Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n° 48) art. 1, comma 2, DCB Brescia
LA VOCE . DELLA COMPAGNIA DI S. ANGELA
Gennaio Febbraio Marzo 2017
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BRESCIA
VOCE della Compagnia di Sant’Angela di Brescia GENNAIO - FEBBRAIO - MARZO 2017
1 Via F. Crispi, 23 - 25121 Brescia Tel. 030/295675 - 3757965 www.angelamerici.it - info@angelamerici.it Nihil obstat quominus imprimatur Aut. del Trib. di Brescia n. 24/69 del 5 sett. 1969 Direttore responsabile: D. Antonio Fappani Tipografia: Alfa - Brescia Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Brescia
Le Mirofore - Icona russa, sec. XIX
La Redazione di Voce augura una Santa Pasqua 2017 nella gioia del Signore Risorto
La parola del Superiore
La festa di S. Angela è sempre una occasione propizia per ravvivare i sentimenti di fede che animano il singolare rapporto delle figlie con la Madre. Ci guidano a questo scopo alcune esortazioni di S. Paolo a Timoteo.
Ravvivare il dono di Dio
“Rendo grazie a Dio”, dice S. Paolo, per la fraterna collaborazione di Timoteo. Come non vedervi l’invito, a voi rivolto in questa ricorrenza, a ringraziare il Signore per il dono della chiamata a far parte della Compagnia di S. Angela e per la comunione fraterna che vi lega? Ricordando poi che la chiamata si è attuata con la mediazione di tante persone che in vario modo vi hanno aiutato sia in famiglia che nelle singole comunità a crescere nella fede così da disporvi ad accogliere la vocazione, anche voi, come Paolo
† Vigilio Mario Olmi 3
La parola del Superiore
ricorda l’aiuto che Timoteo ha avuto dalla Nonna e dalla Mamma, ricordate con riconoscenza sia i Genitori che coloro che vi hanno fatto conoscere la Compagnia e vi hanno accompagnato nel periodo della preparazione fino alla consacrazione. Tra le persone che vi hanno accompagnato, oggi ricordiamo con riconoscente affetto in modo particolare Maria Teresa Pezzotti, che è stata per 35 anni Superiora della Compagnia. Di lei volentieri ricordiamo la premura materna per le singole figlie e il ruolo determinante per il rinnovamento della Compagnia secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II, per la definizione giuridica della Compagnia tra gli Istituti secolari e religiosi che fanno riferimento al carisma di S. Angela, quale Istituto secolare “ante litteram” e il suo rapporto con l’Istituto secolare Federato. “Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio”. L’Apostolo Paolo raccomanda a Timoteo di mantener vivo il dono di Dio che gli era stato consegnato con l’imposizione delle sue mani, costituendolo vescovo a capo di una Chiesa particolare. Per voi il dono di Dio è la consacrazione a vere e intatte spose del Figliuol di Dio, celebrata con il solenne rito di Consacrazione, unendovi per sempre a Cristo Redentore e Sposo, e dedicandovi a servire Sua Divina Maestà nella Chiesa particolare. In tal modo avete posto la vostra verginità nelle mani della Chiesa e vi siete impegnate a partecipare alla missione della Chiesa, secondo il carisma di S. Angela, aggiornato, a seconda dei tempi, dalle venerabili Girelli e dal Direttorio. In realtà, partecipando alla vita e alla missione della Chiesa, siete state anche voi aiutate a rinnovarvi secondo lo spirito del Concilio e avete contribuito affinché il rinnovamento si attuasse nella comunione di tutti, ministri ordinati, consacrati e laici, superando i pericoli della mondanità e della divisione.
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La parola del Superiore
Inoltre l’Apostolo esorta a non cedere alla pigrizia e alla malavoglia, poiché ci è stato dato non uno spirito di timidezza, ma lo spirito di forza, di carità e di prudenza. E’ a tutti evidente che per contrastare la mentalità del mondo occorre non cedere al rispetto umano o allo sconforto a motivo di eventuali scandali o di incomprensioni; anzi, proprio perché abbiamo avuto lo spirito di forza e di carità dobbiamo testimoniare con coerenza il vangelo e, da parte vostra, la bellezza del carisma verginale. Proprio per la sapienza e la fortezza, doni dello Spirito Santo, potete agevolmente non solo distinguere il bene dal male, ma nutrire il proposito di perseverare nel cammino di santificazione e nell’osservanza dei fermi propositi di castità, povertà e obbedienza, assunti con la consacrazione. Infine vi dia piena fiducia il dono dello spirito di carità. Solo infatti con lo spirito dell’amore potete realizzarvi come donne autentiche, vere cristiane e consacrate, sia nell’ambito dell’educazione, dell’assistenza e della consolazione. Sarete in tal modo conformi all’insegnamento del Signore: “Sarete riconosciuti come miei se vi amerete gli uni gli altri”. Anzi come figlie di S. Angela metterete l’amore di Dio al primo posto. Innamorate di Cristo Sposo, con il Suo aiuto, amerete le persone che incontrerete nella vostra vita.
Fate come Sant’Angela, donna del Vangelo: dovunque portava la gioia del Vangelo, convertiva i cuori e aiutava all’incontro con il perdono reciproco. Siate perciò testimoni della gioia del Vangelo, come segno della gioia di essere spose di Cristo Gesù. Anche quando per suo amore sarà necessario prendere la croce per seguirlo con fedeltà.
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La parola del Superiore
La rinnovazione dei fermi propositi nella ricorrenza di S. Angela vuol essere una risposta concreta alla fedeltà con cui Cristo vi ha amate. Di nuovo mettete nelle mani della Chiesa la vostra risposta alla consacrazione sponsale, perché possiate essere sempre forti contro l’imprudenza, la timidezza e la pigrizia, per essere ferventi nella carità e generose nella fedeltà
Tutto questo diventi davvero quella forza singolare che vi accompagna come figlie di Sant’Angela a saper agire con prudenza, forza e carità con tutti e in ogni circostanza. La Vergine Santissima vi protegga con l’intercessione di S. Angela e delle Venerabili Girelli. (omelia in occasione della solennità di Sant’Angela 2017)
p. M. I. Rupnik, Sant’Angela Merici con la Madre di Dio, Ljubljana - Slovenia 2009
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La parola della Superiora
Il termine non è tanto sinonimo di
“comunità” quanto piuttosto di “comunione”. Perciò, nonostante il suo apparente contenuto strutturale, esso ha un valore che va ben oltre i limiti di una semplice formula associativa. L’insieme è una grande novità del messaggio mericiano, la forza dell’istituzione che ne deriva, lo spazio ideale e concreto di quella maternità secondo lo spirito, che dà compimento alla sponsalità. Che l’insieme finisse per costituire un’incredibile capacità di coesione lo prova il fatto che la Compagnia di S. Angela sia pervenuta fino ai nostri giorni nonostante le tempeste della storia, ripristinandosi anche dopo la rivoluzione, e la soppressione. Il principio genetico dell’insieme mericiano è Cristo stesso che dà vita a questo legame di famiglia. “figlie e sorelle nel sangue di Gesù Cristo”(Rc 1,1),
La fraternità nella Compagnia
Mariarosa Pollini 7
La parola della Superiora
dice S. Angela. E ricorda che il Padre stesso sua divina Maestà, ha concesso alle sue “dilette figlie e sorelle” la grazia di unirsi insieme al suo servizio (Rcpr,4); Lui che sa che cosa ne vuol fare (Rc8,5). Per dar concretezza a questo insieme, Angela stabilirà alcune manifestazioni esteriori comunitarie: i membri trovandosi insieme “ come care sorelle, ragionando fra loro di cose spirituali, rallegrarsi e consolarsi, il che sarà di non poco giovamento” (T,8): insieme di gioia. Insieme dunque, di fr ater nità e di gioia, di formazione, di sostegno, di prospettive, di preghiera. E’ lo Spirito Santo che presiede, Lui che è il mirabile insieme d’amore del Padre e del Figlio, Lui che è il loro amore-carità. Così la Triade divina, Padre Figlio e Spirito Santo, è veramente principio, modello e vita dell’insieme mer iciano. La comunione è un dono dello Spirito, che ci chiama a condividere la Vita Trinitaria e a rendere partecipi di questa esperienza i nostri fratelli. Questo è ben chiaro nella mente di Angela. In particolare tutti i suoi scritti hanno un accenno esplicito alla Trinità. La Regola inizia nel nome della “beata et indivisa” Trinità. I Ricordi e i Legati si concludono con l’invocazione alla Trinità. La centralità di Cristo, la potenza dello Spirito, il valore del Sacramento dell’Eucaristia, il legame fraterno messi costantemente in luce da S. Angela ci conducono continuamente alla Trinità e al primato di Dio. Per questo le manifestazioni esteriori d’insieme non possono r idursi a un mero legame formale, semplicemente associativo.
