Dio è anche cinese - estratto libro - Paoline

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Titolo originale dell’opera: Gott ist auch Chinese. Eine chinesische Christin erzählt ihr Leben © Sankt Ulrich Verlag, 2010 - Augsburg Traduzione dal tedesco di Giuliana Lupi

PAOLINE Editoriale Libri © FIGLIE DI SAN PAOLO, 2011 Via Francesco Albani, 21 - 20149 Milano www.paoline.it edlibri.mi@paoline.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Corso Regina Margherita, 2 - 10153 Torino

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Kristin Kupfer

DIO Ăˆ ANCHE CINESE Una cristiana racconta la sua fede in Cina

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I

DIO È ANCHE CINESE Wang Ting, cristiana e assistente sociale

Wang Ting corre sull’asfalto del cortile della chiesa parrocchiale Nantang a Xian, una metropoli della Cina occidentale, in direzione dell’Ufficio per i servizi sociali. Sa che là c’è gente che aspetta davanti alla porta chiusa. « Dio solo sa perché sono sempre in ritardo », mormora la trentatreenne, che abita a soli cinque minuti da lì. Si è infilata alla svelta una camicetta a quadri rossi e blu e un paio di jeans e ha raccolto i capelli lunghi fino alle spalle. La colazione la farà come al solito a mezzogiorno. È sabato mattina presto, ma nel cortile asfaltato della chiesa, circondato da un muro di mattoni, passeggiano già persone vecchie e giovani. L’area, grande più o meno come tre campi da calcio, è coperta per metà dalla chiesa, dagli uffici e dalle abitazioni delle suore e del prete. Fuori del cortile, sull’altro lato della strada, i negozietti e le trattorie al pianterreno di palazzi giallognoli stanno alzando le saracinesche. Quasi davanti alla porta arrugginita dell’ufficio Wang Ting a momenti si scontra con padre Zhang. « Don Zhang, mi scusi », dice Wang a corto di fiato, « spero che non scappi via, ma venga con noi al corso di aggiornamento sulla salute ». Il sacerdote, dinoccolato, in pantaloni blu e giacca a vento, dondola leggermente la testa. Anche in Cina i sacerdoti indossano l’abito talare solo in particolari occasioni e nei giorni di festa. « Sicuramente non hai fatto cola9 www.paoline.it


zione », risponde. « Certo che vengo, ma prima devo mangiare qualcosa ». Il religioso si avvia lentamente verso il cancello aperto all’ingresso del cortile. Wang ride. « Certe volte questi preti non sanno proprio come va la vita ». Wang Ting accompagna spesso le sue affermazioni serie, o addirittura tristi, con una risata. Forse ride un po’ per l’imbarazzo e per non dare troppo peso alle sue parole, ma ride soprattutto perché è insita in lei una letizia che riempie tutto ciò che dice e fa. Wang Ting è cattolica. È stata battezzata una settimana dopo la nascita. Penultima dei quattro figli di una famiglia contadina, è cresciuta nel povero villaggio di Laochi, a circa tre ore di autobus dalla città di Xian. Xian, capoluogo della provincia dello Shaanxi, è la culla della civiltà cinese e del cristianesimo nel Celeste Impero. Il primo imperatore della Cina e della dinastia Han, Qin Shihuangdi (letteralmente: il primo imperatore dei Qin; 259-210 a.C.), e il suo leggendario esercito di terracotta sono sepolti qui. Nel museo provinciale si trova la Stele nestoriana, risalente a più di milletrecento anni fa, che prende il nome dai nestoriani, sostenitori della dottrina secondo cui in Gesù Cristo ci sarebbero due nature distinte, una divina e una umana. Condannati nel 431 dal concilio di Efeso, questi emigrarono verso Oriente e, lungo la Via della Seta, giunsero in Cina nel 635, divenendo i primi cristiani dell’impero cinese. Oggi la diocesi di Xian conta circa sessanta parrocchie, per un totale di ventiduemila cattolici. Vi operano sessanta sacerdoti e circa trecento suore. Nella Repubblica Popolare, la Chiesa cattolica è suddivisa in centoquarantatré arcivescovadi, diocesi e prefetture apostoliche. 10 www.paoline.it


