PROGETTO EDITORIALE:
Marco Mauro PROGETTO GRAFICO:
Josephine Mauro EDITING TESTI:
Marco
REDAZIONE:
Elisabeth Massimiliano Daniele Giuseppe Alessio
sommario EDITORIALE: 07
EDUCAZIONE DIGITALE EDUCAZIONE:
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VIDEOGIOCHI EDUCATIVI ?
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SPAZI PER L’EDUCAZIONE: DIRITTO DI ASILO
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EX CATHEDRA RUBRICHE :
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MODA: BON TON WRITERS PRODUZIONI IN LIBERTA’
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sommario
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GASTRONOMIA: MC NUGGETS FATTI IN CASA INTERVISTA:
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A TU PER TU CON IL COORDINATORE DEL TEAM ITALIA. POLITICA:
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SEMIPRESIDENZIALISMO: PUO’ FUNZIONARE? HUMOR :
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COLLABORAZIONE CON KAMOSCAN
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editoriale
EDUCAZIONE DIGITALE Questo numero è dedicato all’educazione. Wikipedia riporta che “L’educazione è l’attività, influenzata nei diversi periodi storici dalle varie culture, volta allo sviluppo e alla formazione di conoscenze e facoltà mentali, sociali e comportamentali in un individuo”. Noi come sempre ne tratteremo diverse sfaccettature. In questo editoriale vorrei soffermarmi sull’educazione digitale. Viviamo praticamente per il 50% del nostro tempo sul web ma spesso il web ci fa dimenticare l’educazione. Pensate a tutti i casi di cronaca in cui i ragazzi creano una pagina Facebook dove coprono d’insulti un’insegnante. Lei lo scopre, le famiglie sono sbalordite: quante storie! Non la insultavano davvero, era solo su Internet! Spesso, quando parliamo di «sicurezza sul web», pensiamo a come proteggere i ragazzi dalla Rete: gruppi estremisti, fanatici, sette, adescatori, pedopornografia e altre cose immonde. Non sempre ricordiamo che le vittime, in qualche caso, possono diventare carnefici. Un sedicenne che diffama metodicamente un compagno, o mette in rete foto intime di una compagna di classe, può fare molto male. Ma pensiamo anche a chi è maggiorenne e che per varie ragioni partecipa alla vita di una community come può essere un sito o un forum; nonostante non abbia mai conosciuto di persona i propri compagni di viaggio, capita che questi si sentano in diritto di lanciare attacchi personali con insulti e fastidiose insinuazioni. Magari sì, è vero, ci si conosce da anni via web e quindi si arriva a considerare l’altro un qualcosa di simile ad un amico, ma ci si dimentica che sei arrivato a conoscere l’altro tramite web solo per quella parte di personalità che ha voluto mostrarti o che tu hai voluto percepire. Ribadisco il VOLUTO. Quindi tu non sei nessuno per permetterti di giudicarlo o insultarlo e pertanto se lo fai rientri nello stesso identico fenomeno del ragazzino che insulta la propria insegnante su Facebook. Si chiama “Cyberbullismo” ma detto così sembra quasi una cosa figa e simpatica, forse è meglio che si torni a chiamarlo con il proprio nome di “stupidità” e “maleducazione”.
Videogiochi Educativi?
Autore: X Mister X è un valente collaboratore che preferisce rimanere anonimo. La sua identità è avvolta nel mistero.
Liberamene ispirato da recensione su Multiplayer di krauron
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Il videogioco educativo può essere il primo genere ludico ad essere accettato all’unanimità senza alcun pregiudizio di sorta. Ci giocano tutti, è curato e stimola la materia grigia. Il problema però sta alla radice. Questa sorta di titoli è ancora videogioco? Indubbiamente, analizzati in un contesto più generale tutti questi prodotti possono definirsi tali e rientrano pienamente nella categoria ludica. Ma se andiamo nello specificofondamentalmente il fatto che il videogioco educhi non è essenziale. I videogames sono delle opere create per essere fruite, per trasmettere divertimento, magari senso dell’agonismo e ore spensierate. Certo, se il nostro hobby preferito riesce a trasmettere anche cultura ed educazione, ben venga, ma per questo ci sono centri e libri appositamente creati a tal scopo. Ad esempio, un annetto fa la National Geographic decise di usare i videogiochi per trasmettere in maniera simpatica nozioni di scienza, natura e storia. Assolutamente fantastico, nonché utile, ma siamo proprio sicuri che stiamo ancora “giocando”? Prendete ad esempio il noto Brain Training del dottor Kawashima. Una raccolta di minigiochi “cerebrali” per mettere in esame lo stato di “salute” del nostro cervello. La fama della saga non ha impiegato molto tempo a diffondersi, raccogliendo consensi a destra ed a manca. Tuttavia il gioco si auto-conclude lì, al massimo includendo punteggi per attirare anche i più smanettoni tra noi. Personalmente considero Brain Training solo una evoluzione interattiva e digitale della “Settimana enigmistica” che trovo ogni settimana in edicola. Quindi io non “gioco”, io sto al massimo “interagendo”. Il vero videogioco vuole trasmetterci e dirci qualcosa, come un buon film o un buon libro, prendere una filosofia di gameplay e portarla fino in fondo. Un videogame che riesce a fondere perfettamente l’”educazione” mentale e la componente ludica è indubbiamente la serie del Prof. Layton. Presa nello scheletro, si tratta di tutta una serie di minigiochi basati su prove di elasticità mentale, ma il tutto è corredato da personaggi azzeccati, uno stile ineccepibile ed una trama ricca di mistero. Questo è assolutamente educativo, perché da un lato stimola quella parte del cervello che non include la voce “pigia i tasti ed evita i colpi”, ma dall’altro strizza l’occhio ad un gameplay tendenzialmente familiare e caloroso. Se invece facciamo riferimento ai bambini che per la prima volta si avvicinano a dei titoli, sono presenti giochi appositamente creati per loro che spesso includono tutta la famiglia. Ad esempio, prendete come punto di riferimento il brand di Buzz:Junior, oppure tutti quei tie-in (in special modo tratti da cartoni animati) che li divertiranno nella giusta maniera. Rammentate però, genitori, che se cercate di educare e acculturare i vostri pargoli, la scelta migliore resta ancora quella cartacea. E tra una pausa ed un’altra di studio, date loro una console in mano che non guasta mai.