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La parola della Superiora
Devono essere, o almeno diventare, mezzo e testimonianza di spirituale comunione. Questa comunione in cui si esprime l’insieme mericiano, Angela l’ha incarnata, così come ne ha creato lo stile per le sue figlie. La comunione fra loro incomincia nel momento in cui Dio le ha elette “ad esser vere e intatte spose del Figliuol di Dio” e, dopo averle messe a parte, ha dato loro la grazia di unirsi insieme per Lui. L’insieme mer iciano è dunque dono di Dio; la sua forza di coesione non può venire che da Lui, ed è la carità. Perché “Dio è carità” (1Gv4,8.16). E solo la carità può unire in un tutto unico, senza confondere, i diversi elementi. Svestiamo la nostra carità da ciò che può avere di astratto o di strutturato, di artificioso o di puramente mondano; facciamo, della nostra carità, un “voler bene” semplice, schietto, trasparente, sereno e generoso. Per questo insieme-carità vi invito a r ilegger e in atteggiamento interiore di preghiera, l’ultimo Ricordo, e il penultimo Legato. Sono pagine per noi sacre, perché raccolgono le estreme volontà d’una madre morente: “L’ultima voce mia, che vi ripeto e colla quale fin col sangue vi prego, è che siate concordi ed unite insieme tutte di un cuore e d’una volontà. Siate legate col vincolo della carità l’una con l’altra stimandovi, aiutandovi e sopportandovi in Gesù Cristo...” (Rc, 9). “…quanto più sarete unite, tanto più Gesù Cristo sarà in mezzo (a) voi. Né altro segno vi sarà che la Compagnia sia in grazia del Signore, che l’amarsi e l’esser unite tutte insieme…. Ecco che l’amarsi e l’andare di buon accordo è segno certo che si cammina per la via grata e accetta a Dio…”(T,10). Solo la carità può garantire un’autentica comunione, cioè una fraternità non imposta ma liberamente scelta e partecipata, nel rispetto della singolarità di ogni membro e nello sforzo di ciascuna per alimentare l’armonia dell’insieme. Di qui quel car isma della parola che l’ha caratterizzata per tutta la vita e che ha un riflesso particolare della sua carità sarà proprio questo “metter pace”.
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La parola della Superiora
Raccomanderà anche alle figlie che “tutte le loro parole siano sagge e costumate (misurate); non aspre, non dure ma soavi e inducenti alla concordia e carità…” (Rc 5). Alle figlie raccomanderà pure “piacevolezza” (=affabilità), tatto e discrezione, rispetto della personalità: “Siate affabili ed umane con le vostre figlioline… La carità, la quale indirizza ogni cosa ad onore di Dio ed al vantaggio delle anime… ben insegna tal discrezione e muove il cuore ad essere ora piacevoli ed ora severe e poco o molto come bisogna” (Rc 2). La comunione l’essere insieme, (che è non solo mettere in comune capacità e doni, ma piuttosto fare spazio alla presenza e potenza di Cristo) è per la missione, è segno, è missione, ma anche la missione produce, costruisce la comunione. E’ questo, per così dire, il circolo ermeneutico che sta alla base della nostra vita, a partire dalla realtà prima, fondante: quella dell’essere e percepirsi “vere e intatte spose del Figliol di Dio”. Se è vero che S. Angela non ha inteso istituzionalizzare opere precise e comunitarie di attività pastorale, è anche vero che le vergini della Compagnia di S. Orsola, che vivono nel mondo, proprio perché consacrate al Signore Gesù, erano al servizio dei fratelli. Non può che essere così, perché così vuole un cuore che ama. S. Angela durante la vita esercitò una mirabile e multiforme missione; confortava i sofferenti, pacificava gli animi, consigliava chi era smarrito; la sua affabilità e la sua parola infuocata procuravano luce e sollievo a numerose persone bisognose. Quindi creava comunione in tutti gli ambienti, specialmente nelle famiglie. Anche oggi “La Chiesa conta molto sulle donne consacrate, specialmente in ciò che attiene alla dignità della donna e al rispetto della vita umana” (V.C.,58). La sponsalità di S. Angela è amore appassionato e traboccante per il Signore e si manifesta concretamente e storicamente nel dono totale di sé: la figlia di S. Angela 10
La parola della Superiora
che sia vergine e sposa non può che essere nel contempo madre, secondo quel modello archetipo che è la Vergine Madre Maria. Madre è chi dona, chi custodisce la vita, con la forza e la cultura della vita, il rispetto per la vita, da quella dell’embrione a quella del morente. Una madre mette tutte le sue energie, il suo genio materno a servizio della pace, della comunione tra i figli. Quanto ha da dire a questo riguardo una figlia di S. Angela! La nostra Madre, oltre ad avere esortato abbondantemente e con parole ispiratissime alla concordia e all’unione interna, fu apostola di pace. Tutte conosciamo gli episodi della sua vita che testimoniano a riguardo. C’è da dire che nessuno che non possieda la pace interiore non potrà mai diffondere la pace intorno a sé. Questa è la potenza, genio, mistero della donna, quando si tratta di servire e di salvare l’uomo. E’ capace di spingere in avanti, di infrangere le barriere, di occupare gli avamposti, di anticipare l’Ora, affinché Gesù manifesti la sua gloria e i suoi discepoli credano in Lui. Questa era la potenza di S. Angela e deve esserla nelle sue figlie. Questa è una potenza che crea comunione, che crea un insieme, che crea fraternità; dove? Parliamo da figlie di S. Angela. Quindi: comunione, insieme, fraternità nella Compagnia è possibile come accennato sopra. Comunione, insieme, fraternità, così ha fatto S. Angela e così la sopportazione e dal perdonarsi a vicenda; una fraternità che fa sentire tutti come figli dello stesso Padre.
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Alle sorelle ammalate
Care Sorelle anziane e ammalate, mentre attendevamo che Gesù venisse in mezzo a noi, abbiamo chiesto a Maria, Sua Madre, che prendesse tra le sue anche la nostra povera esistenza e la deponesse nella mangiatoia accanto a suo Figlio affinché la sua vicinanza sostenesse il nostro proposito di imitarlo coerentemente nella quotidianità del nostro vivere, talvolta carico di impreviste sorprese.
Del resto Lui che è Figlio di Dio nasce “fuori dalla città” come morirà “fuori dalla città” facendosi “Dono” per tutti noi e per insegnarci come la nostra vita sia un dono senza riserve. Lui, Gesù, non ha perso tempo, la sua “scappatella” in realtà è certamente un atto di obbedienza: “devo occuparmi delle cose del Padre mio”. Lui vuole uscire, crescere, vuole andare incontro agli uomini! E se noi abbiamo deciso di seguire il Cristo, si segue ovviamente uno che cammina. Guai all’immobilismo che paralizza il cuore e ci fa vedere solo noi stessi, il nostro “io”! Forse abbiamo bisogno di liberare il cuore dai nostri schemi, dai nostri progetti; difatti Gesù ci esorta alla semplicità: “Se non diventerete come bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli”. Come bambini vuol dire semplicità, fiducia senza restrizioni, abbandono totale, slancio generoso.
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Alle sorelle ammalate
Non si tratta di quietismo, ma di lavorare a togliere gli ingombri così che Dio possa arrivare fino a noi. Non cerchiamo Dio al di fuori di noi, mentre Egli è presente nella nostra vita e in coloro che andiamo incontrando: gli eventi attuali ce lo fanno presente e se sappiamo conoscerlo e servirlo nelle impellenti necessità, lo incontreremo realmente. “E poi c’è la “Parola”, le scritture alle quali dobbiamo essere disponibili, docili, vigilanti per non perderci nelle nuvole di un misticismo ipocrita o nella casistica di un’obbedienza formale” (A. Pronzato). La Parola di Dio con la nostra collaborazione è capace di compiere miracoli perché il Vangelo è in grado di illuminare i problemi di ogni tempo. “Quando si incontra il Cristo e si decide di seguirlo, si affronta un’avventura piena di rischi di imprevisti; siamo chiamati a vegliare con Lui anche nel buio della notte: si tratta di non diventare disertori, di non tradire, di rimanere inchiodati accanto al Cristo crocifisso, anche quando il Suo volto è poco attraente, anche quando abbiamo l’impressione che non ci sia” (A. Pronzato). La concretezza della vita di Gesù ci conferma la sua incomparabile fedeltà al “mandato” del Padre suo; nessuna persona doveva essere esclusa dalla salvezza: “…io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi, nessuno di loro è andato perduto tranne il figlio della perdizione” (Gv 7, 12). In quell’istante della Sua sofferenza esprime l’Amore che il Padre, per mezzo di Suo Figlio, ha per ognuno di noi: per me, per te, anche per coloro che lo tradiranno. Dinanzi a tanto Amore ci sentiamo sconvolte: ci viene in aiuto la preghiera di S. Angela che ci invita a pregare col profondo
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Alle sorelle ammalate
del cuore: “Ah me misera, che entrando nel segreto del cuore non ardisco per la vergogna di elevare gli occhi al cielo se non per innalzare a Te, Signor mio, penetranti grida per domandare misericordia…”. Chiederemo misericordia con atti concreti nel nostro quotidiano: S. Angela ce ne indica tanti, ma il più grande è la Carità. Ognuna nel proprio ambito faccia suoi i “Ricordi” di S. Angela e ci accorgeremo come il viverli più profondamente ci accosteranno sempre meglio al cammino che Gesù ha vissuto sulla terra e al trionfo glorioso della Risurrezione. Buona strada sulle orme di Cristo. Fraternamente Enrica L.
