Paola Gallo
Paola Gallo
Corso di laurea in Design della Comunicazione A.A. 2011-2012
Laboratorio di Sintesi Finale Docenti: Valeria Bucchetti, Erik Ciravegna, Chiara Diana, Maurizio Minoggio Cultori della materia: Maria Zaramella, Elena Zordan Elaborato di laurea di Paola Gallo Matricola: 745977 26 luglio 2012 2
Indice Introduzione
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1. La Scuola Svizzera. Dal 1950 al 1965.
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1.1 International Typographic Style 1.1.1 Josef MĂźller-Brockmann 1.1.2 Emil Ruder 1.1.3 Armin Hofmann 2. Italia e Olanda: i due maestri. Dal 1966 al 1983. 2.1 AG Fronzoni 2.2 Wim Crouwel 3. Il caso americano. Dal 1984 al 1999. 3.1 David Carson 4. Lo scenario attuale. Dal 2000 al 2012. 4.1 Sociale 4.2 Locandine cinematografiche 4.2.1 Reinterpretazioni grafiche di locandine famose 4.2.2 Patrick Svensson e Able Parris 4.2.3 Studio H-57 4.3 PubblicitĂ Conclusioni Bibliografia Sitografia
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Introduzione Durante il Laboratorio di Sintesi Finale del corso di laurea in design della comunicazione si è affrontata la progettazione di una campagna sociale. Partendo dal tema dell’indigenza, dopo una ricerca, si è deciso di approfondire il fenomeno della nuova povertà. Dato l’argomento trattato, lo stile utilizzato in tutti gli artefatti della campagna è molto essenziale: in particolare i manifesti, privati di qualsiasi forma decorativa, sono rigorosamente tipografici e la dominante cromatica del bianco e nero è interrotta solo dall’aggiunta di un elemento colorato. Partendo dalle caratteristiche stilistiche dei poster della campagna, si è quindi deciso di trattare come argomento del presente scritto il tema dell’essenzialità e dell’impatto nei manifesti tipografici. Essenziale significa, tra le altre cose, ridotto all’essenza. Applicando tale definizione in ambito grafico si dice essenziale un artefatto che, privato di ogni eccesso decorativo, riduce gli elementi che lo costituiscono al minimo. In questo scritto con il termine essenziale si farà riferimento ad uno stile che utilizza: esclusivamente la tipografia, quindi nessuna illustrazione o immagine fotografica, ma solo del testo; pochi colori, soprattutto il bianco e il nero, e eventualmente in aggiunta un terzo; ed infine un layout semplice, costruito con attenzione rispetto agli spazi vuoti. Questi elementi contribuiscono ad una semplificazione formale che permette un «impoverimento» dello stile. Dunque sinonimo di essenziale è anche «povero»: termine che rimanda al tema della campagna progettata e che, inoltre, crea un ulteriore collegamento con lo stile utilizzato in essa. La riduzione della forma richiede una grande sensibilità progettuale. Il lavoro di un designer grafico che utilizza uno stile essenziale affonda le sue radici nel rigore e nell’astrazione. Egli deve eliminare ogni elemento superfluo e d’eccesso utilizzando quelli rimasti in maniera strategica per trasmettere un messaggio d’impatto, cioè d’effetto, in grado di attirare l’attenzione del destinatario e soprattutto di suscitare il suo interesse. Il manifesto rappresenta uno dei migliori strumenti per ottenere l’interesse della gente per via dei luoghi dove viene posizionato e delle sue dimensioni. 5
Introduzione
I poster possono essere affissi in strada, nei pressi delle fermate dei bus, nelle stazioni metropolitane e ferroviarie: posti in cui ogni giorno passa un gran numero di individui. Perciò lo stile essenziale sfrutta come artefatto principale il manifesto. Nelle prossime pagine, attraverso un percorso storico, si analizzeranno i principali interpreti dello stile, gli ambiti in cui è stato utilizzato e le reazioni da esso suscitate.
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La Scuola Svizzera. 1950 > 1965.
1.1 International Typographic Style La Svizzera, dichiaratasi neutrale durante il secondo conflitto mondiale, è stata in grado, alla fine della guerra, di riprendersi molto più velocemente rispetto al resto d’Europa; questo anche perché le basi commerciali, finanziare e industriali su cui poggiava erano già abbastanza consolidate. Infatti città come Zurigo e Ginevra erano importanti centri internazionali in ambito bancario ed assicurativo. Attività in crescita che, con l’aumento delle importazioni accanto a quello delle esportazioni, contribuivano a rafforzare la ricchezza del paese. Negli anni ’50 un gran numero di lavoratori stranieri, stimolato da una situazione così favorevole,
ha deciso di immigrare nel paese elvetico: tra loro c’erano molti artisti e designer; infatti, anche, le attività di progetto e di comunicazione ripresero con maggiore facilità in Svizzera. È proprio nel paese elvetico che nel 1950 emerse un nuovo stile di design grafico che, a causa della sua forte dipendenza dagli elementi tipografici, divenne conosciuto come lo Stile Tipografico Internazionale (International Typographic Style). Influenzato dal De Stijl1, dal Costruttivismo2 e dal Bauhaus3, lo stile, detto anche Stile svizzero (Swiss Style), o Scuola svizzera, fa sue due delle proprietà tipiche del Paese: neutralità e razionalità.
1. Movimento artistico fondato in Olanda nel 1917. 2. Movimento culturale nato in Russia nel 1913. 3. Scuola di design e architettura nata in germania nel 1919.
A sinistra: -Gustav, Stettler, Maler, Hans, Josephsohn Bildhauer, Emil Ruder, 1965. -Junge Hollandische Bildhauer, Armin Hofmann, 1965. A destra: -Political poster, Keller Ernst, 1935.
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Caratteristiche evidenti nell’uso sistematico di griglie modulari e nell’uso di caratteri bastone (come Akzidenz-Grotesk, Helvetica e Univers) che rendono la struttura chiara, ordinata e rigorosa. Analizzando i manifesti della Scuola Svizzera si nota che i moduli delle griglie sono stati costruiti rispettando delle precise proporzioni geometriche e che, nella maggior parte dei casi, le gabbie sono parallele e perpendicolari alla pagina; tuttavia, in altri sono state inclinate di 45°, 30° o 60°. L’impressione generale data dall’utilizzo di un layout rigoroso e di elementi stilistici minimi è quella di una composizione molto strutturata, armoniosa, dai pochi colori, leggibile con facilità e in cui domina la chiarezza. Il compito del grafico è quello di formalizzare e chiarificare un messaggio in termini di contenuto visivo e informativo. Vale perciò l’idea espressa dall’architetto americano Louis Sullivan4, secondo il quale «Form follows function5», ossia la forma segue la funzione.
La forma, sia essa di un edificio, di un oggetto o di un artefatto grafico, è conseguenza del suo scopo. Lo stile è stato raffinato in due scuole di design, una a Basilea, guidata da Emil Ruder e Armin Hofmann, e l’altra a Zurigo, sotto la guida di Joseph Müller-Brockmann. Tutti questi progettisti sono considerati i pionieri del movimento e di loro si parlerà in modo più approfondito nei prossimi capitoli. Essi avevano studiato con Ernst Keller6, alla Scuola di Design di Zurigo, prima del secondo conflitto mondiale, dove venivano insegnati alcuni principi del Bauhaus e la New Typography di Jan Tschichold7. Lo Stile internazionale, privo di emozione e di appartenenza nazionale, aderisce alle nuove esigenze della società e risponde perfettamente al bisogno di comunicare messaggi in modo chiaro e conciso; soprattutto in un paese con tre lingue ufficiali (tedesco, francese e italiano) e in un contesto in cui il mercato è sempre più globale. Proprio per questo, è stato molto apprezzato 11
4. È il padre del Movimento Moderno (1856-1924). 5. Teoria del Movimento Moderno. 6. Insegnante alla Scuola d’Arte di Zurigo (18911968). 7. Designer tedesco (1902-1974).
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dalle istituzioni culturali svizzere, i cui manifesti venivano utilizzati per pubblicizzare importanti eventi culturali, ma anche dalle aziende locali, per le quali un’identificazione
internazionale era utile per comunicare all’estero. Qualche anno dopo eventi globali come le Olimpiadi videro in questo stile una risposta alla richiesta di soluzioni universali.
