella città è, prima di tutto, dono divino. Nulla possiamo con le nostre sole forze. Nulla! Se lo Spirito non soffiasse dentro noi i valori dell’umanizzazione, della solidarietà, dell’accoglienza, se lo Spirito non seminasse in noi la volontà di inventare spazi di condivisione, continueremmo a convivere come “non cittadini”, come “cittadini a metà”, come “cittadini di serie A e di serie B”. È lo sguardo trascendente della fede che conduce al rispetto e all’amore verso il prossimo e ci aiuta a scegliere di essere “cittadini e basta” e a mettere in pratica atteggiamenti che creano cittadinanza, atteggiamenti che scaturiscono in relazioni di giustizia e di mutuo soccorso. È vero: la realtà è complessa.

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Giovani generazioni: storie, volti, musica... per dire la fede

Oggi come oggi, la cultura è plurale; la nascita di nuovi linguaggi è l’orizzonte che contempliamo tutti i giorni; le trasformazioni socio-economiche, culturali, politiche, religiose sono così brusche da creare disorientamenti; le differenze sociali sono palesi e portano a tensioni critiche tra modernità e tradizione, particolarità e globalità, esclusione e inclusione. Questo panorama non deve incutere timore, ma aprire a spazi di pensiero positivo: la città, come la sogna Dio, è luogo di libertà e di opportunità; Dio la sogna a dodici porte, non a quattro corrispondenti alle mura. In essa le persone hanno la possibilità di conoscere altre persone, di interagire e di convivere con esse; Dio sogna la città costruita sull’interazione tra Antico (le dodici tribù dei figli di Israele) e Nuovo (i dodici apostoli dell’Agnello). Nella città è possibile sperimentare vincoli di fraternità, solidarietà, universalità: nella Gerusalemme sognata da Dio, l’assenza del Tempio è l’emblema di una globalità che va oltre le razze, le fedi, le appartenenze; tuttavia non si assiste all’abbandono del popolo, alla sua autoreferenzialità: nella Gerusalemme sognata da Dio, l’Onnipotente e l’Agnello ne costituiscono il Tempio. Senza un punto di riferimento assoluto, la realtà della città si spacca e si trasforma in una liquidità senza storia, senza identità. Purtroppo, si è passati da un mondo nel quale la fede dava forma al tessuto, a un mondo nel quale occorre ricollegarsi alla “umanizzazione” tipica del cristianesimo, per poter dialogare tra culture differenti, per maturare la consapevo-

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lezza che, spesso e volentieri, sono le nostre stesse forze e i nostri stessi intuiti che vengono vergognosamente impiegati nella “costruzione” di anti-città, sciupando il dono della città che solo l’intuizione divina può regalare all’uomo. Proviamo a fare un esame di coscienza e mettere sul piatto le nostre responsabilità per aver dimenticato il Sogno divino e aver contribuito alla costruzione di Babele… La Città santa, la nuova Gerusalemme, non è utopia, gente! E’ possibilità affidata alla nostra intelligenza, alle nostre mani, al nostro cuore, ai nostri occhi, alle nostre giovani capacità. Nell’insignificanza d’essere “lievito”. Esso, tuttavia, contiene in sé l’energia positiva di trasformare un impasto inerte in qualcosa di nuovo, di fragrante, che nutre le relazioni, che diventa il pane quotidiano, che ci dà vita. La nuova Gerusalemme non è utopia! È possibilità affidata alla nostra intelligenza, alle nostre mani, al nostro cuore, ai nostri occhi, alle nostre giovani capacità. Nell’insignificanza d’essere “goccia di fonte cristallina e pura”, “sguardo innocente” che sa “curare”, che sa “vedere”. Perché Dio vuole bagnare la sua opera di verità e bellezza, di sguardi che sappiano vedere gli altri come compagni (cum-panis: capaci di spezzare insieme il pane) e non come antagonisti. L’acqua e gli sguardi buoni creano vita, perché sono segno d’amore. L’acqua e gli sguardi buoni custodiscono una comune vocazione: uscire da sé, scaturire, per vivere la prossimità con l’altro. L’acqua e gli sguardi buoni sono la purificazione propria del martirio, la dimensione abbracciata da chi rinuncia a difendersi per andare incontro all’altro. L’acqua e gli sguardi buoni sono la pazienza e il coraggio di inventare cammini di vicinanza, di servizio, per rendere più credibile l’esistenza, per credere che vivere la città è possibile, come è possibile essere sempre nuovi, come la luce: perché Dio, per primo, ce ne fa dono.


Giovani generazioni: storie, volti, musica... per dire la fede

o”, Rizzoli 1992)

(da “Il dramma è Di

Essere nuovi come la luce a ogni alba come il volo degli uccelli e le gocce di rugiada: come il volto dell’uomo come gli occhi dei fanciulli come l’acqua delle fonti:

Io debbo essere un segno mai visto ipostasi del non visto prima, goccia consapevole o perla della notte, il lucente attimo d’Iddio che per me solamente così si riveli e comunichi.

vedere la creazione emergere dalla notte!

Unico male l’abitudine e la scelta tragica: discorrere invece che intuire.

Non vi sono fatti precedenti: non parlate di millenni o di giorni o di altri millenni.

E la mente si popola di idoli e il cuore è un deserto lunare: solo la Meraviglia ci potrà salvare aprendo il varco verso la Sostanza.

Né creatura alcuna correrà il rischio di essere sazia: principio altro principio genera in vite irripetibili come le primavere.

Allora il medesimo silenzio dell’origine nuovamente fascerà le cose, o eromperà - uguale evento - il canto.

Mauro Barisone e Suorbì maurokos@hotmail.com sr.b@tiscali.it

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Una storia vera... anzi inverosimile!

La gioia è Il cammino continua, illuminato da “be Medjugorje, Lourdes, Terra Santa, Madonna della Castagna… tappe che mi hanno donato serenità, gioia, luce…

5 agosto 2006 Partenza per un viaggio, per me inimmaginabile, alla volta di Medjugorje dove sono arrivata il 6 agosto, giorno della Trasfigurazione. Arrivando sono scoppiata in un pianto dirotto: qualcosa stava mutandosi, anzi trasfigurandosi in me per sempre. Il Signore e Maria stavano parlando al mio cuore. Allora mi veniva di chiamare quel viaggio “il mio viaggio di nozze” anche se non so esprimere a parole il mio

sentire… poteva essere a Medjugorje o altrove, ma lì si è verificato un processo ancora in atto... lì ho gustato il Tabor. Dopo il Tabor il Signore ci chiede di andare verso i fratelli… l’impegno a cui, a modo mio, cerco di non venir meno.

Anno 2007 PER I MIEI 50 ANNI HO SCRITTO: Il miracolo di vivere! Un amico mi ha detto che le cose belle della vita vanno incise sulla roccia… io, per ora, ho incominciato a scriverle sulla carta… “Grazie! Signore, con questa semplice parola desidero iniziare a scrivere, a manifestarti la gratitudine che avverto per quanto hai compiuto nei 50 anni della mia vita. Gratitudine e gioia traboccanti che ho assaporato intensamente in occasione delle mie “nozze d’oro con la vita”, fe-

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Una storia vera... anzi inverosimile!

possibile! parola di Cecilia (ultima puntata)

llissime” anche se faticose tappe...

sta che ho vissuta come un “tempo di grazia” condivisa con papà e tanti amici. Ripassando nella memoria gli anni dell’adolescenza rivedo le tinte cupe che avevo dentro me e riconosco quali miracoli hai operato, nel silenzio, dentro il mio cuore. Fin dall’inizio mi hai dato fiducia, hai creduto nella mia vita così com’era, l’hai guardata con gli occhi di chi ama, colmandola di attenzioni, ma questo io l’ho visto solo più tardi. Allora, ti sentivo distante; sentivo in

me una solitudine angosciosa e amara… ero bloccata dal timore che questa mia realtà mi escludesse dalla possibilità di dare e ricevere amore. Avevo dentro un senso di rabbia, di sfida verso Te, Signore, che ritenevo responsabile della mia dolorosa realtà, non trovavo niente di bello nella mia vita. Eppure, inconsciamente, non ero disposta ad arrendermi. Tu pazientemente hai atteso che incrociassi il Tuo sguardo, che incominciassi a vedere... Un susseguirsi di eventi dolorosi, in particolare la malattia e la morte della mamma, mi spinsero a reagire; in quel momento non avevo alternativa: o decidermi a vivere o lasciarmi spegnere. Disperatamente raccolsi la sfida cominciando a mettermi in gioco, sforzandomi di dare una mano alla fatica di papà. Fu l’inizio di un processo inarrestabile che dette ossigeno alla mia esistenza.