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Spiritualità
Ascoltiamo la Creazione Spesso abbiamo avuto l’occasione di osservare un cielo stellato nella sua misteriosa bellezza o il sole che, all’aurora, colora di rosso il paesaggio fino a mezzogiorno, regalandoci poi al tramonto nuove emozioni. In questo periodo poi la natura si risveglia mostrando la vita che rinasce: scopriamo la margheritina che trova spazio nella terra arida, le montagne che abbandonano l’aspetto invernale e gli uccelli che si danno da fare per costruire il nido per i loro piccoli. E’ il grande spettacolo che in ogni istante la natura ci offre se siamo capaci di fermarci in silenzio ad osservarla e a contemplarla. Preghiamo, inneggiamo con gratitudine al Creatore che ce l’ha affidata. Purtroppo ci ricordiamo della Creazione nei momenti in cui si ribella a causa delle violenze che subisce dall’uomo. Recentemente abbiamo assistito a ciò che possono fare le forze della natura: terremoti, valanghe, morte…Viene spontaneo chiederci: “Signore, dove sei?” “Perché non intervieni?” La risposta ci viene dall’Enciclica: “Laudato si’ mi’ Signore” di Papa Francesco che, dopo aver commentato il Cantico delle Creature del poverello d’Assisi e confrontandolo con la realtà del nostro tempo dice: “La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi;… dimentichiamo che noi stessi siamo terra”. Osservando il male che abbiamo provocato, in silenzio ascoltiamo il gemito della natura e chiediamo perdono a Dio: Lui ce l’ha affidata! (Gen 2,15 e 2,27). Dio affida ad ogni uomo anche la custodia di ogni suo fratello. E’ vero che sentimenti come l’odio, la vendetta, la ricerca del denaro e del potere sono sempre esistiti, ma mai come
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in questo tempo. Conosciamo l’intolleranza razziale, l’integralismo religioso, la povertà dilagante, la disgregazione della famiglia, la fuga dalla guerra di popoli interi, la sofferenza degli innocenti, e degli anziani, le conseguenze sociali e morali di leggi che compromettono convivenza civile. E’ altrettanto vero che ci sono ancora persone che si dedicano al bene del prossimo nell’azione e nella preghiera perdendo talvolta la loro vita! Noi, Figlie di S. Angela, sull’esempio della nostra santa Madre innanzitutto invochiamo la misericordia di Dio, il suo perdono. Estendendo al prossimo tutto il nostro amore, rileggiamo con attenzione e meditiamo possibilmente insieme, il V ricordo: vi troveremo grande conforto personale e per quelli che incontreremo nel cammino verso la GIOIA! Mariadele P.
La fantasia di Dio E’ da qui che inizia tutta la storia della fede in Cristo Gesù. L’evangelista lo sa bene, è da questa verità che scaturiscono tutte le altre. Ciò che conta è che Lui in un preciso momento fu generato e nacque da Maria sempre Vergine, Immacolata. Egli è l’Emmanuele il “Dio con noi” sempre, che perdona il peccato e nella sua misericordia ci dona il suo Amore, perché egli è l’Amore. Credere è dunque il gradino per salire la scala della conoscenza di Cristo Signore. E’ la Verità, perché è difficile raccontare la fantasia di Dio. Non è facile quando si dice che fu generato per opera dello Spirito Santo per tali realtà, non c’è spazio! 16
Spiritualità
L’Evangelista Matteo chiede un esercizio di pazienza prima di un atto di fede, ma un Dio che è atteso, che viene ad abitare in mezzo a noi e che Cristo stesso in un altro brano del Vangelo dice che sarà con noi ogni giorno fino alla fine dei secoli, allora perché temere? Egli è Risorto per noi! Non si riesce ad abituarsi alla meraviglia dell’Amore di Dio, non si riesce ad abituarsi alla ricca fantasia di Dio, è vera, concreta e meravigliosa.
Sant’Angela e il suo Signore Ricordo un canto: S. Angela lo sai ti ho conosciuto e nel mio cuor tu resterai... E’ importante che nel mio cuore ci sia la fede; ci sia quella fiducia nella Misericordia e nell’amore di Dio. S. Angela è una santa moderna o come si dice oggi, è all’avanguardia! Perciò si mise in viaggio, come pellegrina, in terra Santa con tutte le difficoltà del tempo. Infatti riguardo l’obbedienza ella dice che :” invitiamo ciascuna ad osservare la S. Obbedienza “ sola e vera negazione della propria volontà, essa è basata sulla Carità talvolta è come una grande luce, la carità. Obbedire perché dice l’Eterna Verità: Chi ascolta, ascolta Me; e “chi disprezza voi, disprezza me”. Molte persone si rivolgevano a S. Angela per chiedere consigli, perché avevano stima di lei e soprattutto perché lei metteva Dio al primo posto. Mariuccia G. 17
Festa di Sant’Angela 2017
Assemblea del 26 gennaio Il giorno 26 gennaio per la compagnia è un giorno particolare, è la vigilia della festa di S. Angela e, come consuetudine ogni anno, è il giorno del nostro ritiro plenario. Anche quest’anno siamo giunte a Brescia e riunite nel salone del centro Mericiano (ormai siamo poche e la cripta è troppo grande) ha avuto inizio la nostra giornata. La preghiera di Lodi ci ha introdotto nel ritiro seguito dal saluto della superiora e poi dalla meditazione del superiore; la mattinata è andata concludendosi con l’adorazione Eucaristica e la S. Messa. Il pomeriggio ha concluso la nostra giornata con una gradita sorpresa la presentazione del libro di Maria Teresa Pezzotti (per una prima biografia).
La presentazione è stata introdotta dal prof. G. Pietro Belotti che ha evidenziato il suo aspetto materno, poi l’intervento di don Mario Trebeschi si è sviluppato sulla storia della Compagnia nei 35 anni sotto la guida di Maria Teresa, infine la signora Doralice Vivetti ha illustrato la figura di Maria Teresa come donna, religiosa e civile. Penso che per ognuna di noi presenti all’incontro sia stato un mo-
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mento di grandi emozioni ma soprattutto nella nostra mente sono passati, come una carrellata di ricordi, tutti i momenti belli, brutti, complicati, gioiosi…trascorsi con lei. Luigia L.
Veglia vocazionale Il 26 gennaio, in occasione della Festa di Sant’Angela, come ogni anno, abbiamo condiviso la Veglia Vocazionale con i vari rappresentanti di Istituti di Vita Consacrata, con i Seminaristi e alcune realtà presenti nella nostra Diocesi che, in vari modi, accompagnano il nostro cammino. Con loro abbiamo riflettuto e pregato sulla gioia del Vangelo. Ci sono state di stimolo le parole del nostro Papa Francesco: «La carta d’identità del cristiano è la gioia»; lo «stupore» di fronte alla «grandezza di Dio», al suo «amore», alla «salvezza» che ha donato all’umanità non
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può che portare il credente a una gioia che neanche le croci della vita possono scalfire, perché anche nella prova c’è «la sicurezza che Gesù è con noi». «Chiediamo al Signore che ci dia lo stupore davanti a lui, davanti a tante ricchezze spirituali che ci ha dato; e con questo stupore ci dia la gioia, la gioia della nostra vita e di vivere in pace nel cuore le tante difficoltà; e ci protegga dal cercare la felicità in tante cose che alla fine ci rattristano: promettono tanto, ma non ci daranno niente!». Ricordatevi bene: un cristiano è un uomo e una donna di gioia, di gioia nel Signore; un uomo e una donna di stupore».
Nella gioia viviamo la nostra consacrazione e preghiamo incessantemente il Signore perché doni alla nostra Chiesa sante vocazioni.