Spazi per l’educazione: diritto di asilo Ci sono moltissime teorie intorno all'educazione - qui con speciale riferimento all'educazione scolastica. Ma quante di queste sono recepite dallo Stato in modo da garantire la scelta di una tipologia di istruzione piuttosto che un'altra? Non saprei. Personalmente gli edifici scolastici che ho frequentato mi sono sempre sembrati ospedali, solo un po' più sporchi. Come mai questa caratteristica comune? Facciamo un passo indietro, in un'epoca che presenta delle somiglianze con la nostra. Crisi del 1929: bisognava dare le risposte ai bisogni di ampie fasce di popolazione meno abbiente. Architettonicamente ci fu la proposta del razionalismo, che partiva dall'analisi dei bisogni dell'uomo e "razionalizzava" gli spazi e la vita che doveva fluirci den-
tro. Da qui l'imbiancamento delle pareti, l'utilizzo della luce al neon, normative molto costrittive sulla progettazione, spazi per umani da addomesticare alla sobrietà. Ecco, qui ci sono almeno due equivoci ed altrettante domande: come mai dovremmo frequentare scuole pensate per quel periodo storico? Il Razionalismo educava alla sobrietà? I tempi cambiano e abbiamo sperimentato la piattezza di quel modello progettuale in anni e anni di sedute rigide, banchi stretti, corridoi e bagni che hanno ispirato momenti di evasione da b-movie italiano. Però sono usciti grandi talenti dalle nostre scuole. Correggerei con “nonostante le nostre scuole”.
Autore: Galdo Marco aka Galdo, del clan Esposito. Convinto assertore della diceria secondo la quale “Un animo nobile titaneggia nel più piccolo degli uomini” (Jebediah Springfield), intervista cani e porci. Architetto abusivo, studente paranoico, baseball player, alfiere della fratellanza, esecratore dell’arroganza.
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Il Razionalismo non educava alla sobrietà. Piuttosto era una reazione postbellica alla Belle-Epoque e allo stile Liberty in particolare: spazi essenziali, qualità architettonica con meno orpelli. Di seguito propongo un esempio di scuola razionalista realizzata in epoca fascista: l'asilo Sant'Elia a Como, progettato da Giuseppe Terragni nel 1937. Esso prevede un giardino al suo interno, da cui le aule sono separate tramite ampie vetrate. Gli spazi per l'apprendimento hanno delle propaggini strutturali nel giardino, in modo che la lezione può svolgersi anche lì, sul prato, coperti da tendoni. Vi sono inoltre delle pensiline per passeggiare al coperto e una rampa per accedere al terrazzo
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per praticare l'elioterapia ed altre attività. Tutto sommato niente male per un asilo: la sobrietà non sacrifica gli spazi. L'esempio dell'asilo Sant'Elia ci fa capire che si possono creare ambienti stimolanti anche “in economia”. L'asilo in questione è del 1937 ed è ancora funzionante. Come mai abbiamo studiato in edifici - ospedale, con quelle sedute rigide, banchi stretti, corridoi e bagni grigio depressione? Cosa c'era di sbagliato negli ambienti aperti, nelle rampe sul terrazzo e negli spazi dinamici dell'esempio di Terragni? Me lo domando ancora adesso, infastidito dall'agonia del neon che di riflesso fa lampeggiare questo foglio.
Ex cathedra
Esiste, anche per l’uomo, l’onniscienza. Certo, come desiderio sarebbe piuttosto fiacco: siamo i figli di Penia e Poros, e, oltre all’amore, anche la sapienza si deve inscrivere all’interno di questa dicotomia circolare. Però, c’è sempre un però, per l’uomo, come già asserito, l’onniscienza è possibile. Se rivediamo un film, ad esempio, e sappiamo già cosa succederà, chi è l’assassino e come andrà a finire, allora, e solo in casi così delimitati, possiamo assaporare il gusto della total conoscenza, un narratore extradiegetico (artificio retorico molto usato dagli apprendisti scrittori e molto mal usato, data la scarsa conoscenza dello stesso…) che tutto sa e tutto conosce. Questo, quindi, è possibile anzi si realizza solo quando si guarda al passato. E non perché il passato abbia esempi più illustri nell’arte del docere, quella che noi ora definiamo comunemente pedagogia. Anche la modernità e la contemporaneità possono offrire spunti interessantissimi. Ma rifarsi all’origine, all’archè della riflessione, è più utile, oltre che semplice. Il motivo è e resta uno: più ci avviciniamo all’oggi, e più le opinioni divergono, le scuole di pensiero si moltiplicano e le correnti si ramificano nelle più disparate forme e sostanze possibili. All’origine invece tutto era uno, e di quell’uno è fonda-
Autore: Max Max alias Massimiliano: C’è perché c’è, fa quel che fa, è quel che fa. Talvolta riesce ad essere ciò che vuole. Talvolta è quel che è: Max, ma per pochi. Instabile, maneggiare con cura. Tenere fuori dalla portata dei bambini. Il prodotto è composto da parti tossiche pericolose. Evitare il contatto con occhi e mucose, qualora questo dovesse avvenire contattare un medico. Non è un prodotto medicinale.