Uno spiraglio di luce iniziò a diradare le nebbie dell’isolamento che avvertivo dentro di me e si allentò quella sensazione di costrizione in cui mi sentivo imprigionata. Si aprì un varco sempre più ampio grazie a ciò che ricevevo dalle persone che intrecciavano la loro vita con la mia. Cominciavo a sentirmi amata e in me avveniva una trasformazione nel modo di rapportarmi a Te, agli altri, a

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Una storia vera... anzi inverosimile! me stessa. Ora trovavo nella mia vita spazi possibili, nuovi sbocchi, dove prima non vedevo niente. Nascevano cose nuove, come l’opportunità di riprendere lo studio. Si allargavano contatti e amicizie. Avevo trovato la gioia di vivere la mia realtà per quella che era. Finalmente il Tuo volto Signore, mi appariva paterno e l’esperienza della Provvidenza e dell’amicizia davano i loro frutti. E la mia storia continua e quello che sto vivendo è per me un tempo di grazia. Sto cercando di assaporarlo in pienezza. Ora la mia vita, fondamentalmente, è relazione con Te e con quanti mi circondano… Grazie per i tanti volti che concretamente rendono presente il Tuo amore nella mia realtà di ogni giorno, i volti in cui si incarna, si fa tangibile il Tuo amore che continua ad aprire strade imprevedibili, mi coinvolge e mi fa apprezzare quest’opera inedita che si va costruendo nella mia vita. Una creazione in cui Tu continui a operare riscattando i luoghi delle mie paure, delle fragilità, dei limiti trasformandoli in quelli dell’incontro, della comunione. Poco a poco intravedo il Tuo Volto: il Volto dell’Amore. A Te, sempre grazie!”. Cecilia

Lourdes 2008 Dentro ho un grande fermento al pensiero dei momenti che trascorrerò in quel luogo dove all’età di sei anni ero stata con mia mamma … Sono minimi i miei ricordi di quel viaggio in treno e sicuramente mescolati alle emozioni trasmessemi da

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lei. Certo che per mia madre era stata un’esperienza significativa e, come tale, me l’aveva riportata nei suoi racconti, quando mi parlava di essere partita con l’intenzione di chiedere la mia guarigione fisica, mentre, arrivata là, aveva invece chiesto che io fossi serena anche così… Beh, onestamente serena lo sono… e, comunque, lo sono diventata sempre più nel tempo. Mentirei se dicessi il contrario. Il fatto che poi questa cosa la mamma me l’abbia raccontata e ripetuta negli anni successivi, ritengo abbia collaborato positivamente perché quel dono potesse diventare fruttuoso nella mia vita, lasciando poi che Qualcun Altro operasse. La mamma è morta da tanti anni, ma sto pensando che, anche in questa occasione, non mancherà di accompagnarmi … dopo ben quarantacinque anni dal viaggio fatto con lei. Sicuramente per lei era stata un’esperienza significativa e così me l’aveva riportata nei suoi racconti… onestamente la fatica è stata tanta, ma serena lo sono. Non sfido la vita, la invoco e l’accolgo. Il mio viaggio non è stato solo “andare a Lourdes”, ma il “ritrovare Lourdes” nella mia vita, nell’oggi, perché ogni risorsa che il Signore ha messo a disposizione nella mia realtà, sia at-

tivata e produca ciò per cui mi è stata donata. Ho avvertito questo nella chiesa sotterranea, quella dedicata a Pio X. La Processione eucaristica stava facendo un lungo percorso; io ero in fila con tutte le altre carrozzine. Tra me e me rimuginavo quale motivo mi avesse spinta ad andare a Lourdes, anzi a ritornare a Lourdes… la mia vita procedeva serena, cosa ero venuta a chiedere?... la Processione in quell’attimo si fermò con il Santissimo di fronte a me… stavano benedicendo nella mia direzione... un pensiero scatenò in me un’emozione profonda, un pianto che non riuscii a trattenere e che mi scosse fino a trasformarsi in singhiozzi … era come se avessi sentito dall’Eucaristia la risposta che mi veniva da Gesù: “quello che tua madre ha chiesto l’ho concesso… non ho altro da aggiungere … le grazie ch’Io faccio non sono a metà, sono concesse in pienezza; sono Io che, questa volta, chiedo a te di accogliere in pienezza la mia Grazia…”. Sono tornata a casa con questi pensieri che continuano a ripetersi nel mio cuore e nella mia mente, continuano a riaffiorare nella mia memoria come un invito costante a cui non posso e non voglio venir meno. Ritengo che questo sia la continuazione e, in un certo senso, il completamento del precedente pellegrinaggio con la mamma, nella mia infanzia. E ho sentito che questo ci voleva!

Lourdes, maggio 2009 L’idea vincente è stata quella di Mariarosa che mi ha proposto di utilizzare la barella restando stesa, avvolta


Una storia vera... anzi inverosimile!

nel sacco a pelo per garantirmi una buona temperatura e per poter restare a lungo (vista la durata delle Funzioni) in una posizione più comoda rispetto a quella in carrozzella... Ma non basta... questa idea ha contribuito a pormi in una condizione di raccoglimento interiore... proprio quello che desideravo. Infatti, mi sono accorta che, avendo sempre il campo visivo rivolto al cielo o ai soffitti delle chiese... alla Grotta ed eventualmente ai volti di chi era vicino... più che il vedere era privilegiato l’ascoltare. Il risultato era proprio la possibilità di raccoglimento, di interiorità anche in mezzo ad una marea di gente... e la preghiera nasceva spontanea e riscaldava il cuore... e c’era spazio per l’amicizia per l’attenzione a chi era accanto, conosciuto o sconosciuto che fosse.

avevamo accolto volentieri l’idea pensando che, il luogo dove collocarla e accogliere le persone, fortunatamente c’era … e, considerato che avevamo ancora un buon margine di tempo, confidavamo di riuscire ad organizzarci per il Suo arrivo, confidando nella collaborazione di chi ci aiuta nella quotidianità… La sera del 7 settembre c’era una vera folla di parenti, amici, conoscenti...

La veglia notturna è stata un’occasione preziosa ... Il mio cuore è colmo di gratitudine verso tutti coloro che, in diversi modi, hanno partecipato a questo evento… ho proprio gustato profondamente la presenza della Madonna, qui nella nostra realtà quotidiana... a maggio sono andata io da Lei e a settembre è venuta Lei a trovarci: è stata un’esperienza straordinaria!

spirituale per guardare la vita da un’angolatura inedita, sperimentando che, grazie a Dio, ci sono frontiere che appaiono insormontabili, ma non lo sono. Non finirò mai di ringraziare amiche e amici che hanno reso possibile il viaggio, superando tenacemente ogni ostacolo, bussando a tante porte, arrivando fino all’Unitalsi nazionale che ha organizzato il Pellegrinaggio per il nostro piccolo gruppo: tredici persone in tutto… Quando l’amicizia si mette in moto risulta una vera forza! Avere come guida il Padre cappuccino Fra’ Pasquale, è stato un dono speciale per quanto e come ha saputo comunicare, per la sua fede gioiosa e umanamente sostanziosa. Fra’ Pasquale, elegantemente, così come usa dire lui, ci ha aiutati ad incontrare intensamente Gesù, a cogliere la forza del Messaggio evangelico attraverso le varie tappe del nostro itinerario… Ogni luogo ci ha disvelato emozioni intense e profonde, da salvare nel cuore.

Terra Santa, maggio 2010 “Pellegrinaggio casalingo” 7/8 settembre 2009 “Pellegrinaggio casalingo” mi sembra la più adeguata definizione di quanto ho vissuto se, come ebbe a dire qualche tempo fa Monsignor Beschi, “Pellegrinaggio non è fare un viaggio, ma andare ad un incontro”… L’appuntamento in questo caso era con la Madonna della Castagna… in casa mia! In primavera, quando mi avevano accennato a questa possibilità, io e papà

“Quale gioia quando mi dissero: andremo alla casa del Signore! Ora i miei piedi, Gerusalemme, si fermano davanti a te” (Sl. 21). Si, ho il cuore che trabocca di gratitudine e di gioia ripensando al viaggio in Terra Santa. Proprio così: dal 20 al 27 maggio eravamo là!... …Se ci penso… andare in Terra Santa è stata sicuramente per me qualcosa di eccezionale, un’esperienza più che mai preziosa… una ginnastica

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Una storia vera... anzi inverosimile! Ci sono ore che passano e ore che si incidono per sempre nella memoria… quelle vissute in Terra Santa sono, certamente, ore indelebili.

con chi ci è caro, abbiamo accolto volentieri un’idea di Emiliano, abbiamo scelto una statua della Beata Vergine di Lourdes da portare a casa come “Madonna pellegrina” da far passare tra i parenti e gli amici come un invito alla preghiera con Lei.

