Life Cycle Assessment
a cura collettivo NUUP速, Sustainable Creativity
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a cura di collettivo NUUP®, Sustainable Creativity. Illustrazioni grafiche a cura di Gloria Escobar e Jared Jiménez
Rubrica LCA
LIFE CYCLE DESIGN, LA VIS
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Introduzione: la sostenibilità inizia dalla comprensione dell’unità funzionale L’evoluzione dell’umanità è indissolubilmente legata all’uso e alla produzione di oggetti, in un primo momento trovati in natura e adattati allo scopo e successivamente progettati più accuratamente sulla base delle risorse presenti in natura. Vista la limitata quantità, o la lentezza rigenerativa di alcune di queste risorse e il parallelo incremento della popolazione, negli ultimi anni è stato necessario ripensare il progetto, dando maggiore peso alle performances ambientali e tenendo conto della resilienza della terra rispetto alle attuali attività della nostra specie, tra le quali la produzione e la distribuzione di beni giocano un ruolo rilevante. I “Limiti dello sviluppo” furono evidenziati già dagli anni ’60-’70 nell’omonimo rapporto del 1972 commissionato dal Club di Roma al MIT, dove l’autrice Donella Meadows, chiarì che tale linea di sviluppo non poteva rimanere invariata senza gravi conseguenze per la popolazione, il sistema industriale e l’ambiente. Questo rapporto giunse in un periodo storico enfatizzato dal boom economico, in cui l’innovazione e il progresso sembravano coincidere con inesauribili fonti a cui attingere e fu considerato un monito verso la crisi petrolifera del ‘73, che mostrò la dipendenza della nostra economia dalle risorse non rinnovabili e che potevano, quindi, esserci negate.
Come concepire, allora, uno sviluppo che potesse far fronte alla limitatezza delle risorse che finora lo avevano sostenuto? Nel 1987, la Commissione Internazionale sull’ Ambiente e lo Sviluppo (WCED), pubblicò il documento, “Our Common Future”, in cui si attribuì a tale scenario il termine sviluppo sostenibile, che indicava il soddisfacimento dei bisogni dell’umanità senza la compromissione per le generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Ma gli anni della globalizzazione vedono questa possibilità messa a dura prova, anche per il fatto di garantire ai paesi emergenti un eguale possibilità di sviluppo e, quindi, l’inevitabile incremento dello sfruttamento globale delle risorse, a cui già oggi attingiamo ben oltre la capacità della terra di rigenerarle. A questo proposito, da qualche anno, è stato istituito l’Earth Overshoot Day, il giorno in
per il collettivo NUUP®, Sustainable Creativity.
SIONE EL PROGETTO cui iniziamo a essere in debito ecologico nei confronti del nostro pianeta (20 agosto per il 2013). La data viene calcolata ogni anno dal Global Footprint Network, sulla base di due indici: l’impronta ecologica e la biocapacità della Terra. In ambito progettuale questa consapevolezza ha fatto sì che si passasse in molti casi da un approccio end of pipe (intervento a valle, con rimedio a danno già avvenuto) a un approccio di cleaner production, il cui scopo è prevenire il danno ambientale. Per attuare ciò è necessario avere chiaro il processo sistemico che caratterizzerà l’intero progetto, calcolandone gli impatti ambientali in ogni suo aspetto. Lo strumento al momento più approfondito per analizzare tutti gli input (consumo di risorse naturali) e gli output (rifiuti/scarti ed emissioni inquinanti) di un prodotto/servizio¹ è l’Analisi del Ciclo di Vita (o LCA da Life Cycle Assessment), che studia il progetto nella sua interezza, dall’estrazione delle risorse al fine vita. Questa metodologia, sviluppatasi negli anni ‘90, induce il progettista ad assumere un approccio più sistemico e olistico, affinché valuti tutti gli aspetti d’interazione con l’ambiente del progetto, indirizzando l’attenzione del designer dall’oggetto in sé alla sua unità funzionale, perché è su questa che si basano l’analisi e la comparazione tra le scelte più o meno sostenibili da applicare in fase progettuale. Ciò permette di allargare il raggio dell’innovazione dalla categoria di prodotto al suo intero sistema.