A sinistra: -Poster per un evento, Otl Aicher, 1965. A destra: -Poster per le olimpiadi, Otl Aicher, 1964.
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Svizzera
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1.1.1 Josef Müller-Brockmann Josef Müller-Brockmann, nato a Rapperswil, Svizzera, nel 1914, è considerato uno dei pionieri dello Stile Tipografico Internazionale. Egli è stato, con Richard Paul Lohse8, Hans Neuburg9 e Carlo Vivarelli10, una figura centrale della rivista Neue Grafik in cui i designer hanno esplorato un nuovo approccio «oggettivo» di progettare. Il primo numero è stato pubblicato nel 1958, mentre l’ultimo nel 1965. Lo scopo della rivista era di presentare il nuovo stile grafico nato nel paese elvetico, di chiarire il significato di «costruttivismo» e, infine, di commentare le diverse influenze stilistiche.
8. Grafico svizzero (1902 - 1988). 9. Critico d’arte, designer e grafico svizzero (1904 1983). 10. Grafico svizzero (1919 - 1986).
A sinistra: -Aus der Sammlung des Kunsthauses Zürich, 1953. A destra: -Beethoven, 1953.
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La rivista è stata scritta in tedesco, italiano e francese: le tre lingue principali della Svizzera. Josef Müller-Brockmann ha respinto il disegno a mano libera, le altre forme di espressione personale e il decorativismo, preferendo l’impersonalità e l’obiettività. Infatti egli sosteneva che: «Il requisito supremo è una forma tipograficamente disadorna puramente al servizio delle esigenze della comunicazione.»11 Pertanto la soggettività era soppressa a favore di una griglia geometrica che permetteva di organizzare i contenuti formali in modo logico e ordinato. Il messaggio diventava, così, immediato e di facile lettura. Brockmann raccolse nel suo libro Grid Systems in Graphic Design le indicazioni su come si costruisce matematicamente una gabbia, supportate da esempi concreti sulle sue possibili applicazioni, ma precisò che: «Il sistema delle griglie è un aiuto, non una garanzia. Esso permette una serie di possibili utilizzi e ciascun designer può cercare una soluzione adeguata al suo
stile personale. Ma bisogna imparare come utilizzare la griglia, è un’arte che richiede pratica.»12 I corpi e i caratteri da lui utilizzati erano limitati. Egli sosteneva infatti che i caratteri senza grazie potevano essere impiegati per «quasi ogni lavoro tipografico.»13
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11-13. J.M. Brockmann «Gestaltungsprobleme des Grafikers / The Graphic Artist and his Design Problems.» 12. J.M. Brockmann thegridsystem.org.
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La serie di poster piÚ nota di Brockmann è quella progettata per la Tonhalle di Zurigo. Egli aveva iniziato la produzione di manifesti dei concerti nel 1951 e la continuò fino al 1972. Tutti i poster musicali che rappresentano le teorie progettuali del famoso designer non erano orientati alle vendite, il loro appeal era destinato ad essere artistico.
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In basso: -Musica Viva, 1958. In basso a destra: -Strawinsky Berg Fortner, 1955.
Brockmann
I manifesti, rigorosamente tipografici, non contengono alcuna interpretazione pittorica del programma musicale, ma, al contrario, sono creazioni libere che hanno preso forma all’interno del sistema griglia sottostante. Questi manifesti creano un ordine matematico che utilizza solo elementi essenziali e che riflette l’armonia stessa della musica, restituendo un effetto leggero e poetico.
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Beethoven, 1955 Beethoven è uno dei poster tra i più famosi di Brockmann realizzati per la Tonhalle. Uno dei temi principali presenti nel manifesto è l’uso dell’astrazione. Il progettista ha creato un disegno utilizzando dei cerchi concentrici evidenziati a tratti; all’interno di questi elementi compare il titolo dell’evento, seguito da un testo a bandiera, contenente tutte le informazioni relative al concerto. L’osservatore è invitato a utilizzare le sue competenze di interpretazione per comprendere lo scopo del poster. I simboli utilizzati evocano la musica: i segmenti circolari rappresentano le tematiche, le dinamiche, i fattori di ritmiche e metriche. Il manifesto contiene tutte le caratteristiche del design svizzero: si veda la disposizione degli elementi su una griglia geometrica che è stata decentrata creando una disposizione asimmetrica e l’uso di caratteri senza grazie. Una composizione semplice ed essenziale che utilizza solo il bianco e nero, la tipografia e degli elementi simbolici per evocare la musica.
A sinistra: -Particolare della costruzione geometrica del manifesto.
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Brockmann
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Der Film, 1960 Il manifesto realizzato in occasione di una mostra cinematografica dimostra un’armonia compositiva che è stata raggiunta attraverso la divisione matematica dello spazio in quindici moduli rettangolari. Tre di questi occupano la dimensione orizzontale, mentre cinque quella verticale. I primi nove moduli formano approssimativamente un quadrato, i tre sottostanti sono occupati dal titolo. Nei primi tre blocchi in alto e negli ultimi tre in basso compare la tipografia secondaria che ha uno scopo informativo ed è scritta in corpo ridotto di colore rosso che risalta sullo sfondo nero del manifesto. La scritta «Film» occupa due unità della griglia e il bordo delle altre scritte è perfettamente allineato con l’asta verticale della «F». Brockmann si è preso alcune sottili libertà tipografiche permettendo al bianco luminoso di questa parola di oscurare le lettere bianco sporco dell’articolo «der». Visivamente la composizione simula le tecniche cinematografiche di sovrapposizione e dissolvenza da un’immagine a un’altra, ma anche l’effetto di luce proiettata di un film sullo schermo. Attraverso la leggera manipolazione di sette lettere il designer è in grado di suggerire che il cinema è un mezzo capace di attirare l’attenzione di molte persone e di coinvolgerle, anche emotivamente. La potenza grafica di questo manifesto è ottenuta mediante la semplicità con cui Brockmann combina con successo una comunicazione efficace, l’espressione del contenuto e l’armonia visiva.
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Brockmann
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1.1.2 Emil Ruder Emil Ruder nacque a Zurigo, in Svizzera, nel 1914. All’età di quindici anni iniziò a studiare design e più tardi frequentò la scuola di Zurigo delle Arts and Craft. Nel 1947 fu assunto come insegnante di tipografia presso l’Allgemeine Gewerbeschule, dove l’anno seguente incontrò il litografo Armin Hofmann. I due iniziarono un lungo periodo di collaborazione e insieme fondarono la famosa Scuola di Basilea, che negli anni ’50 e ’60 fece conoscere lo Stile Tipografico Internazionale in tutto il mondo. Ruder insegnava ai suoi studenti l’importanza di un corretto bilanciamento tra forma e funzione, incoraggiandoli ad essere attenti alle proporzioni, al ruolo della leggibilità e a quello che il carattere tipografico comunicava. I progetti dei suoi allievi mostrano una vasta e rara sensibilità rispetto l’uso del negativo. Lo spazio non stampato, compreso quello fra e dentro le singole lettere, necessitava di molto studio per la grafica della pagina. Tutti questi elementi non 22
A sinistra: -Glas, 1955
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facevano parte esclusivamente dei suoi insegnamenti, ma erano caratteristici del suo stile e ritornano nella maggior parte dei suoi lavori. Anche la tipografia ha un ruolo fondamentale e quella di Ruder si basava quasi unicamente sull’uso di un singolo carattere. In origine utilizzava l’Akzidenz-Grotesk e poi, dopo il 1961, l’Univers. Quest’ultimo consente, grazie alle proporzioni della linea di base e della x-height, di combinare tutti i caratteri tra di loro e, pertanto, al designer di scatenare tutto il suo potenziale creativo. Il maestro sosteneva che: «La tipografia ha prima un semplice dovere che è quello di trasmettere le informazioni in forma scritta». Anche per Ruder, come per Brockmann, l’impiego di una struttura a griglia era fondamentale per porre tutte le singole componenti in armonia l’una con l’altra, conservando, tuttavia, varietà e dinamicità che portano novità nell’impaginazione. Ruder dichiara: «Il nostro compito è quello di posizionare gli elementi su una superficie per renderli armoniosi e metterli in relazione ad un ordine superiore.»14 Il designer favoriva composizioni asimmetriche. Uno dei suoi studenti disse: «L’asimmetria era una cosa naturale, mentre la simmetria è stata considerata come rigida, gerarchica, formale e inadatta per uno sviluppo naturale.»15 Gli elementi stilistici di cui si è parlato, combinati insieme in uno stesso progetto, fanno in modo che i lavori di Ruder risultino chiari, semplici ed essenziali. 24
14. E. Ruder «Von Teetrinken, Typographie, Historismus, Symmetrie e Asimmetria». 15. P. Shaw «The Road Taken».
In alto da sinistra: -Sammlung Richard Doetschbenziger, 1957. -Neue Wirtshausschilder, 1962. -Dänisches silber und hand werk, 1962.