Nel villaggio natio di Wang Ting, che conta meno di duemila anime, fuori della diocesi di Xian, sono tutti cattolici, con l’eccezione di poche famiglie. Alla fine del XIX secolo, alcuni missionari italiani vi eressero la prima chiesa. Se fosse ancora in piedi, sorgerebbe proprio di fronte alla casa colonica a un piano della famiglia Wang. Per quanto può ricordare, Wang Ting ha trascorso quasi ogni minuto libero dentro e nei pressi della chiesa edificata a metà degli anni Ottanta del Novecento grazie alle offerte degli abitanti del villaggio. Lì ha imparato le lodi mattutine e i vespri, il Padre nostro e il rosario. Ha partecipato alle recite di Natale e cantato nel coro. Amava i racconti della nonna sui bravi bambini, l’eroismo dei santi e il diavolo. Di quest’ultimo ha tuttora un po’ di paura. Ascoltava le storie di Adamo ed Eva, di Dio e Gesù, e se li immaginava cinesi. Dio era un vecchio, magari con una sottile barba come quella del filosofo Confucio (presumibilmente 551-479 a.C.). Forse assomigliava un po’ a suo nonno. Quando, più tardi, aveva appreso le basi storiche della sua fede, aveva conservato quelle immagini infantili come segno di un Dio che è Dio di tutti gli uomini. Wang Ting non pronuncia alla leggera il nome di Dio. Un uso colloquiale del tipo « Oddio! » non le è familiare. Per accomiatarsi dice spesso: « La pace sia con te ». Davanti alla porta dell’Ufficio per i servizi sociali ci sono cinque donne che aspettano con le guance arrossate, lunghe trecce e borse di stoffa a tracolla. « Scusate se vi ho fatto aspettare », dice Wang Ting mentre apre il lucchetto e scioglie la catena fissata alle maniglie, l’avvolge intorno a quella di destra e spalanca la porta che conduce nella stanza grande sì e no quaranta metri quadri. Tra meno di tre ore partiranno per il seminario di tre giorni sull’igiene e la prevenzione sanitaria volto in particolare a 11 www.paoline.it


sensibilizzare i sacerdoti, le suore e anche i fedeli delle chiese rurali sull’educazione sessuale in materia di Aids e sul rapporto con i sieropositivi. « L’Aids non è un peccato o un castigo: è una malattia », recita lo slogan del seminario. Il Centro per i servizi sociali ha invitato al seminario, come istruttori, esperti del Centro cittadino per le malattie infettive e alcuni medici. Wang sa che i religiosi e i parrocchiani dei paesi intorno alla città sono concitati. Hanno paura di perdersi qualcosa, perciò, come spesso accade per qualsivoglia evento, arrivano per lo più con largo anticipo e Wang vuole esserci perché trovino la porta aperta. Wang accende uno dei sette computer, poi scartabella in alcune pile di fogli appoggiate sui traballanti tavoli di legno allineati lungo la parete sinistra accanto alla porta. « Registratevi qua sopra », dice, « poi accomodatevi qui dentro o fuori dove volete, ho ancora un po’ da fare ». Le donne esitano un attimo, poi una afferra la penna e scrive nome, indirizzo ed età sul foglio bianco. Un’altra appoggia con cautela la borsa su una sedia di legno vicino al tavolo. « Partiamo a mezzogiorno, giusto? », domanda. « Esatto », risponde Wang, « c’è ancora tempo ». Le donne rimangono in piedi accanto al tavolo e si guardano intorno come in cerca di qualcosa. La stanza, con le pareti di un bianco grigiastro e i mobili scuri, sembra un magazzino. Sulla parete in fondo sono appoggiati armadi e scaffali stracolmi di raccoglitori, dépliants e fogli sciolti. In cima ci sono alcuni alberelli di Natale artificiali. Sulla parete tra gli armadi e la porta è appeso un calendario con motivi cristiani. Su uno dei tavoli è appoggiata una foto di papa Benedetto XVI. Gli ingombranti schermi a tubi catodici dei computer occupano quasi tutto lo spazio sulle scrivanie. 12 www.paoline.it