Unità funzionale, obiettivi, inventario, analisi e interpretazione dei risultati: verso il Life Cycle Design Una LCA descrive in maniera oggettiva il sistema che genera e accompagna un prodotto o servizio durante tutto il suo Ciclo di Vita e ne valuta, attraverso lo studio dei flussi in entrata e in uscita, i potenziali impatti ambientali. I flussi in entrata (definiti come input) sono rappresentati da qualsiasi risorsa utilizzata durante la vita del prodotto: dalle materie prime ai combustibili, dagli agenti chimici fino ai carburanti impiegati. I flussi in uscita (output) sono l’insieme dei residui/rifiuti generati in ogni fase, assieme alle emissioni termiche, atmosferiche, in acqua e nel suolo. La struttura di una LCA, riferimento per tutti coloro che si dedicano a elaborarla, si basa sulle linee guida introdotte durante il convegno SETAC nel 1990 in Vermont e sono riconfermate nella famiglia di Norme di odierno riferimento ISO 14040. Sono quattro i momenti che guidano questa analisi: 1) Goal and Scope Definition, Definizione degli Scopi e degli Obiettivi; 2) Life Cycle Inventory Analysis (LCI), fase di Inventario; 3) Life Cycle Impact Assessment (LCIA), fase di Analisi; 4) Life Cycle Interpretation, fase di Interpretazione dei Risultati. È di grande importanza definire sin dall’inizio il sistema e l’unità funzionale dell’oggetto in esame, oltreché individuare nella prima fase gli obiettivi dello studio e gli scopi (Goal and Scope Definition). Sono proprio questi che
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¹ L’Analisi del Ciclo di Vita può essere applicata sia a un prodotto che a un servizio o un processo. D’ora in poi, per semplicità di lettura, faremo riferimento solo al prodotto, ma si consideri questa nota laddove non vi siano precisi riferimenti a un oggetto fisico.
spingono un’azienda ad affrontare una LCA per conferire al proprio prodotto un’etichetta ambientale (come ad esempio l’Ecolabel), sviluppare una Dichiarazione Ambientale di Prodotto (EDP) o per pianificare interventi volti a migliorare le problematiche emerse dalla stessa analisi.
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La seconda fase di Inventario è quella in cui si raccolgono tutti i dati oggettivi che compongono il sistema indagato, composto da tutte le fasi della vita dell’oggetto; ovvero: acquisizione delle materie prime, produzione, trasporto e packaging, distribuzione, uso e manutenzione, dismissione. I dati vengono espressi in unità di misura (kg, km percorsi, KWh, etc.), raccolti sul Campo di Studio e sono definiti come Primary Data. Il vantaggio di utilizzare tali dati è quello di ottenere un risultato quanto più vicino alla realtà e instaurare una collaborazione profonda con l’azienda. Qualora non fosse possibile reperire dati sul campo perché, ad esempio, si ignorano alcuni processi di lavorazione applicati a monte della catena, ci si avvarrà dell’utilizzo di Banche Dati (Secondary data). Secondo la Normativa ISO 14040 è necessario citarne la provenienza e la data,
ai fini di una buona ricerca i dati devono essere attendibili e attualizzati. Tutte le informazioni che emergono dalla fase di Inventario costituiscono la base per la successiva fase di Valutazione degli Impatti, regolamentata dalla Normativa ISO 14040 e 14044, in cui occorre esaminare i potenziali effetti ambientali su cui dirigere lo studio. Le categorie di impatto ambientale più comuni sono ad esempio l’effetto serra,l’acidificazione (l’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera che causa un consequenziale aumento di CO2 nell’acqua alterandone l’Ecosistema), l’eutrofizzazione (la comparsa in ambiente acquatico di eccessivi organismi vegetali), l’erosione del suolo, l’impoverimento delle risorse idriche, i danni al paesaggio e alla salute umana, la degradazione dell’area a livello locale. In base ai possibili scenari si procede con l’organizzazione dei dati raccolti nell’Inventario che vengono sintetizzati e quantificati nella forma più opportuna. La fase di Interpretazione, quarta e ultima, ha lo scopo di massimizzare l’Ecoefficienza di un sistema evidenziando quali siano i principali impatti emersi dalle precedenti fasi in maniera chiara e consistente in grado di offrire uno strumento completo per poter progettare soluzioni che ne riducano gli effetti ambientali o di poter sostenere, con dati oggettivi, i requisiti per ottenere l’Etichettatura Ambientale. I risultati dell’LCA uniti alle competenze dell’Ecodesigner danno vita a una nuova metodologia di progettazione sostenibile: il Life Cycle Design.