Ruder
Sektion Basel Il manifesto è stato realizzato per una mostra artistica. Sullo sfondo nero vi sono le scritte bianche che riportano informazioni relative all’evento (titolo, luogo e periodo). Il testo viene letto da sinistra a destra e dall’alto verso il basso, con la porzione di testo più bassa a sinistra che riporta indietro alla posizione iniziale. La disposizione delle scritte non è statica, ma è progettata per rendere dinamica l’intera composizione.
10 Zurcher Maler Il manifesto è stato realizzato per una mostra d’arte. In questo caso lo sfondo bianco è popolato da scritte nere e rosse. Il progetto è stato costruito intorno ad una serie di contrapposizioni. La figura dominante del numero «10» è caratterizzata dai contrasti dritto-tondo, duro-morbido, limitato-illimitato. La forza verticale della linea dell’«1» e del gruppo di parole scritte più piccole è rotto dalla riga orizzontale formata dalla scritta «Zurcher Maler». La croce formata dalle due rette è decentrata verso sinistra, in una composizione asimmetrica che rimanda al manifesto precedente.
Berlin, 1963 Altro manifesto realizzato in occasione di una mostra. In questo caso le parole escusivamente nere sono su sfondo bianco. In alto il poster è interamente occupato dalla linea formata delle lettere della parola«Berlin». Gli spazi bianchi tra le lettere appaiono lineari e sono intensificati dall’uso del grassetto. La disposizione delle altre scritte, che hanno corpi molto contrastati, lascia intravedere la griglia geometrica utilizzata dal designer.
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1.1.3 Armin Hofmann
Armin Hofmann nacque a Winterthur in Svizzera nel 1920, fece l’apprendistato in litografia e poi studiò alla Kunstgewerbeschule di Zurigo. All’età di 26 anni iniziò la sua carriera di insegnante presso la Gewerbeschule Allgemeine a Basilea. Come già detto, qui conobbe Ruder e nel 1948 i due istituirono un corso avanzato per la progettazione grafica che portò grande attenzione da tutto il mondo. Fu, infatti, Hofmann a stabilire un collegamento fra la Scuola di Basilea e la Yale School of Design, che divenne il principale centro americano per
lo Stile Tipografico Internazionale. Hofmann nei suoi manifesti utilizza uno stile che ha molti elementi in comune con quello degli altri esponenti della Scuola Svizzera: l’uso profondo e sapiente del bianco e nero, di una griglia matematica che fornisce una struttura unificata e ordinata, e di caratteri senza grazie che rendono la composizione più pulita. Egli disse: «Con i poster costruiti semplicemente in bianco e nero, ho cercato di fare qualcosa per contrastare la crescente banalizzazione del colore, evidente dopo la seconda 26
In alto da sinistra: -Das Holz Ais Bav Stoff. -Die Gute Form, 1954. -Theater Bau Von Der Antike, 1955.
guerra mondiale sui cartelloni pubblicitari, negli utensili moderni e nel settore dello spettacolo.»16 Così Hofmann si avvaleva di uno stile semplice e parsimonioso in reazione alle esagerazioni del suo tempo. Egli riteneva il manifesto una delle forme più efficaci per comunicare un messaggio. Secondo il designer era necessario continuare a cercare un dinamismo armonico, in cui tutte le parti del progetto siano unificate. I suoi manifesti sono implacabili e senza tempo. Le forme astratte creano
curiosità e ambiguità. Egli vide nella relazione tra gli elementi contrastanti il mezzo per rinvigorire il visual design. I contrasti bianco-nero, linee curve-linee rette, forma-controforma, morbido-rigido e dinamico-statico, convivono in armonia. I suoi poster sono stati esposti nelle più importanti gallerie d’arte, come, ad esempio, presso il New York Museum of Modern Art. Nel 1965 Hofmann pubblicò il Graphic Design Manual, un libro che illustra l’applicazione dei suoi principi per alcuni progetti di design grafico. 27
16. A. Hofmann «Quest and Philosophy.»
In alto da sinistra: -BN, 1960. -René Auberjonois, 1961. -EL, 1961.
Italia e Olanda: i due maestri. 1966 > 1983.
2.1 AG Fronzoni In Italia alla Seconda Guerra Mondiale seguì un periodo di profonde trasformazioni sociali, economiche e culturali. Già nella prima metà degli anni ’50 si ebbe una fase di crescita economica; si svilupparono specialmente l’industria meccanica, elettromeccanica e siderurgica. Nella prima parte degli anni ’60 il Paese risentiva ancora dei benefici del boom economico che favorivano le attività finanziarie ed il progresso della tecnologia. Questi anni videro anche lo sviluppo del terziario e della televisione come un potentissimo mezzo di comunicazione in grado di condizionare la vita, i modelli comportamentali e di instillare nuovi bisogni «superflui» nella popolazione. È in questo contesto che iniziarono a sorgere a Milano le prime scuole specializzate nella comunicazione che mancavano negli anni precedenti e antecedenti il secondo conflitto mondiale. Così accanto ai pochi grafici già affermati,
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In basso: - Inascoltabili frammenti,1981. A destra: - Sonia Delaunay, 1968.
come Munari, Steiner, Carboni, salirono alla ribalta alcuni giovani e autodidatti designer, che avranno una lunga esperienza da insegnanti nelle nuove scuole. Uno di questi era AG Fronzoni, nato a Pistoia nel 1923, che si avvicinò molto presto all’attività di grafico. Partito dall’esperienza delle avanguardie artistiche, tra cui il Bauhaus, e dal razionalismo di Steiner17, egli ha percorso negli anni sessanta una strada che lo ha avvicinato all’arte concettuale18. Nel suo lavoro non mancò la didattica: infatti insegnò alla scuola di Urbino e a Monza. Per Fronzoni era fondamentale il momento della comunicazione del proprio metodo visivo ai suoi allievi. Progettista eclettico, si è espresso nel settore della grafica, del design, dell’architettura e anche degli allestimenti, interpretando il frenetico mutamento culturale e opponendo la fermezza del suo segno al precipitoso consumo delle immagini. Il suo stile essenziale, rigoroso, fondato sull’uso esclusivo del bianco e nero e sulla sintesi estrema
17. Designer Italiano (1913-1974). 18. Espressione artistica del XX sec.
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dei contenuti, accresce la forza evocativa del messaggio moltiplicando il suo significato. Fronzoni, dedito ad una poetica aniconica, fatta solo con il testo, disponeva le lettere nello spazio bianco della pagina valorizzando i vuoti che esse lasciavano. Il bianco della pagina nella progettazione non è assenza di informazioni ma è «Significante, un momento di pausa,
di interruzione, come momento di stimolo, di riflessione.»19 Fronzoni analizzava le capacità espressive dei caratteri e sosteneva: «Un frammento di lettera contiene un mondo intero.»20 Infine il designer affermava l’importanza dello scrivere alternando maiuscolo e minuscolo, per conferire ritmo alla parola e per una miglior percezione visiva.
19. G. Pastiglione «Omaggio A.G. Fronzoni» 20. M. Spera «Abecedario del grafico. La progettazione tra creatività e scienza.»
A sinistra: - Lo Spazio dei Gesti, 1979. A destra: - Mobilitazione della cultura per i lavoratori in lotta, 1976.
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In alto: - Mobilitazione della cultura per i lavoratori in lotta, 1976.