« La colazione non c’è? », domanda esitante una delle donne. « No, mi dispiace, non ve l’hanno detto? », risponde Wang stupita. Le donne scuotono la testa. Wang balza in piedi e si rimette subito a sedere. « Sull’altro lato della strada ci sono un paio di ristoranti, niente di caro. Là potrete fare colazione », spiega la giovane assistente sociale. Le donne annuiscono; una prende la borsa e la riappoggia sulla sedia. « Questa la lascio qui, va bene? » « Sì, non c’è problema ». Le donne si allontanano lentamente. Wang balza di nuovo in piedi e torna ancora a sedersi. « Il mio collega è un pasticcione, non si spiega mai chiaramente », mormora tra sé. « Gliel’avevo detto: mandiamo inviti scritti, invece di telefonare a tutti ». Lo schermo del computer davanti a lei mostra una pagina del nuovo dépliant del Centro cattolico per i servizi sociali della diocesi di Xian. Il Centro è stato inaugurato ufficialmente nel luglio 2002 dall’allora vescovo della diocesi, Anthony Li Duan. Il prelato, morto di cancro al fegato nel 2006 all’età di ottantanove anni, voleva dare una base organizzativa alle varie attività già svolte individualmente da sacerdoti e suore, come ad esempio il sostegno agli ospedali, le borse di studio o la distribuzione di acqua potabile. Aveva così ottenuto l’appoggio di organizzazioni straniere, come l’opera assistenziale cattolica Misereor. Oggi il Centro ha dieci dipendenti, impegnati in parte anche nell’amministrazione della diocesi. Istituirlo non è stato facile. I critici temevano che venisse trascurata l’opera pastorale, che nascessero contrasti con le autorità governative – le organizzazioni sociali non possono dedicarsi all’evangelizzazione – e che si 13 www.paoline.it


aprissero le porte all’influsso straniero. Tuttavia il vescovo Li l’aveva spuntata. Non era uno che avesse mai fuggito i conflitti e questo aveva fatto di lui uno dei vescovi più apprezzati dai fedeli in patria e all’estero. Per tutta la sua vita, il religioso, riconosciuto tanto da Roma quanto dal governo cinese, si era pronunciato apertamente in favore dell’unità dei cattolici cinesi con la Santa Sede. Secondo il governo cinese, i religiosi, come pure i fedeli, devono essere leali verso il partito in quanto membri dell’Associazione patriottica cattolica cinese, l’organizzazione di riferimento della Chiesa approvata dallo Stato. In quanto organizzazione atea, il partito comunista si riserva l’ordinazione dei sacerdoti e la nomina dei vescovi. Soltanto alla fine degli anni Ottanta i cattolici cinesi hanno potuto onorare di nuovo ufficialmente il papa e pregare per lui come capo supremo della loro Chiesa. Il governo vieta però a fedeli e parrocchie in Cina legami di più vasta portata con il Vaticano. Come conseguenza, nella Repubblica Popolare la Chiesa si è spaccata: una parte dei cattolici, circa quattro milioni, pratica la propria fede all’interno di chiese e strutture riconosciute dallo Stato; un’altra parte, circa dieci milioni secondo le valutazioni di alcuni esperti, rifiuta l’Associazione patriottica e le sue direttive. Questa cosiddetta « Chiesa sotterranea » celebra in segreto la messa in spazi propri, mantiene i propri seminari e una propria conferenza episcopale, come pure stretti contatti con Roma. Il vescovo Li si è battuto per tutta la vita per una riconciliazione tra la « Chiesa patriottica » soggetta allo Stato e la « Chiesa sotterranea » fedele a Roma. « Le due parti dovrebbero accettare d’incontrarsi », dichiarò il vescovo Li in un’intervista alla Union of Catholic Asian News, 14 www.paoline.it


