LA VOCE della Compagnia di Brescia, n. 2 - 2014

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LA VOCE DELLA COMPAGNIA DI S. ANGELA • BRESCIA

APRILE • MAGGIO • GIUGNO 2014

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VOCE

DELLA COMPAGNIA DI S. ANGELA DI BRESCIA APRILE - MAGGIO - GIUGNO 2014

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Via F. Crispi, 23 - 25121 Brescia Tel. 030/295675-3757965 Nihil obstat quominus imprimatur Aut. del Trib. di Brescia n. 24/69 del 5 sett. 1969 Direttore responsabile: D. Antonio Fappani Tipografia: Alfa - Brescia Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 nยบ 46) art. 1, comma 2, DCB Brescia


Da umili servitori nella vigna del Signore alla gloria dei Santi ALLELUIA!

Giovanni XXIII

Giovanni Paolo II

27 aprile 2014


La parola del Superiore

Con la beatificazione annunciata per il 19 ottobre prossimo, papa Montini viene riconosciuto come persona che ha vissuto eroicamente il suo servizio alla Chiesa e all’umanità. Di questo non possiamo che esserne fieri e gioiosi, ma anche con un “briciolo di responsabilità”. Con queste parole il nostro Vescovo ha commentato la notizia giunta da Roma, aggiungendo che “il suo esempio diventa stimolo a vivere noi, oggi, il tempo che il Signore ci dona nella medesima prospettiva di pienezza di vita umana e cristiana”. Nei mesi che ci separano dal 19 ottobre anche la Compagnia cercherà di prepararsi convenientemente. A tale scopo propongo per la riflessione alcune testimonianze date da Papa

“Paolo VI Beato”

† Vigilio Mario Olmi

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La parola del Superiore Montini su S. Angela, alla luce del suo magistero circa l’attuazione degli orientamenti e delle riforme proposte dal Concilio Vaticano II. In particolare, dati gli stretti rapporti che Lui ebbe con la Compagnia di Brescia, mi pare doveroso offrire a tutte le Figlie alcuni brani dei discorsi da Lui pronunciati in due circostanze: la prima del 27.1.1956, quando da arcivescovo di Milano tenne l’omelia durante la Messa Pontificale celebrata in cattedrale di Brescia a conclusione delle manifestazioni in onore di S. Angela Merici; la seconda del 27.8.1966 a conclusione del convegno delle diverse Compagnie riunite a Roma per valutare le modalità per unirsi in unico Istituto secolare. Al primo posto pongo il brano in cui egli richiama la singolarità della figura e del carisma di S. Angela: “A me pare che ciò che fa lieto il vostro animo è un senso di fierezza, poiché Sant’Angela ha compiuto un atto di fiducia e voi vi sentite, in questo atto di fiducia, chiamate ad una statura e ad una sublime grandezza spirituale. Un atto di fiducia, rivolto non soltanto a voi, fedelissime, ma, in voi, alla donna; a questo ceto fedele che attinge dal cristianesimo la sorgente della propria vita spirituale. Ma, anche per un’altra ragione voi siete liete e cioè perché la Santa ha fatto credito alla vocazione femminile fuori del convento, in un tempo in cui la Chiesa era rivolta a rendere più severa la clausura. Chi ebbe il genio e la fiducia che la donna sarebbe vissuta santamente anche fuori dai conventi fu Sant’Angela. La Santa ha visto che tutto quello che circondava lo sforzo di perfezione, era sempre degno, sempre grande, ma ha visto che si poteva andare a Dio anche prescindendo da tanti mezzi e dando perciò questa possibilità ad un maggior numero di anime. Sant’Angela comprese che la donna è capace di sacrificio, di eroismi e che mai indarno le si chiedono tali dedizioni quando nella donna fiorisce e si dilata il pensiero e l’amore di Dio, perché è insita nella

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La parola del Superiore sua natura la fede, la religione, mentre la mente speculativa dell’uomo è più lenta ad accettar le convinzioni”. Poi chiarisce in che modo S. Angela attuò il suo progetto di perfezione cristiana. “La perfezione fu da lei messa nella pratica dei consigli evangelici e nella applicazione del volere del Signore, nella maggiore dedizione di sé. I consigli evangelici sono l’essenza della perfezione e tale perfezione consiste nella carità, nell’unione con Dio, nell’amore di Dio; tutto il resto ha ragion di mezzo. L’essenza della perfezione è l’amore del Signore. E’ possibile rendere facile ad un maggior numero di anime di seguire il Signore, attraverso le due ali della carità: la carità di Dio, ossia l’amore, tesoro invisibile, intimo, noto a Dio solo che ha ragione di fine, e la carità del prossimo, che ha ragione terminale. Questo ha potuto attuare Sant’Angela. Ha visto che si poteva domandare e l’una e l’altra carità, senza il convento; ha creato una Congregazione di anime che non vivono soltanto per sé, ma per il bene da compiere. Fu la pioniera delle necessità moderne, nella vita sociale, ha scoperto un metodo nuovo di vivere il Cristianesimo”. Il suo “metodo nuovo” consiste nel tendere alla perfezione nel contesto abituale della vita ordinaria. “Era necessario formare in mezzo al popolo un gruppo scelto di umili anime che mostrassero come la pietà, la virtù, era possibile e che le Figlie di Sant’Angela, vere e genuine Religiose nel mondo, non venivano per questo distolte dalla famiglia e dagli obblighi dei doveri sociali. Esse divennero anzi figlie e sorelle amorevoli in famiglia, madri di orfani negli istituti, sorelle dei sofferenti, angeli nelle Parrocchie. E tutto ciò non è opera profana in mezzo al mondo ma è fermento di vita divina, di carità ed esercizio della più alta perfezione perché ogni opera ha per fine Iddio. Abbiamo avvicinato, nelle famiglie che ci erano legate per vincoli di

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La parola del Superiore amicizia e di parentela, anime stupende, soavissime che, se avessimo, direi, il coraggio e l’ardire, potremmo presentare alla beatificazione della Chiesa, cioè al riconoscimento ufficiale, per la singolarità dei meriti e la purezza di vita. Queste anime restano davvero davanti a noi incantevoli esempi di virtù, di umiltà, di bontà, che abbiamo incontrato senza alcun merito, fiorenti, sopra il nostro cammino e non sono stati inutili, credo, neanche alla nostra formazione spirituale e sacerdotale, tanto i loro esempi sono stati luminosi e limpidi, familiari e, nello stesso tempo, impressionanti. Non dico i nomi ma ne potrei ripetere qui alcuni, tanto il loro nome è solcato nel nostro spirito e nella nostra memoria”. Paolo VI ritorna sul tema della novità della consacrazione secolare della Compagnia, sottolineandone l’attualità. “Siete state fondate 400 anni fa, educate, indirizzate soltanto per i tempi passati o anche per i tempi presenti? E’ terminata la vostra missione o invece presenta delle nuove possibilità, dei nuovi doveri, direi, delle nuove vocazioni? Noi siamo convinti che la Compagnia di Sant’Angela, se sa rispondere davvero a una sua nativa insita vocazione, è modernissima e di grande attualità. Anche perché avete un titolo che le altre formazioni che la Chiesa va generando in questo tempo, voglio dire gli Istituti secolari, non possono vantare, un’esistenza ante litteram quale voi potete vantare. Siete più antiche di tutte e avete indovinato una formula che la Chiesa ha fatto propria qualche secolo dopo la sua invenzione e voi l’avete vissuta e collaudata questa formula con tante virtù e con tante bellissime opere che meritano davvero di vivere e di rifiorire. E non posso tacere, a questo punto, il nome di due vostre grandi Consorelle, di due Signore consacrate anch’esse nella Compagnia di Sant’Angela che hanno fatto, quanti anni fa? 60-70 anni fa?, lo sforzo di farla rivivere, voglio dire: Elisabetta e Maddalena Girelli”.