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mentale comprendere la domanda che ha dato inizio al tutto, a tutto il percorso di interrogazioni sull’arte dell’educare. E, in origine, ab ovo, troviamo tal Marco Fabio Quintiliano (Calagurris, 35 circa; Roma, 96). Ma Socrate, Platone, Aristotele, ed altri illustri nomi (sconosciuti ai più ma, abbiate fiducia, passati alla storia e citati ancor oggi per motivi più che validi…) non avevano allievi? E, quindi non insegnavano? E non sono precedenti a Quintiliano? Una risposta sola assolve al compito di fornir delucidazioni su questo trittico di domande a raffica, due lettere ed una sola sillaba: si. Ma, le sfumature sono importanti, questi rinomati, come tanti altri da me non citati, non si sono mai interrogati sull’arte dell’insegnare. L’hanno fatto con naturalezza, e non senza risultati eccellenti ma senza stabilir metodo, porre distinzioni, offrire suggerimenti. Quintiliano scrive due testi, l’uno pervenuto l’altro ricostruito nella sostanza più che nella forma, reciprocamente titolati Institutio oratoria e De causis corruptae eloquentiae. Cerchiamo, in breve, di comprenderne l’importanza e l’originalità tralasciando un lavoro di tipo manualistico sinottico coi testi. Partiamo da un distinguo, posto in essere dallo stesso Quintiliano: quale differenza intercorre tra il movere e il docere? Che l’ars oratoria fosse al top nell’epoca latina non v’è dubbio, e che, dell’oratoria, in buona sostanza, si parla, anche questo è fuori da ogni dubbio. Lo scopo di questo parlare però quale dovrebbe essere? Movere o docere? Movere significa instillar qualcosa: l’amor patrio, l’accettazione di un governo, una nuova tassa, una nuova guerra, un sentimento particolare o semplicemente conoscenze. Propinare conoscenza inserendola nell’uditore. Scrivere su di lui, anzi, scrivere in lui. Tramandare, considerando passivo il soggetto a cui qualcosa è tramandato. Docere significa insegnare. Semplicemente insegnare. La differenza tra questi due termini, e il mondo concettuale che richiamano, è la stessa che intercorre tra riempire un recipiente e accendere un fuoco. Passivo contro attivo. Sfiducia contro fiducia. È questo che Quintiliano insegna, soprattutto descrivendo a chi s’accinge ad insegnare la sua particolare figura del maestro ideale. Fiducia nell’allievo. Fiducia nelle sue capacità e possibilità. Offrire una risposta, pregando di impararla previa attenzione, o appunti, non è fiducia. Al contrario è ritenere l’alunno non soggetto educativo ma oggetto di questa. Un soggetto è agente, non ricettivo. È capace di elaborare, non di subire. È propositivo e costruttivo, non malleabile, passivo e adattivo. Un soggetto è individuo singolo, che si fa forte di tutte le particolarità che i casi della fortuna gli hanno attribuito, 11
un oggetto è standardizzato, i particolari inficiano l’assorbimento di conoscenza. Visto? Ritrovare, nei primi anni dopo la nascita di Cristo, un docente di retorica che attribuisce la colpa del decadimento dell’arte oratoria e dei costumi sociali non al popolo ma ai maestri è qualcosa di singolare e molto innovativo. Vuol dire che l’educazione ha un senso, ed uno scopo. E che questi sono l’esaltazione dell’allievo, il rafforzamento della sua individualità. Mi si permetta una metafora, esplicativa ma incentrata su tutt’altro ambiente. Ci sentiamo grassi, in due. E decidiamo che l’attività fisica risponderà, felicemente, alla nostra comune esigenza di riottenere la linea. D’uopo è l’iscrizione in uno di quei baccanali del sudor condiviso, dai più nominati palestre. L’uno trova di fronte a sé un allenatore compiacente, affabile, tranquillo. Che gli prescrive un programma leggero, soprattutto perché sottovaluta le capacità del ciccione a lui affidato. E così il primo dei due s’allena, soddisfatto del risultato di riuscire a svolgere il programma senza fatica particolare. Il secondo, l’altro, si trova di fronte una sottospecie di aguzzino insensibile, o falsamente tale. Per nulla interessato ad ottenere il plauso del suo personale grassone penitente, ma fiducioso, intimamente fiducioso, del suo desiderio di dimagrire, delle sue possibilità e della sua capacità di impegnarsi spremendo al massimo ogni goccia della sua forza di volontà, che viene fuori sotto forma di lacrime e sudore. E così gli propina un programma faticoso, non assurdo o impossibile. Perfettamente coincidente con le sue possibilità, capacità, ma al massimo dei suoi standard. Ed il secondo futuro fotomodello da spiaggia, a differenza del primo, suda, s’affatica e s’impegna per poter gioire anche lui del plauso morale d’aver portato a termine un programma. Alla prova costume, attesa e temuta da, c’è da ammetterlo, una sola creatura del genere animale, secondo voi quale sarà quello che otterrà maggiori risultati? Adesso sostituite i grassoni con gli allievi, i personal trainer con i docenti e la prova costume con la vita reale. Quintiliano