LCA: approccio qualitativo strumento utile per le aziende
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La diffusione di una “coscienza ambientale”, la crescente domanda di prodotti sostenibili da parte dei consumatori e la relativa possibilità di sviluppo per le imprese, così come l’entrata in vigore di normative europee e la migliorata capacità di controllo degli apparati tecnico - amministrativi preposti, hanno impostato un nuovo scenario, definito “Sviluppo Sostenibile”, centrato sulla compatibilità tra produzione industriale e ambiente. Le grandi aziende, come anche la PMI, si stanno adeguando al raggiungimento dell’obiettivo ”Eco-efficienza” che, di fatto, si trova sempre più a coincidere con quello della “Qualità Totale”, ciò comporterà un nuovo modo di procedere all’interno delle aziende: il progetto e la creazione di nuovi prodotti sarà accompagnato dalla valutazione del loro “Ciclo di Vita”. La SETAC (Society of Environmental Toxicology and Chemistry) nel 1993 definì l’LCA come una metodologia in grado di individuare e analizzare i principali impatti ambientali legati al Ciclo di Vita di un prodotto o di un processo e, sulla base dei risultati ottenuti, adottare soluzioni tecniche in grado di ridurre gli impatti ambientali come anche i relativi costi esterni. Tale approccio promuove la sostenibilità ambientale del prodotto e consente alle aziende di migliorare anche la qualità tecnico-ambientale dei processi di lavorazione impiegati nella produzione dello stesso. Un Ecodesigner dovrebbe partire da una consapevole scelta dei materiali e analizzare il Ciclo di Vita del suo prodotto individuandone gli impatti ambientali più significativi. La sfida di un progettista è entusiasmante: creare un prodotto funzionale, dal contenuto emozionale e comunicativo, senza dimenticare gli aspetti
economici e di sostenibilità ambientale. Per le aziende i vantaggi ambientali si trasformano spesso in possibilità di risparmio economico sul processo di produzione, basti pensare in termini economici a strategie come: minimizzazione del materiale, impiego di materiali riciclati, studio del packaging per la riduzione dei volumi e l’ottimizzazione dello spazio in fase di trasporto e stoccaggio, la riduzione e semplificazione dei pezzi nella fase di assemblaggio (che costituirà una facilitazione anche nella fase di disassemblaggio per la dismissione e il riciclo), solo per citarne alcune. L’LCA, quindi, può essere adottata per innovare le caratteristiche di un prodotto rendendolo più performante, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche per quanto concerne il suo utilizzo (minor consumo di energia, maggiore facilità d’uso, meno elementi) e, ancora, per valutare l’impatto ambientale di un nuovo processo produttivo prima di costruire uno stabilimento, oppure per supportare la comunicazione di marketing con dati scientifici comprovati. In più, applicando questo tipo di analisi, è possibile confrontare soluzioni diverse per soddisfare la stessa esigenza. La ricerca “Life Cycle Assessment: A Guide for Sustainability and Strategy Executives”, realizzata da Green Research ha evidenziato che i tre principali benefici ottenuti dalle realtà aziendali mediante una o più analisi LCA sono: 1) supporto nella realizzazione di prodotti migliori; 2) possibilità di rispondere adeguatamente alle richieste dei consumatori; 3) ottenere basi scientifiche su cui fondare lo sviluppo dei processi di sostenibilità aziendale. Le principali barriere alla diffusione di questo metodo invece sono rappresentate da: 1) difficoltà da parte del management
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aziendale di comprendere pienamente i benefici derivanti dall’LCA; 2) tempi necessari per condurre le analisi e relativi costi; 4) carenza di leggi e regolamenti che richiedano obbligatoriamente la loro applicazione. Il report conclude affermando che tempi e costi potranno diminuire inversamente rispetto alla diffusione tra le aziende dell’utilizzo di questa metodologia e quanto più si moltiplicheranno database e iniziative di collaborazione tra imprese sulla tematica. Parallelamente si modificheranno anche le finalità con cui i manager utilizzeranno i dati provenienti dalle Analisi del Ciclo di Vita che ora vengono usati prevalentemente per validare decisioni già prese o per ampliare le conoscenze sui processi o sui prodotti mentre, in un futuro prossimo, le aziende se ne serviranno sempre di più anche per progettare e innovare, agendo proattivamente.