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La parola del Superiore La attualità della Compagnia trova uno stimolo anche nel Concilio Vaticano II. A 50 anni dal Concilio, è bene verificare fino a che punto ne abbiamo assimilato lo spirito e la lettera del Concilio. Sono ancora attuali le indicazioni date su questo tema da Paolo VI. “Che cosa è da tenere presente allora in questo momento che vi fa passare dalla vita già trascorsa a quella che il Signore prepara per la vostra Istituzione? Innanzitutto le origini. Se voi siete davvero devote a S. Angela, se voi capite che cosa quella santa anima ha voluto fare nel suo tempo e nella società che la circondava, trovate subito i suggerimenti anche per voi. Lo stare aderenti alle origini conserva davvero le energie spirituali e traccia la via anche per il progresso. Seconda cosa … è lo scopo fondamentale di una istituzione come la vostra, cioè: la santificazione. Ma poi c’è un’altra finalità: è la santificazione degli altri. La Compagnia di S. Angela non è chiusa in se stessa, non è stata concepita, che so io, come un monastero, o se no, come un programma di vita che ciascuna svolge da sé: ma è stata concepita come un lancio, come oggi si dice, come una spinta, come un impegno verso il mondo circostante. E in quale forma? Le forme principali fondamentali sembrano due: la prima é questa, ed è l’originalità della Compagnia: ciascuna vive a casa propria e vive del proprio lavoro. Questa è stata una cosa che sembrava una anomalia al tempo che vide sorgere la Compagnia di S. Angela. Fu san Carlo, il primo a darle il carisma di fronte a chi le avversava: “No, no questa va bene”. Egli aveva l’intuito pastorale e il senso Veramente dei bisogni della Chiesa. Ma il secondo punto del vostro impegno quale è? Il vostro compito è la parrocchia. Voi siete le ausiliarie del parroco. Voi siete le figlie che devono essere le più obbedienti, le più silenziose, le più devote, e anche le più intelligenti – non è vero?- per capire che cosa bisogna fare in una

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La parola del Superiore parrocchia. Ogni parrocchia moderna, proprio per la vita moderna, non può fare a meno di un organo di assistenza femminile. Volete vivere e prosperare? Prendete la formula parrocchiale sul serio e dite: «Noi ci consacriamo al parroco nei suoi bisogni di assistenza infantile, giovanile, femminile per dare alla parrocchia quello di cui oggi ha bisogno, cioè il senso della comunità, la preghiera nuova, la istruzione religiosa, la bellezza del culto, l’ordine spirituale e morale che la fa veramente comunità cristiana. E perciò voi rappresentate, ripeto, la formula di speranza” Pertanto “la parola che troviamo a chiusura del Decreto conciliare sulla rinnovazione della vita religiosa sembra a noi che possa veramente essere riferita alla vostra Compagnia: “Sappiate portare il buon odore di Cristo nel mondo in cui vivete”.

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questo punto comprendiamo meglio l’auspicio di Paolo VI perché, nelle comunità cristiane, sacerdoti e fedeli meglio conoscano il carisma mericiano e con maggior sollecitudine curino la formazione delle figlie e le assistano nel dare il proprio contributo all’azione pastorale. “Seguendo i nostri Predecessori che all’opera della Vergine Bresciana dimostrarono costante fervore e ne promossero il felice incremento, Noi vogliamo riguardare alla Santa, come all’ “antesignana” di forme associative, particolarmente valide ai nostri giorni. Antesignana, diciamo, ossia precorritrice e quasi pioniera di quel movimento spirituale pastorale che, nella vita ecclesiale moderna, ha trovato definita espressione negli Istituti Secolari. Tale merito tuttavia non toglie alla Compagnia di Sant’Angela in cotesta Diocesi, ed in altre rimaste fedeli alla primitiva fondazione, la sua ragione d’essere e la sua capacità di compiere con appropriati criteri la sua provvida missione santificatrice e benefica anche ai nostri giorni, ché anzi ne conferma

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La parola del Superiore l’originale bontà, sempre che dal Pastore e dai Parroci della Diocesi la Compagnia ed i suoi gruppi locali abbiano guida ed assistenza, e vi corrispondano con solerte e docile devozione, integrando così l’opera pastorale nel campo della formazione religiosa, morale e sociale della Donna cristiana”. Coerente a queste affermazioni Paolo VI concesse alla Compagnia di Brescia di “ritornare alla regola tradizionale” (21.8.1971) e la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica “riconosce e dichiara che la Compagnia Diocesana di S. Angela di Brescia è una delle Famiglie delle vergini di S. Orsola e precisamente una Famiglia di consacrate secolari come Istituto secolare ante litteram”.

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oncludo questa breve rassegna invitando vivamente tutte le figlie a rileggere la propria esperienza di vita alla luce delle considerazioni del Papa Paolo VI. Sono convinto che emergerà nel cuore di ciascuna un sentimento di gratitudine verso Paolo VI per la testimonianza affettuosa del suo amore per S. Angela e la sua stima per la Compagnia, unitamente alla fiducia che la Compagnia di oggi saprà tener vivo lo spirito di S. Angela e darne una vera e fattiva testimonianza mediante l’esemplarità delle figlie nel contesto delle singole comunità.

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La parola della Superiora

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on è privo di significato il fatto che Paolo VI abbia celebrato la sua seconda Messa nella chiesa allora dedicata a S. Afra nella quale si venerava il ricordo di Sant’Angela: era il 31 maggio 1920 e il novello sacerdote sembrava voler porre accanto alla amatissima Madonna delle Grazie un’altra figura di donna, che gli fosse di aiuto e conforto. Nel corso degli anni ebbe modo di tornare spesso alla Santa della sua terra, interprete così viva ed intensa dell’anima della sua gente bresciana; la città, con le sue presenze e le sue tradizioni, la famiglia con i suoi affetti furono sempre presenti nel cuore del sacerdote che la Provvidenza guidava attraverso percorsi difficili e impegnativi.

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Maria Teresa Pezzotti


La parola della Superiora

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l Superiore Mons. Vigilo Mario Olmi, nel suo articolo, riporta alcuni passaggi dei due più importanti interventi di Paolo VI riguardo la Compagnia: il primo tenutosi il 27 gennaio 1956 quando, da arcivescovo di Milano, celebrò la Messa pontificale nel duomo di Brescia a conclusione delle celebrazioni in onore di Sant’Angela, il secondo il 28 agosto 1966 alla fine del Convegno della Compagnia svoltosi a Roma per discutere sulle modalità di riunione in un unico istituto secolare. Dai due documenti si evince la grande stima di Paolo VI per la Regola e la Compagnia di Sant’Angela: il legane di amicizia della sua famiglia con le Sorelle Girelli e la lunga attenzione alla storia della Diocesi di Brescia lo avevano orientato a cogliere la specificità e l’importanza del carisma mericiano. Il vivere nel mondo per santificare il mondo, come un “fermento di vita divino e di carità”, la fedeltà alle indicazioni del proprio Vescovo, l’umile servizio alla parrocchia costituiscono un cammino di perfezione spirituale orientato verso Dio.