un’agenzia di stampa fondata a Hong Kong nel 1979. « E potrebbero cooperare sotto molti aspetti ». Fuori della Cina correva voce che il vescovo Li fosse uno dei due cardinali in pectore, nominati cioè in segreto da papa Giovanni Paolo II nel 1998 e nel 2003. Dalle liste rese note in seguito non è stato però possibile verificarlo. A detta del vescovo Li, le voci avevano avuto l’effetto di inasprire la sorveglianza da parte dei funzionari governativi. Nell’ottobre 2005 papa Benedetto lo aveva invitato, insieme ad altri tre vescovi, a Roma per il sinodo, ma dopo lunghe riflessioni Pechino gli aveva negato il visto d’uscita. Nell’ufficio del capo di Wang Ting, padre Stephen Chen Ruixue, proprio sopra una scrivania a sinistra, accanto alla porta, c’è il suo certificato di ordinazione incorniciato, una foto di Giovanni Paolo II e, vicino, un’immagine del vescovo Li. Padre Stephen è a capo della diocesi di Xian e direttore dell’Ufficio cattolico dei servizi sociali. L’uomo, alto e robusto, in pantaloni di velluto nero a coste e camicia blu, irradia calma e bontà. Lo sguardo, dietro gli scuri occhiali di tartaruga, è sempre birichino. Parla volentieri, anche nel suo perfetto inglese, e con i collaboratori assume spesso un tono paterno. Prima che Wang Ting e altri tre dipendenti partano per il corso di formazione sull’igiene, ha fissato per le dieci e trenta un breve colloquio di lavoro. Il suo ufficio è al secondo piano dell’edificio amministrativo, accanto all’abitazione del sacerdote. Sulla scrivania e sugli scaffali sono accatastati documenti e libri. Sulla parete più lunga sono appese una carta geografica di tutto il mondo e una della Cina. Wang e gli altri tre dipendenti dell’Ufficio servizi sociali hanno sistemato i loro sgabelli intorno alla scrivania del capo. Hanno tutti, sulle ginocchia, un quaderno per appunti. Il capo liscia con le mani fogli immaginari sul piano in vetro 15 www.paoline.it


della scrivania e domanda se fino a quel momento è filato tutto liscio. Wang riferisce dei problemi con la stampa dei nuovi dépliants. « Mi chiedo anche perché non possiamo più tenere i corsi di formazione qui a Xian come facevamo una volta », dice quand’è il suo turno. « Sai bene che ci costerebbe molto di più », risponde padre Stephen, « e poi abbiamo già appurato che le persone sono meno concentrate perché la sera vanno in città a mangiare o cose simili ». Wang annuisce. Ma anche il viaggio costa e si perde molto tempo, obietta. Rimangono d’accordo di riflettere nuovamente sulla questione della sede dei corsi di formazione. « Che altro c’è? », domanda Wang risoluta. Guarda padre Stephen e sorride. Lui ricambia il sorriso. Il rapporto tra capo e dipendente è rispettoso, ma rilassato. « Un grandissimo evento, ecco cos’altro c’è », risponde padre Stephen. « Bisogna assolutamente preparare la commemorazione per il terzo anniversario della morte del vescovo Li ». Bisogna occuparsi in particolare delle foto. « Anche i dépliants avrebbero dovuto essere distribuiti da tempo », dice il direttore del Centro con un sospiro, « ma finora abbiamo soltanto un articolo, e proprio sulla sua detenzione ». I collaboratori tacciono. Sanno quanto sia delicato tutto ciò che riguarda il vescovo. I funzionari governativi esaminano con molta attenzione la stesura dei dépliants. Nessuno ha ancora osato affrontare la questione in modo così diretto. “Ma si potrebbe certamente scrivere anche qualche articolo sul suo operato, sulla riapertura del convento negli anni Ottanta e in particolare sull’istituzione dell’Ufficio per i servizi sociali”, pensa Wang, che stimava molto il vescovo scomparso. « Le sue esperienze partico16 www.paoline.it