magari non avrebbe usato una metafora così ginnica, insegna non solo agli alunni l’eloquenza, ma ai docenti ad insegnare. Insegna la necessità e le svariate possibilità del semplice gioco nell’arte dell’apprendimento, ora così dibattuto ma sempre pronti a non sminuirlo mai. Insegna l’interesse per il vissuto dell’allievo. Insegna l’inutilità e la nocività delle umilianti punizioni corporali per gli alunni meno brillanti o più vivaci. Insegna ad un insegnante a sacrificare l’immagine di se stesso agli occhi degli alunni. Perché si fida di loro, e perché, in fondo, è per loro che si alza la mattina ed entra in classe. Siamo tutti alunni, e, malauguratamente, tutti prima o poi, a ragione o col torto, assumiamo una posizione ex cathedra. Quanta fiducia e quanto rispetto abbiamo della persona che si trova di fronte a noi? L’unica domanda, quella priorità, quell’archè che prima abbiamo posto come obiettivo della nostra assurda cerca è questa sopracitata. La risposta, però, è appannaggio di ognuno di noi. 12
BON TON Quando si parla di bon ton, rabbrividisco sempre un po’. Sapere che esista un decalogo sulle buone maniere mi ha sempre creato una sorta di ribellione dentro. Prima di affrontare il discorso però, cerchiamo di capire insieme cos’è il bon ton. All’inizio dell’epoca moderna la totale disciplina del comportamento, doveva infondere nell’individuo sicurezza affinché potesse affrontare qualsiasi situazione con disinvoltura. È in questo contesto che Monsignor Giovanni Della Casa scrisse il trattato “Galateo ovvero De’ Costumi”. L’avvento dell’Illuminismo sviluppò una nuova visione del comportamento e portò ad un profondo mutamento: la cortesia formale doveva cedere il posto al principio dell’apertura e della naturalezza. Con il declino dell’euforia illuministica, le buone maniere, sempre più prerogativa borghese, simboleggiavano padronanza di sé, stabilità, affidabilità e rettitudine; tutto ciò si traduceva nel manifestare e mantenere contegno, nel dominare il proprio corpo, i propri affetti e le proprie emozioni. Valeva in
Autore: Elisabeth Elisabeth Hair Stylist dalla mente contorta e insana. Amore folle per gatti e felini, scrittrice notturna incompresa. Appassionata di letteratura inglese e poesia, vive in un universo parallelo con la dedizione per la moda in tutte le sue forme.
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particolare per le donne, il cui comportamento e autocontrollo erano soggetti a norme più severe rispetto a quelle destinate agli uomini. Henri Bidou, nel novembre 1912, scrisse sul primo numero de La gazette du bon ton: “il bon ton non è per nulla compassato eppure resta discreto, non è affatto vistoso. Tuttavia è libero e sembra del tutto semplice, di una semplicità raffinata, una grazia innata”. Il bon ton non fa riferimento unicamente all’abbigliamento ma influisce su ogni sfaccettatura della persona: dal portamento al modo di porsi verso il prossimo. Negli anni 40 e 50 divengono di moda le prime rubriche di galateo e icone come la Hepburn diventano un esempio da seguire. Icona dallo stile ricco di sobrietà, raffinatezza, eleganza, romanticismo e femminilità. Nel corso dei secoli il bon ton è stato sinonimo di molto: a
Nel corso dei secoli il bon ton è stato sinonimo di molto: a Donna. volte di ricchezza, altre di eleganza, altre di compostezza e onestà. E ora? Nel corso dei secoli è stato capace di adattarsi ai cambiamenti della società senza tradire la sua essenza. Libri, programmi tv e fashion bloggers aggiungono, spezzano e creano (fallendo di tanto in tanto) il proprio decalogo in fatto di gusto. Sinceramente sono più per la libertà di espressione, però ammetto che ogni tanto qualche piccola accortezza non guasterebbe. Uomo.
Il bon ton prevede che l’uomo, ad eccezione delle occasioni informali, indossi sempre giacca e cravatta, vestendo un abito intero o spezzato; i colori più classici per gli abiti sono il nero, il grigio o il blu per l’inverno e le tonalità del beige per l’estate. La camicia, invece, deve essere cambiata ogni giorno, sempre perfettamente stirata; collo e polsini sempre visibili. I colori più sobri e portabili sono il bianco e il celeste, altrimenti le righe devono essere sottili e i quadretti discreti. La cravatta non si deve notare, deve essere intonata all’abito e all’occasione, il nodo deve essere proporzionato ed il triangolo superiore deve sovrapporsi alla cintura dei pantaloni. Il gilet è un accessorio impegnativo riservato alle occasioni eleganti, deve essere della stessa stoffa e dello stesso colore del vestito. Consiglio: meglio se lo indossate al vostro matrimonio; altrimenti, evitate. Il fazzoletto da taschino deve essere bianco con orlo ricamato. La sciarpa è un accessorio raffinato specie se in lana o in cachemire, a tinta unita anche vivace; nella biancheria intima, invece, sono molto più raffinati i boxer degli slip. Sono sicura che la maggior parte del genere femminile apprezzerà.