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27 gennaio solennità di Sant’Angela Merici: omelia del Vescovo C'è nella Lettura del Profeta Osea la strategia che Dio mette in atto per ricuperare il rapporto di amore con Israele. Inizia in modo traumatico perché comincia dicendo: «Accusate vostra madre, accusatela perché lei non è più mia moglie ed io non sono più suo marito». In qualche modo il rapporto tra Dio ed Israele si è spezzato come un matrimonio fallito ed il motivo è descritto in tutto il capitolo in questi termini, Dio ha creato un rapporto di alleanza con il suo Popolo un rapporto di amore, siccome ha sposato con gioia Israele gli ha portato un dono di nozze, il dono della terra promessa, il dono straordinario della libertà e della abbondanza dei beni della terra perché è una terra che stilla latte e miele, la terra promessa. Ma quello che è il rapporto matrimoniale è diventata l'occasione della infedeltà perché Israele ha fatto quello che noi oggi chiameremmo una secolarizzazione negativa, ha riconosciuto il valore della terra d'Israele, la terra di Canaan, se ne è impossessato, ha vissuto di tutta la ricchezza, il benessere che la terra le offriva e si è dimenticato di Dio, ha cercato l'abbondanza dei doni materiali dimenticando l'amore del donatore e allora i beni materiali sono diventati beni secolari, ma secolari in senso negativo, nel senso che non dicono niente altro oltre loro stessi, mentre il dono deve avere un valore oltre il significato materiale del dono e deve alludere, ricordare l'amore del donatore e Israele ha dimenticato il Signore. Vive dei suoi doni ma senza riconoscenza, senza amore, è diventata in qualche modo schiava delle cose materiali e allora il Signore deve mettere in atto la strategia di recuperare il rapporto, e la strategia è fatta fondamentalmente di un’esperienza di digiuno. Toglie ad Israele l'abbondanza in modo che Israele esperimenti la fame, la sete, il bisogno, la condizione di povertà; questo è solo l'aspetto negativo però il distacco ci vuole, il distacco dalle cose
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materiali. Poi ecco: «La attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò sopra il suo cuore. Canterà come nei giorni della sua giovinezza come quando uscì dal paese di Egitto». Allora il Signore le fa ripercorrere il cammino dell’Alleanza; per quarant'anni Israele aveva camminato nel deserto con la guida e con la provvidenza di Dio e il Signore riporta Israele nel deserto dove non c'è niente, dove si deve solo fidare di Dio o rifiutare radicalmente Dio, o si diventa atei, o si diventa persone di fede, nel deserto l’esitare non ci sta, non è possibile. “La condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore”. La strategia, e qui è una strategia di parole, il Signore usa le parole per riallacciare l'amicizia, l'amore, l’appartenenza reciproca. E proprio questa esperienza di intimità, di corrispondenza dell'affetto, delle parole produce “ là canterà come nei giorni della sua giovinezza”, la gioia di vivere. Il canto dice evidentemente la gioia di vivere e ritrova la gioia ma non per l'abbondanza dei beni che non ci sono, ritrova la gioia di vivere per il Signore, quella è la gioia che aveva avuto da quando il Signore da popolo schiavo lo aveva reso libero, da popolo condannato allo sterminio lo aveva reso popolo scelto amato, eletto e il primo aspetto della strategia è la Parola. Continua il Profeta: “Ti farò mia Sposa per sempre, ti farò mia Sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'Amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore”. Vuol dire, il Signore porta dei nuovi doni di nozze, ma i doni di nozze che il Signore questa volta fa alla sua Sposa sono la giusti-
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zia, il diritto, la benevolenza, l'Amore e la fedeltà. Se voi ci fate caso questi sono i doni che caratterizzano Dio, Dio di diritto e di giustizia, Dio pieno di benevolenza e di Amore, Dio immensamente fedele. Sono cose che appartengono a Lui queste e il Signore regala alla sua Sposa quello che Lui è le sue qualità, le sue ricchezze interiori, lo diciamo con una parola più precisa, con una parola teologicamente importante, regala alla sua Sposa il suo Spirito, perché lo Spirito di Dio è proprio questo, amore, fedeltà, giustizia, benevolenza, quando San Paolo descrive i frutti dello Spirito nella lettera ai Galati richiama esattamente queste parole amore, fedeltà, giustizia, benevolenza, fedeltà, mitezza e dominio di sé. Questi sono i doni dello Spirito, il Signore porta in dono alla Sua Sposa come dono di nozze lo Spirito e questo è il secondo aspetto della strategia. La Parola e lo Spirito, la Parola perché Israele impari ad ascoltare l'amicizia di Dio e l'amore di Dio, impari a ricordare quello che Dio ha fatto per loro e lo Spirito perché questo ricordo diventi realtà intima, profonda non sia solo il ricordo mentale, ma sia una trasformazione dello spirito dell'uomo che desidera e cerca la corrispondenza con Dio. Così dice il Profeta Osea e la conclusione di questo è in quell'annuncio straordinario “E tu conoscerai il Signore”. Non vuol dire che conoscerai dal punto di vista intellettuale, non è una teologia che il Signore fa studiare al suo popolo, conoscerai il Signore vuol dire farai esperienza finalmente della bellezza, della bontà, della ricchezza di Dio. Della sua ricchezza di amore e di gioia. Io non so il motivo perché hanno scelto la lettura di Osea per la festa di Sant'Angela Merici, però mi piace rivedere l'esperienza di Sant'Angela in questa strategia. Sant'Angela è una Santa secolare, secolare vuol dire che è la vita nel mondo il luogo dove Sant'Angela ha percorso un cammino di santificazione, le sue Sorelle sono Sorelle che vivono nel mondo. L'ottica di Sant'Angela era questa e nello stesso tempo però debbono riuscire a staccarsi un po' dal mondo, non possono lasciarsi influenzare dai dinamismi che domi-
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nano la vita mondana, dai dinamismi del potere, del piacere, della ricchezza, del successo, devono sapere tirarsi fuori. Per cui c'è un impegno di regola che dice, questo distacco è la Consacrazione, dove il distacco serve per la Parola di Dio, per ascoltare, poi tornare ad ascoltare perché come tutte le parole anche la Parola di Dio è una parola che possiamo facilmente dimenticare, la impariamo, poi ci sono tante parole che ascoltiamo in una giornata, ce ne sono così tante che la Parola di Dio stiamo per dimenticarla; bisogna partire il giorno dopo e tornare ad ascoltarla e ogni santo giorno tornare ad ascoltare. Sant'Angela ha sempre insistito sull'amore fraterno, sul volere bene, su quell'atteggiamento interiore che ci porta a riconoscere negli altri una presenza, una vicinanza del Signore e a vivere i rapporti di amore come espressione della nostra adesione, della nostra consacrazione al Signore. Quando una persona riesce a recuperare per sé il tempo della Parola e lo spazio dello Spirito allora il mondo non diventa più nemico, non diventa più quella tentazione che stacca dal Signore, ma, al contrario, il mondo diventa il luogo dove incarnare l'amore che si è ricevuto dal Signore e la spiritualità di Sant'Angela va in quella direzione lì. Incarnare nel quotidiano, nel secolare, nell’ esperienza secolare della vita secolare, nel lavoro, nella relazione con gli altri e incarnare lì quella ricchezza di amore, di fedeltà che sia sperimentata nel distacco, nella consacrazione, nell'ascolto della Parola, nella disponibilità allo Spirito. Proprio per questo credo che Sant'Angela sia una Santa moderna, moderna nel senso che ha qualcosa da insegnare a noi perché il problema oggi per noi è quello della secolarità cioè di un mondo che rischia di fagocitarci per cui rischia di renderci mondani, non è colpa del mondo il mondo è buono, il Signore lo ha fatto buono, ma è colpa del nostro cuore quando prende il mondo senza riconoscere il riferimento a Dio e senza ritrovare dentro alle gioie le esperienze positive del mondo le cose belle del mondo, la traccia della presenza di Dio e della Sua fedeltà. Sant'Angela ci può inse-
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gnare qualche cosa. È la sfida che ci dà da affrontare e chiediamo al Signore che la memoria di questa Santa, - credo straordinaria per il suo tempo ma che non è stata capita, tanto che il cammino del carisma di Sant' Angela è un cammino tortuoso- , passa attraverso strade molto diverse ma questo è quello che siamo spinti a giocare, la sfida della fede oggi in modo che la Parola di Dio e lo Spirito ci permettano di vivere sì nel mondo, ma nella fedeltà al Signore. E tu conoscerai il Signore. † Luciano Monari
(trascrizione non rivista dall’autore)
Omelia di don Pierantonio Lanzoni Quando verrà riaperta la Pinacoteca Tosio Martinengo, che è qui vicino ed è chiusa per restauri, si potrà ammirare una delle opere più belle tra i capolavori del pittore Moretto. Il Moretto ha dipinto il quadro che si trova in questa Pinacoteca dove ha raffigurato la scena del così detto Cristo in passione, immagine di Gesù Cristo seduto, forse nel pretorio di Pilato, su una scala e sullo sfondo un Angelo che tiene in mano una tunica, la veste di Gesù, quella veste che, dice il Vangelo, i soldati volevano giocarsela là sotto la croce e invece hanno deciso di non giocarsela, di lasciarla così intatta, di non dividerla. 25