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lla domanda: “Siete state fondate quattrocento anni fa, educate, indirizzate soltanto per i tempi passati o anche per i tempi presenti?”, Paolo VI risponde: “Noi siamo convinti che la Compagnia di Sant’Angela, se sa rispondere davvero a una sua nativa, insita vocazione, è modernissima e di grande attualità”. Proprio in quegli anni il Pontefice andava preparando la lettera enciclica “Humanae vitae” pubblicata nel 1968. Ben consapevole sia della necessità di una parola forte e chiara, sia delle reazioni che tale parola avrebbe suscitato, egli comprendeva l’importanza del ruolo della donna di fronte a uno smarrimento dei valori familiari che sembrava preludere a tempi ancor più difficili.

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La parola della Superiora Per questo gli appare provvidenziale la presenza delle figlie di Sant’Angela che restano nelle loro famiglie, si impegnano nel loro lavoro e animano la parrocchia con spirito di servizio nel sacrificio e nel silenzio: “Esse sono infatti in mezzo al popolo di Dio il lievito che può far fermentare la massa”.

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a fedeltà a una Regola saggia ed equilibrata garantisce loro di procedere in modo sereno e coerente in una società lacerata, percorsa da tensioni contraddittorie e disorientanti, che sembrano coinvolgere in particolare la donna, così incerta, impreparata e sola di fronte a problemi di un’esistenza difficile.

Pellegrinaggio a Roma Grate per la stima che il sommo Pontefice, Paolo VI, ha sempre dimostrato nei confronti della Compagnia di S. Orsola, Figlie di Sant’Angela, viene organizzato nei giorni 18-20 ottobre 2014 un PELLEGRINAGGIO A ROMA per assistere alla SUA BEATIFICAZIONE Per informazioni rivolgersi alla Segreteria della Compagnia tel. 030 295675 o 030 3757965

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Alle sorelle ammalate Mi indicherai il sentiero della vita gioia piena nella tua presenza ( Sl. 16)

Sorelle Carissime Con voi avrei voluto condividere la gioia goduta dalle donne che hanno seguito Gesù nel suo cammino terreno, ma la recente canonizzazione dei due Papi mi ha portato a riflettere ancora il valore della sofferenza, condizione sempre più consona a noi. Visitando gli ammalati della mia parrocchia, ho notato un po’di sconforto, meglio dire un po’ di stanchezza per il prolungato soffrire della malattia che, talvolta, sovrasta la volontà e i buoni propositi di vivere con Cristo la propria Passione. A poco servono le parole: bisogna provare certe esperienze del dolore per poterne condividere l’esperienza! Lascio parlare Papa Giovanni Paolo II il quale poté affermare che “… l’esperienza insegna che le stesse pene quotidiane, con la Grazia del Signore, contribuiscono spesso alla maturazione delle persone, temprandone il carattere … tutto ponendo sotto lo sguardo di Dio, che ci avvolge con il suo amore e con la sua provvidenza, ci sostiene e ci conduce”(Lettera agli anziani, ottobre 1999). Quante figlie di S. Angela stanno vivendo l’esperienza di essere sostenute dalla Provvidenza divina e si chiedono come facciano ad affrontare tanta sofferenza; la pace che portano nel cuore è la risposta più vera e più eloquente e con S. Giovanni Paolo II possono dire: “Quando Dio permette la sofferenza, ci dà sempre la forza perché ci uniamo con più amore al sacrificio del Figlio e partecipiamo con più

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Alle sorelle ammalate intensità al suo progetto salvifico. Siamone persuase. Egli è Padre, un Padre ricco di amore e di misericordia”. Ho raccolto alcune esperienze che ci possono far riflettere anche sulla sofferenza morale che tanto emerge in questo nostro tempo. Una madre di otto figli vive nella fede l’esperienza dell’abbandono del marito e quanto ne consegue; ha voluto accostare la sua sofferenza a quella degli ammalati della parrocchia in cui vive, affermando che il suo soffrire non è paragonabile a quello di certi ammalati che lei stessa va ad incontrare e per loro offre il suo dolore durante la S. Eucaristia, cui partecipa ogni mattina. Per necessità, ho avuto occasione di colloquiare con una dottoressa alla quale sta molto a cuore la sofferenza dei suoi ammalati, tra i quali la sua stessa mamma ridotta ormai a un livello mentale inferiore a quello di una bimba. “Non so dare risposta concreta alla sofferenza; noi medici non possiamo e non dobbiamo sostituirci a Dio perché è solo Lui che conosce in profondità il mistero del dolore, semmai dobbiamo imparare ad adorare questo mistero”. Ancora Papa Giovanni Paolo II diceva: “Adorare è come rimanere in preghiera, fedeli alle nostre condizioni di vita”. Lui, il Papa, che ha conosciuto e sperimentato il valore della sofferenza, ci sprona di essere sempre unite con più amore al disegno salvifico del Figlio. “La Chiesa apprezza i servizi che ancora vi sentite di prestare … conta sul vostro

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Alle sorelle ammalate apporto di prolungata preghiera, attende i vostri sperimentati consigli e si arricchisce della testimonianza evangelica da voi resa giorno per giorno”. E la Compagnia? Quella regge per quanto, con la grazia divina, ogni figlia di S. Angela sa donare nella sua vecchiaia e desidera che la Compagnia sia sempre più viva ed efficace nella Chiesa tutta “Nessuno ha un amore più grande di questo; dare la vita per i propri amici” (Giov 15, 13). Papa Francesco, in una sua catechesi, sottolinea il rapporto che Gesù aveva con le donne che lo seguivano nel suo cammino terreno, un rapporto di tenerezza e di amore. Tutt’oggi lo è ancora per noi che poniamo il nostro soffrire sotto lo sguardo amoroso di Dio, confortate dalla pace che andiamo invocando, certe di goderla pienamente quando la nostra dimora sarà stabilita nella grande famiglia del Paradiso. Auguro a voi e a me che si realizzi in pienezza questo grande Dono! Fraternamente Enrica L.