Lourdes 2012

Lourdes 2011 Lourdes a cuore aperto... Scorgere la possibilità che le “ferite della vita” possano rivelarsi feritoie, accessi alla luce: questo è un miracolo di Lourdes e rigenera la speranza. E questo aspetto mi richiama l’ultimo periodo di Giovanni Paolo II: quello che io ho recepito come il più significativo ... Stranamente è come se i suoi ultimi gesti parlassero di una forza che nasce dalla debolezza, di una dignitosa e vitale accoglienza del nostro essere... Arrivati con le ultime gocce dell’unico temporale di quei giorni, la sera stessa, nonostante il vento, abbiamo potuto partecipare alla fiaccolata e siamo subito entrati nell’atmosfera viva di Lourdes. Il mattino dopo il cielo era terso, il sole prometteva una giornata doc quando siamo usciti, diretti alla Basilica di San Pio X… E, proprio perché quando si è a Lourdes viene spontaneo voler condividere qualcosa di quello che si vive là,

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Abbiamo aperto ufficialmente il Pellegrinaggio con la Messa celebrata da don Michelangelo, responsabile spirituale dell’UNITALSI di Bergamo. Nella sua Omelia ha tracciato in tre punti le caratteristiche della spiritualità di Bernardette: piccolezza, offerta e sorriso … invitandoci a considerarle come linee guida di quelle giornate. A Lourdes l’anonimo non c’è … al limite c’è qualcuno che non hai ancora incontrato …

Ricordo la mattina della Messa celebrata alla Grotta da Mons. Beschi, rimasto “edificato” per la partecipazione numerosa e tenace dei fedeli e degli ammalati, nonostante la pioggia insistente. A Lourdes, infatti, sembra che ognuno tiri fuori il meglio di sé ...

Lourdes 2013 Questa volta sono partita con il pensiero che essere pellegrini è l’immagine di ciò che effettivamente è la no-

stra realtà umana. Popolo di Dio, in cammino … E’ accorgerci gli uni degli altri, è aver fiducia di quanto sta operando il Signore in chi ci è vicino, è cercare di sostenere nel percorso chi fa maggior fatica, fisicamente o interiormente, considerando che l’andare o volgere il passo a Dio, è un’opportunità e una responsabilità per ciascuno, ma anche di ciascuno verso gli altri. Sono andata a Lourdes con il desiderio di vivere da pellegrina tra pellegrini “per condividere” e, in un certo senso, accompagnare chi avevo invogliato a partecipare, amici con diverse realtà di fatica che avevano accolto la proposta di mettersi in pellegrinaggio.

Al ritorno, per me, è stato importante vedere sui volti serenità e sorrisi più distesi che nell’andata. E, ancora, sapere che durante quel viaggio avevano intessuto nuovi contatti, nuove conoscenze da continuare a casa, nella quotidianità. Vera soddisfazione quando ho sentito queste persone dire che sarebbero ritornate a Lourdes dove avevano scoperto una realtà a cui andare ancora, magari con i familiari.


Una storia vera... anzi inverosimile! Una bellissima novità

Le mie riflessioni personali andavano spesso all’idea di relazione, di comunicazione… favorita dalla mia posizione in barella, che a Lourdes mi fa guardare soprattutto a cieli e soffitti …così che mi è venuto da pensare all’esigenza profonda di essere collegati gli uni agli altri, al bisogno di essere in relazione… Stavo riflettendo su questo, quando il celebrante, Monsignor Bonicelli, ha fatto un cenno alla benedizione di Dio che, come la misericordia, la gioia, la tenerezza, arrivano a tutte le seti umane se ci facciamo canali che raggiungono ognuno … Quanto “accrescimento” si compie in ogni Pellegrinaggio, nonostante le pecche in cui possiamo trovarci! Se il concetto di pellegrinaggio è mettersi in moto … fare un cammino per il bene comune, è necessario dare il nostro apporto … Essere pellegrina è “camminare al passo con gli altri”… tanti fratelli che come me vanno ad abbeverarsi alla Fonte, per saziare le loro seti e per trovare una Madre amorevole che porta all’incontro con il Signore. Una Madre … che si fa “porta aperta” al cammino di fede. Maria “porta della fede” ci sollecita a essere Chiesa in cammino, ad essere vivi e generosi nel dono di sé.

In questi anni la mia vita è stata un costante fiorire di cose nuove, di esperienze che non avrei mai potuto mettere in conto, anche solo pochi anni fa. Situazioni che sono andate via via componendosi, grazie ai nuovi incontri, grazie all’aiuto e alla presenza di tanti amici, grazie a un susseguirsi di situazioni che nella mia fantasia non avrei potuto comporre meglio. Tra le cose più belle che mi sono accadute ultimamente c’è quella di aver potuto trasformare il nostro androne d’entrata in uno spazio “speciale” dove ogni settimana è possibile celebrare la Santa Messa. Da anni, grazie alla presenza in zona dei Padri Giuseppini e al permesso concessoci dal nostro Parroco, avevo potuto condividere la Celebrazione della Messa settimanale nella mia stanza, ma i muri erano effettivamente troppo stretti per poter contenere gli amici sempre in aumento. E, in modo inatteso e imprevedibile, in seguito al dono di una statua della Madonna Addolorata, che era stata dismessa da una Santella e che un’amica aveva chiesto ci venisse regalata, è iniziato un processo che spontaneamente ha messo in moto amici

che han fatto sì che l’androne d’entrata diventasse una Cappelletta. Era la primavera del 2010. Sono poi arrivati gli arredi necessari e ora la Cappella è uno “spazio” dove veramente ci si trova volentieri insieme a pregare: il venerdì pomeriggio con la Celebrazione della Santa Messa e il martedì sera per pregare insieme il Rosario e qualche volta per l’Adorazione. Momenti di grande intensità che hanno movimentato la nostra realtà! Questa Cappelletta ha fatto sì che si realizzasse un antico sogno di papà, ossia quello di veder realizzato uno spazio di preghiera e accoglienza nella nostra casa. E qualcosa di simile si è realizzato quasi “spontaneamente”.

E’ così, con questa realtà di particolari momenti, in un particolare ambiente in cui la devozione e la preghiera sono impreziosite dalla Presenza reale di Lui, l’Amore, che continuo, giorno per giorno, il mio stupendo cammino, non privo di fatica, ma sempre più gioioso verso la Luce vera! Cecilia (fine)

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“Bergamaschi DOC”

Padre Girolamo Non temete quando vi perseguiteranno... i vostri nomi sono scritti nel cielo!

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Una santa mamma! Padre Girolamo nacque a Colere (BG) il 27 settembre 1914. Era il quarto e ultimo figlio di Bartolomeo e di Domenica Bendotti. Crebbe quasi sempre senza papà, e m i g r a t o in Australia in cerca di lavoro. I bambini della famiglia Lazzaroni crebbero, quasi esclusivamente, sotto la guida e la direzione di mamma Domenica che non si faceva problemi a buttarli giù dal letto alle 5.30 del mattino per andare a servire la Santa Messa. Riferisce Don Giovanni Santi di Azzone (BG), che fu curato a Colere dal 1920 al 1925: “Fra i tanti bambini e ragazzi che ruotavano attorno alla Parrocchia per fare i chierichetti o per partecipare alle iniziative parrocchiali, non mancavano mai i fratelli Lazzaroni che, a dispetto del loro nome, erano invece laboriosi e intraprendenti, furbi e vivaci”. Si racconta che la tenera pianticella della vocazione religiosa in Girolamo, fece capolino nel cuore e nel pensiero del nostro missionario, durante una fredda mattina d’inverno

nella sagrestia della Chiesa di Colere, parlando con il suo Parroco, mentre aspettava che finisse di indossare gli abiti religiosi. Ad un certo punto, Girolamo si rese conto della sua vocazione che aspettava solo di essere presa in considerazione. Nel magro bilancio familiare, però, non c’era posto per la voce “Seminario”!… Girolamo dovette, per alcuni anni,


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Lazzaroni - Colere (BG) coltivare la tenera pianticella in casa, facendo quello che facevano gli altri fratelli, curando i campi e i pochi animali della famiglia. Due o tre volte la settimana, andava a casa del Parroco per familiarizzare un poco con il latino e la matematica. Poté andare in Seminario solo nel 1927, dopo che il papà era rientrato definitivamente dall’Australia. Con l’attestato di Terza elementare, conseguito nella Scuola di Colere, e le poche nozioni di latino apprese dal suo Parroco, a tredici anni entrò nel Seminario diocesano di Bergamo. Nel 1935, presa la decisione di diventare missionario, si trasferì all’Istituto PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) di Genova, dove frequentò gli ultimi anni di teologia. Fu ordinato sacerdote a Milano, il 24 settembre 1938 dal Cardinal Schuster. Il 19 agosto 1939 partì da Genova con il bastimento “Biancamano”, diretto in Cina, con altri missionari. Padre Girolamo era stato destinato alla missione di Han Chunfu, nella provincia dello Shensi, ai piedi dell’Himalaia, regione che non raggiunse mai a causa della guerra in corso tra Giappone e Cina.