Per quanto riguarda il guardaroba femminile non ci sono capi d’abbigliamento obbligatori secondo le occasioni sociali. Se riceverete in un biglietto d’invito in cui è scritto “cravatta nera”, significa che dovrete indossare un abito lungo. Nelle occasioni di lavoro e di normale routine i capi più adeguati da indossare sono il tailleur con gonna o pantaloni: un grande ritorno rivisitato nelle ultime passerelle e la scelta dei modelli è molto vasta. Le scarpe di giorno devono essere con il tacco medio, specie se s’indossano i pantaloni; con un abbigliamento elegante potrete sbizzarrirvi con un bel tacco alto, tanto di moda quest’anno. Le calze possono essere di diversi tipi: i collant, comodi, o le autoreggenti, attraenti e sexy. Io preferisco le autoreggenti per una questione di vestibilità. Un consiglio: portate sempre con voi nella borsa un paio di collant o di autoreggenti, perché una calza smagliata è assolutamente antiestetica! Il foulard è un capo raffinato, da indossare senza però ostentare la griffe, evitando di metterlo in testa, perché fa anziana e contadina. Ricordatevi che il turbante va sfoggiato in altre occasioni. Ma quelli che fanno la differenza sono gli accessori, per i quali la regola è che devono essere assolutamente originali. Oggi anche con un vestitino da pochi euro potete indossare la borsa o la scarpa glamour, tanto anche se hanno prezzi elevati, sono meno soggette ai mutamenti della moda che non i capi di abbigliamento. Se parliamo di make up, niente matita contorno labbra purché non abbiate labbra sottili da evidenziare, ombretti sobri qualora la scelta del rossetto sia verso colori marcati, altrimenti osate con sfumature che risaltino l’occhio. Ultimo consiglio evitate il troppo contrasto tra fondotinta e colore della pelle, no alle maschere, sì a un viso armonico. Piccole accortezze da seguire, ricordandovi però che alcune sono adatte solo in determinate occasioni. Un jeans abbinato ad una camicia, un vestitino semplice ed un look meno raffinato non faranno di noi portatori di bon ton, ma sicuramente portatori di noi stessi. Mica male, non trovate?
Ho letto di un bambino che è caduto e ha perso i denti, aveva 40 anni e aveva uno strano senso dell’umorismo. Non rideva delle sue cazzate. Senza denti e né espressioni si sentiva inerme. Così disegnò sulla sua bocca un sorriso gentile e cordiale, ma pur sempre finto e gelido. Sognava ancora quel bambino, voluto bene da tutti e acclamato da pochi. Quella mattina uscì ancora amareggiato dai suoi pensieri... e trovò un sorriso, il più bello di tutti. Gioia, colori e paesaggi. Non si era mai sentito così felice, osservò a lungo quel viso dolce e non poté fare a meno di sfiorarsi il suo, calcò linee per definire quanto avrebbe dovuto togliere a quel viso. Non pensò alla sofferenza. Scavò a fondo su quel lembo di pelle, canticchiando un motivetto dagli accordi confusi; afferrò il corpo e lo lanciò su un letto di prato. Ricucì su se stesso quel sorriso tanto desiderato, ormai prossimo a cambiargli la vita. Prese lo specchietto e si vide, non riconobbe se stesso. Sbraitò fino a perder la ragione! Strappò tutta la sua vita, finché non rimase nulla di sé e di quel sorriso che tanto voleva. Ho letto di un bambino che è caduto e ha perso i denti, aveva 40 anni e aveva uno strano senso dell’umorismo. Preferiva la pena. Scritto dalla writers Eli!