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Spiritualità

Cerco il tuo volto

Spiritualità

Mostrami il tuo volto. L’Adorazione fa parte di una spiritualità che potremmo chiamare “della visione,e in realtà, apparentemente, può sembrare anche lontana dalla spiritualità biblica che è piuttosto la spiritualità “dell’Ascolto della Parola”, dell’Obbedienza. Anche la Scrittura però documenta il desiderio dell’uomo di “vedere il volto di Dio”: Mosè chiede a Dio: “Mostrami la tua gloria!” (Es33,18), proprio in un impeto di amore e di desiderio di comunione. Da Ezechiele in poi si darà, anche nella Scrittura, più importanza alla visione, fino all’Apocalisse. La Chiesa d’Oriente ha sviluppato questa tensione alla visione attraverso l’Icona proprio per quello che essa è, a partire dal fatto della sua legittimità; dal fatto che Dio ha, nel suo Figlio, preso un Volto umano:“il Verbo si è fatto carne, la vita si è resa visibile…..” (Gv1,14). C’è una tensione a vedere Dio e la bibbia esprime in molti luoghi questo atteggiamento: Dio mi vede sempre, io non lo vedo, voglio però camminare in modo tale che mi sia possibile “vedere colui che mi vede”. Centro il Mistero pasquale. L’Adorazione davanti alla Santissima Eucaristia esposta solennemente nelle nostre chiese è in un certo senso un punto d’arrivo. Essa non è staccata dall’azione liturgica, la prolunga, è come un andare oltre. L’Adorazione Eucaristica, dice Von Balthasar, è sempre centrata sul Mistero pasquale;

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Spiritualità qualunque cosa si faccia dinanzi ad essa è relativa al mistero di Gesù nella sua passione, morte e risurrezione. L’Adorazione è un fatto pasquale come la Messa. E’ Sacramento del Sacrificio di Gesù e Presenza della sua Risurrezione. Allora la questione: che cosa vedo di più nel Pane eucaristico esposto nell’Ostensorio o chiuso nel tabernacolo? Nulla di più vedo. Vedo il Simbolo, il Pane segno-sacramento e conosco per la fede che è la presenza del Signore morto e risorto. Stare dinanzi all’Eucaristia. Sempre illuminante l’episodio di Marta e Maria: viene il Signore nella casa e Marta non comprende, continua a fare le faccende, anzi ha più da fare perché è venuto lui…siamo alla Presenza del Signore e continuiamo a leggere un libro, a portare avanti il nostro discorso…le nostre formule fisse di preghiera finché le diciamo tutte! In realtà, c’è una sola cosa da fare, come Maria, sedersi ai piedi di Gesù e farsi discepoli, ora che è venuto lui, tutto è cambiato,è la fede del Nuovo testamento, è entrare nel Nuovo Testamento. Molte nostre Adorazioni sono piuttosto nello stile di chi continua a fare faccende, le opere buone, insomma è rimasto all’Antico Testamento…Maria è la donna del Nuovo che fa derivare tutto il suo comportamento da questo

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Spiritualità fermarsi davanti al Signore. Il fermarsi per restare passivi davanti al Signore nella memoria del Mistero Pasquale. Non è l’unica preghiera quella di Adorazione; ci vuole quella meditativa, liturgica, di lode, di domanda di perdono, ma poi ci vuole questo silenzio di fronte al Signore che si fa presente. Oranti e intercessori in Gesù. Riflettendo, inoltre, che lo stare dinanzi alla Presenza del Signore Gesù nell’Eucaristia è entrare nei suoi sentimenti, nella sua preghiera al Padre in favore degli uomini, anzi nel suo essere “memoria”, dinanzi al Padre, della Salvezza per tutti, realizzata nella Pasqua, il fatto ci mette in un’altra nostra verità: quella della realtà del nostro Battesimo. Battezzati,cioè immersi nella morte e risurrezione de Signore, ora siamo uniti e partecipi dell’opera sua. Nell’Adorazione, dunque, siamo estremamente attivi in Gesù, proprio in favore degli uomini, ed è un modo altissimo di vivere la realtà battesimale. L’Adorazione a Dio, al Signore di tutto, è sempre possibile in ogni luogo e tempo; L’Adorazione Eucaristica ha, però, una sua peculiarità, per la sua relazione al Mistero Pasquale. L’Adorazione Eucaristica, prolungata nel giorno e nella notte, proclamerà, per noi e per il mondo,che il Signore ha messo tutto sotto la sua Pasqua: il tempo e lo spazio, ciò che è visibile e ciò che è invisibile. Finché apparirà la sua croce gloriosa nella sua seconda venuta, adorando e con struggente desiderio noi, con lo Spirito, ripetiamo Maran a tha (Vieni Signore). Rosa P.

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Spiritualità

Il carisma Mericiano nella quotidianità

Sono felice di essere figlia di S. Angela, nella storia di ogni giorno. Non è pensabile un’interruzione, anzi posso solo dire che più trascorre il tempo, più ne vedo il valore, l’importanza, la semplicità e fattibilità. Cosa dunque ha pensato S.Angela Merici nel 1500, per me, per le mie consorelle e per la Chiesa tutta? Lei, così docile alle Divine ispirazioni, ha lasciato che il Maestro interiore soffiasse un alito di creazione nuova, arrivato fino al 3° millennio e che continuerà nei secoli. Questa novità consiste nel dare a Dio quel che è di Dio e al mondo ciò di cui ha bisogno. S. Angela ha portato al massimo la sua unione sponsale con il “Figliuol di Dio…andando, stando,credendo, sperando, facendo calde orazioni, donando ogni cosa sua interiore ed esteriore a sua Divina Maestà”. Ella non ha vissuto in monastero questa magnifica realtà, ma nella sua casa di Desenzano, nella società semplice del paese, come pure nell’elegante Salò, fino a spingersi a Brescia e divenire punto di riferimento al popolo, ai nobili e a tutta la città civile e religiosa. E’ stata una donna laica, ma consacrata e in un punto della sua Regola dice di “...obbedire a Dio, alla santa Chiesa, ai genitori, alle leggi civili, ad ogni creatura purché non ci sia comandata cosa contro l’onor Divino e la propria onestà e salute. E sopratutto obbedire alle Divine ispirazioni.” Quale sapienza! In queste linee mericiane c’è un indirizzo per ognuna che vuol seguire le orme di S. Angela. Vedere tutto con gli occhi di Dio; consacrare a Lui la vita semplice di ogni giorno, affidarci totalmente, lavare i piedi in ogni necessità, lasciarceli lavare quando ne abbiamo bisogno o gli altri desiderano

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Spiritualità

farlo. Questa reciprocità vale nella Compagnia, nella società civile, in famiglia, nel lavoro, nella Casa di riposo. Vivere la consacrazione nel mondo non concede tregua, ma fa felici perché la vita acquista sapore e valore presso Dio e presso gli uomini. Quando io ho incominciato ad apprezzare e ad aderire a questo carisma, ero infermiera pediatrica, poi son passata con gli adulti dializzati e poi sul territorio nei poliambulatori. Sempre ho avuto la gioia e la serenità necessaria per fare un servizio a tutti quelli che avvicinavo e loro mi hanno arricchito. Il Signore e S. Angela mi hanno guidato nella buona e cattiva sorte, come in un patto sponsale.