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Il quadro al di là della bellezza in se stessa è un'opera d'arte, ha dei messaggi molto profondi, quel quadro del Moretto. Gli storici esperti ci hanno fatto capire che il Moretto, prima di prendere i pennelli e di intingerli nei colori e di dipingere, andava a farsi ispirare da questa donna che era Angela Merici. Il Moretto faceva parte di quella cerchia di persone, religiosamente molto sensibili che convergevano attorno alla figura di Angela Merici. E quando il Moretto dipinge, non è lontano l'idea che traduca ispirazioni, suggestioni, sentimenti ispirati da Sant'Angela Merici. Questo richiamo può valere in riferimento a quella tela di cui vi parlavo, perché in quel Cristo in passione, cioè deposto dalla Croce, con accanto un Angelo che tiene tra le sue mani la tunica di Cristo, qualche critico d’arte, qualche esperto ha voluto coglierne il messaggio, un messaggio proprio profondamente Evangelico e di viva attualità per i tempi in cui il Moretto dipingeva quella tela, quel quadro. Vi ha infatti ritenuto che il vero protagonista della tela del Moretto, non sia tanto il Cristo, l'Angelo o la scala che sta vicino, ma, suggestione molto bella, il vero protagonista del quadro sia la veste, cioè la tunica di Cristo, quella tunica di Cristo che l'Angelo presenta, che tiene con le sue mani. E quella tunica di Cristo è il richiamo alla realtà della Chiesa, la Chiesa che è veramente Colei che ripropone la figura di Cristo Risorto, quella Chiesa, rappresentata dalla tunica che in quel momento, quando il Moretto stava dipingendo al tempo di Sant'Angela Merici, stava vivendo una crisi molto profonda, una crisi che sta vivendo anche qui adesso, perché in quel momento la Chiesa stava attraversando la crisi di una lacerazione, di una divisione; la Chiesa non era più unita. Siamo a 500 anni da Lutero e in quel momento la provocazione che proveniva da Lutero per dare un nome a questo fenomeno, questa realtà, aveva profondamente lacerato il corpo della Chiesa, il Corpo di Cristo rappresentato dalla tunica era stato spezzato, era stato lacerato perché i Cristiani non vivevano più da fratelli tra di loro, vivevano da nemici contrapposti e queste divisioni, queste lacerazioni, queste contrapposizioni arrivavano proprio nella vita delle comunità cri-
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stiane mettendole in grossa difficoltà nel poter essere testimoni del Vangelo. Di fronte a questa provocazione, a queste lacerazioni, all'eresia e alla suggestione di coloro che propongono come si supera la crisi tra coloro che aiutano i fedeli cristiani a superare il momento della crisi, ci stanno coloro che vanno al di là di quelle che possono essere le provocazioni che possono vedere e dicono che il Corpo, la tunica, non va divisa. E di fatto quella tunica che viene rappresentata dal Moretto è una tunica non divisa; il Moretto attraverso quel quadro indica ai Cristiani che guardano quella tela: non dividiamola, perché i soldati sotto la Croce di fronte alla tunica di Cristo hanno detto quelle parole: “non dividiamola “, non dividiamo la Chiesa, non laceriamo l'unità della Chiesa. Dicevo, il Moretto ispirato da Sant'Angela Merici trasmette anche a noi oggi questo messaggio. Oggi noi non abbiamo nella Chiesa delle eresie che mettono in difficoltà dal punto di vista della dottrina, viviamo in un tempo di pace, ma guardiamo la Chiesa di 500 anni fa quando è vissuta Sant'Angela, al tempo di Lutero e del Moretto. Tuttavia il rischio della lacerazione, della divisione lo viviamo costantemente, non ci divideremo per questioni di dottrina, ma forse ci dividiamo per questioni molto più semplici e banali tra noi Cristiani. Abbiamo appena concluso in questi giorni la settimana di preghiera per l'unità dei Cri-
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stiani. Anche nelle nostre comunità cristiane spesso la divisione viene ad insinuarsi, spesso anche nelle nostre comunità cristiane dobbiamo fare i conti con colui che è nemico e non a caso si chiama diavolo e diabolos vuol dire colui che divide. L'arte del nemico è proprio quella di portare la divisione. Sarà un caso che la ferita più profonda venga fatta alla Chiesa dal punto di vista dell'unità, che la tunica venga lacerata, lacerata proprio da noi Cristiani, da noi discepoli del Signore? Allora quando ci sono queste situazioni, i Santi ci dicono la loro attualità; l'attualità di Sant'Angela Merici ci insegna che aldilà di tutti i commenti, le riflessioni, le considerazioni che possiamo fare di fronte anche a fenomeni di difficoltà dell'unità della Chiesa e qui i Santi ci insegnano ad avere una unità, ci dicono che le cose si cambiano, se ci si mette con quell'atteggiamento di disponibilità all'opera di Dio perché Dio poi sa ricomporre, sa riconciliare, sa mettere insieme. Allora Sant'Angela la posso immaginare in un modo un po' non così solenne se vogliamo, ma ci si presenta come uno strumento molto particolare, molto domestico, molto femminile. Mi immagino Sant'Angela con l'ago e con il filo, non è lo strumento da Santi una Santa con l'ago e con il filo, però mi piace raffigurarla così Sant'Angela, Lei che ha contribuito anche attraverso quella condivisione di ideali, Lei che ha contribuito a risanare, a cambiare le cose ricomponendo nell'unità il corpo ecclesiale. Anche oggi ci viene incontro con l'ago e con il filo. Insegna che noi cristiani siamo chiamati a tessere ad unire, a ricomporre; quando ci sono le divisioni, le lacerazioni, le separazioni ad opera del nemico che viene a dividere, a separare, a noi non resta altro che prendere l'ago e il filo e ricomporre, riunire e riconciliare. In questo ci aiuti sant'Angela, ci sia vicino in questa opera di riconciliazione, di ricomposizione per far sì che la tunica, la tunica di Cristo sia sempre non lacerata, sia unita, sia sempre splendente per essere manifestazione del Signore risorto. Pierantonio Lanzoni
(trascrizione non rivista dall’autore)
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Dal Brasile il vescovo scrive... Carissimi amici, da pochi giorni ci siamo lasciati, ma, prima di ripartire, qualcuno mi ha detto: - Mandaci la tua letterina di Natale É quanto sto facendo; cosi approfitto non solo per farvi gli auguri, ma anche per ringraziare tutti della bellissima accoglienza e della simpatica fraternità. Proprio per questo, i primi che voglio ringraziare sono i miei “vecchi” compagni dell’Istituto Castelli. Stiamo arrivando ai 50 anni di diploma. Lo festeggeremo insieme, speriamo, nel 2018. Era il luglio del ‘68, anno storico per molti. Quanti cammini diversi abbiamo seguito! Eppure, molti sogni e ideali ci uniscono ancora. Nessuno di noi è diventato troppo famoso, ma neppure nessuno di noi è andato a finire in prigione. In un mondo che esalta le stelle e la diversità a tutti i costi, abbiamo cercato di essere, diciamo, “normali”, lavorando, avendo una famiglia, volendo essere onesti. Sembra poco, ma, oggi, c’è da essere orgogliosi. La vita semplice, credo, è ancora quella che ci fa più felici, senza tanta cupidigia e saccenteria che non servono a niente se non a illuderci di essere più degli altri e cosi, alla fine, umiliarci. Cose da sciocchi o da illusi. Devo ricordare anche gli amici di Sant’Agata. Ormai quasi più nessuno abita da quelle parti, ma sempre ci fa piacere ritrovarci in quella chiesa dove abbiamo imparato a praticare la fede con sincerità e perseveranza. Quel tanto che basta, insomma, per continuare ad essere cristiani vivi e attenti, in una società dove sembra che tutto passi di moda e che, perciò, non valga più la pena credere in qualcosa, o meglio, in qualcuno - il Signore Gesù -, sul serio, al
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punto di fidarci della sua Parola e della Comunità-Chiesa che ci ha lasciato. É stato bello essere ragazzi e giovani a Sant’Agata e siamo contenti di quanto ci hanno insegnato. La fede non è un peso, ma una gioia che ci sta accompagnando lungo la vita che scorre. Infine voglio ringraziare anche il vescovo Luciano, tutti gli amici del Centro Missionario e i colleghi Fidei Donum di Brescia. Abbiamo riflettuto insieme alcuni giorni e riconosciuto i limiti delle nostre forze. Abbiamo capito, però, che la Chiesa non è più o meno missionaria se manda più o meno sacerdoti in missione, ma se è convinta di aver ricevuto un dono cosi grande, il Vangelo, che non può tenerlo per sé. I cammini della missione possono cambiare lungo la storia, ma l’entusiasmo, la disponibilità, il servizio ai poveri e ai lontani non può essere dimenticato. In fondo tutti dobbiamo “partire” un po’ di più da noi stessi, dalle nostre comodità, per accogliere, ascoltare e dialogare di più. È quanto sempre ci ricorda Papa Francesco: a volte siamo distanti fra di noi più che i continenti di questo povero pianeta. Per questo siamo anche andati da lui, Papa Francesco. Ci ha detto: “Siete bravi, voi”, ma anche noi gli abbiamo detto grazie per non lasciarci assopire e svegliarci sempre di nuovo aprendo nuovi orizzonti di missione e di misericordia. Sono stati dei giorni bellissimi. Grazie di cuore. Il prossimo appuntamento sarà in Brasile, a Castanhal. Adesso parlerò un po’ di qui, dalla metà del mondo, la linea immaginaria dell’Equatore che passa in Macapà. Vi scrivo dalla cittadina di Oiapoque, la parrocchia più distante dalla capitale, sul fiume che divide il Brasile dall’Europa.