Un viaggio lungo, faticoso e pericoloso Il bastimento “Biancamano”, su cui si imbarcò con altri missionari, impiegò ventotto giorni per raggiungere Shangai. Quando raggiunsero Pechino, al nostro martire e agli altri missionari sembrava di essere arrivati…, ma per raggiungere le loro missioni rimanevano da percorrere altri sette o ottocento chilometri all’interno del Paese. I nuovi arrivati si fermarono un anno a Kaifeng per imparare la lingua cinese; nel 1940 tutti raggiunsero le rispettive missioni a cui erano stati destinati. Padre Girolamo e Padre Piccinini, però, non poterono partire a causa della guerra e dell’inondazione. I soldati cinesi infatti, per mettere in difficoltà l’esercito giapponese, avevano allagato, con le acque del Fiume Giallo, migliaia e migliaia di ettari di terreno, sommergendo coltivazioni e case. Il Vescovo ritenne che Padre Girolamo potesse raggiungere la missione di Dingcum, dove vi rimase alcuni mesi assieme a Padre Bruno Zanella, anche lui missionario del Pime,

ma proveniente dalla provincia di Vicenza. Il 19 novembre 1941, Padre Girolamo venne assassinato assieme a Padre Bruno Zanella che era il Parroco della missione, al Vescovo Monsignor Antonio Barosi di Cremona, Delegato apostolico della regione, e a Padre Mario Zanardi, anche lui missionario del Pime e cremonese come il Vescovo. Quest’ultimo aveva voluto accompagnare il Vescovo perché sapeva che era molto pericoloso viaggiare da soli. E’ proprio il caso di dirlo: le vie del Signore non sono le nostre vie!

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Padre Girolamo La giovane vita di Padre Girolamo si può dividere orientativamente in tre periodi. 1. Quello della sua infanzia e prima giovinezza che trascorse nella sua casa di Colere e nel Seminario vescovile di Bergamo. Di animo buono e allegro, Girolamo era amato in famiglia; in Seminario era un compagno desiderato e ben voluto: la sua schiettezza e generosità lo rendevano amico di tutti. Si legge nel libro: “Val di Scalve, terra di Dio” che, durante le gelide serate d’inverno, quando in Seminario non c’era ancora il riscaldamento centrale, Padre Girolamo divertiva i compagni con i racconti creati dalla sua fantasia e con i suoi scherzi geniali che sapevano “tirar su” gli animi e riscaldare i corpi infreddoliti. Era bravo a scuola nonostante non avesse frequentato i primi anni delle medie, seguendo le semplici lezioni del suo Parroco. Si prestava ad aiutare gli altri come se fosse in cordata sulla Presolana. Non gli piaceva lasciare indietro gli altri né a scuola, né quando si andava in montagna o durante le passeggiate. Nel gioco era un compagno formidabile e leale. La sua velocità e prontezza nei giochi di movimento lo avevano fatto segnalare ai dirigenti della Società “Atalanta” che lo corteggiarono per un bel po’ di tempo... Amava la musica e la preghiera e, proverbiale, era la sua tenacia nello studio anche se non gli mancava un certo senso dell’humor, così da saper ridere di se stesso e degli altri rendendo la vita, con i suoi immancabili sacrifici, più piacevole e

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più gradita. Al Vescovo di Bergamo dispiacque molto perdere questo seminarista quando decise di continuare gli studi con il Pime, anche se sapeva bene che la Chiesa ne avrebbe guadagnato. 2. Entusiasmo, poesia e sogni animano il futuro del nostro Missionario. Il 2 settembre 1935 Padre Girolamo parte per il Seminario del Pime di Genova. Il suo ideale missionario incominciava a prendere corpo. Da questa data possiamo far partire il secondo periodo della vita di Padre Girolamo. A Genova segue gli stessi studi dei suoi compagni bergamaschi con l’aggiunta, però, di alcune materie: missiologia, inglese e medicina. Durante questi quattro anni, dalla scelta di partire come missionario alla partenza, Padre Girolamo non si estrania dal mondo comune, non si isola; rimane per i vecchi e per i nuovi compagni l’amico schietto e cordiale di sempre. Non si illude, comunque, che la sua vita sia senza sacrifici e senza sofferenze. Per allenare il suo spirito, come anticipazione a quello che sarà il suo martirio, gli vengono a mancare, a breve distanza l’uno dall’altro, i genitori. Quando viene ordinato Sacerdote, il 24 settembre 1938, avverte che la sua vita è cambiata. La sua gioia era piena, ma era cosciente che quella data era la conclusione di un sogno. La vita, il lavoro e le responsabilità stavano, infatti, per iniziare. La grande festa che i suoi paesani di Colere gli fecero (erano più di cento anni che a Colere non si festeggiava un Sacerdote novello), lo commosse tanto, al

punto che le lacrime gli rigarono il volto in parecchie circostanze. Senza saperlo, infatti, gli avevano voluto far questa grande festa quasi sapessero che, fra meno di tre anni, sarebbe stato ucciso. Padre Girolamo portò con sé in missione l’eco di questa grande festa e soprattutto il significato di fede della sua gente di Colere. 3. Salve terra dei miei sogni! Amata Cina!!! “Partire è sempre un po’ morire”, recita un proverbio popolare. Il 16 agosto 1939 è il fatidico giorno della partenza di Padre Girolamo verso la Cina. E, da questa data, possiamo far partire il terzo periodo della sua vita che, dal 16 agosto 1939 al 19 novembre 1941, è sicuramente il più breve, il più intenso, il più partecipato, il più tragico. Padre Girolamo non farà in tempo a raggiungere la sua Missione di Hanchunfu: venne, infatti, ucciso nella Diocesi di Kaifeng, prima che finisse la guerra cino-giapponese. Raccontano i suoi compagni di viaggio che, quando era giunto a Pechino,


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Padre Girolamo si era inginocchiato e, alzando le braccia verso l’alto aveva detto: “Salve, terra dei miei sogni! Amata Cina! Ti porto la luce della fede e i doni di Dio”. Arrivato nella nuova Missione provvisoria, Padre Girolamo osserva e ascolta il nuovo ambiente e il nuovo popolo… “dai costumi curiosi e graziosi, la Cina diventa sempre più bella e attraente a mano a mano che si conosce” (Lettera alla sorella Pacifica). Per un anno Padre Girolamo rimane nella casa regionale del Pime a Kaifeng per imparare il cinese insieme ai suoi compagni. Scrive ancora alla sorella: “Ogni giorno mi rendo conto di quanto sia ancora impreparato per la missione che il Signore mi ha affidato”. Nel giugno 1940, i giovani missionari lasciano la casa di Kaifeng per raggiungere le rispettive destinazioni. Padre Girolamo venne provvisoriamente destinato a raggiungere la Missione di Dingcum, come aiutante di Padre Bruno Zanella, in attesa che la guerra cino-giapponese finisse e gli fosse possibile raggiungere la sua missione.

La missione di Padre Zanella distava circa 300 chilometri da Kaifeng e seicento da Pechino. Scriverà Padre Girolamo: “Ho viaggiato in treno, in bicicletta, a piedi, in barca e in carretta, ma finalmente sono giunto in missione!…”. Anche in mezzo allo squallore portato dalle inondazioni del Fiume Giallo e dalle devastazioni della guerra e del brigantaggio, Padre Girolamo è contento e si butta nel lavoro. Osserva e si guarda attorno: parla con i bambini e insegna loro il Catechismo. Festeggia il Natale del 1940, celebrando tre Messe e confessando. E’ il primo Natale trascorso veramente in missione e sarà anche l’unico. In primavera la situazione si aggrava ancora: Padre Girolamo pensa ai suoi cristiani, alle loro tante sofferenze e alla loro infinita pazienza. Durante il mese di novembre 1941 Padre Zanella e Padre Girolamo attendevano la visita, più volte rimandata a causa dell’inondazione e della guerra, di Monsignor Antonio Barosi e di Padre Mario Zanardi, il missionario che aveva ceduto il posto a Padre Zanella a Dingcum. Erano attesi per celebrare le Cresime e anche perché il Vescovo aveva promesso che li avrebbe visitati nella loro missione.