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Fontana - Galleria La Polena, 1966 Questo manifesto annunciava la mostra di Lucio Fontana tenutasi nel 1966 presso la Galleria La Polena di Genova. Fronzoni dispone il nome dell’artista, il luogo e la data in verticale, quindi li taglia come in una delle celebri tele dell’artista. Con uno sfondo bianco, 36 lettere e 7 numeri, scritti in nero, Fronzoni definisce gli spazi e il messaggio, riuscendo a comunicare qualcosa che va al di là del contenuto della frase. Il «taglio» sintetizza il pensiero di Fontana ed esprime di per sé il significato del poster.
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La Biennale di Venezia, 1969 Nel 1969 la Biennale di Venezia presenta i propri eventi culturali ed artistici attraverso l’efficace immagine progettata da Fronzoni. Nella campitura bianca del manifesto, un cerchio nero si sposta in alto o in basso mutando dimensione e posizione a seconda delle iniziative previste. Questo manifesto è stato realizzato in occasione del 32° festival internazionale di musica contemporanea del 1969.
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Tool: ricerche interlinguistiche 1971 Nel 1971 Fronzoni crea il manifesto per l’evento di poesia visiva Tool: ricerche interlinguistiche. Il titolo e le altre informazioni sull’evento sono scritte in bianco sui margini del manifesto nero, troncate a metà longitudinalmente, risultando praticamente illeggibili. Fronzoni pone ancora prima della mostra la questione che ne forma l’oggetto: il rapporto nello spazio della pagina/tavola e i tratti grafico-estetici.
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AG Fronzoni
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2.2 Wim Crouwel Anche l’Olanda del secondo dopoguerra viveva un periodo di ripresa, dovuto anche agli aiuti che arrivavano dagli Stati Uniti attraverso il Piano Marshall, che consisteva nel prestito di denaro a interessi bassi o addirittura a titolo gratuito, per finanziare l’acquisto di macchinari, attrezzature e materie prime. Questi aiuti sostennero anche alcuni importanti progetti grafici. «Gli anni ’50 furono un periodo fantastico. Abbiamo tutti pensato che il design potesse contribuire a costruire la nostra comunità.»21 Come in Italia, anche nei Paesi Bassi la pubblicità e la televisione vivevano un periodo di forte sviluppo e il ritmo che queste imponevano portò un cambiamento del design che negli anni ’60, come aveva anticipato lo Stile Svizzero, si concentrò su una sintesi funzionalista, dove la leggibilità, la struttura, il modulo e la linea diventavano gli elementi principali. Wim Crouwel nacque a Groningen, nei Paesi Bassi, nel 1928. Egli ha studiato, nel contesto appena spiegato, presso l’Accademia d’arte Minerva di Groninga dal 1947 al 1949. È qui che si avvicinò all’architettura che lo influenzerà nel rigore del suo stile. Lasciata la scuola divenne un pittore con tendenze espressioniste. Nel 1952 si trasferì ad Amsterdam, trovò lavoro presso una società di mostre, realizzò il suo primo manifesto e scoprì il piacere di organizzare le informazioni visive in un contesto estetico. Qui incontrò alcuni progettisti
21. Wim Crouwel www.creativereview. co.uk 22. Teorico dell’architettura e delle arti figurative, pittore, architetto (1883-1931)
A sinistra: - Zeefdrukaffiche Stedelijk Museum, 1966. - Corneille, Stedelijk Museum, 1966. A destra: - Fotoprijs Amsterdam, 1967.
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della Scuola Svizzera, da cui è rimasto colpito per il loro approccio strategico basato sull’uso di rigorose griglie geometriche, per la tipografia chiara e audace, e per la semplicità degli elementi formali. Noto per la sua attenzione alla progettazione delle forme delle lettere, il lavoro di Crouwel mostrava un inteso rapporto con quello sperimentale di Theo Van Doesburg22, fondatore della rivista che diede il nome al movimento artistico olandese De Stijl. Nel 1963 Crouwel è stato uno dei cinque fondatori del primo studio di design olandese che affrontava ogni singolo aspetto del design nel senso più ampio del termine, ossia un ufficio di progettazione multidisciplinare, da qui deriva il nome Total Design. Il designer è stato tra i primi a sperimentare le nuove potenzialità offerte dai computer nei primi anni ’60 per elaborare delle soluzioni tipografiche nuove rispetto alle Font moderniste. Per il progettista la tipografia aveva un ruolo fondamentale ed egli ideò molti nuovi caratteri che poi utilizzò nei suoi lavori più famosi. Dal 1972 Crouwel ha iniziato ad insegnare Industrial Design alla Delft University of Technology con un contratto part-time e nel 1980 ha lasciato lo studio Total Design per essere professore a tempo pieno. Il designer ha progettato molti manifesti, soprattuto per le mostre del Van Abbe Museum di Eindhoven e dello Stedelijk Museum di Amsterdam. I suoi poster riportavano semplicemente un logotipo, con il titolo dell’evento e le informazioni utili. Il suo stile, privo di ornamenti, era semplice. A differenza di Fronzoni che utilizzava esclusivamente e in maniera
molto rigorosa il bianco e il nero, Crouwel amava inserire il colore nella maggiorparte delle sue opere. In ogni manifesto si ritrovano tonalità differenti: arancione, rosso, verde, azzurro e blu. Quest’ultimo era il colore che Crouwel impiegava quando era indeciso e non sapeva che tinta adoperare. Vale la pena precisare che il designer non utilizzava mai più di tre colori nella medesima opera ed è per questo che il suo stile rimane essenziale. Nei primi lavori realizzati per il Van Abbe Museum il titolo della mostra, spesso, rifletteva lo stile dell’artista; in quelli successivi realizzati per lo Stedelijk Museum questo legame era annullato a favore di un approccio più sistematico.
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Come appena detto, nei manifesti realizzati da Crouwel per il Van Abbe Museum prima del 1966 si riscontra un approccio stilistico diverso. Si riportano alcuni esempi per comprendere meglio l’evoluzione dello stile del designer.
Hiroshima Van Abbe Museum Uno dei manifesti piĂš famosi di Crouwel non solo per il carattere sans-serif, molto particolare, utilizzato per il logotipo, ma anche per il layout, costruito su una griglia rigorosa. I colori sono tre: rosso per lo sfondo, nero per la scritta principale e bianco per quelle secondarie.
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Léger Van Abbe Museum L’artista Léger utilizzava nelle sue opere delle linee pesanti intorno alle immagini; così Crouwel ha reinterpretato il suo stile scrivendo il titolo della mostra con linee nere e spesse. Le lettere della parola Leger sono collegate una all’altra rendendo la scritta sintetica.
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Edgar Fernhout Van Abbe Museum Questo carattere è stato progettato per la mostra tenutasi presso il Van Abbe Museum del pittore Edgar Fernhout nel 1963. Esso è costruito su una griglia geometrica, formata da quattro righe, una per le ascendenti e una per le discendenti, sulla base di rettangoli e quarti di cerchio. Le lettere sono tagliate attraverso tre linee orizzontali e una verticale che le divide tutte a metà. La struttura e lo stile del carattere, che non è mai stato digitalizzato, derivano da un dipinto di Fernhout. La sua bellezza e il suo equilibrio rimandano a quelli di una struttura architettonica. Il manifesto creato con questo carattere è realizzato su uno sfondo bicolore verde e bianco. La scritta grigia del titolo si frammenta sulla linea dove si uniscono i due colori.
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Crouwel
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New Alphabet 1967 Nel 1967 Crouwel disegnò il New Alphabet per ovviare ai problemi generati dall’elaborazione dell’immagine dei monitor dei primi computer. Il carattere è costruito all’interno di una griglia monospace, così tutte le lettere sono tanto larghe quanto alte. Perciò è possibile allinearle in tutti i modi e di conseguenza utilizzarle in ogni sistema di rete. Questo carattere è stato sviluppato solo in via sperimentale, non era inteso per l’uso effettivo e non è stato utilizzato in nessun manifesto. I caratteri del New Alphabet sono ridotti al minimo; infatti sono formati da linee rette perpendicolari tra di loro, raccordate agli angoli con degli smussamenti di 45°. In certe lettere, come ad esempio «a», «g», «s», «y», «z», alcune aste vengono eliminate; in altre, come «j», «k», «m», «x», cambiano posizione per rispettare la perpendicolarità. Così facendo alcuni caratteri, come ad esempio «u», «v» e «w», finiscono per essere molto simili.
A sinistra: - Il New Alphabet. A destra: - Particolare di una copertina realizzata con l’alfabeto.