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La Guaiana Francese, infatti, è Francia, anche se a qualche migliaia di chilometri da Parigi. In questi giorni ho visitato alcuni villaggi di indios per le cresime. É sempre una festa. Per fortuna tutti ormai, oltre alla lingua locale, parlano portoghese. Così possiamo capirci bene. I ragazzi e le ragazze si vestono a festa, con collari e qualche penna colorata in testa. A 15 o 17 anni qualcuno ha già formato una famiglia. Vivono di agricoltura e di pesca. Il “cacique” è il capo e si sente - me l’ha detto lui - quasi come il responsabile di tutto quanto succede nel villaggio: salute, scuola, convivenza pacifica. Certo, non tutto è sempre meraviglioso; neppure gli indios sono santi o immuni dalle tentazioni dell’invidia e del guadagno. Fa pensare però lo sforzo di vivere in armonia tra di loro e con la natura. Questo, forse, è il più grande grido che i popoli originari dell’Amazzonia devono spargere per il mondo e non lasciarsi corrompere dalle false promesse di una società dove il denaro vale più della vita umana. Dico questo perché, purtroppo, le terre indigene fanno gola a quanti vorrebbero sfruttarle per l’agricoltura industrializzata. Dicono che è molta terra per poco indio! Potremmo rispondere subito che è anche molto guadagno per pochi padroni! Infatti, quasi nessuno si domanda perché certi - pochi - “proprietari” (persone fisiche o società) possano sfruttare aree immense, mentre gruppi interi di indigeni dovrebbero diminuire le loro terre, dove, guarda caso, vivono da sempre e da cui ricavano la loro sopravvivenza nel rispetto per la natura e i suoi tempi. Tutti parlano di agricoltura non predatoria, di ecologia “sostenibile”, ma alla fine prevalgono gli interessi internazionali, il potere del denaro che compra quanto non dovrebbe mai diventare merce di scambio: la terra, l’acqua, l’aria! Sono doni dati a tutti e per tutti! Invece qualcuno vuole mantenere il proprio consumo e benessere a tutti i costi e cosi trasforma quei doni in proprietà per cui fare la guerra con la peggiore di tutte le armi: la corruzione, perché uccide il cuore delle persone! Dicono che tutto e tutti hanno il loro prezzo. A quanto pare anche la coscienza umana. 31
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Anche per questo i vescovi del Brasile, facendo eco agli accorati appelli di Papa Francesco, insistono sul tema dell’ecologia e questo sarà nuovamente il tema della prossima Campagna della Fraternità della Quaresima del 2017. Non ci sono dubbi: tutti gli “ecosistemi” o “biomi” del Brasile sono minacciati. Noi, qui, possiamo parlare dell’Amazzonia. Le estese piantagioni di soia e di eucalipto avanzano sui piccoli appezzamenti dei contadini. L’agricoltura industrializzata sta spazzando via l’agricoltura familiare. Cresce a perdita d’occhio il cosiddetto “deserto verde” (perché il futuro di queste terre sarà la desertificazione!) a scapito della produzione di alimenti che i piccoli sostengono per sé stessi e per gli altri. Chi fa le leggi le fa a proprio vantaggio e quando la giustizia arriva - se arriva - i danni sono ormai irrimediabili. In queste circostanze non possiamo neppure domandarci da che parte la Chiesa deve stare. Non ci è lecito avere dubbi. Dovrà sempre schierarsi dalla parte dei più piccoli e dei più poveri. Anche se questo ci potrà costare, come già è costato, caro. É il Vangelo vissuto e applicato nella storia reale, non urna religione che non cambia mai le ingiustizie e, alla fine, uccide. Il Brasile sta attraversando un momento difficile e confuso, dove i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario fanno a gara a chi è più bravo non a difendere i veri interessi della gente, ma gli interessi dei vari gruppi economici e i propri privilegi (leggi: salari da pascià!). La situazione è difficile, la corruzione impera e, sinceramente, non sappiamo più a chi credere e di chi ancora possiamo
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fidarci. Vogliamo cambiare...ma come? Soprattutto con chi? Preghiamo perché il Signore ci aiuti. Come sempre, la letterina, è diventata lunga. Pazienza. Qualcosa ho raccontato a voce, altre cose sono conosciute dai notiziari, altre, le più sincere credo, le raccontano i testimoni. Ascoltiamoli, anche se sono scomodi e ci obbligano, magari, a fare un po’ di esame di coscienza. Il Natale è sempre una festa che ci ricorda la semplicità, l’essere piccoli, bambini. Forse anche indifesi e dipendenti dagli altri. É vero. Ma questa è la maniera che il Signore ha scelto per venirci incontro e, per chi ci crede, salvarci. Non lo strapotere, le cose grandi, ma quelle piccole, di tutti giorni. Quelle però che sorgono da una coscienza umana sensibile, capace di compassione e solidarietà. Il contrario del bene, lo dicono in tanti, non è solo il male, ma, innanzitutto, l’indifferenza di chi non sente e non vede più niente. Chiuso nel suo egoismo. Auguro a tutti un Natale “aperto”, di gioia e amicizia. Più “umano” e, per questo, anche più “divino”! Desidero un 2017 di pace per tutti i popoli. Ne abbiamo bisogno. † Pedro Conti Vescovo di Macapà - Brasile
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Tra noi
Piccola cronaca di un giorno straordinario È l'11 febbraio, e noi ci troviamo qui, in un folto gruppo, a casa Sant'Angela perché siamo state convocate per la nostra consueta giornata di formazione. Siamo in tante, trentacinque, e dopo il saluto dei Superiori ci viene presentata la giornata. Dalle parole della nostra madre Angela, cogliamo il senso del nostro ritrovarci: "Le ragioni per le quali si debbono di tratto in tratto congregare le vergini sono molte.... Ma le principali sono per provvedere ai loro spirituali e temporali bisogni, ed ancora, trovandosi insieme, possano conoscersi ed amarsi come care sorelle, e così, spiritualmente, insieme ragionando, congratularsi e consolarsi: il che sarà di non poco loro giovamento." Ed il nostro ritrovarci è per riflettere sul tema: “Giovani: la fede e la vita consacrata. La vocazione oggi”. Don Alessandro Tuccinardi, il r elator e, tr atta dell'argomento con estrema competenza in quanto è vice rettore del seminario diocesano per la propedeutica e la prima e la seconda teologia; ma è stato anche per oltre 15 anni responsabile e direttore dell'ufficio dei Tempi dello Spirito e dell'Ufficio
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Tra noi
Vocazioni della diocesi. Animatore del Sicar e di numerose iniziative e pellegrinaggi tra i giovani. Da noi, tempo fa, per circa tre anni, ha animato gli incontri per le proposte vocazionali proprio in casa Sant'Angela. Ci rincuora subito dicendoci che quella dei giovani non è una generazione "perduta" come una certa cultura ci ha fatto percepire qualche anno fa. E ci presenta una "mappa" che ci aiuta a prendere in considerazione il testo dei "Lineamenta" per il 15º sinodo straordinario dei vescovi che avrà proprio per tema "i giovani, la fede e il discernimento vocazionale". La sua dissertazione è molto profonda e convincente e si articola su tre momenti quella dei giovani nel mondo di oggi, quella sulla fede e il discernimento vocazionale, e quella sull'azione pastorale. Ma per rendere più vivo l'approfondimento ci invita, a piccoli gruppi, a riflettere sulla nostra realtà attuale di consacrate, in rapporto al carisma ed alla realtà giovanile che ci circonda, per confrontarlo poi, con la provocazione che queste tematiche ci fanno. Dopo L'Eucaristia celebrata con il nostro Superiore, il pranzo, che è sempre un momento di fraternità e di condivisione, abbiamo incontrato nel pomeriggio, alcuni giovani che, partendo da alcuni discorsi del nostro vescovo Luciano, ci hanno comunicato le loro esperienze personali e nel campo vocazionale e regalato una loro visione sulla chiamata alla consacrazione. Marcello, seminar ista in ter za teologia, ci dice un gr azie per la nostra presenza, come consacrate, nella chiesa e ci dice che quello che attrae i giovani a questo tipo di vocazione è la gioia con cui è vissuta questa realtà, gioia autentica che dice la bellezza del sì quotidiano al trascendente nel mondo di oggi. Una gioia che può far scaturire delle domande di senso nei giovani che incontriamo. Fondamentale è essere testimoni di un altro modo di vivere la sobrietà, la dedizione, il servizio nella preghiera e nella accoglienza.
