PROTEZIONE AMBIENTALE E AGRICOLA PER LA CREAZIONE DI 10 BACINI IRRIGUI NELLE AUTIZES RIASSUNTO
Le Marais Poitevin sono una zona paludosa di 970 km2 nella Francia Occidentale. Due terzi delle paludi (paludi secche) sono usate per l’agricoltura e l’allevamento. Un terzo della paludi (quelle umide) è un labirinto di isole attraversate da canali chiamate la Venezia verde. Questa parte è importante per le biodiversità (uccelli, piante e pesci,...). Nonoste, l’area venne dichiarata parco naturale regionale nel 1979, ha perso questo status nel 1997 a favore di uno sviluppo di agricoltura intensiva attorno all’area paludosa, in pericolo per quanto riguarda le biodiversità presenti. I cereali e le colture presenti avevano bisogno di grandi quantitativi di acqua durante la stagione secca, e l’eccessivo pompaggio di acqua stava abbassando drasticamente il livello dell’acqua nelle paludi e mettendo in pericolo la sua esistenza. Per preservare l’economia agricola della regione ed il suo ambiente naturale, venne deciso nel 2006 di costruire 10 bacini irrigui artificiali a monte dell’area paludosa in grado di raccogliere 3,2 milioni di metri cubi di acqua durante la stagione umida, durante la quale c’è acqua in eccesso che si us a durante la stagione secca per irrigare i cereali ed il grano. Parallelamente, venne istituito un a gestione generale ed equa dell’acqua pompata. Questo progetto da 16 M€ venne realizzato tra il 2006 ed il 2010. Nove di questi 10 bacini sono stati impermeabilizzati usando membrane di EPDM (Etilene Propilene Diene di classe M) da 1,1 mm per un area da 460.000 metri quadrati. La geomembrana in EPDM venne scelta per la sua durata ed il processo di veloce posa. Il progetto è troppo recente per poter dare una valutazione, ma i primi risultati appaiono essere molto incoraggianti, come impatto positivo nelle misurazioni del livello dell’acqua misurati durante la stagione secca. Questo case study presenta l’utilizzo di geosintetici per la biodiversità e la protezione agricola e la costruzione passo passo di un bacino d’acqua impermeabilizzato con un prodotto “sintetico”. INTRODUZIONE Questo case study presenta l’utilizzo di un prodotto geosintetico per la protezione agricola ed ambientale lelle Marais Poitvein. Dopo aver presentato l’ambiente unico di questa enorme palude, e le ragioni per cui l’area è in pericolo a causa di una politica agricola intensiva, sarano presentate le soluzioni implementate nelle Autizes per ridurre l’impaggo della irrigazione nelle paludi mantenendo l’agricoltura economicamente autosufficiente e comunque attuabile. Infine, rivedremo i diversi passaggi costruttivi di un bacino irriguo con l’utilizzo di teli di geomembrane in EPDM.
LE PALUDI Con una superficie di 100.000 ettari le Marais Poitvein (fig. 1) sono la seconda area paludosa francese. Posizionate nella Francia Occidentale (fig.2) le Marais Poitvein è un area ecologicamente fragile e di grande valore. Rappresenta la casa di un numero grandissimo di piante diversificate (oltre 750 specie) di animali (250 specie di uccelli, 50 diversi mammiferi, 38 tipi di pesci,..). Gioca anche un ruolo importante nella economia per le attività come l’agricoltura, il turismo, la coltura dei molluschi e la pesca.