La dinamica di una strage ancora non chiara Il Vescovo e Padre Zanardi giunsero a Dingcum il 18 novembre 1941, in bicicletta. Avevano avuto qualche avventura durante il viaggio con i militari cinesi che presidiavano la zona a

causa del loro lasciapassare rilasciato dai giapponesi. Il villaggio Dingcum, a cui erano diretti i due missionari e dove vivevano Padre Zanella e Padre Lazzaroni, era una zona considerata “Terra di nessuno” a causa della guerriglia comunista contro le truppe giapponesi e anche del dilagante brigantaggio. Ma Monsignor Barosi considerava suo dovere andare ad incoraggiare i due Padri che si trovavano in quel villaggio sperduto, senza nessuna protezione e esposti alle violenze di tutti. La mattina del 19 novembre fu dedicata tutta alla Santa Messa, alle Cresime e al disbrigo burocratico. Erano molti, infatti, i bambini e i ragazzi da cresimare; tutti erano confluiti a Dingcun, essendo la Parrocchia formata da molti villaggi. Il Vescovo e i Padri erano contenti del come si erano svolte le funzioni e si ritirarono in casa per consumare insieme il pasto quando una ventina di uomini, dall’aria misteriosa, irruppe nella missione senza giustificarne il motivo.

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Una vera e propria strage Il villaggio era stato assediato e nessuno poteva uscire di casa. La gente era terrorizzata. I banditi che erano penetrati nella missione, allontanarono il personale facendo piantonare la porta così che nessuno potesse entrare o uscire. Poi si rivolsero ai Padri. I primi ad essere affrontati furono Padre Zanella, che venne legato e imbavagliato nella sagrestia, e Padre Lazzaroni che venne legato, torturato e buttato nel pozzo. Presentatisi, poi, a Monsignor Barosi lo perquisirono e lo legarono accusandolo di essere una spia dei giapponesi. Volevano i soldi e tanti! Dopo aver legato e immobilizzato anche Padre Zanardi, gli incursori svaligiarono la missione e infierirono sui missionari che, dopo averli picchiati e torturati, li gettarono nel pozzo che si trovava in cortile. Solo la sera, favoriti dalle tenebre, il gruppo degli assalitori abbandonò la missione e il villaggio. Quando i fedeli riuscirono a entrare in casa fecero la macabra scoperta; non rimase loro che la triste e difficile impresa di recuperare le martoriate salme. Padre Girolamo fu l’ultimo ad essere ricuperato, il che significa che fu il primo ad essere gettato dentro. Era anche il più giovane: aveva solo 27 anni; Monsignor Barosi ne aveva 41; Padre Zanella 33 e Padre Zanardi 37.

L’ultima Comunione Nella missione e in chiesa tutto era in disordine e ribaltato; solo la lampada rossa, ai piedi del Tabernacolo dove era conservata l’Eucaristia, era ancora

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accesa. Forse, per una superstiziosa paura, i responsabili di quella strage non avevano osato avvicinarsi all’altare. Il domestico di Padre Zanardi, che era anche catechista e che aveva accompagnato il Padre e il Vescovo, sopravvisse alla strage nascondendosi nella legnaia senza respirare. Quando gli assassini dei Padri se ne furono andati, uscì dal suo nascondiglio e raccolse la Croce di Monsignor Barosi buttata dagli assassini quando si erano resi conto che era di legno. Poi, con i cristiani, aprì la porticina del Tabernacolo e distribuì l’Eucaristia; mai una Comunione fu così commovente e indimenticabile!

Privati anche di una degna sepoltura A causa della guerra e delle vicende storiche che seguirono, i nostri martiri furono privati anche di una degna sepoltura. Suor Tarcisia Salvi, missionaria in Cina al tempo di questi fatti, sostiene che le loro salme furono allineate e, secondo l’usanza cinese, mischiate a paglia e fango e murate in Chiesa, senza bara. Solamente quando giunsero a Dicgcum Padre Vitali e Padre Piccinini, le

salme furono messe in una bara e sepolte. Sopra fu costruito un piccolo monumento. Quella doveva essere solo una sistemazione provvisoria in attesa di poterle trasferire a Kaifeng. Non giunse mai, però, il momento giusto per dare loro una degna sistemazione, inizialmente perché non c’era la viabilità poi, sopraggiunto l’armistizio fra cinesi e giapponesi, Dingcum fu occupato dalle truppe di Chank Kai Shek; verso il 1947-48 arrivarono i soldati di Mao e, nel 1949, avendo preso il potere i comunisti, la Chiesetta di Dingcum e le altre Chiese cristiane furono distrutte; dove c’era la Chiesa e la Missione dei nostri martiri rimasero solo delle pietre. In seguito alcuni residenti, con i sassi delle macerie di questo avamposto missionario, costruirono modeste case. Per un periodo di tempo si credette che le spoglie di questi martiri fossero state disperse durante la guerra fra i soldati di Mao e quelli di Chank-Kai Shek, ma nel 2006 una delegazione di Colere, con a capo il Parroco don Ampelio Fenili e il Sindaco Gianfranco Belingheri, raggiunse Dingcum


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dove erano stati uccisi Padre Girolamo e gli altri missionari. Durante lo scambio dei doni fra le autorità cinesi e gli ospiti italiani, si convenne di costruire una Cappella sul posto del martirio. Il membro locale dell’Ufficio per gli Affari religiosi disse: “Il luogo del tragico avvenimento apparteneva alla Chiesa cattolica. E’ possibile, quindi, costruirvi una Cappella per ricordare gli stessi martiri, se la comunità cattolica ne sente il bisogno”.

Due testimonianze raccolte dal Gruppo colerese durante la spedizione in Cina

Era il 1950. Poi qui tutto venne distrutto. La ricostruzione della Chiesa risale solo al 1997. I resti dei corpi dei nostri quattro martiri riposano alla sinistra dell’altare maggiore di questa Chiesa nella quale si può am-

mirare una bella Ultima Cena e un grande Crocifisso”. Don Ampelio, a chi lo interrogava circa il suo viaggio in Cina per pregare sulla tomba di Padre Girolamo, disse: “La Chiesa di Zhoukou è ben tenuta. A destra e a sinistra dell’altare ci sono le statue della Madonna e del Sacro Cuore. Nel vedere qui la statua della santa Vergine, mi sono venute in mente le parole che possono essere state nel pensiero di Padre Girolamo. Nel momento della morte, sicuramente avrà ricordato la “Nostra Madonnina di Colere”, tanto cara anche a lui così che avrà detto: “Madonnina Santa! Aiutami!”. Assunta Tagliaferri

- Il Dott. Peng, che ha 59 anni ed esercita la professione di medico, dice ai pellegrini giunti dall’Italia per onorare la memoria di Padre Lazzaroni e degli altri martiri: “Ho sempre sentito mio padre parlare del martirio di questi quattro missionari avvenuto a Dingcum il 19 novembre 1941. Furono uccisi da guerriglieri mai individuati ufficialmente. Quel racconto l’ho sentito ripetere fin da bambino. Mio padre era catechista e ha assistito alla loro uccisione. Quando sono arrivati i guerriglieri, lui ha cercato di proteggerli, ma lo hanno picchiato e non ha potuto fare di più; il ricordo di quelle uccisioni lo ha tormentato per tutta la vita”. - Nella Chiesa di Zhoukou, dove ora riposano i resti dei nostri martiri1 la signora Wang ripete più volte: “Io c’ero quando i corpi dei missionari furono deposti nella botola.

I cristiani del posto si premurarono di nascondere i resti dei quattro missionari quando passarono i soldati della rivoluzione di Mao i quali distrussero tutto. Quando finalmente, negli anni Novanta, ottennero il permesso di ricostruire la Chiesa a Zhoukou, si preoccuparono che questa sorgesse proprio dove erano custodite le spoglie mortali dei nostri missionari martiri. 1

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156° anniversario del

della Beata

1857 - 5 MA

Festa liturgica che abbraccia “Vi lascio, ma solo col corpo, perché sempre io sarò in mezzo a voi… amate assai l’Istituto… applicatevi con zelo e amore all’istruzione ed educazione… abbiate amore a Maria Santissima… nulla vi scoraggi… siate umili, confidate in Dio…” (da “Testi delle origini”)

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ritorno al Padre

Caterina Cittadini

GGIO - 2013

“l’Istituto nostro voluto dal Signore” SOMASCA

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nche quest’anno la Festa liturgica della Beata Madre Caterina ha visto Somasca riempirsi di tante persone, che hanno voluto esserci per unirsi a noi nella lode al Signore per il dono di questa donna, di questa madre, che dal cielo veglia su di noi e su tutte le persone che a lei si affidano per chiedere aiuto e grazie particolari per la propria vita e quella dei loro cari. La felice coincidenza del 5 maggio con la domenica, Pasqua della settimana, ha reso ancora più solenne la Liturgia eucaristica, presieduta da Padre Franco Moscone, Preposito generale dei Padri Somaschi, e concelebrata da alcuni Parroci e da altri Padri Somaschi. Il canto d’ingresso, guidato con vero spirito liturgico dal coro di Vercurago-Somasca, ha espresso pienamente la gioia del cuore e la fede di tutto il popolo di Dio, radunato nella semplicità e nel desiderio del bene. E la commozione ha abitato il cuore al pensiero di una storia umilissima che ancora continua nel segno della fede e della carità educativa. In questo Anno della Fede, la Beata Madre Caterina è stata presentata in modo particolare come esempio luminoso di fede, così come affermato nel Breve Apostolico della Beatificazione: “Tutta la vita della Beata Caterina Cittadini, fino alla morte, brillò di ferma e indomita fede e di carità pienamente evangelica...” e Padre Moscone, nella sua Omelia, ha poi voluto evidenziare l’indissolubile binomio fede-carità, sottolineando la vicinanza a San Girolamo Emiliani nell’impegno spirituale e carismatico a vivere la maternità educativa verso le fanciulle e le giovani che erano affidate a lei e alla sorella Giuditta.