L’amore è una burrasca prende la tua anima estirpandola dal corpo senza lasciarti il tempo per lenire le pene passate. Si nutre di ciò che hai dentro e ti fa sentire perso ti porta in cielo e in fondo al mare senza muovere un solo passo né una voce sbatti contro i muri senza avere i muri ti senti perso senza trovare più l’uscita. E il tuo cervello chiede quale sarà la sorte se è meglio la vita o la morte il vento miete come falce le illuse margherite sperando che non sia ancora tu a dover leccarti le ferite. Scritto dal Writers: Mau
Mattonelle scarlatte prostrate al cospetto del muro bianco. Luce a risparmio energetico irradia riflessi assenti. Lampeggi di saliva rarefatta. Gocce di fumo picchiettano sui vetri immaginari. Spostamenti infinitesimi caratterizzano l’iride. Giocolieri: trittici di colore in ebollizione silenziosa. Spigoli smussati dall’anelito d’ossigeno. Nulla, uniforme, risacca giubilante. Schiaffi d’avorio nelle crune della mente. Plumbeo –il polline volteggia. Stridio lacrimante pungola l’estro taciturno. Gaudio clangore frombola fregi di porpora. Palato -antartico solfeggia. Ululati nodosi s’intrecciano. Foglie di vite costeggiano anfratti aleatori. Palpiti erotici mantecano il battiscopa. Ipotalamo boccheggiante. Erotismi laidi impregnano l’intonaco. Pori pennellati da setole consunte. Labbra che gorgogliano. Lobi temporali abbarbicati nella foschia. I cardini unti dormono. Tic-tac: l’orologio. Stillicidio: il rubinetto sanguina. Ruggiti famelici: nani da giardino. Frscuhshctsrhusc: decriptazione in corso. Formicolio. Martelli. Equazioni differenziali. Eque differenze. Polvere che tuba. Tubi che applaudono. Applausi arrovellati tra pigne di bosco. Pigne saltate in padella. Dalla padella alla brace. Brace: agitata non mescolata. Tic-tac: è sempre l’orologio. Scritto dal Writers: Halfheart
Non mi ricordo di te, ti ho cancellato in maniera definitiva. Ti ho eliminato da tutti i social network e dal cellulare,ormai sei andato perduto per sempre L’amore è sempre così, dopo un po’ di tempo finisce.. Non mi ricordo nemmeno come era. Sono diventata una cantante famosa e tu hai realizzato il tuo sogno, sei uno dei chitarristi migliori di tutto il mondo, hai realizzato davvero ciò che volevi, essere come tuo padre. Sto bene, la mia vita è piena di impegni e ho anche incontrato una persona fantastica.. Anche se all’inizio faceva male il ricordo di te adesso non è più così, perché sai quando un vecchio amore finisce ne inizia un altro. Ti ho dimenticato, tu non mi piaci più.. Non avrei dovuto mai ascoltare il tuo amore per me, mi hai fatto aggrappare a te e dopo mi hai lasciato senza dire una parola. Per quanto tempo dovevo andare avanti a fingere di stare bene? E’ passato un anno, io sono cambiata con chi sarai adesso? Che cosa starai facendo? Tutte domande senza risposta, so solo che almeno per oggi, solo oggi, Voglio vederti e voglio raggiungerti.. Scritto dalla writers Petite Pazza
s t e g g u N C M n e k c i h C i in casa fatt
Una delle cose che adoro del Mc sono i Mc Nuggets.... grazie al cielo il primo Mc a me vicino è a 1,30 h di macchina, ma quando vivevo a Milano era un pranzo settimanale fisso. Se come me li adorate ve ne fornisco una versione casareccia e soprattutto salutare. Valida anche per chi segue una dieta ipocaloica tipo la Dukan (con l’accorgimento di usare pane di crusca).
Ingredienti Per 1 persone: 1 petto di pollo 1 pane raffermo 1 uovo 1 limone (facoltativo) 1 pizzico(chi) sale 1 pizzico(chi) pepe 1 pizzico(chi) spezie varie
Autore: Mauro Mauro Aka Various (13 febbraio1987) è un informatico valtellinese, attualmente codirettore del OUReports. Sognatore incazzato. Prova un amore folle verso gli animali e ne possiede di diverse specie. Scrivere è per lui uno sfogo, un momento di riflessione fra se e il mondo che sta dentro di lui.
www.tamalife.com
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Tagliare il petto di pollo a pezzetti. In una ciotola sbattere l’uovo con sale, pepe, spezie e succo di limone. Immergervi il pollo. Coprire e mettere in frigo per qualche ora. Passato il tempo tritate col mixer il pane e passatevi il pollo. Cuocere al forno (già caldo) a 220° per 15/20 minuti.
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A TU PER TU CON IL COORDINATORE DEL Dal 2011 la FMI ( Federazione Motociclistica Italiana) è rientrata con un proprio team nel “circus” del motomondiale. Lavorando duramente si è cercato di creare una struttura che possa permettere lo sviluppo e la maturazione di giovani piloti i quali, un domani, dovranno guadagnarsi l'etichetta di "discendenti" dei vari Max Biaggi, Loris Capirossi, Valentino Rossi, Andre Dovizioso. Abbiamo contattato il responsabile del Team Italia, Alfredo Mastropasqua, per un colloquio breve, ma molto illuminante su come esso si stia muovendo per forgiare i nuovi campioni di domani.
Dunque seguite passo passo ogni singolo pilota? “Come detto la federazione è articolata su un ampio territorio. I più veloci, ma non solo, anche quelli più promettenti e predisposti vengono selezionati e monitorati con attenzione da tutto lo staff tecnico fino a che non giungono a completa maturazione”. Se un genitore volesse far correre il proprio figlio, ma essendo il motociclismo un sport piuttosto dispendioso economicamente, avete qualche agevolazione? “Compito della federazione è scovare e far maturare i piloti di domani, quindi se una famiglia non ha la possiblità di far correre il proprio figlio, ma egli ne ha l'attitudine, attraverso i programmi federali sì, si cerca di sostenerla grazie anche al supporto degli sponsors”.