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Collaborando con i sacerdoti potremmo anche proporre a giovani già mature la bellezza di questa vocazione. Davide, anche lui seminar ista, sottolinea che è estr emamente bello fare testimonianza cristiana, da consacrate proprio sul luogo di lavoro, peculiare del nostro essere consacrate nel mondo. Ci è richiesto di dare speranza attraverso tre atteggiamenti: il saper ringraziare soprattutto con la vita nella consapevolezza di aver ricevuto tanto per donare tanto; il saper vivere le relazioni autentiche perché tra queste passa Gesù, (uno studioso ha detto che la vita eterna sono gli incontri); il saper comunicare e testimoniare ai giovani, che temono di perdere la loro libertà, che in Gesù la vita è piena e la libertà è completa. I giovani ci chiedono di essere testimoni di speranza.
Nicola, un giovane marito e padre, ci dice che basta vedere Gesù per ringraziare; ma bisogna essere capaci di riconoscere in tutti quelli che incontriamo un'occasione per dire un grande grazie; ci dice che dobbiamo aver la forza di sognare; che in questo mondo, visto da molti come estremamente cupo, bisogna portare la speranza, uscendo e seminando anche se il seme potrà cadere su terreni che non conosciamo. I giovani hanno bisogno di vedere testimoni di gioia e di speranza. I giovani dagli adulti temono di essere sempre derubati di qualcosa... Noi non vogliamo manipolare la loro libertà o le loro scelte: noi vogliamo solo offrire loro Felicità. Avere la speranza che ci viene dal Signore ci dà poi la capacità di donare e ci riempirà di gioia.
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Paola, insegnante di r eligione, par tendo da un'omelia del vescovo che iniziava con una benedizione: "sia benedetto il Signore che ha messo nel vostro cuore il desiderio e la capacità di dire sì...", Ci dice che, dal desiderio che nasce interiormente, si passa alla logica del dono di sé e poi alla fedeltà nel tempo. Ci dice che lo sguardo di una donna sul mondo, visto attraverso la logica del Vangelo, può dire ancora qualcosa al mondo di oggi. Questo sguardo può essere la traduzione di due verbi il dirsi e pensarsi al femminile; uno sguardo sostenuto dalla testimonianza di una piena realizzazione di sé; ma è anche importante l'impegnarsi e il confrontarsi attraverso un incontro autentico con l'altro, nella consapevolezza di ciò che l'altro è per me ma anche ciò che posso io essere per l'altro. Concludendo, si può asserire ancora una volta, che, la relazione autentica, in un incontro profondamente fraterno con i giovani e con ogni umano che incontriamo, può dire qualcosa al mondo di oggi e richiamare la bellezza di un eccomi sempre attuale e fedele nel tempo. Al termine Don Alessandro ci consegna un mandato: “abbiate il coraggio di insegnare che è più facile costruire ponti che innalzare muri! Abbiamo il bisogno di imparare questo e tutti insieme chiediamo che si esige anche da noi di percorrere le strade della fraternità. Costruire ponti: sapete qual è il primo ponte da costruire? Stringerci la mano, darci la mano. È il ponte primordiale, è il ponte umano, è il primo, è il modello. Sempre c'è il rischio di rimanere con la mano tesa, ma nella vita bisogna rischiare, chi non rischia non vince. Con questo ponte andiamo avanti che questo ponte sia seme di tanti altri, sarà un’impronta”. (Papa Francesco, GMG 2016)
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Ed ancora: custoditi dal Signore GesÚ e da Sant’Angela Merici, mano nella mano, occhi orientati alla stessa meta, l'uno al passo dell'Altro, diventiamo custodi della vita dei giovani, della sorella e del fratello. GRAZIE don Alessandro e GRAZIE a voi, cari amici GIOVANI, che ci avete davvero rincuorato! Davvero siamo partite piÚ serene e consolate sicure che il Signore fa anche oggi cose grandi nella nostra vita e in quella di tutti. Per la commissione per la formazione M. T. Fenaroli
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Presentazione del volume
Maria Teresa Pezzotti
Superiora della Compagnia di Sant’Orsola Edito dalla Compagnia di S. Orsola, figlie di S. Angela di Brescia A poco più di un anno dalla morte di Maria Teresa ci troviamo qui riuniti a presentare questo volume che raccoglie le prime testimonianze, partecipazioni e messaggi inviati alla Compagnia non appena si era diffusa la notizia della sua dipartita. Quella che presentiamo non è dunque un biografia celebrativa che ricostruisca i ruoli, le opere e i tanti doni che Maria Teresa ha manifestato nella sua lunga esistenza. Si è preferito, piuttosto, ricordarla attraverso le numerose testimonianze rese nell’immediatezza della sua scomparsa, così preziose proprio perché non riflesse, ma spontanee espressioni di chi la conobbe. Nella loro episodicità trasmettono il dolore autentico, la consapevolezza di quanto si è perduto e, a testimonianza della sua levatura umana e spirituale, è significativo che questi sentimenti attraversino in egual misura religiosi e laici: per noi che la conoscevamo questa è la riconferma del fatto che per molti versi Maria Teresa era e rimarrà unica. Unica non tanto nella sua spiritualità, pur così profonda, o nella sua riconosciuta carità e umanità in quanto nessuno conosce il cuore degli uomini e in tutti si può celare una ricchezza interiore
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grandissima, come lei ripeteva frequentemente citando S. Angela “Come potete sapere voi se quelle che vi sembrano più da poco e di minor conto non stiano per diventare le più generose e le più gradite alla sua maestà? E poi, chi può giudicare il cuore e i pensieri nascosti nell'intimo della creatura?”. Ciò che forse la distingueva era l’alto senso della maternità, profonda, consapevole, penetrata fino nell’ultima fibra del suo essere. Chiunque l’avvicinava, per bisogno, per un progetto o per qualsiasi altro motivo percepiva questo aspetto del suo essere che si esprimeva nella semplicità gioiosa del suo tratto, nella generosità della sua accoglienza che ti faceva sentire a casa, in famiglia, accolto nella tua imperfezione, nella tua fragilità; oppure si manifestava nella carità con cui si prodigava per alleviare i bisogni materiali, spirituali o esistenziali, oppure più semplicemente nelle piccole e grandi attenzioni quotidiane che facevano sentire amato chiunque l’avvicinasse. Mi permetto un piccolo ricordo: in questi anni ci sentivamo al telefono praticamente tutti i giorni e ogni telefonata era immancabilmente preceduta dalla domanda: dove sei. È la stessa domanda, preceduta o seguita dal come stai, che rivolgeva alle sue “figlie” della Compagnia gioiosamente o con profonda partecipazione, quando era rivolta a chi soffriva o stava attraversando una tribolazione. E’ la tipica domanda di una “madre” che prima di tutto ha a cuore il benessere di chi le è stato affidato. Credo che molti dei presenti abbiano sperimentato questa sollecitudine, questo porre l’interesse verso la persona innanzi a tutto. Ma da dove proveniva questa “maternità”? Indubbiamente da S. Angela, dall’aver condiviso fino in fondo il suo carisma, Lei era la madre per la Compagnia e per tutti quelli che a lei si avvicinavano. Ma a questa sua adesione al carisma si accompagnava anche una
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conoscenza approfondita dei suoi scritti, una passione per la storia delle vicende mericiane, ritenuta da lei fondamento, espressione della capacità delle orsoline di adeguare, di far dialogare il carisma con il tempo storico e dunque preziosa fonte di indicazioni, di speranza anche per il presente e per il futuro. Quante volte ha ripetuto le parole di S. Angela: “Tenete questo per certo: che questa Compagnia è stata piantata direttamente dalla sua santa mano, e lui non abbandonerà mai questa Compagnia fin che il mondo durerà. Infatti, se lui principalmente l'ha piantata, chi mai la potrà sradicare? Credetelo, non dubitate, abbiate ferma fede che sarà così. Io so quello che dico. Beati coloro che veramente se ne prenderanno cura”. Proprio dalla profonda convinzione che la via di consacrazione e di vita fondata da S. Angela derivasse da Cristo scaturiva la rilettura del cammino storico della Compagnia di Brescia, da lei visto come la testimonianza che alla Compagnia fondata da Angela e da sempre custode delle sue spoglie, era affidato il compito di preservare, rileggere il carisma della Merici alla luce dei tempi e di propagarlo in tutto il mondo. Diciamolo pure, la sua adesione entusiastica a ogni idea, a ogni progetto che testimoniasse Angela Merici avveniva con una vitalità che spesso ti sfiancava. In lei, come in S. Angela, la “maternità” non era solo un suo dono, ma si radicava profondamente nella sua comunione con Cristo, col suo essere “vera e intatta sposa del Figlio di Dio”. Era questa la sorgente del tutto, tutto derivava da lì. Non voglio su questo aspet-