lari lo hanno molto segnato », dice più tardi, « era sempre attendibile e aveva un carisma speciale ». Il nuovo vescovo, Anthony Dang Minyan, ha soltanto quarantadue anni. Non lo si può paragonare al vescovo Li. « È cresciuto in un’altra epoca », dice Wang. « La sua spiritualità non è altrettanto profonda ». Tra i collaboratori presenti, Wang è quella che prende più appunti. E padre Stephen, quando dice qualcosa, guarda per lo più lei per prima. Forse dipende dal fatto che Wang gli siede proprio di fronte. E forse è per la sua meticolosità e il suo dinamismo. Ma forse dipende anche dal fatto che Wang è arrivata per vie traverse nell’Ufficio per i servizi sociali. “È Dio che l’ha voluto”, pensa lei, e padre Stephen gli ha dato una mano. Wang, infatti, ha studiato costruzione di utensili e pezzi sagomati, una materia di cui all’inizio non era proprio entusiasta. Ma allora non si poteva scegliere che cosa studiare. Per Wang l’importante era studiare e per farlo era necessario superare un cosiddetto « esame di ammissione » all’università, prima del quale lo studente o la studentessa poteva soltanto specificare se desiderava dedicarsi alle materie scientifiche o a quelle umanistiche. Oggi è possibile indicare direttamente un ateneo e una facoltà, ma si rischia di perdere il diritto a un posto di studio se non si raggiunge il punteggio richiesto per quell’ateneo e quella facoltà. In genere i candidati devono sostenere, nel corso di due o tre giorni, esami in almeno tre materie: cinese, matematica e una lingua straniera. A seconda della provincia e della disciplina, a questi si aggiungono test in altre materie. Il punteggio massimo è 825. In base ai risultati dei partecipanti, le università fissano i propri limiti di punteggio per le varie discipline. 17 www.paoline.it


Nell’ultimo anno quasi dieci milioni di candidati hanno fatto domanda per circa sei milioni di posti di studio. Per la qualità dell’istruzione e anche per la successiva ricerca di un lavoro è un grande vantaggio rimediare un posto in una delle università d’élite nelle grandi metropoli del Paese. È possibile ripetere più volte l’esame, tuttavia essere bocciati significa rimanere indietro nella continua concorrenza sul mercato del lavoro e anche nella scala sociale. La pressione sui candidati e sulle loro famiglie, quindi, è enorme. I giorni delle prove di ammissione all’università, per lo più a metà giugno o inizio luglio, sono al centro della pubblica attenzione: il Paese intero osserva le nuove leve. Conducenti di autobus, tassisti, poliziotti, ristoratori si preoccupano tutti del benessere delle famiglie e dei propri affari. Nel 1996, dopo aver frequentato tre anni di scuola superiore, Wang non aveva superato il primo esame; il suo punteggio, cioè, non era stato sufficiente per nessun posto di studio. Poiché a quel tempo risiedeva in campagna, necessitava di un punteggio superiore rispetto ai giovani che abitavano in città. Le università privilegiavano il ceto medio urbano, che disponeva già di un maggiore accesso alle risorse didattiche. Wang non si era lasciata intimidire e un anno dopo ci aveva riprovato. Aveva optato di nuovo per il settore scientifico, perché era quello che offriva più posti. Al secondo tentativo aveva ottenuto un buon risultato e le era stata offerta l’iscrizione al corso di costruzione di utensili e pezzi sagomati presso l’Istituto tecnologico dello Shaanxi nella città di Hanzhong, non lontano da casa sua. « Ero contentissima », racconta Wang, seduta al ristorante, dopo la riunione con padre Stephen, per una colazione ritardata o un pranzo anticipato. « Ero riconoscente, perché non sapevo 18 www.paoline.it