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Spiritualità E come me, penso a tutte le Consorelle che prestano la loro opera nel pubblico o nel privato. Non c’è un settore più importante di un altro, quando esiste il bisogno di un servizio! Il carisma Mericiano è molto duttile, si adatta ai luoghi e alle persone, non comporta segni di distinzione: “spreca” il suo tempo a servizio di Gesù, come faceva la Madonna, S. Giuseppe...Sta nel mondo come loro e rimanda a Dio ogni cosa creata, con letizia e semplicità. Qual è la differenza dai comuni laici? Quella che non si vede ma che dà valore a una vita interamente donata con la verginità del corpo e del cuore. Qualcosa che va scomparendo con facilità. Eppure l’azione potente dello Spirito Santo ci fa procedere, obbedendo anche alle leggi civili o facendo obiezione di coscienza (fuori moda e ostacolata), se sono contro l’onor Divino o danneggiano le persone. Molte volte questa discriminante è causa di sofferenza acuta e continua, ma è anche la nostra gioia per l’amore che portiamo al bene comune dei fratelli. La quotidianità, che non ha apparenza, ci conferma che siamo sulla buona strada per seguire il “nostro comune Amatore” e che da Lui proviene il dono singolare della Sponsalità e maternità spirituale. S. Angela, nei suoi scritti, ci dice che dobbiamo “essere unite insieme e che il trovarsi è di grande giovamento”: perciò i nostri incontri di Compagnia sono di aiuto al vivere lo stesso stile di vita e a sostenerci vicendevolmente. La famiglia spirituale ha una Madre e tante Sorelle. Il volersi bene e l’andar d’accordo è segno certo che si cammina per la via gradita e accetta a Dio. Noi lo ringraziamo di questa ricchezza, sperando che la famiglia aumenti di numero e in santità. Giusi G.

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Attualità

I nuovi pagani alla riscossa

Da un po’di tempo cresce il fronte dei filosofi atei o non credenti, che non si batte contro la religione ma difende una visione del mondo ancorata al pensiero antico e fondata su un’etica laica. Questi pensatori gettano la sfida all’etica teologica: l’italiano Salvatore Natoli, docente di logica all’Università di Venezia, sostiene di non essere contro, ma oltre il Cristianesimo; per il francese Pierre Hadot, studioso del neoplatonismo, la filosofia sarebbe ridotta dalla religione solo a metodologia. Un gruppo di docenti del Seminario teologico di Brescia, che cura dal 1991 la pubblicazione di studi inerenti le varie specialità insegnate, nella collana “Quaderni teologici”, ha dato alle stampe, nel luglio del 2011, un volume dal titolo “La rinascita del paganesimo”: una risposta alle tesi neopagane. G. Canobbio, F. Dalla Vecchia, E. Maiolini constatano: ”Negli umani è sempre stata presente la necessità di non cercare lontano quel che serve per immaginare un’esistenza piena, perfino per non rincorrere sogni irrealizzabili: se così non fosse, non si capirebbe come siano sorti i miti Don Franco Frassine

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Attualità tragici di Sisifo, Prometeo e Icaro, i miti idilliaci di un’umanità totalmente riconciliata in se stessa e con la natura, come i miti più recenti di una società libera e fraterna di uguali, fondata sull’impegno umano”. Ai filosofi che si fanno propugnatori di una visione neo-pagana, concepita come “una riconquista della libertà”, si legge nell’introduzione che “… in essa la creatività può esprimersi all’infinito, non ci sono più vincoli perché non c’è più una verità precostituita”. Il neo- paganesimo darebbe il là ad una vita umana sciolta, leggera, senza il peso di doveri impellenti. Ad un’obiezione fatta da Canobbio del perché alcuni dei neo- pagani sono molto “frequentati” dal mondo cattolico e la ragione della loro critica intellettuale, il docente ha così risposto: ”Abbiamo voluto tentare un dialogo a distanza con questi intellettuali per fare in modo che essi chiariscano meglio il loro pensiero anche per “avvertire i credenti di non cadere nella trappola del fascino, perché bisognerebbe chiedersi dove conduce il pensiero di questi personaggi. Essi rientrano in quello che viene considerato “pensiero liquido”, ma, proprio perché non è ben precisato, risulta affascinante e al contempo rischioso”. Sempre al teologo bresciano si chiede se la teologia è all’altezza della sfida dei “nuovi pagani”; la risposta è la seguente: “Distinguerei due livelli: la teologia più “nascosta”, che non cerca il richiamo pubblico,

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Attualità prova a procedere in maniera più serrata nel suo argomentare; quella vulgata, spesso sotto la spinta degli editori (che vogliono libri che si vendano: una preoccupazione che capisco benissimo …), “gigioneggia” con questi autori, cercando di farsi sollecitare dal loro pensiero, oppure cedendo alle loro suggestioni”. Nei saggi finali del “Quaderni teologici” l’attenzione dei teologi bresciani si concentra sulla liturgia come luogo, esperienziale e teoretico, di risposta ai “nuovi pagani”che si chiedono se il celebrare dei credenti oggi risponda in maniera convincente. Mons. Canobbio così risponde: “Purtroppo la riforma liturgica del Vaticano II, che aveva l’altissimo obiettivo di far celebrare il mistero del Signore Gesù nella lingua delle persone, è stato in molti casi svilito, fino a scadere alla sciatteria. Un tempo, durante una celebrazione, si potevano ascoltare musiche di carattere operistico di altissimo livello; oggi siamo alle canzonette. Le persone, forse, si sentono espresse da questa musica, ma di certo non percepiscono il Mistero. Se ascolto Bach o Mozart durante una Messa, sono portato oltre me stesso; nel caso della canzonetta rimango dentro la mentalità diffusa che non è certo molto elevata. Ecco la sfida: una liturgia all’altezza del Mistero di Cristo che elevi il fedele e che non si appiattisca sul pensiero comune”.

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Cronaca

Dies Academicus L’11 marzo 2014, alla presenza del prefetto di Brescia e di altre autorità cittadine, anche quest’anno ha avuto luogo la solenne cerimonia dell’apertura del nuovo anno accademico 2013-.2014, alla quale ho partecipato in nome della nostra Compagnia. La mattinata è iniziata nella cappella dell’Ateneo con la celebrazione eucaristica, presieduta da S.E. Mons. Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ed officiata pure da altri sacerdoti, tra cui Don Roberto Lombardi, da molti anni responsabile del servizio per la pastorale universitaria della Cattolica di Brescia. Partendo dal testo di Isaia, proprio di quel giorno “…Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra senza averla fecondata e fatta germogliare…” ( 55, 10-11), così, ha sottolineato il celebrante, anche la Parola di Dio deve essere accolta, specie, nell’ambiente universitario e per di più cattolico, come un dono di Dio e portare molto frutto. Successivamente, nell’Aula Magna, il rettore, prof. Franco Anelli, nel suo intervento, ha ribadito l’attualità dell’Università Cattolica: non solo centro di studio e di ricerca, ma anche di formazione ispirata ai valori religiosi. Suo compito è di formare bravi professionisti, seri e responsabili, capaci di rispondere alle istanze della società di oggi, nel solco di una tradizione che risale alla fine dell’Ottocento quando uomini come Giuseppe Tovini, Giorgio Montini, Luigi Bazoli, Mons. Angelo Zammarchi ebbero parte attiva nel motivare la presenza cattolica nel campo dell’educazione e della pedagogia. E’ succeduta una brillante relazione del Prof. Giovanni Bazoli, presidente del Consiglio di Sorveglianza della Banca Intesa San Paolo, sulle vicende che portarono nel 1965 alla nascita dell’Università cattolica, quale

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Cronaca

degno coronamento della storia del cattolicesimo bresciano, che, oltre alle figure qui sopra ricordate, si è espresso anche con le case editrici la “Morcelliana” e la “Scuola” con la rivista Scuola Italiana Moderna, legata per noi al ricordo delle Venerabili Sorelle Girelli che la sostennero anche con un ingente supporto finanziario. Il prof. Bazoli ha poi ricordato anche le personalità della “seconda generazione” che tanto fecero per avere a Brescia la Cattolica: don Enzo Giammancheri, Giuseppe Camadini, Adolfo Lombardi e soprattutto Vittorio Chizzolini definito “un esegeta straordinario del proprio tempo e della propria Brescia, l’erede più conseguente dell’apostolato educativo di Giuseppe Tovini”. Clara S.