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to fondamentale dilungarmi con tanti pensieri e parole che finirebbero per svilirlo, per cui mi limiterò a esemplificarlo con un aneddoto personale. In un “Centro di Ascolto”, a proposito della Carità paolina, si parlava di amore verso il prossimo, verso gli ultimi; lei affermava che la sua azione derivava dall’amore verso Cristo, a modello di un Dio che ha accolto su di sé il dolore, le colpe dell’intera umanità sacrificando sé stesso sulla croce. La sua “carità” non era dunque ancorata all’umanesimo, al desiderio di emancipare l’uomo dal dolore in nome dell’uomo, ma all’amore che trascende l’oggetto stesso dell’amore e che dunque non delude mai. Ma ritorniamo al volume che presentiamo. Quando la superiora, Maria Rosa Pollini, mi ha chiesto di curarlo mi sono trovato davanti una quantità di mail e lettere più o meno lunghe, articoli di giornali, fotografie, ecc, che mi fece dubitare della possibilità di poterle raccogliere in modo organico. Poi il disorientamento iniziale si è dissolto procedendo nella lettura: tutto si andava chiarendo e componendo in un puzzle che trasmetteva, sia pure nell’immediatezza e nella frammentarietà delle testimonianze, la ricca e variegata personalità di Mariateresa. Così, dopo la prima parte dedicata a fissare alcuni punti biografici della sua vita nella Compagnia, le testimonianze sono state raccolte in quelle rese dai religiosi, suddivise fra il mondo delle Compagnie e quelle degli Istituti religiosi, ed infine nella parte destinata a quelle dei laici. E anche qui una sorpresa: la parte destinata alle suore orsoline è quella maggioritaria a testimonianza di come le due vie in cui si è storicamente incarnato il carisma mericiano, nel mondo e nel chiostro, sono sempre state concepite da lei come complementari, riservando a tutte la medesima attenzione. Anche per questo Maria Teresa ci mancherà, anche se lascia una preziosa indicazione. Gianpietro Belotti 42
Angolo del libro
La donna nella chiesa e nel mondo di Enrica Rosanna, a cura di Giuseppe Mari. Il ruolo della donna, nella chiesa e nella società, è andato crescendo negli ultimi anni, con un evidente beneficio per la comunità. Contemporaneamente si è dibattuto, e si sta ancora discutendo, in merito all'identità, sia maschile sia femminile, a come coniugare la pari dignità e la diversa identità, a come focalizzare l'originalità dei profili antropologici e della correlata educazione. Il volume, che spazia tra temi di grande respiro culturale, pedagogico e pastorale, analizza il quadro sociologico determinato da una presenza femminile sempre più centrale e il contributo insostituibile della donna nella comunità ecclesiale, delineando le prospettive di sviluppo. Una lettura di grande interesse per tutti coloro che operano nel campo dell'educazione e della spiritualità. La vita al ritmo della parola. Come lasciarsi plasmare dalla Scrittura di Amedeo Cencini. La Parola di Dio non è uno strumento tra tanti per il cammino personale e spirituale, ma costituisce "il" riferimento autorevole che riconosce concretamente al Padre, e a nessun altro, il ruolo di formatore nel processo educativo d'ogni figlio suo, chiamato a nutrirsi d'ogni parola che esce dalla sua bocca. Questo libro propone, in particolare a sacerdoti, religiosi e religiose, un metodo per vivere alla luce della Parola, lasciando che sia essa a dare ritmo all' esistenza. Amedeo Cencini, sacerdote canossiano, ha conseguito la licenza in scienze dell'educazione all'Università Salesiana e il dottorato in psicologia all'Università Gregoriana.
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Angolo del libro
Shusaku Endo (1923-1996), definito il "Graham Green giapponese", è stato tra gli scrittori del Novecento più letti e tradotti in Occidente. Nelle sue opere, ha affrontato tematiche inconsuete per il Giappone, in particolare il rapporto con il cristianesimo. Il romanzo storico Silenzio (1966), considerato una delle sue opere più riuscite, è ora portato sullo schermo da Martin Scorsese. Sono due i grandi temi del romanzo: il silenzio di Dio dinnanzi alla sofferenza del credente e l'inadeguatezza della teologia occidentale per comprendere le persecuzioni subite dai cristiani.
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Ricordiamo...
Antonelli Caterina Nata a Cortine di Nave l’11 aprile 1918 Consacrata nel 1964 Deceduta il 17 gennaio 2017 “Mentre celebriamo il funerale della nostra sorella Caterina, il Signore dice ad ognuno di noi qual è la sua intenzione: quella di preparare sul monte una festa, un banchetto. Sì, è un momento di festa nella certezza di un cammino svolto con amore e dedizione. Con amore: amore a Cristo pregato, celebrato, custodito nel cuore con la sicura certezza della Sua presenza eucaristica. Con donazione: Caterina entrata nella compagnia di S. Angela ha vissuto questa scelta vocazionale con impegno, seguendo una regola di vita non sempre facile, ma così attenta alla crescita personale per un dono totale verso gli altri. In modo specifico per educare le persone vicine all’incontro con Cristo. Le beatitudini sono l’esempio di questa vita. Nel leggere la Regola dettata da S. Angela, ho pensato che lei avesse ben chiaro questo brano del Vangelo. L’Amore deve portare alla beatitudine, allo stare bene, altrimenti non si ama. E questa beatitudine porta al cambiamento totale di se stessi. Per amore tutto diventa possibile: anche lasciare tutto per dedicarsi a Cristo negli altri, nelle altre. La beatitudine, come il banchetto preparato, via via ci porta più su, ci fa scoprire la bellezza di un cammino che passa attraverso il dolore, al martirio, cioè a donare tutto fino alla fine. Ma solo in questo modo, salendo, si scorge il bello di una vita vissuta per amore.
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Ricordiamo...
Si guarda dall’alto la bellezza di tutto ciò che ci è stato donato. E scoprire che anche altri, nonostante la strada non sia così comoda, stanno seguendo il cammino, magari una traccia lasciata per fare più presto a trovare il luogo dell’incontro. La strada da percorrere, non facile, diventa luogo di quell’amicizia che Cristo ci ha donato, che ha donato alla nostra sorella Caterina e che è stata trasmessa da lei ad altri. Sì: il cammino della fede è fatto così, da un incontro all’incontro per vivere sempre di più nella fedeltà”. Don Ezio Bosetti Parroco di Cortine di Nave
(omelia nella celebrazione funebre)
Mons. Giuseppe Treccani Nato a Leno il 24 ottobre 1914 Ordinato a Brescia il 26 giugno 1938 Vice superiore della Compagnia di Sant’Angela dal 1961 al 1981 Deceduto a Orzinuovi il 31 gennaio 2017
Queste poche parole, scritte da una figlia di S. Angela, vogliono ricordare e ringraziare Mons. Giuseppe Treccani.
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Ricordiamo...
Mi sono incontrata con lui nel 1968 in casa S. Angela, quando era l’assistente della Compagnia, carica che ricoprì fino al 1991. Fu per me un aiuto straordinario, nel comprendere e incoraggiare, una vera guida spirituale. Quando si è giovani ci sono molte velleità e si è desiderosi di arrivare subito al dunque.
Ricordo la sua disponibilità paziente, intelligente, discreta, il tanto amore spirituale per farmi capire ed amare la vocazione di “Consacrata Secolare” e…finalmente il Signore mi ha chiamato ed io ho risposto “Sì, vengo a fare la tua Volontà”. Ho vissuto otto anni di cammino in preparazione con gioia, ma alcune volte con dubbi, perplessità ecc. ma poi dopo ogni incontro con Don Giuseppe mi ritrovavo sul retto sentiero. Perciò in questo cammino con le sue gioie e con le sue perplessità sono arrivata al traguardo. In un corso di Esercizi Spirituali a Ponte di Legno, Don Giuseppe Treccani in una celebrazione Eucaristica, mi chiese se volevo donarmi al Signore per sempre con i fermi propositi ed io risposi con gioia di sì. Vivo con serenità e tanta fiducia in Gesù mio sposo la mia consacrazione secolare nella Compagnia di S. Angela Merici, ma tutto questo lo devo a questo Sacerdote Mons. Giuseppe Treccani che mi ha guidato. Grazie Monsignore. T. F.
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Indice
Indice La parola del Superiore (S. Ecc. M ons. V igilio M ario Olmi) Ravvivare il dono di Dio pag. 3 La parola della Superiora (M ariarosa Pollini) La fraternità nella Compagnia
pag. 7
Alle sorelle ammalate (Enrica L amberti)
pag. 11
Spiritualità Ascoltiamo la Creazione (Mariadele Papetti) La fantasia di Dio (Mariuccia Goffi) Sant’Angela e il suo Signore (Mariuccia Goffi)
pag. 15 pag. 16 pag. 17
Festa di Sant’Angela Assemblea del 26 gennaio (Luigia Laffranchini) Veglia vocazionale (Letizia Nodari) Omelia di S. Ecc. Mons. Luciano Monari Omelia di don Pierantonio Lanzoni
pag. 18 pag. 19 pag. 21 pag. 25
Missioni Dal Brasile il vescovo scrive... (S. Ecc. Mons. Pedro Conti)
pag. 29
Tra noi Piccola cronaca di un giorno straordinario (Maria Teresa Fenaroli) Presentazione del volume Maria Teresa Pezzotti Superiora della Compagnia di Sant’Orsola (Gianpietro Belotti)
pag. 34 pag. 39
Angolo del libro
pag. 43
Ricordiamo...
pag. 45
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