che cosa avrei fatto se avessi fallito di nuovo. Ho pregato prima, durante e anche dopo l’esame, finché non sono usciti i risultati. Come allora, le mie preghiere sono spesso utilitaristiche, eppure di frequente Dio mi aiuta. A quel tempo volevo stringere una sorta di patto con Dio; gli ho detto: “Lo so che per le domande scientifiche non si può fare molto, ma magari puoi farmi guadagnare qualche punto in quelle più soggettive”. Poi sono usciti i risultati e io avevo oltre 800 punti nelle materie umanistiche. Mi sono detta che Dio aveva ascoltato veramente le mie preghiere perché avevo pregato tanto ogni giorno. L’ho annotato anche come promemoria nel mio diario che le preghiere vengono davvero ascoltate. Nella Bibbia Gesù dice che otteniamo ciò che chiediamo pregando. Ma Dio guarda anche se ciò che chiediamo è davvero buono e importante per noi ». Frequentare l’università ha dischiuso a Wang Ting un mondo nuovo. La prima volta ce l’aveva accompagnata il padre – un pezzo del vecchio mondo – nella città universitaria. Le formalità però le aveva sbrigate da sola, il padre non era stato di grande aiuto. « Mi preoccupavo che ritrovasse la strada di casa », dice. Wang gli aveva spiegato con precisione e parlando lentamente come e dove dovesse salire su quale autobus. Wang ricorda con piacere il tempo trascorso all’università. La materia un po’ meno, perché non era riuscita a interessarsene e quindi nemmeno a capirla bene. Aveva dovuto ripetere alcuni esami. Il contatto con i compagni era stato importante. Alle superiori del capoluogo di contea andavano per lo più ragazzi di campagna come lei, che avevano fatto le sue stesse esperienze e parlavano tutti delle stesse cose. L’università, invece, era frequentata in maggioranza dai rampolli delle famiglie di città. Il primo 19 www.paoline.it


incontro con una ragazza cittadina se lo ricorda ancora. Wang si trovava per la prima volta sulla porta del dormitorio che per i successivi quattro anni di studio avrebbe condiviso con altre cinque studentesse. In Cina il corso di studi è organizzato più o meno come per la nostra laurea di primo livello. Nella Repubblica Popolare, però, anche la vita al di fuori delle lezioni è irreggimentata. I giovani dovrebbero concentrarsi sullo studio, è la motivazione dello Stato paternalistico. Che gli studenti vivano in appartamenti privati fuori del campus è ammesso in alcune grandi città soltanto dagli anni Novanta. Fino allora anche il matrimonio era proibito e ancora in tempi recenti una gravidanza comportava l’espulsione. Le coppiette s’incontravano in segreto ed è tuttora vietato passare la notte nei dormitori destinati all’altro sesso. Nel campus le porte vengono chiuse e le luci spente a orari stabiliti. Nella camera in cui Wang Ting era entrata quel giorno c’erano quattro letti a castello e, tra questi, tre tavoli. « Quando sono entrata nella stanza ero così timida che ridevo per l’imbarazzo », ricorda Wang. « Pensare a qualcosa da dire non mi è neppure passato per la testa. Poi una delle ragazze ha detto: “Ah, eccone un’altra. Quel letto è ancora libero, ti va bene?”. Ho pensato: “È davvero simpatica”. Non la conoscevo affatto. Da noi in campagna nessuno rivolge la parola agli estranei, la nostra è una società dove ci si conosce tutti. Poi le ragazze di città si sono messe a parlare di tante cose che per me erano nuove: McDonald’s, jeans, marche, roba che non avevo mai sentito. Prima di allora non avevo la più pallida idea di vestiti, marche e prezzi. I miei cosmetici saranno costati forse un paio di yuan, conoscevo solo quelli e mi andavano bene. Quando una ragazza ha messo le sue cose costose sul mio scaffale ho fatto finta di niente. E improvvisamente 20 www.paoline.it