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Essere padri e madri nella fede diventa la scelta quotidiana di essere totalmente a servizio dei fratelli, fino al dono della vita, con l’umiltà e la forza di chi sa in chi ha posto la sua speranza. E così Madre Caterina, “donna forte e umile”, come cantiamo nell’Inno composto in occasione della sua Beatificazione, ci accompagna e ci sostiene nel nostro cammino talvolta spedito e gioioso, altre volte lento e gravato dalla croce e dalla fatica. Al termine della Santa Messa, la devota Processione con la Reliquia verso la Casa Madre, ritmata dal canto delle Litanie dei Santi, ha manifestato il desiderio di un cammino di santità che a Somasca trova, indubbiamente, una forza spirituale straordinaria. E, ancora una volta, tante persone hanno voluto baciare quella Reliquia per esprimere fede, speranza e certamente anche tanto amore e simpatia per questa nostra Beata, così vicina a tutti nella sua semplice e radicale santità feriale. Il saluto e la condivisione fraterna nel cortile della Casa Madre ha coronato la Festa: Festa del cuore e Festa dello spirito perché insieme, ancora una volta, abbiamo sperimentato la bellezza di sentirci in compagnia, uniti tra noi e accompagnati dai nostri Santi, che dal cielo hanno sorriso con noi. In conclusione… un’abbondante scroscio di pioggia, che abbiamo voluto accogliere come segno della benedizione di Dio sui nostri giorni. Suor Maria Saccomandi Superiora generale

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uest’anno ho tanto desiderato che giungesse il giorno dell’inizio della Novena in onore della nostra cara Madre Caterina. Il quadro, esposto sopra la porta della Chiesa e illuminato da un faro, mi era sembrato molto bello e mi soffermavo ad ammirarlo. Il 5 maggio è stato per me un giorno di grande gioia interiore; ho goduto, pure, nel veder esposto il quadro nella Basilica di San Girolamo; la Corale di Vercurago-Somasca ha reso solenne la Celebrazione eucaristica. Ho gioito nel vedere tante persone alla Processione e al bacio della Reliquia della nostra Fondatrice. Alla sera mi sono sentita stanca fisicamente, ma nel cuore avevo tanta gioia e ho pregato Caterina per le mie Consorelle e per tutti. E’ davvero bello e gioioso festeggiare i nostri Santi che dal Cielo intercedono per noi. Suor Innocenza Freri

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IMPRESSIONI SULLA FESTA DELLA BEATA CATERINA CITTADINI

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l viaggio da Bergamo a Somasca è stato per noi un vero Pellegrinaggio, grazie a Suor Elena e a Suor Faustina che ci hanno offerto la possibilità di trascorrere alcune ore insolite rispetto la routine quotidiana. La meta, Somasca con le sue caratteristiche, è entrata nel nostro cuore prima ancora di scoprire il fascino delle sue bellezze naturali e di percepire quelle spirituali. Infatti Suor Elena, lungo il tragitto ci narrava, con grande entusiasmo, la storia delle due sorelle Caterina e Giuditta, delle sofferenze e difficoltà da esse affrontate. A noi sono parse subito donne piene di fede e determinate a portare a compimento quanto il Signore aveva loro indicato. La vocazione che avevano in cuore l’hanno realizzata con perseveranza e tenacia sicure dell’aiuto di Dio. Il luogo in cui ci siamo trovate superava ogni nostra aspettativa. E’ proprio vero che, a volte, la realtà va oltre la fantasia! In quel magnifico posto abbiamo percepito, da subito, una pace profonda, ci sembrava di essere in “paradiso” dove anche la natura contribuisce a distoglierci dal mondo caotico e problematico di ogni giorno. Il poter respirare in un’atmosfera carica di santità ci rendeva il cuore più leggero e, per un attimo, abbiamo avuto la sensazione di essere in un altro mondo. Ed è proprio in questo luogo, come ci raccontava Suor Elena, che tutte le Suore hanno incominciato i loro primi passi di Vita religiosa e ogni anno, ancora oggi, vi ritornano per riprendere “fiato”, ricaricarsi spiritualmente; è qui che si ricompongono, infine, con tutte le loro forze per affrontare il passo decisivo verso l’incontro definitivo con il Signore. Sarebbe bello anche per noi trascorrere un po’ di giorni in questi santi luoghi per riuscire a gustare più profondamente la pace e la tranquillità che abbiamo appena assaporato! Questa esperienza ha risvegliato in noi il valore della preghiera e la riscoperta della fede; inoltre la presenza delle Suore accoglienti e serene, dal tratto semplice e cordiale, ci ha comunicato la loro gioia di appartenere a Dio e di avere offerto la vita per gli altri. “Davanti alla tomba di Caterina mi sono ritrovata in ginocchio a pregare e ho avuto la netta sensazione di stare davanti a una santa per chiederle grazie per me e per la mia famiglia”. Ringraziamo di cuore le Suore per averci offerto di vivere, sebbene per poco tempo, momenti intensi di spiritualità. La pace entrata in noi la vogliamo custodire e donare a quanti avviciniamo. Giovanna Linares, Imma Signoretta Giusi Vartiato, Rosalia Caminita Ospiti del “Convitto Caterina Cittadini” Via Rocca - Bergamo Alta

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BRASILE 䡵 SANTO ANDRE’

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giorni di preparazione alla Festa di Caterina sono stati veramente “Tempo di Dio”, perché tutto ci ha portato ad una profonda riflessione sulla vita di questa donna umile, fiduciosa e fedele. Il primo giorno, nella Comunità “San Girolamo Emiliani”, abbiamo riflettuto sull’infanzia della Beata; riflessione che ha avuto, come punto di partenza, le parole chiave: fame, freddo, abbandono, impegno, fiducia, lavoro, Maria come Madre... Il Vangelo del giorno diceva “... Rimanete nel mio amore ... “. Caterina trova presto in Gesù e in Maria il suo rifugio sicuro e il coraggio di rimanere con loro. Il secondo giorno abbiamo pregato nella Comunità del “Sacro Cuore di Gesù”, riflettendo, poi, sull’importanza dell’essere Educatori e del saper scegliere sempre bene e il vero bene per poter dare risposte buone alle tante grida del nostro tempo come Caterina ha fatto nel suo tempo. La Parola del Vangelo ci ha ulteriormente aiutati nella certezza che, essendo Lui solo “la via, la verità e la vita”, “se chiediamo qualcosa nel Suo nome”, la otterremo. Essere donna educatrice per Caterina ha sempre voluto significare, infatti, tenere il passo in questo profondo rapporto con il Signore Gesù e fare tutto per la “Maggior sua Gloria”. Il terzo giorno, nella Comunità “San Giuseppe operaio”, ci siamo avvicinati ad una “donna” che ha ascoltato e accolto la chiamata di Dio nella sua vita, abbandonandosi totalmente nelle mani del Padre. Abbiamo compreso maggiormente la ricchezza e l’importanza della chiamata di Dio anche nella nostra vita di oggi: il Signore, infatti, continua a manifestare la sua grandezza nello scegliere i piccoli che sempre amano, si fidano e si abbandonano. Il Sì di Caterina è un sì che ha generato vita in abbondanza nella storia attraverso ogni Suora Orsolina di San Girolamo in Somasca; questo Sì prende corpo, infatti, nella nostra vita quotidiana di Sorelle. Durante la messa in comune di alcune riflessioni, il signor Carlos Venancio, ha fatto dono della sua testimonianza dicendo cosa significa per lui celebrare la Festa di Caterina nella Comunità di Santo André: “Festeggiare Caterina significa gioire per quanto si costruisce lavorando insieme alle Suore. Io, infatti, sono innamorato di Caterina e del suo Carisma che ho seguito grazie all’invito che Suor Gennara mi ha fatto di partecipare al Gruppo ‘Amici della Beata Caterina Cittadini’ che stava per iniziare”. Il 5 maggio, giorno della Festa liturgica della Beata Caterina, nella Chiesa “Madre di Dio e degli orfani”, abbiamo partecipato alla solenne Santa Messa celebrata in suo onore. Nell’Omelia, Padre Carlos Alberto, Religioso somasco e Parroco, ripercorrendo i giorni del Triduo, ha messo ancora più in evidenza l’infanzia di Caterina e il suo essere educatrice e donna a tempo pieno per gli altri. Dice: “Insieme dobbiamo essere educatori per aiutare i nostri giovani a trovare Dio nella loro vita, a percepire e sentire la Sua chiamata.