LCA e comunicazione ambientale
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Sulla base dei dati emersi da un LCA le aziende hanno strumenti diversi per comunicare la sostenibilità dei propri prodotti. Vi sono da un lato le etichette ambientali (ISO 14024) come, per esempio, l’Ecolabel, un’etichetta della Comunità Europea che dichiara prodotti virtuosi basandosi su criteri diversi per ogni categoria di prodotto e incentivandone l’analisi del ciclo di vita. Vi sono poi le dichiarazioni ambientali di prodotto, EPD, in cui un ente certificatore esterno all’azienda riporta informazioni ambientali sul prodotto in base a parametri prestabiliti basati sull’LCA. Le dichiarazioni ambientali possono anche essere autodichiarazioni (ISO 14021), che il produttore utilizza per comunicare
autonomamente caratteristiche ambientali come la presenza di un materiale rinnovabile, riciclato, riciclabile o certificato (FSC, Cradle to Cradle, etc.). Questo genere di documenti risultano essere meno comunicativi verso il grande pubblico rispetto all’immediatezza di un’etichettatura,ma è sempre a partire da una LCA che è possibile predisporre una comunicazione più coinvolgente per i consumatori. Abbiamo visto come l’approccio sistemico dell’Analisi del Ciclo di Vita implichi la comprensione di ciascuna fase del progetto, sarebbe dunque sbagliato escludere da questa visione d’insieme il consumatore, colui che interagisce con l’oggetto, che ne viene a conoscenza, ne comprende le qualità e le possibilità, le comunica ad altri, lo usa e lo dismette. Buona parte di questo processo appena citato avviene proprio mediante la comunicazione, che può passare attraverso la pubblicità, il packaging e il materiale
informativo di vario genere (brochure, foglio illustrativo, etc.). Questa fase dovrebbe essere vista come parte integrante del progetto e il designer è tenuto a progettare anche l’aspetto comunicativo per accrescere la consapevolezza del consumatore verso uno stile di vita più sostenibile, perché possiamo dire che un progetto ecologico, i cui virtuosismi ambientali non sono ben comunicati, ha raggiunto il suo scopo solo a metà. Anche se gli esempi di comunicazione basata sui risultati dell’LCA sono ancora pochi, le imprese più attente a fornire dati ambientali ai propri clienti sono in crescita, motivo per cui si iniziano a diffondere svariate forme di comunicazione, più o meno creative, finalizzate alla restituzione di tali informazioni attraverso i diversi approcci di marketing.
La Arjowiggins Graphic, azienda che produce carta riciclata per usi tecnici, riporta nel suo sito web il Ciclo di Vita del prodotto ponendo in evidenza, per ogni fase, le sue migliori caratteristiche ambientali. (rif. http:// www.arjowigginsgraphic.com/life-cycle-ofrecycled-paper-438.html). L’Analisi del Ciclo di Vita è stato utilizzato anche per comunicazioni più dirette e creative, si pensi ad Arene Birt, un information designer che utilizza le informazioni ambientali come base per storytelling visuali molto coinvolgenti. Sono molti i casi studio da analizzare sul suo sito web (rif. www.backgroundstories.com): dal tavolo interattivo che riconosce il cibo che vi si poggia e ne racconta la “storia ambientale”, alla t-shirt per Droog Design la cui decorazione coincide con l’analisi LCA della maglietta stessa, alle confezioni di caffè che raccontano i retroscena ambientali e sociali del prodotto contenuto. Il designer Kenji Huang utilizza un’Analisi del Ciclo di Vita comparativo per evidenziare le maggiori performances ambientali del suo progetto e usa il caratteristico grafico “ad albero”, (rif. http://dl.dropboxusercontent. com/u/4716241/LCA%20Poster%20 Optimized.pdf), tipico dei software di analisi LCA, per narrare il processo creativo che lo ha portato a realizzare Ima-Jen, un kit di gioco per bambini. Influenzato dall’Analisi del Ciclo di Vita di un prodotto simile, presente sul mercato, e del quale ha individuato alcune criticità ambientali (nonostante fosse già un prodotto che si dichiarava ecologico), Huang ha cercato di ridurle migliorando ancora di più le prestazioni ambientali e sociali del suo progetto. Questo tipo di comunicazione risulta essere molto tecnica anche se resa in forma grafica, ciò nonostante riesce a mettere in evidenza anche a un pubblico di “non addetti ai lavori”, valutazioni progettuali
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riguardanti un minore impiego di materiale e una maggiore semplicità del prodotto e del packaging. Scelte che, anche per l’opinione comune, sono sinonimo di Sostenibilità Ambientale.