OUREPORTS: Signor Mastropasqua, nell'attività più che centenaria della federazione mai abbiamo avuto una ca- Quindi lo sponsor vi è costantemente di supporto? renza di giovani piloti ai vertici della classifica come ne“Sì certo, una volta che selezioniamo i ragazzi con più gli anni duemila. Come mai secondo Lei? talento e prospettiva il loro ruolo è fondamentale perché “Innanzitutto bisogna comprendere che ci sono i cosidet- li aiutano economicamente al sostentamento materiale ti cicli e che questo purtroppo è il nostro fine ciclo da della loro attività agonistica”. cui stiamo ripartendo. La federazione però da tre anni ha deciso di impegnarsi in un ricambio generazionale Voi lavorate con ragazzi che hanno dagli otto ai vent'anche possa accompagnare giovani piloti ad essere i futuri ni, quindi molto spesso (penso a Fenati, Antonelli, BalAutore: H di domani”. dassarri, Bagnaia ecc.) sono in piena età dello sviluppo, campioni come vi rapportate con il cibo e la preparazione fisica? Alessio, conosciuto nei testi sacri come HyeA questo proposito: un genitore che voglia far correre il na, fin da bambino si cimenta in varie discipliproprio figlio come fa ad entrare in contatto con la fede- “Ovviamente i ragazzi nel pieno della pubertà devono ne che l’hanno portato ad essere un profeta, essere seguiti con maggior attenzione. Tutto è calibrato, razione? dal regime alimentare agli allenamenti fisici. Sono dei uno scrittore, un doppiatore, un musicita, un “Partiamo dal presupposto la federazione è una re- professionisti e come tali li trattiamo anche sotto questo compositore, un dj, un filosofo, che un animatore, altà molto concreta. È dislocata in tutte le regioni d'Italia, punto di vista”. una guida turistica, un attore, nonchè PR. quindi un genitore che voglia far intraprendere la carriera agonistica al proprio figlio può iscriverlo alle attività Normale esseredi umano tempo libero. promozionali base nel organizzate nelle regioni”.
Autore: Alessio Alessio aka Aliu per gli amici con il cervello bruciato. E’ uno studente di Lettere Moderne alla Statale di Milano più o meno vicino a pensionamento. Perennemente in cerca di solitudine, rifugge la vita mondana e le persone troppo estroverse. Innamorato geloso dell’ Hip Hop italiano, divoratore semi professionista di SerieTV, come ogni Italiano medio ama stare sul divano davanti ad una bella partita di calcio, una gara di MotoGp o alla PlayStation. Più che sognatore fallito si definisce realista depresso. Qualità maggiore: genersono fino allo sfinimento. Difetto più grande: ne devo mettere solo uno vero?
Considerando l'aspetto psicologico, i ragazzi sono sottoposti ad uno stress molto rilevante: penso ad un pilota come Poggiali che non riuscendo a sopportare la pressione si è ritirato ancora giovanissimo. Avete delle persone specializzate anche sotto questo aspetto? “Sì certo. All'interno della nostra struttura vi sono dei mental coach che interagiscono costantemente con i ragazzi e li aiutano molto sia per alleggerire la pressione, sia per le motivazioni. È un ruolo molto importante perché li aiuta a concentrarsi, ma anche a scaricare tutte le pressioni che in un weekend di gara si accomulano incredibilmente”.
“Mi sono sempre chiesto che tipo di rapporto può avere la federazione con i manager dei piloti: penso ad esempio a Carlo Pernat (mentore di Biaggi, Capirossi, Simoncelli). Siete in aperta collaborazione, vi cosiderate rivali, oppure semplicemente i vostri ruoli sono diversi? “I nostri ruoli sono sempre stati diversi, ma questo non vuol dire che vi siano dei conflitti. C'è massima collaborazione e confronto nel rispetto del proprio ruolo. Non escludo che a breve vi possa essere una relazione più stretta”.
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Semipresidenzialismo:
puo’ funzionare? Chi ha seguito le vicende politiche degli ultimi mesi sa che uno dei punti cardine del mini-programma del governo Letta recita “riforme istituzionali”. Tra queste le più importanti sono l’introduzione del semi-presidenzialismo e la riforma della legge elettorale. Su questi temi la grande coalizione si divide, facendo registrare forti tensioni tra PD e PDL. Naturalmente anche gli esperti si sono interessati ad essi e hanno dato vita ad una prolifica discussione; tra le altre trovo particolarmente interessante la posizione del politologo Gustavo Zagrebelsky, che si è più volte espresso in merito. Vediamo dunque brevemente il suo pensiero. Innanzitutto: cosa è il semi-presidenzialismo? Il semi-presidenzialismo è una particolare forma di governo derivata dal presidenzialismo statunitense e adottata, ad esempio, in Francia. Semplificando: nel presidenzialismo gli elettori
Autore: Daniele Studente universitario speranzoso di diventare giornalista. “Chitarrista” a tempo perso; vive di musica e libri. Pensatore fallito. Agnostico praticante. “[...] And I will spend the rest of forever trying to figure out who I am”.