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Cosa significa per noi la santità? Siamo tutti qui a celebrare e a vivere questo momento perché già ci sentiamo un poco santi. Vogliamo, infatti, ricordare il nostro Battesimo perché nel Battesimo siamo stati battezzati ‘Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo’ e, quindi, resi santi. Questa santità deve essere, però, guadagnata! Caterina ha colto le sofferenze dei più poveri, ha educato con cuore di madre, ha compreso cosa significa servire e mettere a disposizione la propria vita. Abbiamo davanti la sua figura: imitiamo la sua fiducia nella Provvidenza, la sua fede profonda nel Signore che non abbandona mai e la sua speranza nelle realtà del Cielo. Anche Caterina aveva i suoi punti deboli, però è sempre stata capace di prendere decisioni corrette e secondo la volontà di Dio. La santità è qualcosa di fondamentale nel nostro cammino perché ci aiuta ad andare al Signore, nonostante le fragilità che incontriamo. Caterina è diventata forte perché ha sempre confidato pienamente in Dio e ha sempre avuto piena consapevolezza di essere al suo servizio”. A noi, Suore Orsoline, non resta che ringraziare Dio che ci ha dato la grazia di condividere con i Padri Somaschi, con i quali da tempo lavoriamo, e con molte persone, la bellezza spirituale della vita della nostra Beata Caterina. Sono stati giorni di rinnovamento generoso al SI quotidiano e ci affidiamo sempre a questa nostra tenera Madre sull’esempio della nostra Grande Madre Maria Santissima. Suor Edilza Reis e Suor Teresinha Dias Tavares

䡵 TERESINA “Cantem os povos da terra, cantem os simples aos céus: a Providência Divina Catarina nos deu” “Cantano i poveri della terra, cantano i semplici al cielo: la Provvidenza divina ci ha dato Caterina” Abbiamo iniziato con questo canto la Festa in onore della nostra Beata Madre Caterina. Il mattino presto, noi Suore e le giovani della zona nord di Teresina, siamo partite per raggiungere le giovani della Comunità “Lar” e della Comunitá di “São José da Costa Rica” che si trovano nella zona più a sud di Teresina. Dopo un’ora di pullman e un pezzo di strada a piedi, arriviamo e, con gioia, siamo accolte da tutte.

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La preghiera iniziale accompagna e illumina la giornata; è il Vangelo di Giovanni che ci invita a “Osservare e a mettere in pratica la Parola del Signore” (Gv. 14, 23-29). Questa Parola ci entra nel cuore e a Dio offriamo quanto più “ci sta a cuore”: la famiglia, i giovani, le preoccupazioni per il futuro... Continuiamo la preghiera mettendoci in cerchio e dandoci la mano per sentirci sempre più unite. Ci portiamo, poi, in una sala della Scuola per cercare di conoscerci rendendo l’ambiente tranquillo e partecipato. A poco a poco ciascuna si sente libera di parlare e di essere se stessa. Attraverso diapositive sul tema della vocazione si fa sempre più chiara la bellezza di una chiamata che viene da Dio e che esige una risposta concreta. Il lavoro in piccoli gruppi fa emergere ciò che ciascuna ha interiorizzato: la differenza tra professione e vocazione, la capacità di scegliere, il non lasciarsi trascinare da tante proposte del mondo, la diversità delle vocazioni e la bellezza della Vita consacrata come missione e servizio. Il canto da’ il motivo giusto al cammino verso la santità alla quale tutte siamo chiamate, ma che ciascuna vive nella vocazione che accoglie come dono.

“Eu vou seguir os passos seus e vou sonhar um mundo irmão; eu vou... e vou colher... eu vou seguir... e vou viver um mundo irmão” “Io seguirò i tuoi passi, sognerò un mondo nuovo; raccoglierò… seguirò… vivrò in un mondo di fratelli” Con Madre Caterina si apre un orizzonte: l’esempio di una vita donata per amore, essere di Cristo per portare a Cristo. Attraverso significative diapositive di volti, di fiori, di vasi di argilla, di terra secca con un piccolo germoglio verde, di fonte di acqua cristallina, di una Croce luminosa e di un cuore con la scritta del nome di Gesú come centro della vita, le giovani ripercorrono il cammino dell’esperienza di vita di Caterina, il suo stile di vita e la scelta di essere Madre in Cristo per tanti giovani. La bellezza di una vita che, dalla sofferenza di aver perso gli affetti primari, si manifesta a suo tempo vita nuova, frutto di una fiducia totale in Dio, vera Fonte della vita. E’ un arrivederci questo incontro... E’ la condivisione di ciò che ciascuna porta con sé come bagaglio di vita nuova che arricchisce ciascuna giovane che si porta dentro l’ “Essere di Cristo per portare a Cristo, la Sapienza, l’Amore, la conoscenza, la responsabilità, il coraggio, la fiducia, la bontà, l’esperienza di Dio, il comunicare agli altri quanto imparato...”. Costruiamo, a piccoli passi, una nuova generazione sempre con lo sguardo in avanti, come è stato all’inizio per Caterina e sua sorella Giuditta che hanno dato vita ad una Congregazione religiosa fondata su Cristo per la missione. Un pranzo condiviso e uno scambio gioioso, proprio di chi è giovane, ha aiutato a creare nuove amicizie nel Bene tra giovani di luoghi diversi, di modi di vita diversi, ma desiderose di scoprire la Vita al di là di tanta sofferenza che circonda le nostre periferie e che provoca la paura, di suicidi di giovani, di morte per droga, per assalti, per violenze, per incidenti di moto, di discussioni in casa, di difficoltà nelle famiglie... Tutto finisce, con una bella partita “de bola queimada”, battaglia viva dei nostri tempi in Italia, nell’allegria di un giorno che lascia il segno della condivisione e della solidarietà. Ed ecco ancora il gruppo delle giovani del Real Copagre con le loro Suore,

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di nuovo sotto il sole, a prendere il pullman per il ritorno e per trascorrere ancora un’ora in allegria ricordando quanto vissuto in giornata con la certezza che Cristo sempre ci accompagna. Un abbraccio a tutti i giovani del mondo intero nell’Anno della Giornata della Gioventù a Rio de Janeiro. Il Cristo del Corcovado vi aspetta, ma soprattutto il CUORE APERTO di tanti altri giovani che si sono preparati con la voglia di accogliere, di camminare insieme e di conoscere la diversità dell’altro. Suor Angela Pellicioli-Suor Ione Ferreira-Suor Kelly Borge

䡵 UBERABA “Vem conosco, ó Catarina! No mistério de Jesus que se fez humilde e pobre caminho que nos conduz!”. “Vieni con noi, o Caterina! Nel mistero di Gesù, che si è fatto umile e povero, sentiero che ci conduce!“. (dall’Inno a Caterina)

E’ stato, questo, un ritornello costante sulle bocche dei bambini nella nostra Scuola materna durante la settimana della Festa in onore di Madre Caterina. Gli insegnanti hanno preparato molto bene i bambini e gli adolescenti a questa festa, con disegni, canti e preghiere. Al termine è stata fatta una mostra di tutte le attività. Inoltre è stato organizzato un incontro di spiritualità, di preghiera e di ringraziamento a Dio al quale han partecipato i genitori, gli amici e i collaboratori dell’Istituto delle Suore Orsoline qui a Uberaba; tutti hanno partecipato con gioia e ammirato il lavoro dei bambini. Domenica 5 maggio, giorno della festa, è stata celebrata la Messa liturgica della Beata nella nostra Comunità “Nossa Senhora Aparecida”. Gli adolescenti hanno eseguito una bella coreografia con l’Inno “Beata Caterina”. Dopo la Messa il rinfresco: ciascuna famiglia ha messo in comune quanto aveva preparato per condividere ed essere in comunione con altri. Noi Sorelle quest’anno abbiamo voluto dare un significato diverso a questa Festa e ai giorni di preghiera che l’hanno preceduta: quello di dedicare questo tempo interamente alla preghiera, al ringraziamento, al far conoscere maggiormente la Vita della Beata e l’Istituto. Tutto questo ha suscitato, in chi ogni anno partecipa a questo momento forte, il desiderio di un impegno maggiore a livello spirituale e ha portato speranza a noi il vedere la devozione di tutti coloro che hanno vissuto con fede questo momento forte. Suor Amparo Tavares