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Cronaca

Lo schiaffo e il perdono

Madre della vittima ferma il boia in Iran Sul giornale l’ “Avvenire” del 18 aprile 2014, leggiamo una breve cronaca firmata Lu. Mi. che ci fa capire, come anche dove esiste la legge del taglione, una madre riesca a perdonare chi le ha ucciso il figlio. “Lo hanno trascinato a forza. Lo hanno bendato. Lo hanno issato su una sedia, il suo scranno, improvvisato, patibolo. Gli hanno stretto la corda al collo, nonostante le sue urla. Balal Abdullah, 20 anni, condannato a morte per aver ucciso a coltellate un suo coetaneo durante una rissa in strada nel 2007, aspettava solo l’ultimo gesto, quello che avrebbe decretato la sua morte. E invece la donna velata in nero, la madre del ragazzo ucciso sette anni fa, non ha fatto crollare la sedia, l’ultimo, fragile sostegno alla vita di Balal. Lo ha schiaffeggiato. Un gesto che non significava morte, ma vita. Non vendetta, ma perdono. Non “occhio per occhio” - come prevede la legge islamica - ma riconciliazione. “L’assassino - ha raccontato la donna - piangeva chiedendomi perdono, io l’ho schiaffeggiato, cosa che mi ha calmato, e poi gli ho detto: così ti punisco per il male che mi hai fatto. Alcune persone hanno applaudito, altre hanno pianto”. Balal, riportato in carcere, ha espresso tutta la sua commozione: “Lo schiaffo ha separato il perdono dal patibolo e mi dispiace che nessuno mi abbia schiaffeggiato prima che io abbia preso il coltello”. L’Iran è il secondo Paese al mondo dopo la Cina per numero di esecuzioni eseguite: 369 nel 2013 secondo Teheran, almeno il doppio secondo le stime di Amnesty International”.

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Cronaca

Canonizzazione di Maria dell’Incarnazione Guyart

Insieme a tutto il mondo orsolino, in particolare alle Orsoline dell’Unione Romana e dell’Unione Canadese, anche noi della Compagnia di S. Orsola, Figlie di S. Angela di Brescia ci rallegriamo per il riconoscimento, da lungo tempo atteso, della santità di Maria dell’Incarnazione. Reca difatti la data del 3 aprile 2014 il decreto con il quale Papa Francesco, con un gesto di particolare attenzione per il continente americano, ha riconosciuto santa Maria dell’Incarnazione insieme a Francesco de Montmorency – Laval, primo Vescovo di Quebec dal 1674 al 1685, e al gesuita José de Anchieta, uno dei primi missionari del Brasile nel secolo 16°, considerati veri fondatori della Chiesa nel Nuovo Mondo. Il Papa San Giovanni Paolo II l’aveva beatificata il 22 giugno 1980 nella basilica di San Pietro in Vaticano. Tale riconoscimento, cui non segue nessuna cerimonia in San Pietro, è detto “canonizzazione equivalente”; introdotto nel 1632 e non di uso comune, si pratica quando il Beato è venerato da lungo tempo, ed è oggetto di un’”attestazione continua e popolare” e di “una

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Cronaca reputazione senza interruzione di meraviglie”. Maria dell’Incarnazione, al secolo Marie Guyart, nasce a Tours il 28 ottobre 1599, quando la Francia vive un momento particolarmente felice detto il “secolo d’oro”, dominato dalla presenza di alcune grandi figure: i Cardinali Richelieu e Mazarino e il re Luigi XIV, il re sole, perché sui suoi domini, che spaziavano dall’estremo Oriente all’America, non tramontava mai il sole. Nonostante che in questi anni sia predominante la teoria del filosofo Cartesio, che mette la ragione al posto di Dio e prepara la via all’illuminismo, tuttavia nascono numerosi Santi e Fondatori di congregazioni religiose dedite all’apostolato, alle missioni popolari, al rinnovamento della Chiesa: San Vincenzo de Paoli, Jean Baptiste de la Salle, Luigi Maria Grignion de Monfort. Maria nasce in una famiglia medio borghese, il padre maestro panettiere. Fin da bambina ama ascoltare le prediche di molti Religiosi, le grandi manifestazioni di fede come le processioni e il canto liturgico ritenendo ovvio che alla gioia dell’anima si faccia partecipare anche il corpo. A diciassette anni sposa il proprietario di un setificio ed ha da lui un figlio. Rimasta prestissimo vedova, con un figlio, divenuto poi benedettino, si trova, così ancora giovane, a coniugare una profonda spiritualità, guidata dallo Spirito Santo, con una vita lavorativa frenetica presso la sorella il cui marito aveva una ditta di esportazioni. Rifiutate nuove nozze, nel 1631 entra nel monastero delle Orsoline di Tours, appartenente alla congregazione di Bordeaux, vera roccaforte contro l’eresia del giansenismo, che trovava molti simpatizzanti tra vescovi, padri confessori e famiglie intere. Conosce dei gesuiti missionari in Canada e inizia a progettare di trasferirsi nelle colonie, dove ferveva un’intensa attività missionaria. Conosciuta poi una ricca signora, che intendeva mettere a disposizione una grossa somma per aprire una scuola per le

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Cronaca bambine indiane del Canada, nel 1639 lascia Tours e fonda il primo monastero di Orsoline a Québec. Viene raggiunta presto da altre religiose e, poiché queste provenivano da varie congregazioni con regole e consuetudini diverse, prepara una nuova regola che viene approvata dal vescovo Francesco de Montmorency – Laval nel 1662. Senza mai uscire dal convento impara i dialetti degli indiani Algonchini, Montagnesi, Uroni e Irochesi e per loro scrive catechismi, grammatiche e dizionari, occupandosi nel contempo dei bambini indiani ai quali fornisce nutrimento, assistenza ed educazione. Attraverso molteplici purificazioni, l’itinerario spirituale di Maria dell’Incarnazione si va sempre più affinandosi dal Cristo alla Trinità; significativo quanto scrive nella Relazione del 1654, Ottavo Stato di Preghiera: “Il Padre Eterno era mio Padre; il Verbo sovradorabile il mio Sposo e lo Spirito Santo, Colui che con la sua operazione agiva nella mia anima”. Unita al Verbo incarnato abbraccia la dimensione apostolica perché tutto rientri nell’opera della Redenzione. Alla sua morte, avvenuta a Québec il 30 aprile 1672, lascia una comunità di una trentina di suore, primo nucleo delle Orsoline del Canada. Le sue spoglie riposano nell’Oratorio accanto alla Cappella delle Orsoline di Québec; per il suo ruolo di maestra di vita spirituale e di promotrice di opere evangeliche è considerata la madre della Chiesa Cattolica del Canada. Clara S.