altre due ragazze hanno cominciato a chiedermi dove avevo preso quelle belle cose e così le ho provate anch’io. Quella ragazza era molto carina con me, non per compassione, mi voleva semplicemente aiutare. La sentivo amica. In seguito ha aiutato anche mia sorella ». Wang interrompe di tanto in tanto il suo racconto solo per infilarsi rapidamente in bocca pezzetti di verdura e di carne tirati su con le bacchette. È abituata a mangiare in fretta. Non le piace lasciare il cibo nel piatto. Preferisce mangiare un po’ troppo, piuttosto che non finire. Oppure si fa incartare gli avanzi, una cosa considerata disdicevole fino a metà degli anni Novanta. Un tempo, se si andava in un locale, soprattutto con degli ospiti, si voleva dimostrare di potersi permettere di ordinare più di quanto fosse possibile mangiare. Oggi le cose sono cambiate. Wang tratta con cura il cibo perché sa chi lo coltiva e come ci si sente ad avere poco e talvolta troppo poco da mangiare. Quando Wang frequentava le superiori, la sua famiglia si era trovata in ristrettezze economiche. Poiché la scuola era nel capoluogo della contea, Wang si era trasferita là, in un dormitorio. Dormiva con altre studentesse sul pavimento di legno. Di notte i topi correvano avanti e indietro sulle coperte, ricorda con una breve risata. Ma la cosa peggiore era la fame. Il padre aveva ridotto la coltivazione di mais e grano e prelevava invece il latte di capra, recandosi in città in bicicletta per venderlo. Ma improvvisamente non gli rendeva più molto e la madre aveva iniziato a vendere uova. Nemmeno quel commercio, però, fruttava granché, aveva provato anche con dei lavori fatti a mano. Normalmente gli studenti ricevevano dalla famiglia circa dieci yuan (equivalenti più o meno a un euro di oggi) alla settimana per mangiare, ma Wang ne riceveva soltanto due. Si portava da casa molti panini al va21 www.paoline.it


pore e un barattolo di verdure sottaceto. Mezza porzione di verdure fresche o di carne alla mensa costava due mao (circa due centesimi). Con i suoi due yuan Wang si comprava di tanto in tanto qualcosa da mangiare insieme ai suoi panini. Non le importa che il cameriere non metta in un vassoietto ma semplicemente in due buste di plastica le rimanenti melanzane in salsa di pesce e lo speziato « tofu alla maniera del butterato Ma ». Il cibo è cibo. Le buste dondolano al fianco di Wang mentre torna a passo svelto in ufficio. Durante il penultimo anno di università, Wang era stata presa dalla smania di leggere. Per la sua materia faceva il minimo indispensabile. Leggeva i romanzi classici cinesi come Il sogno della camera rossa, che racconta le storie intrecciate di diverse famiglie nobili, o Il romanzo dei tre regni, un romanzo storico di eroi e canaglie ambientato nel III secolo. Ma leggeva anche le fiabe dei fratelli Grimm e le storie di Jack London. Molti titoli li ha dimenticati. Leggeva anche giornali e riviste e ogni volta che poteva ascoltava i notiziari alla radio. Cominciava a interessarsi di ciò che accadeva nella società. Era un periodo di profondi cambiamenti. Con l’ingresso, nel 2001, nell’Organizzazione mondiale del commercio la Cina si apriva un altro po’ all’Occidente. Insieme a tanti imprenditori e prodotti stranieri, nella Repubblica Popolare affluirono nuove idee. Era anche il periodo in cui la Cina aveva iniziato a ristrutturare in società per azioni e joint-ventures le sue fatiscenti aziende di Stato per prepararsi alla maggiore concorrenza internazionale. Migliaia di lavoratori furono licenziati. Nel 22 www.paoline.it