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BOLIVIA 䡵 TARIJA

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ome ogni anno, per la Festa della Beata Caterina Cittadini la nostra Scuola è impegnata in un percorso di maggior conoscenza e di preghiera intensa. Giovedì, 2 maggio, noi Suore della Comunità, attraverso immagini e scritti, abbiamo presentato ai genitori dei nostri bambini la vita della nostra Beata di cui la Scuola porta il nome. Le maestre hanno realizzato con molta bravura alcune danze tipiche della nostra terra in onore di Caterina Cittadini. I bambini, poi, con la loro semplicità, trasparenza e abilità, hanno continuato con uno spettacolino che ha commosso tutti. Venerdì, 3 maggio, tutta la mattinata è stata dedicata ad alcune manifestazioni sportive che ha visto impegnati genitori e bambini in corse, giochi di abilità… il tutto sempre con tanto sforzo per poter arrivare primi. Era bello vedere questi piccoli aiutare i grandi a raggiungere il traguardo e ottenere punteggi alti senza, però, lasciarsi vincere; doveva, infatti, essere loro la gioia di vedersi coronati con medaglie. E che gioia alla consegna delle medaglie! L’aver avuto al collo una medaglia d’oro (colorata in oro), una d’argento e una di bronzo ha insegnato loro che nella vita, quando si vuole raggiungere qualcosa, lo si può ottenere solo con l’impegno e la buona volontà. E quanto impegno! E quanta buona volontà! Uniti a tanta gioia perché lo stare insieme per uno scopo comune aumenta l’amicizia nei confronti di tutti. La mattina si è poi conclusa “dolcemente”. Il 5 maggio la Grande Festa. Tutti ci siamo ritrovati in Chiesa per la Celebrazione della Santa Messa in cui abbiamo voluto ringraziare il Signore per il dono di Caterina, vera Madre per quanti si affidano a lei, ma soprattutto Madre e Protettrice per i bambini che lei ha sempre prediletto e ancora predilige. La sua santità ci è sempre presente con la volontà di volerla imitare. In un incontro che ha fatto seguito ai giorni della Festa, abbiamo voluto sentire i vari pareri su come tutto era servito per la propria vita. Ciascuno ha espresso il suo grazie sincero perché ogni attività ha alimentato maggior solidarietà tra i bambini e maggior desiderio di confidenza e di collaborazione tra i genitori e gli adulti impegnati nel servizio educativo; tutti hanno ammesso, infatti, che ciò li aiuterà ad essere più responsabili nell’educazione e nel servizio. Ringraziamo e lodiamo il Signore per quanto ogni giorno ci dona. Suor Antonella Mosconi e Comunità

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䡵 COCHABAMBA

L

a Festa liturgica della nostra Fondatrice, Beata Caterina Cittadini, è stata presieduta dal Vescovo Mons. Eugenio Coter e concelebrata dal Parroco della Comunità Don Wilson Vidaurre, da Don Fernando Bustos, alla presenza di alcuni Diaconi. Alla Celebrazione hanno partecipato i diversi Gruppi parrocchiali dei giovani, dei bambini, dei ragazzini adottati, il Gruppo missionario, quello delle donne e del canto; hanno partecipato, pure, la Comunità delle nostre Suore di Condebamba e tantissimi amici. Il Vescovo ha messo in evidenza il lavoro che noi Suore operiamo con la gente da quarantanove anni, seguendo l’esempio della nostra Madre Fondatrice, cercando di “Essere sempre e ovunque vere madri in Cristo”. Ci dice: “Dovete essere sempre alla ricerca delle persone e vivere il più umilmente e semplicemente possibile con loro; lavorate con lo stesso entusiasmo e vivete il vostro Carisma seguendo il Vangelo di Cristo”. Dopo la Cerimonia, alcuni della Comunità hanno dato un tono gioioso alla Festa con canti e danze. Nel pomeriggio, dopo aver condiviso il pranzo con il Vescovo, i Sacerdoti, le Suore e alcune famiglie, abbiamo voluto ringraziare il Signore per il dono di Caterina, innanzitutto, e per le possibilità che ci offre di vivere con la nostra gente il nostro essere madri. Le Suore delle Comunità di Cochabamba e Condebamba

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INDIA 䡵 MYSORE

È

stata davvero una grande gioia per noi, quest’anno, essere insieme a festeggiare la nostra Beata Caterina Cittadini. Noi Suore delle tre Comunità presenti in Mysore ci siamo ritrovate per prepararci insieme alla Celebrazione eucaristica che ha segnato l’inizio di questa giornata e per vivere insieme in fraternità. Ogni Sorella, con il suo essere presente, ha fatto un dono grande a tutte; chi, infatti, negli anni scorsi ha avuto la possibilità di trascorrere un tempo di permanenza in Italia, ha fatto partecipe le altre dei luoghi delle origini del nostro Istituto, della Casa madre di Somasca, della Casa generalizia di Bergamo, delle nostre Sorelle, in particolare di quelle più anziane, alle quali va un grazie affettuoso e grande per il loro lavoro e la loro offerta in preghiera e sacrifici. Abbiamo fatto memoria dicendoci che è importante tener vivo il ricordo di persone e di esperienze che ci han dato, e continuano a darci, la possibilità di portare avanti il Carisma tra di noi e la nostra gente; un ricordo che abbiamo voluto portare anche all’interno della Celebrazione eucaristica, concelebrata dai Padri Monfortani che hanno condiviso con noi questa solenne preghiera. Alla presenza del Signore fisicamente eravamo noi Suore indiane, ma il pensiero e, soprattutto, la preghiera sono stati universali; ci siamo sentite proprio in profonda comunione con tutte le Sorelle della nostra Famiglia. Un unico motivo ha creato unità profonda tra noi in questo giorno: quello di essere sempre nel Signore e di fare tutto per “Lui solo”. Suor Theresina Vadakkekara

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INDONESIA 䡵 BANDUNG

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on il cuore colmo di gratitudine eleviamo le nostre preghiere e le nostre lodi a Dio per il dono di Madre Caterina alla Chiesa e alla Congregazione. Un sincero ringraziamento alla nostra Madre generale, Madre Maria Saccomandi e al suo Consiglio per aver preparato la bellissima Novena di preghiera in preparazione alla Festa che ci ha aiutate a riflettere maggiormente sulla nostra Vita di Consacrate, a rafforzare lo spirito di comunione con tutte le Sorelle presenti in diverse parti del mondo e a sentirci ancor di più appartenenti alla nostra Famiglia. Abbiamo festeggiato Madre Caterina con semplicità, ma con tanto entusiasmo e desiderio forte di essere insieme come Comunità presenti in Indonesia. La Comunità “San Giuseppe” che lavora in Lembang, è venuta a Bandung il pomeriggio del 3 maggio insieme ai signori Ibu Lalan e Bapak Kim, nostri benefattori che consideriamo nostri genitori. E’ stato un incontro molto gioioso in cui ci sono stati momenti forti di condivisione e di unità. Nel pomeriggio di sabato 4 maggio abbiamo partecipato alla Santa Messa in onore della Beata Caterina iniziata con il solenne canto del Veni Creator che ha riempito di gioia la Cappella. Il Parroco don Herry Nugroho, ha presieduto l’Eucaristia alla quale hanno partecipato parecchi parrocchiani e benefattori. La celebrazione si è conclusa con la Preghiera a Madre Caterina e il bacio della Reliquia. Alla Santa Messa ha fatto seguito un semplice rinfresco offerto dalla famiglia di Anna Zipora, nostra preziosa collaboratrice. Le Suore di Lembang hanno, poi, dovuto ripartire per la loro comunità, mentre noi abbiamo continuato a riflettere su quanto Dio ha sempre compiuto di meraviglioso nella vita della nostra Beata Madre Caterina e continua a compiere pure nelle nostre attività scolastiche e pastorali. Nel pomeriggio, alcune insegnanti della Scuola elementare sono venute a salutarci chiedendoci se potevano fermarsi con noi per pregare insieme e ottenere grazie per intercessione di Madre Caterina. Suor Tilde, Superiora della Comunità, molto volentieri si siede con loro raccontando la storia della vita di Caterina e terminando il tutto con la preghiera e il bacio alla Reliquia. Attraverso questo gesto semplice continuiamo a credere che l’amore di Madre Caterina per ogni persona che si affida a lei, è sempre più presente. E, ancor di più, crediamo alla promessa che ha fatto alle prime Sorelle che erano con lei agli inizi: “Io continuerò ad assistervi dal cielo”. In lei, con la preghiera di apertura per la sua Festa liturgica del 5 maggio, continuiamo a chiedere al Signore di “concederci la grazia di servire con fedeltà per essere sempre testimoni del Suo dolce amore”. Suor Yultiana Murni

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Bimestrale da Settembre a Giugno

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