Figura (1)
Marais Poitevin
Figura (2)
Le Marais Poitvein sono composte di due entità ecologiche e paesaggistiche correlate alle caratteristiche idrauliche: la parte umida e quella secca delle paludi. La parte umida (1/3 della superficie totale) è la parte più famosa. Parzialmente classificata come “Gran Site de France”, questa area include la zona detta “la Venezia Verde”. Questa area è protetta da un labirinto di canali chiusi da file di alberi che ne delimitano le sponde. Nel medio evo le paludi secche furono artificialmente protette dalle innondazioni così da garantire l’agricoltura. Oggi, delle grandi distese sono dedicate ad agricoltura ed allevamento. (fig. 3)
Figura (3)
PERICOLI PER LA PALUDE Negli anni ottanta, a seguito dell’aumento della coltivazione di cereali e mais (scelta fatta per motivi economici), l’irrigazione aumentò fortemente attorno alla palude. L’acqua veniva pompata da fiumi, canali di palude e soprattutto dalle falde acquifere sotterranee. Il pompaggio fu così intenso che durante la stagione secca (estate), il livello della falda freatica arrivò ad essere inferiore al livello dell’acqua dei canali palustri. I canali di palude scaricavano così nelle falde acquifere, quando di norma dovrebbe essere il contrario. La palude in poco tempo si essiccò, mettendo in pericolo il suo equilibrio ecologico (Ouvrard 2012). Nel 1997, la palude umida perse il suo status di Parco Naturale Regionale che aveva ottenuto nel 1979. Fu così deciso che tutta l’acqua derivata dal pompaggio per irrigazione doveva essere fermata quando il livello dell’acqua raggiungeva il livello critico piezometrico (equivalente all’equilibrio idrico tra il livello medio dell’acqua e quello delle paludi). Nonostante questa misura restrittiva, le paludi erano ancora troppo secche durante il periodo estivo e gli agricoltori non potevano irrigare durante i momenti maggiormente critici. SOLUZIONI IMPLEMENTATE Le Marais Poitvein sono collegate a diversi bacini di drenaggio, uno di questi è l’Autizes (che interessa 1/5 delle paludi). Nel caso dell’Autizes è stato deciso nell’anno 2000 di ridurre la domanda di acqua per uso irriguo derivata dalle paludi riducendo così i volumi di acqua pompata e regolando i periodi di pompaggio. Per l’intero bacino delle Autizes, era determinante che in anno normale (quello di riferimento era il 2004) i 117 agricoltori avevano bisogno di 8 milioni di metri cubi di acqua per uso irriguo. La decisione venne
presa per ridurre i volumi di riferimento del 20%. Il 50% del volume rimanente (3,2 milioni di metri cubi) dovevano essere pompati nel periodo della stagione secca, l’altro 50% durante la stagione delle pioggie (inverno) e stoccata in 10 bacini irrigui.
decisionale avendo come prospettiva la sicurezza di approvvigionamento di acqua per tutta la stagione irrigua intera. Il senso di responsabilità degli agricoltori è aumentato notevolmente.
I BACINI IRRIGUI Adottando questa soluzione durante la Nel 2006 fu deciso di costruire 10 bacini irstagione secca, quando la domanda di ac- rigui artificiali nel bacino di drenaggio delle qua raggiunge il massimo, il pompaggio Autizes, a monte delle aree paludose (fig. 4) è ridotto del 60%. Ma allo stesso tempo, gli agricoltori hanno un apporto di acqua più certo, e c’è un minor rischio di raggiungere i livelli piezometrici critici. In passato gli agricoltori avevano annualmente un volume di acqua “destinato” ed erano liberi di usarlo come e quando lo volevano, con l’avvertenza di fermarsi al raggiungimento del livello piezometrico critico. Ora, i volumi di acqua derivata dal pompaggio erano gestiti collettivamente, ed erano collegati alle misure piezometriche collegate al flusso d’acqua nei fiumi e al livello dell’acqua nei canali delle paludi. (Lepercq e Laloux 2011). All’inizio di ogni stagione di irrigazione, i 117 agricoltori (anche quelli che non sono coinvolti nella rete dei bacini irrigui) devono decidere, a seconda della loro rotazione del raccolto, la distribuzione del volume d’acqua allocato per l’intera stagione. Durante la stagione irrigua, un comitato di gestione si incontra ogni 2 settimane per adattare i volumi d’acqua previsti per le successive 2 settimane secondo i livelli piezometrici misurati. Questo per evitare di raggiungere i livelli piezometrici critici.
Aree umide Aree secche Area dei bacini
Figura (4): posizione bacini irrigui
I 16 milioni di euro del progetto furono erogati per l’85% da fondi pubblici, e il 15% dagli agricoltori stessi con un prestito di 12 anni, rimborsato per metro cubo di acqua utilizzato.
La costruzione dei bacini di irrigazione è avvenuta tra il 2006 ed il 2010. La capacità dei bacini varia tra i 140.000 metri cubi ai 650.000 metri cubi. Un bacino venne costruito con argilla naturale. Gli altri nove con telo in EPDM da 1,1 mm dal momento che il terreno naturale era permeabile (figure 5 e 6)
Una compagnia indipendente è stata coinvolta per controllare che gli agricoltori rispettassero i volumi d’acqua derivata (dal pompaggio) a loro destinati. L’accettazione da parte degli agricoltori delle restrizioni di pompaggio e l’aumento dei costi previsto hanno notevolmente facilitato il loro coinvolgimento nel processo Fig. (5): Saint Pierre le Vieux - 485.000 m3 - 2006
Fig. (6): Oulmes Sud - 200.000 m3 - 2010
La scelta tecnica andò a favore dell’EPDM per la sua durabilità superiore e per il processo di installazione semplice ed efficace. La geomembrana di EPDM è una membrana sintetica in gomma realizzata con una combinazione di monomeri di Etilene , Propilene e Diene per formare strutture chimicamente sature (senza doppi legami) in grado di fornire una resistenza eccellente a calore, ossidazione, ozono, e ottima resistenza all’invecchiamento. Le catene singole di polimeri sono collegate assieme durante il processo di vulcanizzazione, generando una rete tridimensionale e dando un comportamento elastico con oltre il 300% di allungamento. La geomembrana di EPDM eccelle per la sua eccezionale resistenza alla pressione idrostatica e per la sua resistenza al punzonamento nel tempo (Blanco et al 2011).