Nord-Est della Cina, la roccaforte dell’industria pesante di Stato, i lavoratori iniziarono a manifestare. Scese in piazza anche il movimento spirituale d’ispirazione buddista Falungong. Sfidando il divieto imposto dalle autorità statali dopo le continue notizie di morti, nella primavera del 1999 circa diecimila aderenti al movimento circondarono la sede del governo a Pechino. Questa capacità organizzativa, insieme alle tante iscrizioni tra i quadri, spaventò talmente il governo da indurlo a bandire di fatto il movimento e a perseguitarlo con ferocia ancora oggi. Per la politica estera, invece, furono anni tranquilli. Le tensioni con gli Stati Uniti, tra l’altro dopo che le truppe statunitensi avevano bombardato per errore l’ambasciata cinese a Belgrado, venivano sempre appianate dal capo di Stato e di partito Jiang Zemin, esperto di questioni internazionali. A quel tempo i rapporti di potere erano chiaramente in favore di Washington. Pechino, inoltre, stava preparando il suo primo avvicendamento pacifico ai vertici nella storia della Repubblica Popolare. Nell’autunno del 2002 l’entourage di Jiang Zemin cedette il potere agli attuali dirigenti politici, raccolti intorno al capo di Stato e di partito Hu Jintao e al primo ministro Wen Jiabao. Questi però avrebbero ben presto infranto le speranze di una liberalizzazione politica che la loro nomina aveva suscitato. Per Wang la cosa più importante, poco prima della laurea, era guadagnare presto dei soldi. « Fare un lavoro retribuito, “staccare”, avere un orario di lavoro (shang ban), per noi di campagna era una cosa insolita e per questo speciale, migliore. Conoscevamo l’attività contadina dei nostri genitori », racconta Wang. Sei mesi prima della fine del corso di studi, insieme a un’amica avevano sistemato nell’alloggio per studenti anche la sorella di Wang, 23 www.paoline.it


di tre anni più giovane. Si erano strette un po’ e le due ragazze si erano stipate in un solo letto. Wang e la sua amica si erano buttate sugli annunci di lavoro per laureandi. Wang aveva trovato diversi posti per la sua specializzazione e alla fine aveva ricevuto tre offerte. Aveva optato per un posto a Chongqing, la nuova metropoli sorta nella parte sudoccidentale del Paese, a circa due ore di volo e dieci di treno da casa sua. « Volevo una città grande, era importante per me », racconta Wang. Nel 1997, riunendo i distretti amministrativi della provincia limitrofa del Sichuan, il governo centrale aveva fatto di Chongqing una municipalità con status di provincia nonché la metropoli più grande del mondo. Grazie alla diga delle Tre Gole, già in costruzione, anche i grandi piroscafi sarebbero potuti entrare nel porto di Chongqing. La nuova megacittà sarebbe dovuta diventare il motore dello sviluppo economico della Cina occidentale, tradizionalmente più povera. Il territorio amministrato dalla metropoli è vasto quanto l’Austria e conta trentatré milioni di abitanti. Wang non avrebbe potuto trovare una città più grande. Nella seconda città per grandezza vicina a casa sua e sua attuale residenza, Xian, non aveva trovato lavoro, ma forse non l’aveva neppure cercato davvero e comunque le cose non dovevano andare a quel modo. La giovane donna ha l’aria di essere una che preferisce tornare in un luogo familiare dopo aver visto qualcos’altro. Sono le persone e le esperienze fatte con loro a ricorrere nei suoi racconti. Luoghi e ambienti sono intercambiabili. Per poter tornare dalle persone, Wang ama allontanarsene e mettersi in viaggio. Sulla grande piazza antistante la chiesa del Sud sono giunti nel frattempo due grossi autobus turistici. Dietro a questi s’innalza il portale a tre archi della chiesa costruita nel 1716 in stile classico con colonne. Gli autobus devono 24 www.paoline.it


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