LCA e strategie di Ecodesign
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È importante definire l’accezione del termine Ecodesign, inteso come Life Cycle Design (LCD), traducibile con progettazione del Ciclo di Vita dei prodotti. L’Ecodesign o l’Ecoprogettazione è quindi la considerazione dei fattori ambientali nella progettazione e nello sviluppo di prodotti e di servizi. Il Life Cycle Design si propone come un approccio più generale alla progettazione, il suo obiettivo è quello di ridurre il carico ambientale associato a un prodotto nell’intero Ciclo di Vita e in relazione alla sua unità funzionale. Vediamo quali sono i vantaggi di un approccio LCD partendo dalla considerazione che bisogna prestare particolare attenzione alla lettura dell’analisi, alla scelta delle strategie da applicare nelle diverse fasi del Ciclo di Vita e che queste vanno calibrate sul tipo di prodotto e sul relativo uso. Si rischierà altrimenti di applicarne alcune che possano rivelarsi più dannose a livello ambientale. Prendiamo come esempio gli arredi in cartone: la scelta del materiale risulta indicata su progetti che avranno vita molto breve ma assolutamente inopportuna per tutti quegli oggetti che potrebbero avere maggiore durabilità. Un approccio LCD, considerando tutte le fasi del prodotto, ha dunque il vantaggio di restituire le criticità dello stesso, rendendo più impegnativa la fase progettuale, ma non per questo complicata, anzi, per molti versi più stimolante. Una prima motivazione di tale complessità è data dalla ricerca iniziale di quante più
informazioni possiamo reperire per ciò che riguarda gli input e gli output dei processi e ai loro impatti sull’ambiente, per questo esistono delle banche dati, dei metodi e degli strumenti software di calcolo. È chiaro che non è sufficiente per un prodotto soddisfare i requisiti ambientali per essere considerato un buon prodotto, ma deve essere anche in grado di rispettare gli standard di progettazione: prestazionali, tecnologici, economici, legislativi, culturali ed estetici. Come progettisti possiamo però avvalerci di utili strumenti per una corretta Ecoprogettazione, in primis, applicando strategie mirate a minimizzare le risorse ovvero ridurre l’uso di materia ed energia - selezionando risorse e processi a basso impatto ambientale, ottimizzando la vita dei prodotti, estendendo la vita utile dei materiali e - infine - progettando in funzione della valorizzazione dei materiali dismessi tramite il riciclaggio, il compostaggio o il recupero energetico, progettando in funzione della separazione di parti e/o materiali per facilitarne il recupero a fine vita attraverso il disassemblaggio. Particolare attenzione deve essere rivolta alla scelta iniziale dei materiali, in questa fase le etichette ambientali che comunicano caratteristiche come riciclabilità o compostabilità, origine del materiale, Cradle to Cradle, possono aiutarci a decidere. Come dice il professor Ashby, nel libro “Materials and Design”, ogni prodotto ha un suo materiale e ogni materiale ha attributi precisi (meccanici, produttivi, estetici, economici e ambientali) che il designer deve valutare nell’insieme delle fasi del ciclo di vita. Ogni strategia può essere perseguita attraverso diverse linee guida e specifiche opzioni progettuali ma, affinché le strategie siano efficaci, è opportuno che vengano applicate solo a seguito della definizione
degli obiettivi di progetto, a seconda del prodotto e della sua funzione. Mi piace portare come esempio di Ecodesign lo sgabello “3.1” progettato da Camilo, designer di origini colombiane e cofondatore del collettivo Nuup®, Sustainable Creativity. Il design dello sgabello porta con sé diverse strategie per ognuna delle fasi del suo ciclo di vita. Partiamo dalla scelta dei materiali: legno di betulla certificato FSC trattato con vernici ad acqua e quindi poco inquinanti. In fase di produzione il taglio della seduta viene ricavato dallo sfrido di lavorazione delle gambe, ciò permette una minimizzazione di quelli che sarebbero altrimenti scarti di lavorazione e una ottimizzazione della materia prima. Durante il trasporto viaggia smontato e il suo volume si riduce a un parallelepipedo di 45 x 45 cm alto solamente 3 cm, il cui packaging è una scatola per la pizza. Abbattere il volume di un oggetto è fondamentale per ottimizzare la fase
di trasporto e i relativi consumi (anche in termini di CO2), mentre il riutilizzo di scatole già in produzione per altri oggetti ha permesso di evitare la realizzazione di una nuova fustella e quindi di ridurre i costi ambientali ed economici di imballaggio. Montaggio e smontaggio, a uso del cliente, sono facilitati da incastri, che evitano l’uso di colle o chiodi per il fissaggio e ne facilitano la dismissione. Bibliografia: - Alastair Fuad-Luke, Eco-Design, Progetti per un futuro sostenibile, Logos 2003 - Paolo Tamborrini, Design sostenibile, oggetti, sistemi e comportamenti, Electa, 2009 - Carlo Vezzoli, Ezio Manzini, Design per la sostenibilità ambientale, Zanichelli, 2007 - Gian Luca Baldo, Massimo Marino, Stefano Rossi, Analisi del ciclo di vita LCA, gli strumenti per la progettazione sostenibile di materiali, prodotti e processi, Edizione Ambiente, 2008 - Ashby Michael F.; Johnson Kara, Materials And Design, The art and science of material selection in product design, Butterworth-Heinemann , 2009.
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