Il processo di installazione dell’EPDM è facilitato a causa della flessibilità e le grandi dimensioni dei teli (la dimensione massima è di 15,25 metri per 61 metri). Con 930 metri quadrati si ha una notevole riduzione del numero di giunzioni da effettuare in situ e si riducono notevolmente i rischi di installazione. COSTRUZIONE PASSO PASSO I nove bacini irrigui impermeabilizzati con l’EPDM furono posati su un fondo di calcare. Vennero costruiti con la tecnica dello scavo e del riempimento. (figure dalla 7 alla 11).
Fig. (7): stato iniziale prima degli scavi
Fig. (8): rottura delle rocce alla base dell’invaso
Fig. (9): spacca-roccia idraulico
Fig. (10): frantumatore rocce
Fig. (11): scavo del fondo dell’invaso e carico roccia
I camion scaricavano il terreno scavato in cima al terrapieno dove veniv livellato e compattato strato per strato. Il compattamento veniva effettuato per raggiungere il 95% del valore dell’optimum Proctor. (figure dalla 12 alla 16). Fig. (16): terrapieno prima della finitura finale
Fig. (12): scarico del terreno scavato sul terrapieno
Fig. (13): livellamento con bulldozer sul terrapieno
Fig. (14): compattamento del terrapieno con ruote di costipamento a chevron
La struttura finale di supporto al geosintetico è lisciata e liberata da rocce potenzialmente dannose (con asperità ) con un frantuma sassi e con compattatori a rullo. (figure da 17 a 19).
Fig. (17): frantuma sassi
Fig. (18): compattamento finale
Fig. (19): panoramica sul terreno lavorato
Fig. (15): misura del grado di compattezza
Il terrapieno sul lato esterno è stato protetto con un livello di terreno seminato con erba. (fig. 20)
Fig. (20): terrapieno esterno (prima e dopo la semina)
I tubi di drenaggio di scarico dell’acqua che attraversano il terrapieno sono coperti e protetti con del cemento per evitare dei fenomeni di danneggiamento delle tubazioni. (fig. 21)
Fig. (23): fosso per l’acqua di drenaggio
Fig. (21): presa e tubi di drenaggio dell’acqua attraverso il terrapieno
Fig. (24): uscita acqua di drenaggio
Il tubo di uscita è incorporato in un blocco di cemento costruito in modo tale da limitare i cedimenti differenziali e presentare una superficie liscia per l’ancoraggio meccanico della geomembrana.
Un sistema di drenaggio dei gas è stato installato sotto la geomembrana per evitare eventuali sollevamenti dovuti al movimento della falda superficiale sottostante. I geocompositi drenanti sono fatti di 2 livelli di geotessile di filtrazione con una georete in polietilene ad alta densità nel mezzo (larghezza da 55 cm e spessa 6 mm). Il geocomposito drenante è connesso a delle ventole posizionate sul ciglio del terrapieno. (figure 25 e 26)
Fig. (22): uscita dell’acqua in fondo all’invaso
Il sistema di drenaggio dell’acqua installato sotto la geomembrana ha il compito di raccogliere le acque sotterranee e l’acqua proveniente da una eventuale perdita nel sistema di rivestimento. Un tubo di scarico è stato installato all’interno di una trincea di ghiaia rivestita con un geotessile di filtrazione. (figure 23 e 24)
Fig. (25): rete drenante per i gas con geocompositi
Fig. (26): ventole per i gas in cima al terrapieno
Un geotessile resistente alla perforazione è installato tra il substrato e la geomembrana. Il geotessile da 400 g/m2 certificato ASQUAL (certificato di qualità Francese) è costituito al 100% da non tessuto di polipropilene, agugliato a fibre corte. I pannelli di diversi geotessili sono stati saldati insieme a caldo in modo da evitare qualsiasi movimento durante l’installazione della geomembrana. (fig. 27)
Fig. (28): srotolamento delle bobine di EPDM verso il fondo
Fig. (29): spiegamento laterale delle bobine di EPDM
Fig. (27): installazione del geotessile
Le bobine della geomembrane in EPDM da 1,1 mm certificate ASQUAL sono state posizionate nella parte superiore dei terrapieni secondo un layout predefinito. La geomembrana è stata poi srotolata e spiegata lateralmente. I vari pannelli sono stati giuntati assieme grazie al lavori di squadre di appaltatori certificati ASQUAL utilizzando un adesivo che unisce l’EPDM ad un nastro butilico previo utilizzo di un pulitore e di un primer. (figure da 28 a 31)
Fig. (30): giunzione delle bobine di EPDM
Per avere un maggior controllo sui progresFig. (31): geomembrana EPDM installata si della installazione, alcuni appaltatori Il geotessile e la geomembrana sono state hanno deciso di pre-assemblare le bobine ancorate alla sommità del terrapieno in in magazzino arrivando ad avere delle bouna trincea di ancoraggio. Dopo aver instalbine giuntate con un area di quasi 2000 m2. lato i geosintetici, la trincea di ancoraggio viene riempita e compattata senza così sottoporre la geomembrana allo stress.