http://italianvoices.altervista.org
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eleggono direttamente sia i rappresentanti del Congresso che il presidente, che rappresenta il potere esecutivo; nel semi-presidenzialismo gli elettori eleggono i parlamentari e il presidente, il quale però “divide” il potere esecutivo con il presidente del consiglio, emanazione delle camere. In definitiva la proposta semi-presidenziale è orientata a rafforzare il ruolo dell’esecutivo nel nostro Paese e viene sostenuta soprattutto dal PDL, il cui leader si è sempre lamentato della scarsa incisività dell’esecutivo nel nostro sistema politico. L’osservazione tende ad essere largamente condivisa tra gli studiosi di diritto e di politica: i padri costituenti, dopo il ventennio fascista, cercarono di limitare i poteri dell’esecutivo per evitare l’eccessiva centralizzazione che era uno dei suoi punti cardine. Gli articoli interessati – dall’articolo 92 al 100 – sono infatti ambigui e, in definitiva, attribuiscono al governo un ruolo di “guida” del Parlamento che detiene il potere legislativo e di controllo. È pur vero, però, che negli ultimi anni il governo ha esercitato ampiamente il potere legislativo ricorrendo di continuo a disegni di legge e decreti, attuando nella pratica quanto previsto come strumento “accessorio” dalla Costituzione. Uno degli assunti basilari della politica comparata è il fatto che tutte le società sono diverse tra di loro e, quindi, ciò che funziona in uno Stato può non funzionare in un altro. I sistemi politici sono influenzati dal contesto sociale, culturale ed economico nel quale si trovano, per cui certe caratteristiche possono essere efficaci in un Paese ma del tutto inefficaci in un altro. Quindi: non è detto che il semi-presidenzialismo alla francese funzioni anche in Italia. In particolare un sistema di questo tipo – che attribuisce un potere forte agli elettori – può avere effetti opposti a seconda del livello di istruzione dei cittadini e del livello di corruzione. Da qui le obiezioni di Zagrebelsky: i Paesi dell’Europa centro-meridionale hanno un livello d’istruzione più basso rispetto a quelli del nord, fenomeno dalle cause storico-religiose molto antiche – basti pensare al fatto che i Paesi a religione protestante hanno un tasso
di analfabetismo nettamente inferiore a quelli cattolici. Il sistema educativo italiano è da anni in profonda crisi e, in generale, il livello d’istruzione è tra i più bassi dei Paesi principali della UE. Se è vero che il potere sovrano appartiene ai cittadini, è altrettanto vero che per un efficace funzionamento dell’apparato politico si richiede un livello di preparazione medio-alto, e ci sono forti dubbi a proposito. Aggiungiamo anche la disaffezione degli italiani verso la politica e la scarsa cultura politica che ci caratterizza, e il quadro complessivo non è molto rassicurante. Per quanto riguarda il livello di corruzione non penso ci sia bisogno di spendere molte parole. Dunque: secondo il politologo, su un piano puramente teorico l’idea del semi-presidenzialismo non è delle migliori. In secondo luogo: la legge elettorale. Quella attuale, soprannominata “porcellum” dal suo stesso creatore, viene criticata aspramente da qualunque parte politica. Anche lo stesso Calderoli, che pure l’ha firmata, ha dichiarato pubblicamente la sua insoddisfazione. Da anni sentiamo parlare di una sua modifica, paventata prima dal governo Prodi, poi da quello Berlusconi e infine dal governo Monti. Letta ha rassicurato sul fatto che, finalmente, il suo esecutivo riuscirà a modificarla. Uno dei punti critici del provvedimento, come ben sappiamo, è il fatto che i rappresentati non vengano più scelti dagli elettori attraverso le preferenze ma dagli apparati di partito attraverso liste bloccate. Tra le tante proposte, una delle più affermate è quella che prevede il ritorno alla precedente legge elettorale, il “mattarellum”, introdotta nei primi anni ’90. Zagrebelsky è però molto critico sulla fattibilità di questa riforma: il modo migliore per farla è avere una solida maggioranza in Parlamento. In particolare, per tutta una serie di motivi, il PDL è uno dei partiti che più ha beneficiato dal porcellum: essendo un partito leggero, esso non è radicato nel territorio e quindi il meccanismo delle preferenze avrebbe effetti negativi – o per lo meno non positivi – per il partito stesso, che invece preferirebbe un meccanismo di selezione e cooptazione dall’alto
come quello attuale. Appare quindi difficile che dia il suo consenso all’approvazione della riforma e, anche qualora lo facesse, porrebbe veti molto rigidi che probabilmente ne limiterebbero la portata. Al tempo stesso, il PD – che, al contrario, è ben radicato nei territori come dimostrano le recenti elezioni amministrative - non appare in grado di approvare autonomamente la legge dato che non ha i numeri nelle camere. A questo dobbiamo aggiungere il fatto che la legge elettorale è, appunto, una legge ordinaria: non servono maggioranze qualificate per la sua approvazione e non è previsto un iter apposito per la sua modifica. L’unica restrizione è che, per tutto il periodo di modifica, debbano essere rispettate le condizioni che ne garantiscano il funzionamento; in altre parole non possono essere lasciati dei “buchi” in una materia così importante per l’ordinamento politico. Appare quindi più plausibile che sia un governo politico ordinario, monocolore – comunque non di grande coalizione come quello attuale – ad adottare tale provvedimento, mentre sono minime le possibilità che lo faccia quello attuale. In conclusione: entrambi i provvedimenti sembrano difficilmente attuabili. Il primo per motivazioni socio-culturali; il secondo per interesse politico. Inoltre, sebbene il varo di una nuova legge elettorale sia ormai una necessità ribadita con forza anche dal presidente Napolitano e sia quindi auspicabile che venga approvato, molto meno stringente è la necessità del cambiamento nella forma di governo. Sono infatti necessari, ad esempio, la revisione del bicameralismo perfetto e la riduzione del numero dei parlamentari; ben poco importante è un cambiamento negli assetti istituzionali a cui, probabilmente, come Paese e società non siamo ancora pronti. Soprattutto, e lo dico senza venature qualunquiste, in un momento di forte crisi economica quale quello attuale, quello del semi-presidenzialismo sembra l’ultimo dei problemi che il governo debba affrontare. Noi tutti ci aspettiamo dall’esecutivo ben altro, e auspichiamo che abbia recepito il messaggio e si impegni in tale senso. 23
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