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Cronaca

Età di confine, equilibrio tra affetto e norma, noi educante Calcinato, Auditorium don Bertini 5 aprile 2014

Un folto pubblico, attento a non perdere nulla delle stimolanti riflessioni proposte da Mariella Mentasti “L’età di confine”, Maria Rosa Raimondi “Alla ricerca dell’equilibrio tra affetto e norma” e sr. Silvia Finazzi “Il noi educante tra coraggio e tenerezza”, ha partecipato al convegno proposto e organizzato da: Comune di Calcinato - Commissione pari opportunità Parrocchie di Calcinato, Calcinatello, Ponte san Marco Coordinamento Aggregazioni Femminili Diocesi di Brescia Compagnia di sant’Orsola di Brescia Amici Missioni Orsoline Brasile Amici di Sant’Angela Ha presentato il convegno Giuliana Delbasso, amica di sant’Angela e convinta promotrice dell’evento. Gli intermezzi musicali, al pianoforte, sono stati affidati a Kamilla Ferrarini, una giovane artista di grande talento. Giusy P.

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Tra noi

La Casa di riposo di Travagliato “Don Angelo Colombo” Il ruolo essenziale di Paolina May figlia di Sant’Angela quale co-fondatrice

Gli abitanti di Travagliato conoscono più direttamente la figura di Andrea May per la sua opera di benefattore, uomo impegnato nel sociale e soprattutto di difensore dei “bisogni agrari” della città di Travagliato. In Piazza Libertà esiste una storica lapide a ricordo di questo personaggio. In realtà la figlia Paolina, nata a Travagliato il 20 giugno del 1852, primogenita del cav. Andrea e di Giulia Ziliani, della famiglia dei co. Secco d’Aragona di Erbusco, fu una tessitrice di relazioni umane, sociali e religiose tanto profonde che la resero nota non solo nella sua città, ma anche in tutto il territorio bresciano. La zia Chiarina ebbe su di lei un forte influsso e le trasmise l’amore, il legame fedele e la dedizione totale alla Compagnia di S. Angela Merici. Nel tempo il suo “essere per gli altri” si concentrò sui “vecchi” che, a suo parere, vivevano in una situazione di abbandono. Ebbe infatti a scrivere nell’atto di fondazione del Ricovero Vecchi e Vecchie di Travagliato: “Facendomi molta compassione i tanti poveri vecchi e vecchie che patiscono fame e freddo e che, non avendo famiglia propria o anche avendo figli, sono lasciati soli a languire miserevolmente, venni nella determinazione di procurar loro un rifugio, ove troveranno assistenza e pane, nonché aiuti morali e spirituali. Intendo quindi di fondare un Ricovero Vecchi e Vecchie e destinare per ciò il capitale di L. 30.000, il cui interesse serva per il loro mantenimento”. Molto determinata la sua volontà che in questo Ente “regni assoluta Religione Cattolica, perciò dopo la mia morte voglio che mi subentri come membro di diritto il parroco-tempore di Travagliato”. Così pure emerge con evidenza che la sig.na May non ammetteva, per

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Tra noi il futuro, un cambio sostanziale della struttura dell’Ente, al punto da far approvare che, in caso venisse escluso dal Consiglio il parroco o un suo delegato, il patrimonio di L.30.000 passasse ai suoi eredi, i cugini conti Secco d’Aragona di Erbusco. Una donna, riservata e quasi schiva di ruoli autoritari, mette in mostra alcune forti e decise convinzioni, anche di carattere sociale ed organizzativo, ancora oggi di attualità sociale e politica. Da dove prendeva questa sicurezza, questa decisone e, soprattutto questa forza d’animo? Scrissero di lei: – la sua vita era in tutto legata alla scelta religiosa che l’aveva orientata alla Compagnia di Sant’Angela, a lei sminuzzata e presentata dall’esempio integerrimo della zia Chiarina May; – seppe attorniarsi di persone convinte e “sincere” che, con lei posero le basi di un’opera che ancora oggi propone servizi socio-sanitari all’avanguardia, con forte spirito cristiano (prestano servizio nella fondazione “Don Angelo Colombo” un sacerdote in stretta collaborazione con la parrocchia di Travagliato e alcune religiose della Congregazione Suore Carmelitane Missionarie Spagnole). Come collaboratrice alla sig.na Paolina May si era affiancata la sig.na Rachele Taino, sempre figlia di S. Angela con il ruolo pratico ed organizzativo così da essere considerata a pieno titolo “co-fondatrice dell’opera”. Paolina May seppe nella sua vita (20 giugno 1852 - 1 marzo 1937) essere fedele alla sua scelta di Figlia di Sant’Angela, ma soprattutto, sull’esempio della sua fondatrice, fare la scelta di diffondere intorno a sé lo spirito di servizio ai fratelli più bisognosi, lavorando non da sola, ma coinvolgendo sempre altre persone. Forse … il mondo di oggi ha bisogno “ancora” di simili persone!!! Angelo Metelli e Maria Luisa Tironi P.S. Di Paolina May non si reperiscono più immagini. Saremmo grati a chi ne fosse in possesso se gentilmente ne inviasse copia alla redazione di “Voce”

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Tra noi

Dio non si stanca di perdonare

La Buona Notizia è che Dio ama ciascuno di noi come se fosse unico al mondo e non si stanca mai di perdonare, dice Papa Francesco. La convinzione,che fonda la speranza di ogni persona, è questa: il Padre è dalla parte di ogni uomo e al fianco di ogni donna per vincere l’egoismo: io, me, per me…. Papa Francesco annuncia così, con forza, la rinnovata passione rivoluzionaria del cristianesimo: il Dio di Gesù non è un giudice freddo, bensì un Padre che attende e accoglie sempre a braccia aperte i suoi figli. Questa accoglienza radicale, che ha il nome di perdono, permette a ciascuno di farsi carico delle fragilità altrui, per portare nella propria storia il flusso benefico di un Amore vero che vince ogni disperazione: una constatazione che apre alla speranza e innerva di Bene ogni giorno della nostra esistenza terrena. Le braccia di Dio sono aperte per guarirci con il Suo perdono e nutrirci con la Sua tenerezza. Donando la Misericordina Papa Francesco ha soggiunto: “E’una medicina speciale per concretizzare i frutti della Fede nella storia di ogni giorno”. Mariuccia G.