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Vormgevers 1968 Il carattere, prodotto nel 1968 per il museo Stedelijk, è costruito su una griglia avente per moduli dei quadrati ed è privato di raccordi tra le varie aste delle lettere. Anche in questo caso la sottrazione di elementi può essere associata ad una continua ricerca di essenzialità. Il manifesto, realizzato con questo carattere, riporta visibile la griglia della pagina. In questo modo Crouwel dichiara esplicitamente il suo concetto di design tipografico. Il risultato è un’impressione di equilibrio perfetto. I toni in bianco e nero del poster sembrano porre l’accento sulla struttura sia del carattere che della pagina.
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Atelier 12 Stedelijk Museum 1974 I due poster, realizzati per la mostra sui film d’animazione olandesi Atelier 12, riportano grandi scritte sans-serif bianche su sfondo nero. In Beeldje voor beeldje ossia Fotogramma per fotogramma il numero 12 si frammenta.
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Hier Stedelijk Museum 1976 Il carattere utilizzato per il logotipo è un Helvetica. I colori sono piacevoli e semplici: arancione per lo sfondo, bianco per la scritta principale e nero per il nome dell’artista e per le altre informazioni.
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Il caso americano. 1984 > 1999.
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3.1 David Carson Negli anni ’80 in America si assistette a grandi cambiamenti. Nel 1980 il repubblicano Ronald Regan vinse le elezioni e iniziò a combattere in maniera molto decisa il comunismo sovietico. Oltre a costituire una svolta nei contenuti politici, la presidenza di Regan fu un momento innovativo per il rapporto tra politica e opinione pubblica; egli infatti era un professionista dell’immagine e abile a sfruttare il mezzo televisivo per parlare agli elettori. Questi anni videro però l’avvento di un altro strumento destinato a rivoluzionare la storia e anche il lavoro dei designer grafici: il personal computer. L’informatica permise alla scrittura di abbandonare i tradizionali supporti e di conquistare lo spazio virtuale. I caratteri non erano più solo di tipo analogico, ma divennero progressivamente digitali. L’accessibilità della tecnologia permise alla tipografia di divenire una pratica diffusa. Determinante in questo senso il lancio da parte della Apple del Macintosh, avvenuta nel 1984, che segnò l’avvento di sistemi operativi con interfacce di facile utilizzo e in grado di simulare l’intero ambiente di lavoro del grafico. Fu in questo contesto che lavorò David Carson. Il designer nacque nel 1954 a Corpus Christi, in Texas; qualche anno dopo si trasferì con la famiglia a New York, città che divenne un punto di riferimento. Il talento grafico del designer emerse sin dall’adolescenza, ma il suo primo vero
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contatto con il mondo del lavoro veniva da un’esperienza di tre settimane in Svizzera come progettista grafico, influenzato da Hans-Rudolph Lutz. Le sue opere iniziarono a diventare famose nella seconda metà degli anni ’80 e primi anni ’90. Si occupò della grafica di riviste di surf, sua prima passione, e skateboard. Nel 1992 iniziò a lavorare per Ray Gun Magazine come direttore artistico. Qui iniziò ad esplorare le possibilità compositive del testo in una pagina. Nel 1995 fondò lo studio di progettazione David Carson Design i cui uffici hanno sede a New York City e San Diego, in California. L’azienda ebbe subito successo e ha attirato ben noti e facoltosi clienti aziendali, tra cui Quiksilver, Suicide Girls, Samsung, Adidas, Nine Inch Nails, Pepsi e Toyota. Carson tenne lezioni
in tutto il mondo e in college negli Stati Uniti tra cui Cranbrook, ARTcenter e Cal Arts. Nella sua opera recente, David Carson si è occupato della produzione di spot, documentari, cortometraggi e molti altri video per il settore televisivo e cinematografico. Carson è stato nominato uno dei cinque designer più influenti dalla rivista Graphic Design USA. Egli scrisse e fu co-autore di una manciata di libri che caratterizzano le tendenze del design. Il più famoso è sicuramente The End of Print: The Graphic Design of David Carson23, monografia sul design grafico, che riassume per la prima volta lo stile grafico distintivo dell’autore. Il suo lavoro può essere considerato post-moderno e la sua massima «Don’t mistake legibility for communication»24 riassume al meglio la sua ideologia. 23. Traduzione «La fine della stampa: il design grafico di David Carson» (1995). 24. Traduzione «Non confondere la leggibilità con la comunicazione».
A fronte: - «Don’t mistake legibility for communication» A destra: - Pensione accademia venezia, 1995.
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Carson è un caposcuola nel sostenere l’incomprensione comunicativa come forma d’arte. Una delle maggiori contestazioni che gli vengono mosse è che il suo lavoro fosse «illeggibile» e lui risponde sostenendo che se qualcosa è leggibile non necessariamente comunica. Secondo lui una buona opera deve provocare una reazione emozionale nel destinatario: la trasparenza e la leggibilità dei contenuti possono essere sacrificati a favore del fattore sorpresa. La nuova lingua grafica espressa attraverso i suoi manifesti, che in alcuni casi possono essere considerati essenziali perché utilizzano esclusivamente la tipografia e solo due colori, dimostra come Carson abbia lavorato ad un livello oltre le parole, risultando, tuttavia, molto espressivo. Egli rende la lettura più difficoltosa rompendo le regole tradizionali della tipografia.
Le parole si dispongono sulla pagina in modo molto disordinato. A volte sono schiacciate una accanto all’altra, altre volte sono spezzate in due. In alcuni casi le lettere si dispongono verticalmente, in altri vengono distanziate ai margini opposti del foglio o riflesse orizzontalmente. Spesso Carson affianca caratteri diversi, graziati e lineari, utilizza in modo alternato il maiuscolo e il minuscolo e, infine, corpi più grandi accanto ad altri più piccoli. Secondo il designer americano ciò che distingue un grafico da un altro è solo la fantasia: le regole, quasi, non esistono. Carson dal punto di vista ideologico e formale si distanzia notevolmente dai designer che lo hanno preceduto e di cui si è parlato in precedenza; ma tutti loro sono accomunati dall’essere sostenitori del fatto che ciò che conta non sia quello che si dice ma come lo si dice.
A sinistra: Passante osserva incuriosito il manifesto di Carson
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Carson
Life + Death + Fashion, 1997 Il manifesto di Carson è modesto ed essenziale, con semplici lettere nere che fluttuano nello spazio su sfondo giallo. Nella composizione le convenzioni tipografiche vengono annullate, le lettere sono invertite, capovolte, si muovono nello spazio, non solo si urtano reciprocamente, ma, anche, galleggiano lontano dalla parola a cui appartengono. Carson utilizza un carattere lineare sempre in maiuscolo.
There’s a movement underground, 1995 Nel marzo del 1995, 350 poster di Carson annunciarono il cambiamento dei pannelli pubblicitari della metropolitana di New York City che avvenne, con la prima, presso la Grand Central Station a metà aprile. La gente restò molto stupita dallo stile del designer che però non passo certo inosservato. Anche in questo caso le parole, nere su sfondo giallo, si muovono all’interno della pagina, spezzandosi o disponendosi verticalmente. In questo caso i caratteri utilizzati da Carson sono diversi: alcuni a bastone, altri lineari, alcune lettere minuscole altre maiuscole.
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Lo scenario attuale. 2000 > 2012.
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4.1 Sociale Con il nuovo millennio lo stile essenziale è stato applicato in diversi ambiti del design grafico che vanno dal sociale, alle locandine cinematografiche e all’advertising. Nell’ambito sociale lo stile essenziale, definito spesso anche «povero», si accosta perfettamente al tema della povertà ed è stato utilizzato spesso dai designer che hanno partecipato al contest Meno Spreco Più Diritti25 del 2010 promosso da Utilità Manifesta-Design for Social per immaginare, ripensare e progettare modalità razionali di consumo e di utilizzo delle risorse in risposta alle Direttive Europee 2010 che invitano ad agire contro le forme di povertà mondiali e i fenomeni di esclusione sociale. Lo stile essenziale, il bianco e nero e la tipografia rendono questi manifesti privi di ogni eccessivo decoro che stonerebbe con il tema e con la problematica che si vuole raccontare. La locandina del contest raffigura la P di povertà tagliata in tanti pezzi; in questo modo è stata rappresentato il messaggio «fight poverty» ossia «combatti la povertà». La lettera tagliata simboleggia l’avvenuta battaglia contro di essa. Il manifesto utilizza solo tre colori: bianco per lo sfondo e la scritta «fightpoverty», il nero per la «P», la scritta «menosprecopiùdiritti» e le altre scritte informative e infine l’azzurro per il rettangolo che contiene la scritta del messaggio. L’impatto di questo poster ritorna nei poster del contest presentati qui di seguito.