Fig. (32): trincea di ancoraggio con geotessile
Fig. (33): trincea di ancoraggio riempita
Alcuni bacini potevano essere esposti a forti venti e richiedono una protezione extra della parte superiore contro delle possibili ondate anomale. Si è deciso così di fare dei cumuli di terra protetta da geotessili anti-erosione. (fig.36)
Fig. (36): protezione dalle onde
Durante il periodo della installazione è Al fine di evitare che eventuali carichi di pi- stato istituito un severissimo controllo inoggia possano provocare danneggiamenti terno ed esterno circa i materiali forniti e la vanno previsti dei tubi di troppo pieno da qualità dell’installazione. (fig. 37) installare alle quote necessarie.
Fig. (34): tubo di troppo pieno
Similmente per evitare che il vento possa sollevare la parte sommitale del telo, sono stati posati dei tubi in PE lunghi 5-6 metri riempiti con ghiaia, che si fanno partire dall’inizio del terrapieno per andare verso il centro ancorandoli alla base.
Fig. (35): zavorre in PE riempite di ghiaia ed ancorate sul telo per evitare sollevamenti causati dal vento.
Fig. (37): controllo di qualità con camera a vuoto
RISULTATI INCORAGGIANTI Dal momento che l’ultimo bacino è stato finito nel 2010, abbiamo dei feedback minimi per valutare il reale impatto del progetto. Ciò nonostante, alcuni test preliminari sono stati osservati. Nel 2009 (con 7 bacini) il livello critico piezometrico non è stato raggiunto. Nel 2010 (7 bacini) la caduta di pioggia è stata scarsa come nel 2005 (nessun bacino). Nel 2010 con 7 bacini attivi, il livello di falda minimo fu di 1,9 metri più alto di quello del 2005 (fig. 41) ed il livello minimo della falda nel canale delle palido (situato a valle dei bacini) era di 0,2 metri più alto con un ritardo di discesa a valle di un mese.
Livello Falda (m) Vigilanza Vigilanza rinforzata
Fermo Irrigazione
Date di misurazione del livello piezometrico (m) (Oulmes) Fonte:CACG Fig. (38): livello della falda dal 2005 al 2010
RIFERIMENTI Blanco M., , Aguiar E., García F., Vara T., Soriano J., Castillo F. (2011). État de la Géomembrane en EPDM de la retenue d’El Golfo dans l’île d’El Hierro (îles Canaries). 8èmes Rencontres Géosynthétiques – 22-24 mars 2011, Tours. Lepercq D., Laloux S. (2011). Des réserves de substitution associées à une gestion collective de la ressource en eau pour protéger les milieux fragiles. Hommes Terre et Eau. N° 148: 50-52 Ouvrard N. (2012). Dix retenues pour soulager le marais. Réussir Grandes Cultures. N°260: 74-75. http://www.parc-marais-poitevin.fr/ http://www.paris-normandie.fr/article/actualites/le-marais-poitevin-sort-la-tete-de-leau http://johan.lemarchand.free.fr/cartes/Europe1.html http://en.wikipedia.org/wiki/Marais_Poitevin http://www.fond-ecran-image.com/photo-gratuite-marais-poitevin.php http://voyage.portail.free.fr/partir-en-france/poitou-charentes/24-01-2011/le-maraispoitevin/diaporama.html http://balade-en-maraispoitevin.chez-alice.fr/index.htm http://www.larousse.fr/encyclopedie/autre-region/Marais_poitevin/131633 http://www.poitou-charentes.jedecouvrelafrance.com/d-8.deux- sevres.html
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