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Le ricordiamo

Galli Angela di Santicolo Nata a Corteno Golgi il 2 maggio 1921 Consacrata nel 1965 – Deceduta il 20 dicembre 2013

Anche se carica di anni, la sua partenza ci ha resi tutti più poveri e ci priva di un modello visibile di esemplare vita cristiana cui la nostra comunità faceva riferimento nelle varie attività di impegno pastorale. Da Marone, la sua salma è stata trasportata nella chiesa parrocchiale di Santicolo per la S. Messa di suffragio. In questo Tempio è stato ricordato il suo battesimo, il suo cammino cristiano, il suo costante servizio per il decoro e la pulizia dell’edificio sacro. Ricordiamo con gioia e gratitudine la sua disponibilità alle varie iniziative, formative e ricreative, particolarmente la sua dedizione all’insegnamento del catechismo, convinta che prima di fare catechismo bisogna essere catechisti con il buon esempio. Cosciente di questa scelta, ha collaborato all’opera dei vari Parroci, che la Provvidenza le ha fatto incontrare nei suoi lunghi anni di apostolato. Anche per la nostra Angela si sono intrecciati momenti di entusiasmo e di scoraggiamento, ma seppe essere buon lievito nel fermento della pasta. Questo suo stile di vita buona lo visse anche nella Compagnia di S. Angela, dove si consacrò definitivamente al Signore. Come questa nostra parrocchiana ha potuto realizzare tutto questo programma di vita? Lei stessa ne ha dato la risposta: “Non staccare la spina dal tabernacolo e dalla preghiera”. Nel diario di una suora si legge: “Se vuoi stare in piedi e camminare,

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Le ricordiamo occorre prima stare in ginocchio”. Tu Angela ci hai insegnato questo segreto e per questo ti rinnoviamo il nostro “Grazie” a nome di tutta la comunità di Santicolo, della tua Compagnia e di quanti hanno potuto beneficiare della tua feconda seminagione, che ha prodotto buoni frutti. Confidiamo nell’aiuto di Dio, perché con le nostre preghiere unite a quelle di chi ci ha lasciato, possiamo presto ancora beneficiare di numerose vocazioni, cui il nostro paese si era abituato. Ricordati ancora di tutti noi dal Paradiso. Don Gregorio Milesi Presbitero collaboratore della zona pastorale I Alta Val Camonica

Pescarzoli Caterina Nata a Losine il 5 maggio 1927 Consacrata nel 1969 – Deceduta il 1° maggio 2014

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Le ricordiamo

Annita (detta Anita) Pinelli Nata a Brescia il 18 agosto 1931 Consacrata nel 1966 – Deceduta il 9 maggio 2014

Annita se ne è andata, discretamente, come è vissuta, nel tempo pasquale e nel mese dedicato a Maria. La chiesa è ancora parata a festa, con i richiami alla gioia della risurrezione: il cero, i fiori, i paramenti dorati … . Ben si addice questa coincidenza alla sua partenza da questa mondo, perché per Annita la morte era considerata come una festa nuziale, quando lo sposo arriva e lo si può vedere. Qualche decennio fa il giornalista Sergio Zavoli, in un programma televisivo intitolato “Ho intervistato il silenzio”, curò un memorabile reportage da un monastero di clausura. La Madre badessa, intervistata sulla morte e la paura che la circonda disse: come potremmo noi temere la morte? È il momento in cui raggiungiamo lo sposo per il quale abbiamo vissuto, speso tutta la nostra vita. E aggiunse: vivessi ancor mill’anni, non smetterei di desiderare questo momento. La parabola di Gesù, nota come parabola delle 10 vergini, è in questa prospettiva. Pur trattandosi di un discorso “escatologico”, può essere anche riletta alla luce dell’attesa dello sposo che viene. Ma Gesù invita a vigilare. Con una attenzione in più al semplice stare svegli per riconoscere lo sposo quando arriva: bisogna avere una scorta di olio per la lampada accesa. Annita ha atteso la fine della sua vita con olio buono e abbondante

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Le ricordiamo fiamma della sua testimonianza cristiana. Prima di tutto l’olio di una squisita e profonda umanità. Proveniente da una famiglia unita e molto religiosa, composta da genitori e sette fratelli, Annita ha affinato la sua sensibilità umana con gli studi classici, purtroppo non seguiti dall’Università a causa del male che l’ha accompagnata per tutta la vita. Svolse, allora, il lavoro di magliaia, con dedizione e passione. Il suo animo si affinò anche attraverso l’amore alla musica, trasmesso dalla madre pianista. Ma la sua non è stata una sensibilità che l’ha condotta a chiudersi in se stessa. Il suo inserimento nella comunità parrocchiale è sempre stato entusiasta e attivo, a partire dall’Oratorio femminile allora presso l’Istituto delle Suore delle Poverelle, per estendersi poi alla catechesi, caritas, gruppo missionario. La sua militanza in parrocchia è durata fino a pochi mesi fa. Ma Annita ha avuto anche l’olio della vita spirituale. Attratta in giovinezza dall’ideale della famiglia religiosa delle Suore delle Poverelle, scelse poi la Compagnia di S. Angela per vivere nell’ambito della secolarità la sua consacrazione. Come “angelina” era fedele ai suoi doveri liturgici e spirituali, ai ritiri e agli esercizi, ma anche alla sua dedizione ai fratelli in molteplici attività parrocchiali e, ultimamente, anche come ministro straordinario dell’Eucaristia. E’ quindi con questa fiamma ardente, che è entrata nella gioia del suo Signore. Ma anche un altro aspetto non può essere dimenticato: ha portato con gioia la croce di una malattia che l’ha condizionata fin da bambina. Condizionata, ma mai piegata e impedita di crescere interiormente. Magari la malattia ha reso debole il suo corpo, ma non il suo spirito. Proprio come ci ha insegnato la prima lettura tratta dalla seconda lettera ai Corinzi. L’apostolo Paolo ai cristiani del suo

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Le ricordiamo tempo spiegava che la fede nella risurrezione e vita futura ci fa capire che la sofferenza terrena è breve e momentanea, finalizzata ad una quantità smisurata di gloria. Per questo, concludeva l’apostolo, bisogna fissare lo sguardo sulle cose invisibili, non su quelle visibili, Le cose eterne illuminano anche l’esperienza fugace terrena. Annita ha avuto questo sguardo all’invisibile in tutta la sua vita. Ha valutato ogni cosa con una visione di fede. E forse non è improprio accostare questa visione di Annita a quella che ebbe S. Angela Merici, nel Cinquecento: angeli che salivano e scendevano da una scala che dalla terra portava in cielo. La Merici interpretò questa visione come conferma di una vocazione ad insegnare la via del cielo a tante ragazze. Noi potremmo anche pensare che è la scala che porta in cielo tante donne, come Annita, che hanno dato la vita a Cristo e ai fratelli. Mons. Gabriele Filippini Parroco di SS. Nazaro e Celso Omelia per il funerale

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Indice

Indice

La parola del Superiore (S. Ecc. Mons. Vigilio Mario Olmi) “Paolo VI Beato” pag.

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La parola della Superiora (Maria Teresa Pezzotti) pag.

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Alle sorelle ammalate (Enrica Lamberti)

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Spiritualità Cerco il tuo volto (Rosa Pollini) Il carisma Mericiano nella quotidianità (Giusi G.)

pag. pag.

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Attualità I nuovi pagani alla riscossa (Don Franco Frassine)

pag.

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pag. pag.

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pag.

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pag.

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pag.

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Cronaca Dies Academicus (Clara S.) Lo schiaffo e il perdono Canonizzazione di Maria dell’Incarnazione Guyart (Clara S.) Età di confine, equilibrio tra affetto e norma, noi educante (Giusy P.) Tra noi La Casa di riposo di Travagliato“Don Angelo Colombo” (Angelo Metelli e Maria Luisa Tironi) Dio non si stanca di perdonare (Mariuccia G.) Le ricordiamo

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