Can you see that di Anna Munchmeyer Irlanda «Poverty is visible to everybody and you see it» ossia «La povertà è visibile a tutti e tu la vedi» questo è il messaggio che viene riportato in un manifesto su sfondo nero con le lettere bianche che si susseguono in una scala di grandezza a simulare il pannello che utilizza l’ottico. Quindi si crea un’associazione tra quello che è un elemento per fare i controlli della vista e le parole del messaggio «visibile» e «vedi». La scritta finale «and you see it», «e tu la vedi», è molto piccola, ma leggibile; in questo caso il legame tra ciò che è rappresentato e ciò che si comunica gioca sul contrasto. 62
25. Constest patrocinato da AIAP, ADI e dal Segretariato Rai per il Sociale.
A destra: Locandina del Contest Meno Spreco Più Diritti.
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Exclusion di Stefano Parmegiani La sola parola Exclusion in nero risalta sullo sfondo bianco. La «X» galleggia da sola ed isolata dalle altre e rappresenta l’esclusione di cui il designer parla citando alcuni versi di Aldus Huxley: «Non c’è civiltà, senza stabilità sociale, non c’è stabilità sociale, senza stabilità individuale». I termini «civiltà» e «stabilità sociale» sono evidenziati in rosso. Il testo a bandiera è posizionato verticalmente dove ci dovrebbe essere la lettera.
Do Something In Africa di Citizen Scholar Manifesto essenziale e tipografico che presenta una sagoma nera dell’africa, sulla quale in bianco vi è la scritta che costituisce il messaggio principale: «You don’t have to be a movie star or a pop icon to make a difference in Africa». Si crea di nuovo un collegamento tra ciò che si comunica e come lo si rappresenta; infatti la disposizione delle parole formerebbe la sagoma dell’africa, anche se questa non fosse stata rappresentata. Interessante l’uso di caratteri, tutti in maiuscolo, con giustezze diverse. Lo sfondo del manifesto è semplicemente bianco e in basso sono riportati altri dati.
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Now I am a poster di Alexandros Nikov Grecia Il manifesto, rigorosamente tipografico, riporta un lungo testo, che forma un blocco molto compatto, scritto in nero e in maiuscolo su sfondo bianco. Il messaggio, tradotto in italiano, è: «Una volta ero una copertina di un album, poi sono diventato un biglietto, un fumetto, un biglietto da visita, un album da disegno e infine un francobollo! Ora sono un poster che prova a dire qualcosa che possa aiutare la battaglia contro la povertà e l’esclusione sociale non sprecatemi». La parola «waste» ossia «spreco» è sbarrata con una «x» rossa: ciò rende ancora più immediato il messaggio. 65
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Save Water di Cesar Ali Hernàndez Torralba Anche in Save water, come in Do Something In Africa, compare una figura: in questo caso si tratta dello scarico di un lavandino. Il messaggio scritto in piccolo e in azzurro riporta il titolo e l’immagine va a sostituire il punto del «!», simbolo che domina il manifesto, a rappresentare il messaggio imperante di salvaguardare l’acqua. 66
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Anche nella campagna Multicultura. Un tassello per la nuova società di Utilità manifesta-design for social per l’accoglienza dello straniero, l’incontro con culture diverse, il rispetto e integrazione del 2007 è stato utilizzato uno stile piuttosto essenziale. Si tratta di una serie di quattro manifesti tipografici che utilizzano principalmente tre colori: rosso, bianco e nero. Nei poster della campagna compaiono dei simboli matematici (-, x, :,+) di colore rosso e altre informazioni testuali, tra cui uno slogan che rimanda ad ogni simbolo: «Sottrazione del pregiudizio», «Molteplicità di pensieri», «Con divisione» e «Addizione culturale». Grazie alla loro semplicità, i manifesti risultano immediati da comprendere e di grande impatto per le associazioni create. 67
4.2 Locandine cinematografiche Anche nelle locandine cinematografiche ci sono stati dei tentativi di utilizzare uno stile essenziale che abbandonasse l’immagine, strumento principale di questo media, utilizzando solamente la tipografia. Le applicazioni spaziano da alcuni remake di famose locandine a poster ufficiali. Per quest’ultimi si vedano i successivi esempi per tre famosi film.
Dancer In The Dark Regia di L. Von Trier La rappresentazione del titolo del film nel manifesto è una metafora della vita della protagonista che, minata da una cecità progressiva diventata poi totale, fantastica sul fare parte di un musical. Si ritorna sul tema della vista e sulla disposizione delle lettere che ricorda quella utilizzata nei pannelli che gli ottici usano per fare le visite. Elemento aggiunto è quest’impressione di sfocatura progressiva delle lettere che anticipa quello che toccherà alla protagonista e che vive lo spettatore con lei. Le lettere maiuscole sono nere su uno sfondo bianco, in basso sono riportate le informazioni aggiuntive del film. 68
Tinker Tailor Soldier Spy Regia di T. Alfredson Disegnato da Sir Paul Smith, il manifesto ha, ancora una volta, un forte collegamento con la trama del film e con il titolo che nella versione italiana è La Talpa. Si vedono quattro scritte rosse trasparenti e sotto ciascuna altre scritte grigie, tutte maiuscole. Sotto le parole «Tinker», «Tailor», «Soldier» e «Spy», che derivano da una filastrocca di bambini inglesi, si intravedono i nomi propri «Percey», «Roy», «Toby» e «Bill». I primi sono i nomi in codice degli ufficiali dei servizi segreti, tra i quali si nasconde la talpa, poi vi sono i loro veri nomi. La trasparenza delle parole in rosso rimanda al mistero che aleggia nel film. 69
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Before the Devil Knows You’re Dead Regia di Sidney Lumet Il titolo originale Before the devil knows you’re dead fa riferimento a un detto irlandese che suggerisce a chi è appena morto di arrivare in paradiso prima che il diavolo si accorga della dipartita, per evitare che la destinazione ultraterrena sia un’altra. Questo è un esempio di manifesto tipografico, con uno stile essenziale, realizzato in due versioni scritte bianche su sfondo nero e viceversa, che però non rinuncia ad inserire alcuni elementi grafici che rappresentano la coda e le orecchie del diavolo, la cui sagoma è costruita attraverso la sapiente disposizione delle parole del titolo.
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4.2.1 Reinterpretazioni grafiche di locandine famose Molti designer grafici si sono divertiti a reinterpretare le locandine di film famosi con uno stile più essenziale e di impatto cercando nella maggior parte dei casi di utilizzare esclusivamente la tipografia, anche se, come si è visto, può succedere che in un poster prevalentemente tipografico, che utilizza questo stile, si faccia ricorso ad alcuni semplici elementi grafici.
Titanic Regia di James Cameron - Designer: Adam James Nel poster di Adam James la scritta «Titanic» con la sua inclinazione rappresenta la nave mentre affonda nel nero dello sfondo. In un altro manifesto che reinterpreta la locandina dello stesso film si vede il medesimo uso della scritta del titolo, ma si aggiungono le parole «iceberg» a formare dei blocchi di ghiaccio.
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Coffee and Cigarettes Regia di Jim Jarmusch Designer: Viktor Hertz Il remake della locandina del film Coffee and Cigarettes di Viktor Hertz è assai sapiente. Mettendo al centro del manifesto una «&» e aggiungendo due linee (che potrebbero essere due «l» e una «c») il designer è riuscito a rappresentare sia una sigaretta che una tazzina di caffè, sfruttando per quest’ultima lo spazio negativo della «&». Questo manifesto è veramente di grande impatto e immediato.
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Get Busy livin’ or get busy dyin’ Regia di Stephen King Il manifesto riporta una citazione del film e il titolo, scritti in bianco, con lo stesso carattere utilizzato nella locandina originale, su sfondo nero. L’elemento particolare del poster è l’aggiunta di alcune linee verticali che, tagliando le parole, rimandano alle sbarre di una prigione; infatti il protagonista del film è condannato a due ergastoli per l’uccisione della moglie e del suo amante.
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Il signore degli anelli Regia di J.R.R. Talkien - Designer: Gustavo Nella serie dei manifesti realizzati per reinterpretare la trilogia del film Il signore degli anelli vengono utilizzati degli elementi grafici che però, per la loro semplicità e per l’uso sapiente della tipografia, permettono comunque di considerare i poster essenziali.
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4.2.2 Patrick Svensson e Able Parris Partendo dalla semplicità e dalle caratteristiche grafiche del manifesto di Viktor Hertz si possono ammirare ancora di più i lavori del designer svedese Patrick Svensson e quelli dell’americano Able Perris. Il primo ha realizzato una serie di locandine in cui vengono riletti i poster cinematografici più famosi con uno stile essenziale caratterizzato dai pochissimi simboli tipografici (lettere, numeri o segni di interpunzione), dall’uso di tre colori al massimo e dello sfondo bianco. Svensson riesce a sottolineare un dettaglio caratterizzante dei protagonisti o della storia, con il risultato di incuriosire chi vede i suoi lavori a risalire al nesso che lega i simboli utilizzati al film in questione. Sono dei veri e propri capolavori che hanno come caratteristica principale l’immediatezza. Tra le locandine vi sono film come: Basic Instinct, Karate Kid, Big Fish, Schindler’s list, Pippi Calzelunghe, Batman Begins, Matrix, Two days in Paris e molti altri ancora.
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Il designer Able Parris fa qualcosa di molto simile a quello del collega svedese reinterpretando tipograficamente le locandine di alcuni celebri film. Lo fa tuttavia scrivendo interamente il titolo e utilizzando una linea: in questo modo riesce a creare dei brillanti collegamenti di significato con esso. Tra i suoi poster cinematografici vi sono: Horizon, The thin blue line, Salesman e Murder on sunday morning.
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4.2.3 Studio H-57 Nel 2011 lo studio H-57 ha messo in vendita online una serie di manifesti tipografici basati sul film Star Wars con l’intento di raccoglie fondi per realizzare i desideri di bambini affetti da gravi malattie. Il progetto è iniziato quando Matteo Civaschi, direttore creativo esecutivo e senior designer di H-57, ha notato, osservando la maschera di Darth Vader al contrario, che la bocca sembrava una «W» ribaltata; da qui l’idea di ricreare la maschera del personaggio usando solo la tipografia. I tre responsabili, Matteo Civaschi, Sabrina Di Gregorio e Gianmarco Milesi, sono grandi fan di Star Wars e, nel novembre del 2010, hanno ideato e pubblicato sul loro sito una serie di poster raffiguranti personaggi di Star Wars (Darth Vader, Yoda e uno Stormtrooper) realizzati esclusivamente con caratteri tipografici. I font usati sono classici della grafica come Bodoni, Helvetica e tanti altri. I poster, con il logo Star Wars, sono stati timbrati e numerati e messi in vendita su e-bay.
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4.3 Pubblicità In un mondo dominato dall’immagine come quello della pubblicità sembra difficile ridurre gli elementi all’essenziale e far sparire il prodotto. In poster come quello che pubblicizza la macchina fotografica COOLPIX S8000 e la serie di prodotti per il lavoro da giardino Stihl, che sfruttano in maniera molto sapiente la tipografia, l’oggetto reclamizzato non è messo al centro dell’attenzione, ma comunque compare, così come accade anche nel manifesto della Guiness, dove le parole disegnano un calice di birra e la schiuma. Ci si trova davanti ad una sfida che se affrontata al meglio può offrire risultati di grande impatto sul destinatario e questo lo hanno capito molte agenzie pubblicitarie. Basta ridurre al minimo gli elementi tipografici, una sola scritta, uno slogan orecchiabile, un’associazione di idee brillante e il gioco è fatto. Si creano così dei collegamenti molto forti tra ciò che è scritto e ciò che si comunica. Il destinatario ne resta colpito ed incuriosito a scoprire il messaggio che c’è dietro a dei poster in apparenza così semplici. L’importante è che la lettura e la comprensione siano immediate. Si vedano i successivi esempi di manifesti pubblicitari che utilizzano uno stile privo di elementi di decoro, solo delle scritte e pochi colori.
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Guinness Advertising Agency: Grey, Cina Brand: Guinness Period: giugno 2009 Creative Director: Chee Guan Yue Art Directors / Copywriters: Shi Yuan He, Johnnie Tey Advertiser: Diageo plc Nel poster della Guinnes un calice formato da un testo fitto di lettere lascia spazio al bianco solo in una riga: questa scende dall’estremità superiore andando a ricreare l’idea della schiuma di birra.
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Zoom in on the important things COOLPIX S8000 Advertising Agency: Jung von Matt, Germania Brand: Nikon Periodo: giugno 2011 Creative Directors: Peter Gocht, Christian Kroll Art Director: Javier Suarez Argueta Copywriters: Bjoern Ingenleuf, Lars Baldermann Chief Creative Directors: Mathias Stiller, Wolfgang Schneider Designer: Pia Drescher Managing Director: Ilan Schaefer In questo caso il messaggio gioca sul concetto di zoom: la macchina fotografica reclamizzata ha come caratteristica principale quella di averne uno notevole. Come detto, in questo caso, il prodotto compare, ma la sua rappresentazione, attraverso una semplice fotografia, passa in secondo piano rispetto al messaggio. La scritta grande «YETI» è in forte contrasto dimensionale con quella che si forma aggiungendo alle lettere della parola quelle scritte più piccole «HIMALAYAN EXPEDITION». Il significato è chiaro: con lo zoom della macchina fotografica si può vedere bene anche le cose più piccole.
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Economy Got You Down Advertising Agency: Winsper, Boston, USA Brand: Sthil Period: aprile 2009 Creative Director: Steve Bautista Art Directors: Brian Fandetti, Mitch Lunsford Copywriters: Steve Bautista, Chris Lee Photographer: Ed James Retouching: Act Two Um/Stuart Callow Nella serie di manifesti dei prodotti Stihl viene messa in risalto la funzione di ciascun prodotto. Gli attrezzi incidono, tagliano e soffiano via le lettere di un articolo della pagine del giornale Wall Street Journal. Il tagliaerba incide il testo lasciando dietro si sÊ una scia bianca e le lettere tagliate schizzano via a simulare l’erba. La motosega taglia una colonna di testo che cade come fosse un albero tagliato. Il soffia foglie spazza via le lettere con una folata. 96
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Skoda waiting list Advertising Agency: Fallon, Regno Unito Brand: Skoda Periodo: gennaio 2001 Creative Director: Richard Art Director: Richard Flintham Copywriter: Andy McLeod «There’s a waiting list for the new Skoda» è la scritta rossa del claim che riempie l’intero poster, progettato orizzontalmente, su sfondo bianco. Anche in questo caso bastano poche parole per rendere l’idea di quanto questa nuova macchina sia desiderata e attesa al punto di avere una lista d’attesa.
BWM Use original parts BMW Advertising Agency: Kitchen di Leo Burnett, Norvegia Brand: BMW Periodo: gennaio 2005 Art Director: Anne Gravingen Copywriter: Bendik Romstad Typographer: Gunhild Sandstad Advertiser: Bayerische Motoren Werke AG Uno sfondo neutro domina l’intero poster, al centro la scritta grigia BWM in maiuscolo, in basso a destra il claim «Use original parts» e il marchio. L’essenzialità domina la scena: sono bastati l’invertire una lettera nel logotipo e un claim efficace per creare un manifesto immediato e di grande impatto.
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DSG 7 electronic gearbox. Shift fluently. Advertising Agency: DDB, Belgio Brand: Volkswagen Periodo: luglio 2008 Creative Director: Peter Aerts Art Director: Johan Van Oeckel Copywriter: Bart Van Goethem Graphic Designers: Isabelle De Vos, Phyl Bautzer Sfondo nero e due numeri, con una tipografia semplice, collegati tra di loro. È questa la serie di poster realizzata per Volkswagen dove i numeri rappresentano le sette marce che grazie al cambio elettronico garantiscono uno «Shift fluently», ossia un cambio più fluido e scorrevole. 99
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God - End of the world Advertising Agency: Ogilvy & Mather, Singapore Brand: Churches Of The Love Singapore Movement Periodo: gennaio 2001 Creative Director: Andy Greenaway Art Director: Ng Pei Pei Copywriter: Eugene Cheong Questa campagna è stata sviluppata attraverso 24 manifesti che, realizzati su sfondo nero con delle scritte bianche, riportano delle frasi di Dio. L’obiettivo era quello di fare arrivare alle persone la voce di Dio e questo suscitò grande scalpore a Singapore, tanto che nel giro di due settimane sono stati vietati dal governo.
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Pressure peers Advertising Agency: Ogilvy, Singapore Brand: The Economist Periodo: ottobre 2009 Creative Director: Mike Sutcliffe Art Director: Mo Chong Copywriter: Greg Rawson La scritta bianca «Pressure peer» domina lo sfondo rosso del poster: i colori sono quelli familiari dell’Economist, il cui brand compare in basso a destra. Il termine inglese può essere tradotto con «la pressione dei pari» ed è usato per indicare l’essere persuasi da coloro che ci circondano. Questo annuncio dice: «Guida, non seguire». Infatti chi legge The Economist dimostra di non essere condizionato dagli altri ma, al contrario, di essere colui che esercita influenza su di loro. 103
Conclusioni L’occhio umano è da sempre sottoposto ad un gran numero di stimoli visivi provenienti da diversi ambiti; mezzi come televisione, computer, locandine, libri e riviste fanno parte del quotidiano e si arricchiscono sempre più di immagini sfarzose, ricche di elementi grafici e colorate. Proprio per l’abbondanza di questo tipo di stimoli è difficile per un designer della comunicazione riuscire a catturare l’attenzione dell’utente e stupirlo; molti progettisti, tra cui quelli di cui si è parlato in questo approfondimento, hanno intrapreso con successo la strada della riduzione e dell’impoverimento degli elementi. Questo processo di ritorno alla semplicità richiede una grande sensibilità progettuale che non appartiene a tutti ma, attualmente, sempre più designer accettano la sfida e si mettono alla prova adottando uno stile essenziale. Lo stesso fanno progettisti operanti in altri settori, come i designer del prodotto, quelli di interni o di moda, gli architetti e gli artisti; il cui lavoro ha molte connessioni con l’aspetto estetico e, di conseguenza, con ciò che viene percepito visivamente dall’utente/fruitore. Nell’ambito grafico lo stile essenziale applicato ai manifesti tipografici è stato utilizzato a sostegno di progetti aventi temi e scopi differenti. Con Carson accanto alle locandine realizzate per promuovere eventi artistico culturali, campo in cui si erano cimentati persino i designer della Scuola Svizzera, Fronzoni e Crouwel, emerge un progetto inedito per annunciare la nuova campagna di comunicazione realizzata per la metropolitana newyorkese. È però con il nuovo millennio che questo stile è stato applicato in ambiti differenti che spaziano dal sociale, con in testa il tema della povertà, al campo del cinema e anche all’advertising. I poster presenti nell’approfondimento sono accomunati dalla volontà del progettista di rappresentare il messaggio costruendo dei legami di senso tra ciò che si vede e ciò che si comunica, in modo da coinvolgere a pieno il destinatario nella lettura, rapida e immediata, del lavoro. Essi risultano essere efficaci e riscuotono un grande successo perché, esclusivamente attraverso un numero ridotto di parole, il designer crea delle composizioni esteticamente piacevoli e funzionali per quello che 105
Conclusioni
si comunica. In conclusione, per ottenere il massimo da un poster tipografico essenziale, come si è potuto vedere, è necessario utilizzare, oltre ai già citati elementi grafici (come un layout semplice, un bilanciamento corretto fra gli spazi vuoti con quelli pieni e un uso ponderato dei caratteri tipografici), soprattutto un messaggio che risulti di forte impatto e invogli il destinatario a scoprire cosa si cela dietro di esso.
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Bibliografia - Achilli, Franco (a cura di), A. G. Fronzoni, Aiap Edizioni, Milano, 1992 - Baroni, Daniele; Vitta, Maurizio, Storia del design grafico, Longanesi, Milano, 2003 - Carmagnola, Fulvio; Pasca, Vanni, Minimalismo: etica delle forme e nuova semplicità nel design, Lupetti, 1996 - Carson, David, The End of Print: the grafik design of David Carson, Laurence King Publishing, 2000 - Crouwel, Wim, 80 20 100, Nijhof & Lee, Amsterdam, Olanda, 2008 - King, Emily; Richter, Bettina, Museum Für Gestaltung Zürich, Poster Collection Letters Only 22, Lars Müller, 2010 - Meggs,Philip Baxter; Purvis, Alston Willcox, Meggs’ History of Graphic Design, Wiley, USA, 2005 - Middendorp, Jan, Dutch Type, 010 Publishers, Rotterdam, Olanda, 2004 - Muller-Brockmann, Josef, Gestaltungsprobleme des Grafikers: gestalterische und erzieherische Probleme in der Werbegrafik - die Ausbildung des Grafikers, Niggli, Svizzera, 2003 - Muller-Brockmann, Josef, Josef Muller-Brockmann: pioneer of Swiss graphic design, Lars Müller, 2001 - Pastiglione, Gennaro, Omaggio A.G. Fronzoni, in “Area” n. 61, marzo/ aprile 2002, pp. 132-133 - Purcell, Kerry William, Josef Muller-Brockmann, Phaidon Press, 2006 - Ruder, Emil, Typographie: A Manual of Design, Niggli, Svizzera, 2001 - Spera, Michele, Abecedario del grafico. La progettazione tra creatività e scienza, Gangemi Editore, Roma, 2002 - Tonini, Bruno; Tonini, Paolo, Tipografia del XX secolo: Teoria e Design, L’Arengario Studio Bibliografico, 2007 - Utilità Manifesta/associazione di promozione sociale, Fight Poverty, Aiap Edizioni, Milano, 2011
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Sitografia - Botti, Sergio, AG FRONZONI, <http://agfronzoni-agfronzoni.blogspot.it/> - Campaign, <http://www.campaignlive.co.uk/> - Chirichelli, Andrea, Wired, <http://www.wired.it/> - COLORIBUS: Creative Advertising Archive, <http://www.coloribus.com/> - CreativeReview: Advertising, design and visual culture, <http://www.creativereview.co.uk/> - D’Agati, Irene, Ninja Marketing, <http://www.ninjamarketing.it/> - H-57 | Creative Station, <http://www.h-57.com/> - History of Graphic Design, <http://www.designhistory.org/> - INTERNATIONAL POSTER GALLERY, <http://www.internationalposter.com/> - International Typeface Corporation, http://www.itcfonts.com/ - Magic Bus Magazine, <http://www.magicbusmagazine.it> - MoMA, <http://www.moma.org/> - MYmovies: il cinema dalla parte del pubblico, <http://www.mymovies.it/> - Paper&People, <http://www.paperandpeople.com/> - Rene Wanner’s Poster Page, <http://www.posterpage.ch/> - The Grid System, <http://www.thegridsystem.org/> - Tim, 66000milesperhour, <http://www.66000milesperhour.com/>
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Ringraziamenti Ringrazio Lorenzo Grazzani, responsabile archiviazione e ricerca Biblioteca e CDPG Centro di Documentazione sul Progetto Grafico Aiap, per avermi assistita nella ricerca del materiale necessario. Ringrazio tutti professori e gli assistenti che nel corso di questi tre anni mi hanno trasmesso le loro conoscenze e la voglia di continuare ad imparare. Ringrazio la mia famiglia per aver avuto molta pazienza per le volte in cui mi sono chiusa in camera a lavorare senza ascoltare nessuno. Ringrazio Martino per essermi stato sempre vicino e per avermi incoraggiata a dare il meglio. Ringrazio Alessia e Filippo per il loro valido aiuto. Ringrazio Chiara e Veronica per tutto il tempo trascorso insieme a lavorare. Ringrazio i miei amici per non essersi arrabbiati troppo per tutte le volte in cui, durante questi mesi, ho declinato i loro inviti. Ringrazio Carlo Zuccoli per le prove di stampa.
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